631-AP VIDEOGIOCo DEF

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631-AP VIDEOGIOCo DEF
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VIDEOGAME Non sono più giochi solitari per eterni
adolescenti. Ma strumenti di comunicazione
tra diverse generazioni. La quarta rivoluzione della
console arriva dal Giappone e conquista le famiglie
di Jaime D’Alessandro Foto di Robbie Cooper
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l difetto maggiore dei videogame è la prevedibilità:
qui ci sono le armi e lì i mostri. Fin dall’inizio sai già
cosa devi fare. Ecco perché non esiste un Moby
Dick dei giochi elettronici, né un Oliver Twist». Clive
Barker, scrittore horror di fama e autore di due videogame, descriveva così il magico mondo delle
console quando ancora sembrava che le avventure
di Lara Croft & co. stessero per raggiungere una
profondità narrativa mai conosciuta. Ma, sfortunatamente per Barker, l’annunciata rivoluzione del settore non ha portato ai risultati che sperava. In compenso sta
salvando la famiglia, un po’ come vorrebbe fare Benedetto
XVI. Merito di una multinazionale chiamata Nintendo, nata
nel lontano 1889 tra i vicoli di Kyoto e artefice dell’impresa
impossibile: trasformare una macchina da gioco in strumento
di comunicazione tra genitori e figli, tra diverse generazioni.
Un ossimoro, a pensarci bene, perché la tecnologia da sempre non unisce ma divide chi è nato con essa da chi invece
non l’ha mai saputa o voluta usare. E i videogame cosa sono
stati per anni se non un passatempo per eterni adolescenti
solitari? Ora però siamo in una nuova era, quella del Wii e del
Ds: console che si apprestano a tagliare il traguardo, rispettivamente, dei 50 e dei 100 milioni di pezzi venduti. Giocano
tutti: bambini, ragazzi, adulti e anziani, agitando controller
zeppi di sensori di movimento del Wii come racchette da tennis, facendo ginnastica con Wii Fit o misurando i propri riflessi
mentali con Brain Training su Ds. Tra poco arriverà Wii-noma, crasi tra il nome della console e il termine ocha-no-ma:
soggiorno, in giapponese. Rappresentazione digitale dello
spazio domestico dove i nostri alter ego potranno incontrarsi
come avviene, o dovrebbe avvenire, in tutte le famiglie.
«Da anni speriamo di trovare la chiave per far parlare tra loro
generazioni diverse», rivela Satoru Iwata, quarto presidente
della Nintendo e principale artefice della trasformazione. «Ma
quel che sta accadendo ora va ben al di là delle nostre più rosee aspettative. Non si tratta solo della semplicità d’uso, una
delle principali caratteristiche del Wii, ma di essere riusciti a
far sorridere le persone. Credo sia questa la strada che dobbiamo continuare a percorrere con i nostri dispositivi». La cosa singolare è che la qualità grafica dei giochi per Wii è scadente e non esiste alcuna profondità narrativa. Eppure la formula funziona. Seconda rivoluzione nella rivoluzione, visto
che tutti hanno sempre pensato che le console avrebbero
continuato a evolversi in base alla loro potenza di calcolo per
offrire videogame sempre più simili ai film. E invece no, l’esatto contrario. «Se guardiamo alla storia dell’arte è successa la
Le immagini
di questo servizio
fotografico
ritraggono una
serie di ragazzini
inglesi intenti
a giocare con
i videogame. Dalla
parte del video.
Dopo essersi divertiti a creare mondi
altamente definiti, gli sviluppatori ora tentano
nuove strade. Puntando sulla semplicità
d’uso. Attirando un nuovo pubblico
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stessa cosa», spiega Will Wright, “padre” di Sim City, The
Sims e Spore (più di 130 milioni di copie vendute complessivamente), che abbiamo incontrato alla “View Conference” di
Torino. Uno dei più importanti game designer in circolazione,
questo 49enne di Atlanta alto e sottile come un giocatore di
basket, è ora alle prese con un nuovo progetto ispirato da Il
gioco delle perle di vetro, ultimo romanzo scritto da Hermann
Hesse. «Dopo aver raggiunto un grado di realismo molto alto
nel Rinascimento, con il tempo nacque l’esigenza di una
maggiore astrazione. Ma questo non significa che l’idea di verosimiglianza sia tramontata. In pittura ne esiste una interiore,
fatta di emozioni. Nei videogame, dopo essersi divertiti a creare mondi altamente definiti, gli sviluppatori stanno ora tentando nuove strade. Quella del Wii è una delle più interessanti.
Bisogna smettere di guardare solo alla storia militare o a Tolkien, ma a ciò che ci circonda».
niziando dalla famiglia, ha evidentemente pensato Iwata-san. Un signor nessuno fino al 2002, quando a 43
anni fu chiamato a dirigere la Nintendo schiacciata dalle
PlayStation Sony e progettò di sconquassare l’universo
dei giochi elettronici e il suo business da oltre 40 miliardi di dollari l’anno. Perché questa è una storia fatta più
da singole persone e dalle loro visioni che dalle multinazionali.
Non a caso l’immagine simbolo della resurrezione della Nintendo è lo stesso Iwata-san al Kodak Theatre di Los Angeles,
stesso palco degli Oscar. Eravamo in luglio, all’ultimo “Electronic Entertainment Expo”, la fiera americana più importante
per i videogame. Iwata, elegante e sobrio come sempre, teneva in mano una copia di Brain Training, uscito nel 2005, in silenzio, guardando le centinaia di giornalisti presenti. Una bestemmia in una fiera dove si è sempre fatto a gara nel tirar
fuori novità eclatanti anche quando non c’erano, specchio di
un mercato che permetteva ai giochi di restare sugli scaffali al
più per un paio di mesi. Ma che senso ha tirar fuori titoli su titoli quando ne hai un paio che non solo hanno venduto oltre
26 milioni di copie, ma continuano a vendere? O quando hai
una console come il Wii che va a ruba nonostante un parco
giochi limitato? E soprattutto che senso ha investire decine di
milioni di euro per creare film interattivi lunghi e difficili che
soltanto pochi hanno tempo e voglia di apprezzare? E siamo
alla terza rivoluzione, quella demografica. «Grazie alla filosofia
del Wii stiamo assistendo a una crescita esponenziale del
pubblico», sostiene Kathy Vrabeck, fino a poco tempo fa dirigente della divisione Casual della Electronic Arts, tra i maggiori editori di videogame al mondo. «Hanno iniziato a giocare le
teenager, le donne, le persone sopra i 50 anni. In parte è me-
Quazi, Sam,
Wahid e Jack:
47 anni in
cinque. E Fifa
2008 per tutti.
Nelle altre pagine
si gioca a Grand
Theft Auto 4, Call
of Duty 4, Halo 3,
Hulk e Star Wars
Battlefront.
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Sta per arrivare Wii-no-ma. Crasi tra
il nome della console e ocha-no-ma:
soggiorno, in giapponese. Versione
digitale del nostro spazio domestico
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L’ASCESA
E IL DECLINO
DI MISTER
PLAYSTATION
rito della dimensione sociale della console, che funziona da
calamita attirando nuove tipologie di persone».
pensare che Iwata arrivò alla Nintendo in punta
di piedi. L’azienda, guidata fin dagli esordi dalla
famiglia Yamauchi, era nelle mani di Hiroshi Yamauchi che la dirigeva con pugno di ferro. Ora
è l’uomo più ricco del Giappone, grazie alle
azioni in suo possesso, che dall’uscita dell’ultima console hanno aumentato il loro valore di oltre il 200%.
Un vecchietto minuto e riservato, pochissime interviste concesse, che prese in mano l’azienda a soli 22 anni, nel 1949.
All’epoca Nintendo era una manifattura di carte da gioco che
lui trasformò cominciando a licenziare i dipendenti che non riconoscevano la sua autorità. Fu il primo a lanciare le carte da
gioco plastificate in Giappone, imitando quelle diffuse in Occidente, ma associandole ai personaggi della Disney per farne
un divertimento per famiglie e spazzare via la brutta immagine legata al gioco d’azzardo. Una missione apparentemente
impossibile, che somiglia per certi versi a quella del Wii. L’altra
è successiva di almeno 20 anni. Yamauchi, dopo aver tentato
senza fortuna di avviare una compagnia di taxi, una catena di
alberghi a ore e la produzione su larga scala di riso precotto,
scoprì per caso i giocattoli elettrici e poi elettronici. Era aiutato
da due figure di spessore: Gunpei Yokoi, che più tardi avrebbe inventato il Game Boy, e Shigeru Miyamoto, quello di Donkey Kong e Super Mario. Ma era Yamauchi a decidere. Così,
quando, all’inizio degli anni Ottanta, le aziende americane come Atari collassarono per l’imperizia dei loro manager, l’ex
manifattura di carte da gioco prese in mano il settore delle
console cambiandone l’immagine. Non più dispositivi futuribili capaci di tutto e niente, ma strumenti per divertire. Semplici
giocattoli, per quanto evoluti. Adatti ai più piccoli e ai loro genitori. E ora siamo alla quarta rivoluzione. Il Wii, guarda caso
chiamato Revolution quando ancora era solo un progetto, sta
mutando il volto dei videogame tornando alle origini: non promette nulla se non la possibilità di divertirsi in compagnia. Ecco perché Iwata è stato scelto, è lui l’uomo giusto per cambiare tutto nel solco della tradizione. Peccato non ci sia spazio
per opere che abbiano ricchezza e profondità paragonabili a
un romanzo di Melville. Con buona pace di Clive Barker.
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“Padre” delle tre PlayStation ed enfant prodige
dell’elettronica di consumo, Ken Kutaragi è noto
per essere stato uno dei dirigenti giapponesi della
Sony meno giapponese in assoluto. Visionario e
individualista, a tratti arrogante, sembrava destinato
a diventare la guida della multinazionale di Tokyo.
Anche perché con le prime due PlayStation ha
fatto aumentare del 60 % i guadagni della Sony
cambiando profondamente il mondo dei videogame.
Poi il primo passo falso: la PlayStation 3, arrivata sul
mercato troppo tardi, a un prezzo elevato e molto
costosa da costruire. Ma sembra che l’astro di
Kutaragi abbia iniziato a non splendere più già
nel 2005, quando criticò la Sony in pubblico, durante
una conferenza al Foreign Correspondents Club
di Tokyo, per aver lasciato alla Apple il dominio dei
lettori mp3. «Ho già in mente le PlayStation 4, 5 e 6»,
dichiarò in una delle sue ultime interviste. Poco dopo
però fu costretto dal nuovo amministratore delegato,
Sir Howard Stringer, ad abbandonare l’azienda.
Una punizione molto dura, che però è innanzitutto
la Sony a pagare, avendo perso una delle poche
menti davvero creative tra i suoi dirigenti.
FUTURO MULTIPLO
E adesso? Quale sarà il prossimo passo? La svolta
della Nintendo ha fatto saltare i paradigmi del
passato. Se prima le console erano sempre più
potenti per offrire una grafica più realistica, ora non si
sa bene quale direzione verrà presa. «Nel nostro
futuro ci saranno sempre tre tipi di schermi: quello
del pc, quello della tv e quello del cellulare», sostiene
sicuro Robbie Bach, presidente della divisione
Entertainment & Devices e numero due della
Microsoft: Colui che dirige la sezione videogame
di Redmond e la sua ultima console, l’Xbox 360.
«Il futuro dei giochi elettronici è su ognuno di questi
dispositivi. Ovviamente ci saranno delle differenze
fondamentali fra i tre mondi. Ma di fatto tutti e tre
cresceranno. E molto. I videogame sono infatti una
forma di intrattenimento che, diversificandosi
e raggiungendo tipologie di pubblico sempre diverse,
presto supereranno il cinema per importanza
e giro d’affari».
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