Le vieux Paris - Auser Trieste

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Le vieux Paris - Auser Trieste
Le vieux Paris
Parte seconda
La costruzione della “nuova Parigi” – teatro della “curée chaude” denunciata dal giovane
scrittore – aveva significato la morte di interi quartieri, l’allontanamento di migliaia e migliaia di
abitanti, la miseria, lo sfruttamento, la prostituzione, l’alcoolismo. Sono tutte realtà che Zola, con lo
spirito dell’ ‘etnologo’, studia con cura prima di rappresentare nei libri.
Così la distruzione dei rapporti familiari, la sfrenata corsa al guadagno, i piccoli e grandi soprusi
di ogni giorno trovano una disperata raffigurazione nel romanzo Le Ventre de Paris, che mostra al
lettore un mondo diviso tra i “Gras” e i “Maigres”, un mondo che si muove nel “ventre” che
alimenta la borghesia ricca, dirigente, come la bestia che rumina il fieno alla greppia. 1
Il protagonista del romanzo, Florent, dopo essere fuggito dalla Guyana dove era stato deportato
per la sua opposizione a Napoleone III, torna a Parigi e ritrova il fratellastro Quenu, che egli aveva
allevato rinunciando agli studi. Quenu si è nel frattempo creato una posizione economica: ha una
bottega di salumaio nel cuore delle Halles, ed una moglie, Lisa Macquart, bella e invidiata. Florent
si trova impigliato tra la meschinità e gli intrighi che caratterizzano l'ambiente dei piccoli
negozianti; nel suo ingenuo fervore pensa di poter portare avanti i suoi ideali repubblicani,
organizzando un complotto contro il governo, ma la cognata Lisa, per timore di perdere il suo ruolo
sociale, lo denuncia, provocandone l'arresto e una nuova deportazione.
La corsa al denaro e alla rispettabilità piccolo borghese appena conquistata si impone su tutto,
travolgendo i rapporti umani: è l’emblema della ‘nuova Parigi’.
La raffigurazione di questo degrado si arricchisce con il romanzo L’Assommoir, pubblicato nel
1878, nel quale Zola, attraverso le disgrazie di Gervaise, giovane lavandaia che vive nel quartiere di
Montmartre, prosegue il ciclo drammatico dei Rougon-Macquart. Abbandonata da Claude Lantier,
l’amante da cui ha avuto due figli, Gervaise cerca disperatamente di costruirsi una posizione
sociale; si sposa e riesce a mettere in piedi un negozio nella rue de la Goutte d’Or. Dal nuovo
matrimonio nasce una bambina di nome Nana, ma ben presto l’alcool distrugge Lantier, che è
ritornato a vivere nella rue de la Goutte d’Or per riconquistare Gervaise, il marito, che perde il
lavoro e si consola nella “bettola” di père Colombe fino all’autodistruzione. La stessa Gervaise, che
continua a dilapidare tutti i poveri guadagni, finisce i suoi giorni rosa dalla fame e dall’alcool.
Nana, che in tenera età aveva abbandonato prima la casa e poi i genitori, si stanca di vendere
fiori. Con l’“l’insolenza della giovinezza” comincia a trascinare le sue gonne nel polveroso
faubourg Poissonniers: decide di fare la ballerina e poi di vivere da mantenuta.
Sarà l’eroina del romanzo che tre anni dopo Zola pubblicherà con un vastissimo successo di
pubblico, tra lo sdegno di molti critici e scrittori pronti a denunciare l’offesa alla pubblica morale.
“L’Assommoir du père Colombe se trouvait au coin de la rue des Poissonniers et du boulevard
de Rochechouart. L’enseigne portatit, en longues lettres blues, le seul mot: Distillation, d’un bout à
l’autre. Il y avait à la porte, dans deux moitiés de futaille, des lauriers-roses poussiéreux. Le
comptoir énorme, avec ses files de verres, sa fontaine et ses measures d’étain. S’allongeait à gauche
en entrant; e la vaste sale, tout autour,était ornée de gros tonneaux peints en jaune clair, miroitant de
vernis, dont les cercles et les cannelles du cuivre luisaient. Plus haut, sur des étagères, des boutilles
de liqueurs, des bocaux de fruits, toutes sortes de fioles en bon ordre, cachaient les murs,reflétaient
dans la glace, derrière le comptoir, leurs taches vives, vert pomme, or pale, laque tendre.
Mais la curiosité de la maison était, au fond, de l’autre côté d’una barrière de chêne, dans un
cour vitrée, l’appareil à distiller que les consammateurs voyaient fonctionner. Des alambics aux
1
) Le Ventre de Paris fu pubblicato nel 1873, due anni dopo il crollo dell’impero di ‘Napoléon le petit’.
1
longs cols, des serpentins descendants sous la terre, une cuisine du diable devant laquelle venaient
rêver les ouvriers soulârds.
À cette heure, l’Assommoir restait vide. Un gros homme de quarante ans, le père Colombe, en
gilet à manches, servait une petire fille d’une dizaine d’années, qui lui demandait quatre sous de
goutte dans une tasse. Une nappe de soleil entrait par la porte, chauffait le parquet toujours humide
des crachats des fumeurs…” 2
Rue de la Goutte d’or
Rue des Poissoniers (inizi XX secolo)
“Une cuisine du diable devant la quelle venaient rêver les ouvriers soulârds…
2
) Cfr. L’Assommoir, Bibliothèque électronique de Québec, vol. 64, pp. 69-70.
2
Edgar Degas L’absynthe
Dagli squallori del quartiere della Goutte d’Or ad un quartiere di lusso: la figlia di Gervaise, che
tra gli alambicchi della bettola aveva distrutto la sua vita, ha trovato la via per uscire dalla miseria.
3
Dopo i trionfi teatrali nelle parti di una ‘Blonde Vénus’al teatro ‘des Variétés’ Nana si impone nel
bel mondo maschile parigino:
“Nana devint une femme chic, rentière de la bêtise et l’ordure des mâles, marquise des hauts
trottoirs. Ce fut un lançage brusque et definitif, une montée dans la célébrité de la galanterie, dans le
plein jour des folies de l’argent et des audaces gâcheuses de la beauté. Elle regna tout de suite parmi
les plus chères. Ses photographies s’étalaient aux vetrins, on la citait dans les journeaux. Quand elle
passait en voiture sur les boulevards, la foule se retournait et la nommait, avec l’émotion d’un
peuple saluant sa souveraine. […]
Et le prodige fut que cette grosse fille, si gauche à la scène, si drôle dès qu’elle voulait faire la
femme honnête, jouait à la ville les rôles de charmeuse, sans un effort.
C’étaient des souplesses de couleuvre, un déshabillé savant, comme involontarie, exquis
d’élégance, una distinction nerveuse de chatte de race, une aristocracie du vice, superbe, révoltée,
mettant le pied sur Paris, en maîtresse toute-puissante. Elle donnait le ton, de grandes dames
l’imitaient”.
Il suo fascino, la sua carica erotica, mandano in rovina gli uomini che per lei dilapidano
ricchezze e distruggono rapporti familiari. Per lei il conte Muffat, uomo severo, profondamente
religioso, membro di una delle famiglie più nobili di Francia, abbandona la moglie; a lei fa dono di
un “hôtel tout meublé, empli d’un monde de bibelots, de fort belles tentures d’Orient, de vieilles
crédences, de grands fauteuils Louis XIII […]
L’hôtel de Nana se trouvait avenue de Villiers, è l’encoignure de la rue Cardinet, dans ce
quartier de luxe, en train de pousser au milieu des terrains vagues de l’ancienne plaine Monceau.
Bâti par un jeune peintre, grisé d’un premier succès et qui avait dû le revendre, à peine les plâtres
essuyés, il était de style Renaissance, avec un air de palais, una fantaisie de distribution intérieure,
des commodités modernes dans un cadre d’une originalité un peu voulue”. 3
Le sue vicende, i suoi amori, i suoi fallimenti che la costringono per un certo periodo a vendere
il proprio corpo sui marciapiedi, ritmano la trama del romanzo fino alla tragedia finale. Sfigurata
dal vaiolo è colta dalla morte proprio il giorno in cui il Corpo Legislativo vota la guerra contro la
Prussia di Bismarck, mentre una gran folla si riversa nelle vie imprecando contro il nemico ed
inneggiando all’imperatore. Al Grand-Hôtel dove era stata fatta trasportare da Anne Mignon, una
attricetta di teatro amante di un importante banchiere, la sua storia si conclude:
“Nana restait seule, la face en l’air, dans una clarté de la bougie. C’était un charnier, un tas
d’humeur et de sang, une pelletée de chair corrompue, jetée là, sur un coussin.
Les pustoles avaienti envahi la figure entière, un bouton touchant l’autre.[…] Et sur ce masque
horrible et grotesque du néant, les cheveux, les beaux cheveux, gardant leur flambée de soleil,
coulaient en un ruissellement d’or. Vénus se décomposait. Il semble que le virus pris par esse dans
les ruisseaux, sur les charognes tolérées, ce ferment dont elle avait empoissoné un peuple, venait de
lui remonter au visage et l’avait pourri.
La chambre était vide. Un grand soufflé désespéré monta du boulevard et gonlà le rideau.
- A Berlin! à Berlin! à Berlin!”
Poco dopo gli entusiasmi bellicisti di molti francesi si sarebbe scontrati con la dura realtà: la
guerra franco-prussiana segnò la fine di ‘Napoléon le petit’ e la rovina del suo impero!
Ma di Nana anche la III Repubblica fu piena: negli anni Ottanta e Novanta Parigi celebrò i fasti
di donne fatali: la tradizionale dialettica tra ‘le vieux Paris’ e ‘le nouveau Paris’ si giocò anche sul
piano delle fortune di molte giovani nate nei faubourgs più poveri, operaie, cameriere, commesse di
negozio, che trovarono fortuna nei “Nouveaux Moulins” che stavano sorgendo: spesso un cammino
che dai locali frequentati dai buoni borghesi, dove si muovevano le ‘demi-mondaines’,
3
) Cfr. Nana, La Bibliothèque électronique du Québec, vol. 56, p. 557.
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professioniste più o meno libere di Montmartre, alle ‘maisons closes’ non disdegnate da un
pubblico fedele.
Nel 1877 Claude Manet ritrae una di queste attrici alla moda, Henriette Hauser, nelle vesti di
una cortigiana fiera e consapevole della sua bellezza. Rifiutato al Salon de Paris, il quadro è
ricordato con il nome di Nana che, secondo alcuni, gli venne attribuito solo tre anni dopo, quando
Manet venne a conoscenza della pubblicazione del romanzo di Zola. Al giorno d’oggi rimane una
delle più alte testimonianze di quel mondo cui diamo ancora il nome di ‘Belle époque’.
Toulouse-Lautrec eternò la più nota e celebrata attrice del “Moulin Rouge”, che come Nana
suscitò entusiasmi e mandò in rovina molti uomini. Spesso il pittore dormiva nel bordello al numero
6 di rue des Moulins e qualche volta una ‘femme de joie’ più generosa delle altre lo ospitava nel suo
letto!
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Paul Sescau, amico del pittore e fotografo di moda a Montmartre, la fotografa nel suo studio a
Montmartre nel fiore dei suoi anni e della sua conturbante, finta, ‘naïveté’.
A cavallo degli anni Ottanta e Novanta la stampa ne esalta le grazie, scrittori e ricchi borghesi:
non manca il principe di Galles, il futuro re Edoardo VIII, che si sente apostrofare con parole che
rimbalzano su tutti i giornali: "Ehi, Galles, hai pagato lo champagne o è tua madre che ci pensa?".
La sua vita – e qui la parabola di Nana sembra ripetersi – finì squallidamente, dopo un ritorno
sui marciapiedi e le speranze riposte inutilmente nell’alcool.
Toulouse-Lautrec la dipinse a più riprese negli anni in cui la sua presenza faceva del Moulin
Rouge uno dei centri della vita parigina.
La Goulue arrivant au Moulin Rouge (1892)
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Affiche Moulin Rouge. La Goulue (1891)
Un anno prima, nel suo atelier di Montmartre, Paul Sescau l’aveva colta in un ritratto più
‘disinvolto’ che non rimase a lungo segreto….
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Louise Weber, dite ‘La Goulue’ – Portrait carte (1890)
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Alla sua morte, nel 1929, l’austero Frankfurter Zeitung la ricordò in prima pagina. Un giornale
francese tra i più diffusi riportò una sua immagine impietosa degli ultimi mesi, ma aggiunse anche:
“C’est, avec elle, une page du vieux Paris qui se déchire”….
“C’est, avec elle, une page du vieux Paris qui se déchire”….
Nel 1898 venne costituita presso la prefettura della Senna una Commissione amministrativa che
prese il nome di “Commission du vieux Paris”: “Cette Commission sera chargée de rechercher les
vestiges du vieux Paris, de constater leur état actuel, de veiller, dans la mesure du possible, à leur
conservation, de suivre, au jour le jour, les fouilles qui pourront être entreprises et les
transformations jugées indispensables, et d’en conserver des preuves authentiques. Un rapport des
travaux de la Commission sera soumis annuellement au Conseil municipal”.
Il Comitato annoverava tra i suoi componenti un gran numero di dignitari locali, già membri
degli “Antiquari”, storiche associazioni aventi per scopo la cura e la conservazione della vecchia
Parigi.
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L’ultimo quarto del XIX secolo aveva visto l’aggregazione di numerosi gruppi mossi da un
vivace interesse per il passato della città. La sensazione di assistere ad una svolta storica fu
probabilmente più forte a Parigi che in qualsiasi altra città europea: l’esposizione universale, due
anni dopo, fu un’occasione eccezionale per i fotografi di mezzo mondo per eternare il confronto tra
la vecchia e nuova Parigi.
Le vieux Paris pris de la rive gauche (1900)
Il 1898 rappresentò uno spartiacque anche nella vita di Eugène Atget.
Figlio di artigiani della banlieu, rimasto orfano in tenera età, dopo varie peripezie entrò a far
parte di una compagnia di attori. Quando una malattia alle corde vocali gli impose di cambiare
strada pose fine a questa attività, cambiò città e decise di intraprendere la via della pittura, del
disegno e della fotografia. “Disgustato dai maneggi inerenti al suo mestiere – scrive Walter
Benjamin – si tolse la maschera e poi si diede a struccare la realtà”.
Di ritorno a Parigi comprese che la pittura non gli era molto congeniale e che per lavorare
pittori, architetti e grafici avevano bisogno di “documenti” su cui esercitare la loro creatività: decise
allora di occuparsi sistematicamente della fotografia e dette vita ad un’ampia collezione di
immagini da offrire ai pittori.
A cavallo tra i due secoli, proponendo il suo lavoro al “Service Photographique des Monuments
historiques”, Atget rivendicò con orgoglio i suoi meriti di instancabile fotografo e ricercatore. “Per
più di vent’anni, per mezzo della mia iniziativa personale e del mio lavoro solitario ho raccolto da
tutte le vecchie strade della vecchia Parigi immagini fotografiche di belle architetture secolari dal
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sedicesimo al diciannovesimo secolo: vecchi alberghi, case storiche o curiose, belle facciate….
Posso dire di possedere tutto della vecchia Parigi”.
La sua fortuna fu sostanzialmente postuma, anche se un esponente del Surrealismo come Man
Ray, suo vicino di studio a Montparnasse, in rue Campagne-Prèmiere, aveva già da tempo
apprezzato il suo lavoro e pubblicato una sua fotografia sulla copertina della rivista La Révolution
Surréaliste. Definito da Berenice Abbott, amica e collaboratrice di Man Ray, il "Balzac della
fotografia", è oggi considerato uno dei maggiori fotografi di tutto il Novecento.
“Atget – scrive Andreas Krase – mise insieme tutte le istantanee della vita sociale parigina a
formare una serie, cui dette il nome di “Paris Pittoresque”: le immagini che ritraevano l’architettura
della città dettero invece vita alla serie “Le Vieux Paris”.
Anche il moltiplicarsi di colonne per le affissioni e per i manifesti murali, nuovo elemento di
disturbo nella tradizionale vita cittadina che scandalizzava non pochi nostalgici, interessò molto
Atget, che ripetutamente li inserì nelle sue immagini: prima della fine del 1901, aveva già
collezionato 1400 scorci di Parigi” 4.
Cour, 7 Rue de Valence (1922)
4
) Cfr. Andreas Krase, Paris. Eugène Atget, Taschen, 2008, pp. 81-82.
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Joueur d’orgue. Paris 1898
Alla commovente poesia che anima questa celebre immagine si accompagnano nelle sue lastre
le tante immagini che testimoniano altri mestieri, altri ambienti sociali, altri mondi.
La moda tra tutti. Il fenomeno della moda, che studiosi quali Simmel, Kracauer e Benjamin ci
hanno insegnato a prendere sempre nella dovuta considerazione, è una importante cartina di
tornasole dello sviluppo di Parigi in quei decenni. I negozi di moda sono diventati uno dei segni più
caratteristici della “nuova”città, l’incontro inaspettato delle esigenze della produzione, del mercato
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capitalistico in continuo sviluppo, con le esigenze estetiche, con la “cura dell’arte”. In poche parole:
uno degli emblemi più significativi della modernità.
Abbigliamento maschile. Avenue des Gobelins 1926
«Queste immagini – aggiunge Benjamin - sono proiezioni del desiderio, in cui il collettivo cerca
di eliminare o di abbellire l’imperfezione del prodotto sociale, come pure i difetti dell’ordinamento
sociale della proiezione».
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Corsetti. Boulevard de Strasbourg (1921)
Negozio. Boulevard de Strasbourg (1921)
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Parrucchiere. Avenue de l’Observatoire, 1926
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Abbigliamento per bambini. Avenue des Gobelins (1925)
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E i richiami della moda non si arrestano ai grandi boulevards del centro : anche la periferia ne è
coinvolta, come testimonia questa «femme publique » che attende il suo cliente nel quartiere « La
Villette », nel lontano XIX Arrondissement
La Villette. Fille publique faisant le quart devant la porte (1921)
Instancabile, Atget continua la sua ricerca :
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Cour de la rue Saint-Séverin et des nos 4 et 6 rue Saint-Jacques (1899)
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Noleggiatrice di modellini di barche (Jardin du Luxembourg, 1898)
Lo affascina l’imponente costruzione della basilica del Sacro Cuore che negli ultimi anni del
secolo si staglia dominando Montmartre, e quindi Parigi. Molte volte sale verso rue la Barre e rue
Cortot con la sua pesante attrezzatura.
Rue Cortot. Basilica del Sacro Cuore in costruzione (1899)
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Rue de la Barre. Basilica del Sacro Cuore (1900)
A cavallo dei due secoli Monmartre raggiunge il massimo splendore e diventa il regno di pittori,
scultori, poeti, scrittori, le cui opere segneranno profondamente tutto il Novecento. Fino agli anni di
‘Napoléon le petit’ la Butte de Monmartre era rimasta al di fuori dei confini della città e quindi
libera dalle tasse: ricca di vigneti era ormai diventata una zona molto ospitale per le diverse forme
di divertimento, dalle bettole alle «maisons closes».
Qui, nel XVIII arrondissement, appena sotto la Place du Tertre, un abile proprietario aveva
trasformato una vecchia palazzina in una sorta di labirinto per ospiti privi di possibilità e di pretese.
Il gas e l’elettricità mancavano: l’acqua era solo al primo piano (per ironia venne dato l’appellativo
“Lavoir”). Le stanze erano divise da ogni lato da un corridoio che ricordava le corsie di un
paquebot: l’appellativo “Bateau” non si fece attendere!
In queste stanze fredde e prive di ogni comodità “le vieux Paris” diventò la culla di un
rinnovamento artistico che segnò tutto il Novecento. “Vecchio” e “nuovo”, ancora una volta,
emblematicamente si intrecciarono!
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Montmartre. Place Emile Goudeau (Le Bateau-Lavoir)
Questa costruzione di fortuna divenne in breve punto di incontro per molti artisti squattrinati in
cerca di fortuna. Picasso vi abitò fin dal 1904, animando rumorosamente tutta la piazza con la sua
“banda”. Qui dipinse le “Demoiselles d’Avignon” e qui nel 1908 organizzò una storica serata in
onore di Henri Rousseau (meglio conosciuto come “Rousseau il doganiere”). Il “Banquet”, nel
quale il vino svolse un ruolo dominante, celebrò in tutti gli ambienti artistici la vecchia palazzina
quale “La Villa Medici” della pittura moderna. 5 In quella piazza della “vecchia Parigi” fu creato
quel capolavoro della pittura del Novecento che aprì nuove strade all’arte e alla cultura europea.
5
) Tra i nomi “eccellenti” che abitarono il “Bateau-Lavoir” basta ricordare Braque, Apollinaire, Léger,
Picabia, ed anche Gauguin, al ritorno del suo primo viaggio ad Haiti. Rumorosi ed assidui fruentatori di
quegli spazi furono Matisse, Modigliani, Cocteau, Radiguet, Utrillo, Soffici…
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Quando poi, nel 1909, Picasso decide di spostarsi sulla Rive Gauche e si insedia con altri artisti
nella ‘Ruche’ si apre una pagina nuova di un ‘vecchio quartiere’ della ‘vecchia Parigi’:
«Ce quartier Montparnasse est bordé par le jardin du Luxembourg, il flâne entre le 6éme, le
14éme et le 15ème arrondissement, s’étirant jusqu’aux abords de Saint Germain des Prés. Le Mont
Parnasse a depuis toujours été un lieu où on venait faire la fête, la limite de Paris fixée par Louis
XIV, étant le boulevard du Montparnasse. Mais un événement hors du commun a réellement projeté
le quartier dans sa spécificité.
Tout commence le 30 mai 1780: ce jour là, une fosse commune du charnier des Innocents
s’effondre, ce cimetière ferme pour insalubrité. L’urgence d’implanter trois grandes nécropoles à
l’extérieur de Paris, s’impose. En 1804, à l’est ce sera le Père-Lachaise, en 1825, au nord,
Montmartre et en 1824 au sud, Montparnasse.
C’est l’ancien Pavillon des Vins de l’exposition Universelle de 1900 qui va être monté là par les
équipes de Gustave Eiffel. Son nom «La Ruche » vient de sa configuration : des ateliers en alvéoles
autour d’un escalier central. Cet endroit devint une sorte de village cosmopolite accueillant des
artistes venus de partout et particulièrement d’Europe Centrale. On pourra y voir Léger, Matisse,
le douanier Rousseau, Chagall, Soutine, Modigliani descendu de Montmartre et voisin de Brancusi,
Zadkine, se mêlant aux écrivains comme Paul Fort, Max Jacob, Apollinaire, Blaise Cendrars...
Tous ces artistes créèrent ce qu’on devait appeler l’Ecole de Paris”.
Negli anni Novanta il quartiere, da secoli “un lieu où on venait faire la fête”, cambia
profondamente. La linea ferroviaria sembra ormai insufficiente e un clamoroso incidente avvenuto
nel 1895 induce le autorità ad accelerare i lavori per la costruzione della metropolitana.
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Fonçage du Caisson centrale (1906)
La Rive gauche si anima sempre più e con l’arrivo di Picasso e della sua ‘banda’ il quartiere
comincia a far concorrenza ai fasti di Montmartre, che fino ad allora sembrava aver monopolizzato
la cultura e le pagine dei giornali.
Montparnasse ‘La Ruche’
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Con la fine dei lavori della Metropolitana vecchio e nuovo si mescolano sempre più.
La Metropolitana di Montparnasse (inizio secolo)
Molti tra gli artisti che animano il vecchio quartiere della ‘Rive Gauche’ vengono dalla Russia e
dall’Europa orientale, Molti sono ebrei, fuggiti da un mondo che continua ad emarginarli: in questi
anni che precedono la tragedia del primo conflitto mondiale Parigi è veramente ‘la capitale
d’Europa’, quale la celebra Walter Benjamin! E ‘La Ruche’ – ricorda Guillaume Apollinaire –
diventa “la casa della semplicità, della bellezza, della libertà”
“La maggior parte degli inquilini della Ruche viene dunque dall’Europa dell’Est. La domenica
ritrovano qualcosa dei loro paesi. Vengono venditori ambulanti, suonatori di fisarmonica,
saltimbanchi. Dal quartiere di Saint-Paul sale a Montparnasse un mercante ebreo dalla lunga barba
nera. Ferma il suo carretto davanti alla cancellata, vende aringhe, pasticcio di fegato, pane nero:
sono odori e sapori che ricordano l’infanzia. Sono tutti emigrati, arrivati qualche anno prima della
guerra. Ancora non esiste quella scuola di Parigi che sarebbe diventata famosa in tutto il mondo.
[…] A Parigi si può vivere e dipingere da uomini liberi. A Parigi gli artisti ebrei lavorano come gli
altri, hanno il diritto di dire e di mostrare quello che vogliono. Certo vivono in miseria, ma la
maggior parte di loro ha sempre vissuto così. Non conoscono la lingua, ma la impareranno.
L’importante è che finalmente possono dipingere alla luce del giorno. Liberi, lontani dalle scuole –
tanto dall’impressionismo che dal cubsmo da poco scoperto.
Parigi, come scriverà De Chirico di lì a poco, è il luogo in cui convergono uomini e idee, stati
d’animo, creatività. Parigi, per tutta questa gente, è la capitale del mondo”. 6
6
) Cfr. Dan Franck, Montmartre e Montparnasse, op. cit., pp. 222-223.
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Capitale del mondo cui guardano tanti grandi artisti, ma anche capitale di una grande potenza
coloniale che in Europa schiera contro i suoi nemici soldati arruolati dalle colonie. Nel 1865 era
stata fondata la colonia della Cocincina ed una ventina d’anni dopo era stato imposto un protettorato
sul Tonkino. Ora, dopo i primi anni di guerra il governo sente bisogno di ricorrere al “vivier
colonial” vietnamita e per rafforzare il patriottismo dei “tirailleurs annamites” le autorità militari
ricorrono anche alle fotografie di rito nella giornata cara a tutti i francesi.
Soldats Annamites à Paris (14 julliet 1916)
La guerra segnò la fine di un’epoca anche per gli artisti e gli scrittori che animavano “La Ruche”:
Braque e Apollinaire furono gravemente feriti, Blaise Cendrars perse un braccio, Léger a Verdun è
vittima del gas e viene congedato.
Nel 1918 Blaise Cendrars pubblica lo sconvolgente J’ai tué, traboccante di odio e di violenza: “Io
poeta, io ho agito. Ho ucciso. Come colui che vuole vivere” 7. Lo stesso anno il suo amico
Apollinaire pubblica un libro diversissimo, pieno di nostalgia e di toni soffusi: gli dà un titolo
emblematico, quasi un omaggio a Baudelaire, Le flaneur des deux rives.
“Les hommes ne se séparent de rien sans regret, et même les lieux, les choses et le gens qui les
rendirent le plux malheureux, il ne les abandonnent point sans douleur.
7
) «Mille millions d'individus m'ont consacré toute leur activité d'un jour, leur force, leur talent, leur science, leur
intelligence, leurs habitudes, leurs sentiments, leur cœur. Et voilà qu'aujourd'hui j'ai le couteau à la main. L'eustache de
Bonnot. «Vive l'humanité!» Je palpe une froide vérité sommée d'une lame tranchante. J'ai raison. Mon jeune passé
sportif saura suffire. Me voici les nerfs tendus, les muscles bandés, prêt à bondir dans la réalité. J'ai bravé la torpille, le
canon, les mines, le feu, les gaz, les mitrailleuses, toute la machinerie anonyme, démoniaque, systématique, aveugle. Je
vais braver l'homme. Mon semblable. Un singe. Œil pour œil, dent pour dent. À nous deux maintenant. À coups de
poing, à coups de couteau. Sans merci. Je saute sur mon antagoniste. Je lui porte un coup terrible. La tête est presque
décollée. J'ai tué le Boche. J'étais plus vif et plus rapide que lui. Plus direct. J'ai frappé le premier. J'ai le sens de la
réalité, moi, poète. J'ai agi. J'ai tué. Comme celui qui veut vivre.»
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C’est ainsi qu’en 1912, je ne vous quittai pas sans amertume, lointain Auteuil, quartier charmant de
mes grands tristesses. Je n’y devais revenir qu’en 1916 pour être trépané à la Villa Molière.
Lorsque je m’installai à Auteuil en 1909, la rue Raynouard ressemblait encore à ce qu’elle était du
temps de Balzac. Elle est bien laide maintenant. Il reste la rue Berton, qu’éclairent des lampes à
pétrole, mais bientôt, sans doute, on changerà cela.
C’est une vieille rue située entre les quartiers de Passy et d’Auteuil. Sans la guerre elle aurait
disparue ou du moins devenue méconnaissable.
La municipalité avait decidé d’en modifier l’aspect général, de l’alargir et de la rendre carrossable.
On eût supprimé un des coins les plus pittoresques de Paris”. 8
Solo la guerra aveva dunque impedito alla Municipalité di distruggere un altro angolo del “vieux
Paris”, frontiera tra “les seigneuries de Passy et d’Auteuil”.
Auteuil, rue Berton 24
Novello «flaneur», nel suo peregrinare dalla periferia, ancora legata ai ricordi della campagna,
fino al centro, ci racconta degli antiquari, dei poeti e degli scrittori, dei tanti personaggi curiosi che
animano le due rive della Senna.
«Mais descendons vers la Seine. C’est un fleuve adorable. On ne se lasse point de le regarder. Je
l’ai chantée bien souvent en ses aspects diurnes et nocturnes. Après le pont Mirabeau la promenade
n’attire que les poètes, les gens du quartier et les ouvrieurs endimanchés».
8
) Cfr. G. Apollinaire, Le Flaneur des deux rives, Hibouc, p. 1
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Prima di lasciare la Rive droite Apollinaire ricorda al lettore «le coin plus malincolique d’Auteuil,
entre le Port-Louis et l’avenue de Versailles». Non a caso la memoria del poeta va a Théophile
Gautier, che aveva abitato a lungo al Roind-point de Boulainvilliers. Un poeta apprezzato
tantissimo dagli scrittori più diversi, da Charles Baudelaire, ai fratelli Goncourt e Oscar Wilde.
Rond-point de Boulainvilliers
Ancora una volta il «regret» per una vecchia Parigi che stava morendo: «sans doute n’y avait-il
pas alors à cet endroit tant de ferraille qu’aujourd’hui ». Uno stato d’animo che pervade anche le
pagine dedicate alla Rive Gauche.
Nel VI Arrondissement, il ricordo va alle feste di Natale che prima della guerra trasformavano
la rue de Souci in un un luogo incantato «si chère aux poètes de ma génération». Per pagine e
pagine Apollinaire trascrive i versi dei canti natalizi che più lo avevano commosso: canti originari
di varie parti della Francia, canti creati per i bambini da qualche poeta ignoto:
«Une petite abeille
Bourdonnant en frelon
S’approcha du poupon,
Lui disant à l’oreille
J’apporte du bonbon ;
Il est doux à merveille ;
Goûtez-en mon mignon.
On peut avoir cent impressions différentes de la vieille rue de Buci. Je les donne toutes pour
celles que j’y ai éprouvées en entendant chanter ces Noëls, une nuit de réveillon, peu d’années avant
la guerre.»
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Rue de Buci
Il viaggio del ‘flaneur’ continua lungo le strade che uniscono la gare de Lyon al pont SaintMichel: «Sans doute n’ est-il pas de plus belle promenade au monde, ni de plus agréable ». Come
sempre la sua attenzione va ai librai, ai collezionisti, ai bibliofili che gli offrono cataloghi di libri
rari, vecchi e d’occasione. Apollinaire non ama frequentare le grandi biblioteche ; qualche volta
entra alla ‘Nationale’ o alla ‘Mazarine’, ma si trova a casa sua solo nei lungosenna, «cette délicieuse
bibliothèque publique», dove saluta i «bouquinistes» che gli offrono le loro rarità più interessanti.
Infine il ritorno sulla Rive Droite, verso Monmartre, fino alla rue Laffitte, dove nel marzo del
1918 bombe tedesche distrussero una famosa «cave», un ipogeo che nei primi anni del secolo era
stato frequentato da molti poeti, artisti, pittori – Picasso tra tutti. Fra i più assidui frequentatori di
queste ‘agapes souterraines’ – «tout d’abord un grand nombre de jolies femmes» - era Léon Dierx,
eletto «prince des poètes» alla morte di Mallarmé (1898), ed instancabile animatore della vita
culturale di Montmartre.
Léon Dierx
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La rue Laffitte (vers le 1920)
E’ Dierx che detta legge tra i giovani poeti parnassiani che lo considerano il degno erede di
Mallarmé ; è lui che cerca di convincere Apollinaire che «notre époque de prose et des sciences a
connu les poètes les plus lyriques ». Amore e morte si intrecciano nei suoi ricordi: « Gérard de
Nerval se tue pour échapper aux misères de l’existence, et le mystère qui entoure sa mort n’est pas
encore expliqué. Baudelaire est mort fou, ce Baudelaire dont on connaît si mal la vie, en dépit des
biographes et de éditeurs épistolaires. N’a-t-on pas parlé de ses vices et de ses maîtresses? On
assure maintenant que, dans ses Mémoires, Nadar se fait fort de démontrer que Baudelaire est mort
vierge» 9
«Au pays de la poésie», dopo mezzo secolo, i nomi di Baudelaire e di Nadar occupano ancora la
scena. «Le vieux Paris» è sempre viva nel cuore dei poeti e degli artisti ed il rimpianto per un
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) Nel 1911 Nadar aveva pubblicato Charles Baudelaire intime, Le poète vierge.
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mondo che sta morendo non è diverso, alla fine della guerra, da quello che lacerava il «flaneur» dei
Piccoli poemi in prosa a cui aveva dato il sottotitolo di Spleen de Paris.
Nell’ultimo anno di guerra, in rue Hamelin 44, a poca distanza da Auteuil, il villaggio in cui era
nato Balzac - «quartier charmant des mes grandes tristesses , lo ricordava Apollinaire –Marcel
Proust si chiude in una casa da cui sarebbe uscito sempre più raramente.
Nel disperato tentativo di portare a termine prima della morte la sua ricerca del tempo perduto
Proust volle isolarsi dal mondo circostante, dai suoi insopportabili rumori, lavorando giornate intere
in una stanza dalle pareti coperte da pannelli di sughero. Una corsa contro il mondo e contro la
morte. Nel Tempo ritrovato, ultima parte della Recherche, scriveva:
Marcel Proust (rue Hamelin n.44)
“La littérature qui se contente de décrire les choses, d’en donner seulement un misérable relevé
de lignes et de surfaces, est celle qui, tout en s’appelant réaliste, est la plus éloignée de la réalité
[…] car elle coupe brusquement toute communication de notre moi présent avec le passé dont les
choses gardaient l’essence, et l’avenir, où elles nous incitent à la goûter de nouveau.”
Proust amava molto la fotografia e fin da giovane aveva trovato in essa un prezioso alleato
contro le paure del «notre moi présent». Come scrisse Brassaï: «Dans sa lutte contre le Temps, cet
ennemi de notre existence précaire, nous attaquant pernicieusement, jamais à visage découvert,
c’est dans la photographie, née elle aussi du désir immémorial d’arrêter l’instant, de l’arracher au
flux de la durée pour le fixer à jamais dans une sorte d’eternité, que Proust a trouvé sa meilleure
alliée». 10
10
) Cfr. Marcel Proust sous l’emprise de la photographie, Gallimard, 1997, p.20. Amico di artisti, scrittori,
filosofi, Brassaï dedicò importanti studi su Picasso e Henry Miller, che chiamò l’amico fotografo “un occhio
vivente”. Brassaï, per cui la Ricerca di Proust fu un tema di riflessione per molti decenni, ritiene che Proust
abbia anticipato le tesi di Walter Benjamin e di Roland Barthes sulla natura della fotografia, che generazioni
di intelletuali ed artisti avevano condannato seguendo la sprezzante condanna di Baudelaire.
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