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Giornale studentesco del Liceo Ginnasio E. Montale
Redazione autogestita e divulgazione ad uso interno agli Istituti scolastici
anno XVII
Secondo numero
Marzo 2011
T itolo br ano pr incipale
Editoriale
Salve Bella Gente!
Sembra proprio che la nostra “paternale” di Dicembre vi abbia
spronato a dar sfogo alla vostra immaginazione e a mettere su
carta i vostri mille pensieri! Inutile dire che noi caporedattori ci
siamo commossi vedendo arrivare tutti questi articoli; non potevamo proprio credere ai nostri occhi e sembrava quasi di essere
in un sogno. Dite la verità: adesso vi sentite meglio anche voi,
avendo collaborato all’uscita di questo numero vero? Riusciamo a immaginare i vostri cenni d’assenso, non preoccupatevi!
Quindi, continuate così e scrivete, scrivete e ancora scrivete; ve
lo diciamo, oltre per il solito motivo, perché la terza uscita di
quest’anno è in forse, perché mancano i fondi necessari. Se però
vi impegnerete al massimo negli articoli, o nella ricerca degli
sponsor, anche noi ci impegneremo al più che massimo per preparare una nuova uscita!!
E con questo vi salutiamo e vi auguriamo una buona lettura!!!
Gaia Mazzon e Gianmarco Zamuner
TIPOLITOGRAFIA COLORAMA s.n.c.
Di Fani Fabio e Pelizzon Gianluca
30027 SAN DONA’ DI PIAVE (VE) Via Garda 13– tel. 042140225
fax 0421 224749
www.tipografiacolorama.com - e mail: [email protected]
Sommario
U
L
t
I
m
O
L’attualità
Il bene e il male
di Jason ………………………………………………...
L’immigrazione
di Andrea Ceolin ………………………………………………….. ...
pag. 4 -5
pag. 6 -7
Fratelli d’Italia
di Leonardo Rochiadin …………………………………………………..
pag. 7
Un orrore che si poteva risparmiare
di Mara Cavallin ………………………………………………………….
pag. 8 -9
La speranza va dissolvendosi
di Debora Gnes ………………………………………………………..
pag. 9 -10
Cash for Chaos
di Giordano Segato e Giulio Minetto …………………………….
pag. 10
Noi, Arabi, fottuti terroristi
di Majda El-Ofairi ………………………………………
pag.10 -13
Il Montale e dintorni
Seconda festa classica …………..
pag. 13
A tu per tu con...la nuova entrata in squadra
a cura dei caporedattori …………………………….
pag. 14
Giacomo Noventa e...la Moka
di Gianmarco Zamuner ………………………..
B
A
n
C
O
pag. 15 -16
Una data molto attesa
a cura dei caporedattori ………
pag. 16 -17
“Ultimo Banco” è il giornale studentesco del Liceo Ginnasio “E.Montale”, e della scuola fa parte la
redazione. L’attività è autogestita dagli studenti. La divulgazione di questo giornale è ad uso interno
agli istituti scolastici.
La redazione
Direttori responsabili
Gaia Mazzon & Gianmarco Zamuner
Collaboratori Michele Di Gesù, Letizia Babbo, Giorgia Lunardelli, Enrico Davanzo,
Giulia Callino, Elena Degan, Luca Nucera, Arianna Bandieramonte, Sara Sassi, Angela Silecchia, Giovanni Zucchetta, Vera Buffolo, Debora Gloria Gnes, Francesco Maschietto, Silvia
Bianchin, El-Houmadi Sanaa, Sara Prestera, Mara Cavallin, Giovanna Aliprandi, Roberta De
Bernardi, Sara Gerotto, Giacomo Girardi, Silvia Mellone, Giulio Minetto, Giordano Segato,
Giulia Vettori, Eleonora Marin, Pietro Vallese, Matteo Manesso, Diego Scantamburlo, Daniele Toffoletto, Veronica Teso
Sede legale
Stampa
Liceo Ginnasio “E. Montale”
Viale Libertà, 18
30027 San Donà di Piave (VE)
Tipolitografia Colorama s.n.c.
Via Garda, 13
30027 San Donà di Piave (VE)
Per ottenere informazioni, [email protected]
Oppure, contattare [email protected] (mail Gianmarco Zamuner)
Chiuso in redazione il giorno 10 Marzo 2011
Per le eventuali involontarie violazioni della proprietà letteraria ed artistica siamo sin da ora disponibili ad una equa transazione (legge 662/96)
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ULTIMO BANCO- anno XVII
Secondo numero. Marzo 2011
Momenti di creatività
C’è una barca che si muove
di Beatrice Carmello ……………………………………….. pag. 18
It was the midnight
di Giorgia Lunardelli ………………………………………………..
pag. 19
Io, Albero, Dio
di Giacomo Girardi …………………………………………………
pag. 20
Neve di Maggio
di Sara Sassi ……………………………………………….. pag.20
Svago
Ipse Dixit……………. pag. 20
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Attualità
ULTIMO BANCO – anno XVII
Attualità.
Il bene e il male
di Jason III A
Bene e Male. E’ stupefacente come si faccia abuso quotidianamente di queste due parole senza
effettivamente avere una parvenza di idea di cosa esse rappresentino. Solo nomi, che assumono
significati diversi a seconda delle
situazioni e delle contingenze che
ognuno di noi è costretto a vivere.
Esiste poi l’etica, ovvero quella
disciplina filosofica che da sempre cerca di sottrarre questi due
concetti al dominio del relativismo del senso comune. Grossolanamente possiamo definirla come
la ricerca di una definizione adeguata di ciò che nel comportamento umano è giusto e sbagliato, il tentativo di far corrispondere ai nomi Bene e Male delle realtà concrete e ontologicamente
definite, da cui trarre l’origine dei
principi morali su cui si dovrebbe
impostare una corretta vita individuale.
Vorrei partire nel mio ragionamento da Sant’Agostino, uno dei
più rilevanti pensatori cristiani, il
cui insegnamento sta alla base
della meditazione etica di quella
religione che tanto ha contribuito
alla formazione della civiltà europea e occidentale, il Cristianesimo. Di fronte al dilemma di come
fosse possibile che il Dio Unico e
Perfetto, e come tale infinitamente Buono, potesse permettere il
Male nel mondo, il filosofo della
Patristica risolve il problema definendo il male come negazione
ontologica del Bene, facendo proprio e rielaborando uno degli insegnamenti fondamentali del platonismo. In altri termini, più l’uomo è lontano da Dio e conse4
guentemente da ciò che lo rappresenta, l’insegnamento cristiano,
più esso è malvagio (o peccatore,
usandone la terminologia).
La soluzione agostiniana è efficace e soddisfacente però solo nel
caso in cui si ammetta l’esistenza
di Dio, cosa questa che appartiene al dominio della fede, e come
tale non della ragione, che esula
da qualsiasi forma di dogmatismo
ed apriorismo religioso. Ci si apre
di fronte a questo punto uno dei
problemi fondamentali dell’etica:
nel momento in cui si “rimuove”
Dio, la cui esistenza è razionalmente solo possibile, come pre-
messa ad ogni ragionamento, in
che modo si riesce a giustificare
la necessità dell’etica? Rimuovendo il Divino, a ben vedere la
chiave di volta nella storia di risoluzione di ogni problema etico
e metafisico, perché non potrebbe
essere lecito capovolgere la proposizione agostiniana, arrivando
a definire il Bene come negazione
del Male, e non viceversa? E’
lecito, nel momento stesso in cui
si pone come premessa questa
volta non Dio, bensì l’Uomo, for-
se l’unica e propria Verità in nostro possesso, e la sua natura; in
altre parole, ponendo come premessa un’antropologia negativa,
fondata sull’infinito egoismo individuale, a ben vedere la vera
fonte di ogni vizio etico (come lo
stesso Dante nella definizione
dell’Inferno ha ben presente).
Bene risulterebbe quindi come
repressione del proprio egoismo,
chiaro derivato dell’istinto di
conservazione che concretamente
ci avvicina al mondo animale dal
quale deriviamo; una repressione
che l’uomo è in grado di compiere perché possiede la capacità di
farlo, unico nel mondo animale,
attraverso l’uso corretto della Ragione, che si concretizza quindi
come la fonte di ogni Bene, come
l’etica stoica ci insegna.
Se l’egoismo involve esclusivamente nell’individuo ed esiste
solo in funzione ad esso, la Ragione invece si concretizza nel
rapporto tra due o più individui,
caratteristica che fonda la società
e il vivere civile: logicamente si
dovrebbe concludere quindi che
Bene altro non è che utilità collettiva, mentre Male soddisfazione
ed appagamento individuale, prodotti opposti della “doppia” anima umana, caratteristica questa
che Immanuel Kant, il grande
filosofo di Koenigsberg, definisce
“socievole insocievolezza”.
Nonostante condivida questa concezione antropologica, Kant concepisce però l’etica in tutt’altri
termini, fondandola non su oggetti esterni alla volontà umana, ma
sulla volontà stessa: si parla di
ULTIMO BANCO – anno XVII
una legge morale, insita nella ragione, che impone un imperativo
etico puramente interiore, possedendo il quale l’uomo sa già a
priori ciò che è morale o meno;
stiamo parlando della coscienza,
anche se dal filosofo non viene
definita in tal termini; la “voce”
interiore che condiziona le nostre
scelte. Che l’uomo la possegga è
per Kant un dato di fatto, che deriva solamente dalla nostra intima
natura.
Una domanda sorge però spontanea: siamo così sicuri che la coscienza derivi dalla natura umana? Quesito questo a cui un secolo più tardi risponderà a suo modo Friederich Nietzsche, che deassolutizza la morale, rendendola
relativa alla contingenza del contesto sociale in cui l’uomo vive:
secondo quest’ottica la voce della
coscienza non sarebbe altro che
imposizione della società, una
costrizione che limita l’uomo, lo
mortifica, reprimendone le infini-
te potenzialità. Bisogna quindi
rimuovere ogni idolo morale,
giungere “al di là del Bene e del
Male” ( titolo tra l’altro di un’importante opera del filosofo tedesco), per superare l’uomo e fondare
il
“superuomo”
o
”oltreuomo”, uno stadio esistenziale che consiste nella pura e
semplice affermazione di libertà,
quella particolare condizione umana che la lunga storia dell’Occidente, storia di continua decadenza, ha da sempre negato. Nietzsche, infatti, parte dal presupposto che nulla nell’esistenza abbia
realmente senso, e conseguentemente per poter sopravvivere senza cadere nel baratro di quel nichilismo angosciante e passivo
che paralizza la vita (si può pensare a Leopardi o allo stesso
Schopenhauer) l’uomo occidentale è stato costretto ad illudersi,
costruendosi un meraviglioso
apparato di certezze metafisiche,
religiose, scientifiche e soprattut-
Attualità
to etiche, assolutamente inconsistente: la salvezza dell’uomo consiste quindi nella rimozione totale
dei valori intellettuali della tradizione Occidentale, per giungere
ad un piano esistenziale più vero
e assolutamente libero.
Anche l’etica, come ogni altra
disciplina dunque, sembra cedere
di fronte alla potenza del dubbio:
credo che si possano considerare
gli innumerevoli tentativi di risolverne le tematiche che si sono
succeduti nella storia come una
prova di ciò abbastanza evidente.
J.
Lunardelli Angelo s.n.c.
Via delle Industrie, 5
30020 Fossalta di Piave
Tel +39 042167222
Fax +39 0421679642
www.lunardelli.net - e-mail: [email protected]
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Attualità
ULTIMO BANCO – anno XVII
L’immigrazione
di Andrea Ceolin II B
L'immigrazione è il fenomeno
che ha caratterizzato in maniera
decisa la formazione di stati e la
creazione di quel sistema che noi
chiamiamo globalizzazione. Fin
dall'antichità ha molte volte influenzato la crescita di popolazioni, modificandone l'assetto sociale politico ed economico e ancora
oggi sono questi spostamenti che
influenzano progressivamente
l'evoluzione mondiale. Essendo
in posizione strategica da questo
punto di vista, l'Italia è uno dei
paesi in cui l'immigrazione è più
frequente. Le cause che spingono
gli extracomunitari a spingersi
nel nostro paese sono varie: c'è
chi cerca maggior fortuna nel
campo lavorativo, chi abbandona
il proprio stato perché costantemente in guerra e chi spera, arrivando qui, di venire a fare la
“bella vita”. L'Italia in Europa è
nota proprio per queste motivazioni, in tanti credono che nel
nostro paese ci siano solo i luoghi
rappresentati nelle cartoline per i
turisti. Ma chi vive qua è pienamente consapevole che non basta
Photoshop a rendere questo paese
migliore. Molto spesso le famiglie immigrate che si stabiliscono
in Italia, non trovano l'oasi del
benessere. La crisi economica che
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sta progressivamente investendo
l'intera Europa e il numero sempre più corposo di immigrati che
cercano fortuna altrove, spesso
non rendono disponibili molti
posti di lavoro. Non avendo
quindi un impiego e non valendo
qui in Italia la maggior parte
delle lauree conseguite all'estero, l'extracomunitario che vi si
stabilisce è costretto a lavorare
in nero accumulando molte ore
spesso in cambio di uno stipendio talmente esiguo da potersi
considerare sfruttamento, oppure
comincia a collaborare con organizzazioni criminali, aumentando
così il commercio della droga, di
merce contraffatta ecc...
Non è solo il problema economico ad alimentare il dibattito sull'immigrazione. Infatti spesso chi
viene qui, non solo i delinquenti
ma anche famiglie oneste che
cercano un tenore di vita qualitativamente migliore, è soggetto a
emarginazione sociale e ingiustizie. I notiziari televisivi sono zeppi di notizie che documentano
giornalmente varie forme di razzismo che si sono ormai insidiate
nel modus operandi di una buona
fetta del popolo italiano rispetto
agli stranieri. Un altro problema
sorto negli ultimi anni è la difficoltà nell'effettuare una
stima degli immigrati stabilitisi nel nostro stato,
essendosi sviluppato in
quest'ultimo periodo il
fenomeno dell'immigrazione clandestina: effetto
di questa problematica è
lo scarso controllo delle
frontiere, che porta di
conseguenza all'aumento
del commercio di materiale illegale. Essendo fonda-
mentalmente la prima volta, se
non andiamo a scavare fino all'età
della Magna Grecia, che l'Italia si
trova ad affrontare un così robusto flusso migratorio, il governo
non ha ancora adottato una linea
precisa di comportamento per
fronteggiare questo processo. Lo
Stato sta esaminando la questione
approvando una serie di decreti
che possano aiutare almeno in
parte economicamente, inoltre sta
cercando di educare la popolazione ad un atteggiamento di maggiore tolleranza nei loro confronti, così da favorire una maggiore
qualità della vita. Il tema dell'immigrazione caratterizza spesso
dibattiti politici e anche quelle
che definirei "chiacchiere da bar".
Ormai, con la tecnologia sempre
più vicina a noi e in costante progresso, anche un contadino che
ha passato la maggior parte della
propria vita a lavorare nei campi
è informato su questo scottante
tema di attualità, o meglio è a
conoscenza del fatto che è un
processo in perenne attività. Informato però è una parola grossa.
Ed è più su questo che focalizzerei la mia attenzione. Il popolo
italiano, non tutto ovviamente,
discute spesso di questo argomento senza avere basi solide per
Attualità
ULTIMO BANCO – anno XVII
farlo in maniera corretta. Il tema
dell'immigrazione, è una questione che tutti si sentono giustamente in diritto di affrontare e su cui
tutti vogliono esprimere un' opinione personale. Il problema è
che frequentemente la gente parla
per sentito dire, e spesso ciò che
colgono da discussioni altrui, lo
sentono, non lo ascoltano. Perciò,
al posto di scavare a fondo la
questione per coglierne i pro e
contro, questi individui che si
atteggiano a oratori e retorici preferiscono adagiarsi dolcemente
sulla superficie della questione
arrangiando, spesso in maniera
errata, discorsi pieni di preconcetti e di esempi triti e ritriti (come
la religione, in particolare islamica) che semplificano erroneamente una questione estremamente
complessa come è l'immigrazione, peggiorandola poiché mai
nessuno riesce a cogliere la vera
essenza del discorso. Io stesso mi
considero alquanto ignorante sulla questione perché ha talmente
tante sfaccettature che coglierle
tutte richiede più tempo di quello
che potrei dedicarle. Nonostante
ciò trovo comunque necessario
trattare l'argomento con molta
cautela. Così com'è impostata la
società, gli extracomunitari troveranno sempre più difficoltà per
quanto concerne la convivenza.
Nel caso la nostra mentalità, in un
futuro non troppo prossimo, non
riesca a orientarsi verso l'ospitalità piuttosto che a una repulsione a
prescindere, posso solo sperare
che la situazione nel paese di
queste popolazioni possa volgere
al meglio in modo che non siano
costretti a dover abbandonare la
terra natia in cambio di un futuro
contornato di incertezza e paure.
a.c.
Fratelli d’Italia
di Leonardo Ronchiadin II A
17 marzo 1861 – 17 marzo 2011.
Centocinquant'anni di storia sono
un bel traguardo. Un compleanno. E come ogni compleanno che
si rispetti il minimo che si possa
fare è festeggiare. Invece, c'è chi
non vuole festeggiare.
Questo chi collettivo non ha capito perché si festeggia. Si celebra
l'unione di tutti gli italiani, di coloro che hanno sempre abitato
nella penisola italiana, che hanno
combattuto affinché diventasse
Italia.
“Noi fummo da secoli/ calpesti,
derisi/ perché non siam popolo,/
perché siam divisi” così scriveva
Goffredo Mameli nel 1848 nel
suo “Canto degli Italiani” poi
messo in musica da Michele Novaro, a quanto dice l'aneddotica,
in una sola notte, conferendo a
quei quaranta versi una fama
grandiosa. Quel Michele Novaro,
che sebbene sia stato dimenticato
ben presto, con la sua musica ha
dato un enorme contributo alla
diffusione del lavoro di Goffredo
Mameli. Da patriota, Mameli aveva compreso l'importanza di
restare, anzi, per meglio dire, di
tornare uniti come ai tempi dell'Impero Romano. Per questo,
mosso da un orgoglio
“nazionale”, seguendo la sua vocazione naturale di poeta, decise
di scrivere quella che poi è diventata la sua poesia più famosa e un
simbolo del Risorgimento italiano: il “Canto degli Italiani”.
I versi e la musica diventarono
subito un elemento immancabile
nelle varie manifestazioni, riunioni, adunanze di coloro che volevano l'Italia unita.
“Raccolgaci un'unica/ bandiera,
una speme”: da questi due versi
l'abbrivio per un'azione corale;
più che altro, un'esortazione non
solo per tutti coloro che pensavano allo stesso identico modo sull'Unità d'Italia in quanto necessaria, ma anche per coloro che a
quei tempi non erano convinti di
un cambiamento così radicale.
Infatti, non tutti sentivano la necessità di far parte organica di un
unico stato: la Chiesa, che nel
bene o nel male ha sempre giocato un ruolo a sé nell'economia
politica della penisola italiana, il
Regno delle Due Sicilie, sotto la
famiglia dei Borbone, l'Austria,
che occupava il Veneto e il Friuli.
Tutto questo non ha potuto niente
di fronte alla enorme forza di volontà dei patrioti: “Giuriamo far
libero/ il suolo natìo:/ uniti per
Dio/ chi vincer ci può?”.
Tutti sappiamo l'esito della Storia. Dalla data della sua composizione, il “Canto degli Italiani” ha
acquistato gloria imperitura nel
popolo italiano. Sebbene fosse
stato scelto come inno provvisorio all'alba della nostra Repubblica, nonostante abbia perso tutta la
sua provvisorietà, non dovrebbe
essere cantato con timidezza solo
prima di una partita di calcio, ma
dovrebbe essere cantato a squarciagola, a testa alta. Ma forse
quello che più importa, è che ognuno di noi senta dentro di sé,
dimostrandolo o meno, l'orgoglio
di essere Italiano.
Dopo centocinquant'anni, c'è chi
sente il bisogno impellente di
separarsi dagli altri.
Non ha capito nulla.
l.r.
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Attualità
ULTIMO BANCO – anno XVII
Un orrore che si poteva risparmiare
di Mara Cavallin IV A
Come ogni anno, dal lontano 1945, anche quest'anno si celebra la
giornata della memoria, ricordando il giorno in cui i cancelli di
Auschwitz si sono aperti per la
prima volta, anche se pochi prigionieri hanno assaporato dopo
molto tempo la libertà quel 27
gennaio. Molti però si chiedono
se quello sterminio, se quegli orrori potevano essere evitati. Ognuno di noi, adesso come adesso, con la mentalità della nostra
epoca, risponderebbe di no, perché tutti noi conosciamo i fatti
accaduti e sapremmo come evitare un'altra strage. Ma sessantasei
anni fa gli effetti di questa strage
non si conoscevano, e penso che
chi l'abbia progettata, e chi non
era coinvolto nello sterminio la
prendesse come un gioco, come
una cosa su cui ridere e scherzare,
tanto che un mio compagno di
classe, l'anno scorso, all'arrivo di
una circolare, ha ironizzato, trasformandola dal serio all'ironico.
Hitler e soci, però, erano seri su
quest'argomento: per loro era di
vitale importanza eliminare quelle persone dalla faccia della terra
per “Rendere il mondo più pulito
e più sicuro”, visto che consideravano gli ebrei impuri, non di razza ariana. Il motivo vero e proprio, però, di questo sterminio
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non è insolito, ed è a noi
conosciuto: si chiamano
soldi, denaro, monete o
come dir si voglia. Il problema di Hitler erano, come ci insegna la storia, i
banchieri e i proprietari
terrieri, che erano perlopiù,
appunto, ebrei. Uccidendoli, egli pensava che sterminare soltanto banchieri e
proprietari, il problema
avrebbe potuto protrarsi a
lungo, per un discorso di
eredità, quindi per fare in modo
che questo non accadesse ha pensato bene di eliminarli tutti, senza
rendersi conto che, oltre a sterminare una razza e a compiere un
crimine contro l'umanità, avrebbe
dovuto, come poi ha fatto, uccidersi da solo, avendo anch'egli un
ramo della famiglia appartenente
alla razza ebraica. Fatico a scrivere il suo nome, tanto è grande lo
scempio che ha compiuto nei
confronti dell'umanità, ma devo,
perché sennò il testo risulterebbe
incomprensibile, però preferisco
citarlo il meno possibile. Detto
ciò continuo, dicendo che ciò che
mi ha colpito maggiormente nello
studio di questo argomento lo
scorso anno (l'ho portato anche
nella tesina d'esame), è stato il
fatto che hanno portato perfino la
croce rossa a controllare il lavoro
svolto dai tedeschi in questi campi, e per l'occasione hanno anche
preparato uno dei tanti campi da
loro costruiti -Bancherellista, per
essere precisi- occupandosi perfino di costruire falsi negozi e
locali al fine di dimostrare la situazione di benessere degli ebrei.
Inoltre, per eliminare l'idea di
sovrappopolazione del campo,
molti ebrei vennero ulteriormente
deportati verso un tragico destino
ad Auschwitz. Fecero addirittura
visitare ai medici della Croce
Rossa alcuni danesi che erano
stati temporaneamente spostati in
camere riverniciate di fresco e
non più di tre per camera. Questo
avvenne il 23 luglio 1944 e mi ha
colpito molto perché, anche se
questo è avvenuto in seguito ad
alcune indiscrezioni su ciò che
avveniva all'interno dei vari campi -gli inservienti della Croce
Rossa erano lì per controllare-,
l'amministrazione del campo ha
persino deciso di filmare un video
sul buon funzionamento dei campi, e non riesco a capire come
siano riusciti a convincere gli
ebrei a sorridere e ad apparire il
più felici possibile davanti alla
Croce Rossa e quando venivano
filmati (ecco che forse potrebbe
rientrare in gioco la libertà). A
voi la più libera interpretazione.
Ora vi pongo una domanda: è
possibile ripetere questo? O meglio, è possibile un'autocrazia (dal
greco αυτός, solo, e κρὰτος, potere, cioè potere di uno solo), come
quella sviluppata dai nazisti?
Ogni singola persona mi risponderebbe ad entrambe di no, e la
motivazione sarebbe che ne conosciamo già le conseguenze. Non
sempre però, questa motivazione
è valida, e il perché lo può spiegare un film, che consiglio di vedere: si intitola “Onda”, e che
consiglio di vedere. Un'altra cosa
che consiglio, di leggere però,
stavolta, è libro molto famoso di
Fred Uhlman, “L'amico ritrovato”, che per me rappresenta il
simbolo più grande di una grande
amicizia tra i due protagonisti. A
me è stato imposto di leggerlo il
libro, però alla fine sono stata
molto felice di questa imposizione perché sono gli stessi ideali
della vera amicizia che io ho (ma
questa è un'altra storia).
Attualità
ULTIMO BANCO – anno XVII
Ritornando però al discorso dell'autocrazia, e alla risposta alla
domanda posta, cioè che noi conosciamo già le conseguenze delle azioni che metteremmo in atto
se praticassimo la politica nazista,
continuo, e forse concludo, dicendo che è appunto per questo motivo che noi celebriamo la giornata
della memoria, e da questo traggo
quello che secondo me è un grande principio : “Ricordare, non
dimenticare, per non ripetere”, ed
è per questo che a molte persone
da fastidio il fatto che altri ironizzino su questi argomenti, perché
ricordando ciò, si fa in modo che
le generazioni future non commettano questi errori, e il ricordare queste cose deve essere una
lezione per tutti, non deve essere
quindi un ricordo per stimolare a
compiere di nuovo queste azioni
( difatti in Germania c'è una legge
che sanziona, mi pare con il carcere, chiunque disegni una svastica o abbia degli istinti a comportarsi come si sono comportati i
nazisti, mentre qua in Italia è possibile trovare chi ancora disegna
in giro questo simbolo senza conoscerne il significato oppure si
dichiara fascista senza conoscere
i fatti né gli avvenimenti).
m.c.
La speranza va dissolvendosi...
di Debora Gnes II C
Christina Green aveva poco più
di nove anni. Viveva a Tucson,
Arizona, insieme alla sua famiglia, cui era molto legata: il padre
la chiamava “principessa”, il fratello Dallas, di undici anni, la
adorava. Era una bambina sempre
impegnata, continuamente alla
ricerca di nuove avventure: cantava, danzava, nuotava, si divertiva
tanto. Christina era una bimba
modello: per Natale aveva chiesto
di poter fare volontariato in una
mensa; se non bastasse, aiutava
anche altri bambini meno fortunati di lei. Ascoltava Beyoncé,
giocava a baseball, e quello sport
le scorreva nelle vene: era l'unica
componente femminile della
squadra locale dei Pirates e, forse,
un giorno sarebbe diventata una
campionessa. Aveva da poco ricevuto la Prima Comunione, ed
era appena stata eletta membro
del consiglio studentesco della
sua scuola elementare. Magari,
oltre ad essere un'ottima giocatrice di baseball, sarebbe diventata
anche un capace politico. Ma al
di là di tutto ciò, Christina rappresentava soprattutto un bagliore di
speranza per la sua nazione: Christina era nata l'11 settembre 2001.
L'8 gennaio 2011, in un soleggiato sabato invernale, se ne è andata: un ragazzo, mentalmente squilibrato e politicamente scontento,
facendo fuoco sulla folla, le ha
tolto il sorriso, e, con esso, quella
speranza di un futuro migliore
che doveva rappresentare. Il giorno sopra citato è quello dell'ormai
tragicamente nota come strage di
Tucson, strage causata dal ventiduenne Jared Lee Loughner, il
quale, durante un comizio politico, dopo aver quasi ucciso con un
proiettile alla testa la democratica
Gabrielle Giffords, tentando di
fuggire, si è messo a sparare alla
cieca. Christina, accompagnata
dalla sua vicina di casa, era lì. Era
lì assieme a John, Phyllis, Gabe,
Dorothy e Dorwan, come lei ingiustamente assassinati; era lì
assieme alle altre dodici persone
rimaste ferite a causa della follia
di un giovane che, pur avendo
perduto completamente se stesso,
deteneva una micidiale arma che
non ha arrestato se non dopo trentuno proiettili sparati incessantemente, l'uno dopo l'altro. Uno di
questi ha colpito dritto una bimba, che, rappresentando il suo
stato, con altri 49 nati nel nefasto
11 settembre di dieci anni fa, era
stata inserita nel libro “Faces of
Hope” (“Volti di speranza”), perché quei bambini erano nati per
portare vita, speranza e bontà al
mondo nel giorno in cui al mondo
serviva di più, nonché nei giorni
avvenire. Quell'11 settembre che
l'umanità ricorderà in eterno fu un
giorno tragico per la storia ameri-
cana e per quella globale. Moltissime vite vennero prese in un solo istante. Ognuno comprese che
niente sarebbe stato più come
prima. Tuttavia, quello stesso
giorno, numerose nascite dettero
prova che la vita continua sempre
e che la speranza c'è ed è presente
anche nella più buia delle circostanze. Bimbi vennero alla luce,
portando con loro gioia ed amore
capaci di illuminare il mondo,
scaldare i cuori, e tramutare lacrime di disperazione in lacrime di
felicità. Secondo l'autrice del volume, Christine Pisera Naman,
madre di Trevor, nato proprio
quando le Torri Gemelle stavano
rovinosamente crollando, secondo lei, attraverso le foto dei volti
sorridenti di quei cinquanta neonati, ognuno si sarebbe ricordato
che, persino in una tragedia, c'è
sempre e comunque un raggio di
sole che illumina la via e dà la
forza per andare avanti coraggiosamente e in modo ottimistico
verso il futuro. Ogni nascita è
speranza. Quelle nascite servivano a ricordare cosa c'è ancora di
buono e di giusto nel mondo. Il
sorriso che Christina aveva conservato nei suoi teneri anni, però,
ora non brilla più. Il padre John
ha recentemente dichiarato alla
stampa che, della figlia, sono state donate le cornee, le quali hanno ridato la vista ad altri due
bambini.
9
Attualità
ULTIMO BANCO – anno XVII
Chissà che sia arrivato loro anche
quel sorriso allegro e fiducioso!
La foto di Christina mi ha immediatamente colpita mentre stavo
sfogliando un settimanale...specialmente quel sorriso.
Non so descrivere al meglio la
sensazione che mi ha trasmesso,
ma quella fotografia mi ha ricordato all'istante la tipica bambina
intraprendente e determinata di
film e telefilm statunitensi. Quella bambina che fa di tutto pur di
raggiungere i suoi sogni, che è
servizievole, socievole e studiosa,
con quella marcia in più capace
di portare a termine grandi pro-
getti. In questo periodo in cui, per
TV e sui giornali, non si fa altro
che parlare della politica e dei
politici italiani, i quali, non me ne
interesso molto, ma mi sembra
stiano mandando l'Italia a rotoli,
la storia di questa giovane sognatrice di una politica sana mi ha
commossa, e ho voluto raccontarvela. Certo, in che direzione si
muoveranno gli Stati Uniti dopo
un simile episodio? É il momento
di lanciare una provocazione:
come si pensa di risolvere il terrorismo internazionale senza prima cercare di eliminare i problemi sociali interni legati alla vio-
lenza? Ragazzi, i dati sono inquietanti: nei progrediti Stati Uniti, in un giorno, in sole ventiquattro ore, 8, tra bambini e teenagers, muoiono a causa della violenza delle pistole, a 268 persone
si spara, tra assassini, assalti, suicidi, incidenti o interventi dei
poliziotti, 85 persone muoiono
crudelmente per un colpo di pistola, 35 di queste sono volontariamente assassinate. Dato sconcertante, in un anno, i bambini
che, come Christina, perdono il
sorriso sono 3067.
d.g.
Cash for chaos
di Giordano Segato e Giulio Minetto IV B
Al giorno d’ oggi, lo sanno tutti,
la musica è sempre più strumentalizzata. Manager e case discografiche consumano i gruppi e gli
artisti di punta per trarne il massimo guadagno. Ma c’era un epoca,
e parliamo della lontana metà
degli anni ‘70, che fu estremamente importante per la formazione di gruppi dallo spirito libero, come ad esempio i Sex Pistols
o i Ramones. Ancora oggi, infatti,
sono in molti a credere che il
punk sia stato “inventato” a Londra, dai Sex Pistols, più o meno
nel 1976 e purtroppo sbagliano di
grosso. La realtà è ben diversa,
anche se ai Sex Pistols e soprattutto al loro manager Malcom
McLaren va attribuito il merito di
aver amplificato a livello planetario questo fenomeno, soffocato e
ofuscato spesso da vecchi echi
hippie o da influssi tardo-glam.
Infatti nell’Inghilterra degli anni
Settanta, socialmente depressa e
“affamata”di novità, il fenomeno
dei Sex Pistols non passò certamente inosservato,gonfiato e portato all’ estremo anche dai grandi
mezzi di comunicazione di massa, che fecero conoscere sia al
pubblico “benpensante” che alla
platea giovanile questo genere di
10
rivolta e protesta, nel quale la
fascia giovanile si ritrovò più degli altri, trovando nei temi proposti alcuni dei problemi che più li
affliggevano, come ad esempio la
paura del domani(no future), o le
piccole insoddisfazioni quotidiane. Bisogna però distinguere le
due ondate punk: fin ora abbiamo
parlato del punk Inglese, ma dobbiamo considerare che anche dall’altra parte dell’oceano, in America, più o meno nello stesso periodo, nacque un fenomeno similmente chiamato punk, ma totalmente diverso nelle tematiche
affrontate, nel modo di vestire,
nel modo di cantare e anche in
quello di suonare. Infatti, mentre
in Inghilterra si cantava per apportare miglioramenti sociali e
politici, come ad esempio il tema
dell’odio nei confronti della monarchia, affrontato in più di una
delle canzoni dei Sex Pistols, in
America, band come i Ramones
nelle loro canzoni raccontavano
di nottate sfrenate, all’insegna
della musica e del divertimento
senza limiti, dello sballo e dei
problemi giovanili e relazionali
di quell’epoca di grande cambiamento per l’ intero mondo occidentale. I Sex Pistols, formazione
fondamentale per il panorama del
punk contemporaneo, rappresentano la vera, grande rivoluzione
sonora degli anni ’70. Attraverso
di loro il punk diventa una bandiera, un virus di potenza straordinaria, provocazioni sconvolgenti per l’ epoca nichilismo puro per
brutalizzare le belle maniere della
musica. L’ album di esordio,
giunto dopo un anno abbondante
di eccessi e oltraggi di diversa
matrice contiene tutte le pagine
migliori di Johnny Rotten, Sid
Vicious e compagni. Un fenomeno che ispirò anche svariati movimenti artistici, musicali e culturali, promotori di istanze sociali e
politiche, estremiste o utopistiche. Sulle note di inni come “God
Save the Queen”(per il suo testo
dichiarata pericolosa dalla regina
d’Inghilterra in quanto avrebbe
potuto incitare anarchie e sovversione) e “Anarchy in the
U.K.” (classificata da Rolling
Stone al cinquantaseiesimo posto
fra le 500 canzoni di tutti i tempi)
migliaia di ragazzi e ragazze riconobbero quelli che per loro erano
gli stereotipi, e quindi ostacoli del
mondo moderno. E Rotten disse
solo: “Non capisco, stavamo solo
cercando di portare qui un po’ di
sana distruzione.”
Attualità
ULTIMO BANCO – anno XVII
Noi, Arabi, fottuti terroristi
di Majda El Ofairi V B
Come dice qualcuno di mia conoscenza, "Vi sono momenti nella
vita, in cui tacere diventa una
colpa e parlare diventa un obbligo. Un dovere civile, una sfida
morale, un imperativo categorico
al quale non ci si può sottrarre".
Ecco, dopo l'uscita dell'articolo
nel ultimo numero di ULTIMO
BANCO sulla migliore scrittrice e
giornalista in Italia a detta del
Corriere della Sera(alla faccia di
Manzoni, Dante, ...!)ho avuto un
impellente bisogno di dare voce
alla mia Rabbia e al mio Orgoglio. Hitler spesso diceva “Volete
che i vostri figli facciano da
schiavi ai russi?”, la Fallaci invece dice “Volete che le vostre figlie siano costrette al velo e i ragazzi obbligati ad inchinarsi alla
Mecca?”
Hitler si proclamava a capo della
razza ariana, quella superiore, la
cultura e la civiltà che deve dominare sul mondo. Non ho mai letto
il Mein Kampf, e ho letto solo
l'articolo e non tutto il libro della
Fallaci. A dirla tutta mi rifiuto di
comprarlo per leggere il resto,
perchè non ho nessunissima intenzione di finanziare una che
con le sue affermazioni non fa
che aumentare, se non l'odio, perlomeno la diffidenza e l'ignoranza
verso culture diverse dalla propria. Quell'atteggiamento di superiorità, e la tendenza a fare di tutte le erbe un fascio che la contraddistingue non l'ha mai aiutata
veramente ad aprirsi ad altri per
cercare di conoscere come invece
dovrebbe fare secondo i nomi che
lei stessa cita: Socrate,Galileo...In
plus non mi fido proprio per niente di chi sbandiera il proprio pensiero come verità assoluta. A livello di concetto, credo che lei e
Hitler si assomiglino in quella
che in realtà è una tendenza uni-
versale : cioè vedere sé stessi, la
propria cultura o religione, come
il bene assoluto, e l'altro, il diverso, il Nemico, come male da eliminare a tutti i costi. In questo li
trovo tragicamente vicini alla
stessa gente che piazza le bombe
o si fa saltare per aria. Riconoscersi a vicenda come partecipi di
una stessa umanità, usando il
cuore e il cervello, dovrebbe far
incontrare il meglio delle reciproche differenze. E questo succede
in un' infinità di casi, che però
non destano successo come i libri
di quella donna. O la Fallaci ha
fatto plagio oppure è davvero
imparentata con Hitler...È legittimo quindi domandarsi se al giorno d’oggi basta plagiare il "Mein
Kampf", sostituendo alla parola
“ebrei” quella di “musulmani”,
per far fortuna. Perché se è effettivamente cosi, è dovere di ogni
persona a questo mondo curiosa,
con voglia di sapere e molto controllo sui propri naturali pregiudizi chiedersi: devo credere a tutto
quello che mi viene propinato o
ci devo vedere chiaro in quest'assurda faccenda? Il vantaggio di
essere metà occidentale e metà
araba è grande, immenso. Posso,
infatti, vedere con i miei occhi
quanti pregiudizi ormai facciano
parte del quotidiano delle persone, da entrambe le parti e spesso
incoraggiati da persone altrettanto
ottuse che cercano di convincersi
e convincere altri di aver ragione
grazie a libri come questi. Devo
ammettere che spesso quando mi
sono sentita insultare in faccia
l'essere araba, musulmana o immigrata, mi ha sconvolto, ma mai
ho insultato anch'io. Fare lo stesso gioco sarebbe fatale anche per
quel poco di lucidità che è rimasto a qualcuno dopo l'undici settembre. Meglio non rischiare,
allora. Leggo le prime frasi dell'articolo uscito nello scorso numero del giornalino; sembra tutto
a posto, non ho ancora indovinato
che obbrobrio avrei trovato qualche riga più sotto. Ecco. Ecco
qua. Una guerra di religione. Ti
sbagli, cara Oriana, non è una
guerra di religione. È tutt'altro. E
se tu ti ponessi un po' di domande
(peccato, davvero, che non possa
più farti io delle domande di persona) capiresti. Si deve ricordare
che, tra quanti furono uccisi a
New York e Washington, alcuni
amavano il Profeta Gesù
(cristiani), altri il Profeta Mosè
(ebrei) e altri ancora il Profeta
Muhammad (musulmani), che
Dio lo benedica e gli conceda la
pace. Senza il perdono da Dio,
l’uccisione di persone innocenti
costituisce un grave peccato che
conduce ai tormenti dell’Inferno.
Nella religione islamica uccidere
anche solo una persona, davanti a
Dio è come uccidere il mondo
intero. Nessuna persona realmente religiosa e realmente timorosa
di Dio potrebbe compiere un tale
atto. Non è un fatto di essere moderati o no, ma è vero che non
esistono musulmani moderati,
esistono musulmani e basta.
Quelli come me e come altri che
conosco e che di sicuro non nascondono un profondo odio verso
la cultura occidentale, né contro
Cristo, oppure il Coro del Nabucco né tanto meno contro i filosofi
e gli scienziati che ammiriamo.
Gli aggressori possono commettere una simile violenza solo con
l’intenzione di attaccare la religione stessa. Si potrebbe ipotizzare che lo scopo di costoro sia di
presentare la religione come malvagia agli occhi della gente, per
indurre un distacco da essa e per
ingenerare odio nei confronti dei
11
Attualità
fedeli. Non so perchè avvenga
ciò, né perchè questi famigerati
musulmani preghino con accanto
delle armi, un ossimoro gigantesco. So solo che molti considerano i musulmani come un popolo
di terroristi. E i musulmani non si
considerano terroristi. Quest'ultimi hanno fatto un errore che dovrebbe far ragionar. Perchè mai
alcuni terroristi “musulmani”si
farebbero saltare in aria tra altri
musulmani e nelle vicinanze di
una moschea? È accaduto, no?E
allora come potrebbe un musulmano che si è visto uccidere la
sua famiglia non odiare quei suicidi assassini?Noi arabi consideriamo i terroristi come pazzi, senza valori morali, eretici, atei, ipocriti...noi non gli appoggiamo.
Sono come la mafia. La maggior
parte degli italiani, ahimè, viene
definita mafiosa, e fino a prova
contraria pochi italiani lo sono.
Vi arrabbiereste se un americano
vi desse il genuino epiteto di mafiosi?Sì? E se foste in America
immigrati( come lo eravate a suo
tempo e lo siete ancora) per studiare e farvi un futuro più dignitoso, non vi arrabbiereste se nel
giornalino di un liceo classico
comparisse la recensione di un
libro scritto da una donna che vi
chiama fottuti invasori mafiosi?
La Jihad NON vuol dire guerra
santa!Jihad è lo sforzo verso il
cammino di Dio, ovvero cercare
di porsi delle domande, accrescere il proprio sapere e non cadere
nell'ignoranza, proseguire verso
la via della perfezione morale.
Jihad è un fatto che i musulmani
compiono quotidianamente, intorno a loro e per loro,aiutando i
poveri, i deboli, eseguendo azioni
giuste, senza vantarsene, altrimenti lo sforzo è nullo. Non è lo
stesso concetto di cui la Fallaci o
i terroristi parlano continuamente,
o sbaglio?Nel Corano, la guerra
non è accettata se non quando
bisogna difendersi. Del resto è
giusto. Se qualcuno attacca il mio
12
ULTIMO BANCO – anno XVII
paese è lecito combatterlo, ma
mai fare il contrario. In più il profeta Mohammed raccomandava di
non attaccare donne, bambini,
vecchi, non rovinare l'ambiente e
di liberare i prigionieri senza torturarli. Nessun musulmano, però,
ora vorrebbe fare qualche guerra.
La si è combattuta centinaia di
anni fa per diffondere la religione
(come i cristiani hanno fatto a suo
tempo) e se la Fallaci si fosse
documentata bene saprebbe che
non c'era mai costrizione alla religione. I Cristiani e gli Ebrei dovevano solo pagare una piccola
tassa, in quanto sotto la protezione degli arabi. Nel Corano stesso
c'è scritto di non costringere nessuno a convertirsi. Ed ecco la
definizione di cultura...La cultura
(parola che deriva da còlere, coltivare) è il complesso di tutte
quelle scoperte e conquiste che
gli individui di un determinato
gruppo sono venuti facendo nel
corso dei secoli, coltivando, per
stare all’etimologia, il campo dell’organizzazione economica, dei
rapporti sociali e delle indagini
spirituali; tali conquiste, vagliate
dal gruppo e dal tempo, diventano patrimonio tradizionale. Va
dunque chiaramente affermato
che il grado di cultura e di civiltà
solo quantitativamente può variare presso le varie popolazioni, ma
non qualitativamente. Se la Fallaci si fosse documentata conoscerebbe l'età d'oro degli arabi. Saprebbe qualcosa delle Case della
Saggezza;della prima macchina
per stampare costruita a Baghdad
nel 794,; di Al Hallaj (poeta morto nel 922); dei primi due osservatori astronomici a Damasco e
Baghdad, costruiti nel 827, di Ibn
Haytam., matematico e fisico che
scrisse mille pagine di un trattato
sull'ottica. E ancora, la medicina
araba, importantissima. Il più antico ospedale è stato creato da
Harrun Al Rashid intorno all'800.
Due grandi nomi devono essere
ricordati nella storia della medici-
na: quello di Al-Razi, Iraniano e
di Avicenna, nato nell'Asia Centrale. Avicenna è colui che scrisse
in arabo “Il Canone della Medicina”, un enciclopedia in cinque
volumi, riconosciuta in occidente
come l'apogeo e il capolavoro
della scienza Araba. E ancora Al
Zarahui, che iniziò la chirurgia a
quel tempo mal vista in Europa. E
poi Ibn Battuta, nato nel 1304 a
Tangeri che ha fatto il giro del
mondo due volte prima di Marco
Polo e lasciando un diario dove
narrava il suo viaggio. E poi,
d'accordo, c'è Averroè, ma viene
citato dalla Fallaci come una figura qualsiasi, mentre invece fu
filosofo e giurista. Quanto ai musei, mia cara Oriana, immagino
che sapevi che a Torino ci fosse il
secondo più grande museo egizio,
qui, proprio a casa tua. E ancora
la matematica. A pagina 140 del
nostro libro di matematica
(MATEMATICA, metodo, cultura, scienza) si può trovare un trafiletto che parla di Ibn Musa ALKhoarizmi (da cui ALGORITMO) che scrisse un opera fondamentale per l'algebra. In realtà i
matematici arabi furono tantissimi e il loro apporto fu considerevole (basta pensare a Al Ghazali,
a Al Kindi, o a Ibn Qurrah), ma
al-Khoarizmi è universalmente
conosciuto come il fondatore dell’Algebra. Una marca dell’origine
araba dell’Algebra ce l’abbiamo
nella stessa X che usiamo per
indicare l’incognita nelle equazioni matematiche. Deriva dall’arabo. Sembrerebbe buffo, dal momento che la X non esiste nell’alfabeto arabo. Eppure è vero: gli
arabi indicavano l’incognita con
il termine "shi’", ossia ‘la cosa’,
che abbreviato diventava il suono
‘sh’. Ora, in vecchio spagnolo - e
la Spagna rimase per molto tempo sotto il domino arabo - il segno X corrispondeva al suono
‘sc’. Ecco perché oggi apprendiamo a maneggiare la ‘cosa’ araba
con il segno X, seguito per ordine
ULTIMO BANCO – anno XVII
alfabetico dall’Y e dallo Z. Capisco, Oriana, che in effetti i nomi
sono un po' difficili da leggere e
ricordare, però non hai accennato nemmeno un quarto a tutto
ciò. Perché?Quella araba era una
cultura aperta, che cercava nelle
civiltà precedenti e straniere, che
traduceva molti testi. Una cultura saggia: “il fatto che si traducesse molto significa che non si
consideravano dei sapienti che
non avevano nulla da imparare”. La loro forza veniva dall'umiltà. Umiltà che non conosce la
Fallaci, che si autoproclama(va)
nella cultura superiore a tutte.
Oggi non abbiamo dimenticato
questo principio e ancora si lavora, si cerca, si studia. Nonostante
le grandi difficoltà che alcuni
paesi arabi hanno non ci fermiamo e l'Egitto ne è testimonianza.
Noi, arabi, tartassati di pregiudizi e insulti, continuiamo a credere nella nostra religione
(altrettanto tartassata di pregiudizi e cretinate) e non ci fermiamo
dinanzi a persone come la Fallaci. Nonostante in TV nei talk
show si vedono continuamente
certi che non hanno mai varcato
la soglia dell'Europa e si permettono di decidere se noi arabi siamo così o colà , nonostante io,
come altre studenti stranieri, vivano in pace e in silenzio senza
mai violare le leggi italiane, nonostante sappia quanto gli arabi
siano contro il terrorismo, nonostante veda gli effetti dei terroristi su di noi, nonostante non accetti il burqa(a proposito, nei
video della rivoluzione in Egitto,
quante donne sottomesse e quanti burqa ricordate di aver visto?)
nonostante ciò, io vado fierissima di essere araba. E poi chiamare una civiltà superiore ad
altre solo per meriti di studiosi,
mi sembra parecchio stupido, per
questo chiudo la parentesi della
cultura e civiltà araba per concentrarmi su altro. Consiglio un
libro di meno di cento pagine di
Ben Jelloun , (famoso per il libro
Attualità
“Il razzismo spiegato a mia figlia”), che risponde alle domande di ragazzi intervistati nelle
scuole italiane a proposito dell'Islam, del terrorismo e della cultura araba. Il Libro si chiama
L'Islam spiegato ai nostri figli, e
forse potrebbe far comprendere a
qualcuno il nostro mondo e a
eliminare tutti i pregiudizi che ci
sono e che non se ne andranno se
non con un unico modo: combattendo l'ignoranza. Fra cinquant'anni libri come "La forza della
ragione" verranno guardati con
lo stesso orrore con cui oggi si
guarda il "Mein Kampf" e ci si
chiederà come sia stato possibile
che libri del genere vengano
venduti e comprati ancora oggi,
nel 2011.
m.e.o.
Montale e dintorni.
Seconda festa classica
Dopo le prove generali dello
scorso anno, la festa Classica si
prepara alla sua seconda edizione
il 18 aprile, sempre con il patrocinio della Provincia di Venezia,
dell’Associazione di Cultura
Classica e del Comune di San
Donà, che mette a disposizione
della manifestazione il Palazzetto
dello Sport e gli adiacenti impianti sportivi. Con la Festa Classica
il Liceo Montale si propone di far
trascorrere ai suoi allievi una
mattinata di festa con i classici,
che saranno interpretati e rivisitati, come la fantasia dei nostri studenti ed insegnanti saprà fare,
nella recitazione, ma anche nella
danza e nella musica, portando
nel presente ciò che di bello e di
profondamente umano avevano
colto gli antichi nella loro arte.
Apriremo con il coro del Liceo
Montale e poi assisteremo alle
performance sia di alcune nostre
classi sia di alcuni Licei della
Provincia, che speriamo vorranno
partecipare a questa iniziativa,
come l’anno scorso, in un clima
di scambio, di incontro cordiale,
conviviale e sportivo tra studenti
che sono accomunati dalle stesse
radici. Rispetto alla scorsa edizione si sono operate alcune modifiche: limitato il numero delle esibizioni del mattino, i giochi sportivi (staffetta, salto in lungo e
diaulo) si effettueranno al mattino, per consentire anche agli atleti di godersi il pranzo che l’anno
scorso è stato spettacolare; inoltre
le gare saranno aperte anche alle
ragazze. La giornata si chiuderà,
dopo il banchetto preparato dalle
classi, con le premiazioni verso le
14.30. Questa la cornice, ma i
colori sono tutti nelle mani dei
ragazzi! In questi giorni alcune
classi si stanno organizzando per
le esibizioni, poi si penserà al
banchetto e agli abiti, per rendere
la festa ancora più bella e più partecipata dell’anno scorso: il Liceo
Montale è famoso nel territorio
per la sua vitalità e versatilità,
sicuramente si farà condurre ed
ispirare dal suo cuore antico.
13
Montale
ULTIMO BANCO – anno XVII
A tu per tu con...la nuova entrata in
“squadra”
a cura dei caporedattori
Quattro candidati, tre eletti ed una new entry: come ben sapete, durante l’ultima assemblea d’istituto
Andrea Ceolin, eletto come rappresentante dalla prima votazione, si è ritirato dal suo incarico per lasciare il posto alla nuova promessa Claudia Brugnera. Ovviamente noi del giornalino non potevamo
mancare di farle qualche piccola domanda per conoscerla meglio:
Non sei stata eletta la prima volta, cosa pensi del fatto che sei ora rappresentante per il ritiro di
Andrea?
-Beh… i posti disponibili per i rappresentanti erano solo tre quindi per forza uno di noi non lo sarebbe
diventato. Ci tengo però a precisare che non mi prendo questo incarico essendo la seconda scelta, se
fosse così non lo farei. Ho deciso di candidarmi solo per la scuola, per avere la possibilità di agire in
prima persona.
Credi di riuscire a collaborare con le altre tue “colleghe”?
-Si, certamente. Anche durante la campagna elettorale c’era intesa tra noi quindi non penso ci saranno
problemi.
E’ iniziato il secondo quadrimestre, ora siete tutte e tre in sede, è un vantaggio oppure uno svantaggio?
-Beh sicuramente è una situazione a nostro svantaggio perché in questo modo non abbiamo nessuno in succursale su cui fare riferimento, però va beh, faremo di tutto per non escludere gli studenti che sono di là tenendoli
sempre informati e cercando di essere presenti per eventuali problemi o richieste.
Abbiamo posto questa stessa domanda anche a Camilla, Sara e Andrea durante la loro intervista, quindi
non puoi proprio astenerti! Che professore del Montale ti senti?
-Sinceramente sono un po’ incerta tra la professoressa Principe e la professoressa Dalla Mutta. (Dopo un leggero
incoraggiamento da parte nostra.. n.d.r.) penso di rispecchiarmi di più nella prof Dalla Mutta perché è una persona veramente appassionata a tutto quello che fa. Pretende molto dai suoi allievi ed è severa quando serve ma allo
stesso tempo è scherzosa e cerca di farti sempre sentire a tuo agio.
Ogni anno viene tirata in ballo la questione che il giornalino è una spesa troppo elevata ed è inutile perché
c’è già la versione on-line: qual è la tua opinione in merito?
-A me piace molto il giornalino. Inoltre credo che, a prescindere dal suo costo più o meno elevato, sia importante
per un liceo avere un giornalino gestito dagli studenti perché può essere un mezzo di espressione e informazione
per molti. E poi, diciamocela tutta: visto che esce solo due volte l’anno, non mi pare che sia una grande spesa…
insomma, secondo me non bisogna eliminarlo!
14
Montale
ULTIMO BANCO – anno XVII
Giacomo Noventa e...la moka
di Gianmarco Zamuner I B
Chiudendo gli occhi, era possibile
evocare tutte le immagini, le situazioni, i luoghi, i sentimenti
delle poesie che la calda voce del
narratore declamava. Le magiche
note che abbandonavano il vibrafono, dopo un breve viaggio, si
posavano sulla nostra anima, rendendo misterioso quel momento...
Quattro ore prime
“Una manna dal cielo, ecco che
cos’è!!”. Alla fine credo che sia
stato questo il commento della
mia classe e di tutta la IIB. Finire
la settimana dolcemente, facendo
solo due ore di lezione...una manna dal cielo semplicemente! Ma
non sarebbe stata la solita
“manna” che si dimentica, sarebbe stata diversa da tutte le altre;
una giornata per ricordare Giacomo Noventa, nome d’arte
“veneto” per un poeta “veneto”,
ossia dialettale. Ero davvero curioso di sapere che cosa mi aspettava, di che cosa si sarebbe presentato davanti a noi, perchè una
conferenza su un poeta nell’outlet
di Noventa era decisamente insolito. Quindi, dopo aver fatto le
prime due ore regolari, partiamo
all’avventura con la professoressa
di lettere Ronzani e i baldi iuvenes della IIB, “imbarcandoci” nel
nostro trasporto che ci avrebbe
condotto lontano, nella grande
metropoli di Noventa, cuore del
basso veneto: l’autobus. Per cui,
dopo un interminabile tragitto
durato la bellezza di dieci minuti
scarsi, noi prodi eroi del liceo
Montale sbarchiamo (rende tutto
più epico no?) alla fermata dell’autobus e ci addentriamo nell’outlet; la città dello shopping è
praticamente deserta e siamo solo
in compagnia di una gondola incastonata nel centro della piazza!
Ebbene sì, siori e siore, un monito per ricordarci come sono fatte
le nere e filanti imbarcazioni tipi-
che della città dei ponti e canali.
Non resta quindi che entrare nella
mostra allestita per ricordare il
più importante poeta della tradizione veneta: Giacomo Ca’Zorzi,
in arte Giacomo Noventa. Quindi
non può mancare un breve cenno
della storia di questo uomo. Terzo di cinque fratelli, nacque il 31
Marzo del lontano 1898 a Noventa, cominciò a comporre le sue
prime poesie mentre militava nell’esercito come volontario nel
1916; in tutti i suoi settantadue
anni di vita conobbe vari pittori
che si ispirarono a lui e alle sue
poesie per creare magnifiche opere su tela, quali Felice Casorati,
Renato Guttuso, Carlo Levi, Luigi Zuccheri e Carlo Scarpa. E in
tutta la sua vita compose decine e
decine di opere e saggi, tra cui
Parole, I calzoni di Beethoven e
Nulla di nuovo. Si spense a Milano il 4 Luglio del 1960. Però, non
entriamo subito nell’edificio dove
ha luogo la mostra, perchè siamo
in leggero anticipo! Così, dopo
che la capo-spedizione (la professoressa Ronzani per intenderci) ci
lascia cinque e dico cinque minuti
di libertà, in meno di mezzo secondo intorno a me si fa il deser-
to...(si era detto di essere in un
centro commerciale no?). Così
anche io mi metto in marcia per
esplorare quel luogo, quando io e
tre mie vecchie conoscenze siamo
fermati da una donna, che poteva
tranquillamente essere un agente
segreto della pubblica istruzione
travestita da fruttivendola, perchè
veniamo scambiati per prodi marinaretti!! (non quelli che solcano
i mari però). A nulla sono valsi i
nostri visi innocenti e proprio
mentre stiamo per essere ammanettati, ci ricordiamo di avere
proprio dentro gli zaini che ci
hanno traditi, il nostro uscitegratis-dalla-prigione: alcune fotocopie delle poesie del Noventa!
Subito mostriamo il nostro pass e
lei, a malincuore, ci lascia andare.
Decidiamo quindi per la nostra
incolumità di tornare alla casa
base, giusti giusti al termine dei
cinque minuti. Ma ecco venir verso di noi per nave gondola, Ronzani occhi di bragia gridando
“Dove sono finiti?!” “Lo ignoriamo, Caron..ehm...professoressa”;
quindi si allontanò, accompagnata da fuoco e fiamme, in cerca
delle altre anim...ri-ehm...degli
altri studenti. (cfr. Divina Commedia, Inferno III v.82-84)
Dunque, dopo aver radunato tutto
il gregge, iniziamo a visitare la
mostra; prendono subito parola le
due curatrici di questo minimuseo, l’assessore della cultura
di Noventa e perfino il responsabile dell’outlet. Si prospetta fin
da subito una mostra interessante,
perchè è stata capace di fondere
la potente tecnologia con la tradizione; nella prima sala c’è un tavolo interattivo e uno schermo
che grazie agli infrarossi captava
i movimenti della mano, spostando e ingrandendo le immagini
desiderate (anche se in realtà la
funzione principale era quella di
15
Montale
ULTIMO BANCO – anno XVII
far arrabbiare la gente con valanghe di tentativi falliti!). In seguito, una delle curatrici ci accompagna nella sala “tradizionale”, dove sono raccolte tutte le opere dei
pittori sopracitati dedicate a Giacomo Noventa, illustrandoci ogni
singolo dipinto; dopo due ore,
che in realtà sembravano svariati
millenni, finalmente, con i pochi
superstiti rimasti, siamo ritornati
nella sala “tecnologica” dove ci
aspetta una bella sorpresa. La
seconda parte della mostra infatti,
consiste nella declamazione delle
poesie del Noventa, accompagnate dalla musicalità di uno strumento tanto insolito quanto efficace: un vibrafono. Ed è qui che
si ritorna all’inizio...Terminata la
visita di questa interessante mostra, avviene un episodio che servirà a intrattenere i nostri nipoti
quando saremo vecchi e stanchi.
Usciti all’aria aperta abbiamo
dieci minuti di svago. Dieci minuti che passano in fretta per tutti,
troppo impegnati ad andare a
zonzo. Così al termine dei dieci
minuti risaliamo sul nostro mezzo
di locomozione. Ma prima di partire ci accorgiamo che manca un
elemento, un nostro compagno...ci adoperiamo in ogni modo
per rintracciarlo, ma la volpe (è
superfluo da dire, ma badate che
è ironico) ha entrambi i cellulari
spenti e all’orizzonte non si vede.
Vista la situazione, mi ri-addentro
nell’outlet, pensando che fosse
finito nel bel mezzo di un’imboscata , che venisse torturato in
qualche luogo segreto...No, non
lasciamo indietro un compagno.
Chiedo rinforzi e dopo aver setacciato ogni luogo, ci stiamo per
arrendere, quando una civile viene in nostro soccorso: ci indirizza
verso un negozio dove è stato
visto per l’ultima volta. E’ sicuramente un falso negozio, in realtà
è una base operativa di qualche
terrorista o trafficante d’armi.
Appena varcata la soglia stiamo
per imbracciare i fucili, quando ci
accorgiamo che è un vero e proprio negozio. Ed è allora che vediamo lì il nostro compagno; tutto
trionfante ci mostra una moka,
che è costata il dispiegamento di
uomini, il ritardo del convoglio e
l’ira di tutti i componenti della
spedizione.
“Scusate, avevo l’orologio indietro”.
“E non solo quello”.
g.z.
Una data molto attesa…
a cura dei caporedattori
23 dicembre...data molto attesa
dalla maggior parte dei ragazzi
per un semplice motivo: iniziano
le vacanze natalizie!
Ma per tutti gli studenti del nostro liceo segna l’arrivo del concorso Galloni. Nato in memoria
di un’ex-alunna, Elisabetta Galloni, morta diversi anni fa in un
incidente stradale, il concorso è
reso possibile dall’aiuto economico della famiglia che premia con
delle borse di studio gli elaborati
migliori.
Quest’anno la presenza scenica
della parte “ludica” del concorso
è stata davvero molto importante
e per questo vogliamo raccontarvelo con un “articolo a immagini”
con alcune delle esibizioni più
importanti.
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Ecco i tre presentatori che
hanno “condotto” lo spettacolo: Andrea Ceolin, Sara Lovisetto e Eleonora Carrer
Qui vediamo esibirsi il
coro diretto dal maestro Francesco Rossi
Continua..
ULTIMO BANCO – anno XVII
Montale
Un bel pezzo a quattro
mani (con l’aiuto di Francesco Pollon per le pagine) interpretato da Alessandro Piovesana e Beatrice Bonetto
Lo spirito del Natale
secondo la III A, in
ogni lingua del mondo
Foto “particolare” per un
momento particolare: il
pezzo rap di Alessia Palmieri
Il corpo di ballo del
Montale, formato dalle ragazze della I B
Per finire, abbiamo raccolto alcune impressioni, sia di studenti che di insegnanti, su quello che è stato lo spettacolo di quest’anno;
“E’ stato sicuramente interessante, peccato per l’assenza delle scenette comiche, che poteva “spezzare” le varie
esibizioni musicali”. Un’artista però non la pensa esattamente così: “Lo spettacolo è sicuramente ben organizzato grazie anche all’aiuto dei professori, ma le prove sono davvero disastrose; certa gente riesce a provare il
giusto tempo, mentre altri aspettano diverse ore per poi esercitarsi davvero molto poco!”
“Lo spettacolo è ben riuscito” dice la professoressa Dalla Mutta “anche se c’erano alcune esibizioni che sono
state davvero belle, mentre altre dovevano essere curate un po’ di più, nel complesso è stata una bella esperienza, che mostra un’alta partecipazione visti i centocinquanta artisti che si sono esibiti”
Inoltre vogliamo esprimere ancora una volta il nostro cordoglio per il signor Galloni, che ha lasciato i suoi familiari da poco
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Creatività
ULTIMO BANCO – anno XVII
Creatività.
“C’è una barca che si muove, in mezzo alle case, laggiù!” Avevo urlato, e la mia Maestra sorridendomi e guardando fuori con me mi disse ridendo, con dolcezza spaventosa, ch’era una
nave e che non distava da lì quel canale, per dove quelle barche passavano. Le più piccole venivano dirette da qualcuno, le più grandi, come quella che avevamo visto noi, sapevano già dove
andare. Così come tutte le cose le più piccole venivano comandate non solo da chi le possedeva,
ma anche da altri poteri, che influivano sulla rotta della barca sempre. E speravo di poter essere
già una nave enorme, immensa, quando avrei dovuto decidere della mia vita, perché il timore di
essere raccolta dai rimpianti, quello, mi torceva l’animo. Che la riflessione ci sia d’aiuto per l’eterno. Tu avevi gli occhi di un ragazzo che era mio, ma avevi le mani secche, troppo alto, troppa
sicumera. “Occhi turgidi di lacrime, o me o quello che hai fatto”. Era normale tu avessi il tempo
per pensare, ma quando ti chiesi di rispondermi velocemente e ti urlai “Dai ragazzo, *ws tachista
la risposta, se aspetto troppo mi fai stare male!” e tu dicesti che volevi quello che eri perché rinnegare di essere nel giusto ti avrebbe ucciso. Senza di me potevi coprirti e stare al caldo della stima
che riponevano in te. Rischiavi di liberarti di te, rischiavi libertà con me…Ragazzo, hai avuto una
famiglia che di certo non ti ha aiutato, ma il letame conquista le menti, tu sei grano mi sa…
Quante madri e quanti padri assomigliano ai tuoi? Quante madri e quanti padri picchiano i propri figli come facevano loro con te? Ce ne sono anche qui di persone simili, vero?.. Non ho mai
capito che strada avessero intrapreso i tuoi…avrai pure il loro sangue, ma non avere gli occhi tristi, non sei come loro, non sarai maldestro e cattivo in famiglia e dolce e versatile in società e la
tua felicità…la tua felicità sarà reale, reale perché condivisa con i tuoi amici, con le nuvole, con
chi preferisci, con la tua fidanzata, vedrai...per cortesia, costruisciti così da poter apprezzare la vita
e te stesso, non ripiegare in quelle inutili lamentele, non versare il vino nel bicchiere solo per
dimenticare la sofferenza…ehi sei forte, sei un ragazzo, che farai all’università? Sei quasi alla soglia
della scelta, dovrai aprire una porta, lasciare le altre ai tuoi coetanei…annidato nel tuo cuore che
cos’hai? Non dirmelo, pensalo soltanto e se non ne sei fiero, se non sei contento almeno un po’
allora rifletti ancora, vedi se puoi cambiare idea…se hai la possibilità di fare ciò che senti di fare,
perché è grande cosa quella, allora sii felice, felice…Ho paura di quello che non capisco, ho paura
di quello che non capisco, ragazzo, pensavo a tuo fratello prima…non so perché si sia suicidato…
non afferro quella sua idea sai…così poco attaccamento alla vita, come se non avesse alcun valore…ho avuto paura della morte di tuo fratello…la vita non è niente se non pensi a quello che hai
da vivere mi diceva…ed è vero…ma perché allora si è ucciso? Si era forse dimenticato dei suoi pensieri? Si era forse dimenticato quello che aveva vissuto? Il mare, il cielo, l’odore di fumo del suo
migliore amico…Chissà, sono troppo piccola per giudicare e troppo grande per andare oltre…e
strappatemi tutti gli ideali, toglietemi tutto, se avete qualche interesse a farlo, ma non le persone…non le persone, quelle lasciatemele, permettete che continui ad osservarle, a guardarle, ad
ascoltarle, per favore...a viverle. Sì ragazzo, restiamo amici.
Agente Bergamo Luca
Via Vittorio 11, San Donà di Piave
tel. 042155755
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C’è una
barca
che si
muove!
di Beatrice
Carmello
IB
ULTIMO BANCO – anno XVII
Creatività
It was the midnight
di Giorgia Lunardelli V B
It was the midnight and it was raining hard .The only “person” in the city was the silence which
advanced in the night. A young woman called Julie Turner was driving in oak street; a dark street near
the cemetery and the cathedral. She was listening to the radio: “It’s close to midnight, something evil’s
lurking in the dark…” sang Michael Jackson. He was her favourite singer and, while she was listening to
his song, a shiver went up her spine:” Under the moonlight, you see and sight that almost stops your
heart, you try to scream...” continued the song “But terror take the sound…” suddenly he car stopped.
Julie got out of the car and began to walking along the street. It was cold and wet. She entered a pub:
there were neither costumers or waiters in that place and the only light came from a small candel. She
took some coins to make a phone call: while she was dialling her boyfriend’s number a ghost appeared
in the pub. It was her mother’s ghost: a mad man had killed her two years before but the police had
never found this person:”You must leave this place Julie. Here a mad man killed me and he will
probably kill you too… Come on! Run away, run away…” The door opened “’Cause this is thriller,
thriller night Julie, thriller night and no one‘s gonna save you from the beast about to strike and tonight
I kill you because this is the thriller night”...Julie started to cry. Someone shut the door but Julie
couldn’t see this person. When he got closer, she noticed that he wasn’t a normal man but he was a
horrible musician. He was wearing a pair of red and yellow tights and a pair of black pointed shoes with
red pon pons. He was very tall and thin and he had a terrific smile with yellow, sharp teeth. He had a
very long flute in his right and a big knife in the left:” Nice to meet you Julie …” he said and started to
smile. Julie was paralyzed:” how are you?! Oh my God! He wants to kill me! I don’t want to die!” she
shouted when she saw a small table near her. She took it and threw it at the man. After that she went
outside and run away. She stopped at the cemetery. It was a strange, horrible place: there were a lot of
tombs and a foulest stench was in the air: She was frightened and tired so she sat down on a tomb
but…”The foulest stench is in the air Julie, the funk of forty thousand years “said a voice: Oh no! It was
the mad man’s voice! Julie couldn’t see anything and she started to run again but…” And though you
fight to stay alive your body starts to shiver … for no mere mortal can resists the evil of the …”Julie
stopped: the man was in front of her and…”THRILLER” he shouted and he started to knife Julie: the
blood began pouring from her body on the tombs, the killer cut off her arms, her legs, her head and
formed a word. The next day two little boys and a girl went to the cemetery and saw something:” What
is that?” one of the boys said “I don’t know! Let’s go to see that!” said the girl. They run and …they saw
a lot of remains: they were Julie’s remains and they formed a word: “THRILLER” exclaimed the girl…”
It’s close to midnight, something evil’s lurking in the dark…” “It’s Michael Jackson’s song!”The boys
said. Suddenly the two boys disappeared under the earth and a voice said:”There’s demons closing on
every side, they will posses you… “.The girl started crying and run away. I don’t know where my best
friends john and mike are now: they may be dead or they may have become evils. I don’t know if they
will come back to kill me but I know that the reality is only one:” The magic exists and no mere mortal
can resists the evil of the …THRILLER.”
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Creatività
ULTIMO BANCO – anno XVII
Io, Albero, Dio
Neve di Maggio
di Giacomo Girardi IV B
di Sara Sassi IV B
Alto ancora
mi estendo, con
molte braccia, molte anime,
molte radici,
sto saldo,
come il male nell’uomo.
Nella mente.
Il vento spoglia
Mi muovo, e tu
continui a vedermi,
a sentirmi,
vegliardo che continua a muoversi,
a ondeggiare,
nel vento,
sopra Greci antichi,
sopra gli insiemi numerici,
sopra la legge di De Morgan.
Ed io continuo a vivere
ed a restare imponente,
come il male nell’uomo
e, solitario nella
perfezione
del silenzio, del nulla
vivo.
Io, albero,
Dio.
i pioppi dai loro batuffoli candidi
che si poggiano sui prati
come neve di maggio
Ipse Dixit
Prof. di italiano: Alludendo all'imminente battaglia tra
Paride e Menelao: “...e, dopo nove anni, a Paride viene
l'ideona: 'perché combattere tutti contro tutti? risolviamo
con un duello'. Ma va!?”.
Prof. di scienze: (finito l’apparato riproduttore maschile e iniziando le leggi della genetica di Mendel) “Adesso mi sono accorta,
è la prima volta nella mia carriera che nella
stessa lezione parlo di piselli di due tipi
diversi”
Prof d’italiano: Riferendosi al momento in cui Afrodite
fa sparire Paride dal campo di battaglia in cui sta combattendo contro Menelao: “...poi cala la nebbia, e...puff!
Paride sparisce e si risveglia dove? Nel letto di Elena.
Poi lei arriva e gli fa: 'Ma che figure mi fai fare! Cioè,
che robe sono queste?'. Poi lo guarda bene, vede che è
debole e ferito e gli dice: 'Massì dai, stendiamoci e godiamo dell’amore”
Prof. di matematica: “O è bianco o è nero,
non ci sono cazzi!”
Prof. di storia: “Il primo re d’Italia è Vittorio Emanuele
II, detto il re galantuomo; in realtà era un tamarro!”
Prof di arte: “...è vero, c’è stata la dominanza romana…”
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