Circolare Ritardi di Pagamenti

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Circolare Ritardi di Pagamenti
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Oggetto:
LOTTA CONTRO I RITARDI DI PAGAMENTO NELLE TRANSAZIONI
COMMERCIALI - D.LGS. 9 Novembre 2012 N. 192
Si informa che nella Gazzetta Ufficiale n. 267 del 15 novembre 2012 è stato pubblicato il
Decreto Legislativo 9 novembre 2012 n. 192 contenente “Modifiche al decreto legislativo 9
ottobre 2002, n. 231, per l'integrale recepimento della direttiva 2011/7/UE relativa alla lotta
contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, a norma dell'articolo 10,
comma 1, della legge 11 novembre 2011, n. 180”.
Le disposizioni di cui al Decreto Legislativo si applicano, ai sensi dell’art. 3 del medesimo
Decreto, alle transazioni commerciali concluse a decorrere dal 1° gennaio 2013.
Da un punto di vista di tecnica legislativa, il D.Lgs. 192/2012 in oggetto apporta
significative modifiche alle disposizioni contenute nel Decreto Legislativo 9 ottobre
2002, n. 231 che, a sua volta, dava attuazione alla precedente direttiva 2000/35/CE (ormai
sostituita dalla richiamata direttiva 2011/7/UE).
Qui di seguito, si illustrano le principali novità.
Ambito d’applicazione
Le disposizioni in esame si applicano ad ogni pagamento effettuato a titolo di corrispettivo
in una transazione commerciale, ad esclusione dei:
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debiti oggetto di procedure concorsuali aperte a carico del debitore, comprese le procedure
di ristrutturazione del debito;
i pagamenti esercenti a titolo di risarcimento del danno, compresi i pagamenti effettuati a
tale titolo da un assicuratore.
Viene fatto osservare che dal D.Lgs. 231/2002, sono state escluse dall’ambito
d’applicazione anche le procedure di ristrutturazione del debito (di recente introduzione),
mentre è venuta meno l’esclusione inerente le richieste di interessi inferiori ad € 5.
Definizioni
Un’importante precisazione è riportata nell’ambito delle definizioni laddove viene
specificato che nella nozione di pubblica amministrazione rientrano:
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le «amministrazioni aggiudicatrici» di cui all’articolo 3, comma 25, del decreto legislativo 12
aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici), vale a dire le amministrazioni dello Stato,
gli enti pubblici territoriali, gli altri enti pubblici non economici, gli organismi di diritto
pubblico, nonchè le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da detti
soggetti;
ogni altro soggetto (dunque anche soggetti di diritto privato) tenuto al rispetto della
disciplina di cui al medesimo Codice dei contratti pubblici.
Viene specificato che per importo dovuto deve intendersi la somma che avrebbe dovuto
essere pagata entro il termine contrattuale o legale di pagamento, comprese le imposte, i
dazi, le tasse o gli oneri applicabili indicati nella fattura o nella richiesta equivalente di
pagamento.
Dal novero delle definizioni sparisce quella specifica relativa ai ritardi di pagamento.
Termini di pagamento
Le nuove disposizioni in materia di termini di pagamento prevedono un regime
differenziato a seconda che si riferiscano a transazioni commerciali tra imprese, ovvero
transazioni tra PA ed imprese.
Il termine legale di pagamento del corrispettivo, decorso il quale (dal giorno successivo)
scattano automaticamente gli interessi moratori, senza che sia necessaria la costituzione
in mora del debitore, corrisponde a 30 giorni, che decorrono dalla data:
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di ricevimento della fattura o di una richiesta di pagamento di contenuto equivalente
(eventuali richieste di integrazione o modifica formali di detti documenti non hanno effetto
sulla decorrenza del termine);
di ricevimento delle merci o di prestazione dei servizi, quando non sia certa la data di
ricevimento della fattura o della richiesta equivalente di pagamento, ovvero, qualora tale
data sia anteriore a quella del ricevimento delle merci o della prestazione dei servizi;
dell’accettazione o della verifica, eventualmente previste dalla legge o dal contratto ai fini
dell’accertamento della conformità della merce o dei servizi, qualora il debitore riceva la
fattura o la richiesta di pagamento in epoca non successiva a tale data.
Nelle transazioni commerciali tra imprese le parti possono pattuire un termine di
pagamento superiore ai trenta giorni, anche se, tuttavia, potranno essere concordati
termini superiori a 60 giorni a condizione che siano espressamente pattuiti (e provati per
iscritto) e non siano gravemente iniqui per il creditore.
Nelle transazioni commerciali in cui il debitore è una pubblica amministrazione il
termine legale di pagamento di 30 giorni è derogabile dalle parti, in modo espresso e
fino ad un limite massimo di 60 giorni, ma solo a condizione che tale deroga sia
giustificata dalla natura o dall’oggetto del contratto, o dalle circostanze esistenti al
momento della sua conclusione.
Viene previsto che per le imprese pubbliche tenute al rispetto dei requisiti di trasparenza di
cui al D.Lgs. 11 novembre 2003, n. 333 e per gli enti pubblici che forniscono assistenza
sanitaria e siano stati debitamente riconosciuti a tal fine, il termine legale di 30 giorni è
raddoppiato e, pertanto, corrisponde a 60 giorni ed è inderogabile dalle parti.
In tutti i casi in cui il debitore è una PA, sono nulle le clausole aventi ad oggetto la
predeterminazione o la modifica della data di ricevimento della fattura.
Più in generale, le parti possono concordare pagamenti rateizzati nel qual caso, qualora
una delle rate non sia pagata alla scadenza, gli interessi e il risarcimento del danno, di cui
di seguito, potranno essere calcolati esclusivamente sulla base degli importi scaduti.
L’eventuale procedura di accertamento della conformità della merce o dei servizi al
contratto non potrà avere una durata superiore a 30 giorni dalla data della consegna della
merce o della prestazione del servizio, salvo che sia diversamente ed espressamente (per
iscritto) concordato dalle parti e previsto nella documentazione di gara e purché ciò non
sia gravemente iniquo per il creditore.
Interessi moratori e spese di recupero
Gli interessi moratori sono determinati nella misura degli interessi legali di mora, ovvero
ad un tasso concordato tra imprese. Nelle transazioni commerciali tra imprese, infatti, è
consentito alle parti di concordare un tasso di interesse diverso da quello legale a
condizione che non risulti gravemente iniquo per il creditore.
Gli interessi legali di mora corrispondono al tasso di interesse applicato dalla Banca
centrale europea alle sue più recenti operazioni di rifinanziamento principali, maggiorato di
otto punti percentuali (Tasso BCE + 8%).
Nei casi in cui il creditore ha diritto alla corresponsione degli interessi moratori, ha diritto
anche al rimborso dei costi sostenuti per il recupero delle somme non tempestivamente
corrisposte. Al creditore spetta, inoltre, senza che sia necessaria la costituzione in mora,
un importo forfettario di
40 € a titolo di risarcimento del danno, fatta salva la possibilità di provare un danno
maggiore, che può ricomprendere i costi di assistenza (spese legali) per il recupero del
credito.
Clausole gravemente inique
Le clausole relative al termine di pagamento, al saggio degli interessi moratori o al
risarcimento per i costi di recupero, a qualunque titolo previste o introdotte nel contratto,
sono nulle qualora risultino gravemente inique in danno del creditore.
La nullità della clausola può essere dichiarata dal giudice anche d’ufficio, avuto riguardo a
tutte le circostanze del caso, tra cui:
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il grave scostamento dalla prassi commerciale in contrasto con il principio di buona fede e
correttezza;
la natura della merce o del servizio oggetto del contratto;
l’esistenza di motivi oggettivi per derogare al saggio degli interessi legali di mora, ai termini
di pagamento o all’importo forfettario dovuto a titolo di risarcimento per i costi di recupero.
Si considera in ogni caso gravemente iniqua (non è ammessa prova contraria) la
clausola che esclude l’applicazione di interessi di mora.
Si presume, invece, (salvo prova contraria) che sia gravemente iniqua la clausola che
esclude il risarcimento per i costi di recupero.
Con una modifica all’art. 8 D.Lgs 231/2000 viene estesa la legittimazione attiva in capo
alle associazioni di categoria degli imprenditori, alle quali viene riconosciuta la
possibilità di richiedere al giudice competente di accertare la grave iniquità delle condizioni
generali concernenti il termine di pagamento, il saggio degli interessi moratori e il
risarcimento per i costi di recupero e di inibirne l’uso.