09.W Boddi - Società Italiana di Medicina Interna

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09.W Boddi - Società Italiana di Medicina Interna
Emofilia A acquisita: descrizione di un caso clinico
in età geriatrica
Walter Boddi, Stefania Machetti, Nicola Sodi, Lucia Sammicheli, Graziella Cati, Giovanna Marotta,
Laura Sabatini*, Roberto Cappelli**
Acquired hemophilia is a rare coagulopathy in adults, associated with bleeding complications.
Although the etiology of this disorder remains obscure, an autoimmune mechanism produces the
development of autoantibodies against factor VIII. About half of cases are associated with other
conditions, mainly post-partum, underlying cancer, autoimmune disease. An 81-year-old male was
admitted to the hospital with extensive hematomas (neck, chest, arms and lower limbs). There was
no family or personal history of congenital bleeding diathesis. He had chronic bronchitis and cerebrovascular disease; no drugs had been used during the month prior to noted symptoms.
Laboratory parameters revealed: hemoglobin 10.9 g%, normal platelet count and white blood cells,
prolonged activated partial thromboplastin time (98 s), with normal prothrombin time and fibrinogen concentration. An activated partial thromboplastin time mixing study did not show any
correction, suggesting a coagulation inhibitor. Lupus anticoagulant and anticardiolipin antibodies were negative. Biochemical, immunological tests and tumor markers were normal. Thoracic
and abdominal computed tomographic scan did not reveal pathological images or hematomas.
Analysis of clotting factors revealed decreased factor VIII (< 2%) and elevated factor VIII
inhibitor (55 Bethesda units). Idiopathic acquired hemophilia diagnosis was made. Red blood cell
transfusion and human factor VIII (2000 U/day for 7 days) infusion were initiated, intravenously with methylprednisolone. A progressive improvement in clinical conditions and laboratory parameters was observed. After 18 days the patient was discharged and treated with prednisone. At
follow-up control the clinical conditions and laboratory parameters were normal.
(Ann Ital Med Int 2005; 20: 192-196)
Key words: Acquired hemophilia; Bleeding complications; Factor VIII inhibitors; Geriatric
patient.
Introduzione
che. Solitamente l’emorragia si presenta in forma severa,
può risultare fatale nel 20% dei casi, generalmente nelle
prime settimane dall’esordio della sintomatologia, raramente la malattia è diagnosticata in una fase preclinica, con
un riscontro occasionale di un allungamento del tempo di
tromboplastina parziale attivato (aPTT)1. Risultano utili
alla diagnosi, oltre ai segni clinici prima descritti ed all’allungamento dell’aPTT, la dimostrazione di ridotti livelli
di fattore VIII, con associata presenza dei relativi inibitori
espressi in unità Bethesda (BU/mL)8. Data la rarità della
malattia non esistono studi prospettici randomizzati, ma
studi retrospettivi di raccolte di casi clinici; non sono pertanto disponibili linee guida da cui ricavare indicazioni utili nella condotta terapeutica. Tuttavia gli obiettivi sono
identificabili nel controllo dell’emorragia e nell’eradicazione degli anticorpi anti-fattore VIII. Per raggiungere il
primo le opzioni disponibili sono rappresentate dall’impiego del fattore VII ricombinante, del fattore VIII (derivato da plasma umano, concentrati di fattore VIII ricombinante, concentrati di fattore VIII porcino), della desmopressina (1-deamino-8-d-arginina vasopressina), del
complesso protrombinico attivato, della plasmaferesi, delle immunoglobuline1. Costituiscono criterio di scelta: la
L’emofilia acquisita è una coagulopatia rara, caratterizzata dallo sviluppo, con meccanismo patogenetico autoimmune, di anticorpi contro il fattore VIII; si manifesta
con complicanze emorragiche che talvolta risultano fatali. I dati della letteratura relativi alla sua incidenza sono
limitati, tuttavia si ritrova approssimativamente 1 caso per
milione di abitanti per anno1. La localizzazione delle
emorragie è prevalentemente a livello cutaneo e muscolare, si possono osservare anche emorragie nell’apparato
digerente, urinario e respiratorio. Si differenzia dalla forma congenita dove si osservano prevalentemente emorragie
articolari1,2. Può associarsi a malattie autoimmuni (lupus
eritematoso sistemico, artrite reumatoide), a tumori solidi, a malattie linfoproliferative, alla gravidanza ed al postpartum3-6 ed anche alla somministrazione di farmaci4,5,7.
Nel 50% dei casi tuttavia si tratta di condizioni idiopati-
U.O. di Medicina Interna (Primario: Dr. Walter Boddi), Ospedale
Campostaggia, ASL 7 di Poggibonsi (SI), *U.O. Laboratorio di
Ematologia e Coagulazione (Direttore: Dr.ssa Laura Sabatini), Azienda
Ospedaliera Universitaria Senese, **Dipartimento di Medicina Interna,
Cardiovascolare e Geriatrica (Direttore: Prof. Sandro Forconi), Università
degli Studi di Siena
© 2005 CEPI Srl
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Walter Boddi et al.
gravità dell’emorragia, i livelli plasmatici di fattore VIII
e dell’inibitore. Il fattore VII ricombinante, impiegato
nel trattamento dell’emofilia congenita, costituisce l’opzione di scelta per il trattamento delle forme acquisite con
elevato titolo di inibitore9,10. L’impiego del fattore VIII
umano può essere considerato in caso di emorragie minori
e bassi livelli di anticorpi anti-fattore VIII (< 10 BU/mL)4.
La somministrazione di desmopressina produce un rapido incremento di fattore VIII e può essere utile nel caso
di emorragie di minore entità e con basso titolo di inibitore (< 3 BU/mL)2,11,12. L’impiego di immunoglobuline
ad alte dosi produce un controllo delle emorragie nel 2337% dei pazienti con basso titolo di inibitore13, anche se
i dati disponibili sono insufficienti per fornire indicazioni su una possibile azione delle immunoglobuline nella soppressione dell’inibitore1. In particolari condizioni cliniche,
nelle quali si richiede un rapido ripristino dell’emostasi può
essere impiegata la plasmaferesi, che ha tuttavia un effetto
temporaneo e richiede comunque una terapia sostitutiva14. Per l’eradicazione degli autoanticorpi o per la soppressione del clone cellulare responsabile della loro produzione sono indicate diverse possibilità. Viene proposto
come primo impiego l’uso degli steroidi da soli15,16, oppure in caso di insuccesso si possono associare a ciclofosfamide, vincristina, ciclosporina, immunoglobuline endovena1,17-21. Sono descritte delle remissioni spontanee,
tuttavia il paziente rimane a rischio elevato con il persistere degli autoanticorpi4.
de, presenza di numerosi ematomi cutanei nelle sedi prima descritte; non si rilevavano linfoadenopatie superficiali;
al torace iperfonesi diffusa con rari rumori secchi; al cuore toni puri e pause libere, pressione arteriosa 140/70
mmHg; addome pianeggiante trattabile non dolente né dolorabile, organi ipocondriaci nei limiti; iposfigmia dei
polsi arteriosi periferici agli arti inferiori; elettrocardiogramma normale. Gli esami di laboratorio eseguiti all’ingresso mostravano: anemia normocromica (emoglobina
10.9 g%); nei limiti la funzionalità renale ed epatica,
all’elettroforesi un incremento delle gamma-globuline
(25.3%) con protidemia totale normale. Nei limiti risultavano: il numero delle piastrine, il tempo di protrombina, il fibrinogeno, il D-dimero, mentre risultava allungato l’aPTT a 98 s (v.n. 28-35 s). Normale il tempo di emorragia. Negativa la ricerca del sangue occulto fecale e di
ematuria, entrambi ripetuti più volte. Nei 2 giorni successivi al ricovero il paziente si è ulteriormente anemizzato (emoglobina 7.9 g%) con incremento dell’ampiezza
degli ematomi. Nel frattempo era stata ricercata la causa
dell’allungamento dell’aPTT, che non risultava corretto
dall’aggiunta di plasma normale, indicando la presenza di
un inibitore della coagulazione. Negativa era risultata la
ricerca dell’anticoagulante lupico e degli anticorpi anticardiolipina. In considerazione del quadro clinico e degli
esami di laboratorio è stata ipotizzata la presenza di emofilia acquisita, confermata dalla riduzione del fattore VIII
(< 2%) e dalla presenza degli autoanticorpi specifici contro il fattore VIII a titolo elevato, 55 BU/mL22,23. Nella norma sono risultati: i fattori IX, X, XI, XII e XIII, e von
Willebrand, l’attivatore tissutale del plasminogeno, l’inibitore dell’attivatore del plasminogeno. Per la gravità delle manifestazioni emorragiche e il grado di anemizzazione raggiunta abbiamo praticato tre trasfusioni di sangue. È
stata effettuata terapia con fattore VIII umano alla dose di
2000 U/die endovena per 7 giorni ed è stata iniziata terapia steroidea con metilprednisolone alla dose di 80 mg/die
endovena per 9 giorni e poi a 40 mg/die nei 5 giorni successivi. Si è osservato un rapido miglioramento delle condizioni cliniche del paziente con progressiva riduzione
dell’aPTT fino a valori pressoché normali. Dopo 15 giorni dall’ingresso in ospedale l’emogramma mostrava valori di emoglobina di 12.4 g%, aPTT 40 s, gli inibitori specifici anti-fattore VIII 4.3 BU/mL, ai limiti della norma i
livelli di fattore VIII (Fig. 1). Gli ematomi presentavano
una normale evoluzione con progressivo riassorbimento.
Contemporaneamente sono stati eseguiti altri accertamenti
per ricercare le cause della malattia. Il dosaggio delle frazioni del complemento e delle immunoglobuline G, A ed
M era normale, con presenza all’immunofissazione di lievissima banda monoclonale di tipo immunoglobulina
Caso clinico
Nel gennaio 2003 si ricoverava presso l’U.O. di Medicina Interna un uomo di 81 anni, in seguito alla comparsa di emorragie cutanee diffuse insorte in pochi giorni, con
ematomi localizzati alla base del collo, nella parete toracica bilateralmente, agli arti superiori ed inferiori. Non
c’era storia personale e familiare di malattie emorragiche,
non venivano riferiti traumi, non erano presenti ematuria
o melena. Il paziente non aveva assunto farmaci. I familiari riferivano un rallentamento ideo-motorio comparso
negli ultimi mesi. Nell’anamnesi patologica remota veniva
riferito: fumo di sigaretta da molti anni ed una broncopneumopatia cronica ostruttiva con periodiche riacutizzazioni, un attacco ischemico transitorio nel 1988 e 2 anni prima l’asportazione di un papilloma vescicale. Non era
presente ipertensione arteriosa, né diabete mellito. Due mesi prima del ricovero il paziente aveva eseguito degli esami ematochimici per un controllo di routine ed erano risultati normali, compreso l’assetto coagulativo. Obiettivamente all’ingresso il paziente si presentava orientato
nel tempo e nello spazio, in scadenti condizioni di nutrizione, buono lo stato di idratazione, cute e mucose palli-
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Ann Ital Med Int Vol 20, N 3 Luglio-Settembre 2005
FIGURA 1. Andamento dei parametri di laboratorio durante il ricovero in relazione alla terapia. Sull’asse orizzontale i giorni di degenza; sull’asse verticale di destra i valori di emoglobina (Hb, g%); sull’asse verticale di sinistra i valori di tempo di tromboplastina parziale attivato (aPTT) (s), del fattore VIII (%), degli anticorpi anti-fattore VIII (BU/mL).
M/kappa, non confermata nei controlli successivi. I marker
tumorali (antigene carcinoembrionale, CA 125, CA 19-9,
alfafetoproteina, antigene prostatico specifico) sono risultati nei limiti. Negativa è risultata la ricerca di anticorpi antinucleo, anti-DNA nativo, antiantigeni nucleari estraibili; negativi il reuma test e la reazione di Waaler-Rose. La
tomografia assiale computerizzata del torace e dell’addome ha escluso sia la presenza di raccolte ematiche in sede
toracica e retroperitoneale, sia la presenza di masse riferibili a neoplasie. La tomografia assiale computerizzata del
cranio non ha rilevato lesioni encefaliche espansive né
modificazioni del sistema liquorale.
Alla dimissione il paziente ha continuato la terapia steroidea con prednisone alla dose di 50 mg/die per os, dose che è stata progressivamente ridotta nelle 4 settimane
successive, dimezzando la dose giornaliera ogni settimana. Dopo 1 mese il paziente è tornato alla nostra osservazione per una riacutizzazione della broncopneumopatia cronica ostruttiva, gli ematomi erano in regressione, i
valori di aPTT erano normali, nei limiti i valori di fattore VIII, negativa la ricerca degli inibitori del fattore VIII,
la cui presenza durante il ricovero poteva essere così considerata transitoria e la terapia cortisonica da sola aveva
dimostrato la sua efficacia nel controllo degli inibitori.
Anche gli altri esami ematochimici erano nella norma,
compresa l’elettroforesi delle proteine. Il paziente è sta-
to dimesso in discrete condizioni generali e con risoluzione
apparente della malattia ematologica. Abbiamo seguito il
paziente con un follow-up telefonico, consigliando di
controllare ogni 2 settimane l’emocromo, il tempo di protrombina, l’aPTT nei 3 mesi successivi. Gli esami di laboratorio sono risultati sempre nella norma. Dopo 1 anno il paziente è stato rivalutato e non presentava segni di
ripresa della malattia emorragica. I test di laboratorio relativi alla coagulazione si mantenevano nei limiti. Non erano emersi dati clinici e strumentali riferibili alla presenza di una neoplasia. Abbiamo considerato il paziente guarito dall’emofilia acquisita, che è stata considerata come
una forma idiopatica.
Discussione
In questa presentazione viene riferito il caso di un paziente anziano con emofilia acquisita, patologia di rara osservazione, esordita con emorragie cutanee diffuse. Questa
localizzazione è tipica delle forme acquisite di emofilia e
si differenzia dalla forma congenita dove l’interessamento
è prevalentemente articolare. Secondo una recente revisione della casistica, la localizzazione sottocutanea
dell’emorragia è presente nell’88% dei soggetti e nel 33%
è l’unica localizzazione15, come nel nostro paziente. Sono
tuttavia presenti, nella forma acquisita, altre localizza-
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Walter Boddi et al.
zioni emorragiche (retroperitoneo, apparato digerente,
apparato urinario), che può essere opportuno ricercare1. La
malattia costituisce un’emergenza medica, tanto che il
75% dei pazienti richiede una trasfusione10; presenta una
mortalità elevata soprattutto nelle prime settimane dall’esordio clinico e nel soggetto anziano1. A tal proposito
è necessario un rapido inquadramento diagnostico, guidato
dai dati clinici e confermato da quelli di laboratorio, con
il dosaggio dei livelli del fattore VIII ed il titolo dei suoi
inibitori1,2,5,8. Questi parametri di laboratorio se da un lato sono indispensabili per l’esatta definizione diagnostica, dall’altro non sembrano avere un valore predittivo
per la definizione della gravità dell’emorragia4,13, inoltre
inaspettatamente i soggetti con livelli di inibitore più elevato sembrano avere una prognosi migliore1. Nel nostro
caso la ricerca del meccanismo patogenetico è stata infruttuosa, come del resto capita nella metà dei casi, che risultano di natura idiopatica4,5. Non sono emersi elementi a cui poter attribuire la responsabilità dell’attivazione della malattia emorragica. Il rilievo di una banda monoclonale all’immunoelettroforesi, peraltro non confermata in
controlli successivi, non ha configurato un quadro di malattia linfoproliferativa. È stata esclusa la presenza di malattie del collageno sia dal punto di vista clinico che di laboratorio. È stata esclusa la presenza di una neoplasia, anche al follow-up ad 1 anno di distanza. Per quanto riguarda
l’esordio della malattia, il paziente aveva eseguito 2 mesi prima del ricovero gli esami di laboratorio, che comprendevano anche tempo di protrombina ed aPTT risultati normali. Questi dati confermano l’imprevedibilità
dell’esordio clinico della malattia. Per quanto riguarda la
terapia non esistono delle indicazioni strutturate come linee guida, tuttavia in caso di elevati livelli di inibitore l’opzione da preferire è quella dell’impiego del fattore VII ricombinante9. Nel nostro caso ci siamo trovati costretti ad
impiegare il fattore VIII umano, essendo l’unico disponibile, in quel momento, presso la farmacia ospedaliera.
Per l’eradicazione degli inibitori sono proposte diverse strategie che prevedono l’impiego degli steroidi, da soli o in
associazione con ciclofosfamide, azatioprina, immunoglobuline endovena. L’impiego degli immunosoppressori porta ad un buon controllo degli inibitori nella quasi totalità dei pazienti, anche se nonostante l’eradicazione, la
mortalità riguarda un terzo dei soggetti trattati4. La ciclofosfamide si è dimostrata superiore al cortisone nell’eradicazione degli inibitori, ma non nella sopravvivenza.
Infatti sono stati osservati più decessi per le conseguenze dell’immunosoppressione che non per l’emorragia1-4.
Nell’emofilia acquisita sono considerati fattori prognostici
negativi: la presenza di comorbilità, l’età avanzata e la non
completa remissione degli inibitori1. La nostra scelta si è
indirizzata verso l’impiego esclusivo del cortisone, in re-
lazione ai possibili effetti collaterali della terapia immunosoppressiva, più frequenti nei soggetti anziani1. Questa
strategia terapeutica è stata adottata con successo anche
in un altro caso clinico descritto recentemente24.
In conclusione, l’emofilia acquisita è una malattia rara che
tuttavia deve essere sospettata in presenza di emorragie
massive, approntando un corretto percorso diagnostico.
L’impiego del fattore VII ricombinante è l’opzione terapeutica da preferire nel controllo dell’emorragia, soprattutto
in presenza di livelli elevati di autoanticorpi; può tuttavia
essere proposto anche l’impiego del fattore VIII. L’impiego della terapia steroidea può essere sufficiente nella soppressione degli inibitori del fattore VIII, ma può essere necessario ricorre anche all’impiego di immunosoppressori.
Riassunto
L’emofilia acquisita è una coagulopatia rara, caratterizzata dallo sviluppo, con meccanismo patogenetico autoimmune, di anticorpi contro il fattore VIII; si manifesta
con complicanze emorragiche che talvolta risultano fatali. Nella metà dei casi l’etiologia rimane sconosciuta; può
associarsi a neoplasie, malattie del collageno, alla gravidanza. Un uomo di 81 anni è stato ricoverato per la comparsa di emorragie sottocutanee (base del collo, parete toracica, arti superiori ed inferiori). Non era presente storia
personale e familiare di malattie emorragiche. Il paziente da molti anni presentava bronchite cronica ostruttiva,
15 anni prima aveva avuto un attacco ischemico transitorio.
Due mesi prima del ricovero aveva eseguito esami ematochimici di routine risultati normali, non assumeva alcuna
terapia. All’ingresso si presentava in scadenti condizioni
generali con ematomi cutanei diffusi. Dagli esami di laboratorio emergevano: anemia grave, allungamento del
tempo di tromboplastina parziale attivato a 98 s, normale il numero delle piastrine, il fibrinogeno ed il tempo di
protrombina, negativa la ricerca dell’anticoagulante lupico
e degli anticorpi anticardiolipina. Una tomografia assiale computerizzata del torace e dell’addome escludeva la
presenza di masse o ematomi, negativa la ricerca dei
marker tumorali e di malattie del collageno. Era presente una riduzione del fattore VIII (< 2%) e la ricerca di anticorpi anti-fattore VIII risultava positiva (55 unità
Bethesda). È stata fatta diagnosi di emofilia acquisita
idiopatica. Sono state effettuate tre trasfusioni di sangue,
sono stati somministrati il fattore VIII umano (2000 U/die
per 7 giorni) e steroidi. Si è osservato un progressivo miglioramento del quadro clinico e normalizzazione dei dati di laboratorio.
Parole chiave: Complicanze emorragiche; Emofilia acquisita; Inibitori del fattore VIII; Paziente anziano.
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Manoscritto ricevuto il 24.6.2004, accettato l’11.7.2005.
Per la corrispondenza:
Dr. Walter Boddi, U.O. di Medicina Interna, Ospedale Campostaggia, ASL 7, Località Campostaggia, 53026 Poggibonsi (SI).
E-mail: [email protected]
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