Seminario sul Commercio con l`Estremo Oriente

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Seminario sul Commercio con l`Estremo Oriente
TITOLO
Seminario sul Commercio con l’Estremo
Oriente
LUOGO E DATA
Unioncamere -Ufficio di BruxellesAvenue Marnix 30 B, 1000 Bruxelles
23 settembre 2013
ORGANIZZATORE
Unioncamere -Ufficio di Bruxelles-
RELAZIONE
Introduzione
Il dott. Antonio Parenti (Vicecapo dell’Unità per le Relazioni con l’Estremo Oriente, DG
Commercio) ha affrontato il tema del commercio tra UE e l’Estremo Oriente. Parenti si è
focalizzato su quattro aree nella sua analisi dei rapporti commerciali:
- il commercio con l’ASEAN;
- il commercio con la Cina;
- il commercio con il Giappone;
- il commercio con la Corea.
Dal quadro generale risulta che l’UE è in una posizione di vantaggio comparativo e competitivo
con i Paesi dell’Estremo Oriente. Nello specifico, rispetto all’ASEAN la bilancia commerciale è
negativa per l’UE in tema di prodotti agricoli e industriali, ribaltandosi nell’ambito delle
esportazioni di servizi, dove diventa positiva. In relazione alla Cina, c’è una forte deficienza
commerciale dell’UE rispetto ai prodotti industriali, mentre c’è parità in materia agricola, e un
bilancio positivo a favore dell’UE in materia di investimenti.
Nel rapporto con il Giappone, il bilancio rispetto agli investimenti è negativo, nel senso che
l’UE fa fatica ad investire in questo Paese; di contro, c’è una forte propensione
all’importazione di prodotti giapponesi. In relazione alla Corea, la situazione risulta
equilibrata: esiste un’eccedenza commerciale a favore dell’UE per i prodotti industriali; per i
servizi è l’UE che si conferma forte, così come nel settore degli investimenti, poiché l’UE
investe molto nella Corea del sud.
Aspetti generali della politica commerciale dell’UE
Relativamente agli aspetti generali della politica commerciale dell’UE, la politica commerciale
fa parte delle competenze originarie, diventando nel corso degli anni sempre più rilevante. Gli
organi che sono coinvolti in questo ambito sono innanzitutto la Commissione Europea, che
opera attraverso la Direzione Generale del Commercio (corrisponde al ministero del
commercio a livello nazionale). La DG Commercio segue le politiche macro-commerciali
dell’UE, mentre la promozione commerciale è riservata ai Paesi membri. La Commissione
opera all’interno di un sistema controllato, in cui ritroviamo il Consiglio e il Parlamento
Europeo. Entrambi hanno il compito di approvare l’apertura di nuovi negoziati, e il risultato di
questi ultimi. Il ruolo della Corte di Giustizia invece è di tipo giudiziale, e attraverso il suo
operato, nel corso degli anni ha svolto un’opera di stimolo e chiarificazione delle regole
commerciali. Gli Stati membri invece hanno un ruolo variabile nell’ambito della politica
commerciale, ma in ogni caso, influenzano indirettamente il commercio internazionale
attraverso il Parlamento Europeo.
La politica commerciale europea ha luogo all’interno anche di regole internazionali, che sono
definite dall’OMC, di cui l’UE è un membro fondatore. In particolare l’UE deve operare
all’interno di tre principi fondamentali dettati dall’OMC:
- il principio della “nazione più favorita” per cui quando un membro dell’OMC concede un
vantaggio ad un altro Paese, membro o meno dell’OMC, deve estendere tale vantaggio
a tutti i membri dell’OMC (salvo eccezioni, come nel caso della creazione di unioni
doganali e di zone di libero scambio);
- il principio del “trattamento nazionale” per cui quando un bene supera la frontiera di un
Paese, deve essere trattato come se fosse un bene nazionale;
- il principio del “consolidamento dell’accesso al mercato” per il quale devono essere
rispettate le tariffe massime applicabili alle importazioni e i criteri per facilitare il
commercio dei servizi determinati dagli Stati membri dell’OMC, e non possono essere
modificati in modo arbitrario.
L’OMC prevede un meccanismo di risoluzione delle controversie, permettendo a chi vince di
infliggere delle misure di ritorsione. Tuttavia si tratta di un meccanismo molto lento, e
difficilmente può essere risolutivo per il privato che si trova di fronte ad una barriera
commerciale. E’ importante anche ricordare che l’OMC è un forum in cui si elaborano dei
negoziati, però, nonostante siano iniziati vari round negoziali, non si è arrivati ad una
conclusione per nessuno di essi. Questo poiché l’OMC basa il suo funzionamento sul consenso,
dove da una parte piccoli Paesi hanno lo stesso potere dei grandi, e dall’altra, ci sono realtà
cresciute negli ultimi anni come Brasile e Cina che hanno un peso notevole sui contenuti e
sulla direzione di tali negoziati. Al contrario, la politica commerciale dell’UE si è spostata verso
la creazione di rapporti bilaterali. Cosa significa tutto questo per le imprese?:
- un incremento delle opportunità di commercio;
- una conseguente complicazione delle regole, che possono anche incrementare
notevolmente.
Il commercio con l’Estremo Oriente: la visione regionale
Il commercio con l’Estremo Oriente da un punto di vista regionale si presenta in modo
complesso, poiché esistono alcuni accordi conclusi con la Corea e Singapore, mentre altri sono
ancora in corso di negoziazione (con Vietnam, Malesia, Tailandia e Giappone). Per il futuro, si
prevede la possibilità di nuovi negoziati con il resto dei Paesi dell’ASEAN. Infine, le relazioni
commerciali dell’UE con l’Estremo Oriente sono ulteriormente complicate dai rapporti intra Asia e anche da quelli USA - Asia.
Il commercio con l’Estremo Oriente: i singoli rapporti commerciali
Per i rapporti commerciali con i singoli Paesi dell’Estremo Oriente, in primis c’è l’accordo con la
Corea. Si stima che tale accordo abbia nel lungo termine, un potenziale di guadagno di 30.000
miliardi di euro. L’accordo prevede inoltre l’eliminazione doganale, che avverrà però in tempi
diversi a seconda dei prodotti. Come si può beneficiare di tale riduzione tariffaria? Esistono tre
criteri:
- l’origine europea (il prodotto deve essere stato fatto completamente in Europa, oppure
vi deve essere stata una trasformazione sufficiente dello stesso in Europa);
- in alcuni casi, il rispetto di criteri ulteriori;
- la dichiarazione di origine (è normalmente determinata attraverso un documento
dell’UE; tuttavia nel caso della Corea non fa fede ed è necessario ottenere un
documento che attesti il titolo di “esportatore qualificato”, rilasciato dall’autorità
doganale italiana. Dopo questa, basta un’autocertificazione fatta dall’esportatore stesso
per poter beneficiare della riduzione o esenzione dal dazio).
L’accordo con la Corea prevede dei criteri specifici per l’eliminazione delle barriere tariffarie in
tre aree:
- elettronica di consumo;
- automobili e sue parti;
- prodotti farmaceutici e apparecchiature mediche.
In materia di appalti invece, l’accordo va oltre le previsioni dell’OMC, come anche per quanto
concerne la proprietà intellettuale, per cui la protezione delle indicazioni geografiche non è
limitata a vini e alcolici, ma sono protette anche le indicazioni geografiche agricole.
L’impatto globale che risulta dopo 18 mesi (nonostante sia presto per fare una valutazione)
mostra una diminuzione dell’esportazione da parte della Corea, tranne nel settore dell’auto e
dei macchinari in cui è sempre stata forte. Mentre per l’UE risulta un surplus commerciale, di
conseguenza in quest’area attraverso questo accordo aumenta la percentuale di mercato dei
prodotti UE.
Per quanto riguarda la Cina, ci sono molte opportunità commerciali ma allo stesso modo tanti
pericoli. In particolare esistono alcune problematiche per concludere accordi commerciali che
non possono essere trascurate:
- la necessità di un partner locale, e il limite dell’intervento straniero (nella maggior parte
dei casi è necessaria la presenza di un partner cinese, che spesso è anche il socio
maggioritario, e nel lungo termine c’è il rischio che si impossessi della tecnologia e del
know-how);
- la trasparenza dei processi legislativi e regolamentari: c’è una difficoltà dell’applicazione
corretta delle normative che spesso sono nebulose;
- l’intervento statale è molto forte nell’economia, per cui se le imprese vogliono investire
riscontrano delle difficoltà;
- la politica industriale è multifunzionale, non ha solo una funzione di produzione ma
spesso ha una funzione quasi - sociale;
- il trasferimento delle tecnologie: diventa spesso una condizione sine qua non per poter
partecipare agli appalti pubblici in Cina; questo a lungo termine comporta il detrimento
della competitività dell’UE;
- la restrizione alle esportazioni di materie prime;
- i sussidi che sono soprattutto statali;
- la creazione di standards specifici cinesi;
- l’accesso limitato agli appalti;
- l’ambito della proprietà intellettuale: l’80% dei prodotti contraffatti presenti nell’UE ha
origine cinese. Questo rende difficile la possibilità di iniziare dei negoziati, poiché la
Cina non ci vede un vantaggio economico e viceversa, ci sono conseguenti problemi per
i Paesi europei come per l’Italia, i cui prodotti sono particolarmente esposti per la
qualità e i marchi.
Tutto ciò implica che con la Cina la possibilità di creare accordi commerciali è più difficile, e al
momento non sono in corso dei negoziati specifici.
Per quanto concerne il Giappone, esso rappresenta un mercato ricco. Non c’è generalmente
una barriera di tipo tariffario, ma la penetrazione delle imprese dell’UE è difficile per vari
motivi:
- esiste una barriera di tipo non tariffario;
- l’apertura al mercato straniero è minima.
Tuttavia le imprese europee che sono riuscite ad entrare nel mercato giapponese fanno affari
d’oro. Esistono due accordi tra il Giappone e l’UE ma da un punto di vista operazionale hanno
una rilevanza relativa. Tuttavia, c’è stato il lancio di un nuovo accordo bilaterale che dovrebbe
ricalcare quello con la Corea.
In relazione a Taiwan e Hong Kong, Parenti ha brevemente ricordato che nonostante facciano
parte dell’orbita economica cinese, offrono alcuni aspetti positivi rispetto alla Cina, tra cui un
sistema giuridico e la sua successiva messa in pratica che è in linea con quello europeo.
Tutela dei propri diritti e interessi nell’ambito commerciale
In relazione alla tutela dei propri diritti e degli interessi nell’ambito commerciale con l’Estremo
Oriente (ma non solo) esistono alcuni strumenti di difesa commerciale. Innanzitutto, esiste il
trade barrier mechanism che permette alle singole imprese, gruppi o associazioni, di
introdurre un ricorso all’UE qualora incontrassero una barriera commerciale. Il ricorso va
presentato alla Commissione Europea, la quale può aprire un’investigazione che può durare
un massimo di 7 mesi. L’esito della Commissione è comunque soggetto ad un eventuale
controllo giuridico da parte della Corte di Giustizia, laddove la persona che ha chiesto
l’investigazione non sia d’accordo con il risultato. Esistono poi altri due strumenti: i dazi antidumping e i dazi antisovvenzioni. Per i primi è necessario che ci sia un danno o un rischio
relativo per una consistente parte dell’industria europea, infatti il ricorso deve essere
presentato da almeno il 25% dell’industria europea. Se l’investigazione da esito positivo, verrà
stabilito un dazio anti-dumping. I dazi antisovvenzioni operano in modo simile a quelli antidumping. Esistono infine strumenti non giuridici legati all’informazione. Tali strumenti si
sviluppano attraverso delegazioni e ambasciate UE, che hanno un ufficio commerciale e
conoscono il mercato direttamente. Esistono infine anche camere di commercio sia europee
che nazionali a cui potersi rivolgere.
Eseguito da:
Giorgia Lugato
UNIONCAMERE DEL VENETO
Delegazione di Bruxelles
Av. de Tervueren 67 - B - 1040 Bruxelles
Tel. +32 2 5510490
Fax +32 2 5510499
e-mail: [email protected]