La sfida della riconciliazione in Costa d`Avorio

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La sfida della riconciliazione in Costa d`Avorio
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)
Comunità Missionaria di Villaregia
La sfida della
riconciliazione in Costa d‘Avorio
sommario
03
04
Editoriale
06
Diretta dalla missione
13
14
16
18
20
Vita spirituale
È possibile la riconciliazione?
Parole del Papa
Grazie, Benedetto XVI!
Papa Francesco, siamo con te!
La sfida della riconciliazione in Costa
d‘Avorio
La parabola della comunità riconciliata
Ascolta la Parola!
70 volte 7
Raccontare la fede
Vivere per amare
CO.MI.VI.S.
Giovani con le mani in pasta!
News
Ordinazioni sacerdotali
25 anni di sacerdozio
Verso la GMG 2013!
Arrivederci in cielo!
In copertina bambini nella scuola di Gogobro (sud Costa d’Avorio).
Intenzioni Sante Messe
Indirizzi
In ogni sede della CMV, ogni giorno
celebriamo la Santa Messa, nella quale
presentiamo al Signore le intenzioni di
preghiera che amici e benefattori ci affidano.
Se desideri puoi trasmetterci le tue
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- per la celebrazione di 30 Sante Messe gregoriane;
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È possibile la riconciliazione?
V
editoriale
“La pace si rivela e si offre
a coloro che realizzano,
giorno dopo giorno, tutte
quelle forme di pace di cui
sono capaci”.
ivere nella pace è l’aspirazione
di ogni uomo, perché tutti
desideriamo una vita serena e piena di
gioia. Eppure, niente è così difficile come
arrivare a vivere veramente riconciliati
con se stessi e con gli altri!
In famiglia, a lavoro, nella scuola, persino
tra amici è come se ci fosse continuamente in agguato un nemico che in ogni modo si adopera per
elevare barriere tra noi e il nostro prossimo. Nelle difficoltà
si dà sempre la colpa agli altri e non si vuole riconoscere la
propria. Il non essere disposti ad ammettere le proprie
responsabilità incrina ogni rapporto tra gli uomini, tra i
popoli, tra le razze e persino tra le varie confessioni cristiane,
finendo per produrre tanta tristezza e perfino odio.
Anche la vita dei popoli sembra volerci convincere che non
è possibile vivere nella pace. Conflitti armati e minacce di
guerra riempiono il mondo. Ingiustizie di ogni tipo e anarchia prevalgono, domina la violenza e il terrorismo avanza
vittoriosamente, mentre la carità si raffredda.
Ma, allora, sarà possibile vivere riconciliati?
In realtà, la conflittualità prende il sopravvento e tenta di
dividerci quando cediamo alla tentazione di esaltare la nostra autosufficienza e, dichiarandoci indipendenti da Dio,
finiamo per isolarci anche dagli altri. Allora ribellione e amarezza, egoismo e prevaricazione ci impediscono di vivere
serenamente gli uni accanto agli altri. Pensiamo di riuscire
solo con le nostre forze a realizzare "la pace", ma una pace
così è illusoria.
Il tempo della riconciliazione e della pace viene tra i popoli, nelle famiglie, in noi stessi… solo quando siamo capaci
di restituire a Dio il primato nella storia e
nella nostra vita.
La riconciliazione non è responsabilità
dei governi, né frutto dei trattati di pace
fra le nazioni. È, piuttosto, qualcosa che
inizia dentro di noi quando, nei nostri
Giovanni Paolo II rapporti personali, scegliamo il cammino
della verità e del perdono.
“Sono passati alcuni anni dall’uccisione di mio marito, - racconta Aparecida di San Paolo (Brasile) – ma sentimenti di
odio e rancore sono riapparsi in me con forza quando mi sono
trovata davanti alla madre dell’assassino. Dopo questa prima
reazione, mi sono calmata al pensiero che, come cristiana, solo
con l’amore potevo spezzare la catena di violenza che dilaga
nel nostro Paese. Ho preso respiro, le sono andata incontro e
l’ho abbracciata. Questo gesto di perdono mi ha fatto ritrovare
la pace perduta il giorno della morte di mio marito”.
Aparecida è riuscita a perdonare perché al centro della sua
esistenza ha messo Dio. La verità è che la riconciliazione tra
gli uomini è possibile soprattutto perché Gesù sulla croce
ci ha riconciliati a sé e ci ha reso capaci di perdonare. Vivere riconciliati da allora è sempre possibile, purché ciascuno sia disposto a riconoscere la verità e la sua responsabilità
nelle mancanze d’amore e di pazienza verso il prossimo. La
riconciliazione si avvera quando, pur sentendoci amareggiati e offesi, smettiamo di puntare il dito per accusare gli
altri e, pentiti dei nostri sbagli, facciamo un passo di accoglienza verso chi ci ferisce.
Basta un gesto di pace perché gli uomini, prima divisi dalla discordia, si ritrovino finalmente insieme riconciliati dal
perdono reciproco.
Lima (Perù). Isabel Ramos e la giovane Jahaira, assieme a Felicia Romano, di Pomigliano (NA), Maura Alhuay Herrera, peruviana, e
Roberta Masci, di Trieste.
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parole del papa
Grazie, Benedetto XVI!
“S
ono semplicemente un
pellegrino che inizia l’ultima tappa del suo pellegrinaggio
in questa terra. Ma vorrei ancora,
con il mio cuore, con il mio amore, con la mia preghiera, con la
mia riflessione, con tutte le mie
forze interiori, lavorare per il bene
comune e il bene della Chiesa e
dell’umanità.
E mi sento molto appoggiato
dalla vostra simpatia. Andiamo
avanti insieme con il Signore per il
bene della Chiesa e del mondo”.
Con queste parole Benedetto XVI, il 28 febbraio, affacciandosi per l’ultima volta dal
balcone di Castel Gandolfo, si è
congedato dai numerosi fedeli
accalcati nella piazza e da quanti, attraverso i media, stavano
seguendo in diretta questo avvenimento storico.
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“La Chiesa è una realtà
vivente, vive il corso del tempo
trasformandosi pur restando
la stessa nella sua natura, il
suo cuore è Cristo. Ieri in Piazza
abbiamo visto che la Chiesa è
un corpo vivo. La Chiesa vive,
cresce e si risveglia nelle anime
che accolgono la Parola di Dio.
Attraverso la Chiesa il mistero
dell’Incarnazione vive per
sempre”.
Benedetto XVI,
dall’ultimo saluto
ai cardinali in Vaticano.
La decisione maturata da
Benedetto XVI di lasciare il
ministero petrino ha profondamente rattristato anche noi, ma
allo stesso tempo la sua scelta
ci ha parlato della vera libertà
e dell’autentica umiltà di un
credente, che affida esclusivamente la sua vita nelle mani
dell’Altissimo.
Siamo sinceramente grati, a
Papa Ratzinger per il suo luminoso Pontificato, per la sua parola chiara e incisiva, per il suo
coraggio di affermare sempre
e ovunque la verità, per averci
indicato con chiarezza cosa significa essere e costruire Chiesa.
Grazie Benedetto XVI, ti vogliamo bene e saremo sempre
con te!
Papa Francesco, siamo con te!
C
on amore filiale assieme ai
numerosissimi pellegrini
che, il 13 marzo, si sono riversati in Piazza San Pietro, abbiamo
prima atteso con trepidazione
e poi accolto con gioia il nuovo
successore di Pietro, Papa Francesco, un pontefice che viene
d’oltreoceano!
Nel suo primissimo saluto, rivolto ai fedeli di tutto il mondo,
ci ha raggiunto con la sua paternità: “Voi sapete che il dovere
del Conclave era di dare un Vescovo a Roma. Sembra che i miei
fratelli Cardinali siano andati a
prenderlo quasi alla fine del mondo… ma siamo qui … Vi ringrazio
dell’accoglienza”.
Presentandosi con queste
parole, il Santo Padre ha manifestato da subito il suo cuore
di Buon Pastore desideroso di
“Cari giovani,guardo con gioia
al prossimo luglio, a Rio de
Janeiro! Vi do appuntamento in
quella grande città del Brasile!
Preparatevi bene, soprattutto
spiritualmente nelle vostre
comunità, perché quell’Incontro
sia un segno di fede per il mondo
intero. I giovani devono dire al
mondo: è buono seguire Gesù; è
buono andare con Gesù; è buono
il messaggio di Gesù; è buono
uscire da se stessi, alle periferie
del mondo e dell’esistenza, per
portare Gesù!”.
Papa Francesco,
dall’omelia della domenica
delle Palme 2013
camminare con il popolo di Dio,
per evangelizzare il mondo: “E
adesso, incominciamo questo
cammino: vescovo e popolo… Un
cammino di fratellanza, di amore,
di fiducia tra noi. Preghiamo sempre per noi: l’uno per l’altro”.
Come missionari ci sentiamo
con Papa Francesco in questo
cammino di Chiesa universale,
che non finisce mai di stupirci
e che, sempre viva, si rinnova in
ogni epoca storica.
A Papa Francesco offriamo
tutta la nostra disponibilità e
il nostro impegno missionario
per camminare sulle vie
dell’evangelizzazione.
Con il Santo Padre ci diamo
appuntamento alla GMG di Rio
de Janeiro, il prossimo luglio,
per unirci ai giovani del mondo
nell’impegno di “andare per fare
discepoli tutti i popoli” (cf. Mt
28,19).
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diretta dalla missione
yopougon
La sfida della r
6
a riconciliazione
in Costa d‘Avorio
Fino agli anni ’80 la Costa d’Avorio era la
“vetrina” dell’Africa dell’Ovest, terra pacifica e
accogliente, casa dove popoli diversi riuscivano
a convivere e a lavorare pacificamente… Oggi,
il Paese ricorda come un sogno questo passato
e si trova a fare i conti con le conseguenze di
un decennio di crisi politica e civile, culminato
nella nota crisi post-elettorale del 2011.
A due anni dalla fine dei conflitti armati, i
traumi lasciati nel cuore e nei ricordi della
gente sono profondi e lasciano aperta la sfida
della riconciliazione, per una convivenza
veramente pacifica tra posizioni politiche
diverse.
I missionari, che hanno vissuto con la gente
i momenti drammatici della guerra, ci
raccontano il loro impegno quotidiano per
ricostruire a piccoli passi la pace nei cuori.
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Alle prese con la ripresa!
“A
ll’indomani dei conflitti armati, che tuttora lasciano
evidenti tracce in Costa d’Avorio,
- racconta padre Roberto Battistin,
che ha vissuto a fianco dei profughi
rifugiati nella missione di Yopougon
durante la guerra - stiamo scorgendo alcuni segnali di ripresa. Grazie
alla ritrovata unità territoriale, lo Stato
sta riprendendo in mano, pressoché
ovunque, il controllo delle istituzioni.
L’economia è in rilancio: nel 2012 il PIL
è cresciuto dell’8,6%. Si stanno facendo ingenti sforzi per dotare il Paese di
nuove vie di comunicazione e altre infrastrutture (dighe, centrali elettriche,
ospedali...). Sforzi possibili perché il
64% del debito estero è stato condonato, quindi i fondi statali sono disponibili per favorire lo sviluppo.
La missione di Yopougon
e le sfide della
riconciliazione, a due
anni dalla guerra civile,
raccontate da padre
Roberto Battistin e Lucia
De Simone, missionari in
Costa d’Avorio.
Lucia De Simone, di Quindici (AV), assieme ad alcune signore della missione di Yopougon.
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Le università sono state restaurate
e la Banca Africana per lo Sviluppo ha
annunciato il suo ritorno ad Abidjan. Il
Paese resta ai vertici nella coltivazione
del caffè, del cacao, dell’ananas... Se
da un lato tutto questo incoraggia,
dall’altro la sfida più impegnativa resta il risanamento delle relazioni”.
Una pace da ricostruire
“Le parole ‘pace’ e ‘riconciliazione’
cercano di farsi strada in un groviglio
di relazioni ferite e di risentimenti non
ancora totalmente assopiti. Pare vi
siano ancora circa ottantamila persone in possesso di armi - spiega ancora
padre Roberto- Ad aumentare paura
e tensione, alla fine dell’estate scorsa,
altri episodi di violenza: sette attacchi
contro obiettivi militari ad Abidjan e
lungo i confini del Ghana e della Liberia, con conseguente chiusura di queste due frontiere, per un certo tempo.
Si è parlato, allora, di un tentativo di
colpo di Stato da parte dei sostenitori
di Laurent Gbagbo, l’ex-Presidente.
Di fronte a tutto questo, l’esercito
(FRCI: Forze Repubblicane della Costa
Padre Roberto Battistin, di Porcia (PN), durante un momento di catechesi all’aperto.
d’Avorio) ha reagito con una violenta
repressione e con arresti di massa, soprattutto nei confronti di giovani appartenenti a gruppi etnici sostenitori
del vecchio Presidente. Gli arresti avvenivano senza un capo d’imputazione e senza nessuna identificazione”.
“Grazie all’indagine effettuata in
questi mesi dall’organizzazione Human rights watch - fa notare Lucia De
Simone, missionaria in Costa D’Avorio
da 10 anni - proprio nel comune di Yopougon, numerose testimonianze offrono ora un quadro abbastanza preciso di quanto è accaduto a centinaia
di giovani. Tanti di loro sono esasperati, arrabbiati, spesso disperati perché
durante la guerra hanno perso tutto, i
pochi risparmi hanno dovuto investirli per farsi liberare e adesso si trovano
davanti un futuro tremendamente
incerto… Per questo sperimentano
sentimenti di odio e vendetta, più che
desiderio di riconciliazione. Evidentemente queste situazioni rallentano il
cammino verso la pace”.
Non pochi ostacoli…
“Qualche mese fa, in un incontro
con i laici delle CEB (Comunità Eccle-
siali di Base), abbiamo espresso ai nostri cristiani il desiderio che comincino
a confrontarsi sulla riconciliazione tra
le diverse posizioni - ricorda padre Roberto. - L’intento era quello di spingerli a porre passi concreti verso la riconciliazione profonda. Ma, inizialmente,
i laici hanno rigettato in blocco la
nostra proposta... ‘Neanche a pensarci!
– ci hanno detto – la nostra fraternità è
fragile; perché rischiare di rovinare tutto
con argomenti che chiamano ancora in
campo le diverse posizioni politiche?’”.
“Questa e altre situazioni simili –
prosegue Lucia - ci fanno comprendere dal vivo che ci vorrà molto tempo e tanta pazienza per guarire nella
memoria di questo popolo il ricordo
della guerra e delle sue atrocità, per
perdonare davvero il nemico, per rivolgere il saluto al vicino di casa che
appartiene ad un’altra etnia, per allentare la morsa della paura e dell’indifferenza.
In questi mesi la situazione è apparentemente più tranquilla, ma, dietro quest’apparenza, a noi spetta il
compito di curare i cuori feriti e ridare
speranza a chi ha perso tutto.
Le conseguenze della guerra
Il nostro impegno
qui è proprio quello
di riconoscere e
promuovere ogni
piccolo segno che
consente alla logica del
Vangelo di farsi strada
in questa situazione.
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Intervista a
Mons. Jean
Salomon
Lézoutié
sono ancora visibili. Le università solo
da poco hanno riaperto le porte, i
trasporti pubblici sono insufficienti
oltreché inadeguati, molte imprese
fanno fatica a ripartire, parecchi operai sono stati licenziati. Tanti bussano
alla porta della missione per chiedere
cibo, vestiti, cure mediche…”.
Qualche barlume di
speranza…
In alto, padre Mauro Draghi, di Tresigallo
(FE), con alcuni bambini ivoriani.
Sopra, mamma ivoriana.
“Le ferite ‘invisibili’ presenti nel
cuore e nelle relazioni fraterne sono
ancora più dolorose – ribadisce Lucia.
- La gente ci racconta i suoi drammi
di fronte ai quali spesso siamo impotenti. Il nostro impegno qui è proprio
quello di riconoscere e promuovere
ogni piccolo segno che consente alla
logica del Vangelo di farsi strada in
questa situazione.
Ci incoraggia notare che la vera
riconciliazione sta avvenendo attraverso piccoli accordi di pace nascosti, ma reali. Nella nostra missione,
ci sono cristiani che davvero stanno
cercando di ricostruire la pace attraverso il perdono. Stephan e George,
per esempio, sono due giovani legati
da una profonda amicizia, maturata in un comune cammino di fede.
Dopo la guerra, circolavano varie voci
che attribuivano la responsabilità
continua a pagina 12
10
Mons. Jean Salomon
Lézoutié, vescovo
coadiutore della
Diocesi di Yopougon,
risponde a qualche
domanda sull’attuale
situazione della Costa
d’Avorio.
Alcune Associazioni schierate
a difesa dei diritti umani
vedono la riconciliazione
ancora lontana, perché tale
lentezza?
Non è un problema di lentezza,
ma oserei dire di sfida al buon senso.
Dopo le elezioni e la guerra, siamo
in presenza di due schieramenti più
che rivali. Da un lato ci sono i vincitori
che assaporano una vittoria attesa da
dieci/vent’anni. Dall’altro lato ci sono
i perdenti che rifiutano categoricamente la legittimità dell’attuale potere, non accettando né il verdetto
delle urne né la sconfitta della guerra,
soprattutto a causa dell’intervento
della Comunità internazionale. Non
mancano, poi, quelli che credono
ancora a un possibile ritorno del l’exPresidente, secondo certe profezie!
Ma ci sono soprattutto i frustrati a
causa del trasferimento all’Aia del
vecchio Presidente e della cattura e
detenzione dei suoi principali partigiani. A questo occorre aggiungere
tutte le ferite della guerra e constatare cosa succede nel momento in
cui i vincitori chiedono agli altri di
riconciliarsi con loro! Si sente nell’aria
un sentimento di frustrazione, di rivincita e di vendetta.
Mons. Jean Salomon Lézoutié, vescovo coadiutore della diocesi di Yopougon, è stato
un Pastore molto vicino alla gente durante i periodi peggiori della guerra civile.
Cosa la Chiesa può fare
per favorire il processo di
riconciliazione?
Credo che i religiosi non siano
usciti a testa alta da questa guerra.
Pastori e vescovi hanno dovuto chiedere perdono per il loro silenzio, per
le profezie ed altro. Per il momento la
nostra credibilità è diminuita.
La gente afferma di vivere
una fraternità fragile, chiede
prudenza, cosa ne pensa?
La causa di questo non è solo la
crisi post-elettorale. La guerra è cominciata nel 2002 ed era già il frutto
di una certa frustrazione a livello di
identità, subita per molti anni dagli
ivoriani e dagli stranieri. Ciò ha prodotto certe ferite. D’altra parte, anche
agli attuali vincitori si rimproverano
numerosi crimini, rimasti tuttora impuniti e che creano altre ferite nei
perdenti. Ammiro ciò che la gente fa
per dimenticare e cercare di andare
avanti.
Dopo anni di abusi e violenze,
quale giustizia è possibile
oggi?
Solo la giustizia divina farà il suo
lavoro al tempo opportuno. Chi
organizzerà un processo per tutte
le persone bruciate vive, per le
donne violentate, per i proprietari
espropriati? Senza contare tutti i
morti dal 2002… Ma sono d’accordo
che ci sia bisogno di una certa
giustizia, come avvenne nel processo
di Norimberga... Finché questo
non accadrà davanti all’opinione
pubblica nazionale ed internazionale
sarà difficile pensare ad una grazia
presidenziale, ad un’amnistia, pur
necessaria nella situazione attuale.
Quali sono le sue speranze?
Attendo con grande impazienza
la grazia presidenziale o un’amnistia.
Penso che sarà l’unica giustizia umana in grado di soddisfare entrambe le
parti, ugualmente responsabili degli
stessi crimini. Gli ivoriani sono stanchi
di discorsi sulla giustizia e la riconciliazione, aspettano segni concreti.
L’amnistia o la grazia presidenziale
permetteranno di evitare la “giustizia
dei vincitori”, della quale il potere attuale è accusato. Gli ivoriani sono
già abituati alle grazie presidenziali
concesse in passato, per esempio ad
ognuna delle tre visite di Giovanni
Paolo II. Spero che davvero questa
grazia sia concessa e che tutti possiamo ripartire da zero.
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dell’uccisione del padre di uno di loro
al padre dell’altro. Ma i due non hanno permesso a queste voci di distruggere la loro amicizia”.
“Grazie a Dio non mancano le occasioni – rileva padre Roberto – in cui
constatiamo che la diversa posizione
politica non è più motivo di tensione. La scelta di vivere insieme, al di
là di tutto, in alcuni casi prevale sulle divergenze di opinione. La signora
Juliette, nel pieno della crisi, era stata
denunciata e calunniata a causa della
sua etnia. Oggi, anche coloro che le
avevano creato non pochi problemi
le si avvicinano con amicizia!
Patricia, originaria dell’Ovest del
Paese, ci ha confidato che nonostante le divisioni provocate dalla guerra,
nel suo cuore non c’è spazio per la
vendetta! Al contrario, è forte in lei il
desiderio di impegnarsi ogni giorno
per costruire una fraternità senza barriere. Lei stessa constata che gli animi si stanno calmando, il linguaggio
sta cambiando, la gente ricomincia a
frequentarsi. Il ghiaccio, anche se lentamente, si sta sciogliendo e ci lascia
intravedere qualche segno di speranza. Molti affermano che la fede aiuta
molto e noi lo constatiamo dal vivo.
La riconciliazione tra le varie etnie
che compongono la Costa d’Avorio –
conclude Lucia – forse passa proprio
attraverso la riscoperta del valore della diversità, vissuta come reciproco
arricchimento e non come fattore di
divisione e di paura. Su questo stiamo
lavorando con i nostri cristiani, convinti che la sfida per tutti, anche per
noi missionari, è proprio questa: essere uniti perché il mondo creda”.
Ci incoraggia
notare che la vera
riconciliazione
sta avvenendo
attraverso piccoli
accordi di pace
nascosti, ma reali.
Giusy Sanna, di Cagliari, porta un po’ di gioia e speranza ai bambini della missione.
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vita spirituale
O
gni comunità è costruita sul
paradigma della parabola del
figliol prodigo. Stessi personaggi,
stessa dinamica. C’è chi sbaglia e chi
perdona, chi fa fatica a perdonare e
chi non si fa perdonare o gli secca
che vi sia chi è misericordioso. Chiariamo subito che non sono ruoli fissi:
un po’ tutti siamo ora il figliol prodigo, ora il fratello maggiore, ora - più
raramente forse - il padre che perdona. È pericoloso dimenticarlo. Sarà
importante, allora, saper interpretare
bene il ruolo del figliol prodigo: aver
coscienza del proprio errore, soffrirlo soprattutto come torto arrecato
a tutta la comunità, avere l’umiltà di
chiedere perdono, sentirsi disponibili
a occupare l’ultimo posto come il più
congeniale, esser servi senza sentirsi
umiliati.
Quando c’è questa coscienza e quando tale coscienza si manifesta in atteggiamenti concreti, si scopre la dimensione «materna» della comunità:
ci si sente accolti e riaccolti sempre
di nuovo, molto più di quanto meriteremmo. Chi non sente così la sua
comunità deve prima seriamente
La
parabola
della
comunità
riconciliata
“…la riconciliazione
piena è un punto
d’arrivo,
un bene ideale
mai completamente
raggiungibile!”
Raffaele e Teresa Russo, sposati missionari della Comunità di Nola, si intrattengono
con padre Amedeo Cencini, commissario pontificio, in occasione della sua visita alla
Comunità nolana.
interrogarsi su come vive e come
interpreta anche di fronte agli altri il
suo essere peccatore. È chiaro che chi
non si sente abbastanza figliol prodigo percepirà attorno a sé solo una
comunità-matrigna, e troverà innumerevoli motivi per ripudiarla.
Molte altre volte, invece, siamo come
il fratello maggiore: non solo facciamo fatica a perdonare, ma ci dà fastidio chi perdona, quasi vorremmo
impedirglielo. È un atteggiamento
molto dannoso: chi rovina la vita comunitaria non è tanto chi sbaglia e
cade, ma chi s’irrigidisce nel giudizio
o nella condanna, e s’ostina a non capire che il perdono dato a un fratello
giova a tutti e tutti ne devono godere. Chi è tentato d’agire così ricordi
che anche lui ha sbagliato tante volte
e altrettante è stato perdonato, anche quando non ha chiesto scusa a
nessuno; si ricordi che è ed è chiamato ad essere figlio e fratello, non servitore triste e rivendicativo e invidioso;
che ha ricevuto molto più di quanto
ha dato e chiesto (o s’è vergognato di
chiedere), e che dunque è necessario
far festa e godere quando qualcuno
«ritorna». Nelle nostre comunità probabilmente ci sarebbe più festa se ci
fossero meno fratelli maggiori.
E infine il padre: questo padre che
c’insegna ad aver pazienza e fiducia,
a non pretendere la riconciliazione
immediata, ad avere il senso dell’attesa e dell’accoglienza! Da un certo
punto di vista questo padre fallisce:
non è mai in pace con i suoi figli,
torna uno “scappa” l’altro, ma nel suo
cuore accoglie e attende entrambi, e
ci ricorda che la riconciliazione piena
è un punto d’arrivo, un bene ideale
mai completamente raggiungibile,
più importante per quel che crea nel
nostro cuore che per i risultati. esteriori e visibili. Beata quella comunità
che cerca ogni giorno di cucire e ricucire i rapporti fraterni, con infinita
pazienza e solidarietà testarda, senza
meravigliarsi degli strappi né pretendere che venga fuori chissà quale ricamo!
Tratto da Amedeo Cencini, Vivere
riconciliati, Bologna 1989, pp. 93-94.
13
ascolta la parola!
70 volte 7
P
ietro si avvicinò a Gesù e gli disse: “Signore, quante volte dovrò
perdonare al mio fratello, se pecca
contro di me? Fino a sette volte?” E
Gesù gli rispose: “Non ti dico fino a
sette, ma fino a settanta volte sette.
A questo proposito, il regno dei cieli
è simile a un re che volle fare i conti
con i suoi servi. Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era
14
Gesù ci rivela il segreto
del perdono per vivere
in una comunità
riconciliata, dove
tutti siamo creditori e
debitori del suo amore!
debitore di diecimila talenti…
Allora quel servo, gettatosi a terra,
lo supplicava: ‘Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni
cosa’. Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò un
altro servo come lui che gli doveva
cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: ‘Paga quel che devi!’
Il suo compagno, gettatosi a terra,
lo supplicava dicendo: ‘Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito’. Ma egli non volle esaudirlo…”
(Cf. Mt 18,21-35).
Q
uesta pagina del Vangelo ribadisce quanto il perdono sia
indispensabile per vivere riconciliati
tra noi e con Dio. Tutti, però, sappiamo bene quanto sia difficile perdonare, perché certi magoni continuano a
bruciarci dentro, soprattutto quando,
da parte degli altri, non vediamo nessun cenno di pentimento. Ci sono
persone che dicono: “Perdono, ma
non dimentico!” e questo diventa un
sette nella mentalità ebraica indica
una perfezione.
Eppure, a Gesù non basta! Come sempre il Maestro va ben oltre la logica di
Pietro ed elimina qualsiasi limite:
Non ti dico fino a sette, ma fino a
settanta volte sette.
Ossia, sempre!
Perché questa esagerazione? Semplicemente perché non c’è proporzione
invece, equivale a circa trenta grammi d’oro. Non c’è paragone, dunque,
tra i due debiti! Anche se il debitore,
insieme a sua moglie e ai suoi figli,
lavorasse per tutta la vita, non arriverebbe mai a saldare il debito.
…il padrone lo lasciò andare e gli
condonò il debito…
Gesù usa il paradosso per spiegare a
Pietro e alla comunità cristiana che
Lucia Cimarosa, di Scilla (RC), circondata dai bambini del Centro di accoglienza per minori di Belo Horizonte (Brasile).
vero e proprio tarlo nella loro vita.
Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse:
“Signore, quante volte dovrò
perdonare…
Rancore, tensioni, opinioni diverse,
affronti, offese, provocazioni, tutto questo rende difficile il perdono.
Pietro lo sa! Il pescatore è disposto
a seguire Gesù, ma consapevole
della propria incapacità cerca, per lo
meno, di indurre il Maestro a fissare
dei limiti che rendano accettabile la
sfida del perdono. Il pescatore, abituato a calcolare, pensa che sette volte sia un numero più che sufficiente
per sentirsi a posto. Infatti, Il numero
tra il perdono che continuamente
riceviamo da Dio ed il perdono che
noi, qualche volta, dobbiamo offrire
al fratello. Per spiegarlo ai discepoli
Gesù racconta, allora, la parabola del
perdono senza limiti:
…il regno dei cieli è simile a un re che
volle fare i conti con i suoi servi…
Un racconto che porta subito l’interlocutore a prendere posizione contro
l’insensibilità del servo, appena graziato dal padrone, verso il suo simile,
debitore meno di lui.
Il debito di diecimila talenti gira attorno alle centosessantaquattro tonnellate d’oro. Il debito di cento denari,
davanti all’amore di Dio, che perdona
gratuitamente il nostro debito smisurato, è giusto da parte nostra perdonare sempre i piccolissimi debiti dei
nostri fratelli, equivalenti appena a
trenta grammi d’oro!
Il perdono è un gesto gratuito e senza calcolo, che non ha alcun prezzo
se non quello dell’amore da cui nasce e a cui tende. Esso è possibile ed
è dovuto perché per primi siamo stati
perdonati da Dio, in modo assolutamente gratuito.
L’unico limite alla gratuità del perdono divino è, allora, la nostra incapacità di perdonare di cuore il fratello
che sbaglia verso di noi!
15
raccontare la fede
Nives, puoi raccontarci la tua
storia?
Mi sono sposata molto giovane,
all’età di ventidue anni, con Nando.
Con lui stavo bene, la sua presenza mi
dava serenità. Nel rapporto con mio
marito potevo finalmente sperimentare quell’amore che avevo sempre
desiderato, ma che sin da bambina
mi era mancato.
Dal nostro amore sono nate due
figlie, un grande dono per noi. Tutto
andava bene, eravamo felici, stavamo
costruendo una famiglia… finché nel
settembre del 1975, quando la figlia
più piccola aveva solo pochi mesi,
mio marito è scomparso tragicamente in un incidente sul lavoro.
Nando aveva solo trent’anni. Purtroppo, la cosa più traumatica è stata
quella di non avergli neppure potuto
dare sepoltura, perché non si è mai ritrovato il suo corpo, inghiottito dalle
acque del lago di Como e misteriosamente scomparso nel nulla.
16
Vivere per
amare
Nives Polini, volontaria
della Comunità di
Lonato del Garda,
racconta come l’incontro
con Dio ha trasformato
la sua sofferenza in
gioia di amare e servire
la missione.
Come hai reagito di fronte a
una situazione così dolorosa?
È stata una vera tragedia. Avevamo tutta la vita davanti, tanti sogni,
un futuro da costruire, ma improvvisamente lui non c’era più! La morte
prematura e inaspettata di Nando
mi fece letteralmente precipitare
in quella tristezza che aveva caratterizzato i giorni più bui della mia
infanzia. Mi chiedevo con insistenza perché mi fosse successo tutto
questo, perché proprio a me! Non
riuscivo a capire e tantomeno ad
accettare. Giorno dopo giorno, mi
ripiegai sempre più nel mio dolore.
Mi commiseravo, mi sentivo inutile,
non riuscivo a scorgere davanti a me
alcuna via d’uscita. In questo assurdo dolore, al quale non sapevo dare
un senso, divenni sempre più indifferente alla realtà.
Sola, giovane, con due figlie a carico, con tantissimi problemi emotivi
ed economici, mi trovai a dover ricominciare tutto da zero.
Purtroppo, infatti, non essendo
stato ritrovato il corpo, nonostante
Nando fosse morto sul lavoro, per
i primi dieci anni non ebbi diritto a
nessun risarcimento economico. Per
lo Stato mio marito risultava semplicemente disperso.
E con le tue bambine come hai
fatto?
Ero molto presa da questi problemi, non riuscivo a pensare ad altro.
Certo ero presente in famiglia, ma a
modo mio. Da brava mamma avrei
dovuto stare vicino alle mie figlie e
dimostrare loro più affetto, ma nonostante la buona volontà non riuscii
nell’intento.
Oggi riconosco di essermi comportata verso mie figlie con lo stesso
distacco che mia madre aveva avuto
nei miei confronti. Mi sono isolata
emotivamente e chiusa in me stessa.
Naturalmente i miei silenzi, forse anche un po’ di orgoglio, la mia incapacità di manifestare in quel momento
tutto l’affetto hanno favorito molte
incomprensioni. Le mie figlie, ad un
certo punto, hanno fatto le loro scelte e, appena possibile, si sono trasferite all’estero.
Eppure qualcosa, ad un certo
punto, ha dato una svolta alla
tua vita, cosa è successo?
Sì, certo. Devo questo cambiamento ad una mia amica che mi è
stata molto vicina. È stata lei, che volendomi aiutare ad uscire da questo
strano isolamento, provocato dalla
sofferenza, mi ha fatto conoscere la
Comunità di Lonato.
Il primo incontro con i missionari è stato molto positivo. L’ambiente
mi è parso ricco di serenità. Mi sono
sentita accolta, in un modo che mi
ha positivamente “disorientato”. Rientrando a casa ho sentito il desiderio
di ritornarci e così ho cominciato a
frequentare. Ho iniziato a partecipare agli incontri mensili, lì ho conosciuto altre persone e pian piano mi
sono inserita. Poi ho partecipato ad
un week-end di evangelizzazione e
quell’esperienza mi ha toccata profondamente. Da cristiana credente,
ma poco praticante, mi sono trovata
a ripercorrere le fasi dolorose della
mia vita, con tutti gli alti e bassi delle
mie scelte. Per la prima volta ho avuto il coraggio di guardare in faccia,
alla luce di Dio, ciò che avevo vissuto
fino a quel momento e, quindi, ri-
conciliarmi con il mio passato e con
la mia sofferenza.
E d’allora, cosa è cambiato?
Direi che con Dio ho trovato finalmente un significato da dare alla mia
vita. Ho scoperto che posso trovare
la serenità solo se vivo dando amore
agli altri e a me stessa.
Con Dio sono riuscita, con consapevolezza e determinazione, a riconciliarmi con le mie figlie. Ho sentito il
bisogno di scrivere loro per chiedere
perdono del mio comportamento e
per gli errori che, per troppo tempo,
ho commesso nei loro confronti.
Ora mi sento più serena, anche se
il cammino non è facile e deve continuare ogni giorno. Ma con l’aiuto di
Dio e con il suo amore, non mi sento
più sola nell’anima. Lui è con me e
questo mi dà la forza di amare i fratelli.
Le mie giornate si sono riempite
degli altri, sperimento la gioia di vivere per servire la missione e ho imparato a pregare, con la fiducia di chi
ha sperimentato che senza l’amore di
Dio non siamo niente.
Belo Horizonte (Brasile). Katia Pagnin, di Saonara (PD), con i bambini della favela di Taquaril Castanheiras.
17
co.mi.vi.s
lima
Giovani
con le mani in pasta!
S
ono ancora troppi i giovani che vivono senza
prospettive nella periferia di
Lima (Perù). Costretti ad interrompere la scuola per aiutare
la loro famiglia, non riescono
a trovare un lavoro stabile
perché non hanno una preparazione adeguata.
Al “CETPRO Villaregia” (Centro
di formazione Professionale) tanti di loro trovano insegnanti preparati e laboratori
attrezzati. Qui centinaia di
giovani ogni anno ricevono
18
la formazione qualificata, indispensabile per trovare lavoro
o iniziare un’attività in proprio,
magari come panettieri e pasticceri.
Per questo CO.MI.VI.S. ha scelto di migliorare l’offerta formativa del CETPRO e, grazie
ai fondi della Campagna di
quest’anno, aprirà un laboratorio per questi studenti.
Qui essi, sotto la guida di operatori qualificati, potranno
svolgere un tirocinio professionale per imparare come
preparare e vendere i prodotti
da forno.
Grazie al successo
della Campagna 2013
“Abbiamo RISO per
una cosa seria”, a
Lima sarà potenziata
la formazione
professionale per i
giovani.
In occasione
40° anniver
della FO
il 19 e 20 ma
sos
i nostri pro
per il diritto al
e la sovra
alimen
Grazie a tutti coloro
che hanno partecipato
alla Campagna
“Abbiamo RISO
per una cosa seria”
edizione 2013,
aiutandoci così a
costruire un futuro
diverso
per i giovani della
periferia di Lima!
Lima (Perù). Nelle foto alcuni giovani peruviani impegnati ad
apprendere come preparare i prodotti da forno durante i corsi
professionali che si svolgono al “CETPRO Villaregia”.
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SOSTERRAI COSI’ LE ATTIVITA’ CHE CO.MI.VI.S. REALIZZA NEI
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educazione dei ragazzi, formazione professionale dei giovani,
accesso alle cure mediche, tutela dell’infanzia e dell’adolescenza, promozione della donna.
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19
News
Ordinazioni
sacerdotali
Pordenone, domenica 17
febbraio, Federico Santin,
39 anni, originario di
Azzano Decimo (PN), è
diventato sacerdote per
l’imposizione della mani
del vescovo di ConcordiaPordenone, Mons. Giuseppe
Pellegrini. La Celebrazione
si è svolta a San Pietro
Apostolo, sua parrocchia
d’origine.
Padre Federico Santin (al centro), assieme ai suoi familiari: il gemello Marco, la mamma Orfea, la
cognata Lara con i tre figli, Francesco, Enrico e Lorenzo.
25 anni di sacerdozio
Il 17 gennaio padre
Gian Paolo Uras e
padre Roberto Atzeni,
rispettivamente nelle
comunità di Texcoco
(Messico) e di Arecibo
(Porto Rico), hanno
celebrato il loro
25° anniversario di
sacerdozio.
Padre Gian Paolo Uras, di Meana Sardo (NU), e padre Roberto Atzeni, di Cagliari.
20
Il 4 aprile anche padre
Giancarlo Piovanello,
padre Igino Sedda, padre
Luciano Pusceddu e padre
Erminio Arbitrio hanno
celebrato questa importante
ricorrenza del loro
sacerdozio.
Con questi fratelli sacerdoti
tutta la Comunità ha elevato
a Dio la sua gratitudine per
le meraviglie che il Signore
ha operato nella loro vita
sacerdotale e attraverso il
loro ministero.
Padre Giancarlo Piovanello, di
Albignasego (PD), e padre Erminio
Arbitrio, di Padova.
Sopra, padre Francesco Zaccarini, di
Salara (RO), e padre Igino Sedda, di
Gavoi (NU).
A destra, padre Luciano Pusceddu, di
Sant’Anna Arresi (CA).
21
Verso la GMG 2013!
‘Andate e fate discepo“
li tutti i popoli’ (cf. Mt
28,19). Si tratta della grande
esortazione missionaria che
Cristo ha lasciato alla Chiesa
intera e che rimane attuale ancora oggi, dopo duemila anni.
Ora questo mandato deve risuonare con forza nel vostro cuore…”
con questo invito Benedetto XVI
si è rivolto ai giovani di tutto il
mondo nel messaggio di preparazione alla GMG 2013, che si
svolgerà a Rio de Janeiro dal 23
al 28 luglio.
L’evento è stato indicato da Benedetto XVI come esperienza dal
carattere missionario: “Vivete questa esperienza di incontro con Cristo, insieme ai tanti altri giovani che
convergeranno a Rio per il prossimo
incontro mondiale! Lasciatevi ama-
22
re da Lui e sarete i testimoni di cui il
mondo ha bisogno.“
E all’appuntamento di luglio, con
grande entusiasmo, i giovani di tutto il mondo si stanno preparando
per incontrare Papa Francesco.
Sarà la famosa spiaggia di Copacabana il luogo scelto per accogliere Papa Bergoglio al suo arrivo in
Brasile, il 25 luglio 2013. Lo ha reso
noto l’arcivescovo di Rio de Janeiro,
nonché presidente del Comitato
organizzatore locale, mons. Orani
João Tempesta.
A Copacabana, dove per tradizione
si concentrano i grandi meeting
di Rio, si svolgeranno anche la cerimonia di accoglienza dei giovani
e la Via Crucis, rispettivamente il
23 e il 26 luglio.
Il luogo scelto per la Veglia,
che si svolgerà sabato 27
luglio, e la Messa finale di
domenica 28 è invece Guaratiba, in zona ovest di Rio.
Il cardinale Stanislaw Rylko,
presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, dicastero competente per le Giornate mondiali
della gioventù, più volte nella fase
preparatoria ha sottolineato il forte
legame che corre tra gli appuntamenti delle diverse GMG, mettendo in luce che la GMG non si riduce
ai soli cinque giorni a Rio de Janeiro, ma include la sua preparazione.
Un vero e proprio pellegrinaggio
da una GMG all’altra, che forma
nuove generazioni di cristiani capaci di vivere pienamente il Vangelo e di trasmetterlo con gioia: “Questo pellegrinaggio porta veramente
frutti straordinari. È impressionante
la forza attrattiva di questa semplice
Croce nei confronti dei giovani. Alle
celebrazioni di accoglienza della Croce, in molte diocesi arrivano anche
più di centomila giovani… Possiamo
veramente dire che la GMG in Brasile
è ormai iniziata, è ormai in corso”.
All’evento parteciperanno anche
30 giovani dei GimVi italiani, che,
assieme ai 32 rappresentanti dei
GimVi di Lima e ai 50 del GimVi di
Porto Rico, si incontreranno con i
220 giovani di Belo Horizonte e di
San Paolo, il 20 e 21 luglio, per prepararsi insieme all’evento.
Questi giovani saranno anche protagonisti di alcuni momenti della
GMG. Dovranno, infatti, animare
una catechesi, un’ora di adorazione
promossa dal Movimento Giovani 2000 e saranno costantemente
impegnati a presentare uno stand
vocazionale.
Arrivederci in cielo!
ina Farci, missionaria della
P
“prima ora”, e Armido Braga,
sposato missionario, anche lui le-
gato alla comunità sin dagli inizi,
dopo un calvario di circa due anni,
hanno terminato la loro corsa terrena, rispettivamente all’età di 64 e
60 anni.
La stessa malattia, un tumore al pancreas, scoperto a pochi mesi di distanza
l’uno dall’altra, li ha condotti attraverso
molte sofferenze fisiche all’incontro
definitivo con Dio.
Entrambi hanno affrontato con molta
lucidità ogni momento della malattia,
dando prova di grande coraggio e di
una salda fiducia in Dio. Si sono preparati a questo passaggio offrendo con
gioia e nella pace ogni sofferenza, consapevoli che questo era il loro “modo
speciale” per essere missionari.
Nell’ultimo periodo, quanti li hanno
avvicinati hanno toccato con mano
la loro forte fede, alimentata dalla costante preghiera e dalla meditazione
quotidiana della parola di Dio.
Armido, marito di Rita e papà amorevole di Elena, Daniele e Francesco, ma
anche fratello e amico dei poveri, ci ha
lasciato il 18 gennaio. Pina, sorella gioiosa, semplice e innamorata della vita,
con lo sguardo sempre rivolto a Colui
al quale si era consacrata sin da giovane, si è spenta due mesi dopo, esattamente il 18 marzo.
Grazie Armido e Pina per la vostra vita
e per la vostra testimonianza di fede!
Siamo certi che dal cielo continuerete
a sostenere la Comunità con il vostro
affetto e la vostra preghiera.
Pina Farci, di Quartu Sant’Elena, che ci ha lasciato il 18 marzo.
Rita e Armido Braga, sposati missionari della Comunità di Villaregia. Armido è
tornato alla casa del Padre il 18 gennaio.
23
Estate
missionaria
giovani
Quartu 26 luglio - 4 agosto 2013
Roma 2 - 11 agosto 2013
Nola
28 luglio - 4 agosto 2013
Pordenone 2 - 11 agosto 2013
Imola
20 - 28 luglio 2013
Villaregia 23 - 29 luglio 2013
Investimenti
alternativi
Un’alternativa ai soliti regali. Battesimo, prima comunione,
cresima, matrimonio, compleanno, laurea... tante occasioni
per creare una mentalità di condivisione. Anziché i soliti regali
puoi proporre ai tuoi invitati di sostenere i nostri progetti di
solidarietà verso i più poveri.
Donazione in memoria. La scelta di collaborare con la nostra
opera missionaria è un modo per ricordare una persona defunta
e per esprimere il tuo affetto alla sua famiglia.
Lasciti testamentari. È possibile lasciare per sempre un segno di
amore universale, a sostegno dei nostri progetti di promozione
umana, inserendo la Comunità Missionaria di Villaregia tra gli
eredi testamentari.
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Per maggiori informazioni telefona a Villaregia,
allo 0426 325032, e chiedi degli incaricati.
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c/o Cassa di Risparmio di Ferrara (CARIFE) Filiale di Porto Viro (RO)
BIC: CFERIT2F IBAN: IT 78 D 06155 68730 000000003500
Per le donazioni tramite bonifico bancario, puoi segnalare, se
vuoi, il tuo indirizzo sulla ricevuta bancaria.
Ci consentirai di inviarti il nostro grazie!
In caso di mancato recapito inviare all’Ufficio P.T. di Padova per la restituzione al mittente che si impegna a restituire la tariffa dovuta.
Lonato del Garda 3 - 11 agosto 2013