Coltivazioni urbane, allevamenti da giardino e apicolture da balcone
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Coltivazioni urbane, allevamenti da giardino e apicolture da balcone
MODI CITTÀ DA MANGIARE Coltivazioni urbane, allevamenti da giardino e apicolture da balcone. Cambiano così le nuove metropoli: sostenibili e a misura di fattoria. STRADE RITI STORIE Cartoline pop-up con scenari urbani per orti da scrivania: PostCarden, www.another-studio.com (da 5 euro). CULT PERISCOPIO 0 Mese 2012 | Panorama 125 STRADE Rosmarino, salvia, prezzemolo e basilico. Gli odori si coltivano direttamente in cucina nei vasi pensili: Floating Garden by asztalos.com (da 90 euro). C VERDE APERTO IN FACOLTÀ A inizio ottobre si inaugura Coltivando, l’orto conviaviale del Politecnico di Milano Bovisa, creato con gli abitanti della zona. L’obiettivo: garantire una cassetta settimanale di prodotti a tutti gli ortisti. 126 Panorama | 0 Mese 2012 ’è chi dichiara che a creare l’uomo sia stato il giardino, riferendosi poeticamente a un biblico Eden originario, chi detta le regole per creare e gestire un orto fai da te e chi pensa che le coltivazioni urbane risolveranno i problemi alimentari dell’umanità. Ma intanto i cittadini del mondo si organizzano in reti, istituzioni e associazioni no porfit, trasformando i paesaggi urbani in spazi verdi condivisi: l’agricoltura di città è ormai una realtà consolidata, dalle prime esperienze anglosassoni fino a quelle di casa nostra, il pianeta vanta 800 milioni di coltivatori urbani, che assicurano tra il 15 e il 20 per cento della produzione globale di cibo. Almeno stando ai dati raccolti dalle Nazioni Unite e alle previsioni, firmate Fao, che vedono nell’agricoltura metropolitana una risposta possibile a soddisfare le esigenze di un’umanità sempre più inurbata: tra meno di 40 anni, infatti, il 68 per cento della popolazione L’apicoltura urbana ha radici orientali: i promotori sono i cittadini di Hong Kong del gruppo hkhoney.org. Che con Deasigneast02 firmano ques’arnia da balcone. Piazza Vecchia a Bergamo Alta, trasformata in un orto-giardino per la seconda edizione de I maestri del Paesaggio: fino al 16/9, mostre e incontri (su arketipos.org). vivrà tra i grattacieli. E a garantire frutta, verdura, carni, uova e formaggi freschi saranno proprio le “greener city”. Sono città orientate verso forme di autosufficienza energetica e alimentare, tra campi di patate e polli in libertà. Perché dedicarsi ai vegetali non basta più: la nuova tendenza è la fattoria urbana, animali da cortile inclusi. A New York, tutto succede sul tetto di Annie Novak, pioniera delle coltivazioni dal basso nella Grande Mela e cofondatrice di Eagle Street Rooftop Farm a Brooklyn, una terrazza con vista sullo skyline della città, dove la lattuga convive con galline e api da miele. Ma paladina del settore è Novella Carpenter che dal 2005 alleva polli, tacchini, anatre e maiali nel bel mezzo di ghost city, città dormitorio di Oackland in California. Il suo libro, Farm city, l’educazione di una contadina urbana (Slow Food) è un’esilarante biografia a colpi di geniali trovate per garantire a sé e alla sua piccola comunità una sana alimentazione. Il fenomeno si è allargato a macchia d’olio e ora alcune urban farm a stelle e strisce sono diventate realtà professionali, risolvendo anche il problema occupazionale, oltre a quello alimentare. Anche l’Europa si sta attrezzando. E se la rete delle edible city, le città commestibili, è ormai storica, con i virtuosi esempi di Andernach e Todmorden, A sinistra, dettagli della Piazza Vecchia a Bergamo. Tra orti e galline, è il simbolo dell’urban farming. A destra, delimitazione dell’area dedicata al futuro orto ospitato nel giardino del Politecnico a Milano. dove la fiducia reciproca ha permesso a tutti i cittadini di godere dei frutti delle coltivazioni collettive, Parigi è al primo posto in fatto di apicoltura. Apripista sono Melbourne e Hong Kong, dove si raccoglie miele ormai da anni e fanno da modello anche per Antonio Barletta che a Torino ha creato Urbees. «L’idea è salvaguardare le api, che in campagna non riescono più a vivere a causa delle coltivazioni intensive» spiega il fondatore. «La città, invece, si è rivelata un ambiente favorevole: al momento contiamo cinque arnie curate da professionisti e volontari, e la prima raccolta di miele». Nei pressi di Bergamo invece l’azienda agricola Tarangolo offre in affitto galline ovaiole, pollai e mangime. «La soddisfazione di avere le proprie uova è impagabile» spiega Pierluigi Bertulezzi «ma il problema è legislativo o condominiale: nella maggior parte delle nostre città non si possono tenere questi animali, anche se non sono né particolarmente rumorosi, né sporchi». E i fatti gli danno ragione: la capitale francese è già animata dai pennuti, mentre negli Usa è boom del pollo da giardino: non ci sono dati ufficiali ma il dipartimento per l’ambiente stima che ci siano tra i 140 e i 750 mila esemplari (con la conseguente richiesta di chicken sitter). Una rivolzione. Che trasforma i consumatori in produttori, UN MESE DI APPUNTAMENTI Salone del gusto e Terra Madre A Torino, seminari, convegni e mostre sulle coltivazioni urbane dal 25/10. Kuminda Incontri, workshop e film a Milano dall’11/10 Torino Green Il verde si impossessa della città, tra arte e viaggi. 8 e 9 settembre. Giardini Condivisi È il tema del dibattito con esperti e associazioni previsto il 14/10 a Milano. Chiamata alle zappe Il 16/9 a Milano festa al nuovo orto sociale del quartiere Barona. 0 Mese 2012 | Panorama 127 STRADE AMICI DI RASTRELLO Un manuale per contadini senza terra e aspiranti compagni di orto, tra zucchine e nuove relazioni. Coltiovare la città è il titolo del libro del giornalista Massimo Acanfora (Ponte alle Grazie e Altreconomia) che insegna a trasformare aiuole e balconi in orti urbani. Ma anche a riflettere sul significato di un bisogno che germoglia tra i cittadini di tutto il mondo. Guarda il trailer Growing Cities è il road movie girato da due amici di infanzia nell’America degli orti urbani, in collaborazione con la fondazione Sundance. Info su: magazine. panorama.it/qr 128 Panorama | 0 Mese 2012 il cemento in fili d’erba e i singoli individui in comunità. Una nuova democrazia del cibo, come spiega la giornalista Franca Roiatti nel suo La rivoluzione della lattuga (edito da Egea, verrà discusso al Festival di Mantova il 9/9) e un cambiamento sociale enorme: l’abbandono dell’individualismo. Il Cenisis lo ha già registrato: in una ricerca sui nuovi valori degli italiani, balza al primo posto il concetto di prossimità. Ovvero, il bisogno di vicinanza e condivisione, di altruismo e gentilezza. Come accade negli orti cittadini: spazi aperti a tutti e frequentati da 4,5 milioni di italiani, secondo i dati della Confederazione Italiana Agricoltori. E se i primi passi sono stati mossi nell’illegalità ora arrivano i riconoscimenti dalle amministrazioni locali, prima fra tutte quella del Comune di Milano, che ha appena approvato una delibera per creare giardini condivisi. «Se ne sentiva da tempo l’esigenza», Annie Novak nella sua Eagle Street Rooftop Farm di Brooklyn. Tra i pionieri delle coltivazioni urbane, ha cominciato a coltivare dopo esperienze agricole in diversi paesi dell’Africa. dichiara l’assessore ai servizi al cittadino Daniela Benelli, «È una risposta al bisogno di natura, ma anche di vivere momenti di collettività». Le forme relazionali sono in aumento: Torino manda al pascolo capre e pecore nei giardini urbani per assicurarsi la cura dei prati, in quasi tutte le realtà dell’Emilia Romagna (ma non solo) i fontanili di acqua potabile sono a disposizione di chi rinuncia alle bottiglie confezionate e i distributori di latte crudo hanno invaso i centri delle città. Sembra che un mondo migliore sia possibile. A patto che venga guidato da un nuovo ideale: la fiducia. Nato nelle esperienze del web 2.0, ora si consolida in forma di orto. Perché tanta passione per carote e pomodori metropolitani? Sicuramente c’è la voglia di riprendere un contatto diretto con la natura, proprio in senso materiale e tattile, non artificiale. Una maggiore consapevolezza alimentare guida poi la scelta di allontanarsi dalla produzione e dalla distribuzione industriali, in favore della filiera corta, garantita da un’agricoltura di prossimità, locale e diretta. Si parla di giardini e orti condivisi, perché? Questo è l’aspetto più sociale, molto interessante perché esprime il desiderio di salvare spazi che altrimenti verrebbero fagocitati dalla città e cementificati, ma anche il bisogno di stabilire relazioni con gli altri. Che sono i vicini, quelli, ancora una volta, più prossimi. Così si lavora anche per l’integrazione, in vista di uno sviluppo sostenibile, ambientale ed economico. Dal guerrilla gardening illegale, siamo giunti al sostegno di queste attività spontanee da parte di alcuni comuni... Le azione di guerrilla gardening esprimevano un bisogno concreto in modo ludico. Perché quei gesti diventino una prassi solida, occorre che le amministrazioni locali lo permettano. Ed è quello che stiamo osservando: siamo nella dimensione adulta dell’orto (e dell’ortista).