e adesso??? - Studenti.it

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 Di Verena Gioia
hummmmm...
e adesso???
Indecision
Benjamin Kunkel
Rizzoli
336 pag - 16.50 €
uando si dice il talento: Benjamin Kunkel ha
poco più o poco meno
di 28 anni, è uno di quei
ragazzi a cui probabilmente piaceva scrivere fin dai tempi delle
superiori, ha fatto della scrittura
un lavoro fondando una rivista,
scrivendo come critico letterario.
Poteva essere solo un buon giornalista con
qualche rimpianto per quel libro rimasto nel
cassetto. Invece un giorno ha deciso che era
arrivato il momento di darsi in pasto ai suoi
colleghi e ha pubblicato il suo primo romanzo.
“Indecision” poteva essere un pessimo
libro, un dignitoso esordio, un simpatico
divertissement. E’ un piccolo capolavoro,
simile ad un gioiello in filigrana finemente
cesellato.
Non c’è una parola che sia fuori posto,
una pagina di troppo o un’ingenuità narrativa.
C’è chi ha accostato il protagonista Dwight
B. Wilmerding (nome divino e ridicolo per un
eroe che Kunkel definisce “un idiota particolarmente rappresentativo”) ad un altro mito
della letteratura americana: Holden Caulfield
Q
adolescente e dubbioso.
Non è un paragone esagerato da quarta di copertina: squillo
di trombe arriva il nuovo giovane
Holden degli anni 2000. Nessun
eccesso: “Indecision” rientra in
quella manciata di libri lievi, cerebrali, sofisticati, avvincenti che
fotografano uno stato d’animo
generazionale.
Dwight non è uno sfigato, a
scuola era tra i più amati, i genitori sono divorziati, ma senza troppi patemi,
laureato si ritrova a lavorare nel call center di
un’azienda farmaceutica. Un’occupazione
un po’ patetica che gli permette di pagarsi la
stanza a New York, le droghe e le serate con
gli amici. Ha una fidanzata, una sorella di cui
è platonicamente innamorato: tutto sembra
mediocremente normale, se non fosse che
Dwight non riesce mai a prendere una decisione da solo. Dal panino del pranzo all’essere innamorato o meno, dal cambiare lavoro
al perderlo. Il suo motto è “testa o croce?”.
Soffre di abulia, ma provvidenzialmente esiste la chimica farmaceutica: un amico gli
procura la cura sperimentale contro l’indecisione. Dwight ha fede nel progresso scientifico e si ritroverà in Ecuador per vedere la sua
esistenza sotto una luce diversa scoprendo
Cercasi amore disperatamente
Federica Bosco
Newton & Compton
247 pag – 9.90 €
Enrico Vanzina ha acquistato i diritti cinematografici del romanzo d’esordio di Federica Bosco
“Mi piaci da morire” che ha avuto
ben 11 edizioni: anche “Cercasi
amore disperatamente” è nato
per essere trasformato in film.
Si legge tutto di un fiato con la
sensazione di stare letteralmente
dentro al romanzo al fianco di
Arianna che cerca di barcamenarsi tra lavori infami, una famiglia
opprimente, amiche fidate e amiche pazzoidi, il bisogno di amore
che ti fa diventare lo zerbino di
uomini innamorati solo di se stessi. Ma Arianna
tra rovinose cadute, momenti imbarazzanti,
risate e dubbi riesce a trovare sia il suo equilibrio che l’amore. L’amore sano e gioioso che
non conosce la parola dipendenza, quel stare
insieme che ti mette le ali e ti toglie la paura di
vivere. Se sei con il cuore un po’ acciaccato
sono altamente consigliate le ultime 50 pagine: Arianna scopre che per stare bene tocca
investire su se stesse, poi il resto verrà da solo.
Leggerlo fa proprio bene all’umore!
Middlesex
Jeffrey Eugenides
Mondadori
602 pag – 8.40 €
Middlesex è una sonnolenta cittadina della provincia americana, ma è anche quello stato di
mezzo in cui si trova Callie nata
due volte. Prima come bambina
e poi a 14 anni come ragazzo.
Cal/Calliope Stephanides per
raccontare se stesso racconta la
saga della sua famiglia, dei suoi
nonni che dalla Grecia assolata
e povera emigrano negli Stati
Uniti. Un incesto consumato
taciuto è la causa biologica del
gene che fa di Cal prima una
donna e poi un uomo? Tema
scabroso per un’Odissea mai
morbosa, una tragedia greca moderna che
diventa favola. E come in tutte le favole Cal
riuscirà a trovare la sua strada, continuerà ad
amare la sua famiglia, ma taglierà i lacci con il
passato diventando artefice del proprio destino. Jeffrey Eugenides con “Middlesex” ha
voluto raccontare la storia della sua famiglia, ha
vinto il premio Pulitzer e ha lasciato all’affamato
popolo dei lettori di tutto il mondo un romanzo
che è anche poesia. Non fatevi trarre in inganno dalla tematica sessuale, “Middlesex” altro
non racconta che la difficoltà delle persone di
essere se stessee il sesso è solo uno dei tanti
aspetti della personalità umana.
32
Di Perro Rojo
le gemelline
del Lo-fi
L’
album perfetto è
personali, sincere ed ingenue, come
quello che lascia in
quelle che si trovano sui diari di tutti noi.
bocca un sapore
Chi non ha un racconto triste su un
chiaro e riconosciamore finito con cui attaccarci una
bile. L’album perfetto viene
pezza? Ma le Ian Fays non piagnucoregistrato tutto d’un fiato perlano, le loro confessioni sono liberatoché le canzoni vengono fuori
rie, le lacrime sono evaporate, le ferite
da sole, sono loro a chiederimarginate ed è bello giochicchiare con
re di essere registrate. L’alla groove box, che scoppietta una ritmibum perfetto contiene delle
ca minimale e inserire buffe rullate che
THE IAN FAYS
melodie. Nell’album perfetto
non c’entrano niente.
i musicisti suonano per loro
The Damon Lessons
L’album perfetto ha le melodie? Pronti,
stessi, il pubblico che ascolHomesleep /
qui sono proprio le intuizioni melodiche
Audioglobe, 2006
terà il disco potrebbe anche
a dirci che le gemelle l’hanno combinanon esserci. L’album perfetto
ta grossa. Ascoltate l’attacco pieno di
non sa cosa sia il compromesso. Non ci può
promesse di “Peppermint Schnapps”, l’epica gentile
essere un album così così che dopo l’interdi “I Lifted Myself Up” e la dolcezza a mezza voce
vento di qualche pezzo grosso della produdi “All The Phones Are Broken In This House, Sir”,
zione diventa un album perfetto. Non esiste
ma tutti gli undici brani si incollano in testa all’istante,
la formula matematica per l’album perfetto
con il fascino provvisorio degli appunti sonori.
e quella che pensano di avere i discografici
In alcuni momenti sembra di sentire Cat Power che
nei loro cassetti non funziona. L’album perè rientrata da una passeggiata nel bosco e si è rifufetto viene fuori di pancia, come un colpo di
giata in casa con alcune amiche, ma “The Damon
tosse.
Lessons” è consigliato soprattutto a chi ha amato i
Cof Cof. Questo esordio delle quattro ragazdue album delle sorelle Casady, in arte CocoRosie,
ze californiane non sarà forse un album persarà per i legami di parentela, sarà per quest’aria un
fetto, ma mi sembra di essere tornato tredipo’ decadente, sarà perché sempre di un progetto
cenne, quando avevo solo una cassetta e
femminile si tratta, sarà perché sembra tutto fatto in
ascoltavo tutto il giorno solo quella. Si inizia
casa con una chitarra (uno spinello) e qualche tastiecon “Empty Alcohol Bottle”, che sembra una
rina giocattolo.
ninna nanna e in un attimo rende chiaro cosa
Viva la bolognese Homesleep, non nuova per la veric’è nella cameretta delle gemelle Lizz e Sara
tà alla pubblicazione di band straniere, che non si sa
e delle loro amiche Julia e Lena.
come abbia scovato le californiane, ma è bello penDolci ballate per chitarra, tastiere, effetti,
sare che il miracolo sia avvenuto invocando le divinirumori, fisarmonica, xilofono, batteria elettrotà dei blog, i numi tutelari del peer to peer e immernica e tanti sassolini da togliersi dalle scarpe.
gendosi nella fonte battesimale di Myspace (www.
“The Damon Lessons” è un disco di storie
myspace.com/theianfays).
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THE BLACK HEART PROCESSION
The Spell
(Touch & Go / Wide, 2006)
Lasciamo che i luoghi comuni
vengano a noi. “Gruppo californiano” + “album uscito appena
prima dell’estate” dovrebbe
dare qualcosa tipo “melodie
solari ed allegre”, “video con
ragazze bionde in bikini”, “testi
che parlano di come far scivolare la tavola sulle onde”. Invece no. Il surf non c’entra in questo quinto lavoro della formazione di San Diego,
pubblicato proprio nelle settimane in cui,
nel nostro emisfero, i bikini iniziano ad
essere di piacevole attualità. Ma non è
vero che il caldo qui non arriva. C’è, ed
è semmai un caldo che paralizza, un’afa
che riempie la testa di pensieri cupi, che
fa salir su la malinconia. Così le ballate
dolenti dei BHP, scolpite sui tasti del pianoforte e rese ruvide dalle distorsioni delle
chitarre, si insinuano tra le pieghe della
stagione dei gavettoni. Tormentati come
Leonard Cohen, scuri come Nick Cave.
Eppure quello che resta dopo l’ascolto è
un senso di serenità ed un gran sorriso
sulle labbra. E’ proprio vero che l’unica
musica deprimente è quella brutta.
BRUCE SPRINGSTEEN
We Shall Overcome: The Seeger
Sessions
Columbia, 2006
Di “We Shall Overcome” ricordo un’esecuzione tra free jazz e avanguardia di un
mio compagno di classe delle
medie durante un’individuale di
flauto che fece cadere il nostro
prof in una profonda depressione. Eccola la forza dei classici,
resistono a qualsiasi prova e si
imprimono nella mente. Quella
che Bruce Springsteen definisce la più importante canzone
di protesta di sempre è il brano
più noto di questa raccolta di cover che
omaggia Pete Seeger, gigante della
canzone popolare americana. Bruce,
insieme ad una band di tredici elementi,
ripercorre all’indietro la strada su cui ha
sempre viaggiato. Il risultato è un commovente tributo alla riscoperta delle origini del folk, del country e della forza dei
loro testi di denuncia. L’impatto di questi
“traditionals” cresce col tempo, che siano
la colonna sonora perfetta per una festa
danzante o marce dolenti. Con la sua
impeccabile ed appassionata interpretazione chissà che il Boss non convinca
il mio prof di musica a riascoltarlo quel
pezzo di Seeger.
laureati
A Bolzano studio
in tre lingue
e tirocini
in azienda
Se quello che cercate è una formazione di respiro internazionale,
un’Università forte di programmi
europei e più lingue di studio, che
presta grande attenzione all’acquisizione di competenze professionali,
oltre alle conoscenze teoriche, e che
vanta un corpo accademico internazionale… allora l’Università di Bolzano fa proprio al caso vostro. E’ un
ateneo che persegue con caparbia
un obiettivo preciso: offrire una formazione ad alto livello e arricchirla di
solide competenze linguistiche. Per
questo motivo a Bolzano si studia
in tre lingue: italiano, inglese e tedesco. Non è necessario, chiaramente, conoscerle tutte al momento dell’iscrizione: a seconda della facoltà scelta viene richiesta
una conoscenza minima (una o due lingue, ad esempio
l’italiano ed un inglese o un tedesco scolastici), mentre
le lacune si possono colmare strada facendo. “E’ impegnativo, ma il gioco vale la candela – spiegano gli studenti dell’ateneo bolzanino, tra i quali sono rappresentate ben 41 diverse nazionalità. Conoscere bene tre lingue
può infatti rivelarsi un asso nella manica nel momento in
cui si cerca lavoro, in particolare per chi ambisce a posti
di responsabilità o desidera trovare lavoro in aziende
presenti a livello europeo.
Per aiutare gli studenti nell’apprendimento delle lingue
l’Università ha sviluppato un apposito Centro linguistico
che offre corsi a vari livelli. Ma non finisce qui: il fatto di
trovarsi in una regione in cui si parla correntemente l’italiano e tedesco e di frequentare un ateneo in cui si ha
quotidianamente la possibilità di praticare anche l’inglese rende lo studio delle lingue più divertente e naturale.
Insomma, plurilingui si diventa!
Oltre alle lingue, grande valore è attribuito a stage e tirocini in azienda, che facilitano l’acquisizione di abilità
professionali.
E chi vuole integrare completamente studio ed esperienza in azienda può iscriversi al programma “Studenti
in attività”: grazie ad una collaborazione con l’Associa-
non
redazionale sponsorizzato
BASTA!!!
zione industriali gli studenti possono alternare periodi di
studio e periodi di lavoro retribuito in azienda. E’ quindi
possibile finanziarsi gli studi, ma soprattutto fare un’importante esperienza lavorativa. Il corso di laurea dura
in questo caso quattro anni (invece dei tre previsti per
una laurea di primo livello), ma sin da subito i neo-dottori possono presentare un curriculum che comprende
conoscenze non solo teoriche. L’impegno lavorativo
cresce con il passare degli anni, e cresce nel contempo
anche la retribuzione, che parte dai 600 euro al mese
del primo anno. “Studenti in attività” riguarda gli studenti
di Ingegneria logistica e della Produzione e di Scienze
e tecnologie informatiche. Anche per questo la Libera
Università di Bolzano si è piazzata nei primi posti nella
classifica nazionale proposta da Campus.
NUOVO: Scienze della Comunicazione plurilingue
Un’Università che punta molto sulle lingue non poteva certo farsi mancare Scienze della Comunicazione! Ecco quindi che dal 2006 parte questo nuovo
corso di laurea, all’interno della Facoltà di Scienze della
Formazione. Ma ancora una volta Bolzano si distingue
per l’apertura internazionale, pensando a professionisti
capaci di muoversi in ambienti plurilingui e multiculturali,
sempre più presenti anche in Europa.
Due i curricula offerti: “esperto di educazione permanente e di mediazione comunicativa” e “manager e organizzatore di eventi culturali e non-profit”. Il piano di studi
prevede per entrambi l’acquisizione di abilità redazionali,
competenze relative alle nuove tecnologie della comunicazione e conoscenze di base nell’ambito della politica
e del diritto.
In sostanza i laureati di Bolzano saranno dei professionisti della comunicazione con una marcia in più: la capacità di gestire situazioni comunicative in più lingue.
Lauree di primo livello
ECONOMIA E MANAGEMENT,
ECONOMIA AZIENDALE PER LA LIBERA PROFESSIONE,
MANAGEMENT DEL TURISMO,
TECNICA ED ECONOMIA AGRARIA,
SCIENZE ECONOMICHE E SOCIALI (PPE).
SCIENZE DELLA FORMAZIONE PRIMARIA
(quadriennale, in una sola lingua),
EDUCATORE PROFESSIONALE e SERVIZIO SOCIALE
(entrambi in italiano e tedesco),
SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE PLURILINGUE
INFORMATICA APPLICATA (prevalentemente in lingua inglese).
DESIGN
INGEGNERIA LOGISTICA E DELLA PRODUZIONE
Prescrizioni entro il 25 agosto 2005
Design e Arti entro il 3 luglio
Info: www.unibz.it,
tel. 0471 012 100
e-mail [email protected]
Di Claudio Lo Russo
Altman
alle radici
del country
radio america
(1 giugno)
U
na logica apparente vorrebbe che sulla
pagina del cinema di un giornale come
questo venissero presentati autori giovani che fanno film giovani che parlano a un
pubblico giovane. Un altro fra i tanti punti di vista
suggerisce però che realizzare prodotti giovani
che parlino ai giovani ecc. ecc. siano solo formule vuote, sigle di facciata buone per consumi
superficiali di non cultura. Troppo spesso infatti (non sempre) i cosiddetti prodotti giovani (al
cinema e alla televisione) di registi giovani (che
poi non hanno quasi mai meno di 30-35 anni)
con giovani attori che racconterebbero cose
giovani ci presentano in una forma nei migliori
casi un po’ più dinamica e un po’ più appariscente cose vecchie, mangiate e digerite e… da
tempo. I ragazzi di Locri, invece, insegnano fra
le altre cose che le palle possono anche stare
più in alto… E dunque, senza uscire dal seminato, presentiamo il film del mese. Che per l’appunto è un film giovanissimo, di uno che il gusto
di tirarle fuori in modo coraggioso e irriverente
non l’ha ancora perso, un ragazzino di 81 anni
che si chiama Robert Altman e che quest’anno
ha finalmente ricevuto l’Oscar alla carriera (fra i
suoi titoli più famosi M*A*S*H, Nashville, America oggi, Il dottor T e le donne).
Radio America in realtà si intitola A Prarie Home
36
Companion, come da 30 anni il più
famoso show radiofonico degli Stati
Uniti. “Mia moglie ne è sempre stata
una fan”, racconta Altman, che così
si è convinto a farne un film. Scritto
con il fondatore e conduttore della
trasmissione, Garrison Keillor, che
nel film interpreta sé stesso. Con
lui e su tutti Meryl Streep che recita e canta come solo lei sa fare, e
poi Woody Harrelson, Kevin Kline,
Tommy Lee Jones, e tanti altri. Infatti Radio America, nel più puro stile
del suo autore, volendo riusare una
fetentissima definizione appioppata ad ogni suo film, è un film corale. Potremmo pure sforzarci di dire
film d’insieme o film d’ambiente
ma cambierebbe poco. Quel che
conta è che si tratta di un film in cui
gli attori sono quasi sempre tutti in scena
contemporaneamente, vanno, vengono, si
incontrano, si scontrano, mentre il regista
passa tranquillamente da un piano all’altro. E
soprattutto quasi sempre nello stesso posto,
gli studi della radio in smantellamento. Radio
America è un film sulla cultura musicale dell’America più profonda, non solo country,
sul sentire più autentico di una nazione e sul
suo irrimediabile cambiamento, sul superamento di un’epoca che anche nei suoi ultimi
successi si piega all’incedere pesante del
tempo, e con lui di una morte che si porta
via non solo un po’ di storia radiofonica ma
una pezzo di civiltà.
Nella storia immaginata da Altman e Keillor
lo show si prepara alla sua ultima trasmissione. Un grande network sta infatti comperando la sua sede, il Fitzgerald Theatre. Attori,
cantanti, intrattenitori vanno e vengono fra
il palco e i camerini in attesa della chiusura, mentre il misterioso e fatale fantasma di
una donna vestita di bianco scivola invisibile fra di loro, seducendo l’ottuso acquirente
del teatro… Nuova era che si afferma nello
smantellamento del passato, permettendosi
anche di inghiottire qualcuno dei suoi prodotti più volgari. Ma, attraverso Altman, in
modo ironico, divertito, malinconico, critico,
“equilibratamente sovversivo”.
GET RICH OR DIE TRYIN’
(16 GIUGNO)
Curtis “50 Cent” Jackson è in tutti i sensi il protagonista della rinascita
umana e dell’ascesa al
successo raccontate in
questo dramma dei bassifondi metropolitani. Tutti
sanno ormai del successo
pazzesco raggiunto dal
rapper di New York dal
2002 ad oggi. Con il suo
primo album, Get rich or
die tryin’, ha battuto ogni
record vendendo 900’000
copie in una settimana.
Con il secondo, The massacre, è già arrivato
a 4 milioni. Un successo dietro cui si nasconde un passato diciamo un po’ turbolento.
“E’ un collage della mia vita”, dice 50 Cent,
“non è esattamente la mia storia ma una
storia con degli accadimenti simili a quelli che ho realmente vissuto”. Un film in cui
ha immediatamente creduto Jim Sheridan,
il regista: “Sapevo che una storia capace
di riflettere elementi della sua vita avrebbe
avuto un enorme potenziale drammatico”.
E Marcus, il protagonista, proprio come 50
Cent è orfano di padre, e dopo la morte
tragica della madre si dedica ancora adolescente allo spaccio di droga. Solo la scrittura dei suoi pezzi hip-hop gli permette di non
sprofondare definitivamente ma anzi, dopo
aver quasi perso la vita, di risorgere. La forza
di un sogno e di una necessità lo salveranno, perché nonostante tutto non aveva mai
smesso di credere che un giorno sarebbe
diventato un rapper…
10 CANOE
(1 GIUGNO)
150 lance, 10 canoe, 3
donne… problemi. Questo film è un viaggio unico
in luoghi remoti e favolosi, fra gli aborigeni Yolngu della Terra di Arnhem,
nel nord dell’Australia. E’
un tuffo fatto di immagini
bellissime e divertenti che
il regista e la popolazione
hanno fatto nel loro passato, rimasto immobile
fino a pochi anni fa.
David Gulpilil, grande
attore Yolngu, ci racconta la storia di Dayindi, innamorato di una
delle tre mogli del fratello maggiore. Durante la costruzione delle canoe di corteccia
e la caccia alle oche nella palude, il fratello
narra a Dayindi degli antichi. Di come il giovane Yeeralparil desiderasse la terza moglie
di Ridjimiraril, suo fratello. Dell’arrivo nella
tribù dello Straniero, temuto dallo Stregone,
e della scomparsa misteriosa della seconda
moglie. Di come dopo vane ricerche Ridjimiraril rimanga convinto che sia stata rapita
dallo Straniero ma uccida l’uomo sbagliato. Delitto a cui segue il Makaratta, rituale
di castigo per risarcire il diritto alla vendetta della tribù dello Straniero, che il giovane
fratello condivide con il vecchio, danzando come un fantasma per evitare le lance.
Ridjimiraril viene ferito e in attesa di ritornare all’acqua danzerà la propria Danza della
Morte, lasciando al fratello il diritto sulle proprie mogli, che non si dimostrerà ciò che il
giovane Yeeraparil sperava…
Play !
Powered by
Playstation 3
finalmente svelata!
PlayStation 3 si prepara
ad invadere i salotti dei
giocatori di tutto il mondo.
La parola chiave
è “Multimedialità”, condita
da un sacco di giochi fin
dal lancio. Tra shooter e giochi
di guida, l’attesa si fa bollente!
Heavenly Sword
A cura di Antonio “tanzen” Fucito
A
ndiamo subito al dunque, Playstation 3 uscirà in
Giappone il prossimo 11 Novembre, e nel resto del
mondo (compresa l’Italia) il 17, sempre dello stesso mese. Non sarà una console economica, anzi,
verrà fornita in due versioni, quella “full optional”,
che alla cifra di 599 euro fornirà tutte quelle componenti che
ne potrebbero decretare il successo anche come media center (Lettore Blu Ray, Hard Disk da 60 GB di 2,5”, Gigabit Lan, 4
porte USB, Bluetooth, Wi-Fi, lettore schede di memoria e chi
più ne ha più ne metta), mentre con 100 euro in meno potrete
portarvi a casa la stessa console ma dotata di un Hard Disk di
capienza inferiore (20 GB) e privata di connessione Wifi, uscita
HDMI e lettore di schede di memoria.
Passando ai giochi, i più interessanti, sia dal punto di vista
tecnico che non, sono stati Heavenly Sword, Resistance: Fall
of Man e Motorstorm, mentre tra gli annunci e i trailer di
spicco abbiamo Final Fantasy XIII, che uscirà in ben due versioni, Virtua Fighter 5 direttamente da Sega e l’immancabile
nuovo filmato di Metal Gear Solid 4.
In nuova generazione sempre più proiettata verso la multimedialità sarà possibile collegare PS3 con PSP, mediante la
connessione senza fili o il cavo USB. La console sarà poi retrocompatibile, ovvero permetterà di far girare tutti i giochi Playstation e Playstation 2 originali, ed infine sarà possibile giocare
e chattare online mediante una connessione ad Internet.
Non mancherà la presenza di un apposito negozio online
Genji
per acquistare nuove aggiunte per alcuni titoli (ad esempio nuove canzoni per il gioco Singstar). Tra i metodi di pagamento ci saranno
anche apposite carte prepagate (Playstation
cards) che potranno essere acquistate in
negozi specializzati e non.
Per quanto riguarda invece il joypad, nella
forma ricorda molto da vicino il precedente Dual Shock, ma introduce alcune piccole
rifinitura nei dorsali inferiori, negli analogici
(uno dei punti deboli sicuramente) e nel peso,
diminuto visibilmente.
La maggiore novità è rappresentata
comunque da un sistema di tilt che rileva i
movimenti a 360 gradi del pad, utilizzabile ad
esempio nei giochi di volo come Warhawk,.
Il Pad si collega infine alla console mediante
Warhawk
38
Bluetooth senza fili oppure cavo Usb, che permette anche di
ricaricarlo.
Se dovessimo dare un giudizio sulla conferenza Sony di
quest’anno, la definiremmo un po’ atipica. Se da un lato si
evince come il colosso giapponese voglia arrivare al lancio
della console molto più preparato di quanto non lo sia stata
Microsoft lo scorso anno, e come Playstation 3 godrà ancora una volta di supporto massiccio da parte degli sviluppatori,
dall’altro i titoli mostrati sono stati un po’ “mosci”, con diversi
esponenti non all’altezza dei filmati mostrati nei mesi passati.
Resta poi l’incognita del prezzo e di quanto inciderà sulle
vendite della console, poichè è sicuramente non alla portata
di tutti, anche se giustificato dall’hardware che sarà presente.
Play !
Powered by
Nintendo
Nintendo è tornata, e l’ha
fatto alla sua maniera:
con una nuova console,
Wii, che è stata l’autentico
punto di riferimento
dell’intero E 3 2006. Un sistema di controllo tutto nuovo,
e la volontà di far giocare anche chi non ha mai preso
in mano un pad. Perchè “playing is believing”...
riparte da Wii!
A cura di Andrea Palmisano
E
anche questo E3 è passato. Fortunatamente l’edizione 2006, a differenza
di quella dell’anno scorso, è stata
assolutamente positiva per quanto
riguarda Nintendo, che ha confermato la forza di un DS in piena forma e -soprattutto- ha presentato finalmente al pubblico la
sua prossima console da casa.
Ciò che ha maggiormente stupito, al di
là dei discorsi legati al sistema in sé, è stato
senza dubbio il calore, l’affetto e la semplice
curiosità che ha contraddistinto i visitatori della manifestazione nei confronti di Wii.
Certo anche l’anno scorso avevamo notato
un grande fermento attorno a Xbox 360, e
quest’anno molti hanno visitato lo stand Sony
per toccare con mano Ps3; ma in nessun caso
ci eravamo trovati di fronte a file di 5 o 6 ore
lunghe parecchie decine di metri, vissute non
con nervosismo o tedio ma con eccitazione e
frenesia. Tutti volevano provare il nuovo controller, vedere la grafica, toccare con mano
questa “rivoluzione” promessa da Nintendo,
anche a costo di perdere una intera giornata
in coda. La N-difference è reale, tangibile, tutt’altro che in declino, e questo E3 ne è stata la
più viva testimonianza.
Per quanto riguarda il nostro giudizio, dobbiamo ammettere di essere rimasti piacevolmente colpiti da Wii; alla vigilia infatti c’era un
po’ di timore riguardo all’effettiva bontà delle
specifiche tecniche e soprattutto delle soluzioni innovative proposte dalla casa di Kyoto.
Tutti sappiamo che nella prossima guerra
delle console, non ci sarebbe stato spazio per
tre contendenti pronti a sfidarsi sullo stesso
piano; da questo punto di vista, Nintendo ha
seguito l’unica strada possibile, ovvero quella
di differenziarsi dall’approccio “classico” proposto invece da Microsoft e Sony.
Ma per uscire da un percorso ben tracciato ci vuole non solo coraggio, ma anche una
proposta davvero valida capace di convincere
la gente. Non sappiamo ancora dire se Wii riuscirà ad essere un successo commerciale; quello che sappiamo è che le
premesse per far funzionare questa nuova idea della grande
N ci sono tutte. Certo, nessuno deve aspettarsi un potenziale
tecnico in grado di impensierire Ps3 o Xbox 360; d’altra parte
lo stesso Miyamoto, il presidente Iwata e il mitico Reggie Fills
Aime hanno più volte avuto modo di sottolineare la volontà di
Nintendo di uscire dalla corsa folle al poligono.
Da quanto abbiamo avuto modo di vedere, Wii sembra in
grado di piazzarsi dal punto di vista grafico in una via di mezzo
tra attuale e nuova generazione di console. Ma l’ago della
bilancia, lo sapevamo bene, sarebbe stato legato all’innovativo controller, al suo sensore di movimento, e alla applicazione
nei giochi.
Bene, dopo un iniziale smarrimento più che normale dopo
tanti anni passati coi “normali” pad, la verità è che giocare con
Wii è davvero qualcosa di elettrizzante. Il gioco che più ci ha
convinti finora è stato lo splendido Mario Galaxy, ma anche
Metroid Prime 3 ha detto la sua così come l’irresistibile Tennis.
Un po’ ostico invece riuscire a districarsi con Twilight Princess,
data la maggiore complessità dell’interfaccia.
Ma tutto sommato, Wii ha dimostrato che l’entusiasmo di
Nintendo e dei suoi sostenitori era pienamente giustificato;
adesso non resta che attendere il prezzo finale e la data di lancio, sperando che il primo non sia troppo alto e che la seconda
non sia troppo lontana...