Numero 4 - Provincia di Lucca
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Numero 4 - Provincia di Lucca
Una rete per i minori migranti Questo numero del bollettino informativo “MigrantiInforma” affronta il tema dei minori stranieri non accompagnati che è stato oggetto della Conferenza realizzata da questa Amministrazione provinciale in collaborazione con la Regione Toscana nei giorni del 30 e 31 marzo scorsi. Un appuntamento che rientra tra quelli organizzati in vista della Conferenza regionale sull’immigrazione, e per la quale la Provincia di Lucca ha scelto il tema dei minori migranti in considerazione dell’importanza e dell’urgenza che il fenomeno dei piccoli stranieri soli sta assumendo anche per la nostra realtà locale. In questi ultimi anni, infatti, e in correlazione con i grandi fenomeni migratori che si dirigono legalmente o illegalmente dal Sud e dall’Est verso i paesi ricchi si è verificata in Italia una crescente presenza di minori stranieri. Già nella seconda metà degli anni ’80 si sono avvertiti i primi segnali principalmente relativi a minori provenienti dal Nord Africa e dai confini con la Jugoslavia. Ma il fenomeno è esploso negli anni ’90, a seguito della caduta del muro di Berlino che ha provocato un imponente flusso immigratorio di minori. Si tratta di un numero non sempre facilmente rilevabile, la cui presenza è colta attraverso vari indicatori : la scuola, le strutture assistenziali, e gli istituti di pena. L’improvviso aumento numerico ha colto impreparato il nostro paese, costretto a trasformarsi rapidamente da paese di emigrazione a meta di immigrazione. Amministrazioni locali, enti di vario grado e quanti si occupano a diverso titolo di minori hanno fatto i conti con diverse modalità di lavoro per poter rispondere ai bisogni e alle nuove esigenze di cui queste persone sono portatrici. I minori stranieri, anche se entrati irregolarmente in Italia, sono titolari di tutti i diritti sanciti dalla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989, ratificata in Italia e resa esecutiva con la legge n. 179/61. La convenzione stabilisce che in tutte le decisioni riguardanti i minori deve essere tenuto in conto come considerazione preminente “il superiore interesse del minore” e che i principi da essa sanciti devono essere applicati a tutti i minori, senza distinzione. E’ con questo spirito che la Provincia di Lucca ha aderito con convinzione, insieme alla Regione Toscana, alla prima Conferenza euro-mediterranea sui minori migranti soli che ha dato vita all’esperienza della Rete Remi per la protezione di questi bambini/ e ragazzi/e. In questo senso, nel corso della conferenza di fine marzo, un segno di riconoscimento importante al lavoro svolto ci è arrivato da Guillame Thiérot, consigliere del presidente della regione francese Provenza-Costa Azzurra che ci ha spronati ad andare avanti per “trasformare la carta della rete in uno statuto effettivo” adottato dal più ampio numero possibile di paesi. La nuova legge italiana sull’immigrazione, nota come “Bossi-Fini”, presenta alcune par- ticolarità sulle quali è necessario riflettere perché, a volte, possono creare difficoltà al processo di integrazione del minore nel nostro paese. Infatti, per il minore migrante non accompagnato la possibilità di restare in Italia con un regolare permesso di soggiorno dopo i 18 anni di età dipende dal tipo di permesso ricevuto precedentemente. E da una serie di altre condizioni, fra cui quella di essere in Italia da tre anni e di aver seguito un progetto di integrazione per due anni. Ciò comporta, inevitabilmente, un aumento del movimento migratorio di minorenni che non abbiano più di 15 anni, con tutte le evidenti conseguenze negative sul piano socio-educativo per il minore, ma anche per le amministrazioni locali che si troveranno a farsi carico di un servizio ancora più impegnativo. La condizione di fragilità e di esclusione sociale in cui si vengono a trovare i minori migranti soli può favorire l’insorgere di fenomeni di tratta, sfruttamento sessuale, lavorativo (furti e accattonaggio) da parte di organizzazioni criminali. Per questo motivo, tutta la società deve attivarsi per garantire idonee misure di protezione e attivare risorse necessarie a garantire l’armonico sviluppo psico-fisico di questi cittadini. Ciò pone numerosi interrogativi sulle modalità di intervento da attuare nella presa in carico di questi minori. A partire dal fatto che i servizi pubblici e tutti i soggetti preposti alla loro tutela sono oggi chiamati a “ripensarsi” per potersi organizzare in modo adeguato e più rispondente ai nuovi bisogni. L’esperienza della Rete Remi ci dice che a questo si può arrivare grazie al confronto e allo scambio con altri contesti, operando appunto in rete. Per questo, tra gli impegni che la Provincia di Lucca ha ritenuto di assumersi al termine della conferenza c’è quello di valorizzare attraverso momenti di formazione/informazione l’attività delle associazioni di volontariato e le imprese sociali nella “presa in carico” dei minori. A questo si aggiunge la disponibilità, come richiesto dalla regione, ad essere l’amministrazione referente con le varie Province e i maggiori Comuni del territorio per creare una rete regionale a tutela dei minori stranieri non accompagnati che si faccia, al contempo, portatrice di istanze e proposte per la prossima Conferenza regionale sull’immigrazione che si svolgerà in autunno. Garantendo uno stretto collegamento tra la rete Remi e l’attività del gruppo di lavoro regionale. La Provincia si è inoltre impegnata a pubblicare gli atti della Conferenza lucchese e a collaborare con i partner stranieri all’elaborazione del nuovo statuto della rete Remi per una sua maggiore “istituzionalizzazione”, coinvolgendo anche i paesi di origine dei minori. David Pellegrini (Assessore alle Politiche Sociali e Politiche Giovanili) -1- MIGRANTI in-forma - Anno 2 - n. 1/2 2004 - Allegato al n. 1/2 2004 di Volontariato Oggi Risultati della Conferenza provinciale Une rete europea per i migranti Chi sono, dove vivono, cosa fanno i minori stranieri che la legge definisce “non accompagnati” e che si trovano sul territorio della provincia di Lucca? E soprattutto, che storie portano con sè attraversando mari e frontiere qualche volta al seguito di concittadini poco più grandi, parenti e non, qualche altra trascinati lontano da casa da adulti che fanno immaginare alle famiglie di questi ragazzi un futuro migliore. Che, bene o male che vada, peserà sulle spalle di questi figli del mondo che il mondo fatica a riconoscere come propri. Il fenomeno dei minori migranti non accompagnati interessa prevalentemente le aree urbane, Lucca, Viareggio, Capannori, ha spiegato Giovanna Giannasi, assistente sociale Asl 2 zona Valle del Serchio che ha parlato a nome delle segreterie tecni- che delle articolazioni zonali delle Conferenze dei sindaci, intervenendo alla Conferenza sui minori non accompagnati. In prevalenza “sono minori di sesso maschile, provenienti da Marocco e Albania. Nel 2003 Lucca è intervenuta su 13 minori migranti, Capannori per 2 e Viareggio per 8. L’età è in prevalenza di 16-18 anni, ma con tendenza ad abbassarsi fino ai 12 anni. Sono soli dal punto di vista giuridico, ma sono sempre presenti almeno delle persone da loro conosciute”. Cosa chiedono questi figli del mondo? “I minori albanesi - spiega ancora Giannasi - chiedono subito un lavoro per guadagnare e mandare un aiuto economico alla famiglia rimasta in patria. Ma tutti hanno bisogno di una comunità che faccia le veci della famiglia, di completare il percorso scolastico, educati-2- vo e formativo”. Anche al fine di trasformare il permesso di soggiorno in un documento che consenta di svolgere un’occupazione. E conquistare l’obiettivo finale, quello dell’autonomia abitativa e lavorativa. Condizione indispensabile per costruirsi nuovamente un futuro. Le modalità di risposta alle esigenze dei minori migranti - ha spiegato la relazione di Sonia Ridolfi, rappresentante delle Comunità per minori presenti sul territorio provinciale - “sono legate all’elaborazione di percorsi individuali, diversi da quelli previsti per i minori italiani. Tenendo conto che noi trattiamo i minori migranti chiedendo loro di fare le stesse cose che fanno i nostri minori. Senza considerare cosa significa avere vissuto in giovane età percorsi di autonomia, senza considerare il peso delle esperienze fatte nel mondo degli adulti”. Percorsi che tengano conto, per esempio, delle situazioni terribili da cui provengono le giovani migranti, provenienti per lo più da Equador, Romani, Nigeria, Albania. Tutte le ragazze - ha sottolineato Sonia Ridolfi - “che sono state accolte nel 2003 erano soggette a sfruttamento sessuale o lavorativo”. Le strutture di accoglienza per questi giovani immigrati, per lo più di sesso maschile e in una fascia di età compresa tra i 12 ai 18 anni non sono molte. E, nella maggior parte dei casi, - ha dall’Albania, 4 dal Marocco e altri 4 di diverse nazionalità. Sono passate dal centro di ascolto anche tre giovani rumene per le quali - sottolineano gli operatori - “è difficile fare un progetto perché non accettano di entrare in nessuna struttura. Le comunità rumene emigrate, infatti, si aggregano e identificano nei legami familiari, anche per gradi di parentela che la nostra società non prende più in considerazione. Dei sei minori albanesi - spiegano gli operatori del Gvai - 3 sono stati inseriti al Villaggio del fanciullo e frequentano la scuola media, mentre gli altri vivono nei centri di accoglienza gestiti dall’associazione: due di loro frequentano corsi professionali, uno lavora. I giovani marocchini, invece, sono stati tutti inseriti nelle strutture del Gvai: uno di loro frequenta un corso professionale, tre lo hanno appena terminato e hanno iniziato a lavorare. Tre degli altri minori “sono stati inseriti dalla Questura e dal servizio sociale alla struttura Carlo Del Prete. Di uno si sono perse le -3- tracce perché non ha accettato il programma proposto”. Un esempio, questo, di quanto possa essere fragile il legame che si instaura con questi adolescenti così diversi dai nostri, così forti da attraversare il mondo da soli e così fragili da non poter nemmeno cominciare a immaginarlo un futuro diverso. Fatto prima di tutto di un permesso di soggiorno (il Gvai, come altre associazioni sul territorio, opera con l’ufficio minori della Questura e con il servizio sociale), di un lavoro, una casa, un ritorno in famiglia non più da emigranti. Al Villaggio del fanciullo, dal 1999 a oggi, sono stati ospitati, in qualità di minori non accompagnati, 8 ragazzini albanesi, 1 marocchino, 1 somalo. “Due dei ragazzi albanesi - spiega la responsabile della struttura, Anna Protto, arrivati da solo in Italia all’età di tredici anni, nel giro di cinque anni, sono riusciti a riunire in Italia la loro famiglia con la quale sono tornati a vivere; altri tre, giunti in Italia ancora minorenni (16-17 anni), si sono inseriti ne mondo del lavoro, ma, rag- MIGRANTI in-forma - Anno 2 - n. 1/2 2004 - Allegato al n. 1/2 2004 di Volontariato Oggi sottolineato Sonia Ridolfi - “il minore vi viene catapultato senza che si possa scegliere la struttura più adatta alle sue esigenze”. A Lucca si trovano la comunità “Carlo Del Prete” gestita dalla cooperativa “L’impronta” e il “Villaggio del fanciullo” che ospita in prevalenza bambini. A Viareggio l’accoglienza è assicurata dalla comunità alloggio di via della Gronda, gestita dalla cooperativa Crea. Mentre, per tutta la provincia, accoglie anche ragazze minorenni la casafamiglia del Ceis che da tempo promuove un progetto di protezione sociale per combattere lo sfruttamento a scopo sessuale delle giovani donne straniere. Il Gruppo volontari accoglienza immigrati (Gvai) a Lucca fa colloqui anche con i minori migranti e li inserisce, se è il caso, nelle proprie strutture chiedendo al Tribunale per i minori l’affidamento al proprio presidente, Claudio Puccinelli, tutore anche di minori affidati ad altre comunità. Tra gli elementi messi in evidenza dal Gvai quello che colpisce di più è l’assenza di problematiche specifiche rilevata nella maggior parte dei casi. Se si esclude la povertà totale che si lasciano alle spalle, quando la famiglia di origine individua nell’ultima spiaggia l’invio del minore all’estero. “Arrivano tutti con il consenso delle famiglie” spiega la relazione del Gvai “che li mandano in Italia per avere un futuro migliore”. Nel 2003 il Gvai ha accolto 6 minori provenienti giunta la maggiore età, non sono ancora in grado di vivere in piena autonomia in quanto le loro famiglie sono rimaste nel paese di origine. Quindi sono ancora ospiti della nostra Comunità. Gli altri cinque, di dodici-tredici anni, frequentano la scuola media”. I minori che, fin dagli anni ‘80, sono passati per il Villaggio provenivano dai più svariati paesi: Cile, Venezuela, Santo Domingo, Cambogia, Polonia, Somalia, Eritrea, Marocco e soprattutto Albania. Bambini e ragazzi spiega ancora Anna Protto “giungono al Villaggio inviati dalla Questura che provvede ad un affido provvisorio da parte del Tribunale dei minori, attraverso il servizio sociale, e alla nomina di un tutore. Condizioni essenziali per ottenere il permesso di soggiorno. Il periodo di permanenza varia da 3-4 fino a 1011. Il minore viene subito inserito nella scuola, con la quale si stabiliscono frequenti contatti per un lavoro comune di sostegno nello studio. Purtroppo, quasi sempre, ci si trova di fronte al problema che il ragazzo, per età dovrebbe essere inserito in una certa classe e per prepa- razione qualche anno più indietro. Il dilemma non è di facile soluzione: il regolamento scolastico tende a far prevalere l’età sulla preparazione, ma le lacune sono difficili da colmare per cui il minore, spesso, si ritrova a non essere in grado di seguire la classe ed è meno stimolato a partecipare al lavoro scolastico”. Generalmente i ragazzi si inseriscono con facilità nell’ambiente del Villaggio. Ma i responsabili non negano l’esistenza di problemi dovuti, in primo luogo, “al fatto di non avere alcun parente al di fuori della comunità, neanche per trascorrere il periodo delle vacanze. A questo si cerca di supplire favorendo attività ricreative, sportive e turistiche, o giornate presso amici o compagni di scuola. Ma non è ovviamente la stessa cosa”. Le esperienze vissute da questi minori, in patria e nel tragitto che li ha portati in Italia, inoltre richiedono “un lavoro personalizzato, paziente, che non sempre può risultare del tutto adatto perché è difficile conoscere e capire fino in fondo le cause di alcuni comportamenti”. Fanno supporto al lavoro -4- svolto dal Villaggio i contatti frequenti con gli insegnanti, gli psicologi e le altre realtà del territorio che si occupano di minori immigrati. Sul territorio di Viareggio e Versilia operano le cooperative sociali Crea Impresa ed Extraordinaire. Che non si occupano solo di minori, ma hanno attuato da tempo un ampio spettro di servizi per tutti i cittadini immigrati. Quattordici minori presi in carico vivono nel centro comunale di accoglienza “La lisca”. Sono tutti maschi e provengono dal Marocco. In Italia passano da pochi mesi fino a 4-5 anni e vivono insieme a familiari di vario grado di parentela, tutti maschi. Nel centro di accoglienza è stato attivato, vista la presenza di minori stranieri in molti casi impegnati nella vendita ambulante o in lavori occasionali, un progetto specifico di intervento che va da un lavoro su strada, fino ad un’animazione educativa o a un vero e proprio tutoraggio verso l’inserimento lavorativo. Inoltre, in collaborazione con le scuole medie della Versilia è stato attivato un servizio di mediazioni linguistico culturale finanziato dalla Conferenza dei sindaci e, per il 2004, anche dalla Provincia di Lucca. Il servizio prevede l’attivazione di interventi di mediazione linguistico culturale da parte di operatori/mediatori culturali che operano individualmente con il minore sia in classe che in famiglia. E la realizzazione di laboratori educativi multiculturali con piccoli gruppi di alunni. venti di sostegno alla famiglia che vanno da quelli socio sanitari, all’accompagnamento scolastico, all’affido temporaneo a famiglie italiane grazie alla collaborazione con il Centro affidi versiliese. Tra i problemi aperti sul territorio versiliese, gli operatori segnalano il crescente impiego dei minori in attività di spaccio di stupefacenti inseguendo il miraggio del facile e rapido guadagno, all’interno di un progetto di vita degli adulti di riferimento che non prevede una lunga permanenza in Italia. Inoltre viene definito “debole” il collegamento con le forze dell’ordine “per le attività legate allo sfruttamento minorile e alla tutela dei minori in questione. Inoltre - concludono gli operatori delle due cooperative Crea - “è fondamentale che venga migliorata la rete di contatto e collaborazione tra tutte le associazioni di volontariato, cooperative sociali e le agenzie del territorio che svolgono attività con i minori stranieri. Molto spesso i problemi nascono da un mancato o insufficiente scambio di informazioni. Data la -5- complicata legislazione in materia di immigrazione e le relativi pesanti prassi burocratiche, sarebbe opportuno dotare gli enti del terzo settore di strumenti di collegamento che possano costituire un valore aggiunto alla loro attività”. “Il fenomeno dei minori migranti non accompagnati ha concluso Giovanna Giannasi nella sua relazione si sta sempre più ampliando. Creando molte difficoltà sia per quel che riguarda i fondi necessari - Lucca spende annualmente 500mila euro sia per l’adeguamento delle strutture di accoglienza alle esigenza di crescita di questi minori. Strutture che erano nate per accogliere ragazzi italiani in situazioni di grave problematicità familiare e che si trovano ad affrontare invece l’accoglienza dei giovani migranti, offrendo loro accoglienza sia a livello educativo che formativo. Allo scopo di migliorare l’integrazione tra immigrati e comunità locale, salvaguardando le esigenze culturali e religiose di questi minori”. MIGRANTI in-forma - Anno 2 - n. 1/2 2004 - Allegato al n. 1/2 2004 di Volontariato Oggi Gli interventi di mediazione linguistico-culturale prevedono l’elaborazione di un percorso individualizzato di integrazione e apprendimento della lingua italiana, in collaborazione con la direzione scolastica, gli insegnanti della classe, la famiglia degli alunni ed in alcuni casi anche con il servizio sociale sul territorio. L’intervento prosegue con verifiche a cadenza definita monitorando il raggiungimento degli obiettivi a breve e medio termine. Alle verifiche partecipano costantemente gli insegnanti di riferimento e gli operatori/mediatori culturali in collaborazione con la coordinatrice del servizio e con la referente per la Conferenza dei sindaci. La rete di mediatori è costituita grazie alla collaborazione con il Centro per l’impiego di Viareggio e con la Rete accoglienza migranti (Ram) della Provincia. Nel caso in cui l’intervento sia rivolto a minori non accompagnati si utilizzano risorse specifiche individuate sul territorio per l’accoglienza emergenziale : la Comunità alloggio del Comune di Viareggio gestita da Crea cooperativa sociale o altre comunità residenziali, fuori e dentro la provincia. Un capitolo a parte è quello degli interventi sui minori di origini Rom, per lo più provenienti dalla Romania o dall’area della ex Jugoslavia. Presso il centro di accoglienza del gruppo “Insieme” di Viareggio vive un’intera famiglia, mentre altre hanno trovato sistemazione grazie all’intervento di alcune parrocchie. Per questi minori sono stati attivati inter- Ragazzi in fuga: parlano i rappresentanti dei paesi di emigrazione Un’iniziativa, quella della conferenza sui minori non accompagnati organizzata dalla Provincia di Lucca, fortemente segnata dalla presenza dei rappresentanti stranieri che hanno preso la parola a nome delle associazioni e delle istituzioni che nei paesi di maggior emigrazione si occupano dei minori in fuga da guerra, povertà, fame, analfabetismo. Sono intervenuti la signora Karadja, presidente di Ansedi e rappresentante della Rete euromediterranea per la protezione dei minori isolati ; Azibout Mokrai, presidente dell’associazione Tadamoun di Tangeri e il signor Koudil dell’associazione “Giovani erranti” di Marsiglia, rappresentante della Rete ; Naziha Harrak, magistrata della Corte suprema al Ministero di Grazia e Giustizia del Regno del Marocco ; Meriem Belala, presidente dell’associazione algerina “Femmesen Detresses” e Dominique Lodwik, direttrice dell’associazione “Giovani erranti” di Marsiglia ; Amina Oufroukhi, magistrata a capo del servizio per la prevenzione della delinquenza giovanile del Ministero di Grazia e Giustizia del Regno del Marocco. In rappresentanza della regione Paca (Provenza-Costa Azzurra) e di quella dell’Andalusia sono intervenuti Guillaume Thierot e Manuela Juntas Lopez; mentre il signor Benadouda ha parlato a nome dell’Unicef essendone il rappresentante in Algeria. Personaggi autorevoli, dunque, e di esperienza. Che hanno portato alla conferenza organizzata a Lucca - il quarto incontro delle rete Remi dopo la conferenza euro-mediterranea sui minori migranti soli che ha dato vita alla Carta di intenti - il peso del lavoro in atto nei paesi di emigrazione dei bambini e ragazzi di cui ci troviamo a prenderci cura. Ne è uscito, tra i tanti aspetti, un interessante ritratto dei piccoli e grandi Remì che attraversano le frontiere del mondo del duemila. “Ognuno di noi ha un sogno nel cassetto - ha spiegato forte anche dell’esperienza personale - il presidente dell’associazione “Tadamoun” di Tangeri, Azibout Mokrai - che è un sogno di bambino, di adolescente: quello di andare altrove, di scoprire nuovi mondi, nuove terre, di darsi all’avventura. E niente può fermare questo desiderio così come niente può ostacolare lo spostamento degli esseri umani”. Passano lo stretto di Gibilterra - continua Azibout - “i minori che emigrano in modo fortuito, sollecitati da amici, parenti, coetanei dello stesso quartiere. Così come i minori che hanno problemi sociali e che, appena finita la scuola, cominciano a preparare la fuga. E i ragazzi di strada”. Viaggiano sulle navi - spiega Karadja, presidente di Ansedi - che scelgono con cura: “Alla larga da quelle asiatiche intorno alle quali si raccontano storie terribili. Vanno bene, invece, quelle spagnole o che battono bandiera panamense, più disponibili verso i piccolo clandestini”. Qualche volta il mezzo di trasporto è un camion, sempre più spesso sono quelle che gli spagnoli chiamano “las paterras”: bagnarole da dieci posti. La porta d’accesso all’Europa è l’Andalusia, come ha spiegato la rappresentante di quella regione: “Utilizzano la nostra terra come punto di passaggio - racconta Manuela Jumtas Lopez - ma senza l’intenzione di fermarsi. Vengono cercando un mondo sognato, in fuga per ottenere quella vita migliore alla quale li sollecitano le famiglie e la realtà dei paesi d’origine. Arrivano in condizioni limite di salute per il freddo e la tensione del viaggio. Ma non si fermano per più di 9 giorni”. Sono soprattutto giovani marocchini - ha continuato Lopez - “ma stanno arrivando anche rumeni, polacchi, qualche bambino russo. Qualcuno si spaventa e chiede di tornare indietro, a casa. Per quelli che decidono di restare il governo andaluso assume su di sé la loro tutela e prendono il via i programmi di studio e avviamento al lavoro. Nel rispetto del vissuto di questi minori, della loro cultura, della loro religione”. L’area del Maghreb - hanno sottolineato un po’ tutti i relatori - vede un’alta concentrazione di persone con meno di 30 anni di età. Nella sola Algeria - sono i dati del rappresentante locale dell’Unicef - “il 48% dei cittadini ha meno di 18 anni e il 72% meno di 30”. Proprio qui è stato realizzata, nel 2003, un’inchiesta sociologica per capire - ha spiegato la presidente di Ansedi - “chi sono i minori candidati all’emigrazione, quali i loro contesti sociali, il loro vissuto, i motivi che li spingono a lasciare patria e famiglia”. L’inchiesta ha coinvolto 120 minori che avevano già tentato l’esperienza dell’emigrazione clandestina e altri che erano, invece, in procinto di realizzarla. Con loro, naturalmente, sono state oggetto di analisi anche le fami- -6- non accompagnati sparsi per l’Europa - gli spagnoli li chiamano “spalle bagnate” dal sudore e dalla fatica - è vivo quello che Karadja definisce come “il mito del rientro”: tutto è finalizzato al giorno in cui, tornando a casa, si potrà sfoggiare denaro e successo, in un trionfo di consumismo. Di fronte a tutto questo, la vecchia Europa si pone con quello che Dominique Lodwik, direttrice e anima dell’associazione “Giovani erranti” di Marsiglia, definisce senza mezzi termini un atteggiamento “ambiguo”: “Gli stati ci dicono “occupatevi di questo problema, ma non troppo. Altrimenti i bambini crederanno di poter restare”. La nostra esperienza ci dice che la domanda se sia o meno necessario occuparsi di questi minori non ha alcun senso”. L’associazione di Marsiglia, che è stata la molla per il progetto Remi, tra i tanti progetti in atto ha anche quello della collaborazione ad ampio raggio con tutte le istituzioni che accolgono i minori migranti non accompagnati e alle quali fornisce un aiuto concreto per ricostruire la storia del minore, ritrovare la famiglia di origine. Per il momento solo nel caso che la nazionalità sia marocchina, ma è in fase di sperimentazione un progetto simile per l’Algeria. Ma, tra le proposte avanza nel corso della conferenza lucchese, anche quello di lavorare (per l’Algeria) con le madri, fornendo sostegno e aiuto alla famiglia di origine per prevenire concretamente le partenze dei figli e la loro trasformazione in bambini soli. Per chi, invece, è già in viaggio o le cui spalle sono già bagnate dalla fatica del lavoro, la Rete Remi - ha spiegato Guillaume Thiérot “vuole esser non un territorio di buone intenzioni, ma una rete di uomini e don ne impegnati nella protezione dei minorenni in pericolo, minacciati da se stessi e da quelli che li sfruttano”. Una rete li protegge Il piccolo Remì aveva almeno una scimmietta come compagna del suo girovagare. I troppi minori che ancora oggi sono costretti, con la forza della violenza ma anche con la violenza della miseria, a vivere fuori dal proprio ambito familiare vivono situazioni di solitudine estrema che segnerà per sempre il loro essere adulti. Per affrontare una situazione i cui numeri si moltiplicano di anno in anno a livello mondiale, i paesi firmatari della Convenzione internazionale dei diritti dell’infanzia hanno avviato un percorso che li porterà a dotarsi di un sistema comune di protezione e assistenza di questi minori in conformità con le disposizioni della troppo disattesa Convenzione. Il sistema comune prende il nome di “Rete euro mediterranea per la protezione dei minori isolati”, la cui sigla è, appunto, Remi. I componenti della rete si impegnano a sensibilizzare gli stati interessati dal fenomeno dell’erranza e dello sfruttamento dei giovani da parte di reti criminali ; apportare un aiuto al trattamento di situazioni individuali dei minori interessati, attraverso lo scambio di informazioni e del saper fare di gruppi locali ; assicurare il raccordo tra i gruppi educativi dei paesi interessati ; organizzare delle sessioni internazionali comuni di formazione per il personale che si occupa delle situazioni dei minori (assistenti sociali del settore pubblico e associativo, magistrati, polizia e funzionari). Ogni anno - è previsto nel progetto - si terrà una riunione plenaria in una delle collettività firmatarie per fare il bilancio dell’attività e fissarne gli orientamenti futuri. -7- MIGRANTI in-forma - Anno 2 - n. 1/2 2004 - Allegato al n. 1/2 2004 di Volontariato Oggi glie. Tra le tante spinte a tentare la fortuna lasciando l’Algeria, l’inchiesta ne ha messo in evidenza alcune ricorrenti: non ultimo il pessimo rapporto con una “metodica scolastica vecchia, non riformata, segnata da una cristallizzazione dei programmi scolastici e da metodiche di insegnamento poco motivanti. Una situazione dalla quale deriva, spesso, una visione generale della scuola che è negativa”. Se a questo malessere si sommano ha spiegato la signora Karadja - “il pessimismo per la situazione del paese e la crisi economica delle famiglie”, ecco spiegato come, pur in quadro legislativo che vieta il lavoro minorile, il fenomeno sia ampio. “Sono i minori che decidono, da soli o con altri ragazzi, cosa fare. Si va dalla vendita delle sigarette di contrabbando, a piccoli negozi di abbigliamento, a attività artigianali come il cuoco o il parrucchiere. Molti lavorano nel catering, alcuni fanno i custodi nei parcheggi, o i manovali, i meccanici. Il carico orario di lavoro non è mai inferiore alle 10 ore e i bambini sono spesso esposti a sostanze tossiche o cadono preda degli affari della malavita”. Più di un milione sono i minori che abbandonano la scuola prima dei 16 anni e 478mila quelli che, tra i 15 e i 18 anni, lavorano nei cantieri. Quando decidono di provare a dare una svolta al proprio destino - continua Karadja - “si organizzano. Per anticipare l’arrivo in Europa a qualche conoscente, per nascondere la propria identità, per conoscere la legislazione del paese di emigrazione, per capire quali sono le città europee in cui vivono più connazionali. Molte sono le famiglie che non condividono la scelta, ma per altrettante vale il principio che se il minore sarà all’estero non potrà comunque vivere peggio che in patria”. Nei minori L’ARTICOLO 31 DEL D. Lgs 286/98: UNO STRUMENTO CHE CONSENTE DI OPERARE NEL “SUPREMO INTERESSE DEL FANCIULLO” L’art. 31 comma 3° D.Lgs 286/98 rappresenta un importante riferimento normativo che non ha subito le notevoli modificazioni apportate dalla Legge 189/2002. Esso testualmente recita: “Il Tribunale per i Minorenni, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell’età e delle condizioni di salute del minore che si trova nel territorio italiano, può autorizzare l’ingresso o la permanenza del familiare, per un periodo di tempo determinato, anche in deroga alle altre disposizioni del presente testo unico…”. Occorre premettere che l’esperienza di chi scrive è incentrata essenzialmente sul Tribunale per i Minorenni di Firenze il quale ha interpretato estensivamente la norma de quo concedendo a molti richiedenti di rimanere in Italia anche e soprattutto in virtù di una consolidata situazione del nucleo familiare di appartenenza, a volte prescindendo quindi da reali motivi di salute del minore. La situazione tipica per un intervento in questo senso è quella della madre di minore che, a fronte della scadenza del permesso di salute connesso allo stato di gravidanza, voglia rimanere in Italia accanto al marito, regolare e, spesso, ad altri figli minori quasi sempre in età scolare. Una volta esclusa la possibilità del ricongiungimento familiare per la mancanza di un requisito - quasi sempre quello dei parametri abitativi minimi previsti dalla legge - o in presenza di una pratica avviata ma per la definizione della quale ci vorrà tempo, non rimane che tentare questo procedimento. Preliminarmente occorre riunire la documentazione necessaria da allegare al ricorso, rappresentata essenzialmente da: 1) certificati medici che attestino l’indispensabile presenza della madre accanto al minore – neonato (ad es. in caso di allattamento); 2) attestati scolastici che dimostrino la frequenza e quindi l’inserimento nel tessuto socia- le, in caso di minore non neonato ; 3) eventuale permesso di soggiorno dell’altro genitore; 4) contratto di affitto ovvero dichiarazione di ospitalità; 5) disponibilità all’assunzione del genitore senza permesso da parte di un datore di lavoro; 6) relazione degli assistenti sociali nel caso in cui abbiano già in carico la famiglia. Quest’ultimo punto è determinante poiché in tutte le richieste dovrà essere specificato che: “…..ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 31 comma 3 D. Lgs 286/98, si fa istanza affinché questo Ill.mo Tribunale Voglia AUTORIZZARE la permanenza sul territorio italiano con POSSIBILITÀ DI SVOLGERE UN’ATTIVITÀ LAVORATIVA”. L’attività lavorativa è indispensabile, nel caso di genitore solo o capofamiglia senza permesso di soggiorno, per poter sostentare in maniera adeguata un nucleo familiare: accogliere una richiesta di questo tipo significa sia tutelare realmente il minore consentendo al genitore irregolare di rimanere al suo fianco, sia tutelare il diritto all’unità familiare. A tal riguardo si ricorda che, accanto al superiore interesse del minore tutelato e preso in considerazione in via principale dal Tribunale per i Minorenni (attraverso il richiamo all’art. 3 comma 1° della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20/11/1989), esiste ed è costituzionalmente garantito il diritto all’unità familiare ribadito dallo stesso T.U. all’art. 28 e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea: quest’ultima, in particolare, mentre con l’art. 7 fissa il diritto al rispetto della vita familiare, con il successivo art. 9 tutela il diritto di costituire una famiglia. Una volta ricevuta la documentazione il legale redigerà il ricorso strutturandolo essenzialmente in tre parti: una prima espositiva con la narrazione della vicenda personale dell’istante, una seconda normativa e giurisprudenziale con il richiamo agli articoli di riferimento nonché ai -8- gere attività lavorativa; 3. dà mandato al Servizio Sociale del Comune di……… autorizzandolo ad avvalersi della collaborazione della U.O.P. competente, perché mantenga la presa in carico della minore, attuando gli opportuni interventi di orientamento e sostegno dei minori e del nucleo familiare e perché riferisca al P.M. presso questo Tribunale per i Minorenni qualora dovesse sopravvenire la necessità di sospendere, modificare o revocare il presente provvedimento. Efficacia immediata. Il ragionamento logico giuridico che conduce il giudice ad un siffatto epilogo verte preliminarmente sulla necessaria interpretazione della stessa disposizione richiamata: quando il legislatore scrive anche il deroga alle disposizioni della presente legge, secondo l’orientamento del Tribunale di Firenze, avvalora l’idea che l’autorizzazione in discorso rappresenti un’ipotesi particolare giustificante il rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari in deroga – ovvero ad integrazione – delle evenienze ordinarie contemplate dalla disposizione immediatamente precedente (art. 30). Secondariamente poi l’attenzione del giudicante si sposta sul preminente e superiore interesse del fanciullo a non essere separato dal genitore: questo può dirsi effettivo solo e proprio nella misura in cui al genitore non abbiente, autorizzato ex art. 31 ad entrare ovvero a permanere sul territorio italiano, sia consentito di svolgere regolare attività lavorativa, esercitando ed adempiendo il proprio diritto- dovere di mantenere i figli. Infine l’analisi si addentra nel merito della vicenda: dopo aver illustrato la situazione del minore il Tribunale spesso richiama gli elementi contenuti nell’art. 31 ovvero lo sviluppo psicofisico e le condizioni di salute del minore. Nel far questo dopo aver precisato che nulla autorizza a limitare l’intervento ai soli casi di malattia organica anche ove non si consideri arbitraria tale distinzione, conclude sottolineando che entrambi gli aspetti sarebbero fortemente compromessi sia in caso di rimpatrio con il genitore - con conseguente sradicamento dal contesto relazionale quasi sempre documentato in atti - sia in caso di espulsione del solo genitore – con conseguente violazione del diritto all’unità familiare e smembramento del sistema famiglia. Avv. Cinzia Tiziana Pedonese -9- MIGRANTI in-forma - Anno 2 - n. 1/2 2004 - Allegato al n. 1/2 2004 di Volontariato Oggi precedenti dello stesso o di altri Tribunali ed una terza conclusiva. Una volta depositato il ricorso il Tribunale farà richiesta ai servizi sociali di zona ed alla Questura competente affinché entrambi lo relazionino sullo stato del richiedente ovvero del nucleo familiare nel suo complesso. Fornire già in sede di ricorso il riferimento nominativo dell’assistente sociale o quantomeno del distretto cui l’istante deve rapportarsi, permetterà di anticipare i tempi di definizione della procedura. Questo, purtroppo, è il punto dolente: nella maggioranza dei casi i tempi sono abbastanza lunghi e mediamente per ottenere un decreto è necessario attendere circa 5/6 mesi. Ad ogni buon conto, una volta ottenuti i resoconti dalle amministrazioni interessate, il Tribunale emetterà un decreto con il quale, nella migliore delle ipotesi, autorizzerà la permanenza del genitore per un periodo di tempo determinato (nella migliore delle ipotesi per un periodo di due anni, in altri casi fino ad un anno ovvero per 6/8 mesi). Lo straniero non dovrà fare altro che recarsi in Questura per richiedere il rilascio del permesso di soggiorno producendo il provvedimento e gli altri documenti richiesti (foto, dichiarazione di ospitalità…). Il problema che si è presentato in alcuni casi è la precedente emissione di un decreto di espulsione a carico del soggetto richiedente: la Questura rilascerà il permesso solo a fronte di una sospensione dell’esecuzione dell’espulsione che dovrà essere richiesta alla Prefettura (si sottolinea che si tratta di un provvedimento di sospensione e non di revoca per cui una volta trascorso il periodo fissato dal Tribunale per i Minorenni l’espulsione avrà di nuovo piena efficacia). A titolo esemplificativo si trascrive un provvedimento emesso di recente dal Tribunale per i Minorenni di Firenze: “ visti gli artt. 31 D. L.vo n. 286/98, 737 ss c.p.c., così pronunciando nell’interesse della minore…… 1. autorizza la permanenza in Italia del ricorrente……..madre, per il periodo di anni due a decorrere dalla comunicazione del presente provvedimento; 2. dichiara che la predetta ha diritto di ottenere il rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari e di esercitare le facoltà a questo connesse, ai sensi dell’art. 30 comma 2 D. L.vo 286/98, ivi compresa la facoltà di svol- MINORI STRANIERI NON ACCOMPAGNATI: LA NORMATIVA Nella relazione presentata al convegno organizzato dalla Provincia di Lucca, Joseph Moyerson, coordinatore del segretariato di ChildONEurope (Rete europea degli osservatori nazionali sull'infanzia) e consulente legale presso l’Istituto degli Innocenti di Firenze, e Giovanni Tarzia, consulente legale di comunità di accoglienza per minori stranieri, hanno approfondito realtà e contraddizioni della normativa vigente in tema di minori stranieri “non accompagnati”. Specificando, prima di tutto, cosa si intende con questa dicitura nel secondo comma dell’articolo 1 del regolamento del Comitato italiano per i minori stranieri costituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. Si definisce come “minore straniero non accompagnato presente nel territorio dello Stato” il minorenne “non avente cittadinanza italiana o di altri Stati dell’Unione europea che, non avendo presentato domanda di asilo, si trova per qualsiasi causa nel territorio dello Stato, privo di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell’ordinamento italiano”. Una definizione diversamente interpretata - spiegano i due consulenti legali - da parte di numerosi tribunali per i minori e alcune Questure che, diversamente da quanto indicato dal Comitato per i minori, hanno ritenuto di non considerare “non accompagnati” i minori migranti affidati di fatto a parenti maggiorenni fino al quarto grado che non ne siano tutori o affidatari in base a un provvedimento formale. In quanto - è stato ritenuto - questi minori “sarebbero legittimamente affidati dai genitori nell’ambito del gruppo parentale”. Attualmente, la legge italiana in materia di immigrazione prevede la possibilità di rilasciare un permesso di soggiorno al minore straniero non accompagnato che sia stato ammesso “per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale e che comunque sia iscritto nel registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri”. Condizione perché il progetto possa essere avviato è che “l’interessato si trovi sul territorio nazionale da non meno di tre anni”. E’, dunque, il Comitato per i minori stranieri a valutare l’interesse del minore straniero non accompagnato e a deciderne l’eventuale rimpatrio. Una disciplina - sottolineano Moyerson e Tarzia - “alla quale è stato mosso un triplice ordine di osservazioni critiche : di sospetta illegittimità costituzionale, di scarso coordinamento con la normativa precedente e di lacuna per quanto concerne la disciplina del procedimento amministrativo in cui si realizza l’attività del Comitato”. Comparando quanto prescritto dalla norma con la situazione descritta sul territorio lucchese, salta agli occhi, per esempio, l’impossibilità di fatto di proseguire nell’accoglienza e negli interventi dei giovani migranti di età compresa tra i 16 e i 18 anni, il cui flusso non sembra arrestarsi. Ma vediamo quali sono i principali riferimenti normativi in materia, in ambito internazionale come nella legislazione italiana. Convenzione Onu sui diritti del fanciullo, New York 20 novembre 1989 ratificata e resa esecutiva dall'Italia con legge 176/91. All'articolo 3 viene fissato il principio per cui "in tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza sia delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l'interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente". Convenzione di Lussemburgo del 20 maggio 1980 e Convenzione de L'Aja del 25 ottobre 1980 rese esecutive con legge 64/94. Convenzione europea del 25 gennaio 1996 sull'esercizio dei diritti dei fanciulli ratificata e resa esecutiva dall'Italia con legge 77/03. Direttiva 2003/9/CE del Consiglio dell'Unione europea del 27 gennaio 2003 recante norme minime relative all'accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri. Costituzione italiana, articoli 2,3,29,30,31,37. Testo unico, Dlgs 25 luglio 1998 n. 286 delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero che istituisce il Comitato per i minori stranieri. L'articolo 19, comma 2 del testo unico dispone il divieto di espulsione del minore. Legge 4 maggio 1983 n.184, Diritto del minore ad una famiglia (articoli 33 e 37bis) come modificata dalla legge n. 476 del 31 dicembre 1998. Entrambi i testi dispongono la competenza del Tribunale per i minorenni a valutare l'interesse del minore straniero, rendendo applicabili tutti gli istituti di tutela previsti per i minori italiani. Gli articoli 4 e 9 della 184/83 disciplinano i casi in cui un minore debba essere affidato a persone diverse dai suoi genitori, Codice civile articolo 343 e seguenti (apertura di tutela), articolo 403 (interventi urgenti di protezione per i minori). Legge n. 189 del 30 luglio 2002, Modifica della normativa in materia di immigrazione e di asilo (cosiddetta legge Bossi-Fini) inerente i minori affidati al compimento della maggiore età. Alla normativa italiana si aggiunge una luna serie di circolari interpretative della normativa. Ma anche il Dpcm n. 535 del 9 dicembre 1999, Regolamento concernente i compiti del Comitato per i minori stranieri a norma dell'articolo 33, commi 2 e 2-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998 n.286 che stabilisce la definizione di "minore straniero non accompagnato", i compiti del Comitato per i minori stranieri, che i rimpatri devono essere effettuati nel rispetto della legge e delle convezioni internazionali. - 10 - Julian Lici oggi ha 24 anni e la sua faccia pulita la potete incontrare allo sportello della Rete accoglienza migranti (Ram) che ha sede nei locali della Cgil di Lucca. Sembra passata una vita da quando Julian ha lasciato Fier, la città a nord di Valona, in cui è cresciuto e ha abitato con la famiglia e che ha lasciato, l’ultimo giorno di maggio del 1996 appena sedicenne. “Frequentavo il liceo - racconta Julian - e mio padre lavorava la terra. Per 20 anni ha guidato il trattore. Poi, i rivolgimenti politici hanno travolto l’economia albanese. Mangiavamo solo perché avevamo un po’ di orto, ma se non hai un soldo in tasca finisce che non puoi neppure lavorare la terra”. In classe di Julian - prosegue il racconto “eravamo in quindici e tutti sono partiti per cercare maggior fortuna in Grecia, Germania, Italia. Anch’io avevo già cercato un passaggio per l’Italia ma il mare era mosso. La mattina che ho lasciato l’Albania ero andato al punto di ritrovo per sapere quando avrei potuto riprovare. Indossavo maglietta e jeans, in tasca i soldi necessari, e il giorno giusto era quello”. Delle ore che precedono il suo arrivo in Italia, Julian ricorda “la sosta, prima dell’imbarco, in una pineta, aspettando il buio. L’unico momento di stop, perchè poi è stato tutto un andare. Ricordo anche gli uomini armati che sorvegliavano la costa e i gommoni che si trovavano al largo”. C’è un momento che resta impresso nella mente e nel cuore di chi lascia il proprio paese via mare : “Me lo ricordo come fosse ora quando è sparita la terra e non si vedeva più niente. Solo buio e noi, in trenta, su una bacinella in mezzo al mare”. Quando spunta l’alba si vedono già le luci della costa pugliese e il carico di essere umani compie a nuoto l’ultimo tratto del viaggio. “Eravamo sulla costa intorno a Lecce - prosegue il racconto - in una zona boscosa, senza segni di vita. Lì c’era un uomo che ci aspettava, lo chiamavano la guida. Il suo compito era portarci fuori dal bosco. Dalle nove e mezzo di sera alle 3 del mattino non abbiamo fatto altre che camminare, bagnati, affamati. Poi abbiamo fatto una sosta in un gruppo di case abbandonate”. Il viaggio a piedi si interrompe quando la “guida” lascia la scena al “taxista” che per un’ora di macchina “ci ha chiesto 300mila lire a testa”. Per fortuna - continua Julian - “è arrivato un furgone e ci hanno fatto lo sconto”. Quando il mezzo viene intercettato dagli uomini della Guardia di finanza, insospettiti dai vetri oscurati, l’uomo alla guida spiegherà che il carico umano non è altro che “un passaggio dato a un gruppo di persone che faceva l’autostop”. Gli albanesi, invece, raccontano il viaggio e quanto hanno pagato : “Ci hanno tenuto in caserma un paio di notti, in sette in una stanza, con una coperta e un letto a castello a due posti. Di trenta che eravamo partiti, in venti eravamo minorenni. Per poter mangiare abbiamo tirato fuori i nostri soldi e gli agenti ci hanno comprato dei panini”. Il viaggio finisce quando gli adulti vengono rimpatriati e i minori inviati a un centro di accoglienza a Foggia. “In realtà - è la storia di Julian - io sono finito direttamente in ospedale. Scontavo il freddo, la fame, la fatica. Quando sono tornato in istituto avevo bisogno di lavorare per rimandare a casa i soldi spesi per il viaggio, più o meno un milione di vecchie lire. Così, da giugno ad agosto, ho fatto il gelataio, il barista, il garzone di un negozio di alimentari. Mi pagavano 2000-3000 lire l’ora e a settembre avevo già spedito a casa il denaro necessario. A settembre la comunità di accoglienza mi ha iscritto alle magistrali con indirizzo linguistico : studiavo sei lingue, compreso l’italiano. Ma io sapevo che a - 11 - MIGRANTI in-forma - Anno 2 - n. 1/2 2004 - Allegato al n. 1/2 2004 di Volontariato Oggi GIOVANI MIGRANTI CRESCONO casa c’erano mio padre, mia madre e due fratelli. Perciò dovevo lavorare e sono scappato”. Non chiedete a Julian perché è arrivato a Lucca. Vi spiegherà ciò che è ovvio : “Quando devi scappare un posto vale l’altro”. Per tre settimane Lici abita in una fabbrica abbandonata, rifugio provvisorio per altri connazionali. “Mangiavo alla Caritas e cercavo lavoro senza trovare niente. Il permesso di soggiorno l’avevo lasciato a Foggia. Ai primi di febbraio non ho retto più e ho cercato rifugio all’istituto Carlo Del Prete. Alla fabbrica venivano i carabinieri, anche alle tre del mattino. Io facevo da interprete, ma in tasca avevo solo il tesserino del pullman. Un militare una mattina mi indicò agli altri dicendo “ma questo parla italiano meglio di mio figlio”. Un corso di informatica e un lavoro in fabbrica segnano la svolta per il ragazzo sempre in fuga che, compiuti i 18 anni deve però lasciare la comunità. “A gennaio del 1998 è venuto mio fratello che, a 17 anni, ha fatto in inverno lo stesso viaggio che avevo fatto io. Ho fatto domanda di affidamento al giudice tutelare che, però, ha preso una decisione lo stesso giorno che lui compiva 18 anni. Per avere un permesso di sog- giorno, così, abbiamo dovuto aspettare fino al 2003. Lui lavorava in nero, poi ha avuto un incidente ed è stato fermo tre mesi. Guadagnavo solo io, ma ho preso una casa più grande per fare il ricongiungimento con mio padre e mia madre. Pagavo di affitto 1 milione e 200mila lire e, da apprendista non arrivavo al milione e mezzo di stipendio. Avevo anche cercato di riprendere gli studi: dalle 7 del mattino alle 18,30 stavo in fabbrica, poi a scuola fino alle 23”. Nel 2001 Julian conclude il suo viaggio: arrivano i genitori e poi l’ultimo fratello. “Oggi - spiega - ho preso la carta di soggiorno. Che ti cambia la vita, perché fino a che non ce l’hai sei permesso dipendente. E’ come una droga, qualsiasi cosa fai hai il permesso in testa”. Oltre a lavorare come operatore Ram allo sportello per immigrati, Julian Lici frequenta la scuola superiore “Matteo Civitali” ad indirizzo sociale. Un fratello lavora, l’altro si sta diplomando come assistente sociale e vorrebbe lavorare per gli altri immigrati. Da sei anni non torna in Albania, ma se gli chiede se ci tiene ad essere albanese ti risponde senza indugio : E perché no ?”. E ha più di un motivo per esserne orgoglioso. DUE PROPOSTE DALLE ASSOCIAZIONI Il Gruppo volontari accoglienza immigrati (Gvai) e Arci Nuova associazione propongono un calendario di incontri sul tema dell’immigrazione. Per il 18 maggio il Gvai ha organizzato l’incontro “Lo straniero nel pensiero contemporaneo” con la professoressa Ilaria Vietina, insegnante di filosofia. Per l’8 giugno, invece, presso la sede dei Missionari Comboniani di via dei Fossi 184, Lucca (ore 21) è previsto l’incontro con l’avvocato Andrea Callaioli del Foro di Pisa sul tema “Lo straniero nella riflessione giuridica”. Per informazioni 0583/953707. Il calendario di iniziative dell’Arci, invece, prevede per il mese di maggio Maggio la festa del Plenilunio di Maggio, Wesak (Festa di Buddha), in collaborazione con la comunità lucchese dello Sri Lanka. La cerimonia sarà officiata da un monaco buddista cingalese e da uno italiano. Presso il Circolo Arci di S.Alessio. Per informazioni 0583/490004. “Migranti in-forma” è un bollettino realizzato dalla Provincia di Lucca - Servizio Politiche Sociali e Sport Hanno collaborato: Rossana Sebastiani, Donatella Francesconi, Biancamaria Cigolotti, Loris Banducci. Grafica: Gianluca Testa Stampa e fotocomposizione: Nuova Grafica Lucchese. Anno 2 – N° 1/2 2004 - Allegato al N. 1/2 2004 di Volontariato Oggi Se volete ricevere la rivista, fare osservazioni o dare suggerimenti scrivete a: Provincia di Lucca, Servizio Politiche Sociali e Sport, Cortile Carrara - 55100 Lucca; tel. 0583 417752/208; e mail [email protected] - 12 -