Il Dio Fuggito: le “Storie del Buon Dio” di Rainer Maria Rilke
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Il Dio Fuggito: le “Storie del Buon Dio” di Rainer Maria Rilke
Università degli Studi della Tuscia di Viterbo Tesi di Laurea in Letteratura Tedesca Facoltà di Lingue e Letterature Straniere Moderne Indirizzo delle Professioni Europee Il Dio Fuggito: le “Storie del Buon Dio” di Rainer Maria Rilke Relatrice Correlatrice Dott.ssa Beatrice Talamo Dott.ssa Irmela Heimbächer Laureanda Valentina Olivieri Matricola 3163 A.A. 2004/2005 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio “Er war in gewissem Sinn der religiöseste Dichter seit Novalis, aber ich bin nicht sicher, ob er überhaupt Religion hatte. Er sah anders in einer neuen inneren Weise.“ Robert Musil 2 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Indice 1. VITA, OPERE E “PASSIONI”......................................................................................... 4 1.1 VITA ............................................................................................................................... 4 1.2 OPERE........................................................................................................................... 9 1.2.1 Poesia....................................................................................................................... 9 1.2.2 Prosa...................................................................................................................... 17 1.3 PASSIONI ...................................................................................................................... 19 1.3.1 Lou Andreas-Salomè ............................................................................................. 19 1.3.2 Heimat Russland................................................................................................... 27 2. IN PELLEGRINAGGIO VERSO DIO ......................................................................... 47 2.1 2.2 3. TRACCE DI UNA “RELIGIONE NUOVA”....................................................................... 47 IL DIO LIBERATO .......................................................................................................... 61 GESCHICHTEN VOM LIEBEN GOTT (STORIE DEL BUON DIO).................... 73 3.1 „AN GROßE FÜR KINDER ERZÄHLT“.......................................................................... 80 3.2 DAS MÄRCHEN VON DEN HÄNDEN GOTTES ............................................................ 91 3.3 DER FREMDE MANN .................................................................................................... 94 3.3.1 Il peccato originale di Cristo ............................................................................... 101 3.3.2 Una Trinità discorde ........................................................................................... 105 3.3.3 L’attacco polemico ............................................................................................... 107 3.4 L’INFLUENZA DELLA CULTURA RUSSA..................................................................... 111 3.5 WIE DER VERRAT NACH RUSSLAND KAM ................................................................ 116 3.6 WIE DER ALTE TIMOFEI SINGEND STARB .................................................................. 131 3.7 DAS LIED VON DER GERECHTIGKEIT ........................................................................ 135 3.7.1 Ostap, il kobzar ................................................................................................... 142 3.7.2 Una “ricercata confusione”................................................................................. 144 3.7.3 Tra utopia e realtà ............................................................................................... 146 4. BIBLIOGRAFIA............................................................................................................. 156 4.1 4.2 4.3 4.4 OPERE DI R. M. RILKE – IN LINGUA ORIGINALE ...................................................... 156 PRINCIPALI EDIZIONI ITALIANE ................................................................................ 159 LETTERATURA SECONDARIA GENERICA ................................................................. 161 LETTERATURA SECONDARIA SU RILKE ................................................................... 162 3 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio 1. VITA, OPERE E “PASSIONI” 1.1 VITA René Maria Rilke nasce a Praga il 4 dicembre del 1875 da una famiglia della piccola borghesia di origine austriaca. La sua è un’infanzia difficile e molto infelice, il suo nucleo familiare non è in grado di fornirgli nessuna sicurezza: la madre non fa alcun mistero del rifiuto della propria maternità, una madre squilibrata e affetta da pericolose manie, che si diverte a vestirlo da bambina in seguito alla morte prematura della sorella più grande di Rilke, lutto che non riuscirà mai a superare; il padre, un uomo frustrato e inappagato rispetto alle proprie aspirazioni sociali per non aver realizzato la carriera militare sperata, lo obbligherà ad entrare nell’accademia militare di St. Pölten, in cui il ragazzo “sopravvivrà” fra gli undici e i sedici anni. Si direbbe quasi un miracolo che Rilke ne sia uscito vivo: quei cinque anni tremendi in cui il gracile e timido sognatore diventa lo zimbello degli istruttori e dei compagni, spezzano per sempre la sua anima. Per tutta la sua vita Rilke sarà alla ricerca di un equilibrio spirituale che non riuscirà mai più a ritrovare. Nel 1891 lascia finalmente la scuola militare e nel 1895 prende la licenza liceale. 4 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Nel 1895/96 inizia a studiare letteratura, storia dell’arte e filosofia, prima a Praga e poi a Monaco. I più malinconici tra questi anni universitari sono sicuramente quelli che trascorre nella città natale: il lungo racconto Ewald Tragy (1899-1900), rivela quanto si sentisse solo in compagnia dei suoi, nessuno dei quali era in grado di comprendere la sua nascente vena poetica. Tuttavia le sue sofferenze vengono addolcite dal fidanzamento con Valéry David Rhonfeld, che però non esiterà a lasciare quando se ne andrà da Praga, deciso a non voler frapporre alcun tipo di ostacolo tra sé e la poesia che andava cercando. Nel 1896, all’età di ventuno anni, non ne può più della chiusura provinciale di Praga e si trasferisce a Monaco. L’anno successivo incontrerà proprio a Monaco la scrittrice tedesco-russa Lou Andreas-Salomè che, come vedremo meglio nel paragrafo dedicato interamente a lei, sarà fondamentale nel suo iter formativo, per l’assidua e stimolante frequentazione che durerà fino al 1900. Rilke segue Lou Andreas-Salomè a Berlino nell’autunno del 1897 dove conosce, grazie a lei e a suo marito, Friedrich Carl Andreas, famoso orientalista, Stefan George e Gerhart Hauptmann. Nel 1898 un viaggio in Italia lo porta a contatto con l’arte del Rinascimento, soprattutto a Firenze. 5 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Nei due anni successivi, invece, intraprenderà due importantissimi viaggi in Russia: il primo nel 1899 con gli Andreas in occasione della Pasqua ortodossa e il secondo nel 1900, soltanto con Lou. Dopo il secondo viaggio, Rilke e Lou si separeranno, separazione che non significherà però la fine di un’amicizia ormai radicata, al di là dei toni passionali dei primi tempi, e che si alimenterà, oltre che di incontri a volte distanziati da intervalli di anni, di un carteggio denso, affettuoso e ininterrotto fino alla morte. Nella Salomè, Rilke vedrà sempre l’unica figura da cui riterrà di essere compreso più a fondo, anche a distanza, e oltre le occasionali e inessenziali parole. Nell’autunno del 1900, Rilke si trasferisce a Worpswede presso una colonia di artisti che vivono appartati dalla città, a contatto con il vasto paesaggio della brughiera intorno a Brema. Qui conosce la scultrice Clara Westhoff che sposerà l’anno dopo e dalla quale avrà una figlia, Ruth. Sorgono, però, delle complicazioni economiche (cessa il sussidio assicuratogli dallo zio che ha costituito la base economica della sua vita errabonda fino a quel momento). L’affanno di assicurare il pane quotidiano per la famiglia lo spinge ad imbarcarsi in una nuova avventura: accetta di scrivere una monografia sullo scultore francese August Rodin, cosa che imporrà un immediato trasferimento a Parigi. A questo punto, la famiglia si divide per non ricongiungersi mai più, anche se Clara resterà sua moglie per tutta la vita. 6 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Nel 1902 si trasferisce dunque a Parigi. L’impatto con questa metropoli moderna sarà a dir poco traumatico. Parigi rischia di “schiantarlo”: l’orrenda miseria dell’esistenza umana è ovunque, e diventa per lui un’ossessione da cui gli è impossibile liberarsi, un’ossessione che, a posteriori, lo spingerà verso le grandi profondità di cui le Aufzeichnungen des Malte Laurids Brigge e le Neue Gedichte, sono una chiara testimonianza. Gli stimoli moderni, la plasticità dell’opera di Rodin, di cui diventerà segretario anche, in primo luogo, e poi le opere del pittore Paul Cèzanne, sono insegnamenti fondamentali per il poeta e lo arricchiranno come mai prima d’ora. Tra il 1904 e il 1914, Rilke alterna ai suoi soggiorni parigini alcuni viaggi in giro per il mondo: Svezia e Danimarca nel 1904; nel 1906 è a Capri; nel 1909 viaggia in Provenza; in Boemia, Germania, Italia e Africa (Algeria e Turchia) nel 1910; di nuovo in Africa (Egitto) l’anno dopo; poi ancora a Duino in Italia e in Spagna nel 1912, finché lo scoppio della prima guerra mondiale lo sorprenderà in Baviera nel 1914. E’ costretto a rimanere a Monaco. Termina così la stagione dei grandi viaggi per Rilke che ritroveremo nel 1922 a Muzot. Dal 1923 Rilke inizia ad accusare gravi problemi di salute e trascorre un lungo periodo nel sanatorio di Valmont. Ritornerà, comunque, nel 1925 a Parigi, dove stenderà il suo testamento. Poco 7 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio prima della sua morte gli viene diagnosticata la leucemia. Morirà il 29 dicembre del 1906 a Valmont. Sulla lapide, per espressa volontà del poeta, sono incisi i versi: Rosa, oh pura contraddizione, gioia di non essere il sonno di nessuno, sotto tante palpebre. 1 Furio Jesi, Rilke, Il Castoro, Firenze 1979. 8 1 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio 1.2 OPERE 1.2.1 POESIA Leben und Lieder, la prima raccolta di poesie di Rilke, viene pubblicata nel 1894 e contiene le poesie scritte tra il 1891 e il 1894, poesie tutte dedicate al suo primo amore di Praga, Vally (Valéry David-Rohnfeld). Questa raccolta è diventata una vera e propria rarità. Più reperibile, invece, risulta la raccolta Wegwarten, fascicoli del dicembre 1895 che il poeta stesso distribuiva gratuitamente agli operai di Praga. Un volume che contiene versi giovanili, prosa e drammi, pubblicato quando ancora Rilke era in vita, con la sua riluttante autorizzazione2, in una edizione limitata ad un centinaio di copie. Si tratta di diciassette poemi, incentrati sulla semplicità popolare, privi effettivamente di particolare spessore. La quantità se non la qualità dei versi prodotti tra il 1894 ed il 1899, dimostra quanto l’autore fosse determinato a riuscire. Seguitò a “scrollare i versi dalla manica, come un prestigiatore della poesia, sempre più copiosi e sempre migliori”3. 2 Rilke rinnega quasi tutte le sue poesie, le commedie e i racconti scritti prima del 1899, che in seguito giudicherà scadenti, non sinceri, prodotti palesi di una mente malata, insignificanti perfino dal punto di vista del periodo che rappresentano, tanto che ritirerà dalla pubblicazione anche gli abbozzi meno spregevoli. 3 E. M. Butler, Rainer Maria Rilke, unica traduzione autorizzata di Lidia Storioni, Rizzoli, Milano 1948, p. 37. 9 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Larenopfer, un’altra raccolta pubblicata nel Natale del 1895, comprende le poesie da lui scritte tra il 1894 e il 1895 che hanno per argomento Praga. Questa raccolta non contiene decisamente il meglio di Rilke, anche a causa della sua inesperienza: deciso a scrivere poesia, Rilke, sceglie la sua città natale come soggetto a portata di mano, scelta naturalissima, ma sintomatica di una certa insincerità che riuscirà a superare soltanto più tardi. Rilke detestava di fatto Praga e non la considerò mai la sua patria, e non in quanto tedesco nato in una città ceca, ma perché la sentiva una “perfida matrigna”: la sua infanzia era come un brutto sogno nebuloso, e poi vivendo non troppo agiatamente presso una zia, abbandonato dalla madre, in rapporti tesi con il padre, incerto sul futuro, in disaccordo con tutto ciò che lo circondava, certamente non doveva avere entusiasmo da vendere allora, né tanto meno da ricordare “poetizzando” poi. Più tardi, infatti, parlerà di Praga con immensa antipatia ed eviterà addirittura di soffermarvisi. La biografia di Rilke è segnata di fatto dall’esperienza della ”Heimatlosigkeit”: Rilke vuole essere considerato il primo grande “uomo senza casa”4, che non solo si sente per sempre privato del dolce e confortante focolare domestico, ma che non riesce più nemmeno a concepire la possibilità della casa, di una casa qualsiasi che dia un senso di assoluta sicurezza nella realtà. Tale condizione 4 Ladislao Mittner, Storia della letteratura tedesca, vol. III, Dal Realismo alla sperimentazione (1820-1970), t. II, Dal fine secolo, alla sperimentazione (1890-1970), Torino 1971, p. 1119. 10 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio umana prelude alla disperazione esistenziale, anticipa anche la disperazione, ben diversamente concreta, dei milioni di europei privati materialmente delle loro case durante le due guerre mondiali o nel dopoguerra. Il Traumgekrönt del 1896, insieme al successivo Mir zur Feier del 1899 segnano una svolta in senso soggettivistico, inaugurano il nuovo canone poetico accettato dall’autore dopo i precedenti Leben und Lieder e Larenopfer; tema delle poesie non sono più i familiari, la città vecchia di Praga, la campagna boema, il popolo ceco, la storia locale ecc., ma l’io del poeta come motivo esplicito. La capacità di trasformazione costituisce, non a caso, la caratteristica più spiccata di queste raccolte. Traumgekrönt si presenta costituita internamente da due cicli: Träume (28 poesie) e Lieben (22 poesie). Anche il Mir zur Feier si compone di due cicli ben definiti: Engellieder, che contiene sette poesie sugli angeli, esperimenti interessanti nell’arte di evocare quella che si può chiamare la psicologia degli angeli dal “di dentro” e dal “di fuori”; l’altro ciclo si intitola generalmente Lieder der Mädchen e raccoglie la trilogia: Mädchen Gestalten; Lieder der Mädchen; Gebete der Mädchen zu Maria. Entrambi i cicli ruotano intorno a due nuclei figurativi: gli angeli e le fanciulle, e ad un gesto verbale, quello della preghiera, cifre centrali dell’opera del Rilke maturo. Non c’è dubbio che quest’opera segni la fine dell’apprendistato poetico di Rilke. 11 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Da questo momento in poi Rilke suddividerà quasi tutte le sue liriche in cicli che rappresentano per lui, più che una tecnica, un vero e proprio strumento espressivo. Das Buch der Bilder, uscito nell’estate del 1902, riunisce le poesie degli anni dal 1898 al 1901. Una seconda edizione del 1906, si arricchì poi di alcune liriche del periodo dal 1902-1906. Quest’opera si colloca idealmente tra le sue poesie giovanili, a cui appartiene ancora per certi versi, e Das Stundenbuch, in direzione del quale indica più di un accenno, come per esempio una incerta suddivisione per cicli: raggruppamenti su base tematica intorno ai motivi naturali della successione delle stagioni, delle ore della giornata, dei fenomeni meteorologici o, nella seconda metà della raccolta, a quelli storici su alcune figure del passato. Al di là, comunque, dei cicli delle poesie, manca una strutturazione ciclica vera e propria del volume. E’ giusto a questo punto provare a spiegare che cosa siano questi cicli e soprattutto che cosa significhino per Rilke. L’ordinamento ciclico è, infatti, un’importante chiave di lettura della opere del nostro poeta, del suo modo di intendere e di rappresentare, quindi, 12 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio la realtà, o meglio, ciò che di essa il suo Io5 percepisce in impressioni e sensazioni, e che vuole a suo modo evidenziare. Vediamo bene che proprio il suo rapporto con il Reale6, costituisce, infatti, il filo conduttore di tutte le sue esperienze artistiche al di là dei diversi principi che utilizzerà per afferrarlo e per rappresentarlo. Partendo da questo presupposto, il raggruppare le poesie in cicli nasce dall’esigenza di ricostruire, o di riassumere la realtà che l’io percepisce inizialmente attraverso una miriade di impressioni o sensazioni. La struttura ciclica non corrisponde solamente ad un ordinamento interno, bensì ad una dimensione iterativa che caratterizza l’insieme: un pensiero di base riprodotto sempre in nuove variazioni, nel continuo ritorno dei temi, in una circolazione di figure e immagini: e nel caso del Das Stundenbuch, ad esempio, soprattutto nella puntuale e quasi ininterrotta presenza della figura divina. Das Stundenbuch è, infatti, l’opera in cui più che in ogni altra, trova la sua massima espressione la suddivisione per cicli. Scritto tra il 1899 e il 1903, prende il nome da un libro di preghiere e si compone, appunto, di tre parti: • Das Buch vom mönchischen Leben (1899); 5 L’io del poeta è l’unico filtro di tutto il reale: diventa un organo sensibile attraverso cui soltanto esiste la realtà che è il tema della poesia, riducendosi in questo modo però, a puro indice dimostrativo; ciò che conta e che interessa al lettore, infatti, è il contenuto della poesia e non che sia lui a dirlo, anche se è sua tale percezione. 6 Alberto Destro, Invito alla lettura di Rilke, Mursia editore, Milano 1979, p. 37. 13 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio • Das Buch von der Pilgerschaft (1901); • Das Buch von der Armut und vom Tode (1903). Questi tre libri rappresentano metaforicamente gli stadi di vita attraversati dall’uomo solitario, dall’artista immerso nella meditazione dei temi della metafisica religiosa7. E’ una delle opere di maggiore successo di Rilke, anzi, rappresenta in assoluto il picco più elevato del primo periodo creativo del poeta. I primi due libri si profilano su uno sfondo russo, dato dalla personale rielaborazione rilkiana dell’esperienza del paesaggio, del popolo, dell’arte e della religiosità, in modo particolare, della Russia zarista, visitata in due lunghi viaggi in compagnia di Lou Andreas-Salomè, nel 1899 e nel 1900. Il terzo libro, invece, seppur non abbandonando del tutto “l’abito russo”, ha il suo nucleo centrale nell’esperienza della metropoli occidentale: Parigi e i suoi orrori. L’importanza di quest’opera, comunque, sta nel fatto che costituisce un’importante testimonianza del rapporto immediato con il “suo Dio”. Il Dio menzionato da Rilke non ha nulla a che fare con il Dio trascendente della religione cristiana: nasce dal desiderio di dare un nome all’indicibile, ancora una volta, dà voce allo sforzo di conferire forma e stabilità all’informe Reale (realtà esterne all’uomo, e realtà interiori, psichiche, immagini e sensazioni). 7 Cfr. Žmegač Škreb Sekulić, Breve storia della letteratura tedesca, dalle origini ai giorni nostri, Giulio Enaudi editore s.p.a., Torino 1995. 14 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Come Das Stundenbuch nasce, per la maggior parte, sotto il segno dell’esperienza russa, le Neue Gedichte, comprendenti due parti della raccolta (Neue Gedichte del 1907 e Der Neuen Gedichte anderer Teil del 1908), sono, invece, la diretta conseguenza del soggiorno parigino. Parigi rappresenta per Rilke non solo l’esperienza della grande città e dei suoi orrori, ma anche il contatto con Rodin e la sua lezione etico-artistica8. Le Neue Gedichte sono una raccolta di centosettantadue composizioni di varia lunghezza, la maggior parte delle quali incentrata su una singola cosa. Se nel Das Stundenbuch, infatti, i cicli esprimono lo sforzo di voler trovare un denominatore comune alla ricerca di una rappresentazione del Reale, come abbiamo detto, nelle Neue Gedichte la questione verrà affrontata in maniera diversa: il Reale verrà, questa volta, inseguito nella infinita varietà delle sue manifestazioni, che culminerà nella poetica delle cose, la poetica del “Dinggedicht”9, che non è una rinuncia alla rappresentazione del Reale, ma che ammette la sua molteplicità, nella consapevolezza che è possibile coglierlo dietro ad ogni singola cosa10. Il poeta allora deve lavorare al suo modo di guardare: all’osservazione fugace delle cose del mondo, allo sguardo che si ferma alla superficie delle sensazioni e delle apparenze, si sostituisce un modo di guardare più attento che cerca La ricerca espressiva, che passa per Rodin attraverso il dominio della materia, diventerà per Rilke lezione di una rigorosa disciplina creativa. Il senso plastico della forma di Rodin, colpisce Rilke profondamente e lo farà approdare alla sua poetica delle cose. 9 Ivi, p. 56. Il termine sembra più adatto ad indicare una poesia che ha come oggetto una materia concretamente percettibile. 8 15 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio di cogliere l’essenza profonda della vita11. Fino ad ora Rilke aveva rivolto la sua attenzione più che all’oggetto stesso, al suo effetto sul soggetto, alle cose come fonte di ispirazione. L’oggetto “poetizzato”, invece, rendendo visibile l’invisibile interiorità delle cose, il loro mistero, le fa diventare protagoniste assolute della poesia. Se le Neue Gedichte cantano di questa poetica dello sguardo, nel Malte Rilke “imparerà a vedere”12, giungendo ad un pessimismo assoluto nella scoperta del nulla. Altri due capolavori di un Rilke decisamente ormai maturo, sono le Duineser Elegien, iniziate nel 1910, la cui composizione effettiva verrà ultimata solo dodici anni dopo la conclusione della Guerra mondiale, e i Sonette an Orpheus scritti subito dopo, nel 1922. Il problema con cui il poeta si confronta e che diventa il tema delle sue opere tarde, appare in stretta connessione con il “dire oggettivo”13, a cui Rilke aveva cercato di dare voce nei Neue Gedichte e anche nel Malte. Rilke è ora alla ricerca di nuove forme di espressione e di rappresentazione, dal momento che dalla penetrazione delle cose giunge al doloroso riconoscimento del nulla, come si scoprirà nel Malte. Sia nelle Elegie che nei Sonetti si rivolge a un universo che è al di là degli oggetti concreti e di ciò Tutto è comunque unificato sotto allo sguardo del poeta, che costituisce in questo caso da aggregante sopra ogni cosa. Inizia l’apprendistato di Rilke a diventare “cosa tra le cose”; coinvolge le cose in un continuo processo metamorfico, tenta di vivificare le cose attraverso la reificazione dell’umano. 12 Gabriella Catalano in Marino Freschi, Storia della civiltà letteraria tedesca, vol. II, Ottocento e Novecento, Unione Tipografico-Editrice Torinese 1998, p. 306. 13 Ivi, p. 308. 10 11 16 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio che è visibile, cercando una nuova relazione tra mondo esteriore e mondo interiore, una nuova relazione dell’io con il Reale. Con la poesia delle Elegie e dei Sonetti, Rilke costruisce la nuova classicità in una lingua moderna rifacendosi a Klopstock e a Hölderlin. La poesia torna a rivolgersi solo a se stessa, perché solo ed esclusivamente nella poesia il poeta vede la possibilità di trovare una risposta alla crisi epocale aperta dalla guerra. 1.2.2 PROSA I suoi primi racconti sono riuniti nelle raccolte Am Leben hin (18931898), Zwei Prager Geschichten (1897-1899) e Die Letzten (1898-1901). Il 7 aprile del 1898 Rilke è in Italia e in breve tempo scrive il Florenzer Tagebuch destinato ad una sola lettrice, Lou AndreasSalomè. In questa opera tutta la sua attenzione è rivolta al concetto dell’arte e all’artista. Nel 1899 scriverà poi, le Geschichten vom lieben Gott, che come Das Stundenbuch, sono una diretta conseguenza dell’esperienza russa. Si tratta di tredici racconti che vengono narrati agli adulti perché questi li riferiscano ai bambini. Ritornando al concetto dei cicli di cui Rilke si servirebbe come aggregante nella percezione del Reale, anche stavolta, come già nel Das Stundenbuch, Rilke lo riassume attraverso la metafora di Dio, un Dio che è il solo tema di tutte le storie al di là della molteplicità degli spunti. 17 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Iniziata intorno al 1904, conclusa intorno al 1909, Die Aufzeichnungen des Malte Laurids Brigge, è la più ampia opera in prosa di Rilke, o meglio, quella in cui si è avvicinato di più allo schema del romanzo. Non è propriamente un romanzo-saggio, ma è una sorta di romanzo per citazioni; non ha quasi trama, è composto da pagine autobiografiche, frammenti di memorie, abbozzi di lettere, citazioni di persone, di luoghi, di oggetti, di scritti, il tutto raccolto nei quaderni del giovane letterato Malte che, discendente da una famiglia dell’aristocrazia danese che decade quasi con lui, si ritrova a vagabondare nella Parigi del primo ‘900. Come accade nel Das Stundenbuch e nelle Geschichten vom lieben Gott, anche questa volta c’è uno strettissimo legame tra la prosa e la lirica. Rilke inizia a scrivere il Malte parallelamente alle Neue Gedichte nel periodo parigino, e lo completa dopo di esse. Nel Malte Rilke “impara a vedere”: non perde completamente il controllo sulle cose, di cui aveva cercato di impossessarsi, gli si rivoltano contro, resta paradossalmente pietrificato lui stesso di fronte al continuo processo metamorfico delle cose. Questa nuova acquisizione della realtà lo sconvolge completamente, lasciandolo vivere in un orrendo incubo rappresentato appunto nell’atmosfera del Malte. Rilke resterà completamente in silenzio per ben dieci anni. 18 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio 1.3 PASSIONI 1.3.1 LOU ANDREAS-SALOMÈ Nietzsche l’avrebbe voluta sua sposa e proprio lei sarà uno dei capitoli più discussi della vita del filosofo che di lei dirà: “Non ho mai incontrato nessuno capace di trarre dalla propria esperienza una tale quantità di cognizioni oggettive, nessuno che sappia penetrare tanto profondamente in ciò che apprende.”14 E ancora in una lettera del luglio dell’82 indirizzata da Nietzsche a Malfida von Meysenburg: “Quest’anno… è stato illuminato dallo splendore e dalla grazia di questa giovane anima, veramente eroica. Desidero di avere in lei una discepola e, se non dovessi vivere a lungo, l’erede e la continuatrice del mio pensiero.”15 Lei non volle saperne di sposarsi e a quanto pare il “povero” Nietzsche non rappresentò neanche in minima parte quello che lei aveva rappresentato per lui. Ipotesi più che credibile, dato che la Salomè nella sua autobiografia, Lebensrückblick, dedicherà alla sua vicenda sentimentale con il filosofo non più di tre o quattro pagine. 14 15 Http//: www.geagea.com. Giorgio Zampa nella prefazione a Rilke, Il diario fiorentino, Rizzoli Libri, Milano 1990, p. 12. 19 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Paul Rée, candidato insieme a Nietzsche alla sua mano, il quale si uccise in seguito all’abbandono di Lou dopo cinque anni di convivenza, così la descrive al suo amico prima che i due si conoscessero: “persona energica, incredibilmente intelligente, ma con tratti di carattere molto femminili, perfino puerili”16. Fra i tre, la Salomè, Paul Rée e il non ancora famoso Nietzsche, era nato un progetto di studio e convivenza secondo un sogno di fraternità ideale (la “santa trinità”), che però, non verrà mai realizzato per le insormontabili difficoltà create dall’innamoramento dei due filosofi per Lou, che tra l’altro oppose il suo rifiuto ad entrambi. Anche Gerhart Hauptmann se ne innamora e riprodurrà in Einsame Menschen del 1890, una situazione quale, probabilmente a un dato momento, si creò tra lo scrittore, marito insoddisfatto, e Lou. Freud le regalerà uno dei cinque anelli che aveva fatto fare per i suoi amici più fedeli. Ma chi era questa donna dal fascino irresistibile che riesce ad entrare nelle grazie, anzi, a far perdere completamente la testa, alle menti più illuminate del suo tempo? 16 Ivi, p. 13. 20 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Era bella? Stando alle fotografie che di lei ci sono pervenute, direi proprio di sì: alta, bionda, occhi stupendi e labbra indimenticabili, altera e soave, con una intelligenza inquieta, temeraria, con una cultura disordinata ma ampia e un temperamento eccezionale, accende passioni per allontanarsi quasi sempre ai primi guizzi di fiamma, attraente e pericolosa. L’uomo che, “dopo essersi piantato un coltello in petto”17, riesce a sposarla, accetta un matrimonio in bianco. Si tratta dell’orientalista Friedrich Carl Andreas, con cui si sposerà nel 1897 e col quale resterà per tutta la vita, nonostante i numerosi viaggi di lei e le relazioni sentimentali che entrambi vivranno con terzi. Nel 1897, Lou è nella pienezza della sua maturità fisica e intellettuale, scrive saggi, narrativa, critiche teatrali, recensioni e articoli su varie riviste: scrivere è per lei una sorta di espediente attraverso il quale “la vita diventa conscia di se stessa”18. L’intensa attività intellettuale la porta a spostarsi, infatti, nelle principali città dove ferve lo spirito di fine secolo (Berlino, Monaco, Parigi, Vienna…). Nel 1897, proprio durante uno di questi viaggi, tramite il romanziere Jacob Wassermann, avverrà il provvidenziale, oserei dire, incontro tra la trentacinquenne Lou Andreas-Salomè e il poco più che ventenne René Maria Rilke, appena giunto a Monaco. Rilke, appena arrivato da Praga non era che un provinciale ai suoi primi 17 18 Giorgio Zampa, Rilke, Kafka, Mann. Letture e ritratti tedeschi, Giorgio Zampa e De Donato editore 1968, p. 27. http//: www. Geagea.com. 21 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio tentativi poetici, in cerca della sua strada, e l’imperversare nella sua vita di una donna di tale spessore non può che sconvolgerlo completamente. Questo incontro segna, di fatto, la cesura definitiva di Rilke rispetto all’ambiente provinciale praghese. La nuova vita è segnata dal cambiamento del nome di nascita René, mutato da ora in poi, su indicazione di Lou, nel più sobrio Rainer. Il nome René non piaceva alla Salomè perché troppo effemminato, specie prima del Maria, quindi decise di cambiarlo nel virile Rainer. Sarà, poi, proprio lei ad accompagnarlo e a guidarlo nel suo importantissimo viaggio in Russia. “Sie wissen…, dass meine ganze Entwicklung ohne den Einfluss dieser außerordentlichen Frau nicht die Weg nehmen können, die zu manchen geführt haben.“ 19 Scrive Rilke in una lettera del 1924 alla principessa Thurn und Taxis, e ancora alla stessa Salomè: “…dass in einem besonderen Jahr, als es gar nicht weiter ging oder vielmehr nirgends anfangen konnte,…Du gekommen bist-: das kann nur einmal sein, wie es nur ein Geburt gibt…“20 19 Konstantin Asadowski, Rilke und Russland: Briefe, Erinnerungen, Gedichte, Aufbau-Verlag, Berlin und Weimar 1986, p. 7. 20 Ibidem. 22 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio I biografi parlano di una corte serrata da parte di Rilke nei confronti di Lou: “…Voglio vedere il mondo attraverso di te: perché non vedrò il mondo ma sempre e soltanto te, te, te!”21 C’è da dire, comunque, che la Salomè stessa non restò del tutto indifferente al fascino del nostro poeta, basti pensare che se nel suo Lebensrückblick, dedicherà a Nietzsche qualcosa come quattro pagine striminzite, a Rilke, invece, due interi capitoli. Lou, dunque, si arrese. Ma di che grado fu tale cedimento? Donna emancipata, oggetto di passioni che devono essere state più numerose di quelle conosciute, era voce generale che Lou avesse raggiunto i trentasei anni senza perdere quello che allora era considerato l’attributo essenziale della virtù femminile. Rispetto a tale opinione, condivisa in modo pressoché concorde dai suoi contemporanei, si leva la voce isolata dell’americano H. F. Peters, il quale in una monografia dedicata a Lou, My sister, my spose22 del 1963, indica il medico viennese Friedrich Pineles, come l’uomo che iniziò la donna all’amore e che fu, in segreto, il suo sposo ufficioso accanto a quello ufficiale, dal 1895 al 1907, e dunque anche durante i tre anni della relazione con Rilke. Per la Butler, invece, il miracolo 21 22 Giorgio Zampa nella prefazione a Rilke, Il diario fiorentino, cit., p. 15. H. F. Peters, My sister, my spose: a biography of Lou Andreas-Salomè, New York 1962. 23 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio fu compiuto da Rilke in un giorno da collocare poco prima dell’8 giugno del 1897. Sorella, moglie, amante, ma soprattutto “madre”, Lou, si preoccupava dell’avvenire del suo protetto, si adoperò molto perché Rilke uscisse dall’indeterminatezza per consentirgli di camminare con le sue gambe. Infatti, ciò che più ci interessa di questo loro legame, indubbiamente più di qualsiasi “gossip” dell’epoca, è la constatazione evidentissima del ruolo fondamentale che gioca questa donna nella “trasformazione del bruco René nella coloratissima farfalla Rainer”. Quando si sono conosciuti, lui era ancora quasi un bambino e lei “lo prese tra le sue braccia e ne cullò dolcemente l’anima”23. Oltre alle premure della Salomè nei suoi confronti, influì molto il fatto che lui ne fosse innamorato. Anche se lei cedette di fatto alla sua corte serrata, conservò sempre il suo dominio intellettuale, cosa che peserà non poco su Rilke, che, in ogni modo, e quanto prima cercava di dimostrarsi all’altezza della donna amata. Si pensi che Il diario fiorentino, scritto nel 1898 durante una sorta di viaggio di formazione in Italia, consigliatogli dalla Salomè stessa, nasce proprio dall’intento di darle prova della sua crescita durante quell’entusiasmante esperienza che fu la Firenze di fine ottocento. 23 Eliz Butler, Rainer Maria Rilke, cit., p. 28. 24 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Ritornando brevemente al “gossip”, si dice che i due fossero già amanti prima che lui partisse per l’Italia: è probabile addirittura che fosse proprio lui il padre del bambino che lei aspettava. Tuttavia, nonostante tutte le sue buone intenzioni e i suoi sforzi, sembra che lei avesse giudicato Il diario fiorentino, con molta freddezza. Ora, nulla togliendo a quest’opera, che verrà giudicata una delle più ricche liriche del secolo, cosa ci si può aspettare da una donna che aveva resistito allo Zarathustra di Nietzsche? L’esperienza che più li legò è senza dubbio quella russa: insieme, infatti, compiranno due importantissimi viaggi in Russia, nel 1899 e, a seguire, nel 1900. Dopo il secondo viaggio si interrompe, però, misteriosamente la frequentazione tra Rilke e Lou per decisione di quest’ultima (Diario, gennaio 1900: “Rainer deve andarsene”). Il distacco sarà solo fisico, come dimostra il fitto epistolario che ci è pervenuto, rimarranno, infatti, sempre in contatto e lei rimarrà sempre la sua più cara amica e consigliera. Anche se l’epistolario costituisce un’importante testimonianza del loro legame profondo e duraturo, non si riesce ad avere un’immagine esatta di quella singolare storia d’amore, col tempo convertitosi in salda amicizia: 25 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio “…Fummo sposi prima ancora di diventare amici e amici diventammo non per elezione, ma per nozze celebrate clandestinamente. In noi non erano due metà che si cercavano: un’integrità si riconobbe meravigliata nel fissare un’integrità inafferrabile. Fummo così fratello e sorella, come all’alba della storia, prima che le nozze tra fratelli diventassero un sacrilegio…”24 Certo è che, verso il 1880, non doveva essere facile trovare una donna come lei. Con queste parole la definisce H.P. Peters nel suo My sister, my spose: “Fu un Faust in gonnella, poco interessata a gingillarsi con parole vuote. Quello che voleva, era scoprire la forza nascosta che regge il mondo e ne guida la corsa: conoscerla, farla propria, amarla.”25 24 25 Giorgio Zampa, nella prefazione a Rilke, Il diario fiorentino, cit., p. 14. Giorgio Zampa, Rilke, Kafka, Mann. Letture e ritratti tedeschi, cit., p. 26. 26 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio 1.3.2 HEIMAT RUSSLAND Prima di passare al racconto di questi due viaggi indimenticabili, è importante inserire Rilke nel contesto della Germania a cavallo dei due secoli, Ottocento e Novecento, e la stessa Germania, nell’ancor più vasto contesto europeo, per capire cosa rappresenti per Rilke, e non solo, la Russia e quindi dare un senso al suo stato di “eccitazione” nel venire a contatto con quel mondo. Alla fine dell’Ottocento, in Europa si diffuse una profonda crisi. Nello specifico, in Germania, la guerra contro la Francia e la fondazione dell’impero nel 1871, avevano portato ad un forte incremento economico e ad uno statalismo sempre più assetato di potere. E’ nel capitalismo industriale, nel pragmatismo dell’economia, nella sollevazione delle masse, nel gretto arrivismo sociale, in una banale e falsa fiducia nella vita, che gli animi più sensibili vedevano i segni della crisi che stava intaccando tutte le basi di una civiltà attiva e creativa. In Germania, nella seconda metà del XIX secolo, iniziava a farsi sentire l’influenza del Neoromanticismo26. Sulle orme di Nietzsche, i neoromantici volevano abbandonare la tradizionale immagine del Dio cristiano per mettersi alla ricerca di una nuova religiosità. Tale ricerca nasceva dal bisogno di ritornare alla “Ursprünglichkeit” e alla “Natürlichkeit”, ormai perse nel pragmatico mondo del tempo, 26 Ultima fase del Romanticismo ottocentesco. 27 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio completamente svuotato della sua spiritualità. Da qui la necessità di tornare al calore e alla sicurezza del passato, alle civiltà dell’Est, dunque, alla scoperta della Russia che si poneva in questo modo su un piano del tutto privilegiato rispetto alle ”meschine“ e decadenti civiltà europee. L’uomo sentiva il bisogno di fuggire dal quel “mondo nuovo”, verso un “vecchio mondo”, rassicurante e ricco di valori spirituali. Ecco che i neoromantici, come anche Rilke, trovano nella Russia patriarcale, ancora così indietro nel processo di modernizzazione, un perfetto contraltare alla nuova “Europa civilizzata” senza futuro. E’ dagli scrittori filosofi che si diffonde una nuova “Weltanschauung”: per Nietzsche, la Russia rappresentava, per esempio, l’unico paese forte in grado di promettere ancora qualcosa di buono. Essa, infatti, proprio perché non al passo con i tempi europei, appariva come un paese appena entrato nella storia, il suo era come il primo giorno, il giorno della creazione, il giorno di Dio. Era proprio il popolo russo a godere di questa situazione di beatitudine: incarnava, infatti, ideali di semplicità, umiltà e sensibilità, caratteristiche queste, che testimoniavano una particolare vicinanza a Dio e di Dio. Sarà proprio in Russia che avverrà la sua rinascita, come scriverà lui stesso nel 1926 ad un’amica: “Das Entscheidende war Russland: weil es mir, in den Jahren 1899 und 1900, nicht allein eine mit nichts zu vergleichende Welt, eine Welt 28 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio unerhörter Dimensionen, eröffnete, sondern auch, durch seine humanen Gegebenheiten, mir gewährte, mich unter Menschen brüderlich eingelassen zu fühlen (eine unerlässiche Erfahrung...) Russalnd...wurde, in gewissen Sinne, die Grund lage meines Erlebens und Empfangen...“27 Dal primo giorno in cui mise piede in Russia fino a quello della sua morte, Rilke considerò questo paese come la sua patria spirituale. In realtà, il suo rapporto con la Russia ha inizio già negli anni dell’infanzia e della giovinezza, quando, ancora a Praga, cercava contatti con autori cechi, come Julius Zeyer, che lo potessero avvicinare non solo alla letteratura ceca, ma anche a quella russa. A riguardo, si legge in una recensione del libro Renè Rilke. Die Jugend Rainer Maria Rilkes, di Carl Sieber, genero di Rilke, “Zu dem Thema Rilke und Russland erfährt man, dass Rilke als Schüler der Linzer Handelsakademie (1891/92) Tolstoj zu lesen begonnen hat. Über die aus mündlicher Tradition bekanntgewordene Beziehung zu Julius Zeyer, der dem jungen Rilke von Russland erzählt haben soll, wird nichts mitgeteilt.“28 E ancora in una lettera del 1920 indirizzata ad una destinataria sconosciuta Rilke scrive: “Wie lange waren Tolstoj, Zola, Turgeniew mir Propheten, die ein neues glückseliges Zeitalter anzukündigen schienen.“29 Horst Nalewski, Rilke. Leben, Werk und Zeit in Texten und Bildern, Insel Verlag, Frankfurt am Main 1992. Konstantin Asadowski, op. cit., p. 6. 29 Manfred Engel, Rilke Handbuch. Leben, Werk, Wirkung, J. B.Metzler, Stuttgart-Weimar 2004, p. 98. 27 28 29 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Tuttavia, le fasi del contatto più intenso con tale cultura sono quelle prima, durante e dopo i due viaggi che farà in Russia , dunque, tra il 1897 e il 1902. L’esperienza russa è riccamente documentata dal fitto epistolario che Rilke intrattiene con tantissimi interlocutori che rende partecipi di ogni minimo movimento fisico, e, più importante, interiore. Per questo si vuole qui raccontare in maniera piuttosto dettagliata questi due viaggi che sembrano aver sconvolto letteralmente la sua vita. E’ come se proprio lì avesse ritrovato se stesso, il senso della sua esistenza e con essa il suo genio creativo. In una lettera del 1920 indirizzata a Leopold von Schlözer scriverà: “…was verdankt ich Russland-, es hat mich zu dem gemacht, was ich bin, von dort ging ich innerlich aus, alle Heimat meines Instinkts, all mein innerer Ursprung ist dort!“30 In una lettera successiva del 14.3.1926 indirizzata a Leonid Pasternak scriverà: “Alles was das alte Russland betrifft […], mir nah, lieb und heilig geblieben ist, für immer eingelassen in die Grundmauern meines Lebens!“31 30 31 Konstantin Asadowski, op. cit., p. 5. Manfred Engel, op. cit., p. 98. 30 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio 1.3.2.1 PRIMO VIAGGIO Rilke, in compagnia di Lou Andreas-Salomè e di suo marito, arriva a Mosca il 27 aprile del 1899. Scelgono, con molta probabilità non casualmente, un periodo in cui fervono i preparativi per i festeggiamenti della Pasqua, e date le premesse fatte “qualche riga fa”, non è difficile immaginare quali siano state le prime impressioni di Rilke nel venire a contatto con la Russia e con il popolo russo: “Als ich das erste Mal…nach Russland kam, ging ich nach einem kurzen Aufenthalt im Gasthaus trotz meiner Ermüdung sofort in die Stadt. Ich traf auf dieses: in der Dämmerung ragten die riesigen Konturen einer Kirche empor, an den Seiten im Nebel wie kleine Kappellen, auf den Stufen warteten Pilger auf die Öffnung der Türen. Dieser für mich ungewohnte Anblick erschüttert mich in der Tiefe: zum ersten Mal in meinem Leben hatte ich ein unausdrückbares Gefühl, etwas wie ‚Heimgefühl’ - ich fühlte mit großer Kraft die Zugehörigkeit zu etwas, mein Gott, zu etwas in dieser Welt.“32 Questo è quanto Rilke descrive in una lettera del 1925 a Hulewicz, letterato polacco traduttore delle sue opere, sulle sue prime ore a Mosca. 32 Konstantin Asadowski, op. cit., p. 20. 31 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Il 28 aprile incontrano il pittore Leonid Pasternak, grazie al quale riescono ad incontrare la sera stessa Leo Tolstoi nella sua casa di Mosca. Il giorno dopo scrive in una lettera alla madre: “…gestern waren wir bei Graf Leo Tolstoj zum Tee und blieben zwei Stunden tief erfreut von der Güte und Menschlichkeit des Grafen. Gerührt von der rührenden Einfachheit seines Entgegenkommens und wie gesegnet von dem dem großen Greise, der so jugendlich gut sein und zürnen kann.” 33 Trascorrono molte ore con lui, trattati con estrema cortesia; Tolstoi gradisce anche una copia delle Zwei Prager Geschichte e tenterà poi di persuadere i due visitatori a non incoraggiare l’esaltazione e la superstizione popolare con l’assistere alle celebrazioni della Pasqua. Proprio la Pasqua avrebbe potuto costituire una seria minaccia alla riuscita dell’incontro: Tolstoi, infatti, aveva da tempo rifiutato categoricamente il rito ortodosso; chiaro è, dunque, che non poteva prendere parte ai loro spontanei entusiasmi per quanto di straordinario stavano vivendo. Addirittura Tolstoi “erzürnte sich” con i suoi ospiti e, come ricorda Lou l’ammonisce, “abergläubischem Volkstreiben nicht noch durch dessen Mitfeier zu huldigen.” 34 Ciò nonostante, i tre decidono di prendere parte ai festeggiamenti di Pasqua al Kremlino, l’intera notte dal 29 fino al 30 aprile, 33 Ivi, p. 21. 32 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio ascoltano le campane suonare a festa, assistono alla processione e a tutte le cerimonie del culto ortodosso. Questa “notte santa” colpisce profondamente Rilke: quanto fino ad ora aveva idealizzato della Russia , si concretizza davanti ai suoi occhi, provocando in lui un incredibile sconvolgimento interiore: mai dimenticherà la folla dei credenti davanti all’entrata della chiesa, le icone della piccola cappella annerite dal tempo, il caratteristico culto ortodosso di Dio. E’ in questa atmosfera che Rilke ritrova la rinnovata integrità della sua infanzia e con essa Dio che, tanto e invano, aveva cercato in Germania. Rilke scrive nel 1902 ad Alexj S. Suworin: “…meine ganze Kindheit die, von den Jahren einer bangen und verworrenen Jugend überflutet, mir verloren gegangen war, tauchte wieder auf wie eine versunkene Stadt, und als ich in einer Osternacht mit meiner kleinen Kerze auf dem Kreml stand, da schlug die Glocke auf dem ‚Ivan Welikij’ so gewaltig du groß, dass ich glaubte, das Herz des Landes schlagen zu hören, das auf seine Zukunft wartet von Tag zu Tag.“35 Il Rilke „senza casa“ sente per la prima volta di appartenere ad una “Gemeinschaft”, e può credere alla sua missione di “Künstler” e “Schöpfer”. 34 35 Ibidem. Ivi, p. 22. 33 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Nella notte tra il 2 e il 3 maggio, Rilke e Lou si dirigono verso Pietroburgo, dove restano fino a metà giugno. Durante questo soggiorno, Rilke incontra alcuni esponenti dell’”Intelligencjia russa”, tra i quali: Friedrich Grös, Friedrich Fiedler e probabilmente anche Wladimir G. Korolenko. La sera del 25 maggio ritornano per tre giorni a Mosca, cosa di cui parla in una lettera risalente proprio a quei giorni al poeta Hugo Salus: “Ich bin seit drei Wochen in Russland wie seit drei Jahren so gern und gut. Moskau war das erste Ziel. Ostern die erste Freude. Tolstoi den ich besucht habe, der erste Mensch, der ‚ewige Russe’. Und seither so viel des Neuen und in meinem Gefühl noch namenlosen Erlebens. Man kann es schwer sagen, wie neu dieses Land ist, wie zukünftig.“36 In una lettera del 20 maggio, invece, comunica alla scrittrice Franziska Reventlow: ”Es ist ein tägliches seltsames Erleben unter diesem Volke voll Eherfurcht und Frömmigkeit, und ich freue mich tief dieser neuen Erfahrung.“37 Infine scrive a Emil Faktor: “Ihr Brief hat einen weiten Weg machen müssen. Ich bin seit fünf Wochen in Russland und wie in der Heimat meiner leisesten Wünsche 36 37 ivi, p. 24. Ibidem. 34 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio und meiner dunkelsten Gedanken. In Moskau merkte ich es zuerst: Dieses ist das Land des unvollendeten Gottes, und aus allen Gebärden des Volkes strömt die Wärme seines Werdens wie ein unendlicher Sagen aus.“38 Rilke rientra in Germania deciso a ritornare sui propri passi e ad approfittarne più intensamente. Si tiene in contatto per corrispondenza con gli amici russi, e cerca di non essere dimenticato da Tolstoi, mandandogli uno dei suoi libri, e lavorando intanto con grandissimo zelo allo studio della lingua russa. Rilke, insieme naturalmente all’inseparabile Salomè, trascorre un soggiorno estivo di ben sei settimane presso l’amica comune Frieda von Bülow a Meiningen, la quale –pare- riuscisse a malapena a vederli, tanto erano immersi nello studio della storia, dell’arte, della letteratura, civiltà e politica russa: “Von Lou und Rainer hab ich bei diesem sechswöchigen Zusammensein äußerst wenig gehabt. Nach der längeren russischen Reise, die sie in diesem Frühjahr (inkl. Loumann) unternommen, hatten sie sich mit Leib und Seele dem Studium des Russischen verschrieben und lernten mit phänomenalem Fleiß den ganzen Tag: Sprache, Literatur, Kunstgeschichte, Weltgeschichte, Kulturgeschichte von Russland, als ob sie sich für ein Fürchterliches Examen vorbereiten müssen. Kamen wir dann bei den Mahlzeiten zusammen, so waren sie so erschöpft und müde, dass es zu anregender Unterhaltung nicht mehr langte.“39 38 39 Ibidem. Konstantin Asadowski, op. cit., pp. 26, 27. 35 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Questo per Rilke è un momento magico: con il soggiorno in Russia pone fine, di fatto, ad una difficile fase della sua vita: a lungo aveva cercato, invano, di raggiungere l’unità interiore persa negli anni della giovinezza. Ora, in Russia crede di aver trovato tutto ciò di cui ha bisogno, la realizzazione di tutto ciò in cui crede. Questo stato d’animo di totale eccitazione, insieme alla speranza di aver trovato veramente e per sempre quella stabilità a cui sempre ha agognato fin dall’infanzia e dalla giovinezza, risvegliano improvvisamente la sua creatività. Questa esplosione creativa si apre con il ciclo di poesie Die Zaren, sei poesie che verranno poi rielaborate nel 1906 e riadattate nella seconda edizione del Buch der Bilder; dal 20 settembre al 14 ottobre nascono le Gebete, anch’esse rielaborate, che costituiranno la versione originaria della prima parte del Das Stundenbuch, Das Buch von mönchischen Leben; tra il 9 e il 21 novembre scrive Das Buch vom lieben Gott und Anderes, che sarà poi, Geschichten vom lieben Gott e la novella Das Haus; in una notte di ottobre scrive la prima stesura del Weise von Liebe und Tod des Cornets Christoph Rilke. Das Buch von mönchischen Leben e le Geschichten vom lieben Gott, sono le opere che, più di ogni altra, vengono considerate l’espressione artistica immediata dell’Erlebnis russo. Nei giorni in cui scrive queste opere, Rilke si sente l’incarnazione di un eroe, di un artista che è in grado di fondere in sé religiosità e forza creativa. E’ come 36 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio se in Russia e tra i russi avesse trovato se stesso e l’ispirazione del suo genio creativo. Nell’autunno del 1899 Rilke si trova a Schmargendorf e continua a prepararsi al secondo viaggio verso la Russia. Il 5 dicembre scrive alla madre: “Du weißt, dass ich dieses ganze Jahr russischen Studien gewidmet habe …, um diesmal studienhalber im Besitze der Sprache und sonstiger Vorkenntnisse das südliche Russland zu bereisen…ich bin an der hiesigen Universität für russische Fächer inskribiert und möchte gern bis zum Zeitpunkt meiner russischen Reise regelmäßig die Kollegien hören…Ich lese jeden Tag 2-3 Stunden russisch und 3-4 Stunden französisch über Russland.“40 All’inizio del 1900 Rilke ha piena padronanza della lingua russa, tanto che si cimenta nella prima traduzione; spera, infatti, di poter basare proprio sulla traduzione gran parte del suo futuro. Oltre alle poesie di Drosin, traduce anche due Gebete di Lermontov, i racconti di Sologub Der Wurm e la poesia Frühling und Nacht di Fafanow. Senza dubbio il suo più importante lavoro è la traduzione di Tschechows Möwe. 40 Ivi, p. 36. 37 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio 1.3.2.2 SECONDO VIAGGIO Rilke intraprende il secondo viaggio con Lou Andreas-Salomè da solo. Il 9 maggio arrivano a Mosca dove resteranno per tre settimane. Dell’atmosfera di quei primi giorni scrive alla madre: “…ich muss die Zeit hier benutzen und komme nach Hause nur um zu schlafen. Es gibt so unendlich viel hier zu sehen, Menschen und Dinge sind in gleichen Masse bedeutend und eigentümlich, und jeder Tag bringt Überraschungen und Erfahrungen mit sich, die tief in das Erleben eingreifen. Alles menschliche ist nah und wach, und so fühlt man sich unbeschreiblich zuhause in der Güte dieser Menschen und in ihrer leisen unaufdringlichen Sorgfalt. Durch meine Kenntnis der Sprache, die ich nun, (wenn auch nicht spreche) sodoch Wort für Wort verstehe, bin ich allen Erscheinungen viel näher gekommen, alles ist mir verwandter und verständlicher geworden. Dank der ausgezeichneten Verbindungen, die ich anknüpfen durfte, stehen mir alle Kreise offen; und aus einem Kreise von Arbeitern fahre ich zu irgend einem Fürsten, um mit ihm zu speisen oder irgend etwas zu besichtigen. Überall, in allen Sammlungen, Museen werden wir vom Direktor oder sonst einer orientierten Persönlichkeit empfangen, und Du kannst Dir denken, wie man unter so sachverständiger Leitung alles besser und intimer sieht, als wenn man jedes Objekt mühsam in dem Reichtum der Schränke finden und isolieren soll.“41 Ormai sono molte le personalità importanti con cui Rilke è in contatto: artisti, scrittori, professori universitari e giornalisti; visita gallerie, musei, biblioteche e teatri, comportandosi generalmente 38 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio come un “turista intelligente”, cioè, un turista con inclinazioni letterarie e artistiche che descrive attentamente il paese che sta visitando. Durante questa seconda visita Rilke, preparato assai meglio per visitare la Russia e comprenderla, ne vuole vedere molto di più: dopo il soggiorno di tre settimane a Mosca, viaggia attraverso Tula, da dove torna a trovare Tolstoi a Jàsnaja Poljana, per giungere fino a Kiev e a Poltova in Ucraina; sempre in compagnia di Lou, risale il Volga da Saratov, attraverso Kazan e Nisni Novgorod, fino a Jaroslav, dove si fermano tre giorni in casa di contadini prima di far ritorno a Mosca il 5 luglio: “Auf der Wolga, diesen ruhig rollenden Meer, Tage zu sein und Nächte, viele Tage und viele Nächte: ein breit-breiter Storm, hoher, hoher Wald an dem einen Ufer, an der anderen Seite tiefes Heideland, darin auch große Städte nur wie Hütten und Zelte stehen. –Man lernt alle Dimensionen um. Man erfährt: Land ist groß, Wasser ist etwas Grosses, und groß ist vor allem der Himmel. Was ich bisher sah, war nur ein Bild von Land und Fluss und Welt. Hier aber ist alles selbst. –Mir ist, als hätte ich der Schöpfung zugesehen; wenige Worte für alles Sein, die Dinge in den Massen Gottvaters…“42 Così Rilke descrive alla madre i luoghi che sta visitando durante questo secondo soggiorno. Lou Andreas-Salomè annota, invece, sul suo diario: 41 42 Ivi, p. 37. Kostantin Asadowski, op. cit., p. 42. 39 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio “Hier möchte ich bleiben für immer. Die Wolga gleicht hier, wie so oft, kaum mehr einem Fluss, so meer-artig und weit umfangen ist sie …was ich als ihren stärksten, erschütternden Reiz empfinde und was so selten sich zu einem vereinigt: die Mischung von Intensität und Weite.“43 Dal 18 al 25 luglio soggiornano presso Zavidovo, in provincia di Tver, come ospiti prima del poeta contadino Drosin, poi del suo padrone Nikolài Tolstòi. Rilke racconta di nuovo alla madre fin nei minimi dettagli questo interessante, seppur breve soggiorno da Drosin: “In seiner kleinen Hütte, die er eben neu aufgebaut hat, mit seinen Büchern und Bildern habe ich gern und gut gewohnt; die Fenster der Stuben sehen in den Garten, darin er sein Gemüse und seine Rosen pflegt, und weiter auf die Scheune, darin das Heu seiner Wiesen überwintert. Er ist Starost des kleinen Dorfes, darin alle zu ihm mit großer Verehrung aufsehen, tut sommers die gewöhnliche Bauernarbeit und wird in jedem Winter, wenn die Hände von den Feldern abgeschnitten sind, wieder Dichter; als solcher ist er in ganz Russland bekannt und neben die ersten Volksdichter gestellt, die sein Vaterland geboren hat. Seine Art ist schlicht und gütig. Er ist 52 Jahre alt, hat Weib und vier Töchter und sogar schon ein kleines Enkelsöhnchen, auf das er, da ihm eigene Söhne fehlen, viele Hoffnung setzt. Er kennte alle älteren russischen Schriftsteller persönlich, hat von ihnen Bilder und Briefe und eine Bibliothek, um die man ihn wohl beneiden kann. Und wie reizend sieht diese dichterische Umgebung innerhalb der kleinen Balkenhütte aus. Die Landschaft vor den Fenstern, weite Wiesen, auf welchen 43 Ivi, p. 43. 40 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Orakelblumen handgroß und die blauen Glocken wie Tulpen stehen, hält den vielen Büchern das Gleichgewicht.“44 Drosin porterà dunque, i suoi ospiti a far visita a Tolstoi. Entrambe le famiglie appariranno a Rilke “echt russisch, sehr konservativ und so tiefgläubig”, “dass alle Ereignisse …mit irgendwelchen Wundern, geheimnisvollen Gebeten und ihren leisen Erfüllungen verknüpft sind.“45Rilke si lascia raccontare da Nadeshda Tolstoi, madre di Nikolai Tolstoi, le particolari esperienze della sua vita. Tolstòi rimane stupito dai versi di Rilke e anche dalla sua ampia conoscenza della cultura russa. Quanto Rilke rimanga profondamente colpito dalla comprensione delle sue poesie da parte di Tolstoi è annotato nel suo diario del 4 settembre del 1900: “Wie anderes hat Nicolaj Tolstoj diese Verse verstanden! Wieviel mehr als Dichter…“46 Sulla base di quanto affermato da Eliz Butler47 nel suo libro voglio ora, però, mettere un po’ in discussione quello che sembrerebbe essere stato ancora una volta, un incontro da favola. Quanto è andato veramente così e quanto, invece, avrebbe desiderato con tutto il cuore che così fosse andata? Innanzitutto di questo secondo incontro esistono ben tre diverse versioni, fatto che di per sé, lascia già un po’ perplessi: la prima, che è quella autorizzata, viene 44 Ivi, p. 44. Ivi, p. 45. 46 Ivi, p. 46. 45 41 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio riferita in una lettera a Sofia Schill il giorno dopo l’evento; la seconda è apocrifa, una sorta di brutta copia d’una lettera indirizzata alla compagna di pellegrinaggio, Lou, datata 15 settembre 1900 e scritta a Worpswede, quando venne a sapere che Tolstoi era molto malato; l’ultima, invece, è una versione riveduta e corretta, fatta a viva voce dal poeta allo scrittore Maurizio Betz, ben venticinque anni dopo. Sarebbe lecito aspettarsi che quest’ultima versione abbia acquistato in colorito e sentimento quello che ha perso in esattezza; ebbene è avvenuto l’esatto contrario: nel suo caso, infatti, il tempo non fa altro che diradare le fitte nebbie romantiche. Questa sembra essere la più realistica fra le tre versioni: Lou e Rilke, ospiti non invitati, né tanto meno desiderati, riuscirono ad arrivare a Jàsnaia Poljana attraverso un mucchio di traversie, ma tutto ciò non è nulla rispetto a quello che furono costretti a subire una volta arrivati: fu molto difficile già essere ammessi in casa, Tolstoi li salutò appena e se ne andò. I due sgraditi ospiti restarono in compagnia del figlio maggiore e girovagarono per la maggior parte della giornata senza neppure essere notati; poi Tolstoi, che probabilmente non li aveva neanche riconosciuti, li portò a fare una passeggiata, anche se a malapena si accorse della loro presenza. Sul momento Rilke fece una descrizione ben precisa della conversazione che i due ebbero con Tolstoi, ma, successivamente, ammise di aver capito molto poco; 47 Eliz Butler, Rainer Maria Rilke, cit., Milano 1948. 42 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio fece anche una descrizione commuovente di Tolstoi come d’un vecchio curvo, mite, fragile, benevolo, quando, invece, era rimasto pietrificato dalla sua personalità rude e selvaggia. (Pare che quel giorno Tolstoi avesse litigato con sua moglie e ciò forse contribuì ad inasprire il suo aspetto). Questa versione, dunque, scredita non poco la versione autorizzata, completamente opposta. Ritornando alla cronaca di questo secondo viaggio, dal libro su Rilke della contessa Marie von Thurn und Taxis, che aveva conosciuto soltanto nel 1909, risulta chiaro in quale misura fosse ancora negli anni successivi fortemente impressionato da quei giorni trascorsi in Russia: “Er erzählte von Russland; es war sehr eindrucksvoll, in die Einsamkeiten der Wolga beschreiben zu hören, wenn man tagelang auf einem Schiff den Fluss hinabfahrt, und mitten in der Melancholie der unermeßlich weiten Ebenen plötzlich ein riesiger Wald vor einem aufsteigt, ‚aufsteigt wie Nacht’. Dann: seine Erlebnisse und Erfahrungen mit russischen Bauern, ihre biblische Größe, ihr Fatalismus, die Traurigkeit ihrer Gesänge, der bäuerliche Dichter, der sich mit Rilke photographieren lassen wollte, die alte Großmutter, die Gott dankte, daß sie vor ihrem Tod einen Gast empfangen dürfte; und die etwas jüngere, noch hübsche Bäuerin, die an der Tür der verlassene Hütte eines verlorenen Dorfes mitten in der Steppe, wo er die Nacht verbrachte, ihm ihr Leben mit so viel Einfachheit und Größe erzählt, daß er Dichter sie wie seinesgleichen nahm und mit dieser unbekannten Frau, die er zum erstenmal in seinem Leben sah und sicher niemals 43 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio wieder sehen sollte, sprach, wie er niemals zuvor mit einem Menschen gesprochen hatte…“48 Il 28 luglio Lou Andreas-Salomè fa visita ai suoi parenti in Finlandia. Rilke, invece, fino al giorno della partenza, studia tutti i giorni in biblioteca, si dedica soprattutto allo studio della vita dell’antica Russia e di alcuni artisti russi, come dimostrano i suoi quaderni con accurati appunti su trattati di storia dell’arte di Zabelin, Gneditsch e Nowizki, lettere e diari di Iwan Kramskios come le numerose descrizioni di quadri (lavori di Lewitans, Iwanows, Wasenezows, Repins, Kramskois e Wassiljews), dimostrano con quanto impegno si fosse dedicato a tali studi. Il 4 agosto, Rilke scrive alla Salomè: “Du glaubst nicht, wie lang die Tage in Petersburg sein können. Und dabei geht doch nicht viel hinein. Ein fortwährendes Unterwegssein ist das Leben hier, wobei die Ziele alle leiden. Man geht, fährt, fährt und, wo immer man auch ankommt, ist der erste Eindruck der eigenen Müdigkeit. Dazu kommt, daß man die weitesten Wege fast immer umsonst macht.“49 Lo stato d’animo nostalgico di Rilke, che trapela in questa lettera è legato al cambiamento del rapporto di Lou nei suoi confronti. Rilke, infatti, avrebbe voluto che il rapporto con Lou andasse avanti allo 48 49 Kostantin Asadowsky, op. cit., pp. 46, 47. Ivi, p. 47. 44 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio stesso modo, restando, quindi, a stretto contatto, ma durante quest’ultimo viaggio, aveva chiaramente intuito la volontà di Lou di allontanarsi da lui, perlomeno fisicamente. Lou Andreas-Salomè, molti anni più tardi, finisce il capitolo Das Erlebnis Russland del suo Lebensrückblick con queste parole: “Wir hatten in Russland mehr empfangen als allein und durften es verlassen.”50 Rilke partirà dalla Russia il 22 agosto 1900, per non ritornarci mai più, nonostante le sue dichiarate intenzioni fossero ben altre. Rilke, infatti aveva pianificato un terzo viaggio, che però non riuscirà più a compiere. Ci penserà di nuovo la Butler a mettere in discussione le sue reali intenzioni e ad insinuare che Rilke avrebbe potuto eccome!! Chissà che in fondo non abbia sentito che la Russia dei suoi sogni non avrebbe sopravvissuto a un terzo esame della realtà. Da qui deriva forse l’insoddisfazione profonda dei risultati poetici del suo secondo viaggio; ne abbiamo delle avvisaglie nel suo diario, in cui il 1° settembre annota di non aver osservato con tutto se stesso, oppure che le sue capacità d’osservazione erano meno legate al potere creativo di quello che credeva; ancora il 27 settembre, invece, scrive chiaramente che le perdite quotidiane che “faceva 50 Ivi, p. 49. 45 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio durante il secondo viaggio in Russia erano una prova terribilmente snervante di occhi immaturi, che non erano riusciti a ricevere, a trattenere o a lasciar andare, carichi di immagini tormentose, di bellezze dileguatesi sulla via delle disillusioni”51avevano compreso tutto fino in fondo. Evidentemente, nel secondo viaggio non era più così incline a “idealizzare” la sua amata Russia, e forse proprio per questo non vi fece più ritorno. Ciò nonostante non viene sicuramente meno la sua volontà di diffondere la cultura russa e, infatti, di ritorno da questa seconda esperienza, vivrà per qualche tempo nella comunità di artisti di Worpswede del pittore Heinrich Vogler, che aveva conosciuto durante il suo soggiorno a Firenze. All’interno di questa comunità e attraverso di essa, con la collaborazione soprattutto del pittore Leonid Pasternak, Pawel Ettinger e Alezander Benois, si dedicherà a diffondere l’arte e la letteratura russa. 51 Butler, op. cit., p. 76. 46 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio 2. IN PELLEGRINAGGIO VERSO DIO 2.1 TRACCE DI UNA “RELIGIONE NUOVA” Tutta l’opera rilkiana è caratterizzata da costanti riferimenti alla religione. Ciò che ci interessa è vedere, però, come questi riferimenti vadano a connotare una religiosità che, a poco a poco, si discosterà completamente dalla visione cristiana tradizionale a cui era stato educato, tanto da contrapporvisi addirittura in alcuni momenti e per certi aspetti fondamentali. Nelle prime liriche sono molti gli elementi che rimandano alla religione cristiana ed è piuttosto difficile intravedervi segnali che preludano ad una futura rivoluzione spirituale di Rilke. In questo senso è importante sottolineare il modo in cui questi elementi vengono presentati da Rilke, o meglio, qual è il suo atteggiamento nei confronti della religione cristiana che trapela da queste prime poesie, un atteggiamento che, ad uno studio più attento, non sfugge essere passivo: abbiamo parlato di elementi che rimandano alla religione cristiana, non abbiamo detto, però, che si tratta di espressioni vuote, prive di significato; difatti, per Rilke non sono altro che dei tratti di “colore”, tratti ambientali e culturali che nulla hanno a che vedere con il suo reale modo di pensare. 47 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Quando Rilke inizia a scrivere poesia, prende spunto dal contesto in cui vive, dalla realtà che lo circonda , ed è proprio da lì che trae quegli elementi della tradizione cristiana che gli sono stati inculcati dalla nascita, che fanno parte del giovane Rilke, dunque, come “fenomeno di costume” piuttosto che come scelta consapevole e convinta del poeta. Proprio per questo motivo ci riferiamo ai primi elementi di carattere religioso in termini di tratti culturali che poco o niente dicono, quindi, della sua personale religione e del suo intimo rapporto con Dio. Ciononostante è comunque possibile evidenziare qualche avvisaglia di quello che diventerà il futuro Dio di Rilke. Nella poesia Ein Händeinandererlegen, che fa parte della raccolta Advent, ad esempio, troviamo: “noi camminiamo incontro a Dio / che deve venire attraverso l’ampio paesaggio.”52 Questa frase non avrebbe alcun significato particolare senza conoscere la posizione che il Rilke maturo prenderà nei confronti di Dio, grazie a cui, invece, vi leggiamo, una spia dell’immagine di un Dio che sta cambiando, diverso da quello tradizionale: per la prima volta Rilke parla di un Dio che va incontro all’uomo; questa è la nuova immagine di un Dio che deve essere “fatto” dall’uomo, la sconvolgente verità rilkiana che continueremo a scoprire attraverso le sue opere. 52 Alberto Destro, Rilke, il Dio oscuro di un giovane poeta, Messaggero di Sant’Antonio- Editrice, Padova 2003, p. 15. 48 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Il Rilke degli inizi non riesce ad aprirsi completamente, neanche nei confronti di se stesso: non riesce cioè neppure a capire cosa pensi realmente, o cosa stia cercando. Da qui il suo aggrapparsi spontaneamente al mondo da cui proviene, che sia il paesaggio o la popolazione dei cechi, o ancora la religione cristiana, “regalatagli” dalla famiglia, in cui un ruolo fondamentale è giocato dalla madre, ossessionata dalle pratiche religiose. E’ Rilke stesso a dichiarare apertamente la sua insoddisfazione nel considerare le sue prime produzioni poetiche, come dirà in una lettera del 3 marzo 1904 indirizzata ad Ellen Key: “das Schlechteste und das Unpersönlichste [...], weil ich mich nicht entschließen konnte, das was mir wirklich lieb war preiszugeben“.53 La sua insoddisfazione è dovuta proprio all’incapacità di esprimere fin da principio quelli che sono i suoi reali pensieri, i suoi reali interessi, tra cui, naturalmente, il motivo centrale della religiosità, nei confronti della quale riuscirà soltanto più tardi a schiudersi completamente. In sostanza, quella del giovane Rilke è la fede vissuta da un’anima popolare, non certo da se stesso come soggetto poetante. E’ dal 1893 che iniziamo a leggere nelle sue poesie dei chiari segnali di un imminente cambio di rotta. Notiamo che il suo atteggiamento 49 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio diventa decisamente polemico nei confronti del Cristianesimo: quando nelle poesie Morgengruß e Glaubesbekenntnis. 2. April 1893, sempre facenti parte della raccolta Advent, affermerà, prima che il semplice pensiero all’amata varrebbe più di qualsiasi preghiera, e poi, che la vera religione sarebbe quella che fa capo alla dottrina dell’amore poi. Sempre del 1893 è l’altra poesia Noch hatten kaum die Fernen sich gelichtet, in cui la risposta alla domanda “perché io non posso pregare?”54, costituisce il primo attacco di Rilke alla figura di Cristo che definisce apertamente come colui che “nell’eccesso dei sentimenti/ negò di essere semplicemente un uomo”, “egli non volle venire onorato quale uomo/ -no, piuttosto sopportò vergogna smacco e derisione-/ no, preferì soffrire e morire,/ morire sulla croce, ma- come Dio”; e ancora che “Come uomo sarebbe rimasto tanto divinamente grande, / e ora come Dio appare umanamente piccolo”55. Qui Rilke affronta in maniera diretta uno dei temi che sarà centrale nella sua meditazione religiosa: il rifiuto di Cristo, che diventerà ancor più radicale nelle Christus-Visionen, già nel titolo piuttosto provocatorio. Le Christus-Visionen contengono le poesie risalenti agli anni dal 1896 al 1898, ma verranno pubblicate soltanto nel 1959, nel terzo A. Destro, op. cit., p. 16. Ivi, p. 17. 55 Ivi, p. 18. 53 54 50 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio volume dei Sämtliche Werke. Questa raccolta è composta da ben undici poesie, tutte aventi come protagonista Cristo. Rilke capovolge completamente la figura del Cristo dell’immaginario cristiano, descrivendolo come un vendicatore invece che come un redentore; il Cristo di tutte le poesie è triste, deluso, arrabbiato con un Dio in cui aveva creduto e in nome del quale aveva agito, che invece non esiste, a causa del quale ora riversa tutta la sua rabbia sugli uomini. Un Cristo che sale in cielo con la speranza di trovarvi Dio e che invece, sconcertato, lo trova completamente vuoto (Judenfriedhof); un Cristo di cera che si stacca dal crocifisso per urlare la sua disperazione nel dover ripetere la sua passione all’infinito per colpa dei discepoli che in un eccesso di zelo avevano rapito il suo cadavere (Jahrmarkt); o ancora un Cristo che, addirittura, trascorre la notte con una prostituta, alla quale al mattino dirà: “Noi siamo la maledizione originaria di questo mondo./ Io l’eterna follia - tu l’eterna puttana”56 (Die Nacht). Rilke si guardò bene dal pubblicizzare questa raccolta, sia per il contesto da cui proveniva -la sua “religiosissima” famiglia- sia per l’ambiente letterario in cui stava faticosamente cercando di farsi conoscere. Il suo riserbo su questa raccolta non dipendeva soltanto da fattori esterni quali la famiglia e la società letteraria del tempo, 56 Ivi, p. 24. 51 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio ma anche e forse principalmente, da motivazioni assolutamente personali: Rilke stava, di fatto, impossessandosi di una sua verità/religione di cui era estremamente geloso e che non voleva diventasse oggetto di polemiche o errate interpretazioni. La Salomè sembra essere stata l’unica persona all’epoca ad aver letto questa “audace” raccolta; infatti Rilke scrive queste poesie proprio nel periodo in cui conosce Lou, ovvero, nel periodo in cui abbandona Praga per trasferirsi a Monaco. Questa coincidenza non è casuale: infatti, il senso delle Christus-Visionen sembra essere quello della conclusione di un iter di sganciamento dal mondo delle tradizioni e delle convenzioni religiose cattoliche57, di cui sappiamo essere la Salomè un “input” fondamentale. Inoltre, è importante sottolineare come questa raccolta contenga insieme alla cifra centrale del rifiuto del Cristo, anche un’altra cifra fondamentale del pensiero religioso di Rilke: quella dell’ingenuità del mondo dell’infanzia, unico rifugio sicuro della fede incondizionata, unico rifugio sicuro di Dio. Entrambi i motivi verranno ripresi nella prosa Geschichten vom lieben Gott, e tutti e due verranno approfonditi nel prossimo capitolo interamente dedicato alle Geschichten. Ancora importanti indizi troviamo nella successiva raccolta Mir zur Feier di cui fanno parte le poesie del 1897-98 e di cui cercheremo di 57 Ivi, p. 20. 52 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio riassumere i due concetti predominanti attraverso le poesie più rappresentative. Della poesia Arme Heilige aus Holz colpisce la staticità insensibile delle statue dei santi a cui la madre di Rilke dedica tante cure, cure di cui, invece, aveva sempre privato il figlio. Anche su questa antitesi si basa il pensiero religioso che svilupperà Rilke. Con Du, den wir alle sagen, invece, come pure con il gruppo degli Engellieder, riprende la tematica dell’esperienza religiosa infantile, come unica fase della vita in cui può esistere la figura di Cristo (“Du”): “tu, che tutti cantavamo”58,utilizza la forma del passato, per evidenziare la contrapposizione fra un passato religioso ed un futuro, invece -areligioso- in cui l’uomo deve dedicarsi al recupero dell’infanzia, laddove, come è il caso di Rilke, non sia stata degnamente vissuta59. Gli angeli di cui parla sono sicuramente gli angeli custodi della tradizione cattolica, ma anch’essi relegati al tempo dell’infanzia e dei sogni; tristemente, al “crescere” dell’uomo corrisponderebbe il “farsi piccolo” dell’angelo, che continuerà ad esistere, ma soltanto nei sogni dell’uomo. A. Destro, op. cit., p. 31. Per approfondimenti, si veda il testo di Erich Simenauer, Rainer Maria Rilke. Legende und Mythos (Schauinsland Verlag, Bern und Frankfurt am Main, 1955) nella la sezione „Dichter der Kindheit“ che tratta ampiamente il tema del recupero dell’infanzia che Rilke considera il punto di partenza per la comprensione di stesso; rielaborare l’infanzia, significa per Rilke, poter crescere. 58 59 53 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Sempre a questo periodo appartiene il Florenzer Tagebuch, che si arricchisce di elementi molto importanti, di cui Rilke fa esperienza a Firenze, durante un viaggio che compirà, appunto nel 1898. Quello che è importante di questa opera è l’associazione artereligione che compare qui per la prima volta, ma che costituisce un altro importante aspetto del suo modo di intendere la religione, anzi, direi proprio che ne è un’ importantissima chiave di lettura. Inizialmente, si tratta di meditazioni sull’arte e sull’artista, e attraverso la metafora dell’arte e dell’artista affronta uno dei concetti basilari della sua concezione religiosa matura, che è quello dell’importanza dell’individualità. Rilke ammette per la prima volta che la religione, nella sua dimensione comunitaria e collettiva, non ha alcun senso, addirittura, la definisce “…die Kunst der Nichtschaffenden.”60 La vera opera d’arte sarebbe, infatti, quella che dà forma alle profondità dell’animo dell’artista, che soltanto nella creazione artistica dunque troverebbe la sua “Heimat”; un qualcosa che può esistere soltanto nella condizione di assoluta individualità e non altrimenti: R. M. Rilke, Il diario fiorentino, a cura di Giorgio Zampa con testo tedesco a fronte, titolo originale dell’opera: Das florenzer Tagebuch (1898), Rizzoli Libri, Milano 1981, 1990, p. 104. Rilke si riferisce chiaramente agli artisti di ispirazione religiosa del suo tempo, condizionati e suggestionati nell’esprimere la loro interiorità dalla severa ideologia religiosa di cui la società era imbevuta. 60 54 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Künstler sollen einander meiden. Die groβe Menge rührt nicht mehr an sie, wenn ihnen erst bestimmte Befreiungen gelungen sind. Zwei Einsame aber sind eine groβe Gefahr füreinander. Es soll keiner tasten an des anderen Kunst. Denn nimmt er von einem Gröβeren, so verliert er sich; und neigt er zu der Art eines Engeren hin, so entweiht er sich und nimmt seinem Gemüt die Keuschheit; aber von des anderen Kultur darf der Künstler gern und dankbar empfangen. So bilde jeder den zweiten zu höherer Menschlichkeit und also zu reinerer Kunst.61 Lo stesso discorso varrebbe per la religione: non esiste, o meglio non è veritiera se non scaturisce dalle profondità di ogni singolo individuo. Di conseguenza, anche Dio vissuto nella condizione di collettività, come è stato per molto tempo anche per Rilke, non è che una convenzione collettiva priva di significato; anzi, laddove un significato ci fosse, sarebbe quello della proiezione collettiva, appunto, delle debolezze umane, un Dio, dunque, privo di forza e corposità: Wie die Ausdrücke jeder Sprache auf gemeinschaftlicher Vereinbarung beruhen, so bestimmte man auch das Wort >Gott<. Darin sollte alles sein, was irgendwie wirkte, ohne dass man es sonst zu nennen und zu erkennen vermochte. [...]. Das ist oft im Wesen unfähiger Menschen, sie wollen sich, solang es geht, von den Eltern erhalten und verantworten Ivi, pp. 106-108. A questo proposito si vedano anche le Geschichten vom lieben Gott (Frankfurt am Main und Leipzig 1973) , in cui Rilke dedica una intera storia, Ein Verein, aus einem dringenden Bedürfnis heraus, in cui narra di una associazione di tre artisti che però dovrà sciogliersi per l’impossibilità dei singoli artisti di vivere a contatto con l’arte degli altri. 61 55 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio lassen. Solange dieser Gott lebt, sind wir alle Kinder und unmündig. Er muss einmal sterben dürfen. Denn wir wollen selbst Väter werden.62 Dirà a proposito di Dio: Gott ist das älteste Kunstwerk. [...] Als alle Völker noch wie ein Mann waren, bildeten sie Gott aus Sehnsucht. Gott wird ein Wunder tun: jeder Mann wird werden wie ein Volk. Jeder kommt in Trauerkleidern vom Sterbebette seines Kindheitsgott; aber bis er zuversichtlich und festlich geht, geschieht in ihm die Auferstehung Gottes.63 Questo è il seme della concezione di un nuovissimo rapporto tra uomo e Dio che Rilke esprimerà poi pienamente nel Das Stundenbuch, un rapporto completamente individuale e personale, in cui Dio è più che mai vicino all’interiorità profonda dell’uomo. Il Florenzer Tagebuch rappresenta una tappa molto importante in cui dichiarerà abbastanza apertamente ciò che pensa del mondo da cui proviene, proseguendo dunque nel suo processo di “sganciamento” da Praga, dalla sua famiglia e dalla cultura di quel mondo: inizia a trovare delle sue verità che sono in netto contrasto col mondo in cui si è formato e che verranno sviluppate in tutte le sue opere a partire da questo momento. Das Stundenbuch costituisce un fondamentale punto di svolta in cui, infiniti, sono i riferimenti religiosi. Quest’opera, oltre a contenere 62 63 Rilke, Il diario fiorentino, cit., p. 126. Ivi, p. 128. 56 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio moltissimo materiale di studio per chi voglia interessarsi della religione di Rilke, è la sua opera lirica più famosa. Da una definizione di Friz Martini: “Das Stundenbuch è il documento di una fervida sete di Dio, che scopre e adora la divinità senza alcun limite in tutte le creature e sotto tutte le forme.”64 Ora, analizzare l’intera opera sarebbe un’impresa estremamente difficile e azzardata data la sua complessità; prenderemo quindi in esame soltanto il primo dei tre libri di cui è composto: Das Buch vom mönchischen Leben. Scritto nel 1900, si presenta quasi sotto forma di diario poetico; il suo titolo originario era, infatti, Gebete: si tratta di preghiere in forma di riflessioni liriche, effusioni sentimentali, considerazioni, quindi, del tutto personali, riferite, dove implicitamente, dove esplicitamente, a Dio. Portavoce di Rilke, in questo libro, è un monaco pittore che istaura una sorta di dialogo diretto con Dio a cui si rivolge unicamente e insistentemente. L’immagine che riceviamo fin dai primi versi, è quella di un Dio completamente indefinito che sfugge a qualsiasi tipo di definizione, un Dio di cui Rilke si sta lentamente appropriando. Quello che Rilke aveva conosciuto fino ad allora era il Dio della tradizione, ma non il “suo Dio”. Il suo è naturalmente un Dio ancora indefinito, privo di forma e anche di senso. L’immagine di questa prima poesia è quella di un uomo avvolto completamente in un alone di Friz Martini, Storia della letteratura tedesca, traduzione di Italo Alighiero Chiusano, titolo originale Deutsche Literaturgeschichte, il Saggiatore, Milano 1971, p. 524. 64 57 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio mistero, quel mistero che Rilke identifica nella figura di Dio. E’ un qualcosa di chiaramente superiore che racchiude in sè tutto ciò che noi in quanto uomini percepiamo, una metafora del reale, ma che non può venir delineato precisamente, non è ancora afferrabile, come probabilmente non lo sarà mai: Ich kreise um Gott, um den uralten Turm, und ich kreise jahrtausendelang; und ich weiß noch nicht: bin ich ein Falke, ein Sturm oder ein großer Gesang. 65 L’uomo è in cerca di Dio, ma Dio è anche dentro di sé, sempre buio e inafferrabile: Doch wie ich mich auch in mich selber neige: Mein Gott ist dunkel und wie ein Gewebe von hundert Wurzeln, welche schweigsam trinken. 66 Ne parla perfino come di un vicino che potrebbe venire disturbato durante la notte dai rumori prodotti dall’Io, che in realtà derivano dall’incertezza che lui, Dio, stia bene: Du, Nachbar Gott, wenn ich dich manchmal in langer Nacht mit hartem Klopfen störe, so ist, weil ich dich selten atmen höre 65 66 Rilke, Das Stundenbuch, Insel Verlag, Frankfurt am Main und Leipzig, 1972, p. 11. Ivi, p. 12. 58 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio und weiß: Du bist allein im Saal.(...) Nur eine schmale Wand ist zwischen uns, durch Zufall; denn es könnte sein: ein Rufen deines oder meines Mundund sie bricht ein ganz ohne Lärm und Laut. 67 Si noti bene come Rilke ritragga un Dio che potrebbe aver bisogno dell’uomo, non un Dio onnipotente, bensì un Dio carente e bisognoso: Rilke ridimensiona dunque la figura di Dio, rendendolo più vicino all’uomo, con la metafora delle dell’unica “lieve parete” che li separerebbe. Dio perde così il suo carattere trascendente: “risulta solo un ordine di realtà superiore, cui in circostanze favorevoli ma immaginabili, l’uomo potrebbe arrivare con le sue forze.”68 Oggetto delle poesie successive è una sorta di ribaltamento della questione: Rilke cerca più che mai di entrare in contatto con quel “suo Dio” di cui cerca disperatamente il senso. Il rovesciamento del senso tradizionale domina la lirica: parlerà da ora in poi, infatti, di un Dio che dipende dall’uomo e non viceversa: un Dio che viene “costruito” dall’uomo come dice chiaramente: 67 68 Ivi, p. 13. Alberto Destro, Rilke, il Dio oscuro di un giovane poeta, cit., p. 43. 59 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Wir bauen an dir mit zitternden Händen Und wir türmen Atom für Atom. Aber wer kann dich vollenden, du Dom. 69 E’ come se Dio trovasse rifugio e dimora nell’uomo: quindi, paradossalmente, esisterebbe solo nell’uomo e nella sua sensibilità, non altrimenti. L’esistenza più forte (in realtà l’unica) è quella dell’uomo. Dio, cui continua per altro a rivolgersi un omaggio verbale, appare sempre più pallido ed evanescente. Fino ad arrivare a una delle più belle e significative espressioni dello Stundenbuch: Was wirst du tun, Gott, wenn ich sterbe? Ich bin dein Krug (wenn ich zerbreche?) Ich bin dein Trank (wenn ich verderbe?) Bin dein Gewand und dein Gewerbe, mit mir verlierst du deinen Sinn. 70 Quello che Rilke esprime in questa poesia è quanto di più chiaro ed esplicativo possa venir detto riguardo alla sua “religione nuova” e al suo nuovo rapporto assolutamente “sovversivo”, oserei dire, con 69 70 Rilke, Das Stundenbuch, cit., p. 18. Ivi, p. 31. 60 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio un Dio che appare tanto grande al suo interno, e allo stesso tempo, tanto piccolo ed evanescente, al di fuori di esso. 2.2 IL DIO LIBERATO Dopo un periodo di indifferenza e di allontanamento da Dio e dalla religione, (dal 1893 circa al 1899), Rilke sente il bisogno di “riappropriarsi” di Dio, di instaurare con Lui un contatto del tutto nuovo e personale. Decisivi in questo senso, sono i viaggi che compirà in Italia (1897/98), e soprattutto in Russia (1899-1900), dove resterà profondamente colpito dalla purezza della fede del popolo russo, cosa che lo ispirerà proprio nella ricerca di un rapporto più semplice e intimo con Dio: un nuovo rapporto che passerà attraverso il rifiuto della religione cristiana, e con essa, della figura tradizionale del Cristo. Se la Russia è il luogo in cui riscoprirà la voglia di rivolgersi direttamente a Dio, è nel Das Stundenbuch che si coglie l’immediatezza di questo nuovo rapporto. Quest’opera costituisce un vero e proprio momento catartico, in cui Rilke, attraverso il suo dialogo diretto con Dio, riesce ad esprimere tutto ciò che per lui è Dio in relazione all’essere umano. Come Dio ha creato l’uomo, Rilke “crea Dio” nel Das Stundenbuch, un Dio che ha bisogno dell’uomo, senza il quale non può esistere (Was wirst du tun Gott 61 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio wenn ich sterbe?): Dio è il suo vicino; Dio dimora in lui; Dio è una cattedrale in costruzione; é un uccellino; paradossalmente, è suo figlio: Du Ewiger, du hast dich mir gezeigt. Ich liebe dich wie einen lieben Sohn, der mich einmal verlassen hat als Kind, weil ihn das Schicksal rief auf einen Thron, vor dem die Länder alle Täler sind. Ich bin zurückgeblieben wie ein Greis, der seinen großen Sohn nicht mehr versteht und wenig von den neuen Dingen weiß, zu welchen seines Samens Wille geht. Ich bebe manchmal für dein tiefes Glück, das auf so vielen fremden Schiffen fährt, ich wünsche manchmal dich in mich zurück, in dieses Dunkel, das dich großgenährt. Ich bange manchmal, daß du nicht mehr bist, wenn ich mich sehr verliere an die Zeit. Dann les ich von dir: der Evangelist Schreibt überall von deiner Ewigkeit. Ich bin der Vater; doch der Sohn ist mehr, 62 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio ist alles, was der Vater war, und der, nicht wurde, wird in jenem groß; er ist die Zukunft und die Wiederkehr, er ist der Schoss, er ist das Meer... 71 (Das Buch von der Pilgerschaft) In questo modo, Rilke, attua un sorprendente capovolgimento di ruoli, che gli varrà, a volte, l’etichetta di eretico. E’ lui, il primo a rendersi conto dell’audacia delle sue parole: Dir ist mein Beten keine Blasphemie: Als schlüge ich in alten Büchern nach, das ich dir sehr verwandt bin – tausendfach. (...) 72 Ma Rilke è tutt’altro che eretico: alla base del suo sentimento per Dio, c’è invece, una sincera e profonda “fede”: Lösch mir die Augen aus: ich kann dich sehn, wirf mir die Ohren zu: ich kann dich hören, und ohne Füße kann ich zu dir gehen, und ohne Mund noch kann ich dich beschwören. Brich mir die Arme ab, ich fasse dich mit meinem Herzen wie mit einer Hand, 71 72 Ivi, pp. 62, 63. Ibidem. 63 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio halt mir das Herz zu, und mein Hirn wird schlagen, und wirfst du in mein Hirn den Brand, so wird ich dich auf meinem Blute tragen. 73 (Das Buch von der Pilgerschaft) Quello di Rilke è un progetto ambizioso: vuole riunire cielo e terra, elevare la terra al cielo e far discendere il cielo sulla terra in modo da creare un nuovo cielo con Dio proprio quaggiù sulla terra. Ed ecco che inevitabilmente, anche il concetto di “fede”, assume connotazioni diverse: Gerüchte gehen, die dich vermuten, und Zweifel gehen, die dich verwischen. Die Trägen und die Träumerischen Misstrauen ihren eigenen Gluten und wollen, dass die Berge bluten, denn eher glauben sie dich nicht. Du aber senkst dein Angesicht. Du könntest den Bergen die Adernaufschneiden als Zeichen eines großen Gerichts; aber dir liegt nichts 73 Ivi, p. 64. 64 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio an den Heiden. Du willst nicht streiten mit allen Listen Und nicht suchen die Liebe des Lichts; den dir liegt nichts an den Christen. Dir liegt an den Fragenden nichts. Sanften Gesichts Siehst du den Tragenden zu. 74 (Das Buch von der Pilgerschaft) La sua, è una „fede individuale”, che nasce dal suo “Io” più profondo, una „fede“ che non esige inutili definizioni di Dio: Alle, welche dich suchen, versuchen dich. Und die, so dich finden, binden dich An Bild und Gebärde. Ich aber will dich begreifen wie dich die Erde begreift; mit meinem Reifen reift dein Reich. 75 65 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Definendolo, lo si imprigiona, finendo per distruggerlo: Alles wird wieder gros sein und gewaltig. Die Lande einfach und die Wasser faltig, die Bäume riesig und sehr klein die Mauern; und in den Tälern, stark und vielgestaltig, ein Volk von Hirten und von Ackerbauern. Und keine Kirchen, welche Gott umklammern wie einen Flüchtling und ihn dann bejammern wie ein gefangenes und wundes Tier, die Häuser gastlich allen Einlassklopfern und ein Gefühl von unbegrenztem Opfern in allem Handeln und in dir und mir. 76 Simenauer non vede che irriverenza nelle sue parole, giudicando l’opera “perversa e piena di blasfemie”; si chiede addirittura se sia possibile scoprire della religiosità vera in Rilke. A me sembra, invece, che tutte le opere di Rilke non siano altro che un pellegrinaggio alla ricerca di Dio77, quel “suo Dio” che in realtà possedeva da sempre. Rilke, Das Stundenbuch, cit., pp. 69, 70. Ivi, p. 70. 76 Ivi, p. 79. 77 Molto spesso Rilke viene definito “ein Gottsucher”; Dieter Bassermann, Der andere Rilke. Gesammelte Schriften auf dem Nachlass, hersg. von Hermann Mörchen, Hermann Getner Velag, Bad Homburg vor der Höhe 1961. 74 75 66 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Se nel Das Stundenbuch Rilke esprime la sua fede profonda, se subito dopo ne parla sempre meno, allontanandosene fino quasi a non sentirne più la presenza, è solo per avvicinarvisi poi, quasi a poterlo toccare; la sua fede ha, dunque, sempre la stessa forza: Dio si trova ovunque, nella più piccola cosa come nella più miracolosa realizzazione della natura78. Quello su cui vale la pena di soffermarsi ora, è su come sia importante per Rilke un contatto diretto con Dio, senza intermediari( in questo caso senza Cristo). Per Rilke non esiste che Dio: Dio di fronte a lui, e lui di fronte a Dio. Per un Simenauer che “condanna” Rilke e la sua ”rinnovata religiosità”, il suo modo “originale” di rapportarsi a Dio, citiamo Von Salis che, invece, comprende senza remore il suo stato d’animo e scrive: “Rilke n’appartenait à aucune école philosophique, à aucun groupe littéraire, à aucune orientation politique et rigoureusement à aucune confession religieuse. Sa pureté n’aurait accepté aucun compromis, aucune imperfection, aucune convention, pour s’insérer dans n’importe quel programma, n’importe quel conformisme. Son humilité ne s’étendait pas aux dogmes des juridictions terrestres, parmi lesquelles il comptait également l’Eglise.”79 Cfr. Geschichten vom lieben Gott, cit., Wie der Fingerhut dazu kam, der liebe Gott zu sein. Von Salis, Rainer Maria Rilkes Schweizer Jahre (Von Huber, Frauenfeld, Leipzig 1936) in Lieselott Delfiner, Rilke, cet incompris, Louis Soulanges éditeur, Paris 1960, p. 257. 78 79 67 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio In realtà, dunque, Rilke si distacca da qualsiasi tipo di dottrina religiosa; non crede nell’esistenza e nell’efficacia di vie secondarie nel raggiungimento di Dio. In una lettera del 16 gennaio 1922, indirizzata a Rudolf Zimmermann, Rilke spiegherà le motivazioni per cui non può accettare la religione cristiana: “Vue d’un lointain avenir l’idée chrétienne, le grand événement chrétien restera toujours l’une des plus merveilleuses expériences qui aient été tentées pour maintenir ouvert le chemin vers Dieu. Ni nous ni nos contemporains se seraient en mesure de prouver qu’il s’agit de la tentative la plus heureuse car le christianisme porte avec lui son impuissance patente à opposer à la suprématie du malheur le contrepoids de la pureté (…). A moi personnellement, toutes les religions dans lesquelles l’intermédiaire apparaît comme mois essentiel ou presque exclu me sont plus proches. Le conserver comme «dirigeant» est devenu davantage l’effort et l’accomplissent de l’âme chrétienne. Le dur chemin devient séjour et beaucoup de forces qui voudraient se projeter en Dieu se retardent et s’usent en route. Il y des façons si miraculeuses de saisir Dieu et si j’observe l’humanité, alors je pense qu’il s’agirait seulement de se tenir prêt pour l’une des possibilités innombrables de saisir ou d’être surpris par lui.”80 80 Rilke, Briefe, in Lieselott Delfiner, op. cit, p. 257. 68 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Rilke si oppone categoricamente al ruolo affidato a Cristo, di trovarsi tra Dio e l’essere umano. In un’altra lettera dirà: “Qui est donc le Christ qui se mêle toujours de tout?”81, e continuerà: “Je ne veux pas qu’on dise du mal de moi à cause du Christ, mais je veux être bon pour Dieu. Je ne veux pas être considère comme un pécheur des le debout, peut-être ne le suis-je pas. J’ai des matins si purs! Je pourrais m’entretenir avec Dieu, je n’ai besoin de personne qui m’aide à rédiger des lettres pour lui.”82 Rilke detesta, tuttavia, qualsiasi cosa s’interponga tra lui e il “suo Dio”: basti pensare che durante le ultime ore della sua vita rifiutò addirittura di prendere i medicinali che lo avrebbero aiutato a sopportare il dolore, perché riteneva che fossero soltanto “interferenze” tra sé e Dio; aveva anche chiesto di non essere assistito da nessun prete, se non al momento della fine (diceva di non volere dei “Cristo” tra lui e Dio). “A la croyance profondément convaincu de l’existence de Dieu Rilke unissait son refus de la doctrine chrétienne, car à son avis le christianisme avait déclare une guerre éternelle au monde et à la créature. Il aurait rendu le monde mouvais et la jouissance de l’amour suspecte. Il cherchait à aimer Dieu car celui-ci se révélait sans cesse dans la créature, dans sa détressée sa félicité.”83 Quello che conta è la sincerità, la purezza dei sentimenti: 81 82 Von Salis, in Lieselott Delfiner, op. cit., p. 258. Ibidem. 69 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio “Sa croyance incommunicable et sa foi profonde étaient faites de telle sorte qu’elles prenaient part à l’événement religieux en tout endroit où celui-ci était libre des chaînes imposées par les conceptions confessionnelles restreignant la présence de Dieu.(…)”84 In una lettera del 28 dicembre 1921, indirizzata a Ilse BlumenthalWeiss, Rilke scrive: “Croyance! Je dirais presque qu’elle n’existe pas . Il n’y a que l’amour. Ce qu’on appelle en général croyance et qui consiste à forcer le cœur et à tenir ceci ou cela pour vrai, n’a pas de sens. D’abord il faut trouver Dieu quelque part, en faire l’expérience, sous sa forme infinie, si au-dessus de tout, si formidable et ensuite l’attitude prise vis-à-vis de lui, fut-elle crainte, étonnement ou enfin amour, n’a pas d’importance. (…). La religion est quelques chose d’extrêmement simple et naïf, ce n’est pas un savoir, le contenu d’un sentiment (car tous les contenus sont déjà consentis lorsqu’un homme s’explique avec la vie), ce n’est ni un devoir ni une renonciation, ni ce n’est pas une limitation, mais dans l’immensité parfaite de l’univers, c’est une direction du cœur.”85 Nell’ultima lettera che scriverà a Rudolf Zimmermann, il 10 marzo 1922, Rilke pronuncerà le seguenti parole, che sono tra le più significative nel suo rapporto vis-à-vis con il “suo Dio”: “Il y a en moi, tout compte fait, une passion absolument indescriptible de faire l’expérience de Dieu, qui est indéniablement plus proche de l’Ancien Testament que de la Messiade. Oui, si je voulais à la foi être Ibidem. Ibidem. 85 Rilke, Briefe, in Lieselott Delfiner, op. cit., pp. 260, 261. 83 84 70 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio général et vrai, je devrais confesser, que ma vie durant, il ne s’est agi pour moi de rien d’autre que de découvrir et d’éveiller à la vie l’endroit de mon cœur qui me rendait capable d’adorer, dans tous les temples de la terre, avec la même accession à ce qui s’y trouve.”86 Margareta Susman, scrive nel suo Das Wesen der modernen Liryrik: „Rilke kann keine Religion geben, sondern nur persönliche Religiosität. Aber ist das weniger, ist das nicht die lauteste Kristallisation des Religiösen?“87 Rilke ha “trovato” dunque il “suo Dio”: un Dio individuale, personale e trascendente, che parla soltanto a lui e che esiste soltanto per lui; è oscuro e misterioso perché risiede nel “mistero individuale, è il fondo indistinto delle forze oscure che costituiscono la personalità”88. Dio coincide con Io: l’Io incontra Dio soltanto nella sua individualità, conosce Dio soltanto dopo aver conosciuto se stesso. Il pellegrinaggio di Rilke verso Dio, non è altro quindi, che il pellegrinaggio verso se stesso; ricercare Dio significa, dunque, per Rilke, ricercare se stesso, in quanto imperativo innato dell’essere umano; corrisponde ad un processo di introversione verso le profondità della sua anima89: Ibidem. Robert Faesi, Rainer Maria Rilke, Amalthea Verlag, Zürich 1919, p. 62. 88 Alberto Destro, Rilke, il Dio oscuro di un giovane poeta, cit., p. 128. 89 Cfr. Heinrich Imhof, Rilkes “Gott”: R. M. Rilkes Gottesbild als Spiegelung des Unbewussten, Lothar Stiehm Verlag, Heidelberg 1983. 86 87 71 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio “Gott ist vielmehr der Sohn der Menschenseele”90. Liberare Dio, significa liberare se stesso. Ellen Key definisce Rilke un “Gottmacher”91, sostenendo che in realtà Rilke non vuole trovare Dio, perchè sa che non è niente, Rilke sa „dass Er erst werden soll“92, è attraverso di lui che Dio “diventa”, è Rilke stesso a creare a poco a poco il “suo Dio”, come proiezione delle profondità della sua anima, come sua creazione individuale. Dobbiamo allora identificare il Dio rilkiano con la creazione artistica?93 “Sich auf Gott richten, kann keine andere Bewegung bedeuten, als sich auf di Erde richten. Das Ziel der ganzen menschlichen Entwicklung ist Gott um die Erde in demselben Gedanken denken zu können. Die Liebe zum Leben und die Liebe zu Gott muss zusammenfallen, anstatt, wie jetzt, verschiedene Tempel auf verschiedenen Anhöhen zu haben; man kann Gott nur anbeten, indem man das Leben zur Vollkommenheit lebt. Ihm immer höhere Formen zu geben, einen immer reicheren Zusammenhang zwischen ihm und dem scheinbar Unbelebten herbeizufügen, dies heißt Gott schaffen (...): Gott ins hinabsinken und das Leben zu Gott empor blühen zu lassen.“94 Robert Faesi, op. cit., p. 58. Ivi, p. 64. 92 Ibidem. 93 Alberto Destro, op. cit., p. 138. 94 Robert Faesi, op. cit., pp. 64, 65. 90 91 72 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio 3. GESCHICHTEN VOM LIEBEN GOTT (STORIE DEL BUON DIO) Di ritorno dal suo primo viaggio in Russia, Rilke vive un’importante fase di slancio creativo da cui nascono le Geschichten vom lieben Gott, che scrive nel giro di pochissimo tempo, nelle notti tra il 10 e il 21 novembre 1899, come riferisce Rilke stesso ad Ellen Key in una lettera del 13 febbraio 1903 da Parigi: “Dass mein Buch vom lieben Gott (das vor Jahren in glücklicher Zeit in sieben aufeinander folgenden Nächten geschrieben ward) mir noch einmal liebe köstliche Menschen finden und werben wird, - das wusste ich innerlich; denn mir ist dieses Buch sehr herzlich lieb.“95 La prima pubblicazione dell’opera risale al Natale del 1900 con il titolo Vom lieben Gott und Anderes. An Grosse für Kinder erzählt. Nella primavera del 1904 verrà pubblicata l’edizione rielaborata e definitiva con il titolo Geschichten vom lieben Gott. Le differenze tra le due edizioni, limitate a interventi di carattere formale, sono numerose ma non di particolare rilevanza. L’opera diventa una delle più lette e conosciute di Rilke. Tuttavia, nel rispondere alle domande che gli venivano fatte riguardo ai racconti su Dio da amici o da sconosciuti, Rilke cercava di mantenere sempre un atteggiamento benevolo verso un lavoro che 95 Rainer Maria Rilke, Geschichten vom lieben Gott, Insel Verlag, Frankfurt am Main und Leipzig 1973, p. 2. 73 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio considerava di esordio. Nel rispondere, invece, a proposte che gli venivano da Anton Kippenberg, suo editore, relative a un primo ordinamento delle sue opere complete, il 26 maggio 1925 Rilke scrive da Parigi: “L’accostamento immediato della mia pre-prosa giovanile (che non era ancora una prosa) delle Storie del buon Dio e del M. L. Brigge, non mi va molto a genio (ma capisco che non sarà possibile fare altrimenti)”.96 Rilke si rendeva conto del salto qualitativo tra le sue raccolte di novelle, schizzi e racconti apparsi sul finire del secolo (che non volle mai ristampare) e la prosa elaborata tra il 1904 e il 1910, durante il periodo di composizione delle Aufzeichnungen: “A febbraio ho cominciato un lavoro di maggiore impegno, una specie di seconda parte del Libro del buon Dio; in qualche modo ora ci sono dentro fino al collo, senza sapere se quando e verso dove procederà”.97 Non che rinnegasse il valore e l’importanza delle Geschichten: “Es sind einige Kerne in diesem Buch, aus denen Bäume wachsen können später. Freilich sie sind in sehr vielen Schalen verborgen, aber Sie werden die echten, die eine Zukunft haben, gewiss finden.“98 Ma riconosceva, allo stesso tempo, il loro essere ancora acerbe se confrontate alle sue opere tarde, quindi alla maturità e alla 96 97 R. M Rilke, nella prefazione di Giorgio Zampa alle Storie del buon Dio, Rizzoli, Milano 1978, p. 8. Ivi, p. 9. 74 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio completezza che raggiunse a metà del ‘900 con le Aufzeichnungen des Malte Laurids Brigge. In che modo le Aufzeichnungen potessero costituire una specie di seguito delle Geschichten è difficile a dirsi, tanto diverso è il loro peso; ma i fili che passano da una all’altra, visibili e no, ci sono, come, per esempio, l’importanza per entrambe le opere dell’esperienza dei viaggi compiuti in Russia nel 1899 e nel 1900. Visibilissimi sono, invece, i fili che legano le Geschichten al primo dei tre libri di cui è composto Das Stundenbuch, Das Buch vom mönchischen Leben. Tra queste due opere, l’una in prosa, l’altra in poesia, sono molto evidenti le affinità contenutistiche: si potrebbe considerare quella in prosa come una sorta di esemplificazione di ciò che quella in versi esprime ansiosamente e oscuramente99. Diversi per qualità e ancora di più nell’esito, i due testi hanno in comune l’esperienza russa e quella compiuta tra l’aprile e il maggio del ’98 a Firenze: la “religiosità” di Rilke, se non si vuole parlare di religione, trova qui, in questo momento, il suo primo diffuso enunciato, che continuerà a svilupparsi fino alla consapevolezza dei Sonette e delle Elegien. 98 Rilke scrive a Hugo Salus il 20 dicembre 1900, inviandogli una copia della nuova edizione delle Geschichten; Rainer Maria Rilke, Briefe und Tagebücher aus der Frühzeit, 1899 bis 1902, Ruth Sieber-Rilke and Karl Sieber, Insel Verlag, Lipzig 1931, p. 91. 99 Per approfondimenti si veda il testo di J. F. Angelloz, Rainer Maria Rilke, Leben und Werk, hrsg. von Peter Schifferli, ‘Die Arche’ Verlag, Zürich 1955. 75 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Rilke avrebbe voluto far precedere alla seconda edizione delle Geschichten una prefazione, la cui redazione aveva affidato alla carissima amica Ellen Key100, a cui i racconti su Dio piacquero in modo particolare (“o, was für ein Buch! Ein Andachtsbuch ist es!“)101. Tale prefazione venne, però, cortesemente respinta da Rilke, perché, essendo composta in parte dalle lettere che egli le aveva scritto, “illuminava di luce troppo chiara anche il libro, abolendo quella che Rilke chiamava la sua ‘oscurità’, e quel che egli riteneva il mistero di esso; inoltre era troppo profetica di cose non ancora scaturite dalla sua penna, e gli sottraeva per il futuro la possibilità di ‘lanciare fulmini’. Perciò il libro fu pubblicato senza prefazione, ma con affettuosa e solenne dedica ad Ellen Key”102: “MEINE FREUNDIN, einmal habe ich dieses Buch in Ihre Hände gelegt, und Sie haben es lieb gehabt wie niemand vorher. So habe ich mich daran gewöhnt, zu denken, dass es ihnen gehört. Dulden Sie deshalb, dass ich nicht allein in Ihr eigenes Buch, sondern in alle Bücher dieser neuen Ausgabe Ihren Namen schreibe; dass ich schreibe: DIE GESCHICHTEN VOM LIBEN GOTT gehören ELLEN KEY“.103 Pedagogista e scrittrice svedese, già molto conosciuta in Scandinavia e nei paesi di lingua tedesca, autrice de Das Jahrhundert des Kindes, che Rilke recensisce per un giornale di Brema. 101 Theodore Fiedler, Rilke, ein europäischer Dichter aus Prag, hrsg. von Peter Demetz, Joachim W. Strock, Hans Dieter Zimmermann, Königshausen & Neuman Verlag, Würzburg 1998, p. 131. 102 Eliz Butler, Rainer Maria Rilke, cit., p. 169. 103 R. M. Rilke, Geschichten vom lieben Gott, cit., p. 7. 100 76 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Ellen Key (la “madre adottiva del nord”, da una definizione della Butler), per niente offesa dal rifiuto di Rilke, intanto intratteneva il pubblico scandinavo con una serie di conferenze entusiastiche su Rilke, che contribuirono a renderlo molto famoso in Svezia e in Danimarca104. In un villaggio che si vuole più vicino a quello russo della narrativa russa ottocentesca che a quello dell’idillio tedesco, un personaggio di cui si ignora la professione ufficiale, ma che in realtà è un poeta, anzi il poeta, e in cui riconosciamo senza alcun dubbio Rilke, racconta ai suoi vicini delle suggestive storie che hanno come protagonista diretto o indiretto Dio. Oltre che rivolgersi alla madre dei bimbi cui sono destinati i racconti, ad un maestro, a Ewald, un giovane che la malattia costringe all’immobilità, a un’autorità del villaggio e a un becchino, egli narra le sue storie anche alle nuvole e all’oscurità. Ai primi tre racconti sulla creazione dell’uomo, ne seguono tre di argomento russo, narrati al giovane paralitico. I sette successivi variano il tema del Dio in divenire con quello del Dio che, in un’epoca e in un ambiente privilegiati, si palesò attraverso manifestazioni supreme d’arte, con immagini, quindi, della Firenze rinascimentale nella sua cornice vagamente preraffaellita quale appare nel Florenzer Tagebuch. 104 Rilke si trasferì in Svezia per sei mesi, dal luglio al dicembre1904, dopo i numerosi inviti che ricevette da parte delle personalità letterarie del momento. 77 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Gli espliciti destinatari delle Geschichten sono i bambini e in ciò è facile vedere una certa somiglianza con la tradizione della letteratura per bambini, di cui Kinder und Hausmärchen dei fratelli Grimm è l’esempio più rappresentativo. Ma non è proprio così; Rilke, infatti, non viene classificato all’interno di questo genere letterario. Nonostante il tono “fantastico”, le Geschichten sono caratterizzate essenzialmente da ben altro rispetto ad esempio alle fantastiche e umoristiche Just so Stories di Rudyard Kipling, che le inventò per sua figlia. Paragonandole, ci si rende conto che i racconti di Rilke si pongono su un piano decisamente più sofisticato da un punto di vista contenutistico (trattando argomenti, in realtà, tutt’altro che ingenui e di importante complessità, quali l’arte, la creazione o la religione). Non solo: anche la forma in cui si presentano, infatti, oltre ad essere molto particolare, offre degli interessanti spunti interpretativi, a dimostrazione del fatto che ci troviamo in presenza di una prosa tutt’altro che “semplice”. Si tratta certamente di una prosa narrativa, che è narrazione antirealistica, programmaticamente fiabesca e incentrata su Dio. E’ la prima ed unica volta che Rilke utilizza la fiaba come forma espressiva, ma ciò che rende le Geschichten ancor più particolari e degne d’attenzione è il fatto che Rilke inserisca le sue narrazioni fantastiche in una cornice narrativa presumibilmente reale. Sebbene, infatti, il centro delle Geschichten sia da indicarsi nelle 78 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio parti fiabesche, Rilke sceglie di costruire attorno a ciascuna di queste storie una cornice reale che evidenzia il contrasto tra il contesto, presunto reale, in cui si muove l’io-narrante, e il contesto fittizio delle storie che racconta. Ma se il centro delle Geschichten è da indicarsi nelle parti fiabesche, ci si può interrogare sul motivo per cui Rilke ha voluto inserirle in una cornice narrativa pretesa reale. Che cosa avrebbe perso la raccolta se fosse consistita della sola successione delle fiabe? Probabilmente avrebbe perso parecchio. E’ infatti alle cornici che spetta il compito di chiarire che le favole sono destinate ai bambini: destinazione essenziale perché proprio i bambini (insieme agli artisti) sono coloro che rivelano Dio agli uomini. Inoltre, le cornici permettono di sottolineare la diversità dei bambini rispetto al mondo preteso logico e razionale degli adulti e in questo modo aprono lo spazio narrativo a quella libertà di riferimenti e argomentazioni che è propria delle fiabe e che appare necessaria per parlare di Dio. Esse creano, in altre parole, due livelli di realtà: quella piuttosto banale della vita reale e quella forse superiore del mondo della fantasia, nel quale soltanto, tuttavia, si dicono cose essenziali intorno alla essenziale figura di Dio. Sottinteso c’è, insomma, che sarebbe necessario, liberarsi della povera logica degli adulti per conoscere qualcosa della superiore realtà costituita da Dio. 79 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio 3.1 „AN GROßE FÜR KINDER ERZÄHLT“105 Anche le Geschichten vom lieben Gott, comunque, proprio come molte storie per bambini, nascono dall’intento di essere lette o ascoltate sia dai grandi che dai bambini, come, appunto, Kinder und Hausmärchen dei fratelli Grimm; Just so Stories di Kipling; o ancora Alice in Wonderland di Lewis Carrol. Tutte fiabe, dunque, indirizzate ad un “doppio pubblico”: “An Grosse für Kinder erzählt”, premette Rilke nel titolo della prima edizione. Ancora una particolarità di questa prosa che ne complica il compito interpretativo e che la rende “altro” anche in questo senso, rispetto alla tradizione della letteratura per bambini: il narratore concepisce le sue storie per i bambini, ma le racconta personalmente soltanto ai grandi che avranno il compito di riferirle a loro volta ai cari bambini, ai quali si professa incapace di rivolgersi serenamente e direttamente. Il narratore si giustifica in questo modo rispondendo alla sua vicina a cui racconta la prima storia, la quale cerca di persuaderlo a raccontarla direttamente alle sue figlie: “Ich den Kindern selbst erzählen? Nein, liebe Frau, das geht nicht, das geht auf keinen Fall. Sehen Sie, ich werde gleich verlegen, wenn ich mit den Kindern sprechen muss. Das ist an sich nicht schlimm. Aber die 105 Dal titolo della prima ed. delle Geschichten vom lieben Gott: Vom lieben Gott und Anderes. An Grosse für Kinder erzählt. 80 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Kinder können meine Verwirrung dahin deuten, dass ich mich lügen fühle...Und da mir sehr viel an der Wahrhaftigkeit meiner Geschichten liegt- Sie können es den Kindern ja wiedererzählen; Sie treffen es ja gewiss auch viel besser. Sie werden es verknüpfen und ausschmücken, ich werde nur die einfachen Tatsachen in der kürzesten Form berichten. Ja?“106 Ancora il narratore afferma, rispondendo ad una lettera che i bambini gli fanno recapitare dalla loro madre, dopo aver appreso Das Märchen von den Händen Gottes: “Liebe Kinder, dass euch das Märchen von den Händen vom lieben Gott gefallen hat, glaube ich gern; mir gefällt es auch. Aber ich kann trotzdem nicht zu euch kommen. Seid nicht böse deshalb. Wer weißt, ob ich euch gefiele. Ich habe keine schöne Nase, und wenn sie, was bisweilen vorkommt, auch noch ein rotes Pickelchen an der Spitze hat, so würdet ihr die ganze Zeit dieses Pünktchen anschauen und anstaunen und gar nicht hören, was ich Stückchen tiefer unten sage. Auch würdet ihr wahrscheinlich von diesem Pickelchen träumen. Das alles wäre mir gar nicht recht. Ich schlage darum einen anderen Ausweg vor. Wir haben (auch außer der Mutter) eine große Anzahl gemeinsamer Freunde und Bekannte, die nicht Kinder sind. Ihr werdet schon erfahren, welche. Diesen werde ich von Zeit zu Zeit eine Geschichte erzählen, und ihr werdet sie von diesen Vermittlern immer noch schöner empfangen, als ich sie zu gestalten vermöchte. Denn es sind gar große Dichter unter diesen unseren Freunden. Ich werde euch nicht verraten, wovon meine Geschichten handeln werden. Aber, weil euch nichts so sehr beschäftigt und am Herzen liegt, wie der liebe Gott, so werde ich an jeder passenden Gelegenheit ein fügen, was ich von ihm weiß. Sollte etwas davon nicht richtig sein, so schreibt mir 106 R. M. Rilke, Geschichten vom lieben Gott, cit., pp. 10, 11. 81 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio wieder einen schönen Brief, oder lasst es mir durch die Mutter sagen. Denn es ist möglich, dass ich an mancher Stelle irre, weil es schon so lange ist, seit ich die schönsten Geschichten erfahren habe, und weil ich seither mir viele habe merken müssen, die nicht so schön sind. Das kommt im Leben so mit. Trotzdem ist das Leben etwas ganz Prächtiges: auch davon wird des öfteren in meinen Geschichten die Rede sein. Damit grüßt euch –Ich, aber auch nur deshalb Einer, weil ich mit dabei bin.“107 Proprio in virtù di questa particolare struttura narrativa, c’è chi ritiene che le Geschichten siano state concepite più che come “opera”: (…) als Vorschläge, Entwürfe oder Skizzen, die von den Erzählern aus zweiter Hand in eine andere Form gebracht, korrigiert oder ausgemalt werden dürfen.108 Attraverso la delega dell’atto della narrazione, l’io-narrante consente principalmente di rielaborare tali racconti in una forma che sia più comprensibile e adatta ai bambini; e inoltre, la narrazione, per così dire, “a catena”, a più conoscenti adulti, permette allo stesso tempo, una più ampia diffusione delle storie. In breve: abbiamo a che fare fondamentalmente con una forma di narrazione completamente “aperta”, in cui, metaforicamente parlando, anche il “recipiente” può essere afferrato, attraverso osservazioni orali o anche attraverso domande scritte sotto forma 107 108 Ivi, pp. 17, 18. Manfred Engel, Rilke Handbuch. Leben, Werk, Wirkung, cit., p. 257. 82 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio di lettera (come fanno bambini). La strategia della “doppelte Adressierung” permette inoltre al narratore di stimolare l’immaginazione del lettore o dell’ascoltatore, importante per la rivisitazione della tradizionale figura di Dio che si appresta a fare. Chiaro è che dietro al dichiarato imbarazzo del narratore c’è una seria difficoltà comunicativa di Rilke, il quale, invece, scriverà in una lettera del 6 giugno 1902 indirizzata a Friedrich Huch: “wenn ich auch ganz Ihr Wissen und Fühlen teile, dass der jungen Jugend die Welt gehört…so ist doch eine immerwährende Befangenheit zwischen mir und jedem jungen Wesen, die eine gegenseitige Beeinflussung und Beziehung nicht aufkommen lässt...darum hat mein Buch vom lieben Gott auch den Nebentitel gehabt: für Kinder erzählt an Grosse...ich wusste, dass nur über diese schwankenden Brücken...zu den Lieblingen kommen kann, die mich verstehen, wenn ich etwas von Gott zu sagen versuchte...“109 Il fatto che sia Rilke stesso a parlarne e a tentare una sorta di giustificazione non significa che la questione sia risolta. Resta, infatti, da capire dove nasca il suo imbarazzo nel comunicare con i bambini nei quali, tuttavia, ripone una fiducia infinita. Qual è, dunque, il motivo reale posto dietro alla motivazione formale di insufficienza espressiva? 109 Brigitte L. Bradley, Rilke’s ‘Geschichten vom lieben Gott’: the Narrator’s Stance Toward the Bourgeoisie, in “Modern Austrian Literature”, Journal of the International Arthur Schnitzler Research Association, Volume 15, Numbers 3-4, 1982, pp. 1, 2. 83 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Tale disagio ha destato l’interesse dei critici, le cui teorie in proposito si riagganciano per lo più agli anni della sua infanzia. Brigitte L. Bradley sostiene che in moltissime delle sue lettere Rilke allude ai tremendi anni trascorsi contro la sua volontà nell’Accademia militare di St. Pölten110. Odiava i professori e trovava estremamente difficile relazionarsi con i suoi compagni alle condizioni imposte dalla scuola, come si legge in nel “Schmargendorfer Tagebuch” del 5 novembre 1899 facente parte del Tagebücher aus der Frühzeit pubblicato da Ruth Sieber-Rilke e Carl Sieber: “…diese Gesellschaft von Knaben in ihrer ganzen Rohheit und Entartung, in dieser hoffnungslosen und traurigen Heiterkeit zu zeigen...erscheint mir ebenso wichtig wie schwer.“111 Sia per temperamento, sia per il modo in cui era stato allevato (fino all’età di cinque anni la madre lo vestiva con abiti da bambina e lo faceva giocare con le bambole), René era particolarmente inadatto alle richieste insensate fatte alla sua resistenza fisica e alla sua elasticità mentale: i compagni più vigorosi non tardarono a riconoscere in lui l’equivalente tedesco di una “pappa molle” e di conseguenza gliele suonarono. Nessuno degli insegnanti, ufficiali superiori o subalterni, ebbe l’intelligenza o l’umanità di proteggerlo Ivi, p. 10. Ruth Sieber-Rilke e Carl Sieber, Rainer Maria Rilke. Tagebücher aus der Frühzeit, Insel Verlag, Frankfurt, 1973, pp. 137, 138. 110 111 84 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio o salvarlo: la rigida disciplina del sistema non ammetteva trattamenti speciali e non riconosceva casi particolari: “In questa nuova fase della mia esistenza fui a contatto fin troppo con quella malvagità aperta e codarda che scaturisce da una autentica libidine bestiale per il delitto (l’espressione è tutt’altro che eccessiva) e non s’arresta neppure di fronte alla tortura…Considerate l’eco terribile che deve aver destato nel santuario ancora incontaminato d’un cuore giovinetto l’assalto di brutalità violente e immeritate. Ciò ch’io soffrii allora si può paragonare al dolore più atroce del mondo, benché non fossi che un fanciullo, o, piuttosto, proprio perché lo ero. Sopportavo i colpi senza renderli mai, senza rifarmi nemmeno con parole d’ira, convinto, nel mio animo di fanciullo, che a sopportarli mi sarei avvicinato ai meriti di Gesù (…)”.112 Date le circostanze, si direbbe quasi un miracolo che ne sia uscito vivo; ma l’asprezza della disciplina e la brutalità dei compagni influirono sulla sua salute e gli provocarono angosce intense. Da qui nascerebbe, secondo la Bradley, la sua difficoltà e il suo imbarazzo nei confronti dei ragazzi. Motivazione, questa, concreta e attendibile, ma c’è dell’altro: a monte dell’approccio di Rilke alle Geschichten vom lieben Gott ci sarebbe, sempre secondo la Bradley, un serio intento didattico di Rilke nei confronti dei bambini: et delectare et docere , sarebbe stato, dunque, lo scopo originario di Rilke, naturalmente, in relazione al 85 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio tema costante delle storie, Dio, e alla concezione cristiana del suo tempo, su cui è opportuno aprire una piccola finestra. Alla fine del XIX sec. si assiste ad un progressivo declino del liberalismo borghese e nel XVIII e nel XIX sec. emerge, infatti, un nuova cultura di tipo liberale rappresentata dal mondo dell’arte e del teatro, specialmente a Monaco. Dall’altra parte, però, la classe media crea una fortissima opposizione a queste nuove tendenze culturali ed è in questo contesto che la morale cristiana guadagna influenza e cerca di estremizzare il più possibile le sue posizioni. Su richiesta dei “cattolici moralisti” al parlamento bavarese e dei gruppi reazionari al governo di Berlino, si tentano tutte le vie legali possibili per ostacolare e sopprimere il nascente movimento culturale, tra cui, molto importanti gli articoli del codice penale che proibivano oscenità, blasfemie e alto tradimento. Nel 1895 a Monaco, il commediografo Oskar Panizza veniva incarcerato per un anno, dopo aver pubblicato la sua commedia The Council of Love, considerata blasfema. L’opposizione al nuovo movimento culturale avrebbe trovato la sua massima espressione nella famosa “Lex Heinze”, una proposta legislativa con cui si voleva l’estensione della definizione della parola “oscenità” a tutte le rappresentazioni di nudo umano. La comunità degli artisti a Monaco non esita a rispondere: 112 Rilke in Eliz Butler, op. cit., p. 21. 86 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio “Under such a low, Munich would soon cease to be a centre of artistic and spiritual life-indeed, it would cease to be Munich.”113 Nel 1900, la legge Heinze viene respinta, tuttavia, il clima di assoluta rigidità morale resta. Nel 1896/97, Rilke si trovava a Monaco e molto probabilmente tali sconvolgimenti ebbero una forte influenza su di lui, sul suo modo di vedere ed intendere la religione cristiana come dimostra in maniera inconfutabile la terza delle Geschichten vom lieben Gott, Warum der liebe Gott will daß es arme Leute gibt, dove è impossibile non vedere un chiaro riferimento proprio a quegli eventi: il consiglio comunale di un piccolo villaggio non permette la costruzione della statua della Verità che il sindaco aveva commissionato ad un artista da collocare nel parco cittadino, perché la statua che quest’ultimo aveva progettato era un nudo: (...) die Figur müsse erst teilweise bekleidet werden, ehe das Publikum sie zu Gesicht bekäme.114 Questo per spiegare il senso dell’intento didattico che la Bradley attribuirebbe all’approccio di Rilke alle Geschichten: Rilke sente l’esigenza di educare, e di proteggere anche, i bambini da una società, le cui pratiche erano in tutto e per tutto controllate dalla “borghesia cristiana”, che a suo avviso non faceva altro che 113 114 B. L. Bradley, op. cit., p. 3. Rilke, Geschichten vom lieben Gott, cit., p. 28. 87 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio annullare completamente il vero e sincero senso religioso nella sua pretesa di “vigilare“ a che la morale cattolica non venisse oltraggiata. A tale proposito, anche Katarzyna Dzikowska115, attribuisce la particolare struttura narrativa “a catena” o meglio, il “passaggio obbligato” delle storie narratore-adulti, prima che adulti-bambini, ad un intento educativo di Rilke: questa volta nei confronti però, degli adulti, invece che dei bambini. La Dzikowska, infatti, sostiene che il ruolo dei “Große”, andrebbe ben oltre quello di semplici mediatori tra lui e i bambini. Come è stato più volte detto, tutte le opere di Rilke non sono che una costante e affannosa ricerca di Dio, e le Geschichten vom lieben Gott ne sono una importante prova, ma dov’è che nasce questo suo vitale bisogno? Nasce in gran parte dalla grave “perdita di Dio” che Rilke era stato costretto a subire durante gli anni dell’infanzia, quando quell’immagine gli era stata trasmessa in modo errato dalla famiglia, anzi da una madre, ostinata paladina di quella rigida morale cristiana che lo farà allontanare da Dio e contro cui il Rilke maturo si ribellerà. Proprio in virtù di questa sua esperienza, egli lascerebbe al narratore delle storie l’arduo compito di insegnare ai 88 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio grandi a scegliere “come e cosa” raccontare ai bambini riguardo buon Dio, nella speranza di evitare che altri bambini possano soffrire come aveva sorto lui, a causa dell’“incapacità” dei genitori. Il mondo dell’infanzia è, dunque, al centro delle Geschichten vom lieben Gott: nel bambino Rilke indica l’emblema da imitare nel rapporto con l’invisibile. Rilke, tuttavia, è consapevole dell’impossibilità di identificarsi totalmente con il bambino. E’ proprio su questo fondamento che si basa la lettura di Furio Jesi che traspone la questione sul piano “poetico”. Mentre il titolo della raccolta del “liebe Gott” richiama l’eloquio della preghiera infantile, il sottotitolo pone un’importante riserva: queste sono storie “narrate ai grandi perché le rinarrino come fiabe ai bambini”. Jesi pone l’accento, quindi, proprio sui “grandi”, specificando che Rilke intendesse non tutti i “grandi”, ma soltanto coloro che abbiano, o che perlomeno aspirino, ad avere un animo fanciullo. Chi meglio del poeta? Per il momento, dunque, il divario fra la condizione dell’adulto, meglio, del poeta, e quella del bambino, è risolto implicitamente da Rilke con l’affermazione di superiorità dell’adulto, purché poeta, sul bambino: non è il bambino che “elargisce rivelazioni” al poeta , ma è il poeta che narra qualcosa al bambino, quasi rivelando paradossalmente proprio al bambino, ciò che il bambino dovrebbe sapere meglio di chiunque altro. Rilke, 115 Katarzyna Dzikowska, Spuren der Transzendenz. Wie religiös sind Rilkes ’Geschichten vom lieben Gott?’, in Numinoses und Heiliges in der österreichischen Literatur, hrsg. von Karlheinz F. Auckenthaler, Peter Lang Verlag, Bern, Berlin, 89 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio logicamente, non può tornare ad essere bambino, quindi si pone in una condizione che gli consenta una sorta di supremazia sull’essere bambino e sfrutta tale superiorità “elargendo ai bambini l’infanzia” 116. Ciò è tanto palese, in quanto, in realtà, egli non si rivolge direttamente ai bambini, ma agli adulti che poi rinarreranno ai bambini, a un pubblico, dunque, in grado di apprezzare consapevolmente, ben più del pubblico infantile, la supremazia del poeta sulla condizione infantile e il valore dell’operare poetico in cui tale supremazia è radicata. Frankfurt/M, New York, Paris, Wien 1995, pp. 99-110. 116 Furio Jesi, Rainer Maria Rilke, cit., p. 25. 90 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio 3.2 DAS MÄRCHEN VON DEN HÄNDEN GOTTES La prima fiaba viene considerata una sorta di prefazione o introduzione alle altre storie. L’io-narrante ci viene presentato in conversazione con la sua vicina: “Was für ein Herbst!” sagte sie nach einer Pause und blickte nach dem Himmel auf. Ich tat desgleichen. Der Morgen war allerdings sehr klar und köstlich für Oktober. Plötzlich fiel mir etwas ein: „Was für ein Herbst!“ fiel ich und schwenkte ein wenig mit den Händen. Und die Frau Nachbarin nickte beifällig.117 Un normalissimo incontro, dunque, e una banalissima conversazione sul tempo, nel corso della quale, però, veniamo a sapere che le figlie della vicina sono in quell’età in cui i bambini pongono domande in continuazione, domande di qualsiasi natura: “Wohin geht diese Pferdebahn? Wie viel Sterne gibt es? Und ist zehntausend mehr als viel? Noch ganz andere Sachen! Zum Beispiel: Spricht der liebe Gott auch chinesisch? und: Wie sieht der liebe Gott aus? Immer alles vom lieben Gott! Darüber weißt man doch nicht Bescheid-.“ „Nein, allerdings,“ stimmte ich bei, „man hat da gewisse Vermutungen...“ „Oder von Händen vom lieben Gott, was soll man da.“118 117 118 Rilke, Geschichten vom lieben Gott, cit., p. 9. Ivi, p. 10. 91 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Si interrogano addirittura sulle mani di Dio! Date le difficoltà espresse da questa mamma nel trovare delle risposte adeguate alle innumerevoli e tutt’altro che semplici domande delle figlie, l’ionarrante le offre il suo aiuto: “von den Händen ist mir allerdings einiges bekannt, Zufällig„119 Così, il narratore inizia a raccontare Das Märchen von den Händen Gottes. Si tratta in realtà della storia della creazione. Rilke offre una rivisitazione del “mito delle origini” sotto forma di favola, che ha per oggetto le “mani creatrici” di Dio, le quali appaiono singolarmente autonome dalla persona di Dio. Il buon Dio dalle sembianze umane e dalle capacità artistiche, con sommo dispiacere, lascia completare la creazione dell’uomo proprio alle sue mani, “welche ja auch weise sind”120, per non distogliere lo sguardo dalla terra appena creata, ed evitare dunque qualche grave incidente. Comunque, per avere almeno un po’ di soddisfazione, dopo tanti affanni, ordina alle sue mani di mostrargli l’uomo prima di consegnarlo alla vita. Dio aspetta con ansia che le sue mani completino la creazione dell’uomo, quando un giorno vede qualcosa di scuro attraversare lo spazio; a quel punto, colto da un brutto presentimento, chiama a sé le sue mani, chiedendo loro dove sia l’uomo. Le mani iniziano ad inveire l’una 119 120 Ibidem. Ivi, p. 14. 92 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio contro l’altra, per poi confessare al buon Dio che quello che aveva visto era proprio l’uomo: “Er war so ungeduldig, der Mensch. Er wollte immer schon leben. Wir können beide nichts dafür, gewiss, wir sind beide unschuldig.“121 Dio non ha idea di come sia fatto quell’uomo (e dunque se stesso), che è „scivolato“ dalle sue mani senza che lui potesse vederlo. Il buon Dio non tarda a guardare sulla terra in cerca dell’uomo, ma il “tempo terrestre” è avanti di un milione di anni rispetto al “tempo celeste”, e anziché uno solo, ce ne sono già un milione sulla terra: (…) und sie waren alle schon in Kleidern. Und da die Mode damals gerade sehr hässlich war und auch die Gesichter arg entstellte, so bekam Gott einen ganz falschen und (ich will es nicht verhehlen) sehr schlechten Begriff von den Menschen.122 Proprio per questo è molto importante che Dio sappia come è fatto realmente l’uomo: “(…) Freuen wir uns, dass es solche gibt, die es ihm sagen...“ „Und wer solltet das sein, bitte?“ „Einfach die Kinder und dann und wann auch diejenige Leute, welche malen, Gedichte schreiben, bauen...“ “Was denn bauen, Kirchen?” “Ja, und auch sonst, überhaupt...“123 Quella che Rilke ci presenta, è sì una situazione fantastica, ma, allo stesso tempo, è anche una situazione ricca di allegorie, come del 121 122 Ibidem. Ivi, p. 15. 93 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio resto, tutte le Geschichten. Dire che Dio si affida ai poeti, ai pittori e perfino agli architetti, per sapere come è fatto veramente l’uomo, è un’allegoria: la rappresentazione artistica, qualunque essa sia, lungi dall’essere considerata semplice raffigurazione mimetica, viene invece, valorizzata come massima espressione dell’individualità e dell’interiorità del singolo, e dunque, della “verità” dell’uomo. 3.3 DER FREMDE MANN La seconda storia propone una continuazione della prima, una sorta di secondo atto nella storia delle mani di Dio, rimasta interrotta. Il narratore condivide la cornice di questa storia con lo Straniero che va a fargli visita: Als wir uns schon and en Tisch setzen wollen, bemerke ich, dass mein Gast unruhig ist; sein Gesicht ist voll Angst und seine Händen zittern.124 Il narratore gli dice : “Wissen Sie, ich habe Sie lange erwartet“125 e prima ancora che lo Straniero abbia il tampo di meravigliarsi, gli spiega: Ibidem. Ivi, pp. 19, 20. 125 Rilke, Geschichten vom lieben Gott, cit., p. 20. 123 124 94 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio „Ich weiß eine Geschichte, welche ich niemandem erzählen mag als Ihnen“126 Poi bruscamente gli chiede: “Vielleicht ist es Ihnen bekannt, dass Gott infolge eine hässlichen Ungehorsams seiner Hände nicht weiß wie der fertige Mensch eigentlich aussieht?“127 Dio, desideroso di conoscere l’aspetto dell’uomo che non riesce a vedere, chiama la sua mano destra e le ordina di scendere sulla terra: “Du gehst hinunter auf die Erde. Du nimmst die Gestalt an, die du bei den Menschen siehst, und stellst dich, nackt, auf einem Berg, so dass ich dich genau betrachten kann. Sobald du unten ankommst, geh zu einer jungen Frau und sag ihr, aber ganz leise: Ich möchte leben. Es wird zuerst ein kleines Dunkel um dich sein und dann ein großes Dunkel, welches Kindheit heißt, und dann wirst du ein Mann sein und auf den Berg steigen, wie ich es dir befohlen habe. Das alles dauert ja nur einen Augenblick. Leb wohl.“128 Intanto arriva San Paolo che stacca la mano destra del buon Dio, un arcangelo la prende e la colloca sotto il suo ampio mantello: Ibidem. Ivi, p. 21. 128 Ibidem. 126 127 95 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio (…) Gott aber hielt sich mit der Linken die Wunde zu, damit sein Blut nicht über die Sterne ströme und von da in traurigen Tropfen herunterfiele auf die Erde.129 L’altra mano, la sinistra, che, si dice, la destra abbia chiamato anche col nome „heiliger Geist“130, è molto preoccupata per ciò che sta succedendo sulla terra: Eine kurze Zeit später bemerkte Gott, der aufmerksam alle Vorgänge unten betrachtete, dass die Menschen in den eisernen Kleidern sich um einen Berg mehr zu schaffen machten, als um alle anderen Berge. Und er erwartete, dort seine Hand hinaufsteigen zu sehen. Aber es kam nur ein Mensch in einem, wie es schient, roten Mantel, welcher etwas schwarzes Schwankendes aufwärts schleppte. In demselben Augenblick begann Gottes linke Hand, die vor seinem offenen Blute lag, unruhig zu werden, und mit einem Mal verließ sie, ehe Gott es verhindern konnte, ihrem Platz und irrte wie wahnsinnig zwischen den Sternen umher und schrie: „Oh, die arme rechte Hand, und ich kann ihr nicht helfen.“ Dabei zerrte sie an Gottes linkem Arm, an dessen äußerstem Ende sie hing, und bemühte sich loszukommen. Die ganz Erde aber war rot vom Blute Gottes, und man konnte nicht erkennen, was darunter geschah. Damals wäre Gott fast gestorben.131 A quel punto Dio richiama a sé la sua mano destra, che, sconvolta, ritorna al proprio posto. Non è dato sapere cosa sia successo 129 Ivi, pp. 21, 22. Questa scena rimanda ad un incidente avvenuto a Worpswede nel 1900, quando Clara Westhoff si ferì gravemente alla mano sinistra perdendo molto sangue. Rilke descrive l’incidente con dovizia di particolari: in quel periodo Rilke correggeva le bozze delle Geschichten vom lieben Gott, e la mano ferita era proprio di una scultrice. E’ più che probabile, che Rilke si sia ispirato a quest’ episodio. 130 Rilke, op. cit., p. 21. 131 Ivi, p. 22. 96 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio realmente su quel monte, ma “es muss etwas sehr Schreckliches gewesen sein”.132 Alla fine, lo straniero, a cui è stata raccontata questa storia, chiede perché essa sia stata narrata proprio a lui, di cui in fondo il narratore aveva soltanto appreso che era angosciato; a quel punto, il narratore gli rivela di aver colto in lui una certa somiglianza, aggiungendo: “ich denke oft, vielleicht ist Gottes Hand wieder unterwegs…”133 Da questa criptica spiegazione, fatta più di silenzio che di aperta risposta, possiamo indovinare che il narratore vede nello straniero “la destra” di Dio, che si aggira di nuovo sulla terra, sia pure profondamente infelice e inconsapevole della propria identità. La situazione narrativa che ci si presenta è alquanto originale. Infatti, Rilke inserisce in un “setting” assolutamente realistico (es. allo straniero viene servito del tè al limone) un personaggio, tutto, fuorché “reale”. Facendo concludere la loro conversazione con il commento che forse la mano di Dio è ancora per strada, il narratore trasforma lo Straniero in una figura che ricorda quella delle Christus-Visionen, in cui abbiamo a che fare con un “Cristo” decisamente lontano dal “tradizionale Cristo tradizionale” della fede cristiana. 132 Ibidem. 97 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio La cornice di questa seconda storia ci offre degli spunti piuttosto interessanti per parlare più approfonditamente di Rilke, che sappiamo identificarsi nell’io-narrante delle stesse Geschichten. Il narratore introduce lo straniero citando una lettera da lui ricevuta, fa un elenco particolareggiato delle cose di cui egli non scrive134, evidenziandone tuttavia una: nonostante la lettera sia lunga ben quattro pagine, come è il narratore stesso a sottolineare, non dice nulla su sua madre: (...)Vielleicht ist auch sein Mütterchen tot; wie könnte es sonst sein, dass ich sie in einem vierseitigen Briefe nirgends erwähnt finde!135 Proprio la sottolineatura di tale omissione, apparentemente del tutto insignificante, fornisce, invece, un importante indizio per risalire alla persona che potrebbe essere all’origine dell’angoscia dello straniero -la madre- e, importante, mette in risalto il sottinteso collegamento che c’è tra il narratore e lo Straniero e, quindi, tra Rilke e lo Straniero. Prima di iniziare a raccontare la storia, il narratore chiede allo straniero: “Erinnern Sie sich noch an den lieben Gott?”136 Ivi, p. 23. „(…) Nicht von Europa schrieb mir der fremde Mann, nicht von Moses, weder von den großen, noch von den kleinen Propheten, nicht vom Keiser von Russland oder dem Zaren Iwan, dem Grausen, sein fürchterlichen Vorfahren. Nicht vom Burgermeister oder von Nachbar Flickschuster, nicht von der nahen Stadt, nicht von den fernen Städten; und auch der Wald mit den vielen Rehen, darin ich jeden Morgen mich verliere, kommt in seinem Briefe nicht vor.“ Rilke, Geschichten vom lieben Gott, cit., p. 19. 135 Ibidem. 133 134 98 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Il termine lieber Gott, usato dal narratore, dimostrerebbe, secondo B. Bradley137, che Rilke, nei panni del narratore, si riferisce al Dio dell’infanzia, sottinteso dunque, all’incondizionata fede della sua infanzia, leggendovi, di conseguenza, una chiara, seppur implicita, dichiarazione di allontanamento da quella dottrina cristiana che aveva accettato, invece, passivamente negli anni dell’infanzia. Inoltre, il fatto che Cristo non si denudi sul monte, (“es kann nur ein Mensch in einem, wie es schien, roten Mantel”)138 conterrebbe la severa critica di Rilke nei confronti degli insegnamenti religiosi ricevuti, riassumendoli come nient’altro che una ridicola proibizione imposta a tutto ciò che aveva a che fare con la “carne”. Ancora la Bradley, individua nell’affermazione, con cui il narratore conclude la sua storia: “Gottes Rechte…leidet unter ihrer Erinnerung”139 e nella maniera in cui risponde alla domanda dello Straniero (”Und warum haben sie mir diese Geschichte erzählt?”140): “Wer hättet mich sonst verstanden?”141 Ivi, p. 20. B. L. Bradley, „Rilke’s ‘Geschichten vom lieben Gott’: The Narrator’s Stance Toward the Bourgeois“, in “Modern Austrian Literature”, cit., p. 8. 138 Rilke, op. cit., p. 22. 139 Ibidem. 140 Ibidem. 141 Ivi, p. 23. 136 137 99 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio un chiaro riferimento del narratore/Rilke ai tristi e angoscianti ricordi della sua educazione da parte di una madre, la sua, somigliante alla “Mütterchen” dello straniero. Proprio nella devozione di sua madre, infatti, Rilke sembra aver individuato il modello rappresentativo negativo della madre a cui allude. Quanto detto finora, e come già ribadito precedentemente, prova anche che Rilke era a conoscenza delle drastiche censure inflitte dalla nascente borghesia cristiana142. Inoltre, attraverso la sensualità delle loro opere, alcuni poeti e artisti del periodo dello Jugendstil143, sostenevano l’“emancipazione del corpo”144. Nel suo sforzo di promuovere un’attitudine più liberale rispetto allo stesso motivo, probabilmente Rilke si era sentito incoraggiato, o addirittura ispirato dalle tendenze artistiche dei suoi contemporanei. Nel partecipare a questa moda, Rilke, va comunque più in profondità, inducendo, infatti, a concludere che l’interiorizzazione delle regole di una morale troppo pudibonda, creano nel bambino una pericolosa alienazione tra mente e corpo, di cui l’adulto difficilmente riesce a liberarsi. In altre parole, Rilke dà molta importanza agli anni della formazione di una persona, Ricordiamo che è proprio in questo periodo che nasce la psicoanalisi di Freud, le cui scoperte si basano proprio sugli effetti delle condizioni di generale repressione della società del tempo. 143 Jugendstil: stile tedesco che prende il nome dalla rivista monacense “Jugend”, coevo e affine al liberty italiano e all’art nouveau francese, nato come questi sul modello del modernismo inglese. Lo Jugendstil, non ha goduto a suo tempo di troppa fortuna, più o meno rifiutato se non rinnegato come una sorta di peccato giovanile. 144 Il termine “Emanzipation des Leibes und der Dinge” è stato usato da Joachim W. Storck in un articolo presentato nel Nono Incontro Annuale della Rilke-Gesellschaft, nel 1979: „Literarischer Jugendstil als Zeit- und stylgeschichtlicher Hintergrund von Rilkes poetischem Frühwerk.“ 142 100 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio quindi all’infanzia e ai metodi educativi che vengono adottati, promovendo la liberalizzazione dell’educazione dei giovani. 3.3.1 IL PECCATO ORIGINALE DI CRISTO Attraverso le sue prime due Geschichten, Das Märchen von den Händen Gottes e Der fremde Mann, Rilke attua un suggestivo capovolgimento del significato cristiano della missione di Cristo sulla terra. Cristo, infatti, sarebbe stato mandato sulla terra da Dio, non per farsi carico di tutti i peccati degli uomini e, di conseguenza, redimerli, bensì per realizzare una diversa missione che riguarderebbe soltanto se stesso, e il suo comportamento. Dietro alla venuta di Cristo sulla terra, non ci sarebbe, dunque, la tradizionale motivazione del sacrificio per l’intera umanità, come vorrebbe la tradizione cristiana, bensì una sorta di pena che Cristo deve scontare soltanto per causa propria. Das Märchen von den Händen Gottes, presenta una versione assolutamente originale (rilkiana direi) del mito del „Sündenfall Christi”: Cristo nella sua veste simbolica di “mano destra” di Dio, diventa un semplice strumento di cui Dio si serve durante la Creazione, precisamente, lo 101 strumento che permette la Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio realizzazione materiale del potenziale creativo. La “mano destra”, tuttavia, contravviene al suo dovere nei confronti della divina “auctoritas” creatrice, quando lascia che l’uomo scenda sulla terra senza prima mostrarlo a Dio. In questo modo, “la mano destra” pecca contro l’onniscienza dell’istanza creatrice; a causa della sua negligenza Dio non sa come è fatta la sua stessa opera, non ha idea di come sia fatto l’uomo. L’imperdonabile colpa della “mano destra” di Dio, dunque, è quella di aver allontanato “irrimediabilmente” l’uomo da Dio, creando, così, una distanza incolmabile tra cielo e terra, tra Dio e l’uomo. Der fremde Mann, si riallaccia a questa particolare rilettura del peccato originale e stabilisce un nesso tra il “Sündenfall Christi”145 e la sua missione presso gli uomini della terra. La “mano destra” di Dio deve andare sulla terra, “farsi uomo”, e salire poi, completamente nudo, su un monte per mostrarsi a Lui, così da rimediare al danno fatto. In questi termini, l’epifania di Cristo sulla terra appare come una grande penitenza che la ”spietata” inflessibilità di Dio esige. Secondo questa rivisitazione, Cristo perde non soltanto il suo diritto ad avere “qualità divine”, ma soprattutto il suo ruolo fondamentale di “Vermittler” tra Dio e gli uomini. 145 Michaela Bertolini, Dissonanzen in Orpheus’ Gesang. Untersuchungen zur Polemik im Prosawerk Rainer Maria Rilkes, Röhrig Universitätsverlag, St. Ingbert, 1995, p. 99. 102 Lo Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio “smontaggio”, o “démontage”146, del figlio di Dio, culmina nel fallimento della sua missione: non è riuscito a fornire a Dio le informazioni di cui aveva bisogno riguardo all’aspetto dell’uomo, di conseguenza, non può riconciliarsi con Dio: (…) Denn Gottes Rechte hat sich noch nicht davon erholt, und sie leidet unter ihrer Erinnerung nicht weniger, als unter dem alten Zorne Gottes, der ja seinen Händen immer noch nicht verziehen hat.147 Colui che nella tradizione cristiana è il Redentore, è costretto ora ad attendere la sua di redenzione, che a causa del suo doppio fallimento, viene trasposta nella totale indeterminatezza: „Ja“, erwiderte ich seinem Stillen Blick, „ich denke oft, vielleicht ist Gottes Hand wieder unterwegs...“148 Così Cristo sembra trovarsi in una sorta di vicolo cieco, piombato com’è nell’indeterminatezza assoluta. E’ in questa situazione, apparentemente irrisolvibile, che subentra un “terzo “attore”. La “Re-Sozialisierung” di Cristo dipende, adesso, dall’intervento dell’artista. Soltanto i prodotti del processo creativo artistico, le opere d’arte, sarebbero in grado di rendere a Dio la “Wirklichkeit” dell’uomo: Ivi, p. 100. Rilke, Geschichten vom lieben Gott, cit., p. 22. 148 Ivi, p. 23. 146 147 103 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio „Und darum ist es dringend notwendig, dass Gott erfährt wie der Mensch wirklich ist. Freuen wir uns, dass es solche gibt, die es ihm sagen..“ Die Frau Nachbarin freute sich noch nicht: „Und wer sollte das sein, bitte?“ „Einfach die Kinder und dann und wann auch diejenige Leute, welche malen, Gedichte schreiben, bauen...“ “Was bauen, Kirchen?” ”Ja, und auch sonst, überhaupt...“149 Rilke, dunque, riveste l’artista del ruolo di mediatore tra Dio e l’uomo, quel ruolo che nella tradizione cristiana, invece, appartiene al Cristo. Attraverso le prime due storie del ciclo delle Geschichten, Rilke dimostra l’inadeguatezza del Cristo nell’assolvere le sue mansioni di mediatore tra Dio e l’uomo, distruggendolo, dunque, nel ruolo di ponte tra cielo e terra, e legittimando al suo posto l’artista. Mentre Cristo della tradizione cristiana, tuttavia, è sulla terra come “Erlöser der Menschen”, l’artista subentra ora come “Erlöser Christi”: la riconciliazione di Dio con la sua “mano destra” può avvenire soltanto se Dio riuscirà a vedere ”wie der fertige Mensch eigentlich assieht”150, e l’artista con le sue opere d’arte, è l’unico in grado di veicolare la vera essenza dell’uomo a Dio, l’unico in grado, dunque, di riportare l’armonia tra Dio e suo figlio. 149 150 Ivi, p. 15. Michaela Bartolini, op. cit., p. 101. 104 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Dio ha bisogno di un rappresentante del genere umano, l’artista appunto, per sapere come è fatta parte della sua creazione. In questo modo, Rilke, non solo mette in discussione l’onniscienza, l’onnipotenza, e la perfezione di Dio in quanto istanza creativa, ma attua l’importante rovesciamento del rapporto Dio-uomo, che è alla base del suo pensiero religioso: è Dio che è alla ricerca dell’uomo e non viceversa. Non è più importante sapere come è fatto Dio, preoccupazione espressa dalla vicina al narratore (“…Wie sieht der liebe Gott aus?…”151), ma ciò che conta, ora, è sapere “Wie der Mensch wirklich aussieht”. 3.3.2 UNA TRINITÀ DISCORDE La perfezione dell’istanza divina non viene smontata soltanto come esempio del peccato originale di Cristo. La storia della genesi ci viene presentata da Rilke come la situazione originaria in cui avvenne che Dio perse “die göttliche Kraft”: ritrovandone le cause nel dissolvimento dell’Unità divina: (…) aber angesichts der Dinge spezialisierten sich seine Fähigkeiten und wurden bis zu einem gewissen Grade: Pflichten. Er hatte Mühe, sich alle zu merken. Es gibt eben Konflikte (...)152 Secondo la nuova versione dei fatti in Das Märchen von den Händen Gottes, attraverso la diversificazione delle sue capacità, Dio avrebbe 151 152 Rilke, Geschichten vom lieben Gott, cit., p. 10. Ivi, p. 16. 105 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio perso la visione d’insieme sul suo Creato, essendo così costretto a permettere che i suoi “Schöpferwerkzeuge”, le sue mani appunto, si rendano indipendenti da Lui, per poter collaborare al termine della creazione. L’immagine della Trinità, rappresentata adesso da Dio, e dalle sue mani ”rechte Hand” (Cristo) e “linke Hand” (Spirito Santo)153, diventa in questo modo, il simbolo della “dissociazione” di Cristo. La Triade assume, dunque, un valore assolutamente negativo, diventando il simbolo dello scioglimento di una unità originaria, da cui ha origine il dramma di Dio, accentuato nella parodistica confutazione del concetto “Drei-Einigkeit”: Dio ripudia entrambe le sue mani, perché, a causa della loro disobbedienza, non può più andare d’accordo con loro. E’ qui che si delinea un “paradosso logico”. Il concetto convenzionale interpreta la Trinità come unità divina, dunque, la divisione di Dio dalle sue mani lo porta ad una inevitabile frattura da se stesso, conseguentemente, alla dissoluzione della perfezione divina: Ein Engel eilte vorüber und sagt: „Der Du alles sieht...“ Der liebe Gott erschrak. Er hatte den Engel in Sünde gebracht, denn eben hatte dieser eine Lüge gesungen. Rasch schaute Gottvater hinunter. Und freilich, da hatte sich schon irgend etwas ereignet, was kaum gutzumachen war. Ein kleiner Vogel irrte, als ob er Angst hätte, über die Erde hin und her, und 153 “Die Rechte nahm von der Linken Abschied, gab ihr viele freundliche Namen, ja es wurde sogar behauptet, sie habe sich plötzlich vor ihr verneigt und gesagt: -Du, heiliger Geist.-“ Rilke, Geschichten vom lieben Gott, cit., p. 21. 106 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio der liebe Gott war nicht imstande, ihm heimzuhelfen, den er hatte nicht gesehen, aus welchem Walde das arme Tier gekommen war.154 W. Seifert immagina Dio come un “artista”, “der während der Realisation seiner Vorstellungswelt im Werk die übergreifende Sicht der Wirklichkeit verliert”155. Ciò stride, però, con la concezione rilkiana di “artista”: l’artista, infatti, crea nell’opera d’arte la totalità, non può permettersi di perdere la visione globale della realtà; su questa base è pensata, invece, “la divinità che si perde”. Rilke vuole dimostrare, quindi, l’inadeguatezza di Dio nel ruolo di artista, creando l’immagine di un Dio che non è all’altezza di quelle che sarebbero, secondo la tradizione cristiana, soltanto sue prerogative essenziali e di nessun altro. Stando così le cose, l’artista sarebbe l’unica istanza autorevole in grado di mettere ordine nel caos della creazione. 3.3.3 L’ATTACCO POLEMICO Nella prima storia Das Märchen von den Händen Gottes, viene a costruirsi una situazione polemica, strutturalmente esemplare per la realizzazione di un discorso polemico all’interno del sistema fittizio delle Geschichten. 154 155 Ivi, p. 12. Seifert, Das epische Werk Rainer Maria Rilke, Bonn 1969, p. 90. 107 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Il punto di partenza per la formulazione del “tema polemico”, come abbiamo visto, è il ribaltamento del significato del messaggio di Cristo. Il trasferimento della posizione di intermediario, prerogativa originaria del Cristo, sull’artista, porta inevitabilmente alla distruzione della “metaphysische Sohneswelt”156 (Cristo). Soltanto a seguito del “peccato originale di Cristo”, il soggetto artistico acquisisce questo ruolo, conseguentemente quindi, alla dissociazione della “unità divina”: ciò implica il passaggio della colpa del figlio al padre. La distruzione del mondo del figlio metafisico è, dunque, soltanto l’inizio attraverso cui si delinea il reale oggetto della situazione polemica costruita da Rilke: “die metaphysische Vaterwelt.”157 Dietro al rifiuto di Rilke della figura del Cristo, quindi, ci sarebbe radicata una ben più drastica convinzione: Rilke mette in discussione il concetto di Dio. La causa scatenante del ribaltamento del significato del messaggio di Cristo, e della sua distruzione dunque, risiederebbe innanzitutto nella “distruzione di Dio”. Michaela Bertolini, Dissonanzen in Orpheus Gesang. Untersuchungen zur Polemik im Prosawerk R. M. Rilkes, cit., p. 103. Ibidem. Per approfondimenti si veda l’ottimo testo di Heinrich Imhof, Rilkes “Gott”. R. M. Rilkes Gottesbild als Spiegelung des Unbewussten, (Lothar Stiehm Verlag, Heidelberg, 1983) che tratta in maniera approfondita il tema della „Zerstörung der Vaterwelt“ dalle cause alle conseguenze. 156 157 108 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio La distruzione del “mondo del padre metafisico”, e con esso della sua “Absolutheitsanspruch”158, si basa sul concetto della perdita dell’onnipotenza divina. Rilke è in contrasto con il luogo comune dell’ infallibilità di Dio, e presenta la dicotomia del “creato al di qua” e “creatore al di là”, come discrepanza esistenziale, che non potrà più essere superata da Dio, in quanto suo dramma interiore: l’utilizzo dell’ onnipotenza divina sul mondo porta, durante il processo di creazione, alla diversificazione e quindi al dissolvimento della sua originaria unità: Gott hat alle Eigenschaften, natürlich. Aber ehe er in die Lage kam, sie auf die Welt - gleichsam- anzuwenden, erschienen sie ihm alle wie eine einzige große Kraft.159 Il superamento di tale discrepanza tra cielo e terra, dunque, la ricostruzione di un rapporto tra Dio e l’uomo, tra istanza creativa e creato (Dio non sa come è fatto l’uomo), è tuttavia possibile grazie all’intervento del soggetto artistico. Il trasferimento della funzione mediatrice sull’artista, sembra confermare, dunque, perlomeno apparentemente, un principio di fede dualistico (Dio-artista). Ma il fatto che Rilke distrugga il mondo del padre metafisico, implica l’affermazione di superiorità dell’artista, favorendo, dunque, un’importante svolta verso “l’al di qua”. In questo modo, Rilke mette in discussione “il cielo”: non esiste più niente. Ma se da una 158 159 Michaela Bertolini, op. cit. p. 103. Rilke, Geschichten vom lieben Gott, cit., p.16. 109 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio parte, Rilke, rifiuta la posizione trascendente di Dio, in quanto autorità divina, “smontando”, dunque, per gradi l’impalcatura concettuale della religione cristiana; dall’altra, conferma al suo posto la “dottrina dell’arte”, e l’artista stesso diventa il garante del compimento dell’esistenza. 160 Il rapporto arte-religione anticipa la problematica arte-esistenza del Malte. Per approfondimenti a riguardo si veda Betrachtungen über Religion und Kunst in den Schriften von R. M. Rilke und D. H. Lawrence, di Ian R. Leslie, Freie Univ., Berlin 1990. 160 110 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio 3.4 L’INFLUENZA DELLA CULTURA RUSSA Sono stati ampiamente descritti i due viaggi che Rilke compie in Russia nelle estati del 1899 e del 1900. In preparazione di questi due viaggi, durante e dopo, Rilke si dedicò completamente allo studio della lingua e della cultura russa, in particolar modo si occupò della letteratura, dell’arte e della storia del periodo precedente a Pietro il Grande, del XVI sec. circa, scoprendo anche tra la letteratura popolare russa skazki e byliny. Si tratta, in entrambi i casi, di generi letterari orali, appunto, recitati il primo in prosa, mentre il secondo cantato o detto in musica. Le skazki, delle cui origini si sa ben poco, generalmente sono d’intonazione popolare, ispirate a concetti primitivi, fiabeschi in gran parte, mentre altre, derivanti da byliny, sono leggendarie e storiche. Le byliny sono precedute da una tradizione almeno millenaria ed hanno origine probabilmente dalla poesia di corte, sono narrazioni storiche dei tempi di Vladimiro I (988) se non prima, che giungono fino al 1831 pressappoco.161 Rilke, probabilmente, non udì mai gli skatzìteli, i cantori di byliny; la conoscenza che ne ebbe si basò maggiormente su raccolte russe, o addirittura francesi e inglesi162, risalenti al periodo in cui per la 161 Questa letteratura ricchissima, regolarmente in aumento attraverso i secoli, ma ora in diminuzione per quel che riguarda la creazione di nuovi poemi, è lungi dall’estinguersi come forma viva di passatempo nelle zone più remote e meno evolute della Russia. 162 Come è noto, molto spesso gli artisti tedeschi hanno subito l’influenza delle letterature degli altri paesi, soprattutto francese e russa. In particolar modo tra l’800 e il 900, infatti, la Russia ha esercitato una forte influenza su molti poeti tedeschi. 111 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio prima volta si destò un vasto interesse verso questo genere di letteratura orale. Infatti, molto di ciò che ne sapeva a riguardo, lo apprese, per esempio, da un opera del francese Alfred Rambaud, La Russie Epique.163 Possiamo vedere quanto serio sia l’interesse di Rilke nei confronti della letteratura russa nella sua traduzione del poema epico russo The Song of Igor’s Campaign164; nei suoi due saggi sull’arte russa;165 nei temi e nelle immagini delle opere che compone tra, e subito dopo i due viaggi in Russia, in particolar modo nel Das Buch von Mönchischen Leben, e nelle nostre Geschichten vom lieben Gott. A questo punto è interessante andare a vedere dove e in che misura un contatto così intenso con la cultura russa sia rintracciabile all’interno delle Geschichten di cui ci stiamo occupando. Sebbene non venga sempre rimarcato, anche nella prima delle Geschichten, Das Märchen von den Händen Gottes è possibile individuare tracce che rimandano all’influenza della cultura russa, come l’importanza ad esempio che viene data a San Nicola, piuttosto che a San Pietro, (San Nicola “der bei Gott in besonderer Achtung steht)166; ma non solo: Eva Wunderlich167, ritiene che con Alfred Rambaud, La Russie Epique: étude sur le chansons héroïques de la Russie, Paris, 1947. Das Igor-Lied. Eine Helden-Dichtung, Insel Verlag, Leipzig, 1960, dalla traduzione di Rilke de The Song of Igor. 165 Russische Kunst, (1900-1901) in Sämtliche Werke, Frankfurt am Main, Insel Verlag, 1965, pp. 493-504; Moderne russische Kunstbestrebungen, (1901-1902) in Sämtliche Werke, Frankfurt am Main, Insel Verlag, 1965, pp. 613-622. 166 “Zugleich trat der heilige Nikolaus, der bei Gott in besonderer Achtung steht , an ihn heran und sagte durch seinen großen Bart hindurch:«Deine Löwen sitzen ruhig, sie sind recht hochmütige Geschöpfe, das muss ich sagen! Aber ein kleiner Hund läuft ganz am Rand der Erde herum, ein Terrier, siehst Du, er wird gleich hinunterfallen.» Und wirklich 163 164 112 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio molta probabilità questa “leggenda” (se così possiamo chiamarla) delle mani di Dio, sia nata in Ucraina: esisterebbe, infatti, una storia della genesi scritta da un monaco di Kiev nel XI sec., inclusa nel “Nestor Chronicle”, un’antologia del XII sec. Anche in questa storia della genesi l’uomo cade sulla terra senza il volere di Dio, questa volta però, ancor prima di essere ideato da Dio: Dio lascia cadere un ciuffo di fieno e un “angelo cattivo”, che era stato punito da Dio, se ne impossessa e proprio da quel ciuffo di fieno, crea l’uomo. Esattamente come nella storia di Rilke, è un “angelo peccatore”168 la causa indiretta del mancato completamento dell’uomo da parte di Dio, e dunque, della tragedia che ne consegue. La somiglianza tra le due versioni è evidente. Non possiamo affermare con certezza che Rilke avesse letto il “Nestor Chronicle”, possiamo, tuttavia, risalirvi: sappiamo infatti da Brutzer169, che Rilke possedeva un’edizione completa del “Russian Classical Library”, contenente anche il “Nestor Chronicle”. In realtà, Rilke non era in possesso di una copia propria fino all’estate del 1900, doveva far parte, quindi, del materiale che studiò insieme a Lou Andreas-Salomé, durante il loro soggiorno a Meiningen presso l’amica comune Frieda von merkte der liebe Gott etwas Heiteres, Weißes, wie ein kleines Licht hin und her tanzen in der Gegend von Skandinavien, wo es schon so furchtbar rund ist. Und er wurde recht bös und warf dem heilige Nikolaus aus dem Himmel ging und die Türe zuschlug, dass ein Stern herunterfiel, gerade dem Terrier auf den Kopf.“ Rilke, Geschichten vom lieben Gott,. cit. p. 13. 167 Eva C. Wunderlich, Slavonic traces in Rilke’s „Geschichten vom lieben Gott“, in „The Germanic Review“, 22, 1947. 168 “Ich weiß nicht bei welchem komplizierten Teil des Körpers er gerade angelangt war, als es um ihn rauschte von Flügeln. Ein Engel eilte vorüber und sang: - Der Du alles siehst... – Der liebe Gott erschrak. Er hatte den Engel in Sünde gebracht, denn eben hatte dieser eine Luege gesungen. Rasch schaute Gottvater hinunter. Und freilich, da hatte sich schon irgend etwas ereignet, was kaum gutzumachen war.“ Rilke, op. cit., p. 12. 169 Daria A. Reshetylo-Rothe, Rilke and Russia: A Re-evaluation, Peter Lang Inc, 1990. 113 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Bülow. In ogni caso, l’autore del “Nestor Chronicle” attinse molto a skazki e byliny, di cui, come sappiamo, Rilke si era particolarmente interessato. E’ certo che Rilke conoscesse What men live by e Where there is love there is God del ciclo delle Folks Tales di Tolstoi, in cui l’autore descrive l’atmosfera della devota attesa del popolo russo del ritorno del Cristo sulla terra, caratteristica tipica della religione russa dell’epoca; secondo Eva Wunderlich, sarebbe dunque più che probabile, che anche Der fremde Mann, in cui Rilke re-interpreta, appunto, la storia del Cristo sacrificato da Dio, abbia origine dall’influenza della Russia. Palesemente “russe” sono invece: Wie der Verrat nach Russland kam, Wie der alte Timofei singend starb e Das Lied von der Gerechtigkeit. In queste storie, il carattere russo è dato, più che dalla forma in cui si presentano, dall’atmosfera che avvolge i personaggi che vi compaiono. Non è propriamente un’abitudine tedesca quella di chiamare chiunque “Täubchen”170 oppure “Herzchen”171, come fa notare la Wunderlich172; russa è l’atmosfera dei villaggi, russe sono le stanze, i personaggi, il paesaggio, la musica e anche il tipo di devozione che percepiamo. Tuttavia, se in questa “russificazione” della materia piuttosto che della forma, è possibile intravedere 170 171 Rilke, Geschichten vom lieben Gott, cit., p. 40 Ivi, p. 41. 114 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio qualche influenza da parte della letteratura russa, è certamente quella delle Folk Tales di Tolstoi, e non quella di skazki o byliny, dalle quali Rilke sembra aver preso soltanto, come vedremo, il soggetto di qualche storia. Questi prodotti letterari trasmessi oralmente fino a metà del XIX sec., rimandano spesso allo spirito del ”Nibelungenlied”173, e un’occhiata veloce è sufficiente per capire quanto differiscano dalle storie di Rilke, sia nella forma che nella filosofia. Tuttavia, Eliz Butler, che definisce le Geschichten complessivamente “pretenziose e puerili”174, paragonandole al Das Buch vom mönchischen Leben, basato sulla stessa idea religiosa delle Geschichten, attribuisce proprio allo studio di Rilke delle skazki l’influenza deleteria sul suo stile in prosa175. Ancora secondo la Butler, il migliore tra i tre sarebbe Wie der Verrat nach Russland kam, in quanto Rilke si atterrebbe strettamente ad una skazka originale di cui era in possesso. Eva C. Wunderlich, op. cit., p. 287. Poema epico tedesco composto, su leggende più antiche, nei sec. XII-XIII, probabilmente in Austria. 174 E. Butler, op. cit., p. 80. “(…) la differenza di genialità tra Il libro della vita monastica e i Racconti su Dio è notevole, tanto più se si considera che scaturiscono tutt’e due dallo stesso pensiero religioso. Il primo è significativo e impressionante, il secondo invece pretenzioso e puerile”. 175 Ivi, p. 83. 172 173 115 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio 3.5 WIE DER VERRAT NACH RUSSLAND KAM Il titolo di questa storia, la quarta del ciclo delle Geschichten, allude ad un aneddoto riportato da un viaggiatore senza nome, che appena tornato da un viaggio in Russia, incontra il suo amico Ewald, paralizzato su una sedia a rotelle, con cui intraprende un discorso su tematiche come la vastità della Russia, o la pietà e l’umiltà dei suoi abitanti, o anche la topografia di quel “paese speciale” che sia “sotto” che “sopra” confinerebbe con Dio. Dice di voler spiegare attraverso l’aneddoto che si accinge a raccontare, come mai in Russia: Man hat das Gefühl, jedes Neue wird von ihm eingeführt, jedes Kleid, jede Speise, jede Tugend und sogar jede Sünde muss erst von ihm bewilligt werden ehe sie in Gebrauch kommt.176 L’aneddoto si basa su due versioni in prosa aventi una stessa fonte: una ballata su Ivan il Terribile Come il tradimento giunse in Russia (Otchego na Rusi zavelas’ izmena). La prima versione è stata trovata in una raccolta di letteratura popolare pubblicata da un eminente etnografo, Pavel Rybnikov177. La seconda versione, invece, compare su La Russie Epique di Alfred Rambaud, con il titolo “Comment la Trahison s’est introduite en Russie”, presa da Rybnikov, anche se 176 177 Rilke, op. cit., p. 32. Pavel Rybnikov, Pesni sobrannye P.N. Rybnikovym II, St. Petersburg, D.E. Kozhanchikova, 1862. 116 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio piuttosto abbreviata. Rilke ha letto entrambe le versioni, ma essendo quella di Rambaud una versione ridotta priva di importanti aggiunte o cambiamenti, Patricia Pollock Brodsky178, mette a confronto la storia di Rilke soltanto con quest’ultima. Nella ballata basata sulla figura storica di Ivan IV del XVI sec., Ivan viene quasi sempre descritto positivamente: violento e impulsivo, ma anche energico e vincente in ogni sua impresa, aiutato spesso nelle sue imprese da un semplice soldato. Questo modello viene mantenuto nella versione in prosa di Rybnikov. Nella versione di Rybnikov Ivan decide di imporre un tributo annuo ai re e ai principi confinanti, dai quali riceve in risposta una lettera in cui gli viene chiesto di risolvere tre indovinelli: se lui sarà in grado di risolverli correttamente tutt’e tre, otterrà i tributi richiesti, più dodici barili pieni d’oro, altrimenti, oltre a non ricevere alcun soldo, perderà anche il trono. Lo zar consulta i suoi consiglieri e, seppur con difficoltà, giungono a tre risoluzioni che vadano bene anche dallo zar. Ivan si dirige con il suo seguito verso il luogo dell’incontro, la Pietra Bianca in Oriente. Durante il viaggio incontrano un vecchio contadino che sta costruendo una chiesa nel deserto: invece di portare tutto ciò di cui ha bisogno con sé sulla torre, dove stava finendo la cupola, il contadino ripercorre ogni Patricia Pollock Brodsky, The Russian source of Rilke’s “Wie der Verrat nach Russland kam”, in “The Germanic Review, 22, 1947. 178 117 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio volta la scala, al ché Ivan, incuriosito, inizia a parlare con lui. Il contadino, poi, chiede ad Ivan se è sulla buona strada nel risolvere gli indovinelli, e lui gli risponde affermativamente, pregandolo tuttavia di aiutarlo. Il contadino accetta, a condizione però, che lui gli renda uno dei barili pieni d’oro ed Ivan accetta. Ottiene così le soluzioni esatte di tutt’e tre gli indovinelli e parte verso Oriente, dove stupisce i principi e i loro regni. Sulla strada del ritorno, Ivan riflette che sarebbe stato folle cedere anche solo uno dei barili d’oro al contadino, che non ne ha bisogno come lui che invece ha da sfamare tutto l’esercito; dunque, decide di dargli un barile per due terzi pieno di sabbia e con uno strato d’oro soltanto in superficie. Ma il contadino, si accorge dell’inganno e dichiara che Ivan ha introdotto il tradimento in Russia: nessuno sarà più in grado di estirparlo da quel paese! Lo zar cerca di rimediare, ma è inutile (quello di cui il contadino ha bisogno “is not your gold, but thruth” -ne…tvoia zlatnitsa, a…pravda-).179 Sia il contadino che la sua chiesa scompaiono. Ivan conclude quindi, che il contadino non poteva essere che Dio (zakluchil, chto eto byl sam Bog)180 e castigato, si rimette in viaggio verso il suo trono. Il plot dell’aneddoto di Rilke, raccontato dal suo narratore, è piuttosto simile, ma con qualche importante cambiamento. 179 180 Ivi, p. 73. Ibidem. 118 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Anche qui Ivan decide di imporre dei tributi ai principi dei paesi confinanti, i quali gli propongono, in risposta, di risolvere prima tre indovinelli. (Rilke non include il testo della lettera e neanche gli indovinelli). Ivan, allora, convoca tutti i sapienti del suo regno, e ordina che vengano decapitati sulla piazza rossa tutti quelli le cui risoluzioni non gli piacevano. Il tempo passa in fretta e Ivan si ritrova, senza neanche accorgersene, in viaggio verso la Pietra Bianca con nessuna delle soluzioni; non perde comunque la speranza: (…) und es war immer noch die Möglichkeit, einem Weisen zu begegnen; denn damals waren viele Weise unterwegs auf der Flucht, da alle Könige die Gewohnheit hatten, ihnen den Kopf abschneiden zu lassen, wenn sie ihnen nicht weise genug schienen.181 Una mattina, Ivan incontra un contadino che sta costruendo una chiesa, assicella per assicella. Lo zar, irritato dal suo modo di lavorare, gli urla ”Dummkopf”182. Il contadino spontaneamente gli rivela le risposte esatte ai tre indovinelli, senza volere nulla in cambio; Ivan, però, gli intima di scegliere la sua ricompensa e a quel punto il contadino gli chiede uno dei barili d’oro che riceverà ad Oriente; Ivan è d’accordo. Rilke omette anche la scena della Pietra Bianca ad Oriente, quando Ivan trionfa sui principi. Troviamo direttamente Ivan al Cremlino dove ha vuotato tutti i 181 182 Rilke, Geschichten vom lieben Gott, cit., p. 33. Ibidem. 119 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio dodici barili d’oro sul pavimento “so dass ein wahrer Berg aus Gold entstand, der einen großen, schwarzen Schatten über den Boden warf”183. A quel punto si ricorda del contadino, ma non volendo togliere tanto oro dalla montagna, decide di riempire un barile per tre quarti di sabbia e di mettere l’oro soltanto in superficie. Il contadino, non appena vede arrivare il messaggero con l’inganno, gli dice di ritornare a Mosca con il suo barile pieno di sabbia: non ha bisogno dell’oro dello zar, ma di “Wahrheit und Rechtlichkeit”184; Ivan lo ha deluso e con il suo comportamento ha introdotto il tradimento in Russia: se ora lo zar scoprirà di non potersi più fidare di nessuno, la colpa sarà imputabile soltanto a se stesso. Il messaggero se ne va e quando si volta scopre che il contadino e la sua chiesa sono scomparsi nel nulla. Sconvolto, torna a Mosca e balbetta “ziemlich unverständlich”185 quello che è successo, concludendo: (…) der vermeintliche Bauer niemand anders gewesen sei, als Gott selbst.186 L’aneddoto di Rilke differisce nell’intreccio, nella caratterizzazione e nel tono, dalla storia di Rybnikov, ed è proprio in questi cambiamenti che mostra la sua originalità. Ivi, p. 34. Ivi, p. 35. 185 Ibidem. 186 Ibidem. 183 184 120 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Nella ballata tradizionale, Ivan viene descritto positivamente, ma questo non significa che è stato dimenticato il suo tremendo carattere, bensì che si è voluta sottolineare la sua grandezza. Rambaud, nella sua introduzione alla storia di Rybnikov, accenna alla ben nota ossessione dello zar per le spie e i traditori, e suggerisce che il narratore originario l’avesse ideata, appunto, “pour peindre cette inquiète et fiévreuse préoccupation du Terribile, pour railler ce que l’on croyait chez le Tsar un sinistre travers…”187. Scena dopo scena, con ironia ed esagerazione, Rilke modifica questa immagine dello zar, rendendolo un po’ più moderno, meno “grande”, colpevole, ridicolo e gretto. Per esempio, nella versione di Rybnikov, Ivan chiede semplicemente un tributo annuo alla Russia; viene dato anche il testo della lettera inviatagli dai principi, che gli rispondono sfidandolo a loro volta: nel caso in cui riesca a risolvere tutt’e tre gli indovinelli, oltre al tributo annuo, avrebbe ottenuto anche dodici barili pieni d’oro; in caso contrario, avrebbe dovuto rinunciare al suo trono abdicando. I principi, descritti così aggressivi, costituiscono una minaccia non solo per lo zar, ma indirettamente anche per la Russia, e come fa notare la Brodsky, ciò avrà sicuramente suscitato compassione e spirito di solidarietà nei confronti dello zar da parte del pubblico. 187 Brodsky, op. cit., p. 73. 121 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Nella versione di Rilke, invece, è Ivan stesso l’unico aggressore: Der schreckliche Zar Ivan wollte den benachbarten Fürsten Tribut auferlegen und drohte ihnen mit einem großen Krieg, falls sie nicht Gold nach Moskau, in die weiße Stadt, schicken würden.188 Nella risposta dei principi ci sono gli indovinelli, ma non troviamo minacce, omettendo le quali, Rilke, elimina la compassione nei confronti dello zar; aggiungendo, invece, l’elemento della minaccia di guerra da parte di Ivan, fa apparire la risposta dei principi come un gesto di pura difesa e pone Ivan fin dall’inizio nel torto. Rilke altera anche la scena in cui Ivan si consulta con i suoi consiglieri, facendo ricadere tutte le responsabilità soltanto su di lui. Mentre nella versione di Rybnikov Ivan, una volta ricevuta la lettera dei principi, riunisce i suoi consiglieri e i saggi del regno, e nonostante qualche incomprensione, riesce a trovare un accordo con loro sulle risoluzioni da prendere in considerazione; in quella di Rilke, i principi scompaiono mentre i “Gelehrten und Räte”189restano sulla scena soltanto il tempo sufficiente per essere decapitati: (...) jeden, der die Fragen nicht beanworten konnte, ließ er auf den großen, roten Platz führen…und einfach köpfen.190 Ivan viene posto al centro della scena e l’eventuale colpa è solo sua. Rilke presenta un Ivan che sembra la caricatura di un despota, un Rilke, op. cit., pp. 32, 33. Ivi. p. 33. 190 Ibidem. 188 189 122 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio po’ come la regina di cuori di Alice nel paese delle meraviglie. Nella scena tra lo zar e il contadino, Rilke attua diversi importanti cambiamenti, molti dei quali implicano un decisivo cambiamento di tono rispetto alla versione di Rybnikov. Quest’ultima, infatti, sebbene non sia l’originale ballata, mantiene alcuni importanti elementi delle sue origini popolari. Un altro importante cambiamento nella versione di Rilke, riguarda l’intreccio e la caratterizzazione. La prima differenza compare nella frase che introduce la scena; l’originale russa dice letteralmente che “the Zsar Ivan travelled, whether long or short, far or near” (dolgo li, korotko li, blizko li, daleko)191, prima di arrivare alla chiesa del contadino “in an empty place”192. Questa frase è una tipica formula popolare che indica un viaggio nell’indeterminato, carico di aspettative. L’indeterminatezza del viaggio e il luogo deserto in cui Ivan incontra il contadino, suscitano la sensazione di trovarsi il un luogo senza tempo, dove tutto può succedere. Quest’aura di indeterminatezza viene omessa da Rilke, risultando in un certo senso molto più lontano dagli eventi, anche dal tono più verosimile. Inoltre il narratore introduce la scena ironicamente, rendendoci ancora più lontani da essa. In preparazione dell’episodio, il narratore dice che Ivan spera di incontrare un 191 192 Brodsky, op. cit., p. 74. Ibidem. 123 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio saggio e il contadino viene introdotto casualmente alla fine della frase: Ein solcher kam ihm nun allerdings nicht zu Gesicht, aber an einem Morgen sah er einen alten, bärtigen Bauer, welcher an einer Kirche baute.193 L’ironica introduzione del contadino e i pochi dettagli concreti attraverso cui Rilke lo descrive (“alten, bärtigen, Bauer […] in seinem langen Kaftan)194 portano nella direzione opposta rispetto al “favoreggiamento” popolare. Il senso di indeterminatezza soprannaturale, tipico delle storie popolari, non viene tralasciato completamente da Rilke, il quale, preferisce rimandarlo/rinviarlo alla scena finale, producendo così un effetto molto diverso. Ancora nella scena tra Ivan e il contadino, Rilke compie un secondo importante cambiamento; infatti, mentre nella versione di Rybnikov, lo zar chiama il contadino cortesemente “dear old man, my brother” (brat starichok)195, salutandolo con “my God help you” (Bog v pomoch)196 lo zar di Rilke, come abbiamo visto, è impaziente e lo saluta insultandolo, “Dummkopf”. Il cambiamento più importante riguarda, comunque, il contadino. Nella versione di Rybnikov, Ivan chiede al contadino di aiutarlo, Rilke, op. cit., p. 33. Ibidem. 195 Brodsky, op. cit., p. 74. 196 Ibidem. 193 194 124 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio lui accetta, ma soltanto a patto che Ivan gli ceda uno dei barili d’oro che riceverà. Tormenta Ivan ricordandogli quanto tutto dipenda dal fatto che lui conosce le soluzioni dei tre indovinelli. Ricevute le tre soluzioni, Ivan lo ringrazia e si dirige alla volta della Porta Bianca in Oriente. Il contadino viene descritto come forte e avido, lo zar, invece, come un uomo disperato che rischia di perdere tutto. Nella storia di Rilke la relazione tra i due cambia: il contadino si offre volontariamente di aiutarlo: “…indessen, weil du schon hier vorüberreitest , will ich dir die Lösungen die drei Rätsel sagen, welche du am weißen Stein im Orient, gar nicht weit von hier, wirst wissen müssen.“ Und er schärfte ihm die drei Antworten der Reihe nach ein.197 Lo zar stupito gli chiede che cosa vuole come ricompensa, alla risposta “Nichts”198, lo zar gli ordina di chiedere qualcosa: “Halt“, befahl der Zar, „das geht nicht an, du musst dir etwas wünschen.“ „Nun Väterchen, wenn du befiehlst, gib mir eine von den zwölf Tonnen Goldes, welche du von den Fürsten im Orient erhalten wirst.“199 Mentre il contadino di Rybnikov è avido e ricorre al ricatto, il contadino di Rilke non soltanto è saggio, ma anche generoso e vuole dare il suo aiuto senza avere nulla in cambio; Ivan non può 197 198 Rilke, op. cit., p. 34. Ibidem. 125 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio capire, non può credere ad un aiuto disinteressato, e fa valere la sua autorità, obbligandolo addirittura a chiedere una ricompensa. Rilke, in questo modo, fa una parodia del desiderio di magia delle storie popolari. In entrambe le versioni, Ivan finisce per rimpiangere la promessa che fa al contadino di cedergli un barile d’oro, ma in quella di Rilke il rimpianto di Ivan è doppiamente comico in quanto, non solo cerca la promessa, ma la forza addirittura. Rilke cambia anche la scena della falsificazione dei barili d’oro. Nella versione di Rybnikov, Ivan si consulta con il suo seguito sulla quantità d’oro che deve dare al contadino (il suo esercito ha sicuramente più bisogno del contadino di soldi) ed è proprio questa necessità ad ingannarlo. La decisione viene presa sulla strada del ritorno da Oriente. Nella versione di Rilke, entrambe, motivazione e luogo, sono diverse. Ivan arriva a Mosca, e quando è già al Cremlino, dimenticatosi completamente la promessa fatta, rovescia tutt’e dodici i barili uno dopo l’altro sul pavimento. La sua prima reazione è quella di riempirne uno nuovamente, ma “es tat ihm so leid, soviel Geld von dem herrlichen Haufen wieder fortnehmen zu müssen.“200 199 200 Ibidem. Ibidem. 126 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Nella versione di Rybnikov, Ivan è un misero e imperioso sovrano che si preoccupa del suo regno, agisce per il bene del suo regno e per giunta viene anche appoggiato dai suoi consiglieri. Rilke, invece enfatizza il suo essere subdolo e anche il fatto che a prendere le decisioni è solo. Non ha alcuna motivazione valida per il gesto che compie ai danni del contadino, se non la sua personale avidità; è lui stesso a portare il barile fuori, nel buio della notte, per riempirlo di sabbia: un uomo meschino dunque, che compie un’azione vergognosa di nascosto. Lo zar di Rybnikov audacemente consegna egli stesso il barile al contadino: May the lord help you, old man. I humbly thank you for your explanations. I received everything that was promised me. Now you too come, old man, and accept the barrel which I promised you.201 Lo zar di Rilke, invece, è troppo codardo e invia il barile tramite un messaggero. In tutt’e due le versioni lo zar è disonesto, ma mentre quello di Rybnikov è sfrontato e coraggioso, quello di Rilke è timido e pieno di paure. L’ultima importante differenza riguarda la scoperta dell’inganno e il giudizio del contadino su Ivan. Nella versione di Rybnikov, il contadino affronta Ivan direttamente e lo accusa di aver introdotto 201 Brodsky, op cit., p. 75. 127 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio il tradimento in Russia. Ivan riconosce immediatamente Dio nel contadino. L’Ivan di Rilke, invece, invia il barile tramite un messaggero; è possibile attribuire le proporzioni mitiche e il significato di questa scena all’ultimo dei due viaggi che Rilke compie in Russia, “in die Gegend des weiten Russland, wo der alte Bauer seine Kirche baute”202. E’ ora che Rilke sottolinea gli sconfinati spazi della Russia: è come se il contadino, che costruisce la sua chiesa, fosse ovunque in Russia. Il senso di indeterminatezza che avvolge il viaggio di Ivan e che Rilke, volontariamente, omette dalla prima scena in cui viene introdotto il contadino, compare ora; questa volta, però, è il messaggero di Rilke a farne l’esperienza, creando la giusta atmosfera per la rivelazione soprannaturale alla fine della storia. Tale differenza è sostanziale: il contadino di Rilke pronuncia il suo giudizio su Ivan al messaggero, ad un intermediario, dunque: è quest’ultimo, ad arrivare alla conclusione che doveva trattarsi quindi di Dio. Rilke combina diversi elementi per poter produrre il particolare effetto di questa scena. Contrappone la ricchezza materiale dello zar alla sua povertà spirituale. Egli è a Mosca in attesa del ritorno del suo messaggero, vestito d’oro, ma può fare solo i conti forse solo con la propria coscienza. Rilke isola la figura dello zar, privandolo della possibilità di salvezza. Non gli permette dunque di fare l’esperienza di Dio e lo lascia da solo con la sua colpa. 202 Ibidem. 128 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Comunque, la versione di Rilke, differisce da quella di Rybnikov, e anche da quella di Rambaud, soprattutto nella forma: sappiamo, infatti, che Rilke inserisce le sue storie all’interno di una cornice narrativa, con un io-narrante, il cui punto di vista gioca un ruolo da non sottovalutare, ai fini della resa complessiva della storia. All’interno della cornice, il narratore, prepara alla storia con una serie di identità metaforiche: parla di “Gott”, come del paese con cui la Russia confinerebbe sia sotto che sopra, con le sue montagne e con i suoi abissi: “Was ist das für ein Land, Russland? Ein sehr großes, nicht wahr?“ „Ja“ sagte ich, „groß ist es und außerdem -„ „Habe ich dumm gefragt?“ lächelte Ewald und wurde rot. „Nein, Ewald, im Gegenteil. (...) „Ein Land ist kein Atlas. Es hat Berge und Abgründe. Es muss doch auch oben und unten an etwas stoßen.“ „Hm –„ überlegte mein Freund, „Sie haben recht. Woran könnte Russland an diesen beiden Seiten grenzen?“ Plötzlich sah der Kranke wie ein Knabe aus. „Sie wissen es“, rief ich. „Vielleicht an Gott?“ “Ja“, bestätigte ich, „an Gott.“ (...) „Ist denn Gott ein Land?“ „Ich glaube nicht“, erwiderte ich, „aber in den primitiven Sprachen haben viele Dinge denselben Namen. Es ist da wohl ein Reich, das heißt Gott, und der es beherrscht, heißt auch Gott. Einfache Völker Können ihr Land und ihren Keiser oft nicht unterscheiden; beide sind groß und gütig, furchtbar und groß.“203 In questo modo, ciò che recepiamo, è che “Gott”, “Land” e “Tszar” sono per lui, la stessa cosa; tale equazione tuttavia, viene 203 Rilke, op. cit., p. 31. 129 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio contraddetta nella storia che ci presenta, in cui Dio compare nelle vesti del contadino, lo zar, invece, appare come un vile mercante moscovita che cerca di ingannare il suo cliente. Il tono complessivo della storia viene anche influenzato dal contrasto tra la voce narrativa e il suo diretto ascoltatore Ewald, che con la sua ingenuità, più volte fraintende l’ironia del narratore prendendo alla lettera quello che lui dice, creando un’altra contraddizione: Ewald si spaventa sentendolo affermare che in Russia proprio tutto deve essere introdotto da Dio “sogar jede Sünde”204 e come abbiamo detto, è proprio per tranquillizzarlo, per spiegargli dunque, quel concetto poco ortodosso, che il narratore inizia a raccontare Wie der Verrat nach Russland kam. Dall’approfondita analisi appena fatta emerge, il contrario: Dio, proprio in linea con quella “blasfema” affermazione, appare, piuttosto, assolutamente presente e coinvolto nell’introduzione del nuovo peccato, - der Verrat - che va tristemente ad aggiungersi alla lista. 204 Ivi, p. 32. 130 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio 3.6 WIE DER ALTE TIMOFEI SINGEND STARB Ne La Russie Epique Alfred Rambaud parla dell’usanza russa della trasmissione di byliny di generazione in generazione, di padre in figlio, citando una famiglia di cantori, il cui padre si chiamava Trofime, e i figli Jev e Jevlef. Nella quinta storia del ciclo delle Geschichten von lieben Gott di Rilke, Wie der alte Timofei singend starb il narratore racconta la storia del cantore Timofei e di suo figlio Jegor. Che la somiglianza dei nomi sia una pura coincidenza è difficile a dirsi secondo la Wunderlich205, la quale sostiene tuttavia, che sebbene Rilke abbia appreso di questa usanza dei cantori russi dal libro di Rambaud, e sebbene ne sia stato condizionato nella scelta dei nomi dei protagonisti della sua storia, Rilke abbia anche aggiunto molto di suo. E’ la storia di un cantore di skazkiteli, Timofei Ivanyc, che conosce tutte le canzoni di tutta la Russia, tra le quali figurano alcune con parole come icone e musiche, che nessuno, né un contadino né un cosacco, può udire senza piangere. Quando suo figlio Jegor si sposa nonostante il suo divieto e si trasferisce a Kiev, Timofei smette di cantare. Invano i paesani, lasciati alla desolazione se privi dei suoi 205 Eva Wunderlich, Slavonic traces in Rilke’s „Geschichten vom lieben Gott“ in „The Germanic Review“, cit., p. 287. 131 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio canti, lo implorano di cantare come prima; Timofei volta la testa verso il muro e resta ostinatamente muto. Jegor, apprendendo che ormai suo padre ha pochi giorni di vita, decide di abbandonare moglie e figlio per correre al capezzale del padre, per imparare le sue canzoni, di cui è l’unico legittimo erede: rimane in ascolto giorni e notti, poi suo padre muore. Dopo la sepoltura di Timofei, Jegor esce dalla casupola, e inizia a cantare di villaggio in villaggio come faceva suo padre prima di lui. Jegor è diventato bravo almeno quanto suo padre, ma in ogni ritornello si ode una melodia nuova e malinconica: Dabei soll er noch so einen sanften und traurigen Ton gehabt haben, wie man ihn noch von keinem Sänger vernommen hat206 dovuto probabilmente al suo dolore per la moglie e per il figlioletto che non avrebbe mai più rivisto. Il Rilke individualista secondo cui ognuno dovrebbe vivere una morte individuale e che trova assurdo che due persone possano avere una stessa idea di Dio, non avrebbe mai potuto ammettere un artista che si impossessa dell’arte di qualcun altro senza che quest’ultimo la faccia propria, senza che la riadatti, dunque, alla sua personale concezione. 206 Rilke, op. cit., p. 43. 132 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Per ben due volte ricorre nella storia il nome di Dyuk Stepanovich, che sembra essere l’eroe di una bylina facente parte di un ciclo di storie di Kiev. La Brodsky fa notare che in tale bylina la madre di Dyuk si chiamava Timofeevna207. Secondo il costume patronimico russo, per cui il nome di battesimo del padre diventa parte del nome del figlio, suo padre avrebbe dovuto chiamarsi Timofei, e anche da qui potrebbe derivare, secondo la Brodsky, il nome del protagonista della storia di Rilke. Come Dyuk, anche Jegor abbandona la sua famiglia per dirigersi a Kiev, ma, mentre Dyuk va alla corte del Principe Vladimiro a Kiev, Jegor, nella stessa città, sposa una bellissima donna. Entrambi, comunque, lasciano Kiev per ritornare dai genitori, “…and in this way both stories touch upon the subject of the return of Prodigal Son.”208 Il narratore racconta nuovamente questa storia ad Ewald il paralitico, e questa volta, all’interno della cornice che introduce la storia, sottolinea la “gioia di raccontare ad una persona paralizzata”: „Ich mag am liebsten meinem Freund Ewald zu erzählen”209 Brodsky, The Russian Source of Rilke’s “Geschichten vom lieben Gott”, cit., p. 116. Daria A. Reshetylo-Rothe, op. cit., p. 156. 209 Rilke, op. cit., p. 37. 207 208 133 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Il motivo di tale positività è costituito proprio dalla forzata immobilità dell’ascoltatore, che non si distrae né distrae il narratore muovendosi come fanno le persone sane. Si tratta di un’annotazione a prima vista sconcertante, perché totalmente estranea al senso di pietà che normalmente una malattia sollecita nell’osservatore. Ma una reazione del genere sarebbe fuorviante, dal momento che in questo contesto sovrapporrebbe una considerazione di buon senso, per quanto universale, ad un vocabolario, quello di Rilke, che richiede di essere inteso a partire da se stesso, in totale autonomia di valori.210 E’ lo stesso caso della povertà voluta da Dio (Warum der liebe Gott will, dass es arme Leute gibt), o altrove della “crudeltà” di Dio (Der fremde Mann), oppure dell’incendio che uccide un neonato, ma sottrae per un breve momento il mondo alle tenebre della notte. La “regola” che Rilke impone ai suoi lettori, certo implicitamente, è quella della funzionalità del suo vocabolario, o delle sue metafore o anche dei suoi paragoni, per il valore in quel passo, al di fuori della semantica dei dizionari o del sentire comune. Dimenticando questo, ci si preclude la possibilità di comprendere Rilke. 210 A. Destro, Rilke, il Dio oscuro di un giovane poeta, cit., p. 94. 134 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio 3.7 DAS LIED VON DER GERECHTIGKEIT Quest’ultima storia di ambientazione russa racconta dei tumulti politici in Ucraina all’epoca della dominazione polacca, della ribellione del popolo ucraino in nome della “Gerechtigkeit” predicata di villaggio in villaggio da un anziano cantore cieco. Peter Akimowitsch è un calzolaio, ma anche un abile pittore di icone. Ha un figlio, Aljoscha, al quale tenta di insegnare l’arte della pittura delle icone. Ben presto, però, si rende conto che questo non sarà possibile, che suo figlio non potrà mai diventare un bravo pittore di icone: tutte le Madonne che dipinge, infatti, assomigliano in modo imbarazzante, a Mariana, la ragazza che amava: Aljoscha hatte die allerheiligste Jungfrau gemalt, aber das strenge und richtige Vorbild so wenig erreicht, dass sein Machwerk aussah, wie ein Bild der Mariana, der Tochter des Kosaken Golokopytenko, also wie etwas durchaus Sündiges, und der alte Peter beeilte sich, nachdem er sich oft bekreuzt hatte, das beleidigte Brett mit einem heiligen Dmitrij zu übermalen, welchen er aus einem unbekannten Grunde über alle andere Heiligen stellte.211 Aljoscha non è affatto fortunato: non solo non può diventare un pittore di icone, ma viene anche rifiutato dalla donna che ama, e per giunta non gli viene consentito di entrare in convento e 211 Rilke, op. cit., p. 51. 135 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio neanche di unirsi ai cosacchi Zaporaghi212 perché ritenuto troppo giovane e debole. Una sera arriva nel villaggio un kobzar213 cieco chiamato Ostap, che vive spostandosi di villaggio in villaggio, cantando la grande fama dei cosacchi: Es war einer von den blinden Kobzars, ein Greis, der mit einer zwölfsaitigen Bandura durch die Dörfer ging und von dem großen Ruhm der Kosaken, von ihrer Tapferkeit und Treue, von ihren Hetmans Kirdjaga, Kukubenko, Bulba, und anderen Helden sang, so dass alle es gerne hörten.214 Stavolta, tuttavia, il kobzar, più che dei cosacchi, canta della totale assenza di giustizia nel mondo: “Es ist keine Gerechtigkeit mehr in der Welt. Die Gerechtigkeit, wer kann sie finden? Es ist keine Gerechtigkeit mehr in der Welt: denn alle Gerechtigkeit ist den Gesetzen der Ungerechtigkeit unterstellt. Heut ist die Gerechtigkeit elend in Fesseln. Und das Unrecht lacht über sie, wir sahns, und sitzt mit den Pans in den goldenen Sesseln und sitzt in dem goldenen Saal mit den Pans. Die Gerechtigkeit liegt an der Schwelle und fleht; bei den Pans ist das Unrecht, das Schlechte, zu Gast, und sie laden es lachend in ihren Palast und sie schenken dem Unrecht den Bechervoll Met. Oh, Gerechtigkeit, Mütterchen, Mütterchen, mein, mit dem Fittich, der jenem des Adlers gleicht, es kommt vielleicht noch 212 Gli Zaporaghi erano i cosacchi ucraini che vivevano a sud del Dnepr. Nel XVII sec. giocano un ruolo importante durante la rivolta del popolo ucraino contro gli oppressori polacchi. 213 Kobzar è il termine ucraino per menestrello, e deriva da kobza, (o bandura), strumento a corde simile a un grande mandolino. 214 Rilke, op. cit., p. 52. 136 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio ein Mann, der gerecht, der gerecht will sein, dann helfe ihm Gott, Er vermag es allein und macht dem Gerechten die Tage leicht.“215 Ripete la canzone per ben tre volte: Und es war jedes mal ein anderes. War es zum ersten Mal Klage, so erschein es bei der Wiederholung Vorwurf, und endlich, da der Kobzar es zum dritten Mal mit hocherhobener Stirne wie eine Kette kurzer Befehle rief, da brach ein wilder Zorn aus den zitternden Worten und erfasste alle und riss sie hin eine breite und zugleich bange Begaisterung.216 In questo modo dunque, Ostap incita gli uomini del villaggio all’azione, a ribellarsi contro gli oppressori polacchi. Quando Aljoscha chiede ad Ostap se tutti possono andare in guerra, lui gli risponde: “Alle”. La stessa notte Aljischa, armato di fucile, parte per raggiungere i ribelli. L’originale della Canzone della Giustizia è il testo di una cosiddetta dumy217, recitata dal kobzar Ostap Mikitin Veresai218 durante il congresso archeologico di Kiev219 nel 1874. Nello stesso anno viene pubblicata da collezionisti come Roussof e Lissenko220. Anche Rambaud, che partecipò al congresso, dà di questa canzone una Ivi, p. 53. Ivi, p. 54. 217 Dumy, poema elegiaco ucraino, che fa parte della letteratura orale; generalmente tratta di eroi ucraini sotto la dominazione polacca e tartara, ma anche fatti spirituali e etici di carattere pessimistico. I suoi versi sono rimati e venivano cantati da cantori professionisti, i kobzar. 218 Ostap M. Veresi, uno degli ultimi kobzar, nato intorno al 1800, cieco come la maggior parte dei kobzar. 219 Eva Wunderlich colloca erroneamente tale congresso a San Pietroburgo. 220 Sofie Roussof e Nikolas Lissenko, Kobzar Ostap Veresai, Kiev 1874; o anche M. Dragomanoff, Little Russian Literature, Vienna 1876. 215 216 137 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio versione abbreviata in lingua francese. (Eva Wunderlich, tuttavia, in disaccordo con la Butler che definisce la versione di Rambaud una versione abbreviata della dumy originale, ritiene invece, che sia soltanto una parafrasi molto libera di un passaggio relativamente breve della vecchia canzone221). Dal momento che la versione tedesca di Rilke si avvicina molto a quella di Rambaud, della quale sembra essere in parte una riproduzione rimata più breve, in parte una traduzione letterale, Eliz Butler sostiene che Rilke inventò la sua storia dopo aver letto la descrizione che Rambaud fa del vecchio kobzar ne La Russie Epique222. Ora, sulla base dell’esistenza accertata di altre pubblicazioni della stessa canzone, Eva Wunderlich si chiede se Rilke abbia attinto a quella di Roussof e Lissenko o a quella di Rambaud, e in che misura. Sono tanti gli indizi che dimostrano che Rilke si è basato maggiormente su quest’ultima, tra i più palesi la traduzione che fa della parola “pravda” (verità) con “Gerechtigkeit”, che Rambaud allo stesso modo aveva reso con l’equivalente francese “justice”. Anche l’antisemitismo di Rilke223 che leggiamo in queste parole pronunciate dall’io-narrante viene, ricondotto a Rambaud: Eva Wunderlich, op. cit., p. 290. E. Butler, Rainer Maria Rilke, cit., 85. 223 Per approfondimenti riguardo l’antisemitismo di Rilke, si veda Das Verschluckte Schluchzen: Poesie und Politik bei Rainer Maria Rilke, di Egon Schwarz, Athenaeum, Frankfurt 1972. 221 222 138 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio …Die polnischen Pans…waren harte Herren. Ihre Bedrückung und die Habgier der Juden, welche sogar den Kirchenschlüssel in Händen hatten, den sie nur gegen Bezahlung den Rechtgläubigen auslieferten, hatten das jugendliche Volk um Kiew herum und den ganzen Dnjepr aufwärts müde und nachdenklich gemacht.224 Trattando lo stesso argomento Rambaud scrive: L’insurrection une fois lance, nous avons les chansons sur la Bataille des Eaux Jaunes, celle de Khonsou, etc. Mais les plus caractéristique sont celles qui dépeignent l’oppression que les Juifs faisaient peser sur le peuple et la terrible vengeance que l’on en tira. Les Juifs-arendateurs ont pris à ferme tous les sentiers des cosaques….Dans toute la glorieuse Ukraine, ils ont pris à ferme toutes les églises cosaques. Dieu donne-t-il un enfant au cosaque, au prêtre, au moujik: «avant d’aller demander baptême au prêtre, va d’abord chez le juif, compte-lui six pièces, pour qu’il permette d’ouvrir l’église, de baptiser l’enfant.» De même pour les mariages, pour les funérailles.225 E’ probabile, secondo Eva Wunderlich, che Rilke sia stato influenzato anche dalla poesia di Shevchenko The Night of Taras, (di cui Rilke possedeva una versione in lingua russa): Our faith to Jewry has been sold And locked our churches lie! Like blackbirds covering a field 224 225 Rilke, op. cit., p. 49. Daria A. Reshetylo-Rothe, Rilke and Russia. A Re-evaluation, cit., p. 160. 139 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio The Poles and Uniates…226 Descrivendo poi, il modo di cantare del kobzar, Rilke scrive: Dreimal sang Ostap sein Lied von der Gerechtigkeit. Und es war jedesmal ein anderes.227 similmente alla descrizione che fa Rambaud della dumy ne La Russie Epique: L’air sur le quel se déclament les vers d’une ballade présente assez peu de richesse et de variété mélodique….La gamme qui lui sert de base est mineure, et c’est à peine si trois ou quatre fois dans le cours d’une douma le chanteur repasse à un autre mode.228 Ad avvalorare l’ipotesi che abbia attinto in gran parte da La Russie Epique, Rilke sembra essere d’accordo con tutte le scelte linguistiche di traduzione adottate da Rambaud, sebbene quest’ultimo offra un’interpretazione piuttosto libera e presumibilmente errata dell’originale; questa è la versione della “canzone della giustizia” che troviamo ne La Russie Epique di Rambaud: Dans le monde, il n’est point de justice; De justice, on ne trouvera point. Maintenant la justice vit sous les lois de l’injustice. Aujourd’hui la justice est en prison chez les pans (les seigneurs); 226 The Poetical Works of Taras Shevchenko, trans. C. H. Andrusyshen and W. Kirkonnell, Toronto, University of Toronto Press, 1964. 227 Rilke, op. cit., p. 54. 228 Daria A. Reshetylo-Rothe, op. cit., p. 161, 162. 140 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio L’injustice est assise à son aise avec les pans dans la salle d’honneur. Aujourd’hui la justice reste debout près du seuil; L’injustice trône avec les pans au bout de la table…. Oh! Notre mère, notre mère aux ailes d’aigle…. L’homme qui veut accomplir la justice, que Dieu lui Envoie de là-haut des jours de bonheur! Seul le Seigneur est la vraie justice. Il châtiera L’injustice, il brisera les superbes.229 Il testo della canzone riportata nel racconto di Rilke in prosa, potrebbe essere arrangiato così in versi: Es ist keine Gerechtigkeit mehr in der Welt. Die Gerechtigkeit, wer kann sie finden? Es ist keine Gerechtigkeit mehr in der Welt; denn alle Gerechtigkeit ist den Gesetzen der Ungerechtigkeit unterstellt. Heut ist die Gerechtigkeit elend in Fesseln. Und das Unrecht lacht über sie, wir sahns, und sitzt mit den Pans in den goldenen Sesseln und sitzt in dem goldenen Saal mit den Pans. Die Gerechtigkeit liegt an der Schwelle und fleht; bei den Pans ist das Unrecht, das Schlechte, zu Gast, und sie laden es lachend in ihren Palast, und sie schenken dem Unrecht den Bechervoll Met. 229 Eva Wunderlich, op. cit., p. 291. 141 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Oh, Gerechtigkeit, Mütterchen, Mütterchen mein, mit dem Fittich, der jenem des Adlers gleicht, es kommt vielleicht noch ein Mann, der gerecht, der gerecht sein will, dann helfe ihm Gott, Er vermag es allein und macht dem Gerechten die Tage leicht.230 Sebbene Rilke si sia basato, senza dubbio ormai, sulla versione riportata da Rambaud, è quasi certo che, sia Rilke sia Rambaud, avessero letto la versione slava di Roussof e Lissenko, ma come fa notare la Wunderlich, la dumy di Ostap non era né cantata né scritta in russo, bensì nella sua lingua madre, l’ucraino, una lingua che probabilmente né Rilke né Rambaud conoscevano a sufficienza per poterla capire perfettamente o tanto meno per tradurla correttamente. 3.7.1 OSTAP, IL KOBZAR231 Rilke costruisce la sua storia intorno al kobzar e alla sua duma (probabile singolare di dumy secondo la Wunderlich232). L’immagine che riceviamo del kobzar di questa storia di Rilke, teoricamente, potrebbe anche non derivare da Rambaud. Il kobzar Ivi, pp. 291, 292. Non sarà sfuggito che tutte le storie di ispirazione russa vengono raccontate dall’io-narrante ad Ewald il paralitico: secondo la Butler, Ewald rappresenta la parte tradizionale dei kalyeki (storpi) russi, cantori ambulanti, che forniscono specialmente poesia narrativa a carattere religioso, menestrelli tradizionalmente zoppi, spesso anche ciechi; Rilke identifica dunque nel personaggio di Ewald, la tradizionale figura del kobzar. 232 Ivi, p. 294. 230 231 142 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio era, infatti, il menestrello ucraino. Anche se Rilke non avesse mai incontrato un menestrello, come si pensa, pur non avendone alcuna certezza, è più che probabile che conoscesse il quadro “Three Kobzars”, di Vatsnesoff, i cui lavori Rilke raccolse in un feuilleton.233 La figura del kobzar è legata alla tradizione ucraina, rappresenta il simbolo del risveglio nazionale nel XIX sec., non stupisce, dunque, che l’effetto che i racconti dei kobzar provocavano sugli ascoltatori preoccupasse anche le autorità. Il pittore e poeta ucraino Taras Shevchenko pubblicò la sua raccolta di poesie più famosa con il titolo Kobzar (di cui sappiamo Rilke possedeva una copia in lingua russa). Discutendo del ruolo dei kobzar nella tradizione ucraina, proprio come nella poesia di Shevchenko, Jurij Bojko scrive: …Die ukrainische Volksdichtung verankerte in den Gesaengen der wandernden Kobzaren den heldenhaften, ungleichen Kampf der Zaporager, sowie des ganzen Kosakentums fuer die Freiheit. Als es den Feinden nach erfolgter Vernichtung der Autonomie des ukrainischen Staates durch Russland (1764) gelang, auch die Sič zu zerstoeren (1775), schuf das ukrainische Volk eine Fuelle ergreifender Lieder, die die Sehnsucht nach der erlebnisreichen Vergangenheit zum Ausdruck brachten....Kobzar nannte Ševčenko auch die erste Sammlung seiner “Russische Kunst”, Die Zeit, (Berlin, October 19, 1910); ristampato da R. von Mises, Rilke, Bücher, Theater, Kunst (Vienna, 1935). 233 143 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Werke, um seine Verbundenheit mit der Heldendichtung ukrainischer Tradition zu dokumentieren.234 Nella storia il kobzar rappresenta Dio, e questa idea deve avergliela suggerita Rambaud, descrivendo il kobzar e la sua arte in questo modo: “…Le kobzar…est un ministre du ciel….Ecouter de belles doumi est un oeuvre pie.”235 In fondo, il kobzar Ostap, altri non è che “der fremde Mann”, un messaggero dal cielo, un angelo, Cristo, o Dio stesso. 3.7.2 UNA “RICERCATA CONFUSIONE” Il fatto che Rilke non conoscesse la differenza tra russo e ucraino, provoca un po’ di confusione all’interno di Das Lied von der Gerechigkeit. Facendo riferimento all’ambientazione storica, la Wunderlich scrive: He speaks there of Southern Russia as the “So-called Ukraine”, whose population (Russians, as he leads us to believe) was rebellious toward its Polish oppressors….The revolutions were by no means always directed against the Polish overlords (pans). The military settlers of the Ssetsch (correctly Sich), mentioned in the story, were just as anti-Russian as they were anti-Polish. Therefore, this military settlement was destroyed by Catherine II in 1775, i.e. some hundred years before the congress (1874), 234 Jurij Bojko, Erwin Koschmieder, Taras Ševčenko: Sein Leben und sein Werk, (Otto Harrassowitz, Wiesbaden 1965), in Daria A. Reshetylo-Rothe, op. cit., p. 158. 235 Ibidem. 144 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio at which Ostap M. Veresai recited his “Song of Justice”. Yet in the story, Aljoscha, an Ukranian lad, too weak to be admitted to the Sich, is inspired through Ostap’s personal appearance to fight the Polish oppressors-at a time when there were no Polish, but only Russian oppressors in the Ukraine.236 Data la confusione riscontrata, Eva Wunderlich desume che Rilke, oltre ad essere disinformato circa i fatti etnologici di quel paese, non doveva essere poi così ferrato neanche nelle questioni politiche e storiche. Al contrario di Rambaud, comunque, l’intenzione di Rilke non era quella di scrivere un’antologia sulla storia russa, e in virtù di questo, la sua “confusione” riguardo alla reale successione degli eventi storici russi, non sarebbe così grave, se dovesse poi trattarsi veramente di confusione. Ma non è così: ci sarebbe una buona motivazione alla base del fatto che Rilke abbia collocato la sua storia un secolo prima rispetto a quando Veresai visse realmente. Quando il narratore del Das Lied von der Gerechtigkeit informa Ewald che la storia che sta per raccontargli è ambientata nel periodo “als man im südlichen Russland um die Freiheit kämpfte”237, Ewald lo interrompe: “Verzeihen Sie”, sagte Ewald, “wie ist das zu verstehen - wollte sich das Volk etwa vom Zaren losmachen? Das würde nicht zu dem passen, was 236 237 Ivi, p. 294. Rilke, op. cit., p. 48. 145 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio ich mir von Russland denke, und auch mit Ihren früheren Erzählungen in Widerspruch stehen. In diesen Falle würde ich vorziehen, Ihre Geschichte nicht zu hören. Denn ich liebe das Bild, welches ich mir von den Dingen dort gemacht habe, und will es unbeschädigt behalten.“238 A questo punto il narratore assicura ad Ewald che l’immagine che ha della Russia non cambierà in quanto gli oppressori dell’Ucraina non sono russi, bensì polacchi. Rilke traspone semplicemente Ostap Veresai in un’altra epoca per non turbare l’immagine che Ewald ha della Russia. Non deve essere stato difficile per Rilke: con molta probabilità, non ha fatto altro che sfogliare Rambaud per cercare il capitolo intitolato ”L’Insurrection Cosaque Contre La Pologne”239. Quindi Rilke unisce alla duma di Ostap Veresai degli elementi storici che trattano la rivolta ucraina contro la Polonia, creando una storia che non alteri l’opinione che Ewald ha della Russia. 3.7.3 TRA UTOPIA E REALTÀ Lettere di corrispondenti di Rilke, Woronin, Schill, Benois e Storozhenko, testimoniano quanto esagerato fosse l’entusiasmo di Rilke nei confronti della Russia. Nonostante provenienti da background completamente diversi e nonostante le loro differenti convinzioni politiche, nelle loro lettere, esprimono tutti in maniera concorde le loro riserve riguardo all’incondizionato amore di Rilke per Russia. 238 Ivi, pp. 48, 49. 146 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Helene Woronin, ad esempio, scrive nel giugno del 1899: “…kann man nun für etwas so schwärmen wie Sie für Russland?”240 Sofia Schill, più volte ripete che Rilke e Lou Andreas-Salomè idealizzano tutto ciò che riguarda la Russia. Nell’aprile del 1900 Schill scrive: „…Wenn sie dort gewesen sind , werden Sie ganz bestimmt Ihre Meinung über Russland in vielem ändern. Sie werden sich über Ihre Begeisterung entsetzen und vielleicht mit einem ganz andern Gefühl auf Ihre Heimat schauen, wo die Leute trotz allem wenigsten wie Menschen leben und nicht wie Tiere.“241 Storozhenko scrive a Rilke nel Febbraio del 1901: “Nicht minder rührt mich Ihre Liebe zum russischen Volk, doch ich fürchte, die russische Seele wird Sie enttäuschen…“242 Benois, in una lettera indirizzata a Rilke del marzo 1900: „Es ist mir schrecklich peinlich, dass Sie als Verehrer Russlands und der Russen unsere Nachlässigkeit beim Erledigen von Geschäften zu spüren bekommen...“243 L’anno seguente ancora Benois: „...überhaupt muss ich Ihnen ganz ehrlich sagen, dass ich Ihre Begeisterung für unsere Vaterland nicht ganz teile.“244 Daria A. Reshetylo-Rothe, op. cit., p. 163. Konstantin Asadowski, Rilke und Russland: Briefe, Erinnerungen, Gedichte, cit., p. 106. 241 Ivi, p. 144. 242 Ivi, p. 144. 239 240 147 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Ciononostante, Rilke, sempre più convinto della sua ammirazione per la Russia, nel 1906 scrive a Leonid Pasternak: “Mein Liebe fuer Ihr Land und jedes Herz, das drin schlägt, ist noch immer dieselbe.”245 Sulla base di queste testimonianze, risulta alquanto difficile dare credito all’affermazione, decisamente „controcorrente” della Brodsky, che sostiene: „...contrary to the assumption of many critics, Rilke did in fact try to maintain a certain distance and even a sense of humour about his obsessive love for Russia.”246 Sofia Schill riassume l’atteggiamento di Rilke e della Salomè in questo modo: „Doch sie suchten und fanden bei uns eine Idylle als bereits...die ersten...Donnerschläge grollten.“247 Rilke vuole mantenere un’immagine idealizzata della Russia, e proprio come Ewald non vuole saperne di più. Ivi, p. 279. Ivi, p. 327. 245 Ivi, p. 348. 246 Brodsky, op. cit., p. 99. 247 Asadowski, op. cit., p. 448. 243 244 148 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Alberto Destro, legge, invece, in questo “capriccio” di Ewald e nell’ostinazione, direi, di Rilke il disinteresse o la completa sfiducia nei confronti della verità; ciò che è importante non è il conseguimento della verità, come è fatta la Russia dunque, ma l’osservanza di ciò che viene custodito nel fondo del cuore. Trasponendo questo concetto sul piano religioso, si potrà finalmente raggiungere, con quasi “piacevole rassegnazione”, il nucleo semplice eppure fondamentale: “essenziale non è discutere la realtà dell’esistenza (o della natura) di Dio, ma la sua presenza, qualsiasi ‘cosa’ egli sia, nell’uomo”.248 248 Alberto Destro, Rilke, il Dio oscuro di un giovane poeta, cit., p. 94. 149 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio In conclusione, la lettera fittizia che segue, indirizzata da uno dei personaggi delle Storie del buon Dio, Ewald, a Rilke, fu inviata dal poeta alla baronessa Gurdon Uexküll per la figlia Damajanti, accampagnata da una lettera (Capri, Villa Discopoli, 2 febbraio 1907) dove, tra l’altro è detto: “…Qui acclusa troverà, cara amica, la copia di una lettera del mio amico paralitico, che restituisco senza omettere nulla. Vedrà come, seguendo il Suo desiderio, gli ho scritto di Damajanti, rimettendo in movimento, la nostra vecchia relazione. Visto che Lei gli vuole bene, non troverà, spero, immodesto che Le inoltri intera la sua risposta. Non è vero?”249 Schmargendorf, 2 febbraio 1907 Caro amico lontano, caro signor Rilke, cosa debbo dire di questa rara gioia? Non so proprio cosa debbo dire. Se dico grazie, tante grazie come vorrei, tutto è quasi come prima; ho detto grazie, grazie, grazie e Lei pensa: bene, io ho dato e lui con il suo grazie ha pagato malamente, come poteva. Con ciò la questione è chiusa. E invece, vede, questo non deve succedere. Così come non si chiuse quando Lei partì all’improvviso; no, lo seppi solo in seguito, me lo disse la gente: il signor Rilke è partito, adducendo congetture di ogni specie, anzi, per essere sinceri, facendo molte chiacchiere sulla Sua partenza. Io non posso andare via; ascolto quello che arriva fino a me, e dal mio posto ho ascoltato qualche cosa che non ho capito. Che cosa non sa la gente! Sa i particolari, e 249 Rilke, Storie del buon Dio, intr. e trad. di G. Zampa, cit., p. 169. 150 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio io non li capivo. Ma conoscevo l’insieme, e questo mi dava una grande fiducia. Mi raccontarono, come ho detto, della Sua partenza; quello che però vedevo, signor Rilke, era che Lei non passava più davanti alla mia finestra; io continuavo a rimanere seduto, e Lei non arrivava. E già prima che sentissi parlare della sua partenza inaspettata, raccontai ai bambini che Lei era di nuovo lontano, i bambini chiesero dove e pensarono all’ America. Dissi che non credevo questo. Lasciamo la questione indecisa, pregai i bambini. Quando tornerà, vorrò certo saperlo, mi dirà non solo il nome ma anche il prenome di quel paese e tutto il resto. Aspettiamo? Decidemmo di sì. Ma chi non tornò fu lei. I bambini erano venuti a sapere che le Sue stanze erano state affittate e il giorno in cui appresi tale notizia mi spaventò il fatto che Lei non mi avesse detto addio; che Lei potesse fare una cosa simile: andare via, senza dirlo. In seguito mi avvidi di come una cosa di questo tipo si sarebbe malamente accordata con la nostra relazione; in essa non era neppure un punto in cui si fosse parlato di nulla del genere. Sappiamo davvero che andare via significa andare via? Gli si può conferire tale senso mediante certe parole, certi movimenti. Ma avrei potuto avere in questi anni uno scambio spirituale tanto frequente con Lei, mi chiedo, come ho fatto in realtà, se ci fossimo lasciati prima? Penso che questo più tardi mi avrebbe molto imbarazzato. Ma ora, caro signor Rilke, caro amico lontano (come talvolta debbo permettermi di dire, no, di pensare), Lei mi ha scritto e il tono della Sua lettera mi è tanto familiare (sebbene sotto qualche aspetto sia un tono nuovo) da farmi notare che la nostra relazione non si è mai interrotta. La 151 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio descrizione di Bruges mi occupa molto, forse più di quanto mi rendo conto. Ci sono mai stato? Da dove so tutto questo? E il miracolo della processione di Gand: quando i ragazzi sentono a un tratto che non fanno più oscillare i turiboli, ma che li strappano all’indietro come giovani falchi incatenati, che vogliano salire; e come i bambini che portano la Madonna Spagnola sentono a un tratto sulle loro spalle passi leggeri, leggerissimi, che procedono sopra di loro come sopra l’acqua: com’è vero tutto questo, com’è vero! E lei ha visto come la processione avanzava! Io non so che cosa vuol dire camminare, caro signor Rilke, immagino sia una cosa indescrivibilmente bella; ma in compenso so che cosa significa essere preso sopra le spalle. Ci sono ore che fanno questo: che mi sollevano caute e mi portano in giro, e mentre questo accade non mi manca nulla e non so immaginarmi niente di più meraviglioso. E ora mi racconta che la Madonna viene portata in giro a quel modo e a un tratto cammina. Anch’io, a mia volta, credo di camminare, in momenti del genere: per questo sono così stranamente belli. In questi giorni però mi ha reso spesso triste il pensiero che non camminerò mai tanto da vedere la cara amica alla quale debbo che Lei mi abbia scritto. Se Lei le scrive, la saluti, La prego. Dico semplicemente saluti, sebbene sappia che ci sono altre espressioni più devote e cortesi; ma non me ne vengono in mente, in questa occasione. Vorrei tanto chiedere ai bambini come deve pregare la bambina che “vuole pregare in modo diverso”. Ma debbo prima escogitare una storia che con 152 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio tutta naturalezza induca a una domanda del genere: perché una domanda sola, su un fatto reale, spaventa i bambini, li confonde. Lei sorriderà, perché dico: escogitare. E’ un espediente comico, ma quale altro avrei potuto trovarne, visto che Lei non passa più qui davanti? Allora si trattava di inventare! Questa volta l’argomento mi è stato dato, e la cosa mi è gradita, sebbene nello stesso tempo mi mette in imbarazzo. Quello che la bambina dice, caro, caro signor Rilke, non lo abbiamo detto tutti, una sera?: Voglio pregare in un altro modo? E ce n’è uno tra noi che abbia saputo come? Non eravamo tutti impacciati nel tentare di in questo o in quel modo, senza riuscire in nessuno? Alla fine cedemmo: perché era inutile, dicemmo; perché troppo difficile, come avremmo dovuto confessare se già allora avessimo imparato ad essere appena più sinceri. Ma in seguito, quando da un pezzo non lo facevamo più, venne l’ora in cui ci trovammo in qualche modo occupati, sprofondati, perduti in qualche cosa, raccolti intorno a qualche cosa: se ne ricorda ancora? A un tratto ecco Dio, per un secondo. Tremammo. Perché era venuto? Chi lo aveva chiamato? Che cosa era accaduto? Avevamo pregato senza saperlo. Avevamo pregato altrimenti. E non sarà mai più bello di quella unica volta. Si viene a saperlo più tardi e diventa impossibile dimenticarlo. Ma è possibile che una Cosa tanto grande e tanto vera volga alla fine, che abbia raggiunto il suo punto più alto così da non poter più crescere in bellezza? A volte medito su questo fatto. 153 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio Non ho mai smesso di meditare. Tempo non ne manca: i bambini vengono sempre più di rado. Forse divento vecchio? A volte mi capita anche di pensare come Lei mi troverebbe, se dovesse tornare. Di sicuro invecchiato. Le mie mani almeno sembrano vecchie e durante i tanti giorni in cui non splende il sole faccio un po’ fatica a tenerle calde. Lei mi conserva certo diverso nel Suo ricordo, e immagina la mia stanza certo più grande. E invece, come è piccola. E’ diventata ancora un poco più piccola, da quando il signor Baum mi ha regalato una poltrona grandissima, per il Natale di due anni fa, che ha bisogno di molto più spazio della vecchia, di cui ha preso con qualche difficoltà il posto vicino alla finestra. E davanti alla finestra. Beh, non è che non veda un poco di quello che l’inizio del bosco, ma prima devo discutere ogni volta con la nuova casa che per un capello non è venuta a mettersi tutta davanti. Ora è finita, e in alto (ha tre piani) la sera sono già accese due finestre. E queste due finestre illuminate nella casa alta, nuova, vuota, me l’hanno resa a un tratto cara, mentre l’avevo sempre odiata durante il tempo della costruzione. Mi sembrava che mi avrebbe coperto tutto. Ma poi, appena pronta, noto che Quello che io intendevo non si fa coprire. Eccole di nuovo, penso la sera, e sono commosso nel vedere quelle due prime finestre illuminate nell’alta casa vuota. Cerco di immaginare chi vive là e capisco che non sono dei ricchi. Ciò nonostante quel chiarore, quel tenue innocente chiarore, mi sembra molto, qualche cosa di buono e di coraggioso. E scopro con stupore che non mi ispira pensieri inferiori a 154 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio quello che vedevo prima, quando c’era solo il cielo sopra alti abeti notturni, Come tutto si collega! Le scrivo questa lettera con molti a capo; bisogna tanto camminare quando si scrive, questo mi stanca e mi confonde. Devo smettere e ricominciare. E’ possibile che le lettere vengano fatte in altro modo. Non ho idea come. So solo che in chiusura bisogna dire qualcosa di amichevole e di devoto, senza con questo apparire eccessivi o importuni. Voglio attenermi a ciò e pregarLa, caro signor Rilke, di prendermi alla lettera, quando Le dico con tutta cordialità che sono il Suo Il Suo grato Ewald250 250 Ivi, pp. 169-175. 155 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio 4. BIBLIOGRAFIA 4.1 OPERE DI R. M. RILKE – IN LINGUA ORIGINALE - Ausgewählte Gedichte. Einschließlich der „Duineser Elegien“ und der „Sonette an Orpheus“, Ausw. und Nachw. von Erich Heller, 17. Aufl., Frankfurt/M, Suhrkamp, 1996. - Da neigt sich die Stunde und rührt mich an. Das Buch vom Winter, Fotos von Anselm Spring, Augsburg, Pattloch, 1997. - Das Buch der Bilder, 1. Aufl., Frankfurt/M: Suhrkamp, 1996. - Das Stundenbuch, enthaltend die drei Bücher: Von mönchischen Leben / Von der Pilgerschaft / Von der Armut und vom Tode, 1. Aufl., Frankfurt/M, Suhrkamp, 1996. - Die Aufzeichnungen des Malte Laurids Brigge, hrsg. von Manfred Engel, Stuttgart, Reclam, 1997. - Die Bilder entlang. R. M. Rilke; Ludwig von Hofmann, hrsg. von Ephraim Rosenstein, erste Aufl., Berlin, Omnis, 1998. - Die Blätter fallen wie von weit. Das Buch vom Herbst, Fotos von Anselm Spring, Augsburg, Pattloch, 1997. - Die Erzählung, 1. Aufl. Frankfurt/M, Insel, 1997. - Die Gedichte, (Nach der von Ernst Zinn, Sämtliche Werke), 1. Aufl., Frankfurt/M, Insel, 1998. - Die Geschwister. Erzählung, 1. Aufl., Göttingen, Steidl, 1997. 156 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio - Die Liebenden. Die Liebe der Magdalena. Portugiesische Briefe. Die Briefe der Marianna Alcoforado. Die Sonette der Louize Labé, Frankfurt/M, Insel, 1997. - Die Schönsten Gedichte, 1. Aufl. Frankfurt/M, Insel, 1996. - Die schönsten Gedichte von R. M. Rilke, ausgew. von Franz Sutter, mit einem Nachw. Von Stefan Zweig, Zürich, Diogenes, 1997. - Die Weise von Liebe und Tod des Cornets Christoph Rilke, Wörthsee, Verlag Anarche, 1998. - Die Weiße Fürstin. Eine Szene am Meer, mit einem Nachw. hrsg. von Manfred Engel, 1. Aufl., Frankfurt/M, Insel, 1998. - Du weißt, dass ich ein Sucher bin, mit Farbfotogr. von Jörn Sackermann, Freiburg, Herder, 1997. - Duineser Elegien, hrsg. von Joseph Kiermeier-Debre, München, Dt. Taschenbuch Verlag, 1997. - Eben bin ich so sanft erwacht. Das Buch vom Frühling, Fotos von Anselm Spring, Augsburg, Pattloch, 1997. - Fünfzig Gedichte, ausgew. von Dietrich Bode, Stuttgart, Reclam, 1997 - Gedichte und Prosa, Köln, Parkland, 1998. - Gegenüber dem Himmel. Die schönsten Gedichte, hrsg. von Uwe Heldt, München, Piper, 1997. - Geschichten vom lieben Gott, mit Bildern von Wassily Kandinsky, 1. Aufl. Freiburg, Herder, 1998. - Ich finde dich an allen Dingen. Das Buch vom Sommer, Fotos von Anselm Spring, Augsburg, Pattloch, 1997. 157 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio - Jahreszeiten 1998. Insel-Kalender. Frankfurt/M, Insel, 1998. - Larenopfer. Prag in Gedichten. 3. Aufl., Prag, Vitalis, 1997. - R. M. R. Aus seinen Texten und Briefen, Gütersloh, Kiefel, 1996. - Sämtliche Werke, hrsg. vom R.-Archiv in Verbindung mit Ruth Sieber-Rilke, besorgt durch Ernst Zinn, Frankfurt/M, Insel, Bd. 1. Gedichte. Teil 1 (4. Aufl.), 1996, Bd. 4. Frühe Erzählungen und Dramen (5. Aufl.), 1996. - Sämtliche Werk, hrsg. von R.-Archiv in Verbindung mit Hella Seber-Rilke, besorgt durch Walter Simon, Karin Wais und Ernst Zinn, Frankfurt/M, Insel, Bd. 7 Übertragungen (1. Aufl.), 1997. - Traumgekrönt. Gedichte, mit Ill. von Simcha Nornberg, Aechen, Shaker, 1997. - Über Gott. Zwei Briefe, 1. Aufl. Frankfurt/M, Insel. - Zwei Prager Geschichten, hrsg. von Norbert Gabriel, München, Langen Müller, 1997. - Briefe an einen jungen Dichter, Vorwort von Joachim W. Storck, Zürich, Diogenes, 1997. - R. M. R.-Ilse Erdmann. Ein Briefwechsel, hrsg. von Wilhelm Kölmel, Waldkirch, Waldkircher Verl., 1998. - R. M. R.-Lally Horstmann. Eine Begegnung in Val-Mont., hrsg. von Ursula Voss, Frankfurt/M, Insel, 1997. - R. M. R.-Rudolf Kassner. Freunde und Gespräch. Briefe und Dokumente, hrsg. von Klaus E. Bohnenkamp, 1. Aufl. Frankfurt/M, Insel. 158 Texte von R. M. R., Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio - R. M. R.-Ellen Key. Briefwechsel, hrsg. Von Theodor Fiedler, siehe Bespr. Von Brantly, Susan C.; von Dürr, Volker; von Heep, Hartmut. - R. M. R-Anton-Kippenberg. Briefwechsel. 1906 bis 1926, hrsg. von Ingeborg Schnack, 1995. - R. M. R-Marina Zwetajewa. Ein Gespräch in Briefen, hrsg. von Konstantin M. Asadowski, (aus dem Russ. Übers. Von Angela Martini-Wonde, übers. des “Neujahrsbriefs” von Felix Philipp Ingold, 1. Aufl. Frankfurt/M, Suhrkamp, 1998. - Mitten im Lesen schreib ich Dir. Ausgewählte Briefe, hrsg. von Rätus Luck, 1. Aufl. Frankfurt/M, Suhrkamp, 1998. 4.2 PRINCIPALI EDIZIONI ITALIANE - Il diario Fiorentino, a cura di Giorgio Zampa, con testo a fronte, Milano 1990. - Storie del buon Dio, trad. di Fernanda Rossini, presentazione di Ferruccio Parazzoli, Milano 1998. - Ewald Tragy, trad. di G. Zampa, Milano 1974. - Il libro delle immagini, trad. di P. De Nicola, Milano 1947. - Il libro d’ore, trad. di P. De Nicola, Brescia 1950; e trad. in prosa di V. Mathieu in V. Mathieu, Dio nel “Libro d’ore” di Rainer Maria Rilke, Firenze 1968. - Nuove poesie (1903-1908), trad. di P. De Nicola, Firenze 1954. - I quaderni di Malte Laurids Brigge, trad. e introd. di Furio Jesi, Milano 2002. - Requiem, trad. di G. Zampa, Firenze 1959. 159 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio - Elegie Duinesi, introd., trad. e commento di Franco Rella, con testo a fronte, Milano 1994. - Sonetti a Orfeo, trad. di R. Prati, Milano 1948. - Lettere da Muzot, trad. di M. Doriguzzi e L. Traverso, Milano 1947. - Lettere Milanesi, a cura di L. Mazzucchetti, Milano 1956. - Poesie sparse e ultime (1906-1926), trad. di L. Traverso, Firenze 1958. - Liriche e prose, scelta e trad. di Vincenzo Errante, Firenze 1990. - Wladimir, il pittore di nuvole e altri racconti, schizzi e considerazioni degli anni 1893-1904, trad. di Maria Teresa Ferrari, Pordenone 1995. - Poesie, voll. 2. ed. con testo a fronte a cura di Giuliano Baioni, commento di Andreina Lavagetto, Torino 1995. - Poesie, trad. di Giaime Pintor, con due prose dei Quaderni di Malte Laurids Brigge e versioni da H. Hesse e G. Trakl, prefazione di Franco Fortini, Torino 1955. - Rodin, trad. di Claudio Groff, postfazione di Elisabetta Potthoff, Milano 1985. - Diario da Parigi (1902), a cura di Andreina Lavagetto, Torino 2003. 160 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio 4.3 LETTERATURA SECONDARIA GENERICA - Fornero Giovanni, Salvatore Tassinari, Filosofie del Novecento, Milano 2002. - Freschi, Marino, Storia della civiltà letteraria tedesca, vol. II, Ottocento e Novecento, Torino 1998. - Jesi Furio, Letteratura e mito, Torino 1968. - Martini, Fritz, Storia della letteratura tedesca, trad. di Italo Alighiero Chiusano, Milano1960. - Mittner, Ladislao, Storia della letteratura tedesca, vol. III, Dal Realismo alla Sperimentazione (1820-1970), t. II, Dal fine secolo, alla sperimentazione (1890-1970), Torino 1971. - Picchio, Riccardo e Colucci Michele, Storia della civiltà letteraria russa, vol. II, il Novecento, Torino 1997. - Strada Vittorio, Efim Etkind, Georges Nivat, Il’ja Serman, Storia della letteratura russa, vol. III, I tomo, Dal decadentismo all’avanguardia, Torino 1989. - Žmegač Škreb Sekulić, Breve storia della letteratura tedesca, dalle origini ai giorni nostri, Torino 1995. - Žmegač Viktor, Storia della letteratura tedesca dal Settecento a oggi, vol. III, 1918-1945, edizione italiana a cura di Daniela Suggellato e Roberto Cozzala, Torino 1992. 161 Rainer Maria Rilke – Storie del Buon Dio 4.4 LETTERATURA SECONDARIA SU RILKE - Angelloz, J. F., Rainer Maria Rilke, Leben und Werk, Zürich 1955. - Asadowski, Konstantin, Rilke und Erinnerungen, Gedichte, Weimar 1986. - Bassermann, Dieter, Der Andere Rilke. 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