racconti FEBBRAIO - settimana B - 1ª-2ª e 3ª

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racconti FEBBRAIO - settimana B - 1ª-2ª e 3ª
Il re ebbe pietà di lui: cancellò il suo debito e lo lasciò andare.
Appena uscito, quel servitore incontrò un suo compagno che doveva pagargli una piccola somma di denaro. Lo prese per il collo e lo stringeva fino
a soffocarlo, mentre diceva: - Paga quel che mi devi!
L'altro cadde ai suoi piedi e si mise a supplicarlo: - Abbi pazienza con me
e ti pagherò. Ma costui non volle saperne, anzi lo fece mettere in prigione fino a quando non avesse pagato tutto il debito.
Gli altri servitori videro queste cose e rimasero molto dispiaciuti. Andarono dal re e gli raccontarono tutto quel che era accaduto. Il re chiamò di nuovo quel servitore e gli disse: - Servo crudele! lo ti ho perdonato
quel debito enorme, perché tu mi hai supplicato. Dovevi anche tu aver
pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te.
Poi, pieno di collera, lo fece mettere in prigione fino a quando non
avesse pagato tutto il debito.
E Gesù aggiunse: «Così il Padre mio che è in cielo farà con ciascuno di
voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello».
UNA STORIA SPECIALE
3e.10
È vero, perdonare è veramente difficile. Ma la gioia che dà il perdono è
qualcosa di indescrivibile, sempre nuova. Se cerchi una conferma a queste
parole, leggi la storia di Carlo, un ragazzo come te che durante un campeggio in montagna… «...E così Gesù donò la vita perdonando proprio chi I'
aveva ucciso. Capite ora perché ogni volta che non perdoniamo qualcuno,
non possiamo più chiamarci amici di Gesù?»
Le parole del don Lucio alla fine di quel pomeriggio estivo tra le montagne scendevano sopra i suoi ragazzi stranamente silenziosi e riflessivi.
Uno in particolare, Carlo, era completamente immerso nei suoi pensieri.
Quel giorno aveva litigato con Gianni, il suo migliore amico. Si rendeva conto
che forse era stata più colpa sua, ma che poteva farci? Come riuscire a fargli
capire che era più importante mantenere salda la loro amicizia più di qualunque altra cosa? Voleva chiedergli scusa.
Alla fine, Carlo si spazientì e aprì gli occhi convinto ormai che l'amicizia
tra lui e Gianni fosse finita. Ma dovette ricredersi di fronte alla scena che
vide. Gianni era in ginocchio di fronte a lui. Carlo si sentì poi avvolto in
un caldo abbraccio.
può darsi che ti capiti sovente di dover perdonare:
ogni settimana scegli due persone che conosci
una che devi perdonare e una da cui devi essere perdonato 16
DARE VALORE ad alcuni nostri
COMPORTAMENTI
febbraio 2014
1e medie
IL SIGNIFICATO DELLA VITA
1e.1
Un professore terminò la lezione, poi pronunciò le parole di rito:
«Ci sono domande?».
Uno studente gli chiese: «Professore, qual è il significato della vita?».
Qualcuno, tra i presenti che si apprestavano a uscire, rise. Il professore guardò a lungo lo studente, chiedendo con lo sguardo se era una domanda seria. Comprese che lo era.
«Le risponderò».
Estrasse il portafoglio dalla tasca dei pantaloni, ne tirò fuori uno specchietto rotondo, non più grande di una moneta. Poi disse: «Ero bambino durante la guerra. Un giorno, sulla strada, vidi uno specchio andato
in frantumi. Ne conservai il frammento più grande. Eccolo. Cominciai a
giocarci e mi lasciai incantare dalla possibilità di dirigere la luce riflessa
negli angoli bui dove il sole non brillava mai: buche profonde, crepacci,
ripostigli. Conservai il piccolo specchio. Diventando uomo finii per capire che non era soltanto il gioco di un bambino, ma la metafora di quello che avrei potuto fare nella vita.
Anch'io sono il frammento di uno specchio che non conosco nella
sua interezza. Con quello che ho, però, posso mandare la luce - la verità, la comprensione, la conoscenza, la bontà, la tenerezza - nei bui
recessi del cuore degli uomini e cambiare qualcosa in qualcuno. Forse
altre persone vedranno e faranno altrettanto.
In questo per me sta il significato della vita».
IL PROGRESSO
1e.2
Un esploratore percorreva le immense foreste dell'Amazzonia, nell'America del Sud. Cercava eventuali giacimenti di petrolio e aveva molta
fretta. Per i primi due giorni gli indigeni che aveva ingaggiato come portatori si adattarono alla cadenza rapida e ansiosa che il bianco preten-
deva di imporre a tutte le cose.
Ma al mattino del terzo giorno si fermarono silenziosi, immobili, con l'aria totalmente assente. Era chiaro che non avevano nessuna intenzione di
rimettersi in marcia.
Impaziente, l'esploratore, indicando il suo orologio, con ampi gesti cercò di
far capire al capo dei portatori che bisognava muoversi, perché il tempo premeva.
«Impossibile», rispose quello, tranquillo. «Questi uomini hanno camminato troppo in fretta e ora aspettano che la loro anima li raggiunga».
Gli uomini della nostra epoca sono sempre più rapidi. E sono inquieti,
frastornati e infelici, perché la loro anima è rimasta indietro e non riesce più a raggiungerli.
IL VECCHIO E IL VIOLINO
1e.3
Ad una vendita all'asta, il banditore sollevò un violino. Era graffiato e
scheggiato. Le corde pendevano allentate e il banditore pensava non valesse la pena perdere tanto tempo con il vecchio violino, ma lo sollevò con
un sorriso: «Che offerta mi fate, signori?» gridò. «Partiamo da ...100 mila
lire!».
«Centocinque» disse una voce. Poi centodieci.
«Centoquindici!» disse un altro. Poi centoventi. Centoventi mila lire, uno;
centoventi mila lire, due; centoventi mila...».
Dal fondo della stanza un uomo dai capelli grigi avanzò e prese l'archetto. Con il fazzoletto spolverò il vecchio violino, tese le corde allentate, lo
impugnò con energia e suonò una melodia pura e dolce come il canto degli angeli,
Quando la musica cessò, il banditore, con una voce calma e bassa, disse:
«Quanto mi offrite per il vecchio violino?». E lo sollevò insieme con l'archetto.
«Un milione, e chi dice due milioni? Due milioni! E chi dice tre milioni?
Tre milioni, uno; tre milioni, due; tre milioni e tre, aggiudicato» disse il
banditore.
La gente applaudì, ma alcuni chiesero: «Che cosa ha cambiato il valore
del violino?».
Pronta giunse la risposta: «Il tocco del Maestro».
2
DENTRO LE PAROLE:
spiegare lo strano modo di calcolare di Gesù:
* sette volte: nella cultura ebraica è il numero che indica la perfezione.
* settanta volte sette: al tempo di Gesù i rabbini (i maestri che insegnavano
nelle sinagoghe) erano soliti dire che Dio è più buono degli uomini e
perdona tre volte.
Pietro comprendendo la novità di Gesù alza il tiro fino a sette (il numero della pienezza). Ma Gesù va ancora oltre: con settanta volte
sette (uno sproposito) egli elimina ogni limitazione: il vero cristiano
perdona sempre i suoi fratelli!
CHE NE PENSA LA CHIESA:
3e.8
«Se noi perdoniamo agli altri e chiediamo il loro perdono, il Padre nostro perdonerà anche a noi».
«Nella Chiesa c'è un momento tutto particolare in cui ciascuno riceve da Gesù il perdono dei peccati e viene riconciliato con i fratelli è il sacramento della Penitenza o
Riconciliazione».
E’ anche nella famiglia che «si apprende la fatica e la gioia del lavoro, l'amore fraterno, il perdono generoso sempre rinnovato».
4° giorno
DAL VANGELO
3e.9
Gesù, in fatto di perdono, non applica sconti. Ai suoi amici chiede veramente
tanto: perdonare sempre e tutti! «Ma come si fa?», viene da replicare.
Gesù si rende conto di aver puntato molto in alto, leggendo gli sguardi increduli dei suoi discepoli. Per spiegarsi meglio e togliere ogni dubbio al riguardo,
racconta la parabola del servo spietato (Matteo, 18, 23-35). Al termine i suoi
discepoli comprendono la lezione partendo dall'esempio di Dio.
Sul suo esempio anche i cristiani sanno che il perdono non è un gesto eroico isolato, ma un atteggiamento abituale, normale, concesso a tutti senza
troppe distinzioni: altrimenti non si è discepoli del Signore.
la parabola del servo spietato:
Un re decise di controllare i servi che avevano amministrato i suoi beni.
Stava facendo i suoi conti, quando gli portarono un servitore che doveva
pagargli un'enorme somma di denaro. Ma costui non poteva pagare, e
per questo il re ordinò di venderlo come schiavo e di vendere anche sua
moglie, i suoi figli e ciò che possedeva, per fargli pagare il debito.
Allora il servitore si inginocchiò davanti al re e si mise a pregarlo: Abbi pazienza con me e ti pagherò tutto!
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Paolo a nome della Chiesa espressa in più occasioni?
Sono state colpe e peccati commessi dai cristiani verso altre chiese e altri uomini.
O' Connel
Quella del cardinale 0' Connell è
solo una «battuta» umoristica, o qualcosa di più?
Quale profonda verità contiene?
E LA CONFESSIONE?
3e.6
C'è un sacramento che, in teoria, dovrebbe rappresentare la festa
del perdono. Si chiama riconciliazione, o più comunemente
«confessione». In pratica, però, viene visto e vissuto con difficoltà o
con angoscia, perché non tutti ne comprendono il vero significato.
Non lo si vive come ‘figli' che tornano da Dio Padre per essere sostenuti da Lui e guidati da Lui a vivere secondo la sua volontà. Oppure
non lo si sente come un invito che Gesù ci rivolge: Egli vuole venire a
casa nostra e stare con noi.
- In questo incontro con Dio, con Gesù per farci perdonare e trasformare
sta la nostra gioia!!
3°giorno
CHE NE PENSA GESU'
3e.7
un perdono al 100%: con qualsiasi persona. Sempre e tutti.
Da qualche tempo i discepoli seguono Gesù lungo le strade della Palestina.
Sono affascinati dal suo potere di conquistare la gente con i gesti di tenerezza
verso i poveri e gli ammalati. E, ancora di più, per la profonda amicizia che dimostra
verso quelli che sono tagliati fuori dal giro, e cioè i peccatori. Sembra che abbia un debole verso queste persone, come se vivesse la loro tristezza
e fragilità. Le parole più belle sono proprio per loro.
Forse pensa proprio ad esse il giorno in cui viene coinvolto da una domanda piuttosto impegnativa di Pietro, il capo dei suoi apostoli:
«Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?». Pietro appare in vena di generosità: perdonare una volta è già una bella cifra, ma arrivare fino a sette, è qualcosa di eccessivo, proprio dei santi!
Gesù lo prende in contropiede proponendogli un' operazione più complicata: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette».
Per quanto il capo dei Dodici sia forte in materia, non azzecca il risultato, perché quella moltiplicazione non dà come risultato «quarantanove», ma «sempre».
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IL BAMBU’
1e.4
In un magnifico giardino cresceva un bambù dal nobile aspetto. II Signore del giardino lo amava più di tutti gli altri alberi. Anno dopo anno,
il bambù cresceva e si faceva robusto e bello. Perché il bambù sapeva
bene che il Signore lo amava, e ne era felice.
Un giorno, il Signore si avvicinò al suo amato albero e gli disse: «Caro
bambù, ho bisogno di te».
Il magnifico albero sentì che era venuto il momento per cui era stato
creato e disse, con grande gioia: «Signore, sono pronto. Fa' di me l'uso
che vuoi».
La voce del Signore era grave: «Per usarti devo abbatterti!»,
Il bambù si spaventò: «Abbattermi, Signore? Io, il più bello degli alberi
del tuo giardino? No, per favore, no! Usami per la tua gioia, Signore,
ma per favore, non abbattermi».
«Mio caro, bambù», continuò il Signore, «se non posso abbatterti,
non posso usarti».
II giardino piombò in un profondo silenzio. Anche il vento smise di soffiare. Lentamente il bambù chinò la sua magnifica chioma e sussurrò:
«Signore, se non puoi usarmi senza abbattermi, abbattimi».
«Mio caro bambù», disse ancora il Signore, «non solo devo abbatterti,
ma anche tagliarti i rami e le foglie».
«Mio Signore, abbi pietà. Distruggi la mia bellezza, ma lasciami i rami e le foglie!».
«Se non posso tagliarli, non posso usarti».
Il sole nascose il suo volto, una farfalla inorridita volò via. Tremando, il
bambù disse fiocamente: «Signore, tagliali».
«Mio caro bambù, devo farti ancora di più. Devo spaccarti in due e
strapparti il cuore. Se non posso fare questo, non posso usarti».
Il bambù si chinò fino a terra e mormorò: «Signore, spacca e strappa».
Così il Signore del giardino abbatté il bambù, tagliò i rami e le foglie,
lo spaccò in due e gli estirpò il cuore. Poi lo portò dove sgorgava una
fonte di acqua fresca, vicino ai suoi campi che soffrivano per la siccità.
Delicatamente collegò alla sorgente una estremità dell'amato bambù e
diresse l'altra verso i campi inariditi.
La chiara, fresca, dolce acqua prese a scorrere nel corpo del bambù
e raggiunse i campi. Fu piantato il riso e il raccolto fu ottimo.
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Così il bambù divenne una grande benedizione, anche se era stato
abbattuto e distrutto.
Quando era un albero stupendo, viveva solo per se stesso e si specchiava nella propria bellezza. Stroncato, ferito e sfigurato era diventato un canale, che il Signore usava per rendere fecondo il suo regno.
Noi la chiamiamo «sofferenza». Dio la chiama «ho bisogno dite».
IL MIRACOLO DELL’ ABITO USATO
1e.5
Di lui si sa solo che vive a Villafranca, un paese a pochi chilometri da
Torino. E che ha donato al Sermig, una delle più grandi istituzioni benefiche della città, un pacco di abiti usati: «Dateli a un povero, perché si
ripari dal freddo». Nella tasca di un paio di calzoni, ha nascosto un milione. Ha avvolto le banconote in un biglietto: «Spero che vadano a qualcuno che ne ha davvero bisogno». Ha fatto in modo che i volontari non si
accorgessero di nulla; che spedissero il pacco su un camion di aiuti
diretto in Romania; che un altro volontario inconsapevole recapitasse il
dono a un disoccupato, padre di quattro bambine, la cui moglie stava
morendo! L'uomo era troppo povero per pagare l'intervento chirurgico che le avrebbe salvato la vita. Con quei quattrini, ha potuto curarla.
Ernesto Olivero, il capo del Sermig, non crede a Babbo Natale. Crede
piuttosto alla Provvidenza, e dice che è stata lei a fare tutto. Dice che
quella busta con le banconote aveva un appuntamento, anche se nessuno lo sapeva. «Noi non consegniamo denaro, ma farmaci, abiti e giocattoli». Questo conteneva il container di aiuti spedito a Cumana, un
villaggio a 30 chilometri da Bucarest: «Se avessimo trovato i quattrini,
avremmo cercato il benefattore per domandargli se aveva lasciato la
busta per errore. Se ci avesse detto di no, avremmo messo il milione
nella nostra cassa, per altre opere di bene. Ma quella mamma, che
aveva un'ernia strozzata, sarebbe morta».
Olivero ha saputo ogni cosa quando il povero di Cumana è corso ad
abbracciare la persona che gli aveva consegnato i calzoni di lana. Certe volte Babbo Natale decide di mostrarsi senza barba bianca, renne e
slitta. Decide anzi di non avere una faccia. E di organizzare una specie di lotteria della bontà.
(da LA STAMPA 16 dic. 1998)
4
Più forte della vendetta
«lo ho sempre ammirato il gesto del Papa Giovanni Paolo Il. Anche lui è stato
colpito a morte da Ali Agcià e ha perdonato al suo attentatore.
Il perdono è più forte della vendetta. E' un dire: "lo ti conosco, ma voglio una
giustizia severa. Anzi ti offro il perdono, perché voglio che tu diventi migliore e
cambi veramente".
(Angelo Busia).
Perdono
Come un ultimo amico questa sera sto cercando te, (o Signore)
ora che tutto muore e che ho paura in fondo anche di me.
Giro tutte le chiese, ma nelle chiese non ti trovo mai, (o Signore)
come posso star bene e rassegnarmi a quel che siamo noi.
Come uomo tra gli uomini aiutami a capire, (o Signore) …
come uomo tra gli uomini
trovo la forza nell'amore per chiederti perdono, (o Signore).
(Michele Zarrillo).
«La Chiesa sente il dovere di riconoscere le colpe dei propri membri
e chiederne perdono a Dio e ai fratelli». (Giovanni Paolo II).
«Perdonate subito: risparmierete del tempo prezioso,
e farete meglio la vostra digestione». (Cardinal 0' Cannell).
SONDAGGI e CONDIDREAZIONI
3e.5
Angelo Busia è il papà di un giovane pastore sardo, ucciso nel suo podere di Fonni, nel 1991. Le sue parole sono cristianamente «nuove» in
quanto prima che lui le pronunciasse, il perdono veniva concesso solo dalle
donne; gli uomini rispondevano con la vendetta. Questo coraggioso uomo
di campagna rovescia la logica umana portata avanti per secoli e trova
la forza di affermare: « Perdoniamo quelli che hanno fatto del male a nostro
figlio».
- A quale personaggio si è ispirato papà Angelo per rompere la
logica della vendetta con la forza del perdono?
il cantante Michele Zarrillo (vedi sopra, in alto: ‘Perdono’)
- Sapresti ripercorre il cammino del cantante che passa da una visione pessimistica a una più serena?
- Quali sono le sue frasi più critiche nei confronti di Dio?
- In che cosa trova la forza, di perdonare? (nell’ amore!)
Giovanni Paolo II
Come giudichi la richiesta del perdono presentata dal Papa Giovanni
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pere che cos'è questo «qualcosa». Lo scopriremo insieme scorrendo queste pagine. La prima tappa del nostro viaggio prevede le opinioni dei ragazzi raccolte a caldo.
1- «E' bello essere perdonati, ma è tanto difficile perdonare». Elena R., 13
anni.
2- « Secondo me il perdono è il più importante gesto d'amore e affetto verso
una persona. E il più importante, ma anche il più difficile da realizzare, perché
molte volte l'odio ci acceca e non ci fa vedere come sono veramente le persone
dentro».
Lara S., 12 anni
3- « Il perdono, in sé, è una cosa bella. Solo che è molto difficile perdonare qualcuno (perché l'altro ne approfitta subito). Io posso perdonare solo
se vedo che dall'altra parte c'è un trattamento reciproco. Oggi è difficile
sia essere perdonati che perdonare».
Ernesto P., 13 anni
4- «Il perdono è una fase decisiva attraverso cui si deve passare prima o poi
nella vita per diventare veramente seguaci di Gesù, perché soltanto chi
riesce a perdonare riuscirà a capire il vero significato della parola
"cristiani".
Alessia B., 13 anni
I ragazzi intervistati hanno espresso la loro opinione sul perdono con la massima
libertà. Rileggiamole e «valutiamole» insieme.
A TE LA PAROLA
3e.3
- tra le diverse risposte, quale ti ha impressionato di più? ................. perché?
- secondo te è più facile perdonare o essere perdonati? ................... perché?
- la parola "perdono" può diventare "dono per ..." (come continueresti sui
puntini?)
2°
giorno
PAROLE E FATTI
3e.4
Sfogliando i giornali balzano agli occhi numerosi episodi di cronaca scritta con il sangue: innocenti eliminati per poche migliaia di lire, individui
uccisi per odio o sterminati per vendetta. Raramente si leggono notizie di
segno opposto, che raccontano di persone che hanno trovato la forza di
perdonare. Eppure, anche se sono una minoranza, esse esistono e testimoniano la logica cristiana, annunciata e sempre voluta da Gesù. Con un gesto che
sa di eroismo sanno trasformare il nemico in prossimo, in un fratello o sorella contro cui scatta l'unica «vendetta» cristiana possibile: il perdono.
(VEDERE pagina seguente: 3e.5 i SONDAGGI...)
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E’ SUFFICIENTE
1e.6
Una tremenda siccità aveva ghermito la regione. L'erba era prima ingiallita e poi appassita. Erano morti i cespugli e gli alberi più fragili. Neppure una goccia d'acqua pioveva dal cielo e le mattine si presentavano alla terra senza la
fugace frescura della rugiada.
A migliaia gli animali piccoli e grandi stavano morendo. Pochissimi avevano la
forza per sfuggire al deserto che ingoiava ogni cosa.
La siccità si faceva ogni giorno più dura. Persino i forti, vecchi alberi, che
affondavano le radici nelle profondità della terra, persero le foglie. Tutte le
fontane e le sorgenti erano esaurite. Ruscelli e fiumi erano inariditi.
Solo un piccolo fiore era rimasto in vita, perché una piccolissima sorgente
dava ancora un paio di gocce d'acqua. Ma la sorgente si disperava: «Tutto è arido e assetato e muore. E io non posso farci nulla. Che senso hanno le mie
due gocce d'acqua?»
Lì vicino c'era un vecchio, robusto albero. Udì il lamento e, prima di morire, disse alla sorgente: «Nessuno si aspetta da te che tu faccia rinverdire tutto il deserto. II tuo compito è tenere in vita quel fiorellino. Niente di più».
Siamo tutti responsabili di un fiorellino. Ce ne dimentichiamo spesso per lamentarci di tutto quello che non riusciamo a fare.
UNA PICCOLA VITE
1e.7
Nello scafo di una gigantesca nave c'era una piccola vite, minuscola e insignificante, che insieme con altre viti, piccole e insignificanti come lei, teneva
insieme due piastre d'acciaio.
Durante un viaggio in mezzo all'Oceano Indiano la piccola vite decise di
averne abbastanza di quella sua esistenza oscura e mal ripagata (in tanti
anni mai nessuno le aveva detto «grazie» per quello che faceva) e sbottò:
«Me ne vado! Ho deciso!».
«Se te ne vai tu, ce ne andiamo anche noi!», dissero le altre viti.
Infatti, appena la piccola vite cominciò a ballare nel suo alloggiamento,
anche le altre presero a traballare. Ad ogni ondata, un po' di più.
I chiodi che stringevano il fasciame della nave pro-testarono: «Così anche
noi siamo costretti a lasciare il nostro posto...».
«Per amor del cielo, fermati!», gridarono alla vi-te le piastre d'acciaio.
«Se non c'è più nessuno che ci tiene insieme, per noi è finita!».
L'intenzione della piccola vite di lasciare il suo posto si propagò in un
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attimo per tutto il gigantesco scafo della nave.
L'intera struttura, che prima sfidava le onde con tanta sicurezza, cominciò a cigolare penosamente e a tremare. Tutte le piastre, le nervature, le assi, le viti e anche i piccoli chiodi della nave decisero allora di mandare un messaggio alla vite perché rinunciasse al suo proposito:
«Tutta la nave si sfascerà, affonderà e nessuno di noi rivedrà la patria».
La piccola vite si sentì lusingata da queste parole e scoprì improvvisamente
di essere molto più importante di quanto pensava. Allora mandò a dire a
tutti che sarebbe rimasta al suo posto.
POESIA
3e medie
PERDONARE
3e.1
I RAGAZZI LA PENSANO COSÌ
3e.2
1°
giorno
1e.8
Mentre il mondo dorme
Guardo fuori dalla finestra e osservo.
Osservo il silenzio
Che una volta risuonava di vita.
Si insinuano furtivamente le ombre
Che si allungano sul terreno.
Il mio volto è premuto contro il vetro
Appena visibile - ma presente.
Così, mentre la quiete frantuma la terra,
Io conto le orme numerose sulla sabbia, sul selciato,
nella vita.
E, sebbene io altro non sia che un granello di sostanza
vivente,
Prometto a Dio che prima che la mia esistenza sia
trascorsa
Il mondo saprà che ero qui.
Wendy, 12 anni
«Ah, questa volta non gliela perdono proprio! Me ne ha fatte troppe!». .E’ la
frase che «chiude» tanti litigi e discussioni. Ed esprime l'idea che il perdono
sembra essere un optional per ingenui, per ragazze/i un po' fessacchiotti
che non vogliono più farsi prendere in giro proprio da quelle persone che
avevano già perdonato!
Eppure, quando si sono offesi soprattutto gli amici, la gioia più grande
che si prova è sentirsi perdonati! Un regalo così forte non può essere inutile,
per questo il perdono è un dono per... «qualcosa» di grande! Il problema è sa-
(e ho fatto molto!
oppure ho cambiato in meglio il mondo!)
6
11
Il signore chiese un favore agli abitanti del villaggio: «Metteremo al
centro del cortile dove si terrà il banchetto un capiente barile. Ciascuno
porti il vino che può e lo versi nel barile. Tutti poi vi potranno attingere e
ci sarà da bere per tutti».
Un uomo del villaggio prima di partire per il castello si procurò un orcio
e lo riempì d'acqua, pensando: «Un po' d'acqua nel barile passerà inosservata... nessuno se ne accorgerà!».
Arrivato alla festa, versò il contenuto del suo orcio nel barile comune e
poi si sedette a tavola.
Quando i primi andarono ad attingere, dallo spinotto del barile uscì
solo acqua.
Tutti avevano pensato allo stesso modo. E avevano portato solo acqua.
LA MELA
2e9
Ogni mattina, il potente e ricchissimo re di Bengodi riceveva l'omaggio dei
suoi sudditi. Aveva conquistato tutto il conquistabile e si annoiava un po' .
In mezzo agli altri, puntuale ogni mattina, arrivava anche un silenzioso
mendicante, che porgeva al re una mela. Poi, sempre in silenzio, si ritirava.
Il re, abituato a ricevere ben altri regali, con un gesto un po' infastidito,
accettava il dono, ma appena il mendicante voltava le spalle cominciava a
deriderlo, imitato da tutta la corte.
Il mendicante non si scoraggiava.
Tornava ogni mattina a consegnare nelle mani del re il suo dono.
Il re lo prendeva e lo deponeva macchinalmente in una cesta posta accanto
al trono.
La cesta conteneva tutte le mele portate dal mendicante con gentilezza e
pazienza. E ormai straripava.
Un giorno, la scimmia prediletta del re prese uno di quei frutti e gli diede
un morso, poi lo gettò sputacchiando ai piedi del re. Il sovrano, sorpreso,
vide apparire nel cuore della mela una perla iridescente.
Fece subito aprire tutti i frutti accumulati nella cesta e trovò all'interno
di ogni mela una perla. Meravigliato, il re fece chiamare lo strano mendicante e lo interrogò.
«Ti ho portato questi doni, sire - rispose l'uomo - per farti comprendere
che la vita ti offre ogni mattina un regalo straordinario, che tu dimentichi e butti via, perché sei circondato da troppe ricchezze. Questo regalo è il
nuovo giorno che comincia».
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IL DIVERTIMENT0
UNA BELLA GIORNATA
2e medie
2e.1
Aveva piovuto per due settimane. Poi finalmente il cielo sbocciò in una
giornata tersa e profumata, azzurrissima. Una di quelle giornate che quasi
non si riesce ad immaginare.
I lavori agricoli, però, erano rimasti in arretrato e il padrone della fattoria
cercava nervosamente il suo bracciante.
Mandò la figlia a rintracciarlo.
La ragazza trovò il bracciante davanti alla sua baracca beatamente seduto
nel prato con il sole che gli accarezzava il volto.
Lo rimproverò e lo invitò bruscamente a mettersi al lavoro.
L'uomo la guardò sorridendo e poi disse: «E tu pensi davvero che io ti
possa vendere un giorno come questo?».
Siamo. così abituati a vendere e comprare tutto, che non riusciamo
più a immaginare che possano esistere anche delle cose «impagabili».
PERCHÉ CORRI?
2e.2
Dalla sua finestra affacciata sulla piazza del mercato il Maestro vide
uno dei suoi allievi, un - certo Haikel, che camminava in fretta, tutto
in-daffarato.
Lo chiamò e lo invitò a raggiungerlo.
«Haikel, hai visto il cielo stamattina?.>.
«No, Maestro»,
«E la strada, Haikel? La strada l'hai vista stamattina?».
«Sì, Maestro».
«E ora, la vedi ancora?».
«Sì, Maestro, la vedo».
«Dimmi che cosa vedi».
«Gente, cavalli, carretti, mercanti che si agitano, contadini che si
scaldano, uomini e donne che vanno e vengono, ecco che cosa vedo».
«Haikel, Haikel - lo ammonì benevolmente il Maestro - fra cinquant'anni, fra due volte cinquant'anni ci sarà ancora una strada come questa e un altro mercato simile a questo. Altre vetture porteranno altri mercanti per acquistare e vendere altri cavalli. Ma io non ci sarò più, tu non ci sarai più. Allora io ti chiedo, Haikel, perché corri se
non hai nemmeno il tempo di guardare il cielo?».
7
IL LEONE DI PIETRA
2e.3
C'era una volta uno studente di sedici anni che fece un sogno. Sognò che
un leone, con le sue taglienti zanne, lo divorava.
II mattino dopo, partì con i suoi compagni di classe per una gita in una città sconosciuta. Nella quale però di certo non doveva temere i leoni.
Ancora pieno di spavento per l'effetto dei sogno, lo studente si recò a
visitare una chiesa. Arrivato sulla piazza antistante, vide un leone di pietra
che ruggiva verso il cielo con la gola spalancata.
«Ah!», si disse. «Ecco il mio leone. Quello che mi ha divorato stanotte!». Raccontò il sogno agli amici. Poi, ridendo, per dimostrare che non
credeva ai sogni, si avvicinò al leone.
«Mi riconosci, leone? Svegliati! Sgranchisciti le mascelle, azzannami
se puoi!».
Così dicendo, infilò la mano nella gola di pietra, e la spinse fino in fondo… Gridò per la paura e il dolore. Poi ritirò di scatto la mano insanguinata e si accasciò al suolo.
Un enorme scorpione, che aveva il suo nido nel fondo della gola di pietra del leone, gli aveva trapassato la mano con il suo pungiglione velenoso.
NON CONTROLLARSI
2e.4
«Posso smettere di bere quando voglio. Due anni fa ho smesso di
fumare, quando ho deciso che costava troppo e non ne valeva la
pena. Non sono dipendente da niente. Se per sei mesi non mi capita
di fumare nemmeno uno spinello, fa uguale. Trovo che è bello, ma
niente di più, fare un "trip " una volta ogni tanto, prendermi una piccola vacanza. Sono cose possibili. La gente esagera sui pericoli... ».
Kenny, 19 anni (una settimana prima di morire per overdose).
L’ EDUCAZIONE E L’ EDUCATORE
2e.5
«Quando ero adolescente» raccontava un uomo ad un amico «mio padre
mi mise in guardia da certi posti in città. Mi disse: "Non andare mai in una discoteca, figlio mio". "Perché no, papà?" domandai. "Perché vedresti cose
che non devi vedere". Questo ovviamente suscitò la mia curiosità. E alla
prima occasione andai in una discoteca». «E hai visto qualcosa che non dovevi vedere?» domandò 1' amico.
«Certo» rispose l'uomo «Ho visto mio padre».
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IL MANDORLO
2e.6
Alto e trionfante, ben diritto e puntato verso il cielo, un mandorlo dominava sull'orto.
Era felice quando le leggiadre cocorite dai vivaci colori o le cinciallegre
eleganti e signorili si rincorrevano sui suoi rami; ospitava con gioia cardellini, usignoli e altri uccelli canterini.
Ma un giorno si posò su uno dei suoi rami un' upupa. L'uccello appoggiò
l'orecchio alla corteccia dell'albero e percepì il formicolio delle minuscole ma voraci larve, che abbondavano sotto la scorza. Infilò il suo lungo
becco ricurvo nel tronco del mandorlo, cominciò a estrarre le larve e a
divorarle.
Il mandorlo precipitò in una cupa tristezza.
Quell'uccello squallido, che frugava con il becco nella sua corteccia e rovinava la sua perfetta bellez-za, era veramente insopportabile.
Il superbo mandorlo fece di tutto per scacciare l'upupa, che finalmente un
giorno se ne volò via.
Da quel momento le piccole larve poterono in-grassare in pace e lentamente invasero tutto il tronco.
Bastò un colpo di vento, una sera, a schiantare l'orgoglioso mandorlo.
LA BUROCRAZIA
2e.7
Un Giudice membro della Corte Suprema stava seduto in riva ad un fiume
quando un viaggiatore si avvicinò e disse:
«Vorrei attraversare. È legittimo usare questa barca?».
«Sì» fu la risposta «è la mia barca».
Il viaggiatore lo ringraziò e, spinta la bara in acqua, vi salì e si avviò remando. Ma la barca affondò e lui affogò.
«Uomo senza cuore!» disse uno spettatore indignato. «Perché non gli hai
detto che la tua barca aveva un buco?».
«La questione delle condizioni della barca» disse il grande giurista, «non
mi è stata richiesta» (A. Bierce).
L'INVITO
2e.8
Il signore di un castello diede una gran festa, a cui invitò tutti gli abitanti del villaggio aggrap-pato alle mura del maniero. Ma le cantine del nobiluomo, pur essendo generose, non avrebbero po-tuto soddisfare la prevedibile e robusta sete di una schiera così folta di invitati.
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