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GA ME OV ER! VIDEOGAME Non sono più giochi solitari per eterni adolescenti. Ma strumenti di comunicazione tra diverse generazioni. La quarta rivoluzione della console arriva dal Giappone e conquista le famiglie di Jaime D’Alessandro Foto di Robbie Cooper D 30 31 GENNAIO 2009 D 31 I l difetto maggiore dei videogame è la prevedibilità: qui ci sono le armi e lì i mostri. Fin dall’inizio sai già cosa devi fare. Ecco perché non esiste un Moby Dick dei giochi elettronici, né un Oliver Twist». Clive Barker, scrittore horror di fama e autore di due videogame, descriveva così il magico mondo delle console quando ancora sembrava che le avventure di Lara Croft & co. stessero per raggiungere una profondità narrativa mai conosciuta. Ma, sfortunatamente per Barker, l’annunciata rivoluzione del settore non ha portato ai risultati che sperava. In compenso sta salvando la famiglia, un po’ come vorrebbe fare Benedetto XVI. Merito di una multinazionale chiamata Nintendo, nata nel lontano 1889 tra i vicoli di Kyoto e artefice dell’impresa impossibile: trasformare una macchina da gioco in strumento di comunicazione tra genitori e figli, tra diverse generazioni. Un ossimoro, a pensarci bene, perché la tecnologia da sempre non unisce ma divide chi è nato con essa da chi invece non l’ha mai saputa o voluta usare. E i videogame cosa sono stati per anni se non un passatempo per eterni adolescenti solitari? Ora però siamo in una nuova era, quella del Wii e del Ds: console che si apprestano a tagliare il traguardo, rispettivamente, dei 50 e dei 100 milioni di pezzi venduti. Giocano tutti: bambini, ragazzi, adulti e anziani, agitando controller zeppi di sensori di movimento del Wii come racchette da tennis, facendo ginnastica con Wii Fit o misurando i propri riflessi mentali con Brain Training su Ds. Tra poco arriverà Wii-noma, crasi tra il nome della console e il termine ocha-no-ma: soggiorno, in giapponese. Rappresentazione digitale dello spazio domestico dove i nostri alter ego potranno incontrarsi come avviene, o dovrebbe avvenire, in tutte le famiglie. «Da anni speriamo di trovare la chiave per far parlare tra loro generazioni diverse», rivela Satoru Iwata, quarto presidente della Nintendo e principale artefice della trasformazione. «Ma quel che sta accadendo ora va ben al di là delle nostre più rosee aspettative. Non si tratta solo della semplicità d’uso, una delle principali caratteristiche del Wii, ma di essere riusciti a far sorridere le persone. Credo sia questa la strada che dobbiamo continuare a percorrere con i nostri dispositivi». La cosa singolare è che la qualità grafica dei giochi per Wii è scadente e non esiste alcuna profondità narrativa. Eppure la formula funziona. Seconda rivoluzione nella rivoluzione, visto che tutti hanno sempre pensato che le console avrebbero continuato a evolversi in base alla loro potenza di calcolo per offrire videogame sempre più simili ai film. E invece no, l’esatto contrario. «Se guardiamo alla storia dell’arte è successa la Le immagini di questo servizio fotografico ritraggono una serie di ragazzini inglesi intenti a giocare con i videogame. Dalla parte del video. Dopo essersi divertiti a creare mondi altamente definiti, gli sviluppatori ora tentano nuove strade. Puntando sulla semplicità d’uso. Attirando un nuovo pubblico D 32 31 GENNAIO 2009 D 33 stessa cosa», spiega Will Wright, “padre” di Sim City, The Sims e Spore (più di 130 milioni di copie vendute complessivamente), che abbiamo incontrato alla “View Conference” di Torino. Uno dei più importanti game designer in circolazione, questo 49enne di Atlanta alto e sottile come un giocatore di basket, è ora alle prese con un nuovo progetto ispirato da Il gioco delle perle di vetro, ultimo romanzo scritto da Hermann Hesse. «Dopo aver raggiunto un grado di realismo molto alto nel Rinascimento, con il tempo nacque l’esigenza di una maggiore astrazione. Ma questo non significa che l’idea di verosimiglianza sia tramontata. In pittura ne esiste una interiore, fatta di emozioni. Nei videogame, dopo essersi divertiti a creare mondi altamente definiti, gli sviluppatori stanno ora tentando nuove strade. Quella del Wii è una delle più interessanti. Bisogna smettere di guardare solo alla storia militare o a Tolkien, ma a ciò che ci circonda». niziando dalla famiglia, ha evidentemente pensato Iwata-san. Un signor nessuno fino al 2002, quando a 43 anni fu chiamato a dirigere la Nintendo schiacciata dalle PlayStation Sony e progettò di sconquassare l’universo dei giochi elettronici e il suo business da oltre 40 miliardi di dollari l’anno. Perché questa è una storia fatta più da singole persone e dalle loro visioni che dalle multinazionali. Non a caso l’immagine simbolo della resurrezione della Nintendo è lo stesso Iwata-san al Kodak Theatre di Los Angeles, stesso palco degli Oscar. Eravamo in luglio, all’ultimo “Electronic Entertainment Expo”, la fiera americana più importante per i videogame. Iwata, elegante e sobrio come sempre, teneva in mano una copia di Brain Training, uscito nel 2005, in silenzio, guardando le centinaia di giornalisti presenti. Una bestemmia in una fiera dove si è sempre fatto a gara nel tirar fuori novità eclatanti anche quando non c’erano, specchio di un mercato che permetteva ai giochi di restare sugli scaffali al più per un paio di mesi. Ma che senso ha tirar fuori titoli su titoli quando ne hai un paio che non solo hanno venduto oltre 26 milioni di copie, ma continuano a vendere? O quando hai una console come il Wii che va a ruba nonostante un parco giochi limitato? E soprattutto che senso ha investire decine di milioni di euro per creare film interattivi lunghi e difficili che soltanto pochi hanno tempo e voglia di apprezzare? E siamo alla terza rivoluzione, quella demografica. «Grazie alla filosofia del Wii stiamo assistendo a una crescita esponenziale del pubblico», sostiene Kathy Vrabeck, fino a poco tempo fa dirigente della divisione Casual della Electronic Arts, tra i maggiori editori di videogame al mondo. «Hanno iniziato a giocare le teenager, le donne, le persone sopra i 50 anni. In parte è me- Quazi, Sam, Wahid e Jack: 47 anni in cinque. E Fifa 2008 per tutti. Nelle altre pagine si gioca a Grand Theft Auto 4, Call of Duty 4, Halo 3, Hulk e Star Wars Battlefront. I Sta per arrivare Wii-no-ma. Crasi tra il nome della console e ocha-no-ma: soggiorno, in giapponese. Versione digitale del nostro spazio domestico D 34 31 GENNAIO 2009 D 35 L’ASCESA E IL DECLINO DI MISTER PLAYSTATION rito della dimensione sociale della console, che funziona da calamita attirando nuove tipologie di persone». pensare che Iwata arrivò alla Nintendo in punta di piedi. L’azienda, guidata fin dagli esordi dalla famiglia Yamauchi, era nelle mani di Hiroshi Yamauchi che la dirigeva con pugno di ferro. Ora è l’uomo più ricco del Giappone, grazie alle azioni in suo possesso, che dall’uscita dell’ultima console hanno aumentato il loro valore di oltre il 200%. Un vecchietto minuto e riservato, pochissime interviste concesse, che prese in mano l’azienda a soli 22 anni, nel 1949. All’epoca Nintendo era una manifattura di carte da gioco che lui trasformò cominciando a licenziare i dipendenti che non riconoscevano la sua autorità. Fu il primo a lanciare le carte da gioco plastificate in Giappone, imitando quelle diffuse in Occidente, ma associandole ai personaggi della Disney per farne un divertimento per famiglie e spazzare via la brutta immagine legata al gioco d’azzardo. Una missione apparentemente impossibile, che somiglia per certi versi a quella del Wii. L’altra è successiva di almeno 20 anni. Yamauchi, dopo aver tentato senza fortuna di avviare una compagnia di taxi, una catena di alberghi a ore e la produzione su larga scala di riso precotto, scoprì per caso i giocattoli elettrici e poi elettronici. Era aiutato da due figure di spessore: Gunpei Yokoi, che più tardi avrebbe inventato il Game Boy, e Shigeru Miyamoto, quello di Donkey Kong e Super Mario. Ma era Yamauchi a decidere. Così, quando, all’inizio degli anni Ottanta, le aziende americane come Atari collassarono per l’imperizia dei loro manager, l’ex manifattura di carte da gioco prese in mano il settore delle console cambiandone l’immagine. Non più dispositivi futuribili capaci di tutto e niente, ma strumenti per divertire. Semplici giocattoli, per quanto evoluti. Adatti ai più piccoli e ai loro genitori. E ora siamo alla quarta rivoluzione. Il Wii, guarda caso chiamato Revolution quando ancora era solo un progetto, sta mutando il volto dei videogame tornando alle origini: non promette nulla se non la possibilità di divertirsi in compagnia. Ecco perché Iwata è stato scelto, è lui l’uomo giusto per cambiare tutto nel solco della tradizione. Peccato non ci sia spazio per opere che abbiano ricchezza e profondità paragonabili a un romanzo di Melville. Con buona pace di Clive Barker. E D 36 “Padre” delle tre PlayStation ed enfant prodige dell’elettronica di consumo, Ken Kutaragi è noto per essere stato uno dei dirigenti giapponesi della Sony meno giapponese in assoluto. Visionario e individualista, a tratti arrogante, sembrava destinato a diventare la guida della multinazionale di Tokyo. Anche perché con le prime due PlayStation ha fatto aumentare del 60 % i guadagni della Sony cambiando profondamente il mondo dei videogame. Poi il primo passo falso: la PlayStation 3, arrivata sul mercato troppo tardi, a un prezzo elevato e molto costosa da costruire. Ma sembra che l’astro di Kutaragi abbia iniziato a non splendere più già nel 2005, quando criticò la Sony in pubblico, durante una conferenza al Foreign Correspondents Club di Tokyo, per aver lasciato alla Apple il dominio dei lettori mp3. «Ho già in mente le PlayStation 4, 5 e 6», dichiarò in una delle sue ultime interviste. Poco dopo però fu costretto dal nuovo amministratore delegato, Sir Howard Stringer, ad abbandonare l’azienda. Una punizione molto dura, che però è innanzitutto la Sony a pagare, avendo perso una delle poche menti davvero creative tra i suoi dirigenti. FUTURO MULTIPLO E adesso? Quale sarà il prossimo passo? La svolta della Nintendo ha fatto saltare i paradigmi del passato. Se prima le console erano sempre più potenti per offrire una grafica più realistica, ora non si sa bene quale direzione verrà presa. «Nel nostro futuro ci saranno sempre tre tipi di schermi: quello del pc, quello della tv e quello del cellulare», sostiene sicuro Robbie Bach, presidente della divisione Entertainment & Devices e numero due della Microsoft: Colui che dirige la sezione videogame di Redmond e la sua ultima console, l’Xbox 360. «Il futuro dei giochi elettronici è su ognuno di questi dispositivi. Ovviamente ci saranno delle differenze fondamentali fra i tre mondi. Ma di fatto tutti e tre cresceranno. E molto. I videogame sono infatti una forma di intrattenimento che, diversificandosi e raggiungendo tipologie di pubblico sempre diverse, presto supereranno il cinema per importanza e giro d’affari». 31 GENNAIO 2009