La sfida della riconciliazione in Costa d`Avorio
Transcript
La sfida della riconciliazione in Costa d`Avorio
In caso di mancato recapito inviare all’Ufficio P.T. di Padova per la restituzione al mittente che si impegna a restituire la tariffa dovuta. Poste Italiane S.p.a. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1 NE/PD - n. 70 - Maggio 2013 - Anno 24 ) Comunità Missionaria di Villaregia La sfida della riconciliazione in Costa d‘Avorio sommario 03 04 Editoriale 06 Diretta dalla missione 13 14 16 18 20 Vita spirituale È possibile la riconciliazione? Parole del Papa Grazie, Benedetto XVI! Papa Francesco, siamo con te! La sfida della riconciliazione in Costa d‘Avorio La parabola della comunità riconciliata Ascolta la Parola! 70 volte 7 Raccontare la fede Vivere per amare CO.MI.VI.S. Giovani con le mani in pasta! News Ordinazioni sacerdotali 25 anni di sacerdozio Verso la GMG 2013! Arrivederci in cielo! In copertina bambini nella scuola di Gogobro (sud Costa d’Avorio). Intenzioni Sante Messe Indirizzi In ogni sede della CMV, ogni giorno celebriamo la Santa Messa, nella quale presentiamo al Signore le intenzioni di preghiera che amici e benefattori ci affidano. Se desideri puoi trasmetterci le tue intenzioni: - per il suffragio dei tuoi defunti; - per la celebrazione di 30 Sante Messe gregoriane; - per una particolare intenzione familiare o personale. La tua offerta sarà anche un aiuto concreto per i missionari e per i fratelli della missione. Frazione VILLAREGIA 16 45014 Porto Viro RO Tel. 0426 325032 c.c.p.10227452 [email protected] Avviso ai lettori: Ai sensi della legge D. Lgs. 30.6.2003 n. 196 per la tutela dei dati personali, comunichiamo che gli indirizzi di quanti ricevono questo periodico fanno parte dell’archivio della Comunità Missionaria di Villaregia e sono utilizzati esclusivamente per l’invio del predetto periodico o di altre comunicazioni sulle nostre attività. Redazione: Comunità Missionaria di Villaregia 45014 Villaregia di Porto Viro (RO) Tel. 0426/325032 Direttore responsabile: Francesca Trudu Stampa MEDIAGRAF Noventa Padovana (PD) Tel. 049/8991511 Autorizzazione: Tribunale di Rovigo n. 14/89 Sui testi e sulle immagini presenti nella rivista tutti i diritti riservati © comunità missionaria di villaregia 2 Via Irlanda 64 09045 QUARTU S. ELENA CA Tel. 070 813130 c.c.p. 15819097 [email protected] Via de Siervo 1 80035 PIAZZOLLA DI NOLA NA Tel. 081 5115489 c.c.p.18037804 [email protected] Via San Daniele 10 33170 PORDENONE PN Tel. 0434 364030 c.c.p. 10780591 [email protected] Via Antonio Berlese 55 00134 ROMA RM Tel. 06 5069069 c.c.p. 96222005 [email protected] Via San Zeno 7 25017 LONATO DEL GARDA BS Tel. 030 9133111 c.c.p. 13547468 [email protected] Via Turati 25 40026 IMOLA BO Tel. 0542 642824 c.c.p 92209535 [email protected] È possibile la riconciliazione? V editoriale “La pace si rivela e si offre a coloro che realizzano, giorno dopo giorno, tutte quelle forme di pace di cui sono capaci”. ivere nella pace è l’aspirazione di ogni uomo, perché tutti desideriamo una vita serena e piena di gioia. Eppure, niente è così difficile come arrivare a vivere veramente riconciliati con se stessi e con gli altri! In famiglia, a lavoro, nella scuola, persino tra amici è come se ci fosse continuamente in agguato un nemico che in ogni modo si adopera per elevare barriere tra noi e il nostro prossimo. Nelle difficoltà si dà sempre la colpa agli altri e non si vuole riconoscere la propria. Il non essere disposti ad ammettere le proprie responsabilità incrina ogni rapporto tra gli uomini, tra i popoli, tra le razze e persino tra le varie confessioni cristiane, finendo per produrre tanta tristezza e perfino odio. Anche la vita dei popoli sembra volerci convincere che non è possibile vivere nella pace. Conflitti armati e minacce di guerra riempiono il mondo. Ingiustizie di ogni tipo e anarchia prevalgono, domina la violenza e il terrorismo avanza vittoriosamente, mentre la carità si raffredda. Ma, allora, sarà possibile vivere riconciliati? In realtà, la conflittualità prende il sopravvento e tenta di dividerci quando cediamo alla tentazione di esaltare la nostra autosufficienza e, dichiarandoci indipendenti da Dio, finiamo per isolarci anche dagli altri. Allora ribellione e amarezza, egoismo e prevaricazione ci impediscono di vivere serenamente gli uni accanto agli altri. Pensiamo di riuscire solo con le nostre forze a realizzare "la pace", ma una pace così è illusoria. Il tempo della riconciliazione e della pace viene tra i popoli, nelle famiglie, in noi stessi… solo quando siamo capaci di restituire a Dio il primato nella storia e nella nostra vita. La riconciliazione non è responsabilità dei governi, né frutto dei trattati di pace fra le nazioni. È, piuttosto, qualcosa che inizia dentro di noi quando, nei nostri Giovanni Paolo II rapporti personali, scegliamo il cammino della verità e del perdono. “Sono passati alcuni anni dall’uccisione di mio marito, - racconta Aparecida di San Paolo (Brasile) – ma sentimenti di odio e rancore sono riapparsi in me con forza quando mi sono trovata davanti alla madre dell’assassino. Dopo questa prima reazione, mi sono calmata al pensiero che, come cristiana, solo con l’amore potevo spezzare la catena di violenza che dilaga nel nostro Paese. Ho preso respiro, le sono andata incontro e l’ho abbracciata. Questo gesto di perdono mi ha fatto ritrovare la pace perduta il giorno della morte di mio marito”. Aparecida è riuscita a perdonare perché al centro della sua esistenza ha messo Dio. La verità è che la riconciliazione tra gli uomini è possibile soprattutto perché Gesù sulla croce ci ha riconciliati a sé e ci ha reso capaci di perdonare. Vivere riconciliati da allora è sempre possibile, purché ciascuno sia disposto a riconoscere la verità e la sua responsabilità nelle mancanze d’amore e di pazienza verso il prossimo. La riconciliazione si avvera quando, pur sentendoci amareggiati e offesi, smettiamo di puntare il dito per accusare gli altri e, pentiti dei nostri sbagli, facciamo un passo di accoglienza verso chi ci ferisce. Basta un gesto di pace perché gli uomini, prima divisi dalla discordia, si ritrovino finalmente insieme riconciliati dal perdono reciproco. Lima (Perù). Isabel Ramos e la giovane Jahaira, assieme a Felicia Romano, di Pomigliano (NA), Maura Alhuay Herrera, peruviana, e Roberta Masci, di Trieste. 3 parole del papa Grazie, Benedetto XVI! “S ono semplicemente un pellegrino che inizia l’ultima tappa del suo pellegrinaggio in questa terra. Ma vorrei ancora, con il mio cuore, con il mio amore, con la mia preghiera, con la mia riflessione, con tutte le mie forze interiori, lavorare per il bene comune e il bene della Chiesa e dell’umanità. E mi sento molto appoggiato dalla vostra simpatia. Andiamo avanti insieme con il Signore per il bene della Chiesa e del mondo”. Con queste parole Benedetto XVI, il 28 febbraio, affacciandosi per l’ultima volta dal balcone di Castel Gandolfo, si è congedato dai numerosi fedeli accalcati nella piazza e da quanti, attraverso i media, stavano seguendo in diretta questo avvenimento storico. 4 “La Chiesa è una realtà vivente, vive il corso del tempo trasformandosi pur restando la stessa nella sua natura, il suo cuore è Cristo. Ieri in Piazza abbiamo visto che la Chiesa è un corpo vivo. La Chiesa vive, cresce e si risveglia nelle anime che accolgono la Parola di Dio. Attraverso la Chiesa il mistero dell’Incarnazione vive per sempre”. Benedetto XVI, dall’ultimo saluto ai cardinali in Vaticano. La decisione maturata da Benedetto XVI di lasciare il ministero petrino ha profondamente rattristato anche noi, ma allo stesso tempo la sua scelta ci ha parlato della vera libertà e dell’autentica umiltà di un credente, che affida esclusivamente la sua vita nelle mani dell’Altissimo. Siamo sinceramente grati, a Papa Ratzinger per il suo luminoso Pontificato, per la sua parola chiara e incisiva, per il suo coraggio di affermare sempre e ovunque la verità, per averci indicato con chiarezza cosa significa essere e costruire Chiesa. Grazie Benedetto XVI, ti vogliamo bene e saremo sempre con te! Papa Francesco, siamo con te! C on amore filiale assieme ai numerosissimi pellegrini che, il 13 marzo, si sono riversati in Piazza San Pietro, abbiamo prima atteso con trepidazione e poi accolto con gioia il nuovo successore di Pietro, Papa Francesco, un pontefice che viene d’oltreoceano! Nel suo primissimo saluto, rivolto ai fedeli di tutto il mondo, ci ha raggiunto con la sua paternità: “Voi sapete che il dovere del Conclave era di dare un Vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli Cardinali siano andati a prenderlo quasi alla fine del mondo… ma siamo qui … Vi ringrazio dell’accoglienza”. Presentandosi con queste parole, il Santo Padre ha manifestato da subito il suo cuore di Buon Pastore desideroso di “Cari giovani,guardo con gioia al prossimo luglio, a Rio de Janeiro! Vi do appuntamento in quella grande città del Brasile! Preparatevi bene, soprattutto spiritualmente nelle vostre comunità, perché quell’Incontro sia un segno di fede per il mondo intero. I giovani devono dire al mondo: è buono seguire Gesù; è buono andare con Gesù; è buono il messaggio di Gesù; è buono uscire da se stessi, alle periferie del mondo e dell’esistenza, per portare Gesù!”. Papa Francesco, dall’omelia della domenica delle Palme 2013 camminare con il popolo di Dio, per evangelizzare il mondo: “E adesso, incominciamo questo cammino: vescovo e popolo… Un cammino di fratellanza, di amore, di fiducia tra noi. Preghiamo sempre per noi: l’uno per l’altro”. Come missionari ci sentiamo con Papa Francesco in questo cammino di Chiesa universale, che non finisce mai di stupirci e che, sempre viva, si rinnova in ogni epoca storica. A Papa Francesco offriamo tutta la nostra disponibilità e il nostro impegno missionario per camminare sulle vie dell’evangelizzazione. Con il Santo Padre ci diamo appuntamento alla GMG di Rio de Janeiro, il prossimo luglio, per unirci ai giovani del mondo nell’impegno di “andare per fare discepoli tutti i popoli” (cf. Mt 28,19). 5 diretta dalla missione yopougon La sfida della r 6 a riconciliazione in Costa d‘Avorio Fino agli anni ’80 la Costa d’Avorio era la “vetrina” dell’Africa dell’Ovest, terra pacifica e accogliente, casa dove popoli diversi riuscivano a convivere e a lavorare pacificamente… Oggi, il Paese ricorda come un sogno questo passato e si trova a fare i conti con le conseguenze di un decennio di crisi politica e civile, culminato nella nota crisi post-elettorale del 2011. A due anni dalla fine dei conflitti armati, i traumi lasciati nel cuore e nei ricordi della gente sono profondi e lasciano aperta la sfida della riconciliazione, per una convivenza veramente pacifica tra posizioni politiche diverse. I missionari, che hanno vissuto con la gente i momenti drammatici della guerra, ci raccontano il loro impegno quotidiano per ricostruire a piccoli passi la pace nei cuori. 7 Alle prese con la ripresa! “A ll’indomani dei conflitti armati, che tuttora lasciano evidenti tracce in Costa d’Avorio, - racconta padre Roberto Battistin, che ha vissuto a fianco dei profughi rifugiati nella missione di Yopougon durante la guerra - stiamo scorgendo alcuni segnali di ripresa. Grazie alla ritrovata unità territoriale, lo Stato sta riprendendo in mano, pressoché ovunque, il controllo delle istituzioni. L’economia è in rilancio: nel 2012 il PIL è cresciuto dell’8,6%. Si stanno facendo ingenti sforzi per dotare il Paese di nuove vie di comunicazione e altre infrastrutture (dighe, centrali elettriche, ospedali...). Sforzi possibili perché il 64% del debito estero è stato condonato, quindi i fondi statali sono disponibili per favorire lo sviluppo. La missione di Yopougon e le sfide della riconciliazione, a due anni dalla guerra civile, raccontate da padre Roberto Battistin e Lucia De Simone, missionari in Costa d’Avorio. Lucia De Simone, di Quindici (AV), assieme ad alcune signore della missione di Yopougon. 8 Le università sono state restaurate e la Banca Africana per lo Sviluppo ha annunciato il suo ritorno ad Abidjan. Il Paese resta ai vertici nella coltivazione del caffè, del cacao, dell’ananas... Se da un lato tutto questo incoraggia, dall’altro la sfida più impegnativa resta il risanamento delle relazioni”. Una pace da ricostruire “Le parole ‘pace’ e ‘riconciliazione’ cercano di farsi strada in un groviglio di relazioni ferite e di risentimenti non ancora totalmente assopiti. Pare vi siano ancora circa ottantamila persone in possesso di armi - spiega ancora padre Roberto- Ad aumentare paura e tensione, alla fine dell’estate scorsa, altri episodi di violenza: sette attacchi contro obiettivi militari ad Abidjan e lungo i confini del Ghana e della Liberia, con conseguente chiusura di queste due frontiere, per un certo tempo. Si è parlato, allora, di un tentativo di colpo di Stato da parte dei sostenitori di Laurent Gbagbo, l’ex-Presidente. Di fronte a tutto questo, l’esercito (FRCI: Forze Repubblicane della Costa Padre Roberto Battistin, di Porcia (PN), durante un momento di catechesi all’aperto. d’Avorio) ha reagito con una violenta repressione e con arresti di massa, soprattutto nei confronti di giovani appartenenti a gruppi etnici sostenitori del vecchio Presidente. Gli arresti avvenivano senza un capo d’imputazione e senza nessuna identificazione”. “Grazie all’indagine effettuata in questi mesi dall’organizzazione Human rights watch - fa notare Lucia De Simone, missionaria in Costa D’Avorio da 10 anni - proprio nel comune di Yopougon, numerose testimonianze offrono ora un quadro abbastanza preciso di quanto è accaduto a centinaia di giovani. Tanti di loro sono esasperati, arrabbiati, spesso disperati perché durante la guerra hanno perso tutto, i pochi risparmi hanno dovuto investirli per farsi liberare e adesso si trovano davanti un futuro tremendamente incerto… Per questo sperimentano sentimenti di odio e vendetta, più che desiderio di riconciliazione. Evidentemente queste situazioni rallentano il cammino verso la pace”. Non pochi ostacoli… “Qualche mese fa, in un incontro con i laici delle CEB (Comunità Eccle- siali di Base), abbiamo espresso ai nostri cristiani il desiderio che comincino a confrontarsi sulla riconciliazione tra le diverse posizioni - ricorda padre Roberto. - L’intento era quello di spingerli a porre passi concreti verso la riconciliazione profonda. Ma, inizialmente, i laici hanno rigettato in blocco la nostra proposta... ‘Neanche a pensarci! – ci hanno detto – la nostra fraternità è fragile; perché rischiare di rovinare tutto con argomenti che chiamano ancora in campo le diverse posizioni politiche?’”. “Questa e altre situazioni simili – prosegue Lucia - ci fanno comprendere dal vivo che ci vorrà molto tempo e tanta pazienza per guarire nella memoria di questo popolo il ricordo della guerra e delle sue atrocità, per perdonare davvero il nemico, per rivolgere il saluto al vicino di casa che appartiene ad un’altra etnia, per allentare la morsa della paura e dell’indifferenza. In questi mesi la situazione è apparentemente più tranquilla, ma, dietro quest’apparenza, a noi spetta il compito di curare i cuori feriti e ridare speranza a chi ha perso tutto. Le conseguenze della guerra Il nostro impegno qui è proprio quello di riconoscere e promuovere ogni piccolo segno che consente alla logica del Vangelo di farsi strada in questa situazione. 9 Intervista a Mons. Jean Salomon Lézoutié sono ancora visibili. Le università solo da poco hanno riaperto le porte, i trasporti pubblici sono insufficienti oltreché inadeguati, molte imprese fanno fatica a ripartire, parecchi operai sono stati licenziati. Tanti bussano alla porta della missione per chiedere cibo, vestiti, cure mediche…”. Qualche barlume di speranza… In alto, padre Mauro Draghi, di Tresigallo (FE), con alcuni bambini ivoriani. Sopra, mamma ivoriana. “Le ferite ‘invisibili’ presenti nel cuore e nelle relazioni fraterne sono ancora più dolorose – ribadisce Lucia. - La gente ci racconta i suoi drammi di fronte ai quali spesso siamo impotenti. Il nostro impegno qui è proprio quello di riconoscere e promuovere ogni piccolo segno che consente alla logica del Vangelo di farsi strada in questa situazione. Ci incoraggia notare che la vera riconciliazione sta avvenendo attraverso piccoli accordi di pace nascosti, ma reali. Nella nostra missione, ci sono cristiani che davvero stanno cercando di ricostruire la pace attraverso il perdono. Stephan e George, per esempio, sono due giovani legati da una profonda amicizia, maturata in un comune cammino di fede. Dopo la guerra, circolavano varie voci che attribuivano la responsabilità continua a pagina 12 10 Mons. Jean Salomon Lézoutié, vescovo coadiutore della Diocesi di Yopougon, risponde a qualche domanda sull’attuale situazione della Costa d’Avorio. Alcune Associazioni schierate a difesa dei diritti umani vedono la riconciliazione ancora lontana, perché tale lentezza? Non è un problema di lentezza, ma oserei dire di sfida al buon senso. Dopo le elezioni e la guerra, siamo in presenza di due schieramenti più che rivali. Da un lato ci sono i vincitori che assaporano una vittoria attesa da dieci/vent’anni. Dall’altro lato ci sono i perdenti che rifiutano categoricamente la legittimità dell’attuale potere, non accettando né il verdetto delle urne né la sconfitta della guerra, soprattutto a causa dell’intervento della Comunità internazionale. Non mancano, poi, quelli che credono ancora a un possibile ritorno del l’exPresidente, secondo certe profezie! Ma ci sono soprattutto i frustrati a causa del trasferimento all’Aia del vecchio Presidente e della cattura e detenzione dei suoi principali partigiani. A questo occorre aggiungere tutte le ferite della guerra e constatare cosa succede nel momento in cui i vincitori chiedono agli altri di riconciliarsi con loro! Si sente nell’aria un sentimento di frustrazione, di rivincita e di vendetta. Mons. Jean Salomon Lézoutié, vescovo coadiutore della diocesi di Yopougon, è stato un Pastore molto vicino alla gente durante i periodi peggiori della guerra civile. Cosa la Chiesa può fare per favorire il processo di riconciliazione? Credo che i religiosi non siano usciti a testa alta da questa guerra. Pastori e vescovi hanno dovuto chiedere perdono per il loro silenzio, per le profezie ed altro. Per il momento la nostra credibilità è diminuita. La gente afferma di vivere una fraternità fragile, chiede prudenza, cosa ne pensa? La causa di questo non è solo la crisi post-elettorale. La guerra è cominciata nel 2002 ed era già il frutto di una certa frustrazione a livello di identità, subita per molti anni dagli ivoriani e dagli stranieri. Ciò ha prodotto certe ferite. D’altra parte, anche agli attuali vincitori si rimproverano numerosi crimini, rimasti tuttora impuniti e che creano altre ferite nei perdenti. Ammiro ciò che la gente fa per dimenticare e cercare di andare avanti. Dopo anni di abusi e violenze, quale giustizia è possibile oggi? Solo la giustizia divina farà il suo lavoro al tempo opportuno. Chi organizzerà un processo per tutte le persone bruciate vive, per le donne violentate, per i proprietari espropriati? Senza contare tutti i morti dal 2002… Ma sono d’accordo che ci sia bisogno di una certa giustizia, come avvenne nel processo di Norimberga... Finché questo non accadrà davanti all’opinione pubblica nazionale ed internazionale sarà difficile pensare ad una grazia presidenziale, ad un’amnistia, pur necessaria nella situazione attuale. Quali sono le sue speranze? Attendo con grande impazienza la grazia presidenziale o un’amnistia. Penso che sarà l’unica giustizia umana in grado di soddisfare entrambe le parti, ugualmente responsabili degli stessi crimini. Gli ivoriani sono stanchi di discorsi sulla giustizia e la riconciliazione, aspettano segni concreti. L’amnistia o la grazia presidenziale permetteranno di evitare la “giustizia dei vincitori”, della quale il potere attuale è accusato. Gli ivoriani sono già abituati alle grazie presidenziali concesse in passato, per esempio ad ognuna delle tre visite di Giovanni Paolo II. Spero che davvero questa grazia sia concessa e che tutti possiamo ripartire da zero. 11 dell’uccisione del padre di uno di loro al padre dell’altro. Ma i due non hanno permesso a queste voci di distruggere la loro amicizia”. “Grazie a Dio non mancano le occasioni – rileva padre Roberto – in cui constatiamo che la diversa posizione politica non è più motivo di tensione. La scelta di vivere insieme, al di là di tutto, in alcuni casi prevale sulle divergenze di opinione. La signora Juliette, nel pieno della crisi, era stata denunciata e calunniata a causa della sua etnia. Oggi, anche coloro che le avevano creato non pochi problemi le si avvicinano con amicizia! Patricia, originaria dell’Ovest del Paese, ci ha confidato che nonostante le divisioni provocate dalla guerra, nel suo cuore non c’è spazio per la vendetta! Al contrario, è forte in lei il desiderio di impegnarsi ogni giorno per costruire una fraternità senza barriere. Lei stessa constata che gli animi si stanno calmando, il linguaggio sta cambiando, la gente ricomincia a frequentarsi. Il ghiaccio, anche se lentamente, si sta sciogliendo e ci lascia intravedere qualche segno di speranza. Molti affermano che la fede aiuta molto e noi lo constatiamo dal vivo. La riconciliazione tra le varie etnie che compongono la Costa d’Avorio – conclude Lucia – forse passa proprio attraverso la riscoperta del valore della diversità, vissuta come reciproco arricchimento e non come fattore di divisione e di paura. Su questo stiamo lavorando con i nostri cristiani, convinti che la sfida per tutti, anche per noi missionari, è proprio questa: essere uniti perché il mondo creda”. Ci incoraggia notare che la vera riconciliazione sta avvenendo attraverso piccoli accordi di pace nascosti, ma reali. Giusy Sanna, di Cagliari, porta un po’ di gioia e speranza ai bambini della missione. 12 vita spirituale O gni comunità è costruita sul paradigma della parabola del figliol prodigo. Stessi personaggi, stessa dinamica. C’è chi sbaglia e chi perdona, chi fa fatica a perdonare e chi non si fa perdonare o gli secca che vi sia chi è misericordioso. Chiariamo subito che non sono ruoli fissi: un po’ tutti siamo ora il figliol prodigo, ora il fratello maggiore, ora - più raramente forse - il padre che perdona. È pericoloso dimenticarlo. Sarà importante, allora, saper interpretare bene il ruolo del figliol prodigo: aver coscienza del proprio errore, soffrirlo soprattutto come torto arrecato a tutta la comunità, avere l’umiltà di chiedere perdono, sentirsi disponibili a occupare l’ultimo posto come il più congeniale, esser servi senza sentirsi umiliati. Quando c’è questa coscienza e quando tale coscienza si manifesta in atteggiamenti concreti, si scopre la dimensione «materna» della comunità: ci si sente accolti e riaccolti sempre di nuovo, molto più di quanto meriteremmo. Chi non sente così la sua comunità deve prima seriamente La parabola della comunità riconciliata “…la riconciliazione piena è un punto d’arrivo, un bene ideale mai completamente raggiungibile!” Raffaele e Teresa Russo, sposati missionari della Comunità di Nola, si intrattengono con padre Amedeo Cencini, commissario pontificio, in occasione della sua visita alla Comunità nolana. interrogarsi su come vive e come interpreta anche di fronte agli altri il suo essere peccatore. È chiaro che chi non si sente abbastanza figliol prodigo percepirà attorno a sé solo una comunità-matrigna, e troverà innumerevoli motivi per ripudiarla. Molte altre volte, invece, siamo come il fratello maggiore: non solo facciamo fatica a perdonare, ma ci dà fastidio chi perdona, quasi vorremmo impedirglielo. È un atteggiamento molto dannoso: chi rovina la vita comunitaria non è tanto chi sbaglia e cade, ma chi s’irrigidisce nel giudizio o nella condanna, e s’ostina a non capire che il perdono dato a un fratello giova a tutti e tutti ne devono godere. Chi è tentato d’agire così ricordi che anche lui ha sbagliato tante volte e altrettante è stato perdonato, anche quando non ha chiesto scusa a nessuno; si ricordi che è ed è chiamato ad essere figlio e fratello, non servitore triste e rivendicativo e invidioso; che ha ricevuto molto più di quanto ha dato e chiesto (o s’è vergognato di chiedere), e che dunque è necessario far festa e godere quando qualcuno «ritorna». Nelle nostre comunità probabilmente ci sarebbe più festa se ci fossero meno fratelli maggiori. E infine il padre: questo padre che c’insegna ad aver pazienza e fiducia, a non pretendere la riconciliazione immediata, ad avere il senso dell’attesa e dell’accoglienza! Da un certo punto di vista questo padre fallisce: non è mai in pace con i suoi figli, torna uno “scappa” l’altro, ma nel suo cuore accoglie e attende entrambi, e ci ricorda che la riconciliazione piena è un punto d’arrivo, un bene ideale mai completamente raggiungibile, più importante per quel che crea nel nostro cuore che per i risultati. esteriori e visibili. Beata quella comunità che cerca ogni giorno di cucire e ricucire i rapporti fraterni, con infinita pazienza e solidarietà testarda, senza meravigliarsi degli strappi né pretendere che venga fuori chissà quale ricamo! Tratto da Amedeo Cencini, Vivere riconciliati, Bologna 1989, pp. 93-94. 13 ascolta la parola! 70 volte 7 P ietro si avvicinò a Gesù e gli disse: “Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?” E Gesù gli rispose: “Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette. A questo proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi. Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era 14 Gesù ci rivela il segreto del perdono per vivere in una comunità riconciliata, dove tutti siamo creditori e debitori del suo amore! debitore di diecimila talenti… Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: ‘Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa’. Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: ‘Paga quel che devi!’ Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: ‘Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito’. Ma egli non volle esaudirlo…” (Cf. Mt 18,21-35). Q uesta pagina del Vangelo ribadisce quanto il perdono sia indispensabile per vivere riconciliati tra noi e con Dio. Tutti, però, sappiamo bene quanto sia difficile perdonare, perché certi magoni continuano a bruciarci dentro, soprattutto quando, da parte degli altri, non vediamo nessun cenno di pentimento. Ci sono persone che dicono: “Perdono, ma non dimentico!” e questo diventa un sette nella mentalità ebraica indica una perfezione. Eppure, a Gesù non basta! Come sempre il Maestro va ben oltre la logica di Pietro ed elimina qualsiasi limite: Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette. Ossia, sempre! Perché questa esagerazione? Semplicemente perché non c’è proporzione invece, equivale a circa trenta grammi d’oro. Non c’è paragone, dunque, tra i due debiti! Anche se il debitore, insieme a sua moglie e ai suoi figli, lavorasse per tutta la vita, non arriverebbe mai a saldare il debito. …il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito… Gesù usa il paradosso per spiegare a Pietro e alla comunità cristiana che Lucia Cimarosa, di Scilla (RC), circondata dai bambini del Centro di accoglienza per minori di Belo Horizonte (Brasile). vero e proprio tarlo nella loro vita. Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: “Signore, quante volte dovrò perdonare… Rancore, tensioni, opinioni diverse, affronti, offese, provocazioni, tutto questo rende difficile il perdono. Pietro lo sa! Il pescatore è disposto a seguire Gesù, ma consapevole della propria incapacità cerca, per lo meno, di indurre il Maestro a fissare dei limiti che rendano accettabile la sfida del perdono. Il pescatore, abituato a calcolare, pensa che sette volte sia un numero più che sufficiente per sentirsi a posto. Infatti, Il numero tra il perdono che continuamente riceviamo da Dio ed il perdono che noi, qualche volta, dobbiamo offrire al fratello. Per spiegarlo ai discepoli Gesù racconta, allora, la parabola del perdono senza limiti: …il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi… Un racconto che porta subito l’interlocutore a prendere posizione contro l’insensibilità del servo, appena graziato dal padrone, verso il suo simile, debitore meno di lui. Il debito di diecimila talenti gira attorno alle centosessantaquattro tonnellate d’oro. Il debito di cento denari, davanti all’amore di Dio, che perdona gratuitamente il nostro debito smisurato, è giusto da parte nostra perdonare sempre i piccolissimi debiti dei nostri fratelli, equivalenti appena a trenta grammi d’oro! Il perdono è un gesto gratuito e senza calcolo, che non ha alcun prezzo se non quello dell’amore da cui nasce e a cui tende. Esso è possibile ed è dovuto perché per primi siamo stati perdonati da Dio, in modo assolutamente gratuito. L’unico limite alla gratuità del perdono divino è, allora, la nostra incapacità di perdonare di cuore il fratello che sbaglia verso di noi! 15 raccontare la fede Nives, puoi raccontarci la tua storia? Mi sono sposata molto giovane, all’età di ventidue anni, con Nando. Con lui stavo bene, la sua presenza mi dava serenità. Nel rapporto con mio marito potevo finalmente sperimentare quell’amore che avevo sempre desiderato, ma che sin da bambina mi era mancato. Dal nostro amore sono nate due figlie, un grande dono per noi. Tutto andava bene, eravamo felici, stavamo costruendo una famiglia… finché nel settembre del 1975, quando la figlia più piccola aveva solo pochi mesi, mio marito è scomparso tragicamente in un incidente sul lavoro. Nando aveva solo trent’anni. Purtroppo, la cosa più traumatica è stata quella di non avergli neppure potuto dare sepoltura, perché non si è mai ritrovato il suo corpo, inghiottito dalle acque del lago di Como e misteriosamente scomparso nel nulla. 16 Vivere per amare Nives Polini, volontaria della Comunità di Lonato del Garda, racconta come l’incontro con Dio ha trasformato la sua sofferenza in gioia di amare e servire la missione. Come hai reagito di fronte a una situazione così dolorosa? È stata una vera tragedia. Avevamo tutta la vita davanti, tanti sogni, un futuro da costruire, ma improvvisamente lui non c’era più! La morte prematura e inaspettata di Nando mi fece letteralmente precipitare in quella tristezza che aveva caratterizzato i giorni più bui della mia infanzia. Mi chiedevo con insistenza perché mi fosse successo tutto questo, perché proprio a me! Non riuscivo a capire e tantomeno ad accettare. Giorno dopo giorno, mi ripiegai sempre più nel mio dolore. Mi commiseravo, mi sentivo inutile, non riuscivo a scorgere davanti a me alcuna via d’uscita. In questo assurdo dolore, al quale non sapevo dare un senso, divenni sempre più indifferente alla realtà. Sola, giovane, con due figlie a carico, con tantissimi problemi emotivi ed economici, mi trovai a dover ricominciare tutto da zero. Purtroppo, infatti, non essendo stato ritrovato il corpo, nonostante Nando fosse morto sul lavoro, per i primi dieci anni non ebbi diritto a nessun risarcimento economico. Per lo Stato mio marito risultava semplicemente disperso. E con le tue bambine come hai fatto? Ero molto presa da questi problemi, non riuscivo a pensare ad altro. Certo ero presente in famiglia, ma a modo mio. Da brava mamma avrei dovuto stare vicino alle mie figlie e dimostrare loro più affetto, ma nonostante la buona volontà non riuscii nell’intento. Oggi riconosco di essermi comportata verso mie figlie con lo stesso distacco che mia madre aveva avuto nei miei confronti. Mi sono isolata emotivamente e chiusa in me stessa. Naturalmente i miei silenzi, forse anche un po’ di orgoglio, la mia incapacità di manifestare in quel momento tutto l’affetto hanno favorito molte incomprensioni. Le mie figlie, ad un certo punto, hanno fatto le loro scelte e, appena possibile, si sono trasferite all’estero. Eppure qualcosa, ad un certo punto, ha dato una svolta alla tua vita, cosa è successo? Sì, certo. Devo questo cambiamento ad una mia amica che mi è stata molto vicina. È stata lei, che volendomi aiutare ad uscire da questo strano isolamento, provocato dalla sofferenza, mi ha fatto conoscere la Comunità di Lonato. Il primo incontro con i missionari è stato molto positivo. L’ambiente mi è parso ricco di serenità. Mi sono sentita accolta, in un modo che mi ha positivamente “disorientato”. Rientrando a casa ho sentito il desiderio di ritornarci e così ho cominciato a frequentare. Ho iniziato a partecipare agli incontri mensili, lì ho conosciuto altre persone e pian piano mi sono inserita. Poi ho partecipato ad un week-end di evangelizzazione e quell’esperienza mi ha toccata profondamente. Da cristiana credente, ma poco praticante, mi sono trovata a ripercorrere le fasi dolorose della mia vita, con tutti gli alti e bassi delle mie scelte. Per la prima volta ho avuto il coraggio di guardare in faccia, alla luce di Dio, ciò che avevo vissuto fino a quel momento e, quindi, ri- conciliarmi con il mio passato e con la mia sofferenza. E d’allora, cosa è cambiato? Direi che con Dio ho trovato finalmente un significato da dare alla mia vita. Ho scoperto che posso trovare la serenità solo se vivo dando amore agli altri e a me stessa. Con Dio sono riuscita, con consapevolezza e determinazione, a riconciliarmi con le mie figlie. Ho sentito il bisogno di scrivere loro per chiedere perdono del mio comportamento e per gli errori che, per troppo tempo, ho commesso nei loro confronti. Ora mi sento più serena, anche se il cammino non è facile e deve continuare ogni giorno. Ma con l’aiuto di Dio e con il suo amore, non mi sento più sola nell’anima. Lui è con me e questo mi dà la forza di amare i fratelli. Le mie giornate si sono riempite degli altri, sperimento la gioia di vivere per servire la missione e ho imparato a pregare, con la fiducia di chi ha sperimentato che senza l’amore di Dio non siamo niente. Belo Horizonte (Brasile). Katia Pagnin, di Saonara (PD), con i bambini della favela di Taquaril Castanheiras. 17 co.mi.vi.s lima Giovani con le mani in pasta! S ono ancora troppi i giovani che vivono senza prospettive nella periferia di Lima (Perù). Costretti ad interrompere la scuola per aiutare la loro famiglia, non riescono a trovare un lavoro stabile perché non hanno una preparazione adeguata. Al “CETPRO Villaregia” (Centro di formazione Professionale) tanti di loro trovano insegnanti preparati e laboratori attrezzati. Qui centinaia di giovani ogni anno ricevono 18 la formazione qualificata, indispensabile per trovare lavoro o iniziare un’attività in proprio, magari come panettieri e pasticceri. Per questo CO.MI.VI.S. ha scelto di migliorare l’offerta formativa del CETPRO e, grazie ai fondi della Campagna di quest’anno, aprirà un laboratorio per questi studenti. Qui essi, sotto la guida di operatori qualificati, potranno svolgere un tirocinio professionale per imparare come preparare e vendere i prodotti da forno. Grazie al successo della Campagna 2013 “Abbiamo RISO per una cosa seria”, a Lima sarà potenziata la formazione professionale per i giovani. In occasione 40° anniver della FO il 19 e 20 ma sos i nostri pro per il diritto al e la sovra alimen Grazie a tutti coloro che hanno partecipato alla Campagna “Abbiamo RISO per una cosa seria” edizione 2013, aiutandoci così a costruire un futuro diverso per i giovani della periferia di Lima! Lima (Perù). Nelle foto alcuni giovani peruviani impegnati ad apprendere come preparare i prodotti da forno durante i corsi professionali che si svolgono al “CETPRO Villaregia”. DONA IL TUO 5X1000 A CO.MI.VI.S. SOSTERRAI COSI’ LE ATTIVITA’ CHE CO.MI.VI.S. REALIZZA NEI PAESI DEL SUD DEL MONDO IN CUI SVOLGE LA SUA OPERA: educazione dei ragazzi, formazione professionale dei giovani, accesso alle cure mediche, tutela dell’infanzia e dell’adolescenza, promozione della donna. In occasione del 40° anniversario della FOCSIV, il 19 e 20 maggio sostieni i nostri progetti per il diritto al cibo e la sovranità alimentare mano alla Solidarietà Una Il riso è migliore, quando è sulla bocca di tutti. 5 x 1000 www.comivis.org Proponi ai tuoi amici il 5 per mille per i progetti CO.MI.VI.S. Onlus La tua firma e il nostro Codice Fiscale 01262840299 perché il tuo 5 sia solidale 19 News Ordinazioni sacerdotali Pordenone, domenica 17 febbraio, Federico Santin, 39 anni, originario di Azzano Decimo (PN), è diventato sacerdote per l’imposizione della mani del vescovo di ConcordiaPordenone, Mons. Giuseppe Pellegrini. La Celebrazione si è svolta a San Pietro Apostolo, sua parrocchia d’origine. Padre Federico Santin (al centro), assieme ai suoi familiari: il gemello Marco, la mamma Orfea, la cognata Lara con i tre figli, Francesco, Enrico e Lorenzo. 25 anni di sacerdozio Il 17 gennaio padre Gian Paolo Uras e padre Roberto Atzeni, rispettivamente nelle comunità di Texcoco (Messico) e di Arecibo (Porto Rico), hanno celebrato il loro 25° anniversario di sacerdozio. Padre Gian Paolo Uras, di Meana Sardo (NU), e padre Roberto Atzeni, di Cagliari. 20 Il 4 aprile anche padre Giancarlo Piovanello, padre Igino Sedda, padre Luciano Pusceddu e padre Erminio Arbitrio hanno celebrato questa importante ricorrenza del loro sacerdozio. Con questi fratelli sacerdoti tutta la Comunità ha elevato a Dio la sua gratitudine per le meraviglie che il Signore ha operato nella loro vita sacerdotale e attraverso il loro ministero. Padre Giancarlo Piovanello, di Albignasego (PD), e padre Erminio Arbitrio, di Padova. Sopra, padre Francesco Zaccarini, di Salara (RO), e padre Igino Sedda, di Gavoi (NU). A destra, padre Luciano Pusceddu, di Sant’Anna Arresi (CA). 21 Verso la GMG 2013! ‘Andate e fate discepo“ li tutti i popoli’ (cf. Mt 28,19). Si tratta della grande esortazione missionaria che Cristo ha lasciato alla Chiesa intera e che rimane attuale ancora oggi, dopo duemila anni. Ora questo mandato deve risuonare con forza nel vostro cuore…” con questo invito Benedetto XVI si è rivolto ai giovani di tutto il mondo nel messaggio di preparazione alla GMG 2013, che si svolgerà a Rio de Janeiro dal 23 al 28 luglio. L’evento è stato indicato da Benedetto XVI come esperienza dal carattere missionario: “Vivete questa esperienza di incontro con Cristo, insieme ai tanti altri giovani che convergeranno a Rio per il prossimo incontro mondiale! Lasciatevi ama- 22 re da Lui e sarete i testimoni di cui il mondo ha bisogno.“ E all’appuntamento di luglio, con grande entusiasmo, i giovani di tutto il mondo si stanno preparando per incontrare Papa Francesco. Sarà la famosa spiaggia di Copacabana il luogo scelto per accogliere Papa Bergoglio al suo arrivo in Brasile, il 25 luglio 2013. Lo ha reso noto l’arcivescovo di Rio de Janeiro, nonché presidente del Comitato organizzatore locale, mons. Orani João Tempesta. A Copacabana, dove per tradizione si concentrano i grandi meeting di Rio, si svolgeranno anche la cerimonia di accoglienza dei giovani e la Via Crucis, rispettivamente il 23 e il 26 luglio. Il luogo scelto per la Veglia, che si svolgerà sabato 27 luglio, e la Messa finale di domenica 28 è invece Guaratiba, in zona ovest di Rio. Il cardinale Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, dicastero competente per le Giornate mondiali della gioventù, più volte nella fase preparatoria ha sottolineato il forte legame che corre tra gli appuntamenti delle diverse GMG, mettendo in luce che la GMG non si riduce ai soli cinque giorni a Rio de Janeiro, ma include la sua preparazione. Un vero e proprio pellegrinaggio da una GMG all’altra, che forma nuove generazioni di cristiani capaci di vivere pienamente il Vangelo e di trasmetterlo con gioia: “Questo pellegrinaggio porta veramente frutti straordinari. È impressionante la forza attrattiva di questa semplice Croce nei confronti dei giovani. Alle celebrazioni di accoglienza della Croce, in molte diocesi arrivano anche più di centomila giovani… Possiamo veramente dire che la GMG in Brasile è ormai iniziata, è ormai in corso”. All’evento parteciperanno anche 30 giovani dei GimVi italiani, che, assieme ai 32 rappresentanti dei GimVi di Lima e ai 50 del GimVi di Porto Rico, si incontreranno con i 220 giovani di Belo Horizonte e di San Paolo, il 20 e 21 luglio, per prepararsi insieme all’evento. Questi giovani saranno anche protagonisti di alcuni momenti della GMG. Dovranno, infatti, animare una catechesi, un’ora di adorazione promossa dal Movimento Giovani 2000 e saranno costantemente impegnati a presentare uno stand vocazionale. Arrivederci in cielo! ina Farci, missionaria della P “prima ora”, e Armido Braga, sposato missionario, anche lui le- gato alla comunità sin dagli inizi, dopo un calvario di circa due anni, hanno terminato la loro corsa terrena, rispettivamente all’età di 64 e 60 anni. La stessa malattia, un tumore al pancreas, scoperto a pochi mesi di distanza l’uno dall’altra, li ha condotti attraverso molte sofferenze fisiche all’incontro definitivo con Dio. Entrambi hanno affrontato con molta lucidità ogni momento della malattia, dando prova di grande coraggio e di una salda fiducia in Dio. Si sono preparati a questo passaggio offrendo con gioia e nella pace ogni sofferenza, consapevoli che questo era il loro “modo speciale” per essere missionari. Nell’ultimo periodo, quanti li hanno avvicinati hanno toccato con mano la loro forte fede, alimentata dalla costante preghiera e dalla meditazione quotidiana della parola di Dio. Armido, marito di Rita e papà amorevole di Elena, Daniele e Francesco, ma anche fratello e amico dei poveri, ci ha lasciato il 18 gennaio. Pina, sorella gioiosa, semplice e innamorata della vita, con lo sguardo sempre rivolto a Colui al quale si era consacrata sin da giovane, si è spenta due mesi dopo, esattamente il 18 marzo. Grazie Armido e Pina per la vostra vita e per la vostra testimonianza di fede! Siamo certi che dal cielo continuerete a sostenere la Comunità con il vostro affetto e la vostra preghiera. Pina Farci, di Quartu Sant’Elena, che ci ha lasciato il 18 marzo. Rita e Armido Braga, sposati missionari della Comunità di Villaregia. Armido è tornato alla casa del Padre il 18 gennaio. 23 Estate missionaria giovani Quartu 26 luglio - 4 agosto 2013 Roma 2 - 11 agosto 2013 Nola 28 luglio - 4 agosto 2013 Pordenone 2 - 11 agosto 2013 Imola 20 - 28 luglio 2013 Villaregia 23 - 29 luglio 2013 Investimenti alternativi Un’alternativa ai soliti regali. Battesimo, prima comunione, cresima, matrimonio, compleanno, laurea... tante occasioni per creare una mentalità di condivisione. Anziché i soliti regali puoi proporre ai tuoi invitati di sostenere i nostri progetti di solidarietà verso i più poveri. Donazione in memoria. La scelta di collaborare con la nostra opera missionaria è un modo per ricordare una persona defunta e per esprimere il tuo affetto alla sua famiglia. Lasciti testamentari. È possibile lasciare per sempre un segno di amore universale, a sostegno dei nostri progetti di promozione umana, inserendo la Comunità Missionaria di Villaregia tra gli eredi testamentari. WWW.CMV.IT Entra nel nostro SITO per avere altre informazioni sulla Comunità Missionaria di Villaregia Per maggiori informazioni telefona a Villaregia, allo 0426 325032, e chiedi degli incaricati. conto corrente bancario c/o Cassa di Risparmio di Ferrara (CARIFE) Filiale di Porto Viro (RO) BIC: CFERIT2F IBAN: IT 78 D 06155 68730 000000003500 Per le donazioni tramite bonifico bancario, puoi segnalare, se vuoi, il tuo indirizzo sulla ricevuta bancaria. Ci consentirai di inviarti il nostro grazie! In caso di mancato recapito inviare all’Ufficio P.T. di Padova per la restituzione al mittente che si impegna a restituire la tariffa dovuta. Lonato del Garda 3 - 11 agosto 2013