Autorità di Bacino del Fiume Arno

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Autorità di Bacino del Fiume Arno
Autorità di Bacino del Fiume Arno
Rassegna stampa di mercoledì 4 novembre 2015
ID
Data
Quotidiani
Categoria
Ambito
Titolo articolo
17
4-nov-15
La Nazione
Rischio
Idraulico
Firenze
Nardella. “Non bastano gli interventi fatti a evitare un'altra alluvione”
21
4-nov-15
Corriere della
Sera
Cronaca
Firenze
Sessantasei voci dall'Alluvione
21
4-nov-15
La Nazione
Cronaca
Firenze
Papa. Tombini sigillati e tiratori scelti sui tetti
16
4-nov-15
La Repubblica Infrastrutture
Firenze
Alta velocità, in Toscana la stazione per il centro Italia
Adinolfi
Gerardo
11
4-nov-15
La Repubblica
Politica
Firenze
Niente Tasi e mini Irpef: in tasca ai fiorentini un tesoretto di 79 milioni
Vanni
Massimo
11
4-nov-15
La Nazione
Politica
Firenze
La bacchettata dell'Unesco a Firenze: “Non ci avete neanche informato”
Tabegna
Laura
11
4-nov-15
La Repubblica
Politica
Firenze
Presidenza del Tribunale: una corsa tutta rosa
Mugnaini
Massimo
2
4-nov-15
La Nazione
Urbanistica
Firenze
Quattro ipotesi sulla Moschea. E c'è anche chi offre il proprio terreno
Plastina
Manuela
4
4-nov-15
La Nazione
Risorse
Idriche
Firenze
“Attenzione ad autoclavi, vecchi depositi e tubazioni”
11
4-nov-15
Corriere della
Sera
Politica
Toscana
Cinque ragioni per il sì
1
4-nov-15
La Nazione
Dissesto
Sesto F.
La collina si sbriciola sempre di più, colpa dell'abbandono dei campi
16
4-nov-15
Il Tirreno
Infrastrutture
Empoli
Sfuriata di Rossi sulla 429bis: ora basta ritardi
11
4-nov-15
La Nazione
Politica
Il premier richiama la minoranza: “Siamo un partito, serve disciplina”
11
4-nov-15
La Repubblica
Politica
Scontro sulla manovra. Renzi a Bankitalia: “Giusto togliere l'Imu”
11
4-nov-15
Corriere della
Sera
Politica
Il distacco tra Chiamparino e il leader: con Matteo non riesco più a parlare
11
4-nov-15
Corriere della
Sera
Politica
E Caldoro promuove la manovra
11
4-nov-15
Corriere della
Sera
Politica
Renzi: un decreto per i conti delle Regioni
11
4-nov-15
Il Sole 24 Ore
Politica
Regioni, maxi-spesa da 153 miliardi
11
4-nov-15
Il Sole 24 Ore
Politica
Il calcolo politico di Renzi di punire le Regioni e premiare i sindaci
Palmerini
Lina
11
4-nov-15
Il Sole 24 Ore
Politica
Patto di stabilità 2015: pronto decreto sblocca-investimenti
Frontera
Massimo
11
4-nov-15
La Repubblica
Politica
Berlusconi: “Non andrò a Bologna”
11
4-nov-15
Corriere della
Sera
Politica
Berlusconi vuole sfilarsi. Tensioni tra Lega e Fi sulla piazza di Bologna
Giornalista
Bonciani
Mauro
Moschella
Duccio
Morv.
Mazzeo
Antonio
Calamassi
Franco
Colombo
Ettore Maria
Casadio
Giovanna
Imarisio
Marco
Trocino
Alessandro
Guerzoni
Monica
Trovati
Gianni
L. C.
Di Caro
Paola
Autorità di Bacino Fiume Arno - Pagina 1 04/11/2015
11
4-nov-15
La Repubblica
Politica
Italicum. Grillo: “Hai paura”. Renzi: “Fai ridere”
Cuzzocrea
Annalisa
11
4-nov-15
Corriere della
Sera
Politica
Grillo alleato di Renzi a difesa dell'Italicum
Verderami
Francesco
11
4-nov-15
Corriere della
Sera
Politica
Vita in Parlamento: i conti dei 5 Stelle
Benedetto
Renato
11
4-nov-15
Corriere della
Sera
Politica
I nemici di una Chiesa forte
Franco
Massimo
11
4-nov-15
La Repubblica
Politica
Roma
Marino: “Premier-killer per prendersi Roma”. Ecco le prime condanne
Buzzanca
Silvio
11
4-nov-15
Corriere della
Sera
Politica
Roma
A Gabrielli più poteri per il Giubileo
Menicucci
Ernesto
Autorità di Bacino Fiume Arno - Pagina 2 04/11/2015
«Non bastano
gli m
* terventi* fatti
a evitare un ' altra alluvione »
GLI INTERVENTI realizzati
nei quarantanove anni passati
dall'alluvione di Firenze sono stati «opere necessarie ma non sufficienti» alla messa in sicurezza
dell'Arno. Lo ha detto ieri il sindaco Dario Nardella, nel corso
della presentazione delle iniziative per il 49° anniversario
dell'evento e di quelle messe in
cantiere per il prossimo anno,
quando ricorrerà il cinquantenario dall'alluvione. «Pensiamo ha detto Nardella - agli interventi per la messa in sicurezza dei nostri affluenti, a cominciare dal
Mugnone, sul quale già sono state realizzate opere rilevanti. Pensiamo all'avvio dei lavori per la
prima cassa di espansione del
Valdarno, presentati lo scorso anno con il presidente Rossi. Pensiamo a tutti i progetti condotti
con l'aiuto del Comitato per
quanto riguarda la diagnosi dei
fondali dei nostri fiumi. Ma è ovvio che queste opere non bastano. Infatti proprio offi con il presidente Rossi e il ministro Galletti presenteremo la seconda parte
di questo processo che serve a
mettere completamente in sicurezza Arno e i suoi affluenti affinché non si possa ripetere un evento come l'alluvione del `66».
Sarà comunque un anno speciale, quello che ci accompagnerà alla ricorrenza del prossimo 4 no-
La mostra sull'alluvione alla
Santissima Annunziata
vembre, con una serie di eventi
anche di portata internazionale e
di ringraziamento per quanti, a
vario titolo, aiutarono Firenze
nel 1966.
Fra le iniziative, la convocazione
degli Angeli del Fango.
L'anniversario Medici, suore, commercianti, volontari: il racconto di chi c'era, nel libro di Luca Giannelli
E la foto simbolo del salvataggio di un ragazzo, aiutato da altri giovani e da un ex giocatore della Fiorentina
°1 V
E un racconto corale, con voci note e meno
note. Memorie, inedite, raccolte perché i
testimoni invecchiano e i giovani devono invece
sapere. Luca Giannelli ha impiegato molti mesi
per raccogliere le 66 testimonianze e capire
anche meglio un evento vissuto da bambino,
come molti altri fiorentini. In L'Arno dà di fori,
libro-agenda, ci sono gli artigiani, i bottegai, i
«pompieri improvvisati», i fiorentini
qualunque assieme a giornalisti, medici,
ognuno che parla come in presa diretta, per un
percorso che vuole condurre fino al 4
r-'
novembre 2016, ai 5o anni dall'alluvione
dell'Arno a Firenze. «L'idea è stata di ascoltare
più voci, da ambienti diversi, e sentendo alcune
storie mi sono commosso - spiega Giannelli
- Sono contento in particolare per alcune. Un
esempio? Il racconto di suor Cesarina Ciccone,
nata nel 1921 e ultima testimone delle Oblate,
eredi di Monna Tessa, che servivano a Santa
Maria Nuova e in via della Pergola. Molti
testimoni non sono più in città e non è stato
semplice rintracciarne altri». C'è poi la storia
di Massimo Mannelli - che qui pubblichiamo
- legata a una delle foto simbolo
dell'Alluvione, con gli Angeli del Fango che
soccorrono un ragazzo mai più incontrato.
Oltre ai racconti il libro propone molte foto,
tante inedite, e non manca la «memoria» dello
stesso Giannelli, allora un piccolo di sei anni,
della sua fuga in auto con babbo, mamma e
fratello. E di quel solo gradino, sotto cui sì
fermo l'acqua dell'Arno, non allagandogli la
casa.
Mauro Bonciani
© RIPRODU7IONE RISERVATA
di Luca Giannelli
«Quasi in fondo a via della
Scala si ergeva uno strano muro
che impediva l'accesso ai viali;
era un enorme camion rimasto
di traverso, sotto il quale, in un
groviglio inestricabile e impenetrabile, erano incastrati tronchi d'albero, porte, motorini e
tanto altro».
La visione di quel camion è
uno dei tanti ricordi che Massimo Mannelli, nato a Firenze il
19 aprile 1948, ex giocatore della primavera della Fiorentina,
professore di Medicina dell'Università di Firenze e protagonista dell'Associazione di solidarietà Giglio Amico, ha dei giorni
dell'alluvione.
«113 novembre era il giorno
che precedeva la festa delle Forze Armate e come quasi ogni sera prefestiva, da baldo diciottenne, mi trovavo ad una festa
che nell'occasione si svolgeva
nei pressi dell'Impruneta a casa
di amici. Rincasai a bordo dell'auto guidata da Vieri Griffanti
(uno dei miei più cari amici) intorno alle una della notte. Insieme a noi c'era anche mio cugino
Marco il quale, nel momento in
cui attraversammo l'Arno,
esclamò: "Ragazzi ma l'acqua è
qui sotto!" ma, come quasi sempre accade in certi frangenti,
nessuno ci fece caso... e nella
mattina del 4 l'Arno venne fuori! Abitavo con i miei genitori, la
mamma Vera e il babbo Mario
(ex giocatore della Fiorentina),
ed i miei fratelli, Francesco, Michele e Paolo (che aveva appena
2 anni), in via Carnesecchi, al
Campo di Marte all'ombra dello
stadio, in una zona risparmiata
dall'alluvione e ricordo che il 4,
spinto dalla curiosità, mi recai
con mio fratello Francesco sulla
passerella della ferrovia di via
Mannelli per vedere la situazione: la via sottostante la passerella era già un piccolo fiume dal
quale sbucavano i tetti delle auto parcheggiate. Tornammo a
casa ed aspettammo che la situazione migliorasse. Il giorno
seguente, quando oramai l'acqua era defluita, eravamo talmente curiosi di vedere quello
che era successo in città che decidemmo di uscire. Sicuri che
mia madre, Vera, avrebbe opposto qualche resistenza a questo
nostro desiderio la convincemmo che dovevamo andare a
scuola (frequentavamo il liceo
Michelangelo in via della Colonna), facemmo finta di prendere 2 libri e ce ne andammo
come sempre a piedi (e quel
giorno, anche volendo, non
avremmo potuto fare diversamente) in centro... In un flash
Sotto la
copertina
dell'agenda
2016
«L'Arno dà di
fuori»
(Scramasax).
Sarà
presentata
oggi in tre
luoghi: alle
16.30 alla
Biblioteca
Pietro
Thouar in
piazza Tasso;
alle 18.30 al
Circolo Vie
Nuove in
Viale
Giannotti e
alle 20.30
alla trattoria I
Bastioni di
San Niccolò
all'interno di
una cena a
tema legata
ai giorni
dell'alluvione
rivedo piazza del Duomo piena
di fango, il Battistero - bruttato dal colore scuro del fango e
della nafta - la cui Porta del Paradiso, opera del Ghiberti, semiaperta e sbattuta dalla violenza della corrente, era tristemente priva di alcune formelle
che giacevano per terra incastrate tra la porta stessa e una
piccola ringhiera: in quel marasma generale nessuno aveva
avuto ancora modo di raccoglierle! E ancora ricordo la proprietaria di un negozio di fotografia situato poco dopo l'angolo di via Cerretani la quale sull'uscio della sua bottega
piangeva dicendo "Ho perso
tutto" e non era certo la sola!
All'epoca frequentavo la comunità di San Giovannino guidata da don Setti, in via San Gallo, il quale ci inviò, a gruppi, in
aiuto in diverse parti della città
perché potessimo dare mano a
chi ne aveva bisogno, diventando di fatto appartenenti alla
grande famiglia degli Angeli del
Fango. Durante una di queste
"spedizioni" mentre svolgevamo il nostro lavoro in una casa
nei pressi di via Giampaolo Orsini sentimmo un urlo e un tonfo provenire dal cortile: un ragazzo, ho sempre pensato che
fosse un militare perché era vestito color cachi, giaceva privo
di sensi per terra; probabilmente era caduto dal tetto del capannone che sorgeva nel cortile. Cercammo di soccorrerlo, in
due lo raccolsero e, caricatolo
su una camionetta, venne portato via... di lui non abbiamo
più avuto notizie ma, a distanza
di anni, una foto ormai diventata popolare, ha immortalato
questo episodio. Ho passato poi
un intero giorno alla Biblioteca
Nazionale nel sottosuolo a cercare di recuperare materiale,
non scorderò mai il freddo,
l'umido, lo spesso strato di acqua e fango nel quale immerge-
vamo le braccia riuscendo a tirare fuori solo della penosa carta straccia. E quanti altri ricordi,
quante altre situazioni strazianti ho vissuto in quel girovagare!
In quel periodo giocavo nelle riserve della Fiorentina e come tale disputavo il campionato De
Martino allenato da Andrea Bassi, ma spesso Beppe Chiappella
(che allenava la prima squadra)
ci faceva l'onore di venirci a vedere. Chiaramente il campionato fu interrotto come pure gli allenamenti tanto più che lo stadio era divenuto un centro di
raccolta e di smistamento aiuti.
La mia carriera calcistica si interruppe per un incidente e per
scelte finali di studio, ovviamente ho portato il colore viola
nel cuore. Firenze risorse in breve tempo grazie soprattutto ai
fiorentini stessi che non si arresero al dramma e al fato ma, con
grinta, si rimboccarono le maniche determinati a riportare la
città alla normalità.
A distanza di 5o anni l'immagine che mi è rimasta dentro
dell'evento catastrofico è quella
delle formelle del Ghiberti: la
Porta del Paradiso, sia pur per
breve tempo, era divenuta la
Porta dell'Inferno!».
In via
Orsini
sentimmo
un urlo
e un tonfo
provenire
da un
cortile,
un militare
era a terra
senza sensi
Provammo
ad aiutarlo,
poi fu
caricato
su una
camionetta
e venne
portato via
Non
abbiamo
più avuto
notizie di lui
© RIPRODUZIONE R!SERVA'A
II giovane ferito
trasportato
da due Angeli
del Fango
con dietro,
al centro,
Massimo
Mannelli
e l'amico
Andrea Berti
Ink -Aïvee : r -e_i
E per150 anni
il raduno
degli Angeli
del Fango
È un anniversario dell'Alluvione
speciale quello di oggi, perché
guarda all'anno che si sta per
aprire e che ci porterà, il 4
novembre 2o16, a celebrare il
cinquantennale della tragedia.
Coglie l'occasione il sindaco di
Firenze per ricordare che quello
del `66 fu «il primo grande evento
capace di mettere in luce
l'impatto globale di una
catastrofe naturale ma anche
l'amore globale perla nostra
città», ma gli interventi fin qui
realizzati «sono stati necessari
ma non sufficienti» alla messa in
sicurezza dell'Arno. Il 2016 annuncia Dario Nardella - sarà
ricco di iniziative come il raduno
degli Angeli del Fango e un
evento dedicato a Vigili del fuoco,
Forze armate e volontariato.
Iniziative «non solo
commemorative ma soprattutto
tese a far tesoro di quanto
abbiamo appreso per far sì che
l'Arno e i suoi
affluenti non
siano più un
pericolo». Si
comincerà a
lavorare dal
Mugnone «sul
quale già sono
state realizzate
opere rilevanti»
e poi alla
L'alluvione
in piazza
Santa Croce
«cassa di
espansione del
Valdarno». Il
lavoro riparte
oggi quando Nardella, il
presidente della Regione Rossi e
il ministro Galletti annunceranno
«la seconda parte di questo
processo che serve a mettere in
sicurezza Arno e affluenti». Si
rinnova il programma delle
cerimonie organizzato
dall'Associazione Firenze
Promuove: si parte alle 11.15
all'Oratorio della Madonna delle
Grazie con la messa in memoria
delle 35 vittime, celebrata dai padri
Servi di Maria della Santissima
Annunziata dove è visitabile la
mostra fotografica dedicata al 50 °
anniversario. Dopo la messa parte il
un corteo con alla testa il Gonfalone
del Comune fino al Ponte alle
Grazie da dove sarà lanciata la
corona d'alloro in ricordo delle
vittime. Ma il grosso delle iniziative
è ancora in fase di lavorazione e
coprirà tutto il 2o16: come una
mostra di sei mesi a Palazzo Medici
Riccardi, la video-simulazione di
quanto accadde 114 novembre
all'interno del complesso di Santa
Croce, anch'essa prevista per sei
mesi consecutivi, i cicli di lezioni e
laboratori, il nuovo Centro di
documentazione virtuale, i progetti
con le scuole, una nuova Carta di
Firenze per anticipare i rischi
idrogeologici.
E.S.
0 RIPRODUZIONE RISERVATA
. 52M1
ALLO STADIO, ACCREDITATI 852 GIORNALISTI
ahi e tiratori scelti sui tetti
TOMBINI sigillati in piazza del
Duomo e lungo tutto il percorso della Papamobile, tiratori scelti sui tetti
dei luoghi nei quali martedì prossimo Francesco si sposterà a piedi o
sull'auto bianca, vigilanza rafforzata
degli obiettivi sensibili da parte di
polizia e carabinieri. Anche se il clima è di festa grande, soprattutto
aspettando il culmine della giornata
nella messa delle 15,30 allo stadio davanti a 52mila persone e 852 giornalisti accreditati, gli aspetti legati alla
sicurezza sono al primo posto
nell'agenda delle autorità italiane e
della gendarmeria vaticana. Nelle otto ore poco più nelle quali il Santo
Padre sarà a Firenze, delegato fra i
delegati al quinto Convegno ecclesia-
f
le nazionale "In Gesù Cristo il nuovo umanesimo", nulla è lasciato al
caso.
La bonifica di piazza del Duomo è
scattata ieri mattina e nel resto della
città andrà avanti senza clamori fino
La bonifica dell'area
in cui passerà Francesco
è già scattata ieri
all'immediata vigilia dell'abbraccio
con Francesco. Il Papa atterrerà intorno alle 9,15 al Ridolfi proveniente da Prato, quindi mezz'ora più tardi sarà in Battistero, accolto dal sindaco Nardella, dal Gonfalone, che si
--
Papa Francesco sarà a Firenze li 10 novembre
La messa allo stadio Franchi inizierà alle 15.30
fregia della medaglia pontificia concessa da Paolo VI dopo l'alluvione
del '66, e le chiarine, quindi a piedi
raggiungerà il Duomo per parlare ai
2200 fra delegati e vescovi della chiesa italiana. Alle 11, 11,30 uscirà di
nuovo tra la folla per raggiungere la
Santissima Annunziata, poi nel pomeriggio la grande liturgia allo stadio.
AL FRANCHI le operazioni di
montaggio del megapalco dove sarà
collocato l'altare inizieranno domani per concludersi al massimo domenica, quando è fissata oltre alla verifica degli impianti la prova generale
dei 1500 volontari e del coro, un ensemble di 1000 cantori tra maestri
del Maggio e corali parrocchiali.
Duccio Moschella
LC
Alta velocità, ïn Toscana la stazione per il centro Italia
LA Toscana del Sud potrebbe avere la sua stazione per l'alta velocità. Prima di aprire un dialogo con il
governo, però, resta da decidere
dove, e come. Il tavolo tecnico aperto lo scorso anno tra le Regioni Toscana e Umbria ha stabilito la fattibilità del progetto che prevede la
realizzazione della stazione Medioetruria che servirà a collegare a
Frecce e Italo i passeggeri dell'aretino, della Valdichiana, del senese
e quelli umbri, «Un bacino di utenza di circa 2 milioni - ha spiegato
l'assessore regionale ai trasporti
Vincenzo Ceccarelli - analogo e
forse superiore a quello della stazione Mediopadana tra Bologna e Milano».
Dopo uno studio durato un anno, sono stati così individuati cinque possibili localizzazioni della
Medioetruria che nei piani delle
due Regioni dovrebbe sorgere sulla Firenze-Roma e intercettare almeno una parte degli oltre 180 treni dell'alta velocità creando una fermata di scambio prima e dopo Firenze. In pole position ci sono due
proposte, entrambe nell'aretino.
Rigutino, nel comune di Arezzo, do-
ve la nuova stazione potrebbe sorgere a 100 metri di distanza dalla linea lenta e dalla Direttissima così
da creare anche un collegamento
tra Av e regionali, E Creti, nel comune di Cortona che si trova in un trat-
Un progetto sostenibile
con un potenziale bacino
di utenza. La parola adesso
passa al ministero
to piano e senza gallerie e curve,
quindi ideale per l'alta velocità. In
entrambi i casi, così come la terza
scelta di Chiusi Scalo meno congeniale secondo gli esperti del tavolo
tecnico, ii costo per costruire un
nuovo scalo sarà di 40 milioni di euro più le opere accessorie. Le ultime due ipotesi, invece, riguardano
il potenziamento delle stazioni già
esistenti di Arezzo o Chiusi con un
costo tra i 2,5 e i 4 milioni di euro,
«Rigutino e Creti- ha detto Ceccarelli - in quanto località mediane
possono avere qualche elemento
di forza in più».
I risultati del tavolo sono così stati presentati ai Comuni e alle Camere di commercio interessate per le
loro osservazioni e solo dopo si potrà chiedere l'apertura di un tavolo
con il Ministero e con Ferrovie dello Stato. La certezza di una nuova
stazione toscana, che liberi anche
l'Umbria dall'isolamento delle linee veloci, è però ancora lontana,
3 RIVRGIJU<IONE RISER ATA
LE OPZIONI
Rigutino o Cret
sono le due
località che
sarebbero più
adatte ad
ospitare la
futura stazione
Medioetruria
per l'alta
velocità
•
•
•
Niente'-i asi e
•
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•
•
in tasca ai fiorentini
•
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79 milioni
Nardella e gli effetti della legge di stabilità: rilanciano i consumi
Il Comune avra® 66 ln per r e, scuole e impianti sportivi
ENTRO il 16 dicembre i fiorentini proprietari dovranno pagare la seconda rata della Tasi. Ma dal 2016 la musica cambia: tutti coloro che risiedono nel comune di Firenze risparmieranno qualcosa come 79 milioni di
euro di tasse. Chi lo dice? Il sindaco Dario
Nardella in persona. Che ha fatto due conti
con il suo responsabile del bilancio Lorenzo
Perra allo scopo di valutare gli effetti della
legge di stabilità.
Una legge che Nardella giudica come «la
migliore degli ultimi 7 anni, una svolta per
l'opportunità di rilanciare gli enti locali e la
ripartenza dei consumi delle famiglie». Più
che positiva: «Proprio grazie a questa i fiorentini potranno risparmiare i 45 milioni di
quest'anno», spiega il sindaco. «E se si tiene conto dell'aliquota media dell'addizionale Irpef praticata dagli altri Comuni rispetto alla nostra, che con lo 0,2 per cento è
tra le più basse in assoluto - continua Nardella - possiamo calcolare che i fiorentini
risparmieranno nel 2016 altri 34 milioni».
Un totale di 79 milioni appunto.
Vuoi dire allora che nel 2016 Palazzo Vecchio stringerà la cinghia e ridurrà la spesa
a favore della città? «Questo no, la legge di
Nei 300 nuovi lampioni che
verranno installati entro il 2018
saranno montate anche delle
telecamere per la sicurezza
stabilità è pensata per gli enti locali. E, grazie al superamento del patto di stabilità, il
prossimo anno possiamo sbloccare 66 milioni degli 80 che erano rimasto congelati».
La conferma di un tesoretto che potrà essere reinvestito sulla città. A cominciare dalle strade e dalle buche.
«Tutta la nostra capacità di spesa anche
quest'anno l'abbiamo riservata alla tramvia e abbiamo potuto destinare solo 2 milioni alla manutenzione stradale. Nel 2016 ne
metteremo cinque volte tanti», annuncia
Nardella. Mentre i restanti 56 milioni, precisa il sindaco, verranno spesi nell'edilizia
scolastica (in cima alla lista l'Iti e la rimozione dell'amianto), nel verde pubblico (soprattutto quello flagellato dal nubifragio)
e negli impianti sportivi.
Il prossimo anno però decollerà anche il
progetto Grande Fratello. Ovvero, 300 telecamere installate sui pali dell'illuminazione pubblica. «Prevediamo di sostituire
quelli esistenti con pali tecnologicamente
avanzati», annuncia l'assessore alla sicurezza urbana Federico Gianassi. E i futuri
pali dotati di occhi elettronici andranno ad
aggiungersi «alle telecamere tradizionali
che continueremo ad installare in base al
programma definito con la prefettura. Queste ultime saranno finanziate con fondi comunali, mentre i pali con le telecamere,
L'ALLENTAMENTO DEL PATTO
Con dieci dei 66 milioni recuperati
dall'allentamento dei patto di stabilità
Nardella coprirà interventi sulle strade
che verranno impiegato per la sicurezza in
strada ma anche nei parchi e nelle aree verdi, fanno parte di un progetto 'smart city'
sostenuto in parte da fondi europei: «Potremo a questo punto confermare gli stanziamenti con il bilancio 2016 e puntare ad avere in funzione le 300 telecamere entro il
2018», dice ancora l'assessore Gianassi.
L'anno scorso la legge di stabilità «aveva
previsto molti tagli agli enti locali e noi abbiamo forza e coraggio di farlo rilevare, senza essere sudditi alle scelte del governo», dice Nardella. «Stavolta, non posso che esprimere un giudizio positivo», aggiunge il sindaco ieri a Rainews. Talmente positivo che
lo stesso Nardella guarda adesso alla prossima sfida che attende i Comuni: quello di un
deciso taglio alle partecipate. «Su questo i
Comuni devono cominciare a fare sul serio,
tante partecipate vanno smantellate: sono
troppe», sostiene Nardella.
®RICROOUZJOfJE RISERVATO
IL RISPARMIO
Nel 2016 i fiorentini
non pagheranno i 45
milioni di Tasi. E ne
risparmieranno altri
34, dice il sindaco
Nardella, in base alla
bassa aliquota
dell'addizionale
I rpef
ILTESORETTO
Grazie al
superamento del
patto di stabilità,
Palazzo Vecchio
potrà spendere nel
corso del prossimo
anno un tesoretto
insperato di 66
milioni di euro
LE BUCHE
Per quest'anno il
Comune ha potuto
destinare alla
manutenzione delle
strade solo 2 milioni
di euro. Nel 2016,
promette il sindaco,
saranno cinque
volte di più
IL CENTRO DELLA CI A' FA PARTE DEL PATRIMONIO UNESCO
ORA VIENE MESSO SOTTO OSSERVAZIONE. CHIESTI
CHIARIMENTI ANCHE SU VENDITE DI IMMOBILI STORICI
,a bacchettata dell'Unesco a Firenze
«Non cï avete neanche informato»
le era chiede spiegazioni ,s împatto
PIÙ CHE un adempimento di
routine, la lettera con cui l'Unesco mette sotto osservazione Firenze rappresenta un vera e propria bacchettata, con l'avvertimento di inviare una delegazione
di esperti sul posto. Tramvia, tav,
vendita e cambio d'uso di immobili storici, non solo commercio e
minimarket, sono al centro della
richiesta di chiarimenti presentata da Icomos, braccio operativo
dell'Unesco. Finalmente è stato
possibile leggere nero su bianco il
documento inviato a Vincenza
Lomonaco,
delegata
italiana
dell'Unesco a Parigi, con cui Icomos mette sull'attenti lo Stato italiano e, di conseguenza, il Comune di Firenze. «La messa sotto stato di osservazione di Firenze da
parte dell'Unesco - spiega la consigliera Cristina Scaletti (La Firenze Viva), che ha fatto un'interrogazione in merito all'assessore
Federico Gianassi - è stata fatta
passare come una bagatella messa
su dai comitati locali contro la travia e la tav. Non è così. Nella lettera si specifica che lo Stato e il Comune non hanno mai comunicato tutte le informazioni sull'impatto delle grandi opere. Cosa ancora più grave è che Icomos riferisce nella lettera di essere stato costretto a documentarsi sui siti internet. Oltre alle preoccupazioni
per le vibrazioni e l'impatto di tav
e tramvia, Icolnos fa riferimento
anche alla vendita e cambio d'uso
del patrimonio pubblico, come
quello di piazza Brunelleschi. Infine Icomos si rende disponibile,
anzi caldeggia, l'ipotesi di inviare
una commissione che possa valutare direttamente la situazione.
Se non vengono seguiti alcuni criteri c'è la perdita di identità e la
messa in mora. Ricordo - conclude la consigliera Scaletti - che esiste un precedente, la città di Dresda, per cui la messa in mora è finita con l'uscita dall'Unesco».
Nella lettera dell'Unesco si può
estrapolare una parte in cui la diplomazia cede il passo alla formalità del richiamo. «Progetti su larga scala - si legge nel documento,
scritto in inglese -, che hanno un
importante impatto su un patrimonio eccezionale dal valore universale colpe Firenze, sono stati
pianificati da tempo senza informare preventivamente il Comitato del Patrimonio Mondiale, tramite il suo segretariato, come è richiesto dal paragrafo 172 delle
i,-'
Viene caldeggiata l'ipotesi
di inviare una co m missione
per valutare la situazione
istruzioni operative. Dalle informazioni fornite non è possibile valutare appieno questi progetti».
In particolare lcomos fa riferimento all'impatto della tav sulla Fortezza da Basso. A questo proposito si chiede di approfittare del
blocco dei lavori dovuto alle indagini e ai problemi tecnici per for-
v e vendite i,
nire i dettagli del progetto. Icomos indica anche tredici grandi
edifici storici in vendita o venduti, tra cui quello di piazza Brunelleschi, per cui il Piano Strutturale
2010-2014 del Comune ha permesso il cambio di destinazioni
d'uso. «Tale trasformazione - si
legge ancora nella lettera - potrebbe avere un impatto negativo
sull'integrità degli edifici e del
paesaggio urbano della città. Si andrebbe ad intaccare uno dei criteri per cui Firenze è stata dichiarata patrimonio dell'Unesco, ossia
quello di essere espressione di
una `produzione artistica unica',
di principi architettonici che hanno ispirato tutto il mondo».
Laura Tabegna
LO SCENARIO
Viene contestato il fatto
che non sono mai state
fornite informazioni
sull'impatto delle grandi
opere nel centro storico
_.I
«Non c ' è stata censura
ne' Firenze viene inserita
netta lista dei siti in
pericolo» ha ribattuto
l'assessore Gianassi
biliafi
Sono tre donne a
contendersi l'incarico
Oggi il Csm decide
MASSIMO MUGAII
i
CORSA a tre per il ruolo
di presidente del tribunale di Firenze. Ed è una
corsa tutta "rosa". Per la prima volta nella storia giudiziaria fiorentina, infatti, a ricoprire il ruolo al vertice sarà
una donna. In lizza sono rimaste Marilena Rizzo, Giuliana
Civinini e Antonietta Fiorillo.
La corsa è in dirittura d'arrivo e soprattutto al fotofinish.
Già oggi, tranne sorprese
dell'ultimo minuto, si saprà
chi fra le tre salirà sullo scranno che fu di Armando Sechi,
di Antonio Maci e di Enrico
Ognibene.
La nomina del presidente
del tribunale fiorentino è infatti all'ordine del giorno del
plenum del Consiglio Superiore della Magistratura. Marilena Rizzo, della corrente di
Unicost, attualmente presidente della sezione lavoro del
tribunale di Firenze, è in pole
position. A sostenerla, tra gli
altri, c'è l'ex sindaco di Arezzo Giuseppe Fanfani, amico
del ministro (aretino) Maria
Elena Boschi. E ciò, suggeriscono gli addetti ai lavori, farebbe di lei "la perfetta candidata renziana". I voti in plenum per la Rizzo, al momento, sono 9. Segue Giuliana Civinini, candidata di Area, con
7 voti. Quindi Antonietta Fiorillo, di Magistratura Indipendente, con 6 voti. Voti decisivi per la nomina fiorentina potrebbero, in ultimo, arrivare
dagli "ermellini". Tra i big della Cassazione vi sarebbero infatti ancora alcuni indecisi,
tra i quali il vicepresidente
Giovanni Legnini.
SEGUEA PAGINAVII
Tre donne ín corsa
per la presidenza
del ' nale
D J _ _ -_
°A CRONACA
ATTUALMENTE presidente della sezione civile del tribunale di Livorno,
Giuliana Civinini è la principale competitor di Marilena Rizzo. Già consigliere
del Csm, è unanimemente stimata per le
sue capacità organizzative: dopo le guerre
balcaniche, fu lei a costituire nel Kosovo la
locale Corte di Cassazione. Infine Antonietta Fiorillo, attuale presidente del TribunaLE CANDIDATE
A sinistra, Antonietta Fiorillo
attuale presidente dei Tribunale
di sorveglianza: è tra le donne
candidate alla guida del Tribunale
di Firenze
le di Sorveglianza di Firenze. Membro di
spicco di Magistratura Indipendente, Fiorillo potrebbe tuttavia "scontare" il rapporto non idilliaco col potente viceministro alla Giustizia Cosimo Maria Ferri, segretario
nazionale di MI. L'ondata rosa è con ogni
probabilità in arrivo anche alla Dda fiorentina, composta da 4 pm antimafia. Fino a ieri erano 3 uomini - Giulio Monferini, Ettore
Squillace Greco e Tommaso Coletta - e una
donna, Angela Pietroiusti. Se, come pare
probabile, a sostituire i due pm in uscita Coletta e Squillace Greco (neo procuratore capo di Livorno) saranno i pro, Ornella Galeotti e Giuseppina Mione, ecco che la nuova
"squadra antimafia" della Procura sarà
composta da tre donne e un solo uomo.
«Abbiamo delle offerte
dia m o la precedenza
al percorso aperto con
Palazzo Vecchio»
«Sono orgog lioso
dell'acco g lienza che
ancora una volta abbia m o
da parte dei fiorentini»
«NONOSTANTE LE DIFFICOLTÀ, NON Ci ARRENDIAMO
ABBIAMO RICEVUTO MOLTE OFFERTE, NE STIAMO VAGLIANDO
QUATTRO GIUDICATE COMPATIBILI DAL NOSTRO ARCHITETTO»
uattro ipotesi. per la moschea
c'è chi offre il pro 'ino terreno
Favotita l'area dietro la
IL MERCATO immobiliare fiorentino ha scoperto una nuova
frontiera: la moschea. Numerosi
privati si stanno rivolgendo in
questi giorni alla comunità islamica fiorentina. Offrono capannoni
e palazzi, per lo più vuoti e inutilizzati. Li propongono in vendita
per realizzarvi quel luogo di preghiera che i fedeli musulmani sognano ormai da più di dieci anni.
Un sogno che sembrava ormai vicinissimo, fino all'apertura delle
buste per l'asta pubblica indetta
dal Comune di Firenze per l'ex deposito Ataf di Varlungo.
«ERANO due anni che lavoravamo a questo progetto - ricorda
l'imam Izzedin Elzir -. Ci puntavamo molto, era un luogo ideale
per le nostre esigenze». Ma il sogno è stato abbattuto dall'offerta
della Bi Auto di Sesto Fiorentino: mettendo sul tavolo 1.812.000
euro per realizzarvi un autosalone, ha sbaragliato la concorrenza
e i 500mila raccolti dalla comunità tra le proprie famiglie. «E' stata
una grande delusione - ammette
l'imamm -, ma ormai l'abbiamo digerita e ripartiamo daccapo». C'è
già stato un incontro preliminare
a Palazzo Vecchio; il prossimo avverrà nei prossimi giorni «e lì contiamo di far ripartire il percorso
partecipato e iniziato ormai molto tempo fa». In discussione sono
quattro ipotesi, un tempo lasciate
nell'angolo come alternative a
quella più ambita dei 3.500 metri
quadri di Varlungo, ora tornate
in auge: una di proprietà pubbli-
l, al vaglio anche tre s liizio i ptivate
ca è dietro l'ex stazione Leopolda.
Le altre tre, spiega Elzir, sono
aree private: una all'Isolotto, una
a Careggi e l'ultima al confine con
Scandicci. Tutte fuori dal quartiere 1, tutte già valutate come adatte dall'architetto Osama Rashid,
incaricato per trovare la localizzazione più ideona alla moschea. A
queste si aggiungono anche nuove offerte del mercato privato. «Ci
hanno segnalato terreni edificabili - dice Elzir -, ma è difficile ipotizzare di costruirvi una struttura
ex novo. Alcune ipotesi di immobili già esistenti sono invece più
concrete, da valutare».
UN PAIO di offerte arrivano da
Careggi e piazza Dalmazia. «Ma
diamo la precedenza al percorso
aperto con Palazzo Vecchio» sottolinea l'imam, che però si dichiara «orgoglioso dell'accoglienza
che ancora una volta abbiamo da
parte dei nostri concittadini fiorentini. Ogni giorno abbiamo
esempi di apertura verso la diversità culturale dell'altro». Ancora
dunque è lontano il sogno della
moschea fiorentina, che dovrebbe sostituire quelle di Borgo Allegri, dell'Isolotto e del Poderaccio.
Quella di Sorgane probabilmente
resterà, vista la distanza dai luoghi ipotizzati per il nuovo luogo
di preghiera. «Ma siamo uomini e
donne di fede - dice Elzir -: nonostante le difficoltà, non ci arrendiamo».
Manuela Plastina
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Oltre all'ex stazione
Leopolda, ci sono altre tre
alternative per la moschea.
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Erano due anni che la
comunità islamica pensava
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tavolo 1.812.000 euro.
L'imam Izzealin Elzir
MARCO TAR UCCI INVITAI PRIVATI A CONTROLLARE CIO' CHE ESCE DAI RUBINETTI
.
«
autoclavi , vecchi depositi e tubaziorn* »
BISOGNA fare attenzione a quello che si beve.
Marco Tarducci è il titolare di un laboratorio indipendente di analisi ambientali. E da sempre sulla
cosiddetta acqua del rubinetto invita alla massima
cautela. «Occorre ricordare sempre - dice - che Publiacqua garantisce la qualità dell'acqua solo a monte del contatore. Quel che succede a valle, spesso è
far west. L'acqua dell'acquedotto di per sé è molto
controllata, e sicuramente non ci sono problemi
per l'attenzione con la quale vengono eseguite le
analisi. Il problema sorge a valle del contatore,
quando il liquido rischia pesanti inquinamenti».
«PENSO - spiega l'esperto - a condomini che hanno vasche di stoccaggio dell'autoclave, magari in cemento - amianto che non vengono ripulite da anni,
oppure ai vecchi palazzi con tubature in alcuni casi
addirittura in piombo. Occorre far analizzare bene
l'acqua che esce dal rubinetto di casa, perché potrebbe non essere più quella dell'acquedotto. Lo do-
vrebbero fare anche i comuni per le loro scuole, visto che l'acqua che i bimbi bevono a mensa viene
presa dai rubinetti del plesso».
UGUALE attenzione bisogna riservare ai filtri, i
cosiddetti addolcitori o i naturizzatori per fare un
esempio di quello che hanno in dotazione molti ristoranti. Filtri che devono essere cambiati, perché
altrimenti possono diventare luoghi ideali per colonie batteriche nocive alla salute. «L'ultima attenzione - ha detto Tarducci - è l'assunzione di cloro,
che avviene naturalmente nelle acque del rubinetto. Un'assunzione che alla lunga può causare danni
gravi alla salute, soprattutto se l'acqua del territorio
dove si vive è `addomesticata' con alte concentrazioni della sostanza. Il consiglio migliore? Variare il
più possibile». Alternare acque in bottiglia e di più
marche a quella del rubinetto, in modo da non creare accumuli di sostanze nell'organismo.
Morv.
M arco Tarducci nel suo
laboratorio di analisi
CINQUE RAGIONI PER IL SÌ
di Antonio Mazzeo e Nicola Pignatelli *
aro direttore,
C il presidente Enrico Rossi, su queste pagine,
ha lanciato una interessante sfida.
continua a pagina 5
O L'iritervento
UN NUOVO RUOLO
PER LE, REGIONI
(E 5 RAGIONI PER UNIRSI)
SEGUE DALLA PRIMA
Parliamo della sfida sul tema di una
macroregione che metta insieme Toscana,
Umbria e Marche. Un'ipotesi che sembra
porsi in apparente antinomia col processo di
riforma costituzionale all'esame del
Parlamento. Il manifesto dell'Italia di Mezzo
non costituisce infatti una critica al nuovo
modello istituzionale bensì la prossima sfida
per la politica a tutti i livelli. Si tratta di una
tappa del complesso processo riformatore
che dovrà portare a un nuovo ruolo delle
Regioni, meno legislativo e maggiormente di
programmazione e pianificazione. Una
modifica necessaria per il progressivo
ridimensionamento dell'autonomia
regionale, imposto da vincoli
sovranazionali, e da maggiori controlli da
parte della Corte dei conti sulla gestione
finanziaria. Non solo. L'approvazione della
riforma costituzionale e la completa
attuazione della riforma legislativa Delrio
rischieranno di generare una sorta di
sistema tendenzialmente «duale», in cui
giocheranno un ruolo centrale solo lo Stato e
i Comuni, anch'essi da sottoporre ad un
processo radicale di unificazione. E in
questo scenario che si inserisce l'idea di una
macroregione che possa essere strategica e
propulsiva, quindi «centrale»
geograficamente e funzionalmente. Le
ragioni generali di una simile, coraggiosa,
scelta riformatrice sono almeno cinque:
1) l'implementazione della efficienza del
nuovo ruolo di programmazione e di
pianificazione delle Regioni; 2)
l'individuazione di aree omogenee capaci di
garantire economie di scala e ambiti
realmente ottimali per la prestazione dei
servizi; 3) la pianificazione delle
infrastrutture strategiche; 4) il riequilibrio
dimensionale rispetto ad alcune città
metropolitane (Roma, Milano, Napoli) che
comprendono circa un terzo della
popolazione nazionale; 5) una ulteriore
razionalizzazione dei costi della politica.
Che questo disegno si compia con
l'Umbria e le Marche non dobbiamo
deciderlo oggi. Potrebbe perfino essere
suggestivo riproporre il disegno dell'Italia
Augustea quando, nel 7 d.C., la nostra
penisola fu divisa in undici territori e
l'attuale Toscana prese il nome di Regio
Etruria allungandosi nel Lazio fino alle porte
di Roma. Ma al di là dei confini geografici,
se davvero la Toscana vuole competere in
Europa serva dare vita a una realtà del
Centro Italia che al suo interno contenga
Comuni di dimensioni adeguate e che,
laddove trovi concretizzazione il progetto di
una macro regione adriatica, vada a
costituirne una analoga anche sul fronte del
Tirreno. Il meccanismo «dal basso» previsto
dall'articolo 132 della Costituzione (la
richiesta di fusione deve essere avanzata da
un numero di Consigli comunali che
rappresentino almeno un terzo delle
popolazioni e quindi approvata con
referendum) è complesso. Altrettanto
problematica e prematura appare, a oggi,
una nuova riforma costituzionale che
imponga «dall'alto» le macroregioni.
Perché, dunque, non provare a cominciare
dalla stipula, da parte delle Regioni
interessate, di intese per il miglior esercizio
delle proprie funzioni (magari anche con la
istituzione di organi comuni come previsto
dal nuovo articolo 117 della Costituzione) da
sottoporre alla ratifica delle leggi regionali?
Spetterà poi al Governo, in attesa di una
riflessione più ampia, incentivare
economicamente lo sviluppo di tali intese
per aprire, davvero, una nuova fase del
regionalismo costituzionale.
Antonio Mazzeo
*vicesegretario Pd Toscana
Nicola Pignatellï
*docente di diritto costituzionale
La collina si sbriciola sempre più
Colpa dell'abbandono dei campi
Mancano i,saldi per gli interventi. Eaniva Pimvema
AL CHILOMETRO 7 della Strada Panoramica dei Colli Alti una
frana con cedimento di quasi un
metro del manto stradale e restringimento della carreggiata; sulla
strada per Palaia dissesto in più
punti; lungo la strada che da Careggi porta a Cercina microcedimenti
e smottamenti continui; in via della Docciola una serie di microfrane; sulla direttrice che dal borgo di
Morello scende verso Calenzano,
cedimenti e restringimenti di carreggiata; sulla strada bianca di Isola, fratturazione del piano stradale
in vari punti.
E
VERO e proprio bollettino
di guerra quello delle strade nella
zona collinare di Sesto Fiorentino,
sintomo fin troppo evidente di un
dissesto idrogeologico che procede
da tempo ma che adesso manifesta
con particolare evidenza i suoi segni. Anche perché, a fianco delle ragioni storiche, ci sono fatti contingenti, come le difficoltà finanziarie
di enti come la Città Metropolitana
che non riesce a trovare i soldi per
rimettere a posto la frana sulla Panoramica dei Colli, stata chiusa per
quasi un anno e poi riaperta con un
bypass provvisorio. A fare le spese
della situazione i residenti nelle zone collinari, e anche coloro che a
Morello e dintorni hanno attività
commerciali. «Da tempo non si interviene sulla manutenzione della
strada - dichiara Fulvio Consigli
dell'omonimo bar di Ceppeto - oltre alla frana importante vicino alla
fonte dei Seppi, bisogna dire che la
strada cede in vari punti. Per non
parlare poi della strada che scende
verso Cercina, via Dante da Castiglione, che è messa malissimo, ed è
anche pericolosa. Ogni volta che
piove forte temiamo il peggio».
MA QUALI sono le cause di questa situazione, che anche per colpa
dei fenomeni atmoferici sempre
più estremi si sta progressivamente
aggravando? Una spiegazione ce
l'ha Mauro Ugolini, storico ambientalista da sempre attento ai problemi del territorio: «Il collasso
idrogeologico della collina ha ragioni antiche - spiega - La cessazione
della conduzione mezzadrile e delle fattorie non è stata sostituita da
nessun tipo di intervento. Il complesso sistema diffuso di muri a secco, sgrondi, terrazzamenti garantiva un assetto idraulico equilibrato.
Un reticolato di canali e canaletti
Mauro Ugolini
garantiva un deflusso ponderato,
non accelerato, delle acque piovane, impedendo anche che venisse
trasportata a valle una gran quantità di detriti, come invece avviene
oggi. Inoltre le vecchie pietre dei
muri a secco in molti casi sono state rimosse per ristrutturare le case,
e quando si verifica una frana ci si
limita ad asportare il materiale che
ingombra la strada e non si ricostruisce il muro».
Franco Calamassi
tASTELFIORENTINO
Sfuriata di Rossi
sulla 429 bis:
ora basta ritardi
Il comitato Si429 fa il punto sui lavori della 429 bis: e dopo la sfuriata di Rossi la Regione mette altri 5 milioni.
ATERINI IN CRONACA
Il presidente della Regione Enrico Rossi
II,TIRRENO W
4arìata di Rossi sulla 9'9 bis
si -i Atri 5 n,iihmi i- i I aco
AT—, a pugni daì Indrw
Sfuriata di Rossi sulla 429 bis
Messi altri 5 milioni per i lavori
il presidente della Regione ha chiesto di fissare subitole date per i collaudi delle opere ferme ormai da anni
E ha dato in supporto al commissario Nunziati altri due dipendenti dell'ex Provincia per i bandi di gara
1 EMPOLI
Sfuriata di Enrico Rossi sulla
429 bis. Così non va, ha detto il
presidente della Regione di
fronte a un impasse che dura
da anni con solo qualche opera di manutenzione fatta. E
con un passato che vede questi lavori iniziati nel 2007 a un
costo che a questo punto è tri plicato rispetto a quello iniziale. E allora ecco le contromisure messe in campo dalla Regione: larichiesta di date certe sui
collaudi, altri cinque milioni
messi per terminare l'opera. E
due impiegati a sostegno del
commissari o regionale.
A fare il punto della situazione è il comitato 51429 presieduto per la Cna dall'imprenditore Fabio Bianchi. «Purtroppo ci troviamo di fronte a un
cantiere che poteva essere risolto in tre o quattro anni spiega il presidente della Cna
dell'Empolese valdelsa Marco
Landi - e che invece ancora
non è stato chiuso perché in
passato non è stata monitorata l'opera. La Valdelsa è quella
che ha risentito più della crisi
proprio per la mancanza di infrastrutture». Perché ha iniziato il declino prima e ora la ripresa stenta ancora ad arrivare.
La situazione del cantiere è
alquanto articolata. Di recente sono arrivate due mine. Sei
milioni bloccati per un decreto ingiuntivo del tribunale di
Roma promosso dalla Ics
Grandi lavori e al momento
sospeso perché la Città metropolitana ha fatto ricorso. E poi
la richiesta di un'azienda di ulteriori 400mila euro per un lavoro fatto e già pagato dalla
Città metropolitana.
Dubbi sul rispetto del cronoprogramma (orinai a quasi
Da sinistra la responsabile di zona della Cna Elena Baldi, il presidente della Cna Marco Landi e Fabio Bianchi
I lavori sulla 429 bis all 'ingresso di Empoli ( foto Sestini)
Enrico Rossi
dieci anni dall'inizio per costruire meno d i venti chilometri) erano stati espressi nei
giorni scorsi durante la commissione controllo della Città
metropolitana a cui ha partecipato il commissario regionale Alessandro Nunziati al quale sono state fatte esplicite domande rispetto ai soldi che sa-
pende dal peso che avranno i
contenziosi». L'unica certezza
è che al momento sono stati
spesi 83 milioni, una somma
pari a tre volte quello che doveva essere speso secondo
l'appalto. E che la Regione ha
messo a disposizione altri 20
milioni.
ranno spesi e ai tempi di chiusura dell'opera. «Il commissario regionale - aveva spiegato
il consigliere della Città metropolitana per Forza Italia Marco Semplici presidente della
commissione - ci ha spiegato
che il costo dell'opera potrà
variare da 100 a 205 milioni.
La forbice dei cento milioni di-
E, come aveva spiegato sem-
pre il consigliere, «ci è stato
detto che anche il decreto ingiuntivo andrà a ritardare
l'evolversi degli interventi».
La settimana scorsa il comitato Si429 ha avuto un incontro in Regione al quale era presente anche il presidente Rossi. «Estato stipulato un cronoprogramma - spiega il presidente del comitato Fabio Bianchi - grazie all'arrabbiatura di
Rossi siamo arrivati a qualche
risultato. Il presidente ha chiesto ai tecnici date certe per i
collaudi». Un passaggio delicato ma senza il quale non si va
avanti per appaltare i nuovi lavori alle aziende. E che però è
condizionato dalla Ics Grandi
lavori (di Claudio Salini deceduto di recente) che non
avrebbe ancora fornito la documentazione necessaria proprio per i collaudi.
Rossi ha fatto anche di più.
«E stato deciso il rafforzamento dell'ufficio gare che lavora
con il commissario Annunziati - spiega ancora Bianchi - Per
cui saranno aggiunti due dipendenti della ex Provincia».
Poi sul versante finanziario la
Regione metterà a disposizione dell'opera altri 5 milioni necessari per concludere l'opera. Per cui con questo ultimo
innesto l'opera verrà a cos tare
circa 110 milioni. Senza contenziosi. E infine, spiega ancora il presidente del comitato
«Rossi verrà a primavera sul
cantiere, quando verranno iniziati i lavori».
L'opera dovrebbe esser conclusa alla fine del 2017. Poi,
una volta che questo tratto finalmente sarà aperto, comincerà la battaglia per trovare i
soldi per il pezzo mancante,
tra Castelfiorentino e Certaldo.
01 RIPRODUZIONE RISERVATA
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Pd, e ,zi díknde le scelte
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offre i sigaro
Ettore Maria Colo m bo
ROMA
« C'È LA PIENA disponibilità
mia e del governo a fare più incontri» sulla legge di Stabilità. Anche
se, nella riunione di ieri, il format
era il solito: lungo discorso del
premier e zero dibattito seguente.
E con parole di dialogo, almeno
con le parti più dialoganti della
minoranza del Pd, che Renzi apre
l'assemblea dei gruppi congiunti
dem di Camera e Senato che si è
tenuta ieri sera. Dopo il coup de
theatre (Reni cerca Bersani cui ha
portato da Cuba un sigaro Romeo
y,ulieta, ma l'ex segretario ancora
non c'è e allora lo consegna al suo
colonnello, Roberto Speranza...),
il premier - che, stupendo tutti,
parla leggendo una relazione e
non a braccio, come fa di solito afferma che «questa stagione (la
sua, ndr) ha tutti i requisiti per entrare nella storia: stiamo facendo
un cambiamento radicale e indelebile della politica italiana».
Con una certa enfasi, Reni parla
di «un'Italia che è ripartita» e di
«una politica si riprende la sua
D'Attorre, Gatti e Folino
danno l'addio
Con Sel un nuovo gruppo
gnità». «Altro che tecnici o conimissari, i cambiamenti decisi sono tutti politici e di una politica
nuova», sottolinea il premier che
ce l'ha non solo con le critiche
`tecniche' alla manovra economica, ieri affiorate prepotenti (Corte
dei conti e Bankitalia), ma anche
con la stagione dei `commissari'
nelle città, rivendicando un ruolo
per il suo Pd perché «chi fa politica non è un cittadino di serie B».
Poi Reni entra nel merito della
manovra e dice: «Il debito per la
prima volta dal 2007 sta scendendo, questo è il nostro mantra. Ci
accusano di fare una finanziaria
in deficit, ma il deficit è al 2,2 e,,
per la prima volta, sotto il 2,5. E
assurdo dire che questa manovra
è in deficit!». E ancora: «Non c'è
nessun legame provato fra evasione e contanti».
SUL PIANO politico ne ha per tutti: per i Cinquestelle «in profonda
crisi», per la sinistra «in Europa
non pervenuta» e per «l'opposizione di centrodestra che scommette
sul fallimento dell'Italia». E qui
aggiunge che «Berlusconi sta per
chiudere la sua parabola politica»,
il centrodestra imploderà, ma «lì
qualcosa succederà, dobbiamo essere pronti». Poi torna il Renzi di
sempre, quello che - come già nelle anticipazioni al nuovo libro di
Vespa diffuse in giornata - aveva
sfidato la sinistra-sinistra: «Chi
vuole vada a raggiungere Landini, Camusso, Vendola, Fassina. Io
non seguo la logica del vecchio
Pci del `mai nemici a sinistra'.
Con quella sinistra non si può governare». Il premier rincara la dose: «Quello della sinistra radicale
e di alcuni nostri ex compagni di
partito è un delirio onirico». Ma
cerca di distinguere e separare i
protestatari di cui sopra dalla sinistra interna, quella di Bersani-Cuperlo-Speranza, con cui prova un
minimo di dialogo («Attenzione:
i nemici non siamo noi») e che invita, in sostanza, a evitare la strategia della `polemica continua'.
L'avviso anche a loro, però, è netto. Renzi difende la scelta di abbassare le tasse («Se cercate un
premier che alza le tasse cercatevi
un altro premier») e li avverte:
«Se qualcuno ha nostalgia di slogan alla `anche i ricchi piangano'
sappia che non è la mia linea. Si
faccia il congresso e si veda chi è
in maggioranza». «O il Pd è sem
pre un partito o non lo è mai chiude -. O le regole valgono sempre, o non valgono mai». Intanto,
però, dal Pd annunciano l'addio
altri tre deputati: D'Attorre, Galli
e Folino. Pur presenti, ieri sera,
hanno formalizzato l'uscita dal
partito per andare con Sel, dando
vita a nuovi gruppi parlamentari.
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pace a ers
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1
a
Ct
La legge di Stabilità
è approdata al Senato
lo scorso 25 ottobre
La manovra va dai 27
ai 30 miliardi, a seconda
della flessbilità dell'Ue
,,,,®
La Commissione europea
dovrebbe esprimersi
sulla manovra
entro il 13 novembre
Domani però sono attese
le stime economiche dell'Ue
Entro il 31 dicembre 2015
la Legge di Stabilità
deve essere definitivamente
approvata dal Parlamento
M a la battaglia in Aula
si annuncia feroce
IIPartitodemocratico
Scontro sulla manovra
Ronzi a Bankïtalia
"Giusto togliere l'Imu"
Difende le scelte sui contanti® Alla sira pd: "dolete
più tasse? Cercatevi un altro". Lite con Chiamparino
GIOVANNA CASADIO
ROMA. Un sigaro portato apposta per Bersani da Cuba
come calumet della pace alla sinistra dem. Matteo
Renzi apre l'assemblea dei parlamentari del Pd sulla
legge di Stabilità consegnando il dono al "delfino" di
Bersani, Roberto Speranza, dal momento che l'ex
segretario è in ritardo. Bersani però dice: «Fumo i
toscani». E il sigaro resta a Speranza. Comunque gesto
distensivo di Renzi cosi come l'apertura alle proposte
contro l'evasione fiscale dell'associazione, Nens, di
Bersani e Vincenzo Visco. Ma per il resto il premier
replica colpo su colpo all'offensiva che sulla manovra
arriva dalla Corte dei Conti, da Bankitalia e dalla
minoranza del partito. Sul tetto del contante giura di
essere disposto a «cambiare idea se si dimostra che
aumenta l'evasione», «I gufi» poi, sappiano che
«l'Expo è stata la loro Caporetto». Difende a spada
tratta la scelta di tagliare le tasse: «Da persona di
sinistra ritengo chele tasse debbano essere
abbassate, giusto togliere l'Imu, non condanno il mio
partito al suicidio, né il mio paese alla stagnazione. Se
volete qualcuno che le alzi, cercatevi un altro
premier».
Liquida come «assurda» l'accusa che si tratti di una
manovra in deficit. I governatori, che incontrerà
domani a Palazzo Chigi, sostengono che la sanità sarà
al collasso? Renzi risponde: «Sulla sanità più fondi nel
2016 che nel 2015». E loda i risparmi del governatore
ß il Pd è sempre un
partito o non lo è
mai. Non si può solo
criticare. Vale
sempre la disciplina
o non vale mai
L'aLiusso più grande
a questo partito
viene da Sel, non da
Verdini. Non stiamo
smottando
a sinistra
del Lazio, Nicola Zingaretti. Con il presidente della
Conferenza delle Regioni, Sergio Chiamparino invece
è scontro. Alla battuta di Renzi che ha convocato le
Regioni ironizzando: «Ora ci divertiamo»,
Chiamparino ribatte duramente: «Non vado a Roma
con spirito di divertimento, per me è un
appuntamento importante e impegnativo di lavoro».
Foglietto scritto, Renzi non parla solo di legge di
Stabilità, ma affronta i temi politici. Su Berlusconi:
partecipando al raduno leghista di Bologna «sposa i
bla-bla-bloc e chiude la sua parabola».
t però per i dem fuoriusciti o sul
punto di farlo la bordata più pesante:
«Quello della sinistra radicale e di
alcuni nostri ex compagni di partito è
un delirio onirico. Non sono gli
avversari a preoccuparmi, il
problema siamo noi. Alle numerose minoranze del Pd
dico: il nemico non siamo noi. Cari amici e compagni le
regole valgono sempre o non valgono mai. Non è che la
ditta è di sinistra se vince Tizio o Caio. Rispetto chi
lascia ma anche chi arriva. L'afflusso più grande è da
Sel e non da Verdini». Sono le elezioni il convitato di
pietra e queste, dice Renzi, «si vincono nelle periferie
non nei salotti del centro». La sinistra dem ha previsto
solo due interventi, di Cecilia Guerra e Laforgia sugli
emendamenti alla manovra. D'Attore, Carlo Galli e
Folino annunciano l'addio al Pd.
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IL PRESIDENTE DEL PIEMONTE
Il distacco ira Chiamparino e il leader:
con Matteo non riesco più a parlare
di Marco Imarisio
eccato, erano così una
bella coppia. Avevano
molte cose in comune,
la voglia di cambiare il
Pd, il turbo riformismo,
la difesa di Sergio Marchionne,
una buona dose di cinismo, la solitudine politica. Adesso non si
sentono più. Solo qualche laconico massaggino, ma proprio uno
ogni tanto.
E insomma, hai voglia a fare
finta di niente, ma poi certe cose
si vengono a sapere. Le dimissioni di Sergio Chiamparino dalla
presidenza della Conferenza Stato-Regioni, ad esempio. Sono
state motivate con una questione
di coerenza, il bilancio del Piemonte è una voragine causata
dall'interpretazione sbagliata di
una ambigua legge nazionale,
meglio andarsene per non evitare illazioni e malignità su un
eventuale conflitto di interessi.
Certo, c'è anche quello, ci mancherebbe. Ma non è un mistero
che l'altra ragione di un addio irrevocabile, maturato dopo inutili
attese davanti al display del telefonino, è l'assenza di collaborazione e interlocuzione dell'amico
giovane, Matteo Renzi, che sembra tanto cambiato dai vecchi
tempi.
Quel ruolo ha senso solo se si
fa parte di una squadra, di un sistema, ha fatto sapere dietro le
quinte l'attuale presidente del
Piemonte, ma se Matteo non
ascolta nessuno e la squadra non
esiste, se non si sa mai con chi
parlare, meglio che lo faccia
qualcun altro, così almeno io torno libero di dire quel che penso.
Non sembrano toni propedeutici
a una semplice pausa di riflessione nell'ambito di una storia ancora breve ma piuttosto intensa.
Nel 2011 il più maturo era il sindaco più amato d'Italia quando
diede scandalo entrando alla ex
stazione Leopolda, la casa del
giovane collega toscano che non
era ancora nessuno mavoleva essere tutto. Quel giorno insieme
ad altri amministratori locali giocarono a «Se io fossi presidente
del Consiglio» e si fecero beffe
dei «dinosauri del Pd». Parlavano molto, si davano una mano.
Nel 2013 il giovane corse alle primarie per scegliere il candidato
premier del centrosinistra e l'altro, il piemontese, fece sapere
anche ai sassi che avrebbe votato
per lui. Quando il Pd riuscì a non
vincere quelle elezioni e subì una
specie di implosione, il giovane
propose l'amico maturo al Quirinale, prima che Giorgio Napoletano succedesse a se stesso. E poi
all'improvviso gli astri si allinearono.
La celebrazione ufficiale avvenne il 12 aprile del 2014. Quel
giorno l'austero Pala olimpico
sembrava la succursale della Leopolda, con video che mischiavano Maradona, Forrest Gump e
Fantozzi, proprio come nelle scapigliate kermesse fiorentine. Forse l'avevano fatto di proposito,
per far sentire a casa propria il
giovane ospite, che nel frattempo
era davvero diventato presidente
del Consiglio e aveva scelto Torino come sua unica uscita promozionale perle imminenti elezioni
regionali, alle quali si era candidato il vecchio amico, che dal palco ricordò come fosse uno dei
pochi a potersi dire renziano della prima ora, rivelando di essersi
iscritto nuovamente al Pd, dopo
un polemico mancato rinnovo
della tessera che durava da qualche anno. A rimarcare le radici
profonde del loro legame, una
vecchia foto leopoldiana di Matteo&Sergio divenne simbolo della campagna elettorale e di un sodalizio che sembrava reggere alle
scosse del tempo e del potere.
Gli addolorati piemontesi renziani danno la colpa ai cromosomi. Quello maturo aveva un nonno soprannominato Barba Lenin,
due genitori operai e iscritti al
Pci, e a un certo punto stava più a
sinistra di loro. Quello giovane:
ex democristiano figlio di imprenditore democristiano, e faceva le foto anche con Ciriaco De
Mita. Possibile invece che sia una
questione di carattere, entrambi
sono di attitudine ferrigna, poco
malleabile, parecchio orgogliosa.
Chiamparino era da un po' che
sbuffava, gentile eufemismo. Da
quando è arrivato alla guida di
una Regione, istituzione che il
suo amico giovane non ama troppo, qualcosa è cambiato. Contatti
sempre più rarefatti, silenzi eloquenti, risposte sarcastiche a rilievi fatti da presidente di una
struttura che già nel nome contiene l'idea del confronto tra amministrazione centrale e locale.
«Non vado all'incontro di oggi
con il governo per spirito di divertimento ma per lavoro» ha
0
La parola
detto Chiamparino, a rimarcare
una certa freddezza con «l'amico
Matteo», le virgolette ormai sono
d'obbligo. 0 qualcuno ci dimostra che i nostri dati sono fasulli,
è il ragionamento fatto con i colleghi, e allora ne prendiamo atto,
oppure purtroppo sono veri, cosa
che a Roma sanno bene. Allora
dovrebbe cominciare una tratta-
« Lo spirito i llavoro»
II governatore: dal
governo non vado con
spirito di divertimento
ma di lavoro
tiva: voi ci date la metà di quel che
chiediamo, cerchiamo un punto
d'incontro e mettiamoci d'accordo. Invece niente. Sembra quasi
che il confronto e il dissenso civile siano una specie di bestemmia
in chiesa, ripete spesso il governatore. A chi gli fa notare che la
scarsa propensione all'ascolto e i
conseguenti silenzi di Renzi sono
un problema di tanti, risponde
che lui a fare il passacarte non ci
sta, quindi avanti un altro. C'eravamo tanto parlati.
© R I PRO DUZIOfN RSERVA'A
La Conferenza StatoRegioni, istituita nell'83
e regolamentata nel '97, è
un organo collegiale per la
collaborazione istituzionale
tra Stato e autonomie locali.
Dà consulenza a governo e
Parlamento quando
legiferano sulle Regioni e
può nominare i responsabili
di enti e organi che prestano
servizi alle funzioni
concorrenti tra governo e
Regioni.
Nel 2011
II sindaco di
Torino Sergio
Chiamparino
ospite di
Matteo Renzi ,
sindaco
Firenze, sul
///
/%G%G
4'+
di1/ 0 ,
or/; 1,11
palco del
«Big Bang»,Fino
la seconda
edizione della
Leopolda
" 1,
VIA
Chi e
e Sergio
Chiamparino,
67 anni, Pd,
sindaco di
Torino dal
2001 al 2011
al
termine dei
mandato di
sindaco è stato
presidente
nazionale
dell'Anci e
coordinatore
dei sindaci
delle Città
metropolitane
II 26 maggio
2014 è stato
eletto
presidente
del Piemonte
con il 47%
. I7 caso
E Caldoro
promuove
la manovra
di Alessandro Trocino
Sergio Chiamparino
attacca, Stefano
Caldoro lo difende.
Paradossi della politica:
il presidente pd del
Piemonte e della
Conferenza Stato-Regioni si
scaglia contro il presidente
del Consiglio per i tagli alle
Regioni, e l'ex presidente
della Campania , esponente
di Forza Italia, si schiera al
fianco di Matteo Renzi.
Spiega Caldoro: «Le
Regioni sbagliano, è un
arroccamento politico, una
battaglia di retroguardia».
Per Chiamparino, sono a
rischio anche i farmaci
salvavita: «Ma come si fa a
dire così - contesta
Caldoro -. Questa è la
prima manovra che per la
prima volta età un miliardo
in più. Abbiamo accettato i
tagli veri di Tremonti e di
Monti e ora attacchiamo
Renzi?». Per l'ex
governatore campano, il
piano di risparmi è
credibile: «La Campania ha
ridotto di quasi un miliardo
la spesa sanitaria in sei
anni, aumentando la
qualità delle prestazioni. Se
considera che la Campania
ha una percentuale del g-io
per cento del fondo
nazionale, è chiaro che i io
miliardi di risparmio
nazionale in 5 anni sono un
obiettivo plausibile».
© RIPRODUZIONE RISERVATO
Renzi: un decreto per i conti delle Regioni
Il premier all'attacco. i governatori guadagnano più di me . D'Attorre, Galli e Folino lasciano il Pd
ROMA Stanco di incassare critiche alla «sua» legge di Stabilità
Matteo Renzi è passato al contrattacco e, leggendo un lungo
testo scritto all'assemblea dei
gruppi del Pd, ha difeso i 25 pilastri della manovra: «E la botta
definitiva per rilanciare l'Italia».
Poi l'attacco ai governatori, che
«guadagnano tutti più del presidente del Consiglio». E sulle
tasse: «Se volete un premier che
le alzi, cambiate premier. Io
penso che le tasse debbano andare giù: è la caratteristica di
questo governo».
Il premier vedrà i presidenti
alle 18 e andrà giù duro sulla gestione delle Regioni, perché le
Asl sono troppe e serve più trasparenza, perché «non c'è alcun costo standard applicato» e
ci sono troppi sprechi, «troppi
dislivelli nelle spese sanitarie».
Lo Stato, rimprovera il premier
minacciando di ricorrere anche
lui alla demagogia, «non è la
controparte delle Regioni». Dopo l'attacco, la svolta: tra una
L'arrivo
Pier Luigi
Bersani (a
sinistra) arriva
a Montecitorio
per
l'assemblea dei
gruppi Pd di
Camera e
Senato sulla
legge di
Stabilità
settimana il governo farà un decreto per salvare i bilanci regionali dopo l'intervento della Corte dei conti. Una mossa con cui
il premier conta di disarmare
Chiamparino, che nelle casse
del Piemonte ha un «buco» di
sei miliardi.
Argomenti che non hanno
convinto l'ala sinistra, tanto che
oggi altri tre deputati lasceranno il gruppo per seguire le orme
di Stefano Fassina. L'ex viceministro lavora a nuovi gruppi parlamentari con Sel e i fuoriusciti
del Pd e sabato, dal palco del Teatro Quirino, rilancerà «Futuro
a sinistra». E l'embrione di un
nuovo partito, che potrebbe
candidare Fassina a Roma. Scenario che Renzi mostra di non
temere, convinto com'è che la
«cosa rossa» sarà una «sinistra
di testimonianza», incapace di
governare. «Chi va a raggiungere Landini, Camusso, Vendola,
Fassina faccia pure - ha confidato a Vespa -. Io non seguo la
logica del vecchio Pci, mai nemici a sinistra». Sarà scissione?
«Non è in corso nessuno smottamento». Su quel fianco Renzi
vede «un delirio onirico», un
mix di «ideologismo e velleitarismo». Ma intanto i nemici, a
sinistra, cominciano a essere
parecchi. Dopo Mineo, oggi
usciranno Alfredo D'Attorre,
Vincenzo Folino e Carlo Galli.
Alle 21 Renzi parte in quarta.
Il bersaglio grosso è il M5S.
Imola? «Un flop». E l'Italicum?
«Sono patetici». A metà discorso fa a pezzi la sinistra europea
ed è un modo per dire che «non
c'è spazio a sinistra del Pd», perché «le elezioni si vincono nelle
periferie, non nei salotti». Le
opposizioni «sono tristi», mentre il Pd è «il partito dell'allegria» e il suo leader nutre «cinque elementi di grande ottimismo». Le riforme, il Pil che ere-
sce, il Jobs act che funziona,
Expo «Caporetto dei gufi» e la
fiducia ritrovata: «Siamo un
presidio di stabilità, il Nord Est
va meglio della Germania». E la
spending? «Sono i tagli...».
Apre a qualche aggiustamento
«di dettaglio» e rivendica il taglio delle tasse: «Se volete un
premier che le alza, cercatene
un altro».
Basta gufi è il leitmotiv di
Renzi, che sfida i dissidenti:
«La stabilità è di sinistra e non
è in deficit». Alla minoranza,
che ha pronti dieci emendamenti, concede solo la disponibilità a ragionare sulle proposte antievasione del Nens. Ma il
tetto del contante resta a 3 mila
euro (non c'è nesso con l'evasione). La sua legge, insomma,
è una «scommessa sulla fiducia» e Renzi ne difende con
puntiglio le 25 scelte chiave. E i
soldi per il Sud? «Non dite che
non ci sono».
Monica Guerzoni
© RIPRODUZIONE RSERVA'A
UINCHIESTA
Regioni, maxi-spesa da 153 miliardi
di Gianni Trovati
Non è certo un caso che la tensione fra gioni». Dall'altra parte del tavolo il preRenzi e le Regioni sia salita ai massi- mier osserva giocatori in affanno, schiacmi proprio mentre si discute di misure ciati da una spesa che negli anni si è gon«salva-Sicilia» e di decreto «salva-Pie- fiatafino a 153 miliardi e hamoltiplicato le
monte», che al di là del titolo è inveritàun tasse più dei servizi.
più generale provvedimento «salva-Re-
In Piemonte maxi-disavanzo, in Campania costi record di beni e servizi, Sicilia in vetta per il personale
Spesa corrente fuori controllo:
un macigno da 153 miliardi l'anno
r iprio il «salva-Regioni», già saltato due volte e
ieri riesaminato nella riunione tecnica di preparazione
al consiglio dei ministri, è il segno più recente di un problema
tutt'altro che nuovo. Il decreto
non offrirebbe nuovi soldi
cash, ma permetterebbe di ripianare in3o anni i disavanzi (9
miliardi di euro secondo le stime circolate in queste settimane) che si sono aperti negli anni
scorsi dalla gestione dei fondi
sblocca-debiti, anticipati dal
Governo per consentire alle
Regioni di pagare le fatture arretrate, ma dirottati in molti casi ad aumentare gli spazi di spesa corrente. Questo escamotage, alimentato due anni fa anche da una norma non troppo
chiara e da istruzioni non proprio cristalline da parte dei tavoli governativi sulla sua applicazione, è crollato a giugno con
la sentenza della Corte costituzionale che ha giudicato illegittimi ibilanci 2013 del Piemonte,
facendo però risuonare l'allarme anche lontano da Torino.
Spesa senza limiti
Allabase del problema c'è infatti il vizio consolidato dei conti
regionali: una spesa corrente
che negli anni si è ingigantita fino a 153 miliardi di euro e ha trascinato con sé la pressione fiscale, fatta non solo delle tasse
"regionali" anche nelnome (71,2
miliardi nel 2013), ma anche delle quote di tasse, Iva in primis,
girate dallo Stato, che sono raddoppiate in dieci anni portando
le entrate tributarie regionali a
sfiorare i 130 miliardi all'anno.
Sul fondo sanitario, che assorbe i tre quarti delle uscite regionali, la battaglia è ancora
L'aumento delle uscite
ha gonfiato la pressione fiscale
Senza «efficientamento»
rischia di essereaggirato
il blocco delle aliquote
concentrata sulla dinamica degli aumenti (si veda l'altro articolo in pagina), ma anche lontano da aziende sanitarie e ospedali si incontrano voci che negli
ultimi anni si sono dimostrate
più riottose del previsto nei
confronti dei vari tentativi di
spending review.
Beni e servizi
Gli acquisti, protagonisti immancabili di ogni manovra intitolata alla «revisione della spesa», nelle ultime tabelle elaborate dall'Istat e relative al 2013
sono volati a 6,28 miliardi, contro i 4,58 dell'anno prima, e va
sottolineato che l'Istituto distatistica guarda agli impegni, e
non ai pagamenti effettivi influenzati proprio dagli sbloccadebiti varati due anni fa per
onorare le vecchie fatture. Nel
loro complesso, a fine 2013 gli
impegni relativi alla spesa corrente si sono quindi fermati pochi spiccioli sotto i 153 miliardi
di euro, con un aumento dell'1,75% rispetto all'anno prima.
Per il 2014 mancano ancorai dati organici sui consuntivi riorganizzati dall'Istat, ma i segnali
che arrivano dalla cassa emonitorati dal sistema informatico
dell'Economia (Siope) parlano
di un altro aumento, di poco inferiore al miliardo.
Senza le manovre di finanza
pubblica degli ultimi anni, com'è ovvio, la dinamica sarebbe
stata assai più vivace, ma a frenarla sono state scelte prese
fuori dalle Regioni: prima di
tutto l'accoppiata prodotta dal
congelamento dei contratti
del pubblico impiego e dai limiti al turn over, che hanno imposto la marcia indietro alla
spesa di personale.
un super-disavanzo da 5,8 miliardi creato dalle bocciature
costituzionali dei bilanci 2013,
chiusi dall'amministrazione a
guida leghista, e dall'emergere
di debiti extra nati ancora prima, ai tempi della vecchia giunta di centrosinistra. Nel Lazio la
montagna dei debiti accumulati
con i fornitori era tale che alla
Regione sono arrivati 8,7 dei
20,1 miliardi distribuiti in tutta
Italia dal ministero dell'Economia, e anche lì la gestione delle
prime tranche ha sollevato più
di un'obiezione daparte deimagistrati contabili. Nella classifica deiprestiti da ViaXXSettembre arriva la Campania, che nei
propri bilanci mostra più di un
indicatore problematico: la
spesa per l'acquisto di beni e
servizi nel 2013 (i dati sono sempre quelli rielaborati dagli ultimi report dell'Istat) è stata di
133,5 euro adabitante, cioè il 62%
in più della media delle Regioni
ordinarie, e anche nelle spese
del personale Napoli primeggia
fra le grandi Regioni.
nioni delle scorse settimane a
Palazzo Chiginonhanno chiuso
la partita e hanno visto il sottosegretario Claudio De Vincenti
limitarsi a dichiarare, con gusto
per l'eufemismo, che in Sicilia
«la situazione è complessa». Il
risultato dipende ovviamente
anche da come si svilupperà la
finanziaria regionale, che nel
«bozzone» preparato dall'assessore all'Economia Alessandro Baccei (riconfermato) prevede tagli per 300 milioni.
La manovra
In questo quadro, come ha spiegato anche ieri la Corte dei conti, non basta rivedere le previsioni di spesa, ma occorre anche
trovare misure pratiche di «efficientamento». Altrimenti il
«sostanziale raddoppio» evocato dai magistrati rischia di allargare le «già ampie eccezioni» al blocco delle aliquote. E a
pagare, ancora unavolta, saranno i contribuenti.
Gianni Trovati
gianni.trovati@a ilsole24ore.com
RIPRODUZIONE RISERVATA
Il caso Sicilia
Fuori gara, da questo punto di
vista, è la Sicilia, «speciale» più
nello Statuto che nelle funzioni
esercitate in modo davvero autonomo. Nell'Isola gli stipendi
regionali viaggiano vicini ai 200
euro ad amministrato, un dato
che non conosce rivali se non
nelle piccole Autonomie del
Nord - Valle d'Aosta e Trentino
Alto Adige - che però svolgono
in prima persona anche funzioni statali, con meccanismi generosi e finanziati dalle tasse che
rimangono sul territorio. E siccome anche nella finanza locale
la forza dei numeri è difficile da
aggirare, la Sicilia dagli organici
giganti e dai servizi zoppicanti
vive unaperenne crisi diliquidiDa Torino a Napoli
Certo, come sempre quando si tàche proprio inqueste settimaparla di finanza locale è bene ri- ne vive una delle ricadute più
cordare che non tutti i casi sono gravi: il primo compito del neouguali. Chiamparino, presiden- nato Crocetta-quater sarà quelte "congelato" della conferenza lo ditornare achiedereunsalvadelle Regioni, si trova a gestire gente allo Stato, dopo che le nu-
Il calcolo politico di Renzi di punire le Regioni e premiare i sindaci
Economia & Società
di Lina Palmerini
- `°
e Regioni all'attacco e i Comuni soddisfatti. Chiamparino sul piede di guerra, Fassino che promuove la legge di
stabilità. Entrambi del Pd ma di amministrazioni locali diverse e questo potrebbe
raccontare qualcosa del calcolo politico di
Renzi su questa manovra. Sacrificare i Governatori avantaggio dei sindaci è una scelta che ha molto a che fare con la visione del
premier. È come se scegliesse di comunicare le sue scelte di Governo attraverso le città
sapendo che sono quelle dove il riscontro
con i cittadini e con il consenso èpiù diretto,
meno mediato. E an che meno inquinato dagli scandali ai quali le Regioni hanno invece
abituato.
Quello che ha colpito, però, è stato lo
scontro con i Governatori e con Sergio
Chiamparino. È vero che è nello stile del
premier cercare dei fronti di conflitto per
far meglio emergere le sue politiche. Lo fa di
frequente con la sinistra del suo partito proprio per dare credibilità al suo profilo riformista e moderato ma averlo fatto an che con
le Regioni - e con quelle governate con il
centro-sinistra- fa pensare che sia stato voluto. «Ci divertiremo» aveva detto il premier annunciando l'incontro con i Governatori e ieri Chiamparino gli ha risposto che
per lui non ci sarà nulla da divertirsi. Insomma, ferri corti.
Ma perché Renzi ha scelto questa battaglia con le Regioni? E perché, invece, ha
"protetto" i Comuni? Per loro non sono previsti tagli in Finanziaria ma soprattutto è
stato sbloccato quel patto di stabilitàpergli
investimenti che aveva tenuto le mani legate dei sindaci per molti anni. La prima rispostapuò essere maliziosa: ossia che il prossimo anno si va avotare per i Comuni. Maforse non è abbastanza.
Perché in questa contrapposizione con i
Governatori, Renzi sa di avere un gioco più
facile. E dunque se un taglio, una "punizione", ci deve essere meglio che vada alle Regioni che hanno una pessima reputazione
presso i cittadini, sono forse l'entelocalepiù
impopolare innanzitutto per ciò che le cronache giudiziarie hanno raccontato: dalle
tangenti ai rimborsi elettorali. La controprova è nei dati dell'affluenza elettorale: alle scorse regionali di maggio 2015 in Veneto
come in Campania, Umbria e Liguria, è scesa inmedia dito punti.Insomma, le amministrazioni regionali sono sinonimo di spreco
e anche di inefficienza a giudicare da come
la sanitàviene gestita dagran parte delle Regioni. E da ex sindaco, Renzi sa come portare acqua al suo mulino. Perché è vero che la
spesa sanitaria si va progressivamente riducendo, come dicono i Governatori, ma è
anche difficile da capire come da un monte
risorse di no miliardi le Regioni possan o fare una battaglia per un miliardo di taglio.
Quello che non si capisce è se il premier
userà questo nuovo fronte per "ridimensionare" il peso e i condizionamenti delle Regioni che puntualmente a ogni legge di stabilità- e non solo - aprono un fronte di scontro e poi di trattativa con il Governo. Bisognerà aspettare per vedere fin dove si
spingerà il premier e se questa diventa la
prima mossa di un'offensiva più ampia di
revisione dell'impianto regionale come da
alcune proposte di legge che immaginano
di portarle da 20 a 12.
Al momento è verosimile che Renzi dopo
qualche fuoco d'artificio arrivi a una trattativa con Chiamparino e conceda una parte
di ciò che i Governatori chiedono. Anche
perché nessuno degli interlocutori è in grado di impartire lezioni agli altri. Nemmeno
il Governo chehafatto una spendingreview
modesta e deludente.
RI PRODUZIONE RISERVATA
APPROFONDIMENTO ONLINE
Il numero delle Regioni "riformato"
Alcuni disegni di legge presentati puntano a
ridurre le Regioni da 20 a 12
«politica 2.0 - Economia & Società»
di Lina Palmerini www.itso[e24ore.com
l
. Il Dpcm libera 462 milioni per una spesa di 1,2 miliardi
Patto di stabilità 2015: pronto
decreto sblocca-investimenti
Massimo Frontera
ROMA
Domani, salvo imprevisti,
la conferenza unificata darà il
via libera al Dpcm che sblocca
spazi finanziari per oltre 462
milioni di euro a favore di 14
città metropolitane e relative
amministrazioni regionali. Il
via libera riguarda il sola quota
di cofinanziamento relativa a
interventi inclusi nei programmi europei del Fondo sviluppo regionale (Fesr) e del
Fondo sociale (Fse). La possibilità riguarda prioritariamente la spesa del vecchio ciclo 2007-2013, da effettuare necessariamente entro fine 2015,
ma potrà includere progetti
del ciclo 2014-2020.
Complessivamente - considerando il contributo europeo
- lo sblocco consente oltre 1,2
miliardi di investimenti. La
stima tiene conto del fatto che
il cofinanziamento sbloccato
è pari al 25% in Regioni e città
del Centro-nord e al 75% nelle
aree del Sud.
Lo sblocco riguarda 462 milioni cash in conto capitale che
Regioni (in misura prevalente)
e città metropolitane hanno in
cassa ma che sono bloccate dal
patto di stabilità. Serviva appunto un Dpcm per autorizzare
la spesa per investimento. Più
precisamente, ilprovvedimento sblocca una spesa di 448,15
milioni di euro in 14 regioni e
una spesa di 14,8 milioni in sei
città metropolitane. La cifra
maggiore, pari a poco più di 316
milioni di euro, riguarda una
decina di Regioni e quattro città del Centro-nord. L'area del
Mezzogiorno è invece minoritaria: pari a cinque regioni e due
città, per 146 milioni circa.
A fronte degli spazi finanziari concessi, le richieste sono
state però nettamente superiori. Lo schema di Dpcm riferisce di richieste iniziali per oltre 3 miliardi di euro, che - tut-
tavia - dopo una interlocuzione con le Regioni, si sono più
realisticamente attestate a 1,77
miliardi di euro.
L'aspetto paradossale è
che, nonostante l'importo
"verificato" sia stato complessivamente quattro volte
superiore agli spazi finanziari
concessi, questi ultimi sarebbero comunque potuti arrivare fino al limite di 700 milioni
concesso dalla Finanziaria
2014. Come mai non si è arrivati a questa cifra? Il motivo è
che la dote iniziale è stata erosa dal parziale drenaggio a favore del Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato.
Una condizione, quest'ultima, prevista dallo stesso com-
LC _71
-3
L'intesa sullo schema
di provvedimento
è attesa, salvo imprevisti,
nella Conferenza unificata
convocata per domani
Gli spazi
Totale degli spazi finanziari
"nettizzati" rispetto al patto di
stabilità 2015
i 9.A
L'investimento
I n vesti m e n to tota le s b lo cca to,
comprensivo di contributo
europeo e cofi n a n zia mento
italiano
Il piano Puglia
Losbloccodi patto
complessivamente concesso alla
Puglia
ma 145 della Finanziaria 2015.
Il volume di investimenti
complessivamente sbloccato
non è comunque irrilevante.
E pari a poco meno del 1o"ß"
dell'obiettivo di spesa di 13
miliardi che il ministro delle
Infrastrutture,
Graziano
Delrio, aveva dichiarato a inizio di quest'anno per la programmazione comunitaria
nelle Regioni.
Lo schema di Dpcm (disponibile sul Quotidiano digitale
Edilizia e Territorio) non
scende nei dettagli dei singoli
programmi regionali. Non è
pertanto possibile capire
quante risorse riguarderanno
la spesa legata alla vecchia
programmazione (2007-2013)
e quanta invece il prossimo ciclo 2014-2020. E tuttavia possibile prevedere che perleregioni del Sudè più probabile che la
spesa riguardi i vecchi piani, e
per il Nord i nuovi progetti.
Nulla vieta, inoltre, che Regioni che hanno già anticipato risorse per vecchi programmi,
utilizzino ora questi spazi per
altri investimenti. Da qualsiasi
punto divista la siguardi,lamisura è comunque una concreta
spinta agli investimenti.
La Regione che havisto in assoluto lo sblocco più elevato è
laPuglia, con72milioni, seguita
dalla Campania con 62 milioni
e dalla Lombardia con quasi 48
milioni. Le altre regioni "sbloccate" sono: Lazio (39,8 milioni), Piemonte e Calabria (con
37,6 milioni), Veneto (34 milioni), Toscana (31), Basilicata (26,
Abruzzo (18,2), Marche (16,8),
Emilia Romagna (15,2), Umbria
(5,2) e Liguria (3,6 milioni). La
graduatoria delle città metropolitane vede nettamente intesta Firenze (con 8,4 milioni),
seguita da Torino (2,4 milioni),
Genova (1,4), Messina (1,2), Cagliari (525mila euro) e Venezia
(265mila euro).
RIP ROD OZIONE RISERVATA
Berlusconi: "iVon andrò a Bologna
IL CAVALIERE Si SFILA
Silvio Berlusconi, il leader di
Forza Italia, al momento intende
nona nda rea Bologna
- ° 1A «Troppo leghista», la piazza di domenica
a Bologna. É rimasta troppo leghista per confermare la partecipazione di Silvio Berlusconi. E
così il "sì" di qualche giorno fa diventa un forse
più propenso al no, come gli suggerisce da tempo lo stato maggiore di Forza Italia, da Toti a Romani, da Brunetta alla Bergamini. «Potremo
sempre dire che non vai per ragioni di sicurezza, d'altronde ormai non frequenti più le piazze
per questa ragione», è stato l'escamotage suggerito da qualcuno. E in parte, per il momento,
accolto. In parte, perché il comunicato ufficiale
con cui in serata il partito annuncia comunque
la presenza domenica a Piazza Maggiore di una
generica «delegazione istituzionale» lascia
aperta l'incognita sulla partecipazione del leader.
Ma l'andazzo è ormai chiaro. Tant'è che vero
che non appena la nota viene diffusa, i due capigruppo leghisti molto vicini a Salvini, Gianmarco Centinaio e Massimiliano Fedriga, si dichiarano «stupiti e dispiaciuti che qualcuno si sfili
dalla sfida a Renzi facendosi magari tentare dai
canti delle sirene del Pd, noi andremo avanti».
La responsabile Comunicazione forzista, Debo-
rah Bergamini replica a stretto giro: «Tranquilli, nessuno si defila, la sfida a Renzi ci unisce, ci
sarà una nostra delegazione». Matteo Salvini
sceglie per il momento la linea attendista, vuole capire cosa voglia fare davvero l'ondivago
Berlusconi. «Mi auguro che venga, chi non c'è
sbaglia» e lancia un appello perfino a Beppe
Grillo. Il rischio avvertito in Fi però, in assenza
del leader, è che la delegazione forzista presente venga coperta dai fischi. E in questo clima resta incerto anche il faccia a faccia tra i Salvini e
Berlusconi previsto (ma non ancora confermato) per domani. Dovrebbe esserci anche Giorgia Meloni, per parlare di amministrative. Per
Salvini sarebbe l'occasione ultima per convincere il capo forzista ad andare in piazza. Ieri è
tornato a dire la sua su Roma: «Marchini? Di imprenditori ce ne sono tanti, Giorgia la conosco e
la stimo». Storace avverte Berlusconi, se domenica non va e telefona, «è la volta che Salvini fa
il trasferimento di chiamata su Renzi». Raffaele Fitto diserta e organizza una sua manifestazione in teatro a Roma.
(c.l.)
(dNIPNOOLL>JONE NISFR ATA
Berlusconi vuole sfilarsi
Tensioni tra Lega e FI
sulla piazza di Bologna
Il premier: con quella manifestazione - `rà la sua parabola
ROMA Sì. No. Forse però, chissà.
Diventa un tormentone la partecipazione di Silvio Berlusconi
alla manifestazione nazionale
contro le politiche del governo
organizzata dalla Lega per domenica a Bologna. Anche se
Renzi ha già emesso il suo giudizio: «Con la sua partecipazione Berlusconi conclude la sua
parabola».
Sulla effettiva presenza del
leader di FI non è ancora possibile scrivere con certezza la parola fine. Infatti dopo aver annunciato
al congresso del
Ppe e poi in pubblico venerdì
scorso
che aveva voglia di
«esserci, perché so di poter par
lare a quella piazza ed è un'occasione da non perdere per rior
ganizzare il centrodestra», l'ex
premier sembra aver cambiato
idea.
Ieri, raccontano i tanti che
hanno avuto modo di parlarci,
il suo umore era diverso: «Meglio che non vada, meglio di no.
In tanti melo avete sconsigliato,
e in effetti capisco che possa esserci rischio di contestazioni, fischi o altro. Quella non è la nostra piazza, rischia di essere so-
lo della Lega, e non del centrodestra», il succo del suo
discorso. Nel partito, d'altronde, quasi tutti avevano mostrato
dubbi, soprattutto i fautori della linea moderata fedele al Ppe,
da Tajani a Romani. Ma anche
dalla famiglia e dai vertici
aziendali sarebbe stato suggerito lo stop, come pesano le «ra
gioni di sicurezza» rispetto a
una piazza nella quale si teme la
presenza di frange estreme di
destra e di sinistra.
I tanti dubbi hanno portato a
una ambigua nota diramata nel
pomeriggio dal partito: alla ma
nifestazione sarà presente «una
delegazione istituzionale» di FI,
non meglio specificata. In teoria potrebbe essere guidata dallo stesso Berlusconi, oppure essere limitata a capigruppo, coordinatori locali
(Bernini), al presidente della Liguria Toti. Si vedrà nelle prossime ore, tenendo conto del fatto
che la macchina organizzativa
L'iniziativa
Si chiama
«Blocca Italia»
la tre giorni di
protesta che la
Lega ha
organizzato da
venerdì contro
il governo
Renzi e che si
concluderà
domenica a
Bologna con la
«Giornata di
liberazione
nazionale»
i parlamentari
che fanno
parte di Forza
Italia (42
senatori e 63
deputati)
azzurra per portare militanti
non si è fermata, dunque FI sicuramente assicurerà la sua
presenza e vicinanza. E soprattutto non è confermato ma neppure smentito un faccia a faccia
tra Salvini e Berlusconi prima di
domenica.
t stato lo stesso leader della
Lega ieri mattina ad annunciar
lo, prima della mezza marcia indietro di Berlusconi che ha
molto irritato lui e il suo partito,
tanto che i capigruppo Centina
io e Fedriga si sono detti «stupiti e dispiaciuti che qualcuno si
sfili dalla sfida a Renzi facendosi magari tentare dai canti delle
sirene del Pd».Da FI replica la
Bergamini: «Niente sirene, chi
le ha ascoltate si è infranto sugli
scogli». Ma lo stesso Salvini in
serata
dopo aver protestato
con più di un big azzurro
ha
avvertito che «chi non è in piazza sbaglia», augurandosi e «immaginando» che il Cavaliere ci
sarà. E potrebbe essere proprio
l'incontro fra i due, magari già
oggi, a sciogliere il nodo, partendo dai contenuti del messaggio che si vorrà mandare,
dalle presenze e dalla rassicurazione che non ci si trovi davanti
a una piazza ostile.
Intanto, a «offrire» a Berlusconi e ai suoi una manifestazione alternativa, a Roma e
sempre domenica, è Raffaele
Fitto, perché «chi va a Bologna
rischia di "affidarsi" alla Lega,
alle sue parole d'ordine, adottandole senza discussione», per
questo «sarebbe bene che gli
esponenti di FI colgano l'occasione della nostra iniziativa».
Paola DI Caro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Berlusconi,
inizialmente,
aveva detto:
«A Bologna ci
sarò». Ma in FI
si sono levate
diverse voci
critiche e ora il
leader azzurro
è in dubbio
Grillo: "Hai paura". Renzï: "Fai ridere"
Scontro tra il leader del M5S e il premiersull'Italicum dopo la proposta avanzata l'altro ieri dal deputato dem
Lauricella di correggere il sistema elettorale. Ma il segretario democratico lo stoppa: "Non si tocca"
ROMA. Alessandro Di Battista
esce dall 'aula sventolando i fogli
della proposta di legge Lauricella
che chiede di cancellare il doppio
turno dell'Italicum. Evidenziata
in giallo, con un grande asterisco
accanto, c 'è la parte in cui si parla del rischio di un « effetto Parma» di dimensioni nazionali.
«L'ha scritto, non posso crederci,
l'ha scritto!», scandisce plateale
il deputato. Secondo i 5 stelle, il
Pd avrebbe ammesso in questo
modo di voler cambiare la legge
elettorale per ostacolare l'ascesa
del Movimento ( che a Parma aveva ribaltato il voto dei primo turno passando dal 19 al 60 per cento). li tam tam è partito in rete,
come sempre orchestrato dal
blog di Beppe Grillo, che posta
una foto del deputato della minoranza pd Giuseppe Lauricella definendolo « inventore della clau-
Gli ultimi sondaggi
assegnano la vittoria ai
grillini in caso di
ballottaggio con il Pd
sola anti-M5S». Da lì giù insulti,
nei commenti e su Twitter, dove
il capo politico del Movimento
lancia il sondaggio: «Il Pd ha paura o è terrorizzato?», con un'ampia prevalenza della seconda risposta e improperi di ogni tipo
(compreso il «tu devi morire» di
un fan grillino).
Poco importa se il capogruppo
democratico alla Camera, Ettore
Rosato abbia detto in radio, a Un
giorno da pecora: «Lauricella
stai sereno, per me la legge elettorale non si cambia». E se la mossa sembri più che altro un tentativo della minoranza pd di convincere Matteo Renzi a cambiare
idea e inserire il premio di coalizione. Che per ora non ne abbia
alcuna intenzione, il premier lo
dice chiaro all'assemblea dei parlamentari pd: «Non sono d'accordo con la proposta Lauricella, ma
i grillini che difendono l'Italicum
fanno morir dal ridere». E poi:
«Hanno più apparizioni in tv che
preferenze». Lo stesso Lauricella
- in un pomeriggio passato tra il
voto in aulae il Transatlantico-ripete che la sua è una posizione
personale: «È una battaglia che
faccio da un anno. li ballottaggio
in questo modo è incostituzionale, non esiste al mondo il doppio
turno per l'elezione di un organo
parlamentare. E il bello è che loro
erano d'accordo con me!». Ferma
Di Battista, tenta di spiegare:
«Mati rendi conto che mi attaccate per la stessa cosa per cui mi
avete dato ragione in aula? Quando l'ho presentato come emendamento alle riforme il vostro Danilo Toninelli ha preso la parola per
darmi ragione. Ma non eravate
contro l'Italicum?». La domanda
rimane sospesa. Alfonso Bonafede, vicepresidente della commis-
sione Giustizia, chiede quasi in
confidenza: «Dimmi la verità, lo
volete cambiare?».
Perché è vero che ancora ieri
Roberto Fico definiva l'Italicum
peggiore del porcellum, e che i 5
Roberto Fico:
ma questa legge
elettorale è peggiore
del Porcellum
stelle hanno detto più volte divolere che la legge elettorale cambi. Solo che, dichiarazioni a parte, non hanno mai fatto nulla perché accada. «Il mandante di Lauricella è Renzi», sosteneva ieri
Luigi Di Maio (al che l'accusato ribatteva: «E lui cos'è? L'esecutore
di Casaleggio?»). La ragione di
tutto sono i sondaggi: quello del
lunedì per il Tg di La 7, postato
da Grillo sul blog, vedrebbe i 5
stelle - in caso di ballottaggio - al
50,6 per cento contro il 49,4 del
Pd. Simile a quello di Alessandra
Ghisleri per Ballarò, che dà il Pd
al 49,8 per cento e il Movimento
al 50,2. «Agennaio-spiega lasondaggista - i democratici erano al
53 e l'M5S al 47. Il vantaggio dei
5 stelle è in continua crescita - come partito sono al 27 per cento anche perché, sembra che tutti
stiano lavorando per loro»,
ITALICUM
La nuovo legge
elettorale, approvata
nel maggio del 2015,
prevede il
ballottaggio se
nessuna lista supera
i140%
NO BALLOTTAGGIO
II deputato dem
Giuseppe Lauricella ha
depositato un ddl che
elimina il ballottaggio
dall'Italicum per
evitare `l'effetto
Parma"
PREMIO COALIZIONE
La minoranza dei Pd
e l'Ncd di Alfa no
invocano la modifica
dell'Italicum. In
particolare, chiedono
l'introduzione del
premio alla coalizione
PROPOSTA ALATI-M5S
Secondoi
parlamentari dei M5S,
la proposta del
democratico
Lauricella serve a
ostacolare l'ascesa
dei pentastellati
GRILLO ALLEATO DI RENZI
A DIFESA DELL'ITALICUM
rillo accusa i Democratici di essere anti-
democratici, denuncia Renzi di volergli
sottrarre la legge
elettorale siccome teme di perdere la battaglia elettorale.
L'Italicum - che per i Cinquestelle era la pietra dello scandalo, lo strumento con cui il leader del Pd voleva trasformare il
Paese in un regime - da ieri è
diventato un baluardo da difendere contro i colpi di coda del
regime. Contrordine grillini,
non è più l'ora di organizzare
un referendum abrogativo: oggi la missione è difendere dall'abrogazione quelle stesse norme che pure erano state scritte
«da Renzi con VTerdini ». E così
che nel Movimento si smarrisce
il senso della misura, oltre che
il limite alla decenza. Ma in fondo ai populisti non appartiene
la dote della coerenza, ogni occasione è buona solo per l'arringa. E a Grillo questo serviva
ieri quando ha denunciato la
proposta di legge presentata
dal deputato del Pd Lauricella
- esponente della minoranza
interna - che con buona dose
di malizia prospetta una con-
troriforma dell'attuale riforma,
un sistema di voto in base al
quale verrebbe eliminato il ballottaggio, e il premio di maggioranza sarebbe assegnato solo alla lista che supera il 40i.
Altrimenti i seggi andrebbero
distribuiti su base proporzionale. Si tratterebbe di un ritorno alla prima Repubblica, perché i governi tornerebbero ad
essere frutto di accordi tra partiti in Parlamento. Sarebbe,
questa sì, la fine di Renzi e del
renzismo, che poi è l'obiettivo
dichiarato della minoranza
dem. Perciò il premier non
avrebbe mai potuto appoggiare
una simile proposta, e infatti
non ha perso tempo a sconfessarla. A questo punto Grillo si
ritrova al fianco del suo acerrimo avversario, e - se la politica avesse ancora una regola da difensore dell'Italicum d'ora
in poi dovrebbe sostenerne le
ragioni sul blog, nelle piazze e
in Parlamento. A meno che, anche stavolta, il capo dei Cinquestelle non chieda una deroga alla coerenza, che in fondo non è
la dote richiesta ai populisti.
Francesco Verderami
0 RIPRODUZIONE RISERVATA
Ogni eletto rinuncia
a parte dello stipendio
Ma la politica costa:
c'è chi spende tutta la diaria
e chi restituisce 3 mila euro
di Renato Benedetto
MILANO La politica costa: anche
per chi ha fatto del taglio ai costi della politica un cavallo di
battaglia, come i Cinque Stelle.
Costa vivere a Roma, ad esempio, e pagare lo staff. E questo
fa sì che ogni mese una buona
parte dei rimborsi venga trattenuta, anche dai pentastellati.
Tra diaria e fondi per l'esercizio del mandato, le Camere
versano mediamente dai 7 ai lo
mila euro al mese circa per parlamentare. Pochi emettono regolarmente bonifici «di restituzione» della diaria che superano i 2 mila euro, stando ai dati 2015. Di più invece, una
cinquantina (sui 127 tra Camera e Senato), i 5 stelle che non
rimandano indietro, in media,
più di mille euro al mese. E il
resto, quei 6-7 mila euro mensili di rimborso? Sono i costi
della politica. Legittimi, anche
per un Movimento che si è definito «francescano» e che, in
passato, ha deciso espulsioni
portando agli atti gli scontrini.
Ma il M5S in questi anni ha
avuto una sua evoluzione. E
forse anche l'integralismo sui
soldi può essere rivisto.
Premessa: i pentastellati
fanno a meno ogni mese di
parte dello stipendio. Esempio: un deputato a cui spettano
5.034 euro ne incassa 3.283. La
differenza (1.751) va al fondo
per le piccole imprese (dove il
M5S ha versato finora 14 milioni). I bonifici sono sul sito Tirendiconto, con i dati su diaria
e rimborsi, cioè la parte dei
compensi parlamentari che,
per il M5S, va trattenuta solo
per le spese rendicontate: il resto va al fondo per il microcredito. Da qui, fuori dallo stipendio base, si pagano casa (solitamente nelle dichiarazioni
M5S si legge di affitti per circa
1.5oo euro al mese), pasti, telefono, trasporti, staff (di norma
tra i 3 e i 5 mila euro), consulenze, eventi sul territorio e
spese varie. Che prendono
buona parte dei 7-1o mila euro
a disposizione.
Quanto di questo viene restituito? Nei rendiconti 2015
(molti aggiornati fino a mag-
gio) si scorgono disparità di
spesa. Ci sono, appunto, i pochi (circa 25) che versano con
regolarità cifre che si attestano
in media sopra i 2 mila euro o,
in certi casi, oltre i 3: al Senato,
Sergio Puglia restituisce spesso più di 4 mila euro; Loredana
Lupo ha ridato in un mese oltre 6 mila euro; alla Camera,
Massimiliano Bernini è tra i
più virtuosi. C'è poi un'ampia
fascia che versa in media tra
mille e duemila euro. Il resto è
sotto i mille.
Per otto parlamentari, le restituzioni mensili sul sito segnano «zero». Daniele Del
Grosso, deputato, ha ricevuto
rimborsi forfettari che variano
da 7 a lo mila euro al mese:
non ne ha restituito nulla, fino
a maggio. Così Nunzia Catalfo
(i rendiconti si fermano a marzo, mese in cui ha segnato oltre
70o euro di taxi). Zero per Federica Dieni, Dalila Nesci,
Claudia Mannino, con 1.8oo
euro di spese per il vitto in un
mese, Maria Edera Spadoni,
con 1.6oo euro tra pranzi, cene
e bar solo a febbraio (il vitto, ri-
storanti inclusi, supera i mille
euro per diversi parlamentari,
nonostante Camera e Senato
abbiano servizi a prezzi convenzionati. Zero restituzione
per Gianni Girotto e Nicola
Morra: tra le spese dell'ex capogruppo un affitto da 2.155 al
mese. Il rendiconto di Arianna
Spessotto a gennaio mostra la
restituzione di 3 euro e 59 centesimi contro lo mila euro di
rimborso. Marta Grande, tra
gennaio e maggio, ha restituito
in tutto 333 euro di diaria: è di
Civitavecchia, paga un appartamento a Roma 1.8oo euro al
mese, ma le spese per l'alloggio, con pulizia e bollette anche sopra 40o euro, superano i
2.200 euro.
C'è chi spende più per voci
«politiche» che per vitto e alloggio. Roberta Lombardi, romana, non ha il problema della
casa. Nei primi sei mesi dell'anno registra una sola restituzione della diaria da 514 euro,
poi zero. Dichiara a volte spese
Casa
personale costa dai 3
ai 5 mila euro. E per
l'affitto le cifre sono
intorno ai 1.500 euro
superiori ai circa 7 mila euro di
rimborsi mensili: a parte la curiosità di un 1.054 euro alla voce «Ztl», il grosso va via tra collaboratori (circa 5 mila euro) e
consulenze (oltre mille).
Così come quello di Luigi Di
Malo. Che ha rinunciato ai trattamenti da vicepresidente della
Camera, ma ha restituito meno
di 476 euro complessivamente
nei primi 5 mesi dell'anno.
«Francescane» le spese di alloggio e vitto: il grosso, per uno
dei volti più noti del MSS, è soprattutto sulla partecipazione a
eventi sul territorio (in alcuni
mesi per quasi 5 mila euro).
Altri membri del direttorio
si mostrano più solerti nella
restituzione, come Alessandro
Di Battista, spesso oltre i 2 mila
euro di rimborso, e Roberto Fico. Ma anche per loro le spese
sono soprattutto tra staff e
consulenze. I costi della politica, appunto.
Diaria e rimborsi restituiti nei primi cinque mesi del 2015
v
J"%
51 4
476
10.627
Roberta Lombardi
Nel 2015, la deputata
ha restituito 514 euro di
rimborsi a marzo: negli
altri mesi zero. Tra le
spese anche 1.054 euro
per permessi Al nella
Capitale
Luigi Di Maio
euro di rimborsi, ha
segnato spese per 8.547
euro (2.179 per la casa)
Maria Edera Spadoni
Deputata, zero diaria al
fondo per le imprese nei
primi 5 mesi dei 2015: a
maggio la sua pagina
segna 6.986 euro di
rimborsi e 8.098 di spese
(per collaboratori 3.960)
In 5 mesi ha ridato 476
euro di diaria non usata:
7.193 euro i rimborsi a
maggio; spese dichiarate
7.426 (poco per casa e
vitto, quasi 5 mila per
eventi sul territorio)
Alessandro Di Battista
Deputato, ha versato
oltre 10 mila euro
in 5 mesi: a maggio
ha ricevuto rimborsi
per 6.573 euro; il suo
bonifico di restituzione
diaria è di 1.973
16. 635
17.086
13 . 6î4
334
6.585
Loredana Lupo
Da gennaio a maggio
2015 ha restituito più di
16 mila euro. Ad aprile la
cifra record: ha dato
indietro 6.164 euro tra
rimborsi forfettari e diaria
Sergio Puglia
Oltre 17 mila euro
restituiti da gennaio a
maggio: mese in cui ha
segnato zero come spese
di affitto (è residente a
Portici, Napoli)
Daniele Pesco
Rimborsi non utilizzati e
dati indietro per oltre 13
mila euro nei primi
cinque mesi dei 2015: a
gennaio il suo bonifico
segna 4.787 euro
Marta Grande
Roberto Fico
Il deputato ha restituito
zero rimborsi a marzo,
oltre 3 mila il mese dopo:
nei 5 mesi oltre 6.500
euro. Ha speso in tutto
2.971 euro di taxi
Federica Dieni
Deputata, non ha
restituito diaria da
gennaio a maggio:
quando, a fronte di 6.686
La deputata nel 2015 ha
reso parte della diaria
solo a gennaio (284) e
marzo (50). L'affitto è di
1.800 euro, ma con le
spese si arriva a 2.200
L'inchiesta
di Massimo Franco
vero: filtra una paura profonda, oscura,
perfino feroce. «Ma il panico non è della
Chiesa. Semmai, è di chi teme una Chiesa
più forte, meno attaccabile. Non siamo di
fronte a una seconda Vatileaks. Non ce ne sono né
gli elementi né i presupposti, anche se l'impressione può essere questa; e anche se qualcuno magari spera di destabilizzare il papato». Monsignor
Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, è
uno degli uomini più vicini a papa Francesco nell'episcopato italiano. E la sua lettura dell'ultimo
scandalo che investe il Vaticano cerca di essere
fredda. Non minimizza, ma neppure esagera
quanto accade. Analizza il comportamento attribuito a monsignor Vallejo Balda e alla lobbista
Francesca Chaouqui come il riflesso di abitudini
mentali e resistenze che nascono dalla profondità
della «rivoluzione» di Jorge Mario Bergoglio.
E affiora la convinzione che l'ultimo trafugamento di documenti riservati non riuscirà a proiettare un'immagine devastante sul «nuovo» Vaticano. «Questa storia è in gran parte una minestra
riscaldata», azzarda un cardinale italiano. «È il
prolungamento di episodi e personaggi del passato, anche se i nomi appaiono nuovi. Ma ricordiamoci che Balda è stato "ereditato" da Francesco. Anche se l'ha messo lui nella commissione
che doveva riformare le finanze vaticane. Quanto
alla Chaouqui, si era capito subito che era stata
una scelta sbagliata». Tanto che dopo i primi sospetti, oltre un anno fa, il pontefice aveva avallato
gli accorgimenti per limitare il suo accesso alle
stanze e ai documenti più riservati.
Ma evidentemente, era già troppo tardi se, come sembra, le accuse contro i due saranno confermate. Il problema è che «noi lavoriamo per
l'eternità ma viviamo nel tempo», spiega un ecclesiastico. E la tempistica degli arresti a ridosso
della pubblicazione di due libri costruiti in gran
parte sulla base del materiale rubato, è stata commentata con accenti diversi: anche se pare che
una delle ragioni sia stata quella di fare controllare e decrittare in uno Stato straniero il contenuto
del telefono cellulare sequestrato a monsignor
Balda. Di una cosa, tuttavia, si è certi: Francesco
tirerà diritto. Il processo di riforma che ha aperto
«è irreversibile», conferma anche il direttore di
Avvenire, quotidiano della Cei, Marco Tarquinio.
Anche se ieri mattina, durante la messa nella piecola cappella di Casa Santa Marta, dove vive, il
pontefice è apparso provato e addolorato, racconta un ecclesiastico presente.
La differenza con Vatileaks, che portò alle dimissioni di Benedetto XXI nel febbraio del 2013, è
che questa volta nessuno della cerchia stretta di
Francesco è coinvolto. Si ha semmai la conferma
di un accerchiamento che lo scalfisce indirettamente. La lunga manovra di screditamento del
pontefice argentino non passa attraverso la sua
persona: non riuscirebbe mai. Agisce sui fili sensibili, inquinati e inquinanti, e spesso invisibili,
che incrociano il passato recente. Fa emergere la
miseria umana di alcuni ecclesiastici affamati di
carriera e di voglia di vendetta. Illumina in modo
impietoso gli angoli bui di una parte della nomenklatura papalina. Ma fa leva anche sugli errori di una «rivoluzione» contraddetta a volte dalla
scelta di persone controverse.
E il rosario di fango alla fine dà corpo ad un risultato quasi tangibile: dimostrare che «prima» e
«dopo», l'epilogo del papato di Benedetto XVI e le
riforme di Francesco, sono impastati in modo indissolubile. Mettono in scena burattini dalle fattezze, anche interiori, banali nella loro ripetitività; e lasciano nell'ombra burattinai potenti. Evocano la scivolosità, per non dire la pericolosità di
una sfida ad un mondo vaticano ed ai suoi referenti economici, della quale il Papa forse non ha
saputo o potuto ancora misurare fino in fondo le
conseguenze. Evoca stormi di «corvi» pronti ad
altre rivelazioni dissacranti. Un Papa che arrivando dal Sud America schiera simbolicamente la
Chiesa «all'opposizione», non è senza conseguenze.
Tanto più se si scontra con una Roma sconosciuta, misteriosa e infida come una giungla tropicale. H Papa conosce i drammi e la criminalità
delle periferie mega-urbane di Buenos Aires: è
meno esperto di intrighi «romani», e della fauna
umana che li popola da sempre. I personaggi balzati alla ribalta, ritratti con i sorrisi soddisfatti
dalle frequentazioni mondane, monsignor Balda
e la lobbista Francesca Chaouqui, sono comparse
intercambiabili. Riflettono un mondo, un habitat. Il problema è che sono emersi come figuresimbolo della nuova era, e questo non può non
confondere. Chiamano in causa le capacità e i
meccanismi di selezione del papato argentino.
«A Francesco andrebbe suggerito un buon capo del personale», annota semiserio un top manager italiano, preoccupato dalla sensazione di
sfascio che la Chiesa cattolica finisce per dare suo
malgrado. Suona come una provocazione, ma nel
suo semplicismo addita un problema sentito acutamente. Riecheggia un'accusa ricorrente: Francesco non sempre sceglie bene i propri collaboratori. Ma «chi ci dice che non esista una necessità
di purificazione della Chiesa anche attraverso
scandali di questo tipo? Che le umiliazioni di questi giorni non servano ad andare avanti col cambiamento?», si chiede Galantino. «Lo stesso Benedetto XVI scolpì parole molto forti in proposito. Avrei preferito che tutto questo non accadesse,
però...». E aggiunge: « Oportet ut scandala eveniant». Anche se le loro dimensioni minacciano
di sfigurare perfino la Chiesa di Bergoglio.
© RIPRODUZIONE RISERVA-A
Galanti no: non riuscirà il tentativo
di destabilizzare Francesco
C 9 e una sfida a un mondo vaticano
e ai suoi referenti economici
Nessuno dei coinvolti è nella
cerchia stretta del Papa
Semmai c'e un accerchiamento
che lo scalfisce indirettamente
Vescovo
Monsignor
Nunzio
Galantino, 67
anni, dal '96
cappellano di
Sua Santità, è
segretario
generale della
Conferenza
episcopale
italiana dal 25
marzo 2014
TAt parola
VATILEAKS
Con l'espressione ci si
riferisce allo scandalo
scoppiato nella Città del
Vaticano nel 2012. Vennero
alla luce divisioni e
contrasti sugli indirizzi di
governo del Vaticano e sulla
gestione dello lor, la banca
della Santa Sede. Più in
generale con il termine
inglese leak si indica la fuga
di notizie: si chiamava
WikiLeaks l'organizzazione
guidata da Julian Assange
che nel 2007 rivelò migliaia
di documenti coperti da
segreto.
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Mafia Capitale, fino a 5 anni pero imputati, oggi parte il maxi proc
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ROMA. «Occorre ristabilire la verità: Renzi voleva Roma
sotto il suo diretto controllo e se l'è presa». Ignazio
Marino dichiara guerra al presidente del Consiglio e usa
tutti i mezzi possibili. E annuncia che ha intenzione di
presentarsi alla future primarie. Se ci saranno L'attacco
contro Palazzo Chigi parte dalle pagine del sito Facebook
dell'ex sindaco di Roma e si conclude in serata davanti
alle telecamere di " diMartedì" di
Giovanni Floris. Con Marino
impegnatissimo a raccontare la sua
verità. Narrazione che è abbastanza
semplice: «Renzi mi attacca e offende sul
piano personale per coprire con la
"damnatio memoriae- una spregiudicata
operazione di killeraggio che ha fatto esultare i tanti
potentati che vogliono rimettere le mani sulla città». L'ex
sindaco, adesso vuole essere chiamato solo "professore",
affonda i colpi contro il premier che «non è stato mai
eletto«. Lui, ricorda, ha vinto le primarie ed è stato votato
dai romani. Adesso, conclude, «mi trovo "destituito"
davanti ad un notaio da 19 consiglieri dem più qualcuno
eletto con Gianni Alemanno. Senza un dibattito
trasparente nell'aula Giulio Cesare». Qualcosa che è «uno
schiaffo in faccia a centinaia di migliaia di cittadini che
mi avevano votato».. Marino dice anche che è un anno
che non sente Renzi e che non ha dossier segreti in
mano. Primi assaggi di una campagna elettorale che, al
momento vede in campo il solo Alfio Marchini. Ma ieri
sulla sua testa è caduto l'anatema di Giorgio Squinzi. «Mi
sfuggono le prodezze di Marchini come imprenditore.
Vedremo». ha detto il presidente di Confindustria. «Per
me è sufficiente aver dato lavoro nel mio paese a migliaia
di famiglie», ha risposto Marchini. Botta e risposta che
arrivano alla vigilia dell'apertura del processo a Mafia
Capitale che si apre domani. Evento preceduto dalla
concessione degli arresti domiciliare a Luca Odevaine,
uno dei principali imputati. Ieri, inoltre, si sono celebrati
i processi con il rito abbreviato. Sono arrivate quattro
condanne: quattro anni a Raffaele Bracci e Fabio
Gaudenzi per usura; sempre quattro anni a Emanuela
Salvatori per corruzione; cinque anni e quattro mesi a
Emilio Gammuto con l'aggravanrte del metodo mafioso.
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A Gabrielli più poteri per il Giubileo
Renzi vede il prefetto, possibile anche la nomina a commissario per l'evento. Il «riequilibrio» con Tronca
Marino accusa il leaderpd: «Io eletto, lui no. Ha bulimia di potere e cacciai non allineati. Primarie? Vincerei»
1,3 vàcEknda
Ignazio
Marino, 60
anni, è stato
eletto sindaco
di Roma nel
2013
Dopo mesi di
tensioni perle
inchieste su
Mafia capitale,
a settembre è
contestata a
Marino la
legittimità di
alcune spese
Il 12 ottobre
il sindaco firma
le dimissioni
ma poi le ritira
entro i 20
giorni di tempo
concessi dalla
legge. 1130
ottobre la
giunta decade
a causa delle
dimissioni di 26
consiglieri. È
nominato
commissario
Francesco
Paolo Tronca,
ex prefetto di
Milano
ROMA Il vertice a Palazzo Chigi e
l'ipotesi di «due emergenze,
due squadre» che prende corpo. Matteo Renzi incontra
Franco Gabrielli, in un vertice
blindatissimo, neppure confermato dallo staff del premier.
Ma l'obiettivo era chiaro: «massaggiare», come dicono nel Pd,
il prefetto di Roma, che era apparso piuttosto «resistente» alle ipotesi di diarchia tra lui e
Francesco Paolo Tronca, l'ex
prefetto di Milano ora commissario al Campidoglio.
Gabrielli, nei giorni scorsi,
aveva espresso i suoi dubbi. E,
da parte sua, sarebbe stato più
sulla linea di Raffaele Cantone:
una sola squadra in campo,
quella di Tronca e dei suoi subcommissari. Ma, da ora in
avanti, Roma è la «trincea» del
Lasicu rezza
Gabrielli avrà anche la
gestione di sicurezza e
ordine pubblico: in
arrivo 3.600 uomini
premier, che cercherà di utilizzare questi 7-8 mesi prima delle elezioni per far dimenticare
Ignazio Marino e rilanciare
l'azione del Pd. E, per farlo, gli
servono due team al lavoro.
Uno, con Gabrielli e varie personalità (Giovanni Malagò alle
Olimpiadi, Carlo Fuortes alla
Cultura). L'altro con Tronca,
formato da funzionari dello
Stato (tra i nomi quello del prefetto Riccardo Carpino).
Per fugare i dubbi di Gabrielli, legati anche ai poteri che gli
sarebbero assegnati, Renzi starebbe pensando di varare (for-
se già oggi) il decreto su Roma.
L'ipotesi, adesso, è che Gabrielli venga nominato commissario per il Giubileo (finora era
solo coordinatore degli enti locali) e che gli vengano affidati
anche i soldi (2-300 milioni)
che arriveranno con la legge di
stabilità. Sicuramente, in qualità di prefetto, Gabrielli - ieri
c'è stato anche il vertice in Prefettura col ministro degli Interni Angelino Alfano e con Tronca - avrà la gestione della sicurezza e dell'ordine pubblico:
a Roma arriveranno 3.600 uomini. Secondo Alfano il prefetto «curerà il raccordo tra lo Stato e gli enti territoriali» e verranno istituiti «otto gruppi di
lavoro, dai trasporti alle telecomunicazioni, dalla sanità alla
protezione civile, dalla comunicazione ai rapporti col Vaticano». E Tronca? Il commissario
annuncia che «la prima squadra sarà pronta la settimana
prossima: prima devo conoscere problematiche e dinamiche
dell'ente, poi definisco le priorità e dopo ancora la scala delle
priorità». Tradotto: Tronca lavora ad un programma da qui a
sei mesi. Ci sono anche due
suggestioni. Una è quella lanciata dall'ex assessore Stefano
Esposito: «Un commissario ai
Trasporti per due anni e mezzo, che sistemi Atac». Secondo,
inserire anche un esperto di
comunicazione: «Perché - ragiona un deputato - quello
che facciamo dovremo anche
raccontarlo».
E Marino? Ieri è andato ospite da Giovanni Floris, a diMar-
tedi. L'obiettivo, ormai, è fare
l'anti-Renzi: «Si è preso Roma
- dice l'ex sindaco, che si fa
chiamare «prof» - ma io sono
stato eletto. Lui no». E poi: «C'è
una pericolosa bulimia di potere, che elimina gli anticorpi democratici. Chi non si allinea,
non ripete a pappagallo i suoi
slogan viene allontanato o bandito». Si candiderà alle primarie Pd? «Sto valutando. E molto
possibile che le vincerei». Renzo? «Non lo sento da un anno,
non mi ha voluto parlare neppure al telefono». Il Papa? «La
vita ci offrirà nuove occasioni
di dialogo». Chi sono i leader
Pd che l'hanno chiamata dopo
le dimissioni? «Orfini, Causi,
Esposito». E pensare che qualcuno aveva creduto fossero
Bersani, D'Alema, Cuperlo...
Ernesto Menicucci
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