Prof. Avv. Antonio Gambaro Presidente

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Prof. Avv. Antonio Gambaro Presidente
Decisione N. 1017 del 17 maggio 2011
IL COLLEGIO DI MILANO
composto dai signori:
–
Prof. Avv. Antonio Gambaro
Presidente
–
Prof.ssa Antonella Maria Sciarrone Alibrandi
Membro designato dalla Banca d’Italia
–
Prof. Avv. Emanuele Cesare Lucchini
Guastalla
Membro designato dalla Banca d’Italia
–
Dott. Mario Blandini
Membro designato dal Conciliatore
Bancario Finanziario
–
Avv. Guido Sagliaschi
Membro designato dal C.N.C.U.
(Estensore)
nella seduta del 7 aprile 2011, dopo aver esaminato
x il ricorso e la documentazione allegata;
x le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione;
x la relazione istruttoria della Segreteria tecnica
FATTO
La ricorrente chiede l’annullamento “per dolo determinante, come previsto dall’art. 1439
del c.c.”, del contratto stipulato con l’intermediario convenuto nel maggio/giugno 2010,
avente ad oggetto un finanziamento vincolato all’acquisto di determinati beni (mobili)
presso una specifica società di arredamento (Jolly S.p.A.) in un arco temporale limitato
(cinque anni). Più precisamente, si tratta di un contratto di finanziamento collegato e
accessorio ad altro contratto, in forza del quale la suddetta società di arredamento
concede alla ricorrente uno sconto sul prezzo di acquisto di mobili a fronte dell’impegno
della ricorrente ad acquistare in un quinquennio mobili per un valore non inferiore a €
2.400,00 (oltre IVA). L’operazione – che comporta dunque la stipulazione di due contratti,
l’uno con la società di arredamento e l’altro di finanziamento con l’intermediario convenuto
– è stata presentata e offerta alla ricorrente da alcuni agenti della società di arredamento e
la negoziazione e stipulazione dei relativi contratti è avvenuta ad opera di questi ultimi
fuori sede.
La ricorrente lamenta di essere stata raggirata e indotta in errore proprio dal
comportamento tenuto, in fase precontrattuale e di stipulazione del contratto di
finanziamento, dagli agenti della società di arredamento, sostenendo che “i raggiri usati
dagli Agenti, sicuramente noti anche [all’intermediario], furono tali che, senza di essi, [la
ricorrente] non sarebbe mai addivenuta alla stipula del [contratto con la società di
arredamento] e della correlata richiesta di finanziamento sottopostale in modo
chiaramente fraudolento”. Contestando “evidenti violazioni delle disposizioni in materia di
trasparenza bancaria e di offerte fuori sede di prodotti di finanziamento”, la ricorrente
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evidenzia in particolare di non essere stata resa edotta dei costi del finanziamento – in
quanto “nessuna quota di interessi era stata pubblicizzata dall’Agente … lasciando
intendere … che il finanziamento … fosse a zero costi” né le era stata fornita alcuna
informazione in merito al “TAG, … TAEG … e TEG medio applicati” – e di non aver
neppure ricevuto copia del contratto, “né tantomeno la documentazione precontrattuale
prevista dalla normativa di settore, con particolare riferimento alla trasparenza del prodotto
(i.e. foglio informativo analitico, documento di sintesi. etc.:)”. Rileva inoltre la ricorrente che
sulla copia del contratto inviata dall’intermediario soltanto con lettera del 10 agosto 2010
non sono neanche indicati il luogo e la data di sottoscrizione dello stesso.
L’intermediario convenuto, di contro, respinge ogni addebito mosso nei suoi confronti dalla
ricorrente, osservando in particolare quanto segue: (i) la ricorrente era perfettamente a
conoscenza delle condizioni economiche del finanziamento e, quindi, del numero e
dell’importo delle rate pattuite per il rimborso, nonché del TAN e del TAEG applicati, in
quanto, tra l’altro, in data 23.6.2010 la banca inviava la lettera di accettazione del
finanziamento, “ribadendo le condizioni economiche già contenute nella domanda di
intervento finanziario – sezione prospetto contabile”, secondo le quali la ricorrente avrebbe
dovuto restituire la somma finanziata (€ 2.800,00) “maggiorata di spese ed interessi
contrattualmente pattuiti (TAN 13,60% e TAEG 15,50% …) mediante versamento di n. 60
rate … a decorrere dal 28.7.2010”; (ii) la ricorrente compilava in ogni sua parte il contratto
di finanziamento e approvava tutte le condizioni generali, “mediante l’apposizione di ben
11 sottoscrizioni”; (iii) l’importo finanziato veniva effettivamente erogato per intero; (iv) il
Codice del Consumo (D.Lgs 206/2005) prevedeva all’epoca dei fatti di causa il diritto del
consumatore di recedere “entro 10 giorni lavorativi” dai contratti di finanziamento conclusi
fuori sede, ma tale diritto non veniva esercitato dalla ricorrente; (v) per quanto attiene alla
mancanza della data e luogo sulla domanda di finanziamento, infine, l’intermediario
precisa che tali elementi “non sono prescritti a pena di nullità” e che la compilazione della
domanda avveniva a cura della ricorrente, cui dunque spettava indicarli.
Peraltro, in via preliminare, l’intermediario eccepisce altresì l’incompetenza dell’ABF, in
quanto la richiesta di annullamento “avrebbe dovuto essere proposta avanti all’Autorità
Giudiziaria”, in ragione del collegamento negoziale tra il contratto di finanziamento e quello
con la società di arredamento e del fatto che “il contraddittorio dovrebbe essere esteso
anche nei confronti del fornitore dei beni”, al quale viene imputato il comportamento
doloso.
DIRITTO
Occorre preliminarmente esaminare l’eccezione di incompetenza dell’ABF formulata
dall’intermediario convenuto, il quale sostiene che la richiesta di annullamento “avrebbe
dovuto essere proposta avanti all’Autorità Giudiziaria”, stante il collegamento contrattuale
tra il finanziamento e il contratto con la società di arredamento, nonché l’asserita necessità
di estendere il contraddittorio nei confronti di quest’ultima, alla quale viene imputato dalla
ricorrente il comportamento doloso contestato.
Rileva, al riguardo, il fatto che la ricorrente si è limitata a chiedere l’annullamento per dolo
del contratto di finanziamento, mentre non ha formulato alcuna domanda avente ad
oggetto il contratto stipulato con la società di arredamento, né ha ricollegato
l’annullamento del contratto di finanziamento ad una richiesta di annullamento del
contratto con tale società. Gli addebiti mossi dalla ricorrente all’intermediario convenuto –
e le ragioni poste a fondamento della richiesta di annullamento – prescindono da ogni
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valutazione sul contratto stipulato con la società di arredamento, riguardando “le evidenti
violazioni delle disposizioni in materia di trasparenza bancaria e di offerta fuori sede” in
relazione alle modalità di promozione e negoziazione del contratto di finanziamento da
parte degli agenti della società di arredamento, a ciò autorizzati dalla banca.
Alla luce di tali considerazioni, il Collegio non accoglie l’eccezione di incompetenza
formulata dall’intermediario convenuto.
Quanto al merito della controversia in oggetto, il Collegio ritiene che la documentazione
prodotta in giudizio attesti con ogni evidenza che le modalità di presentazione e offerta
dell’operazione di finanziamento da parte degli agenti della società di arredamento sono in
effetti state tali da aver potuto seriamente pregiudicare la capacità di giudizio della
ricorrente inducendola in errore e, comunque, sono state tali da integrare una palese e
grave violazione delle disposizioni vigenti in tema di trasparenza bancaria e offerta fuori
sede.
In questa prospettiva, rileva in particolare la circostanza che la documentazione
preliminare fatta sottoscrivere alla ricorrente e, in primis, l’ordine emesso per l’acquisto di
merce dalla società di arredamento, per un valore pari a € 2.880,00 stabiliva modalità di
pagamento dilazionato, e nello specifico n. 60 rate di pari importo, senza alcuna
indicazione relativa a eventuali interessi dovuti. Più precisamente, va sottolineato come,
pur essendo previsto nel suddetto modulo d’ordine uno spazio specificatamente dedicato
all’indicazione di T.A.N. e T.A.E.G. applicabili all’operazione, tale spazio veniva nel caso di
specie lasciato in bianco. Ad avviso del Collegio, si tratta di circostanze tali da ingenerare,
anche secondo la percezione del buon padre di famiglia, un serio affidamento che
l’operazione di finanziamento venisse offerta a interessi zero.
Analogamente, rileva il fatto che il testo del contratto di finanziamento apparentemente
stipulato con l’intermediario – di cui la ricorrente dichiara di non avere ricevuto copia al
momento della sottoscrizione, senza che l’intermediario abbia dimostrato il contrario –
riporta un T.A.N. e un T.A.E.G. non leggibili. Detto testo contrattuale, inoltre, è privo
dell’indicazione del luogo e della data di stipulazione e, seppur debitamente sottoscritto in
ogni sua parte dalla ricorrente, è stato predisposto con un carattere così piccolo che risulta
di fatto illeggibile a questo Collegio.
Sul punto, la difesa dell’intermediario si incentra sulla corrispondenza con cui, in data
23.6.2010, la banca comunicava alla ricorrente la propria accettazione del finanziamento,
con indicazione delle principali condizioni economiche di tale operazione. È vero che detta
comunicazione conteneva l’esatta e chiara indicazione di TAN e TAEG; tuttavia, il Collegio
ritiene che, a tale data, la ricorrente era già stata indotta in errore a causa del
comportamento dei soggetti autorizzati dalla banca alla presentazione, promozione e
negoziazione del relativo strumento di finanziamento ed aveva già prestato il proprio
consenso, che doveva dunque dirsi viziato. Ciò che rileva, infatti, non sono le
comunicazioni della banca successive alla stipulazione, bensì quelle ad essa precedenti;
e, al riguardo, risulta che prima della stipulazione non sono state fornite alla ricorrente le
informazioni previste dalla normativa in materia di trasparenza per assicurare una scelta
consapevole da parte della cliente e che, di contro, la ricorrente abbia invece ricevuto
informazioni o comunque abbia sottoscritto documentazione in grado di ingenerare in lei
falsi affidamenti.
Alla luce delle difese svolte e della documentazione prodotta, dunque, il Collegio ritiene
che, nel caso di specie, sussistano i presupposti per accogliere la domanda della
ricorrente e conseguentemente annullare il contratto di finanziamento per dolo determinate
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ai sensi dell’art. 1439 cod. civ.: sussistono infatti (i) sia l’animus decipiendi, che si
estrinseca nelle modalità di offerta e presentazione dell’operazione di finanziamento,
intenzionalmente poco chiare e fuorvianti, oltre che aggressive, (ii) sia la caduta del
deceptus in errore, (iii) sia un nesso di causalità tra i due citati elementi. Quanto al primo
requisito è peraltro opportuno osservare che, ai sensi del secondo comma dell’art. 1439
cod. civ., il contratto di finanziamento oggetto del ricorso deve ritenersi invalido a
prescindere dal fatto che “i raggiri sono stati usati da un terzo”, essendo evidente che
l’intermediario non poteva non conoscere le modalità di offerta e presentazione
dell’operazione da parte degli agenti della società di arredamento, essendo anzi tenuto per
legge a vigilare sull’attività svolta da tutti i soggetti che operano quali intermediari dei
propri servizi, e che esso ne ha al contempo certamente tratto vantaggio.
Si ricorda, in tale ultima prospettiva, il Provvedimento del Governatore della Banca d’Italia
del 10 novembre 2009, che ribadisce la piena responsabilità del soggetto erogante sulla
complessiva attività di collocamento posta in essere dalla catena distributiva e la necessità
di presidiare i rischi operativi e reputazionali insiti in comportamenti anomali o irregolari
posti in essere. Si richiama, inoltre, il Provvedimento della Banca d’Italia del 29 luglio 2009
sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari, la cui Sezione II
(Pubblicità e informazione precontrattuale) stabilisce che “Nel caso di offerta fuori sede,
anche se realizzata attraverso soggetti terzi, i fogli informativi riportano, oltre alle
informazioni sull’intermediario committente, i dati e la qualifica del soggetto che entra in
rapporto con il cliente (ad esempio, dipendente, promotore finanziario, agente in attività
finanziaria) ed eventuali costi ed oneri aggiuntivi derivanti da tali modalità di offerta. Il
soggetto che procede all'offerta deve consegnare al cliente, in tempo utile prima che il
contratto sia concluso o che il cliente sia vincolato da un’offerta, il documento generale
denominato "Principali diritti del cliente" e il foglio informativo; se per il servizio offerto è
prevista una Guida ai sensi del paragrafo 2, questa deve essere consegnata in luogo del
documento generale denominato "Principali diritti del cliente". In caso di contratto di
finanziamento, viene consegnato al cliente anche un documento contenente i Tassi
Effettivi Globali Medi (TEGM) previsti dalla legge n. 108/1996 (c.d. “legge antiusura”).
L’intermediario committente acquisisce un'attestazione del cliente circa l'avvenuta
consegna e la conserva agli atti. (…) L’intermediario committente verifica che il soggetto
incaricato dell'offerta rispetti gli obblighi di trasparenza previsti dalla presente sezione. In
particolare, se il foglio informativo e i documenti previsti dal paragrafo 2 sono predisposti
dal soggetto incaricato dell'offerta, l’intermediario committente ne accerta la conformità alle
disposizioni vigenti e l’idoneità a conseguire pienamente le finalità della disciplina in
materia di trasparenza”.
Per concludere, a conferma delle considerazioni cui è giunto il Collegio, non si può evitare
di rammentare che l’attività di promozione e negoziazione svolta dalla società di
arredamento Jolly S.p.A. è già stata oggetto del provvedimento con cui l’Autorità Garante
della Concorrenza e del Mercato, nell’adunanza del 5.8.2010, ha disposto nei confronti di
tale società la sospensione “di ogni attività diretta a promuovere, mediante telemarketing e
successive visite al domicilio dei consumatori, una tessera sconti gratuita che celerebbe la
vendita di articoli per la casa del professionista, nonché nel sottoporre ai consumatori
moduli che non riportano adeguate informazioni circa la loro natura di contratti d’acquisto”.
L’Autorità ha valutato che “la suddetta pratica potrebbe, per un verso, considerarsi
ingannevole in quanto al consumatore sarebbero fornite informazioni inesatte, incomplete
o non veritiere con specifico riferimento alle caratteristiche generali dell’offerta promossa,
nonché al prezzo e agli oneri da sostenere per aderire alla stessa; per altro verso, la
pratica potrebbe risultare aggressiva in quanto, per le modalità con cui vengono fatti
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stipulare i moduli ai consumatori e sono successivamente consegnati i prodotti che i
consumatori si sarebbero inconsapevolmente impegnati ad acquistare (ben prima dei
termini indicati nei moduli stessi), è idonea a condizionarne indebitamente la libertà di
scelta o il comportamento economico. Inoltre, si ritiene scorretta anche la condotta
consistente nella somministrazione dei moduli descritti in precedenza, nei quali non è
indicato in maniera chiara e trasparente la natura del rapporto, l’oggetto e il prezzo dei
prodotti che i consumatori saranno obbligati ad acquistare, ma recano solo un generico
impegno a spendere un determinato ammontare”.
P. Q. M.
Il Collegio accoglie il ricorso e dichiara l’invalidità del contratto di finanziamento
denunciato.
Il Collegio dispone inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario
corrisponda alla Banca d’Italia la somma di € 200,00, quale contributo alle spese
della procedura, e alla ricorrente la somma di € 20,00, quale rimborso della somma
versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1
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