Le prime verdure di cui si ha notizia furono

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Le prime verdure di cui si ha notizia furono
GLI ORTAGGI
STORIA DELLE VERDURE
Le prime verdure di cui si ha notizia furono coltivate tra il 10.000 e il 7.000 a.C.
nel Vicino Oriente, in Asia, America ed Europa. Precedentemente, nel
Paleolitico,
l’uomo
basava
la
sua
alimentazione sulla
carne perché il clima
era freddo e il
paesaggio di steppa
erbosa impediva la
crescita di bacche o
vegetali
selvatici.
Quando
l’uomo
divenne sedentario
iniziò a coltivare i
primi ortaggi.
I più antichi orti, di
cui si ha conoscenza,
furono
impiantati
all’inizio del Neolitico
nell’area compresa tra il Medio Oriente e l’Asia sud-occidentale. Il sottobosco è
ricco di vegetali a cui attingere.
La storia dell’orto affonda le radici nella
notte dei tempi e ripercorrerla significa
attraversare la storia dell'agricoltura e della
società.
Le donne svolgevano un ruolo essenziale
avendo avuto il compito di provvedere alla
semina e raccolta di radici e frutta per il
sostentamento
dei
nomadi
cacciatori/agricoltori: la società cambia e
predilige la “sede” al nomadismo.
I primi vegetali coltivati erano cereali e
legumi.
L’antichissima conoscenza delle specie
vegetali commestibili veniva tramandata di
generazione in generazione.
Con ogni probabilità, furono proprio le donne
a selezionare le varietà selvatiche di legumi,
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bulbi, e tuberi da trapiantare, coltivare nei luoghi ostentò nei primi
insediamenti abitativi. Gli antichi egizi usavano frutta e ortaggi nei banchetti
faraonici. Coltivavano cipolle, porri, aglio, cetrioli e legumi.
Gli orti, presso gli Egizi, erano curatissimi e di colore sgargiante; orti
esistevano anche in Mesopotamia, a Babilonia, ad Alessandria d’ Egitto, in Grecia
e a Roma. Per tutta l’antichità, le verdure (lenticchie, fave, ceci, piselli, sedano,
porri, rape, carote e cavoli) costituirono una presenza costante, insieme a cereali,
formaggi e uova, per le mense di Greci, Etruschi e Romani.
Non a caso, Apicio, maestro dell’arte culinaria della Roma imperiale, dedicò il
terzo ed il quinto libro del suo celebre “De Re Coquinaria” rispettivamente agli
ortaggi e ai legumi, dilungandosi in consigli per la loro conservazione oltre che
in ricette particolarmente elaborate e oggetto di curiosità.
Presso i Romani con il termine “hortus” si intendeva tanto il giardino
ornamentale, quanto il luogo in cui si coltivavano verdure ed erbe ad uso
alimentare e curativo.
Gli orti romani dei plebei venivano
coltivati dalle donne di casa. Vi si
coltivavano soprattutto cavoli,
lattughe e cardi.
della coltura dei legumi,a partire dal
decimo secolo si rivelò provvidenziale per
offrire sostentamento a una popolazione
stremata dalle frequenti carestie e
pestilenze.
I legumi costituivano una fonte di
proteine e vitamine nell’alimentazione
delle classi meno abbienti che non si
potevano permettere il lusso dei pranzi
luculliani in uso, invece, nelle corti
sfarzose.
Nel Medioevo, gli orti erano realizzati nei
conventi grazie ai Benedettini; si
trovavano nel chiostro o subito a ridosso
delle mura conventuali. Con gli ortaggi
I cibi raffinati vengono introdotti
nelle
mense
romane
con
l'innalzamento del tenore di vita
nell'età
imperiale
quando
comparivano, assai frequentemente,
sulle mense gli ortaggi più prelibati
e la coltivazione nei dintorni di
Roma era assai diffusa. Nel
Medioevo, la diffusione in Europa
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venivano coltivati alberi da frutto e piante aromatiche. Venivano poste anche
piante di rosa, simbolo della precarietà e fugacità della vita umana.
Grazie alle grandi scoperte iniziate nel XV secolo, i navigatori importarono in
Europa verdure sino ad allora non note (patata, pomodoro, fagiolo, peperone,
mais) che si adattarono poi al clima europeo e uno migliorate grazie all’ingegno
dei coltivatori.
Nel Rinascimentio gli orti erano anche di grandi dimensioni e coltivati nelle
immediate vicinanze dei centri urbani; venivano allevati anche animali per il
trasporto degli ortaggi e per il concime.
Gli orti famigliari iniziarono a
diffondersi all’inizio del 1800. Nel
passato i nobili, gli speziali, i grandi
possidenti nei loro possedimenti si
facevano coltivare gli ortaggi.. Ai
contadini era destinata una piccola
porzione per i consumi privati. Gli orti
venivano nel XX sec coltivati con una
precisa suddivisione di compiti: erano
le donne a dedicarsi all’orto e ai piccoli
animali; gli uomini si dedicavano ai
campi e alla stalla.
Solo l’inizio del XX sec i piccoli orti
divennero simili a quanto oggi si conosce.
Durante la Seconda Guerra Mondiale l’Italia
era devastata per i continui bombardamenti,
la malnutrizione era diffusa e i periodi di
carestia erano all’ordine del giorno; per
questo motivo lo Stato fascista autorizzò la
coltivazione di ortaggi nei luoghi pubblici (
giardini, piazze, spazi verdi ,…).
Anche a Torino vennero realizzati "orti di
guerra" e
si attuò la conseguente
trasformazione dei giardini pubblici in aree
coltivabili. Azione propagandistica più che di
seria programmazione, fu salutata con i consueti toni stentorei dalla stampa di
regime. "Così nelle passate settimane ovunque una trebbiatrice iniziava il suo
lavoro veniva salutata dal garrire del tricolore, benedetta dal sacerdote,
accompagnata da tutti i cuori. Torino, tra le prime grandi città nell'osservanza
dell'imperativo del Duce non un lembo di terreno incolto, ha celebrato nella
prima settimana di luglio l'inizio della trebbiatura del frumento seminato e
cresciuto rigoglioso in tutti i terreni di proprietà comunale, da quelli che un
tempo giacevano o incolti o scarsamente produttivi a quelli coltivati a piante
verdi, a fiori, a prati nei nostri giardini e nei nostri magnifici parchi dove Flora
ha ceduto il posto a Cerere”.
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GLI ORTAGGI
La propaganda fascista, allo scopo di coprire le vere responsabilità degli
aumenti spropositati dei prezzi e della mancanza di generi alimentari, istituiva
demagogiche campagne di accusa contro i coltivatori, specie contro i piccoli
proprietari, anche per incrinare il rapporto fra i lavoratori della campagna e
quelli di città. A Novara, i cosiddetti "orti di guerra", coltivati entro i confini
della città, si diffusero nei parchi pubblici, nel piazzale della Stazione ferroviaria
e nei giardini dietro la Casa Littoria, decorando le aiuole della città con patate,
cavolfiori, barbabietole, insalata e ortaggi stagionali di vario genere.
Tra il 1941 e il 1942, furono così raccolti quasi cento quintali di prodotti agricoli.
La scarsa alimentazione causava vittime soprattutto fra i ceti meno abbienti e
nelle fasce d'età più deboli, mentre aumentavano i casi di tubercolosi, nefriti,
polmoniti.
Anche in Asti gli anziani raccontano che fosse
diffusa questa pratica per sfamare la popolazione
allo stremo.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale si verificò una
ripresa che ebbe il suo culmine negli anni 60 con il
boom economico; le grandi aziende utilizzavano
come manodopera molti operai provenienti dal
Sud Italia; molti di loro coltivavano piccoli
appezzamenti ricevuti dalle Istituzioni e di solito situate lungo i fiumi o le
strade ferrate.
Attualmente
molte
persone
considerano
queste
attività
gratificante
e
utile
per
mantenersi in salute; oggi si sono
diffusi anche gli orti urbani,
didattici, pensili, quelli in vaso sui
terrazzi e i balconi. Secondo una
ricerca effettuata da Nomisma (
Società di studi economici) nel
2011 in Italia 2.700.000 persone si
dedicavano alla coltivazione in
orto.
I vegetali sono ricchi di diversi tipi di vitamine e di sali minerali in grado di
svolgere importanti funzioni plastiche e regolatrici e a contribuire attivamente
ad innescare e/o velocizzare le reazioni biochimiche alla base delle funzioni
vitali ed in alcuni casi possono offrire un’ apprezzabile quantità di proteine.
Le fibre sono fondamentali per il benessere del corpo.
Colpisce la loro varietà : colori, forme, consistenze , odori e sapori che possono
anche scatenare positivamente la creatività, la fantasia e le emozioni.
L’obiettivo è di salvaguardare anche la storia, le tradizioni, la cultura e il
territorio che hanno contribuito a creare quel prodotto, a vantaggio sia del
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produttore che del consumatore; in questo senso la partecipazione delle
amministrazioni pubbliche è di fondamentale importanza.
Scopriamo nell’elenco sottostante quali parti della pianta rappresentano alcune
delle verdure più comunemente consumate:
RADICE: carota, sedano rapa, ravanello
FUSTO: patata, sedano, asparago
FIORE: carciofo, cavolfiore, broccolo
FOGLIA: lattuga, cavolo cappuccio, cicoria,
spinaci
SEME: fave, lenticchie, piselli, fagioli, riso,
mais
Esistono anche termini come bulbo (aglio, cipolla)
o tubero che indicano sempre fusti, ma
specificatamente sotterranei. Infine, il termine
“ortaggio” è utilizzato per indicare un eterogeneo
gruppo di alimenti che crescono nell’orto in cui
sono compresi sia frutta che verdura. Esistono
infatti ortaggi da frutto, ortaggi da fiore, ortaggi
da foglia, ortaggi da radice, ortaggi da fusto, ortaggi da bulbo, ortaggi da tubero
e ortaggi da seme.
Caratteristiche
Caratteristiche nutrizionali comuni a tutte le verdure sono rappresentate da:
 elevata percentuale di acqua;
 presenza significativa di fibra alimentare;
 ridotta quantità di proteine;
 contenuto variabile in zuccheri;
 considerevoli quantità di rilevante vitamine, in particolare: C, A, B1, B2;
 presenza di sali minerali quali calcio, fosforo, potassio, ferro, rame e
phytochemicals (composti organici di origine vegetale) o fitocomposti.
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L'apporto calorico è compreso tra le 20-40
Kcal, nel caso dei vegetali freschi già puliti, e
80 per le patate, per 100 grammi.
Tra le verdure a maggiore contenuto in fibra
si annoverano bietole, spinaci e insalate; tali
vegetali, la cui parte edule è rappresentata
dalle foglie, sono, inoltre, una buona fonte di
acido folico e di minerali quali calcio, potassio
e ferro.
Nel caso di barbabietola e carota, la frazione commestibile è rappresentata dalla
radice. La barbabietola si caratterizza per un discreto contenuto in zuccheri, le
carote per l’elevata quantità di carotene, sostanza trasformata dall’organismo in
vitamina A.
Zucche, zucchine, cetrioli, pomodori, peperoni, melanzane, cavolfiori, carciofi,
cime di rapa, broccoli presentano buon contenuto di potassio e di fibra;
pomodori e peperoni sono risultano poi particolarmente ricchi di vitamina C e
vitamina A.
Cipolla, aglio, porro, scalogno, cipollotto sono caratterizzati da un discreto
contenuto in vitamine e sali minerali.
Le patate contengono quantità apprezzabili di amido, potassio, calcio, fosforo,
ferro e vitamina C.
I legumi, infine, si caratterizzano per il buon contenuto in ferro, vitamine, di
proteine e glucidi.
Arte Alcuni pittori si sono dedicati alla rappresentazione degli ortaggi.
Il genere “natura morta” nasce nella seconda metà del XVI secolo e nei primi
decenni del XVII, ma l’odierna definizione appartiene alla seconda metà del ‘700:
si intende la raffigurazione di oggetti inanimati appartenenti al mondo naturale
o artificiale. Spesso gli artisti mescolano il mondo inanimato con i vegetali e gli
animali. Ogni rappresentazione cristallizza per sempre l’oggetto e blocca in
eterno un’immagine istantanea. Si verificò un approfondimento sulle qualità
luministiche della materia, con particolare attenzione agli effetti della luce sugli
oggetti immobili. I pittori fiamminghi del ‘600 dettagliarono in modo
incredibilmente minuzioso i particolari, utilizzando
l’impasto dei colori ad olio.
“Il custode dell’orto” è
attribuito ad un artista
lombardo del XVII
secolo.
L’imponente
figura è composta da
innumerevoli specie di
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ortaggi e vi è un targa in latino che chiarisce l’identità di un immaginario custode
di un orto-giardino di una villa padronale. I capelli sono due grandi grappoli d’uva;
il ventre un’enorme zucca; nella schiena sono enucleate due grandi rape rosse, un
cavolo cappuccio, una verza, prugne e melograni.
Un pittore caravaggesco attivo nel primo quarto del XVII secolo dipinge “Cesta
con zucche”, una splendida natura morta che ritrae tre qualità di zucche. Le
cucurbita giunsero dal centro America nei primi decenni del cinquecento. I
vegetali sono disposti in modo dinamico, le forme allungate si protendono fuori
dal cesto. I giochi di luce del cesto e delle zucche conferiscono alla composizione
uno spiccato effetto luministico.
Giacomo Legi (o Liegi) (1600-1640) ritrae “Cesta
con verdura, vaso di fiori e piatto di fragoline sul
tavolo”, la luce è fredda e decisa e crea ombre
corpose ponendo in risalto il piatto di fragoline e
i fiori sullo sfondo. I tratti sono sciolti e ricchi di
materia e la natura morta è di un efficace
realismo pittorico.
Adriaen van Utrecht (1599 – 1653) è stato un pittore fiammingo. Dipinse nature
morte. I suoi dipinti, caratterizzati dall'uso del colore scuro. L’artista analizza in
modo approfondito gli oggetti naturali, dando un valore anche a tutti gli
elementi della vita quotidiana, compiendo un’indagine introspettiva al processo
vitale che aveva dato origine a quei frutti o a quegli ortaggi. La frutta è in parte
disposta in un canestro e in parte appare in primo piano; completano la
rappresentazione un mazzo di asparagi e un cavolo, con una zucca sullo sfondo e
l’osservatore è in grado di leggere e riconoscere ogni componente in quanto
abilmente raffigurato.
F IGURA 1 - A DRIAEN VAN U TRECHT , " NATURA MORTA DI FRUTTI E ORTAGGI "
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Il pittore di Rodolfo Lodi-, attivo a Bologna
nella seconda metà del XVII secolo, ha
dipinto “Verze, cardo, rape e sedani con
sporta”; si tratta di uno pseudonimo; le
verdure sono disposti in gruppi solitari e lo
spazio circostante non presenta elementi
decorativi. Al centro vi sono le verze,
accanto le rape con annesse le radici, sulla
sinistra
le
insalate
appoggiano
elegantemente le loro foglie sul piano; dietro
svetta l’imponente cardo molto ben definito nei tratti. I sedani paiono librare
nell'aria e si uniscono quasi a offrirsi un appoggio. La luce incontra gli ortaggi
che emergono dallo sfondo intriso di colori scuri.
osservi.
Giacomo Francesco Cepper detto il Todeschini
(1664 17309 dipinge “giocatori di morra con
melanzane e zucche”. Una zucca è rappresentata
intento naturalistico e si scandaglia la superficie
rugosa della cucurbitacea tagliata in cui compare
una polpa compatta ricca di semi. Il pittore, con
estrema abilità, riesce anche a rendere il tessuto
umile, strappato e con toppe. La luce illumina
anche il viso del giovane
a sinistra che
furbescamente pare strizzare l'occhio a chi lo
Nella rappresentazione del legame tra arte e orto, gli impressionisti francesi
sono sicuramente ai primi posti e, fra tutti, Camille Pissarro (1830-1903) è quello
che ha raffigurato maggiormente molte scene
agresti. I suoi quadri
celebrano i campi, gli
orti, la terra lavorata
e i personaggi che
popolano
questi
luoghi.
Anche Cézanne oltre
a Pissarro ha dipinto
paesaggi
della
regione di Pontoise, i
temi campestri, infatti, restano sempre presenti in
queste pitture della seconda metà degli anni
settanta dell'Ottocento.
Se nell'ambito degli impressionisti Monet e Sisley
possono essere considerati come i pittori "dell'acqua", Cézanne e Pissarro
sono invece i pittori "della terra".
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F IGURA 2 – C AMILLE P ISSARRO , “O RTO , ALBERI IN FIORE , PRIMAVERA , P OINTOISE ”, 1877
La delicata pennellata di Pissarro (vedi figura 2) è evidente in tutti gli aspetti
della rappresentazione, sia per la vegetazione delle verdure e dei fiori che per
gli alberi: le nuvole e il cielo si stagliano sopra la collina.
L’impressione del dipinto, con gli alberi nodosi in secondo piano privi di
fioriture abbondanti, ci induce a una velata tristezza.
“L’artista si concentrerà sulle variazioni cromatiche prodotte dai fenomeni
naturali e atmosferici: il freddo, la nebbia, il gelo. Riprodurrà queste variazioni
mediante pennellate libere e sottili di colore puro, steso a macchie. E sarà
proprio l’analisi del colore e degli effetti luministici a impegnarlo
maggiormente”
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F IGURA 3 – CAMILLE PISSARRO , “ ORTO A ERAGNY ”, 1897
Il dipinto (in figura 3) rappresenta un orto assai fiorente e rigoglioso, ad Eragny:
in primo piano si estende un terreno riservato a varie coltivazioni, delimitato
sul suo lato più lungo da una siepe rigogliosa in cui compaiono piante e fiori
colorati, fra i quali emergono anche alcuni alberi.
Sullo sfondo si nota un tipico casolare di campagna, circondato a sua volta da
una rigogliosa vegetazione.
L'insieme risulta armonioso, sostenuto
dalla geometria della composizione,
ma anche basato sul contrasto
cromatico fra i complementari, quali il
rosso e il verde, il giallo e il viola, che
producono un notevole effetto di
luminosità. Gli sgargianti colori della
parte bassa del quadro sono messi in
risalto dal grigio chiarissimo e più
neutro del cielo.
La luce è piena e brillante; crea anche, soprattutto tra il fogliame delle piante e
degli alberi, delle ombre colorate che abbracciano le forme, contribuendo così
ad una resa ancora più armonica ed equilibrata dell'insieme.
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Giovanni Segantini (1858-1899) ha dipinto con sensibilità profonda e toccante la
vita dei semplici nel loro rapporto con l’ambiente circostante e il mondo
animale e i paesaggi agresti.
Ma se le immagini allegoriche delle sue tele permettono di considerare
Segantini uno dei principali rappresentanti del simbolismo europeo, grazie alla
luminosità dei suoi dipinti e alla nuova tecnica adottate lo si può inserire a
pieno titolo anche della corrente pittorica divisionista italiana.
Il pittore ha rappresentato anche alcune nature morte con ortaggi in cui
spiccano i colori brillanti degli asparagi (figura 5) che conferiscono un aspetto
molto vicino al reale. Nella “Natura morte con carote” (figura 4) i toni sono
meno vivaci e i contorni meno nitidi.
F IGURA 4 - GIOVANNI SEGANTINI , " NATURA MORTA CON CAROTE ", 1884
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F IGURA 5 - GIOVANNI SEGANTINI , " NATURA MORTA ", 1886
Attivo a Cava de’ Tirreni nei primi decenni del ‘900, Antonio Garofalo, ha
dipinto questa natura morta in cui la luce sembra provenire da sinistra e gli
ortaggi spiccano sul giornale bianco, ponendosi in contrasto cromatico; il
pittore pone in risalto le forme esaltandone i contorni con ombreggiature,
soprattutto per quanto riguarda la melanzana in primo piano.
F IGURA 6 - A NTONIO G AROFALO , "N ATURA MORTA ", 1906
Gli ortaggi fanno la loro comparsa ne “Alla ricerca del tempo perduto- La
prigioniera” di Marcel Proust (1871 –1922) nel quale l’autore cita cavoli, carote,
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cipolle e fagiolini. Per Proust la memoria è lo strumento di precisione della
conoscenza mediata dal sentire. Il tempo perduto e ritrovato, il ricordo, hanno
infatti il loro valore essenziale non nel riprodurre, ma nel rivivere e nel
ricreare. Si arriva così a comprendere anche il decisivo contributo di Proust alla
formazione dell'estetica della modernità.
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Jacopo Chimenti (1551-1640) dipinge frutta, verdura e
salumi con formaggi. La sua pittura ritrae con
spiccato realismo oggetti tratti dalla natura con
particolari molto “veri”: la buccia rugosa del melone
e le radici sfilacciate della cipolla. Egli conosce le
pitture dei fiamminghi dell’epoca ma usa maggiore
equilibrio evitando eccessive abbondanze. Appese vi
sono cipolle, verza e zucchine.
Juan Sanchez Cotan, pittore di "bottega"
Poco conosciuto in Italia, Juan Sanchez Cotan (1560-1627) è stato uno dei maestri
del primo Barocco spagnolo, grazie ad uno stile visivo estremamente rigoroso e
dettagliato. Indimenticabili soprattutto le sue nature morte, conosciute anche
come "bodegones", perchè quasi sempre ambientate in taverne o cucine
popolari.
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Anche Giovanni Pascoli (1855/1912) nelle sue poesie si dedica al mondo agreste e
vegetale.
Nella raccolta Myricae, cioè tamerici (sono arbusti
umili e comuni), il poeta rivela la sua conoscenza
precisa di fiori e piante della campagna, luogo
dell’infanzie del poeta, Pascoli trae ispirazione da
Virgilio ma se il poeta classico desiderava cantare “cose
più grandi delle umili tamerici”, a Pascoli interessano
proprio queste, cioè gli oggetti semplici ed umili, temi
quotidiani
Pascoli ha dedicato un’intera poesia all’orto (‘L’oliveta e
l’orto’), ma cita l’orto come rifugio dai dolori della vita
(‘Nebbia’), paragona la vite a se stesso (‘La vite’) e
paragona il poeta all’umile ortolano.
In uno dei suoi scritti Giovanni Pascoli si addentra nella
descrizione di chi sia il poeta : “Il poetaé, per usare immagini che sono presenti
ora al mio spirito, è, sì, per quanto possa spiacere il dirlo, un ortolano; un
ortolano, sì, o un giardiniere, che fa nascere e crescere fiori o cavolfiori. Sapete
che cosa non è? Non è cuoco e non è fiorista, che i cavolfiori serva in bei piatti,
con buoni intingoli, che i fiori intrecci in mazzetti o in ghirlandette. Egli non sa
se non levare al cavolo qualche foglia marcia o bacata, e legare i fiori alla
meglio, con un torchietto che strappa lì per lì a un salcio: come a dire, unisce i
suoi pensieri con quel ritmo nativo, che è nell’anima del bimbo che poppa e del
monello che ruzza.’
Nella poesia ‘L’oliveta e l’orto’, confessa i suoi sentimenti prima per gli olivi e
poi per radicchi e agli, per cipolle e girasoli.
‘E come l’amo il mio cantuccio d’orto,
col suo radicchio che convien ch’io tagli
via via; che appena morto, ecco è risorto:
o primavera! con quel verde d’agli,
coi papaveri rossi, la cui testa
suona coi chicchi, simile a sonagli;
con le cipolle di cui fo la resta
per San Giovanni; con lo spigo buono,
che sa di bianco e rende odor di festa;
coi riccioluti càvoli, che sono
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