Rapporto annuale 2012 - amnesty :: Rapporto annuale

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Africa Subsahariana
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DUEMILA
Liberia
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AFRICA SUBSAHARIANA
LIBERIA
REPUBBLICA DELLA LIBERIA
Capo di stato e di governo: Ellen Johnson Sirleaf
Pena di morte: abolizionista de facto
Popolazione: 4,1 milioni
Aspettativa di vita: 56,8 anni
Mortalità infantile sotto i 5 anni (m/f): 112‰
Alfabetizzazione adulti: 59,1%
Lunghi ritardi nel sistema giudiziario hanno portato a deplorevoli condizioni di sovraffollamento nelle carceri, dove la maggior parte dei detenuti era in attesa di processo, in
condizioni spesso disumane. Sono rimaste diffuse le violazioni dei diritti umani ai danni
di donne e ragazze, compreso lo stupro e altre forme di violenza. La polizia ha fatto uso
eccessivo della forza durante le manifestazioni.
CONTESTO
L’11 ottobre si sono tenute le elezioni presidenziali e legislative. Nessun candidato presidenziale si è assicurato una maggioranza assoluta e l’8 novembre si è svolto il ballottaggio. Il principale partito d’opposizione, Congresso per il cambiamento democratico
(Congress for Democratic Change – Cdc), ha boicottato il ballottaggio e la presidente in
carica, Ellen Johnson Sirleaf, è stata dichiarata vincitrice con il 90,7 per cento dei voti.
Più di 173.000 rifugiati ivoriani hanno varcato il confine con la Liberia tra novembre
2010 e dicembre 2011, a seguito della violenza postelettorale nella vicina Costa d’Avorio. A fine anno, il flusso di rifugiati si era quasi interrotto e alcuni hanno iniziato a far
ritorno in Costa d’Avorio.
A novembre, la presidente Ellen Johnson Sirleaf e l’attivista per i diritti umani Leymah
Gbowee sono state due delle tre donne cui è stato conferito il premio Nobel per la pace
“per la loro lotta non violenta per la sicurezza delle donne e per il diritto delle donne a
una piena partecipazione all’opera di costruzione della pace”.
IMPUNITÀ
Non sono stati compiuti progressi nell’assicurare alla giustizia le persone responsabili di
gravi violazioni e abusi dei diritti umani durante gli anni di conflitto armato e violenza.
La raccomandazione espressa dalla commissione verità e riconciliazione (Truth and Reconciliation Commission – Trc), affinché fosse istituito un tribunale penale per perseguire
coloro che erano identificati come responsabili di crimini secondo il diritto internazionale
non è stata attuata, né lo sono state la maggior parte delle raccomandazioni della Trc,
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relative a riforme giridiche e istituzionali e alla capacità di garantire giustizia e riparazione.
A marzo, il Tribunale speciale per la Sierra Leone, con sede all’Aia, ha terminato le
udienze preliminari del processo a carico dell’ex presidente liberiano Charles Taylor, incriminato per responsabilità individuale in crimini contro l’umanità e crimini di guerra,
commessi durante gli 11 anni del conflitto armato in Sierra Leone. Egli non è stato incriminato per reati commessi in Liberia, in quanto la competenza del Tribunale è limitata
ai crimini commessi in Sierra Leone. A fine anno i giudici stavano ancora deliberando.
PENA DI MORTE
A marzo, in risposta alle raccomandazioni espresse durante l’Esame periodico universale,
la Liberia ha riconosciuto i propri obblighi internazionali secondo quanto previsto dal
Secondo protocollo opzionale all’Iccpr, al quale ha aderito nel 2005. La Liberia ha inoltre
dichiarato che stava tenendo consultazioni in vista dell’abrogazione della legge del 2008,
che impone la pena di morte per rapina a mano armata, reati di terrorismo e dirottamento, nel caso in cui questi abbiano esiti mortali. Tuttavia, non sono state intraprese
altre iniziative per abolire la pena di morte.
Una persona è stata condannata a morte dal tribunale del distretto giudiziario di Voinjama, nella contea di Lofa.
SISTEMA GIUDIZIARIO
L’inadeguatezza delle indagini della polizia, la carenza di difensori d’ufficio, l’approssimativa gestione dei casi giudiziari, la corruzione e una magistratura incapace di esaminare i casi in maniera tempestiva hanno contribuito a un arretrato nel sistema di giustizia
penale. Circa l’80 per cento dei prigionieri erano in attesa di giudizio; alcuni aspettavano
da anni il processo.
La detenzione continuata di persone in attesa di processo ha fatto sì che un progetto pilota sulla libertà condizionale e vigilata a Monrovia e Gbarnga e un programma di turnazione dei magistrati non siano serviti a ridurre in maniera significativa il numero dei
detenuti in attesa di giudizio.
Spesso alle persone è stato chiesto di pagare per servizi che si supponeva fossero gratuiti,
come ad esempio la conduzione delle indagini da parte della polizia. I giudici hanno abitualmente negato la cauzione. La magistratura ha avuto scarsa indipendenza.
I tribunali consuetudinari spesso non hanno seguito le debite procedure. Sono continuati
i processi basati sull’ordalia, in cui la colpevolezza o l’innocenza dell’accusato veniva determinata in maniera arbitraria e che poteva implicare la tortura o altri maltrattamenti.
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CONDIZIONI CARCERARIE
Le condizioni carcerarie erano estremamente difficili. In diversi istituti penitenziari, i reclusi erano ammassati in celle buie, sporche, con servizi igienici del tutto inadeguati,
senza ventilazione né possibilità di uscire all’aria aperta. L’igiene e le fognature erano
carenti, non c’era cibo e acqua potabile sufficienti e mancavano beni essenziali come
lenzuola pulite e oggetti per la pulizia personale.
A luglio, la presidente Ellen Johnson Sirleaf ha lanciato un programma sanitario nazionale
decennale. I servizi sanitari nelle carceri sono stati inseriti come uno dei punti principali
del programma: il nuovo pacchetto essenziale di servizi sanitari. Tuttavia, a fine anno
non era stato ancora applicato.
POLIZIA E FORZE DI SICUREZZA
Nonostante alcuni miglioramenti, l’inadeguatezza della protezione fornita dalla polizia
ha spinto alcune comunità a formare gruppi di vigilantes.
La polizia ha ripetutamente fatto uso eccessivo della forza durante operazioni di ordine
pubblico.
L’11 marzo, la polizia ha percosso studenti che manifestavano, 17 dei quali sono ricorsi a cure mediche.
La presidente ha istituito una commissione d’inchiesta, che ha presentato il suo rapporto a giugno. Questa
ha rilevato che la polizia aveva fatto uso eccessivo della forza e ha raccomandato che l’ispettore generale
della polizia nazionale della Liberia (Liberia National Police – Lnp) fosse sospeso e che il vice direttore
delle operazioni venisse dimesso. Quest’ultimo è stato sospeso per due mesi senza stipendio, mentre
nessun provvedimento è stato adottato nei confronti dell’ispettore generale.
Il 7 novembre, la polizia ha aperto il fuoco su sostenitori del Cdc durante una manifestazione, uccidendo
almeno una persona e ferendone molte altre. La presidente ha disposto una commissione d’inchiesta incaricata di indagare sulla violenza. Questa ha presentato i suoi risultati il 25 novembre, secondo i quali
la polizia aveva fatto uso eccessivo della forza e, in linea con le raccomandazioni della commissione,
l’ispettore generale della Lnp è stato congedato.
LIBERTÀ DI ESPRESSIONE
Giornalisti hanno continuato a subire vessazioni e in alcuni casi minacce e aggressioni.
Il 22 gennaio, la Corte suprema ha condannato Rodney Sieh, capo redattore del quotidiano privato Front
Page Africa, a 30 giorni di reclusione per oltraggio alla corte. Aveva pubblicato una lettera che criticava
un giudice della Corte suprema. È stato rilasciato due giorni dopo grazie all’intervento della presidente
Sirleaf.
Il 7 novembre, a seguito di un’istanza dei ministri della Giustizia e dell’Informazione, il giudice di circuito
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della corte penale A ha emanato un’ordinanza che chiudeva temporaneamente tre gruppi editoriali; la sentenza è stata applicata da poliziotti in assetto armato dell’unità di risposta all’emergenza. L’accusa era
di aver diffuso messaggi d’odio in relazione al raduno del Cdc e alla violenza che ne era seguita. Il 15 novembre, i dirigenti dei tre gruppi sono stati ritenuti colpevoli. Tuttavia, la corte ha deciso che “per il momento” non ci sarebbe stata una sanzione e ha ordinato la riapertura dei gruppi editoriali.
DIRITTI DEI MINORI
La Liberia ha potuto contare su un unico tribunale minorile, situato a Monrovia, e il sistema di giustizia minorile è rimasto debole, senza alcun centro di riabilitazione o di detenzione per minori che avevano commesso un reato. I minori sono stati abitualmente
detenuti in celle di polizia assieme agli adulti.
Le mutilazioni genitali femminili (Female genitale mutilation – Fgm) sono rimaste diffuse
e sono state abitualmente praticate su ragazze tra gli otto e i 18 anni e ad alcune di appena tre anni. La legislazione liberiana non proibisce in modo specifico le Fgm.
A luglio, due donne accusate di aver praticato Fgm con la forza sono state ritenute colpevoli di rapimento,
sequestro di persona e furto e condannate a tre anni di carcere.
DIRITTI DELLE DONNE
Lo stupro, altre forme di violenza sessuale, la violenza domestica e il matrimonio forzato
e precoce sono rimasti diffusi. La maggioranza degli stupri denunciati riguardava ragazze
al di sotto dei 18 anni. Nelle stazioni di polizia, le unità che si occupano di reati sessuali
e di violenza per motivi di genere erano sotto organico e sottofinanziate e hanno faticato
a gestire il numero di denunce.
Non c’erano case protette operative per le sopravvissute alla violenza di genere. La direzione di due case protette nelle contee di Bong e Lofa è stata tolta alle Ngo che le gestivano e temporaneamente sospesa dal ministero delle Pari opportunità e delle sviluppo.
A fine anno le case non erano state ancora riaperte.
Il tasso di mortalità materna è rimasto elevato. L’Unfpa lo ha attribuito alla scarsissima
presenza di personale medico qualificato, all’inadeguatezza del servizio di ostetricia d’urgenza, a una diagnostica approssimativa, alle pessime condizioni nutritive delle donne
incinte e all’elevatissimo numero di gravidanze in età adolescenziale. A marzo, la presidente ha lanciato un piano quinquennale per ridurre la mortalità materna e infantile nel
paese.
MISSIONI E RAPPORTI DI AMNESTY INTERNATIONAL
Delegati di Amnesty International hanno visitato la Liberia a luglio, settembre e novembre.
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AFRICA SUBSAHARIANA
Good intentions are not enough: The struggle to reform Liberia’s prisons (AFR
34/001/2011)
MADAGASCAR
REPUBBLICA DEL MADAGASCAR
Capo di stato: Andry Nirina Rajoelina
Capo del governo: Jean Omer Beriziky
(subentrato a Camille Albert Vital a ottobre)
Pena di morte: abolizionista de facto
Popolazione: 21,3 milioni
Aspettativa di vita: 66,7 anni
Mortalità infantile sotto i 5 anni (m/f): 57,7‰
Alfabetizzazione adulti: 64,5%
Le forze di sicurezza hanno commesso gravi violazioni dei diritti umani, tra cui uccisioni illegali, torture, arresti e detenzioni illegali. Sono continuate le vessazioni e le intimidazioni di
giornalisti e avvocati, così come la detenzione senza processo di oppositori politici. Le condizioni carcerarie erano pessime e i diritti dei detenuti sono stati sistematicamente violati.
CONTESTO
Il 17 settembre, nella capitale Antananarivo, a seguito della mediazione della Comunità
per lo sviluppo dell’Africa del Sud (Southern African Development Community – Sadc),
i leader politici malgasci hanno sottoscritto una “road map” per risolvere la crisi politica
in corso. A ottobre è stato nominato un nuovo primo ministro e a novembre è stato formato un governo di unità nazionale, che comprendeva membri dell’opposizione. L’ex presidente Didier Ratsiraka è rientrato in Madagascar a novembre, dopo nove anni di esilio
in Francia ma è tornato a Parigi il 12 dicembre. Il 1° dicembre è stato proclamato un
nuovo parlamento di transizione.
UCCISIONI ILLEGALI
Membri delle forze di sicurezza hanno ucciso sospetti criminali nella pressoché totale
impunità.
L’8 settembre, tre uomini sono stati uccisi a colpi d’arma da fuoco ad Antananarivo da agenti di polizia
del gruppo d’intervento rapido (Rapid Intervention Group – Gir). Secondo quanto riferito, gli uomini erano
disarmati e non hanno opposto resistenza agli ordini della polizia di fermarsi. Nonostante la vasta risonanza
ottenuta dall’episodio, a fine anno non era stata avviata alcuna inchiesta.
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