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Di Verena Gioia hummmmm... e adesso??? Indecision Benjamin Kunkel Rizzoli 336 pag - 16.50 € uando si dice il talento: Benjamin Kunkel ha poco più o poco meno di 28 anni, è uno di quei ragazzi a cui probabilmente piaceva scrivere fin dai tempi delle superiori, ha fatto della scrittura un lavoro fondando una rivista, scrivendo come critico letterario. Poteva essere solo un buon giornalista con qualche rimpianto per quel libro rimasto nel cassetto. Invece un giorno ha deciso che era arrivato il momento di darsi in pasto ai suoi colleghi e ha pubblicato il suo primo romanzo. “Indecision” poteva essere un pessimo libro, un dignitoso esordio, un simpatico divertissement. E’ un piccolo capolavoro, simile ad un gioiello in filigrana finemente cesellato. Non c’è una parola che sia fuori posto, una pagina di troppo o un’ingenuità narrativa. C’è chi ha accostato il protagonista Dwight B. Wilmerding (nome divino e ridicolo per un eroe che Kunkel definisce “un idiota particolarmente rappresentativo”) ad un altro mito della letteratura americana: Holden Caulfield Q adolescente e dubbioso. Non è un paragone esagerato da quarta di copertina: squillo di trombe arriva il nuovo giovane Holden degli anni 2000. Nessun eccesso: “Indecision” rientra in quella manciata di libri lievi, cerebrali, sofisticati, avvincenti che fotografano uno stato d’animo generazionale. Dwight non è uno sfigato, a scuola era tra i più amati, i genitori sono divorziati, ma senza troppi patemi, laureato si ritrova a lavorare nel call center di un’azienda farmaceutica. Un’occupazione un po’ patetica che gli permette di pagarsi la stanza a New York, le droghe e le serate con gli amici. Ha una fidanzata, una sorella di cui è platonicamente innamorato: tutto sembra mediocremente normale, se non fosse che Dwight non riesce mai a prendere una decisione da solo. Dal panino del pranzo all’essere innamorato o meno, dal cambiare lavoro al perderlo. Il suo motto è “testa o croce?”. Soffre di abulia, ma provvidenzialmente esiste la chimica farmaceutica: un amico gli procura la cura sperimentale contro l’indecisione. Dwight ha fede nel progresso scientifico e si ritroverà in Ecuador per vedere la sua esistenza sotto una luce diversa scoprendo Cercasi amore disperatamente Federica Bosco Newton & Compton 247 pag – 9.90 € Enrico Vanzina ha acquistato i diritti cinematografici del romanzo d’esordio di Federica Bosco “Mi piaci da morire” che ha avuto ben 11 edizioni: anche “Cercasi amore disperatamente” è nato per essere trasformato in film. Si legge tutto di un fiato con la sensazione di stare letteralmente dentro al romanzo al fianco di Arianna che cerca di barcamenarsi tra lavori infami, una famiglia opprimente, amiche fidate e amiche pazzoidi, il bisogno di amore che ti fa diventare lo zerbino di uomini innamorati solo di se stessi. Ma Arianna tra rovinose cadute, momenti imbarazzanti, risate e dubbi riesce a trovare sia il suo equilibrio che l’amore. L’amore sano e gioioso che non conosce la parola dipendenza, quel stare insieme che ti mette le ali e ti toglie la paura di vivere. Se sei con il cuore un po’ acciaccato sono altamente consigliate le ultime 50 pagine: Arianna scopre che per stare bene tocca investire su se stesse, poi il resto verrà da solo. Leggerlo fa proprio bene all’umore! Middlesex Jeffrey Eugenides Mondadori 602 pag – 8.40 € Middlesex è una sonnolenta cittadina della provincia americana, ma è anche quello stato di mezzo in cui si trova Callie nata due volte. Prima come bambina e poi a 14 anni come ragazzo. Cal/Calliope Stephanides per raccontare se stesso racconta la saga della sua famiglia, dei suoi nonni che dalla Grecia assolata e povera emigrano negli Stati Uniti. Un incesto consumato taciuto è la causa biologica del gene che fa di Cal prima una donna e poi un uomo? Tema scabroso per un’Odissea mai morbosa, una tragedia greca moderna che diventa favola. E come in tutte le favole Cal riuscirà a trovare la sua strada, continuerà ad amare la sua famiglia, ma taglierà i lacci con il passato diventando artefice del proprio destino. Jeffrey Eugenides con “Middlesex” ha voluto raccontare la storia della sua famiglia, ha vinto il premio Pulitzer e ha lasciato all’affamato popolo dei lettori di tutto il mondo un romanzo che è anche poesia. Non fatevi trarre in inganno dalla tematica sessuale, “Middlesex” altro non racconta che la difficoltà delle persone di essere se stessee il sesso è solo uno dei tanti aspetti della personalità umana. 32 Di Perro Rojo le gemelline del Lo-fi L’ album perfetto è personali, sincere ed ingenue, come quello che lascia in quelle che si trovano sui diari di tutti noi. bocca un sapore Chi non ha un racconto triste su un chiaro e riconosciamore finito con cui attaccarci una bile. L’album perfetto viene pezza? Ma le Ian Fays non piagnucoregistrato tutto d’un fiato perlano, le loro confessioni sono liberatoché le canzoni vengono fuori rie, le lacrime sono evaporate, le ferite da sole, sono loro a chiederimarginate ed è bello giochicchiare con re di essere registrate. L’alla groove box, che scoppietta una ritmibum perfetto contiene delle ca minimale e inserire buffe rullate che THE IAN FAYS melodie. Nell’album perfetto non c’entrano niente. i musicisti suonano per loro The Damon Lessons L’album perfetto ha le melodie? Pronti, stessi, il pubblico che ascolHomesleep / qui sono proprio le intuizioni melodiche Audioglobe, 2006 terà il disco potrebbe anche a dirci che le gemelle l’hanno combinanon esserci. L’album perfetto ta grossa. Ascoltate l’attacco pieno di non sa cosa sia il compromesso. Non ci può promesse di “Peppermint Schnapps”, l’epica gentile essere un album così così che dopo l’interdi “I Lifted Myself Up” e la dolcezza a mezza voce vento di qualche pezzo grosso della produdi “All The Phones Are Broken In This House, Sir”, zione diventa un album perfetto. Non esiste ma tutti gli undici brani si incollano in testa all’istante, la formula matematica per l’album perfetto con il fascino provvisorio degli appunti sonori. e quella che pensano di avere i discografici In alcuni momenti sembra di sentire Cat Power che nei loro cassetti non funziona. L’album perè rientrata da una passeggiata nel bosco e si è rifufetto viene fuori di pancia, come un colpo di giata in casa con alcune amiche, ma “The Damon tosse. Lessons” è consigliato soprattutto a chi ha amato i Cof Cof. Questo esordio delle quattro ragazdue album delle sorelle Casady, in arte CocoRosie, ze californiane non sarà forse un album persarà per i legami di parentela, sarà per quest’aria un fetto, ma mi sembra di essere tornato tredipo’ decadente, sarà perché sempre di un progetto cenne, quando avevo solo una cassetta e femminile si tratta, sarà perché sembra tutto fatto in ascoltavo tutto il giorno solo quella. Si inizia casa con una chitarra (uno spinello) e qualche tastiecon “Empty Alcohol Bottle”, che sembra una rina giocattolo. ninna nanna e in un attimo rende chiaro cosa Viva la bolognese Homesleep, non nuova per la veric’è nella cameretta delle gemelle Lizz e Sara tà alla pubblicazione di band straniere, che non si sa e delle loro amiche Julia e Lena. come abbia scovato le californiane, ma è bello penDolci ballate per chitarra, tastiere, effetti, sare che il miracolo sia avvenuto invocando le divinirumori, fisarmonica, xilofono, batteria elettrotà dei blog, i numi tutelari del peer to peer e immernica e tanti sassolini da togliersi dalle scarpe. gendosi nella fonte battesimale di Myspace (www. “The Damon Lessons” è un disco di storie myspace.com/theianfays). 34 THE BLACK HEART PROCESSION The Spell (Touch & Go / Wide, 2006) Lasciamo che i luoghi comuni vengano a noi. “Gruppo californiano” + “album uscito appena prima dell’estate” dovrebbe dare qualcosa tipo “melodie solari ed allegre”, “video con ragazze bionde in bikini”, “testi che parlano di come far scivolare la tavola sulle onde”. Invece no. Il surf non c’entra in questo quinto lavoro della formazione di San Diego, pubblicato proprio nelle settimane in cui, nel nostro emisfero, i bikini iniziano ad essere di piacevole attualità. Ma non è vero che il caldo qui non arriva. C’è, ed è semmai un caldo che paralizza, un’afa che riempie la testa di pensieri cupi, che fa salir su la malinconia. Così le ballate dolenti dei BHP, scolpite sui tasti del pianoforte e rese ruvide dalle distorsioni delle chitarre, si insinuano tra le pieghe della stagione dei gavettoni. Tormentati come Leonard Cohen, scuri come Nick Cave. Eppure quello che resta dopo l’ascolto è un senso di serenità ed un gran sorriso sulle labbra. E’ proprio vero che l’unica musica deprimente è quella brutta. BRUCE SPRINGSTEEN We Shall Overcome: The Seeger Sessions Columbia, 2006 Di “We Shall Overcome” ricordo un’esecuzione tra free jazz e avanguardia di un mio compagno di classe delle medie durante un’individuale di flauto che fece cadere il nostro prof in una profonda depressione. Eccola la forza dei classici, resistono a qualsiasi prova e si imprimono nella mente. Quella che Bruce Springsteen definisce la più importante canzone di protesta di sempre è il brano più noto di questa raccolta di cover che omaggia Pete Seeger, gigante della canzone popolare americana. Bruce, insieme ad una band di tredici elementi, ripercorre all’indietro la strada su cui ha sempre viaggiato. Il risultato è un commovente tributo alla riscoperta delle origini del folk, del country e della forza dei loro testi di denuncia. L’impatto di questi “traditionals” cresce col tempo, che siano la colonna sonora perfetta per una festa danzante o marce dolenti. Con la sua impeccabile ed appassionata interpretazione chissà che il Boss non convinca il mio prof di musica a riascoltarlo quel pezzo di Seeger. laureati A Bolzano studio in tre lingue e tirocini in azienda Se quello che cercate è una formazione di respiro internazionale, un’Università forte di programmi europei e più lingue di studio, che presta grande attenzione all’acquisizione di competenze professionali, oltre alle conoscenze teoriche, e che vanta un corpo accademico internazionale… allora l’Università di Bolzano fa proprio al caso vostro. E’ un ateneo che persegue con caparbia un obiettivo preciso: offrire una formazione ad alto livello e arricchirla di solide competenze linguistiche. Per questo motivo a Bolzano si studia in tre lingue: italiano, inglese e tedesco. Non è necessario, chiaramente, conoscerle tutte al momento dell’iscrizione: a seconda della facoltà scelta viene richiesta una conoscenza minima (una o due lingue, ad esempio l’italiano ed un inglese o un tedesco scolastici), mentre le lacune si possono colmare strada facendo. “E’ impegnativo, ma il gioco vale la candela – spiegano gli studenti dell’ateneo bolzanino, tra i quali sono rappresentate ben 41 diverse nazionalità. Conoscere bene tre lingue può infatti rivelarsi un asso nella manica nel momento in cui si cerca lavoro, in particolare per chi ambisce a posti di responsabilità o desidera trovare lavoro in aziende presenti a livello europeo. Per aiutare gli studenti nell’apprendimento delle lingue l’Università ha sviluppato un apposito Centro linguistico che offre corsi a vari livelli. Ma non finisce qui: il fatto di trovarsi in una regione in cui si parla correntemente l’italiano e tedesco e di frequentare un ateneo in cui si ha quotidianamente la possibilità di praticare anche l’inglese rende lo studio delle lingue più divertente e naturale. Insomma, plurilingui si diventa! Oltre alle lingue, grande valore è attribuito a stage e tirocini in azienda, che facilitano l’acquisizione di abilità professionali. E chi vuole integrare completamente studio ed esperienza in azienda può iscriversi al programma “Studenti in attività”: grazie ad una collaborazione con l’Associa- non redazionale sponsorizzato BASTA!!! zione industriali gli studenti possono alternare periodi di studio e periodi di lavoro retribuito in azienda. E’ quindi possibile finanziarsi gli studi, ma soprattutto fare un’importante esperienza lavorativa. Il corso di laurea dura in questo caso quattro anni (invece dei tre previsti per una laurea di primo livello), ma sin da subito i neo-dottori possono presentare un curriculum che comprende conoscenze non solo teoriche. L’impegno lavorativo cresce con il passare degli anni, e cresce nel contempo anche la retribuzione, che parte dai 600 euro al mese del primo anno. “Studenti in attività” riguarda gli studenti di Ingegneria logistica e della Produzione e di Scienze e tecnologie informatiche. Anche per questo la Libera Università di Bolzano si è piazzata nei primi posti nella classifica nazionale proposta da Campus. NUOVO: Scienze della Comunicazione plurilingue Un’Università che punta molto sulle lingue non poteva certo farsi mancare Scienze della Comunicazione! Ecco quindi che dal 2006 parte questo nuovo corso di laurea, all’interno della Facoltà di Scienze della Formazione. Ma ancora una volta Bolzano si distingue per l’apertura internazionale, pensando a professionisti capaci di muoversi in ambienti plurilingui e multiculturali, sempre più presenti anche in Europa. Due i curricula offerti: “esperto di educazione permanente e di mediazione comunicativa” e “manager e organizzatore di eventi culturali e non-profit”. Il piano di studi prevede per entrambi l’acquisizione di abilità redazionali, competenze relative alle nuove tecnologie della comunicazione e conoscenze di base nell’ambito della politica e del diritto. In sostanza i laureati di Bolzano saranno dei professionisti della comunicazione con una marcia in più: la capacità di gestire situazioni comunicative in più lingue. Lauree di primo livello ECONOMIA E MANAGEMENT, ECONOMIA AZIENDALE PER LA LIBERA PROFESSIONE, MANAGEMENT DEL TURISMO, TECNICA ED ECONOMIA AGRARIA, SCIENZE ECONOMICHE E SOCIALI (PPE). SCIENZE DELLA FORMAZIONE PRIMARIA (quadriennale, in una sola lingua), EDUCATORE PROFESSIONALE e SERVIZIO SOCIALE (entrambi in italiano e tedesco), SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE PLURILINGUE INFORMATICA APPLICATA (prevalentemente in lingua inglese). DESIGN INGEGNERIA LOGISTICA E DELLA PRODUZIONE Prescrizioni entro il 25 agosto 2005 Design e Arti entro il 3 luglio Info: www.unibz.it, tel. 0471 012 100 e-mail [email protected] Di Claudio Lo Russo Altman alle radici del country radio america (1 giugno) U na logica apparente vorrebbe che sulla pagina del cinema di un giornale come questo venissero presentati autori giovani che fanno film giovani che parlano a un pubblico giovane. Un altro fra i tanti punti di vista suggerisce però che realizzare prodotti giovani che parlino ai giovani ecc. ecc. siano solo formule vuote, sigle di facciata buone per consumi superficiali di non cultura. Troppo spesso infatti (non sempre) i cosiddetti prodotti giovani (al cinema e alla televisione) di registi giovani (che poi non hanno quasi mai meno di 30-35 anni) con giovani attori che racconterebbero cose giovani ci presentano in una forma nei migliori casi un po’ più dinamica e un po’ più appariscente cose vecchie, mangiate e digerite e… da tempo. I ragazzi di Locri, invece, insegnano fra le altre cose che le palle possono anche stare più in alto… E dunque, senza uscire dal seminato, presentiamo il film del mese. Che per l’appunto è un film giovanissimo, di uno che il gusto di tirarle fuori in modo coraggioso e irriverente non l’ha ancora perso, un ragazzino di 81 anni che si chiama Robert Altman e che quest’anno ha finalmente ricevuto l’Oscar alla carriera (fra i suoi titoli più famosi M*A*S*H, Nashville, America oggi, Il dottor T e le donne). Radio America in realtà si intitola A Prarie Home 36 Companion, come da 30 anni il più famoso show radiofonico degli Stati Uniti. “Mia moglie ne è sempre stata una fan”, racconta Altman, che così si è convinto a farne un film. Scritto con il fondatore e conduttore della trasmissione, Garrison Keillor, che nel film interpreta sé stesso. Con lui e su tutti Meryl Streep che recita e canta come solo lei sa fare, e poi Woody Harrelson, Kevin Kline, Tommy Lee Jones, e tanti altri. Infatti Radio America, nel più puro stile del suo autore, volendo riusare una fetentissima definizione appioppata ad ogni suo film, è un film corale. Potremmo pure sforzarci di dire film d’insieme o film d’ambiente ma cambierebbe poco. Quel che conta è che si tratta di un film in cui gli attori sono quasi sempre tutti in scena contemporaneamente, vanno, vengono, si incontrano, si scontrano, mentre il regista passa tranquillamente da un piano all’altro. E soprattutto quasi sempre nello stesso posto, gli studi della radio in smantellamento. Radio America è un film sulla cultura musicale dell’America più profonda, non solo country, sul sentire più autentico di una nazione e sul suo irrimediabile cambiamento, sul superamento di un’epoca che anche nei suoi ultimi successi si piega all’incedere pesante del tempo, e con lui di una morte che si porta via non solo un po’ di storia radiofonica ma una pezzo di civiltà. Nella storia immaginata da Altman e Keillor lo show si prepara alla sua ultima trasmissione. Un grande network sta infatti comperando la sua sede, il Fitzgerald Theatre. Attori, cantanti, intrattenitori vanno e vengono fra il palco e i camerini in attesa della chiusura, mentre il misterioso e fatale fantasma di una donna vestita di bianco scivola invisibile fra di loro, seducendo l’ottuso acquirente del teatro… Nuova era che si afferma nello smantellamento del passato, permettendosi anche di inghiottire qualcuno dei suoi prodotti più volgari. Ma, attraverso Altman, in modo ironico, divertito, malinconico, critico, “equilibratamente sovversivo”. GET RICH OR DIE TRYIN’ (16 GIUGNO) Curtis “50 Cent” Jackson è in tutti i sensi il protagonista della rinascita umana e dell’ascesa al successo raccontate in questo dramma dei bassifondi metropolitani. Tutti sanno ormai del successo pazzesco raggiunto dal rapper di New York dal 2002 ad oggi. Con il suo primo album, Get rich or die tryin’, ha battuto ogni record vendendo 900’000 copie in una settimana. Con il secondo, The massacre, è già arrivato a 4 milioni. Un successo dietro cui si nasconde un passato diciamo un po’ turbolento. “E’ un collage della mia vita”, dice 50 Cent, “non è esattamente la mia storia ma una storia con degli accadimenti simili a quelli che ho realmente vissuto”. Un film in cui ha immediatamente creduto Jim Sheridan, il regista: “Sapevo che una storia capace di riflettere elementi della sua vita avrebbe avuto un enorme potenziale drammatico”. E Marcus, il protagonista, proprio come 50 Cent è orfano di padre, e dopo la morte tragica della madre si dedica ancora adolescente allo spaccio di droga. Solo la scrittura dei suoi pezzi hip-hop gli permette di non sprofondare definitivamente ma anzi, dopo aver quasi perso la vita, di risorgere. La forza di un sogno e di una necessità lo salveranno, perché nonostante tutto non aveva mai smesso di credere che un giorno sarebbe diventato un rapper… 10 CANOE (1 GIUGNO) 150 lance, 10 canoe, 3 donne… problemi. Questo film è un viaggio unico in luoghi remoti e favolosi, fra gli aborigeni Yolngu della Terra di Arnhem, nel nord dell’Australia. E’ un tuffo fatto di immagini bellissime e divertenti che il regista e la popolazione hanno fatto nel loro passato, rimasto immobile fino a pochi anni fa. David Gulpilil, grande attore Yolngu, ci racconta la storia di Dayindi, innamorato di una delle tre mogli del fratello maggiore. Durante la costruzione delle canoe di corteccia e la caccia alle oche nella palude, il fratello narra a Dayindi degli antichi. Di come il giovane Yeeralparil desiderasse la terza moglie di Ridjimiraril, suo fratello. Dell’arrivo nella tribù dello Straniero, temuto dallo Stregone, e della scomparsa misteriosa della seconda moglie. Di come dopo vane ricerche Ridjimiraril rimanga convinto che sia stata rapita dallo Straniero ma uccida l’uomo sbagliato. Delitto a cui segue il Makaratta, rituale di castigo per risarcire il diritto alla vendetta della tribù dello Straniero, che il giovane fratello condivide con il vecchio, danzando come un fantasma per evitare le lance. Ridjimiraril viene ferito e in attesa di ritornare all’acqua danzerà la propria Danza della Morte, lasciando al fratello il diritto sulle proprie mogli, che non si dimostrerà ciò che il giovane Yeeraparil sperava… Play ! Powered by Playstation 3 finalmente svelata! PlayStation 3 si prepara ad invadere i salotti dei giocatori di tutto il mondo. La parola chiave è “Multimedialità”, condita da un sacco di giochi fin dal lancio. Tra shooter e giochi di guida, l’attesa si fa bollente! Heavenly Sword A cura di Antonio “tanzen” Fucito A ndiamo subito al dunque, Playstation 3 uscirà in Giappone il prossimo 11 Novembre, e nel resto del mondo (compresa l’Italia) il 17, sempre dello stesso mese. Non sarà una console economica, anzi, verrà fornita in due versioni, quella “full optional”, che alla cifra di 599 euro fornirà tutte quelle componenti che ne potrebbero decretare il successo anche come media center (Lettore Blu Ray, Hard Disk da 60 GB di 2,5”, Gigabit Lan, 4 porte USB, Bluetooth, Wi-Fi, lettore schede di memoria e chi più ne ha più ne metta), mentre con 100 euro in meno potrete portarvi a casa la stessa console ma dotata di un Hard Disk di capienza inferiore (20 GB) e privata di connessione Wifi, uscita HDMI e lettore di schede di memoria. Passando ai giochi, i più interessanti, sia dal punto di vista tecnico che non, sono stati Heavenly Sword, Resistance: Fall of Man e Motorstorm, mentre tra gli annunci e i trailer di spicco abbiamo Final Fantasy XIII, che uscirà in ben due versioni, Virtua Fighter 5 direttamente da Sega e l’immancabile nuovo filmato di Metal Gear Solid 4. In nuova generazione sempre più proiettata verso la multimedialità sarà possibile collegare PS3 con PSP, mediante la connessione senza fili o il cavo USB. La console sarà poi retrocompatibile, ovvero permetterà di far girare tutti i giochi Playstation e Playstation 2 originali, ed infine sarà possibile giocare e chattare online mediante una connessione ad Internet. Non mancherà la presenza di un apposito negozio online Genji per acquistare nuove aggiunte per alcuni titoli (ad esempio nuove canzoni per il gioco Singstar). Tra i metodi di pagamento ci saranno anche apposite carte prepagate (Playstation cards) che potranno essere acquistate in negozi specializzati e non. Per quanto riguarda invece il joypad, nella forma ricorda molto da vicino il precedente Dual Shock, ma introduce alcune piccole rifinitura nei dorsali inferiori, negli analogici (uno dei punti deboli sicuramente) e nel peso, diminuto visibilmente. La maggiore novità è rappresentata comunque da un sistema di tilt che rileva i movimenti a 360 gradi del pad, utilizzabile ad esempio nei giochi di volo come Warhawk,. Il Pad si collega infine alla console mediante Warhawk 38 Bluetooth senza fili oppure cavo Usb, che permette anche di ricaricarlo. Se dovessimo dare un giudizio sulla conferenza Sony di quest’anno, la definiremmo un po’ atipica. Se da un lato si evince come il colosso giapponese voglia arrivare al lancio della console molto più preparato di quanto non lo sia stata Microsoft lo scorso anno, e come Playstation 3 godrà ancora una volta di supporto massiccio da parte degli sviluppatori, dall’altro i titoli mostrati sono stati un po’ “mosci”, con diversi esponenti non all’altezza dei filmati mostrati nei mesi passati. Resta poi l’incognita del prezzo e di quanto inciderà sulle vendite della console, poichè è sicuramente non alla portata di tutti, anche se giustificato dall’hardware che sarà presente. Play ! Powered by Nintendo Nintendo è tornata, e l’ha fatto alla sua maniera: con una nuova console, Wii, che è stata l’autentico punto di riferimento dell’intero E 3 2006. Un sistema di controllo tutto nuovo, e la volontà di far giocare anche chi non ha mai preso in mano un pad. Perchè “playing is believing”... riparte da Wii! A cura di Andrea Palmisano E anche questo E3 è passato. Fortunatamente l’edizione 2006, a differenza di quella dell’anno scorso, è stata assolutamente positiva per quanto riguarda Nintendo, che ha confermato la forza di un DS in piena forma e -soprattutto- ha presentato finalmente al pubblico la sua prossima console da casa. Ciò che ha maggiormente stupito, al di là dei discorsi legati al sistema in sé, è stato senza dubbio il calore, l’affetto e la semplice curiosità che ha contraddistinto i visitatori della manifestazione nei confronti di Wii. Certo anche l’anno scorso avevamo notato un grande fermento attorno a Xbox 360, e quest’anno molti hanno visitato lo stand Sony per toccare con mano Ps3; ma in nessun caso ci eravamo trovati di fronte a file di 5 o 6 ore lunghe parecchie decine di metri, vissute non con nervosismo o tedio ma con eccitazione e frenesia. Tutti volevano provare il nuovo controller, vedere la grafica, toccare con mano questa “rivoluzione” promessa da Nintendo, anche a costo di perdere una intera giornata in coda. La N-difference è reale, tangibile, tutt’altro che in declino, e questo E3 ne è stata la più viva testimonianza. Per quanto riguarda il nostro giudizio, dobbiamo ammettere di essere rimasti piacevolmente colpiti da Wii; alla vigilia infatti c’era un po’ di timore riguardo all’effettiva bontà delle specifiche tecniche e soprattutto delle soluzioni innovative proposte dalla casa di Kyoto. Tutti sappiamo che nella prossima guerra delle console, non ci sarebbe stato spazio per tre contendenti pronti a sfidarsi sullo stesso piano; da questo punto di vista, Nintendo ha seguito l’unica strada possibile, ovvero quella di differenziarsi dall’approccio “classico” proposto invece da Microsoft e Sony. Ma per uscire da un percorso ben tracciato ci vuole non solo coraggio, ma anche una proposta davvero valida capace di convincere la gente. Non sappiamo ancora dire se Wii riuscirà ad essere un successo commerciale; quello che sappiamo è che le premesse per far funzionare questa nuova idea della grande N ci sono tutte. Certo, nessuno deve aspettarsi un potenziale tecnico in grado di impensierire Ps3 o Xbox 360; d’altra parte lo stesso Miyamoto, il presidente Iwata e il mitico Reggie Fills Aime hanno più volte avuto modo di sottolineare la volontà di Nintendo di uscire dalla corsa folle al poligono. Da quanto abbiamo avuto modo di vedere, Wii sembra in grado di piazzarsi dal punto di vista grafico in una via di mezzo tra attuale e nuova generazione di console. Ma l’ago della bilancia, lo sapevamo bene, sarebbe stato legato all’innovativo controller, al suo sensore di movimento, e alla applicazione nei giochi. Bene, dopo un iniziale smarrimento più che normale dopo tanti anni passati coi “normali” pad, la verità è che giocare con Wii è davvero qualcosa di elettrizzante. Il gioco che più ci ha convinti finora è stato lo splendido Mario Galaxy, ma anche Metroid Prime 3 ha detto la sua così come l’irresistibile Tennis. Un po’ ostico invece riuscire a districarsi con Twilight Princess, data la maggiore complessità dell’interfaccia. Ma tutto sommato, Wii ha dimostrato che l’entusiasmo di Nintendo e dei suoi sostenitori era pienamente giustificato; adesso non resta che attendere il prezzo finale e la data di lancio, sperando che il primo non sia troppo alto e che la seconda non sia troppo lontana...