Il francobollo pontificio da 20 baj. non emesso

Transcript

Il francobollo pontificio da 20 baj. non emesso
IL FRANCOBOLLO PONTIFICIO DA
20 bajocchi “giallino” non emesso
Il francobollo da 20 bajocchi dello Stato Pontificio
che non venne mai emesso è conosciuto anche con
il nomignolo di "giallino". Noi cerchiamo di
ripercorrerne la storia, andando oltre quello che
scrivono i cataloghi di francobolli, con un piccolo
"giallo" finale.
La prima serie dello Stato Pontificio emessa nel
1852 (nelle tonalità di carta più comuni).
1
Come è noto, la prima emissione di francobolli dello Stato
Pontificio avvenne nel 1852, sotto il Papato di Pio IX,
Giovanni Maria Mastai Ferretti (1792-1878) divenuto Papa nel
1846.
L'emissione si componeva di undici francobolli, dei quali otto
furono emessi il 1° gennaio 1852 mentre i valori più alti da 50
bajocchi e da 1 scudo si aggiunsero successivamente il 12
luglio; per il francobollo da 8 bajocchi si dovette aspettare fino
al 1° ottobre 1852.
Furono i francobolli, fra quelli degli antichi Stati italiani
preunitari, che ebbero la vita maggiore (quindici anni).
All'epoca le tariffe postali tra lo Stato Pontificio e la Francia (è
il caso che qui ci interessa) prevedevano che le lettere
ordinarie «...cioè non assicurate, dirette da uno dei due Stati a
destinazione dell'altro saranno sottoposte ad una tassa
uniforme di sessantacinque centesimi per ogni lettera
semplice, tanto per la percorrenza sul territorio pontificio,
quanto per la percorrenza sul territorio francese...». Oltre a
questa tassa «...saranno sottoposte (...) ad una tassa di
transito, o di porto marittimo, di trentacinque centesimi...».
Complessivamente il costo per spedire una lettera tra i due
Stati era di 1 franco francese; poiché ai fini postali un bajocco
era stato ragguagliato a 5 centesimi, la tariffa per una lettera
semplice spedita dallo Stato Pontificio alla Francia risultava
essere di 20 bajocchi.
Ma, mentre in Francia esisteva il francobollo da 1 franco, nello
Stato Pontificio non esisteva quello equivalente da 20
bajocchi.
Pertanto per comporre questa tariffa era necessario applicare
almeno tre francobolli.
Per comporre la tariffa di 20 bajocchi per rendere franca una lettera
semplice diretta in Francia era necessario utilizzare almeno tre
francobolli, come in questo caso (due esemplari da 7 baj. ed uno da 6
baj.).
L'unico esemplare singolo conosciuto (al
2012) del francobollo non emesso da 20
bajocchi in mani private.
2
La corrispondenza postale diretta in Francia dallo Stato
Pontificio era di non trascurabili dimensioni ed era sentita la
mancanza di un francobollo che assolvesse il giusto porto di
20 bajocchi.
Questa circostanza indusse il Tesoriere Generale a redigere
una proposta per la Sovraintendenza Generale delle Poste.
La proposta è arrivata fino a noi sotto forma di minuta e come
data reca solo «marzo 1858» senza l'indicazione del giorno.
Riteniamo opportuno offrirne un ampio stralcio.
«Dei francobolli secondo le attuali 11 categorie, li primi 8
cioè i bollini dal mezzo ai baj. 7 inclusive (½ baj.; 1 baj.; 2
baj.; 3 baj.; 4 baj.; 5 baj.; 6 baj. e 7 baj. - N.d.A.),
corrispondono alle diverse tasse delle corrispondenze
circolanti nell'interno dello Stato che sono in vigore; gli altri 3
(8 baj.; 50 baj. e 1 scudo - N.d.A.) servono a combinare
l'accrescimento delle tasse oltre che ognuno di essi
corrisponde propriamente ad alcuna delle tasse sulle
corrispondenze estere.
Non solo è una necessità il mantenere in vigore questi 3
bollini che sono di baj. 8 e di 50 e di uno scudo, ma si crede
convenientissimo di aumentare il bollino di baj. 20, che è la
tassa semplice per la Fracia, perché essendo un numero
considerevolissimo costituisce una vera comodià e per gli
offici postali e per il pubblico l'avere uno speciale bollino per
questa tassa che è d'uopo ora comporre con 3 bollini.».
La minuta contiene anche altre proposte che però non ci
interessano in questa sede.
Sotto l'indicazione «marzo 1858» troviamo un'annotazione:
«Si approva; ed alla Direz. Gen.le delle Poste per
l'esecuzione. Il Tesor. Gen.le».
Furono dunque eseguiti dei cliché.
Non sappiamo chi disegnò questo francobollo da 20 bajocchi,
ma certo non deve essere stato lo stesso che anni prima
preparò i disegni per gli undici francobolli in bajocchi, ai quali
comunque si ispirò.
La cornice, seppure modificata e semplificata, si ispira
chiaramente a quella del valore da 8 bajocchi; il resto del
disegno è più approssimativo: diversa è la forma superiore
delle chiavi, diverso è il carattere usato per le scritte (senza le
"grazie").
Anche la forma della parte terminale della
chiave dimostra la differente mano
dell'incisore/disegnatore: a sinistra un
particolare della chiave dell'8 bajocchi, a
destra quello del 20 bajocchi.
Diversa è anche l'indicazione del valore: «BAI.» anziché
«BAJ.».
L'incisione originale fu eseguita, come per i francobolli del
1852, in ottone; da questa si ottenne la matrice per preparare
gli stereotipi necessari a comporre quattro gruppi di 25
francobolli (5x5) che componevano la tavola da stampa di
cento.
I cliché risultano separati da una coppia di filetti tipografici:
quelli verticali sono continui mentre quelli orizzontali sono
interrotti, composti da segmenti lunghi circa 20 millimetri. I
filetti orizzontali sono continui solamente sui bordi orizzontali
(superiore ed inferiore) di ciascun gruppo.
La distanza tra i gruppi è di circa 4,5 millimetri.
La stampa, che impiegò un inchiostro giallo, fu eseguita dalla
Tipografia della Reverenda Camera Apostolica su carta
abbastanza consistente ma di qualità scadente, ricca di
impurità.
I fogli non furono completati dopo la stampa con la
gommatura: questa infatti veniva eseguita dal "libraro"
Giovanni Mambor di Roma.
Non sappiamo con precisione quando i fogli vennero stampati,
ma possiamo legittimamente ipotizzare qualche mese dopo il
marzo 1858, se non addirittura nel 1859. Non sappiamo quanti
fogli vennero stampati e quanti furono quelli inceneriti e
distrutti. Non sappiamo neppure i motivi che ne bloccarono
l'emissione: forse non piacque il disegno grossolano, forse i
francobolli risultavano poco leggibili a causa del colore giallo,
o forse l'attenzione era ormai rivolta verso i rivolgimenti
politici che porteranno al distacco delle Romagne le quali,
durante il Governo provvisorio, emetteranno dei propri
francobolli tra cui anche un valore da 20 bajocchi pensato
soprattutto per affrancare le corrispondenze dirette in Francia.
3
Il francobollo da
20 bajocchi
emesso dal
Governo
Provvisorio delle
Romagne il 1°
settembre 1859.
L'esistenza di questo francobollo pontificio da 20 baj. non
ultimato (definito anche come "non emesso", "prova" o
"saggio") venne rivelata per la prima volta da Alberto Diena
dalle colonne de "Il Corriere Filatelico" dell'ottobre 1940.
Qualche tempo prima il Conservatore della collezione
filatelica dello Stato della Città del Vaticano, ing. Luigi
Respighi, ne aveva portato alcuni fogli in visione all'ing.
Diena: precedentemente li aveva ricevuti in consegna dal
Governatore dello Stato della Città del Vaticano, il Marchese
Camillo Serafini (1864-1952).
E' interessante notare che fino a pochi anni fa (2009) si
riteneva che fosse sopravvissuto un solo foglio completo (oggi
conservato presso il Museo Filatelico e Numismatico
Vaticano) oltre ad un esemplare sciolto (in mani private): «Per
motivi che non sono noti questo valore non venne mai emesso,
ma ne fu stampato un certo quantitativo, che venne distrutto,
ad eccezione di un foglio intero che è custodito nel Museo
Postale Vaticano e di un esemplare singolo, che non si sa a
che titolo sia stato conservato.» (dal Catalogo Sassone 2009).
Risale infatti al 2009 la notizia del rinvenimento di un secondo
foglio completo del 20 baj. non ultimato che costrinse il
catalogo, nelle sue successive edizioni, a cambiare la frase in
«Sono noti due fogli interi, uno dei quali è custodito nel
Museo Postale Vaticano, e un esemplare singolo.».
Anche se non vennero dette, potremo avanzare un'ipotesi
ragionevole sulle circostanze del rinvenimento che, comunque,
non ci sorprende più di tanto.
Alberto Diena ebbe infatti in mano «...alcuni fogli di prova di
francobolli da 20 baiocchi dello Stato Pontificio...»: non "un
foglio" e riteniamo neppure due. In questo caso Diena avrebbe
scritto, come sua abitudine, "un paio di fogli". Invece scrisse
«...alcuni fogli...», e noi riteniamo pertanto che fossero almeno
tre.
4
Una vecchia foto in bianco e nero di uno dei fogli del 20 baj. non
ultimati (non gommati) che ebbe in mano Alberto Diena nel 1940.
Siamo certi che di 20 baj. gialli non emessi ne esistano altri,
magari dimenticati in qualche collezione o custoditi in qualche
archivio. L'esistenza dell'esemplare singolo sciolto avvalora
ulteriormente la nostra opinione e sarebbe anche coerente con
certi comportamenti in casa del Principe Vittorio Emanuele
Camillo Massimo (1803-1873), Soprintendente delle Poste
Pontificie: la sua seconda moglie, Giacinta Della Porta
Rodiani (1821-1898), rimasta vedova, «...spesso invitava i
nipoti a farle visita e faceva loro dono dei francobolli pontifici
o di altri Stati, che essa stessa ritagliava dai fogli.».
Molti, se non tutti, i cinque o sei esemplari noti del 3 centesimi
dello Stato Pontificio stampato su carta verde hanno questa
origine.
http://home.giandri.altervista.org/giandri_0002_IndiceFrancobolli.html
Disclaimer & Copyright
Pagina aggiornata il 13 dicembre 2012
5