Il ruolo delle emozioni nell`apprendimento della matematica

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Il ruolo delle emozioni nell`apprendimento della matematica
PERCORSI DIDATTICI
Il ruolo delle emozioni
nell’apprendimento
della matematica
Paola Demarchi
SECONDO GLI STUDI SULLE CONVINZIONI L’APPRENDIMENTO DI UNO STUDENTE È ORIENTATO DAL
BAGAGLIO DI IDEE PERSONALI CHE HA COSTRUITO DURANTE LA PROPRIA ESPERIENZA SCOLASTICA
ED EXTRASCOLASTICA: LE STESSE INFLUISCONO ANCHE NELL’APPRENDIMENTO DELLA MATEMATICA.
li studi sulle convinzioni pongono le basi per lo
studio del legame tra convinzioni, emozioni e apprendimento della matematica. Nel seguente articolo, a una prima presentazione teorica del tema,
seguiranno i risultati di una ricerca sul campo effettuata
attraverso la somministrazione di un questionario in un
istituto tecnico per geometri.
G
Gli studi sulle convinzioni
Il matematico Schoenfeld afferma che all’alunno «non occorre conoscere tanta matematica se le sue credenze gli
impediscono di usarla»1.
Gli studi sulle convinzioni permettono di affermare che
l’apprendimento di uno studente è orientato dal bagaglio
di idee personali che si è costruito durante la propria
esperienza scolastica ed extrascolastica. Tali idee, del
tutto spontanee e non legate alle conoscenze oggettive legate alla disciplina, «svolgono un ruolo di filtro rispetto
al modo di apprendere, interpretare ed elaborare le nuove
informazioni»2 (Boscolo). In base a tali convinzioni,
l’alunno costruisce sia un’immagine di sé e delle proprie
abilità in relazione alla disciplina sia un’idea personale
della materia e del suo valore. Questo sistema di idee influenza l’apprendimento dell’alunno, fornendogli, a seconda dei casi, un valido supporto per sostenere gli sforzi
nel processo di apprendimento, oppure un condizionamento negativo che rende vano ogni tentativo di riuscita.
Secondo Schoenfeld, che si è occupato di problem solving
in Matematica, fra le convinzioni che influenzano i processi di controllo e più in generale le decisioni prese da
un soggetto che deve risolvere un problema, sono particolarmente significative le convinzioni sulla disciplina, le
convinzioni sull’ambiente, le convinzioni sul compito e
le convinzioni su di sé.
Nuova Secondaria - n. 9 2015 - Anno XXXII
I vari tipi di convinzioni interagiscono tra loro poiché nascono dal tentativo di dare un senso a una realtà complessa
come è quella dell’esperienza matematica, in cui sono coinvolti tanti elementi: la classe, l’insegnante, il curricolo, la
famiglia. La categorizzazione proposta da Schoenfeld permette di analizzare in modo più sistematico i comportamenti e le risposte degli allievi, fornendo anche importanti
indicazioni per progettare adeguate azioni per il recupero.
La ricercatrice Rosetta Zan generalizza il concetto di
compito di Schoenfeld, considerandolo non «necessariamente interno alla matematica, ma può essere [rappresentato da] una situazione problematica che l’allievo incontra nel contesto dell’attività matematica come: ottenere
la sufficienza a una verifica, recuperare un voto negativo
in pagella»3.
Da questo punto di vista, l’ambiente contribuisce anch’esso a caratterizzare il compito e quindi le convinzioni
sul compito comprendono anche quelle che Schoenfeld
indicava come convinzioni sull’ambiente.
Zan ricorda anche che assumono particolare importanza
le convinzioni che un allievo ha su cosa significa aver successo in matematica, sugli obiettivi dell’insegnamento e
sulle aspettative dell’insegnante, sulle cause del successo
o sulle strategie da attivare per aver successo.
Le categorie di Schoenfeld possono quindi essere così riformulate: le convinzioni sul compito, le teorie del successo,
le convinzioni sulla matematica, le convinzioni su di sé.
1. A. Schoenfeld, Learning to Think Matematically: Problem Solving, Metacognition and Sense Making in Mathematics, in A.D. Grows, Handbook of Research on Mathematics Learning and Teaching, McMillan, New York 1992.
2. P. Boscolo, Psicologia dell’apprendimento scolastico. Aspetti cognitivi e motivazionali, UTET, Torino 1997.
3. R. Zan, Difficoltà in Matematica, Osservare, interpretare, intervenire, Springer, Milano 2007.
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PERCORSI DIDATTICI
Figura 1.
Convinzioni sul compito
Le convinzioni sul compito (sia esso un esercizio, un
problema, oppure un compito in senso generale, come ad
esempio il compito di recuperare l’insufficienza di una verifica) faranno in modo che l’alunno scelga una strada
piuttosto che un’altra per cercare una soluzione e queste
convinzioni non gli permetteranno di esplorare altre vie
alternative, spesso addirittura più utili nel contesto.
Un esempio di quanto affermato è fornito dal seguente
problema: Trova almeno una soluzione dell’equazione
4 x3 – x4 = 30, oppure spiega perché non esistono soluzioni (Dreyfus4).
Le parole “equazione”, “trova” e “soluzione” porteranno
gli alunni a supporre che il problema sia da risolvere nell’ambito dell’algebra e cercheranno quindi di ricondursi
a procedimenti noti. Poiché si tratta di un’equazione di
quarto grado per le quali non si studiano particolari formule risolutive, l’alunno continuerà a cercare un aiuto
nelle procedure che ha imparato e probabilmente cercherà di scomporre il polinomio 4 x3 – x4 – 30 con il teorema di Ruffini. Non trovando una scomposizione, concluderà un po’ frettolosamente che l’equazione è
impossibile, senza soffermarsi sul fatto che il procedimento da lui seguito gli avrebbe comunque permesso solamente di trovare le eventuali soluzioni razionali.
L’alunno un po’ più riflessivo potrebbe ancora soffermarsi
un momento sul problema, ma poi la conclusione sarebbe la stessa: «Il professore mi ha dato da risolvere
un’equazione, io ho utilizzato tutti i metodi che lui mi ha
insegnato, quindi se non ho trovato soluzioni è perché non
ce ne sono».
Ma chi l’ha detto che per risolvere un’equazione non si
possono percorrere altre vie? Perché non si può tradurre
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il problema in altri termini? Cercare una soluzione dell’equazione proposta significa controllare se la funzione
f(x) = 4 x3 – x4 assume il valore 30. Utilizzando un software di Matematica, ad esempio Geogebra, si può rappresentare velocemente il grafico di tale funzione e osservare se il valore 30 è raggiunto oppure no. Con
Geogebra si ottiene ad esempio il grafico osservabile
nella Figura 1.
Dall’analisi del grafico si scopre immediatamente che la
funzione non raggiunge mai il valore 30 e quindi l’equazione proposta non ha soluzioni reali.
La maggior parte degli alunni non avrà però nemmeno
provato a ipotizzare una simile soluzione, perché la convinzione che il compito fosse nel campo dell’algebra non
ha permesso loro di avanzare altre ipotesi coinvolgenti le
funzioni e la loro rappresentazione.
Teorie del successo
Le teorie del successo riguardano le convinzioni sull’insegnamento e sull’apprendimento della matematica, sulle
aspettative dell’insegnante e sulle strategie da adottare per
avere successo in Matematica. Tipici esempi sono le seguenti convinzioni: “Per studiare matematica basta fare
esercizi, non è necessario studiare la teoria”; “Il buon senso
in matematica non serve”; “Per imparare la matematica ci
vuole tanta memoria”; “Per andare bene in matematica bisogna essere portati e io non lo sono”. Alcune di queste convinzioni sono molto radicate e risultano difficili da sfatare,
soprattutto negli allievi con difficoltà in matematica. Inol-
4. T. Dreyfus, Advanced mathematical thinking processes, in D. Tall (ed.), Advanced Mathematical Thinking, Kluwer Academic Publishers, Dordrecht 1991.
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tre influenzano il metodo di studio degli alunni, le loro modalità di recupero e il loro rapporto con la disciplina.
Influiscono inoltre sull’apprendimento anche le sensazioni
e le emozioni che si possono provare nel fare matematica.
Nel 1980 Sandman5, nel suo Inventario di atteggiamenti
verso la matematica considerava sei aspetti: la percezione dell’insegnante di matematica, l’ansia e il disagio
nei confronti della matematica, il concetto di sé nei riguardi della matematica, il valore della matematica nella
società, il piacere nel fare matematica, la motivazione nel
fare matematica al di là delle richieste scolastiche.
Negli studi di Pellerey e Orio6 viene sottolineato il fatto
che le emozioni negative associate alla matematica (rabbia, ansia, frustrazione, noia, senso di malessere) prevalgono rispetto a quelle positive (felicità, divertimento, sollievo, fiducia). Spesso, infatti, la prima emozione è la
paura: paura di non capire, paura di sbagliare, paura di
non ricordare, paura di mostrare le proprie difficoltà ai
compagni o ai docenti, paura di apparire inadeguati.
Dalle ricerche condotte è emerso che tali sensazioni negative nascono abbastanza presto nell’esperienza degli
alunni e crescono con l’aumentare delle difficoltà incontrate. I due momenti cruciali individuati sono l’introduzione dei numeri decimali e l’inizio dell’algebra. Tali
emozioni negative sono spesso causate dalla mancanza di
comprensione di ciò che si studia, dal disorientamento
provocato dalla sensazione di muoversi in un terreno
poco conosciuto, confuso e pieno di trappole e insidie, nel
quale non si comprende che cosa sia importante e perché.
Ne segue una progressiva percezione di inadeguatezza e
di incapacità insuperabile nel capire e nel risolvere problemi e questioni di matematica, ansia incontrollabile
durante le lezioni o le prove di verifica di matematica.
La ricerca sul campo: metodo e procedura
Per indagare i forti legami tra convinzioni, emozioni e difficoltà in matematica esposti precedentemente, è stato
somministrato un questionario in un istituto tecnico per
geometri (sede di servizio durante l’a.s. 2013/2014). Sono
stati coinvolti 90 studenti, di cui 6 con disturbi specifici
dell’apprendimento (4 dislessici, 1 disortografico – discalculico – dislessico, 1 dislessico – discalculico).
Gli item del questionario (che si trovano nella tabella presente nel successivo paragrafo Risultati del questionario)
riguardano tre diversi aspetti:
● le sensazioni e le emozioni provate durante la lezione o
lo svolgimento di un compito di matematica;
● le convinzioni sulla disciplina e le teorie del successo;
● le difficoltà riscontrate dagli studenti nella materia.
Le domande sulle emozioni e sulle convinzioni sono in
parte riprese dal questionario Metacognizione e MateNuova Secondaria - n. 9 2015 - Anno XXXII
matica (Cornoldi, Caponi, Falco, Focchiatti, Lucangeli),
opportunamente modificate per adattarle alla fascia d’età
maggiore dei 14 anni (il questionario Metacognizione e
Matematica si rivolge infatti agli alunni della primaria e
della secondaria di primo grado). La sezione riguardante
gli errori è invece composta da domande elaborate prendendo spunto dalle difficoltà in matematica osservate più
frequentemente durante gli anni di insegnamento.
Risultati del questionario
Nella Tabella 1 alle pp. 86-87 si trovano i risultati ottenuti. Per ogni domanda sono state calcolate le percentuali
rispetto al gruppo totale degli alunni intervistati, a quello
degli studenti con DSA e a quello degli studenti che non
presentano disturbi specifici d’apprendimento, per verificare se questi ultimi possono influire sulle emozioni e
sulle convinzioni sulla matematica.
Emerge il fatto che molte delle difficoltà in matematica dichiarate dagli alunni con DSA sono sentite in ugual misura dai compagni che non presentano disturbi specifici
dell’apprendimento.
Di seguito, sono evidenziate alcune delle criticità in cui
le percentuali raggiunte dagli allievi che non presentano
disturbi specifici dell’apprendimento sono molto vicine a
quelle dichiarate dagli alunni con DSA:
● più del 60% degli alunni afferma di stancarsi maggiormente mentre svolge attività di matematica piuttosto
che di altre materie;
● più del 70% riferisce di sentire agitazione durante le verifiche di matematica;
● più dell’80% degli allievi afferma di lasciar perdere
l’esercizio, se non riesce a risolverlo al primo tentativo;
● più del 70% degli studenti afferma che un problema o
si risolve subito o non si riuscirà mai a risolverlo;
● il 46% degli alunni si sente “poco intelligente” se non
riesce a risolvere l’esercizio o non riesce a capire la
spiegazione;
● addirittura l’86% degli alunni ammette di “bloccarsi”
almeno qualche volta, senza sapere come procedere
per andare avanti;
● il 77% dichiara di “non capire quali formule utilizzare
e come utilizzarle”;
● il 53% “fa fatica a comprendere le richieste degli esercizi”;
● il 78% afferma che “ricorda di più i concetti se riesce
a visualizzarli in qualche modo”.
5. R.S. Sandman, The Mathematics Attitude Inventory: Instrument and User’s
Manual, in «Journal for Research in Mathematics Education», 2 (11), 1980, pp.
148-149.
6. M. Pellerey - F. Orio, La dimensione affettiva e motivazionale nei processi di
apprendimento della matematica, in «ISRE», 2, 1996, pp. 52-73.
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PERCORSI DIDATTICI
DSA
TOTALE
Spesso Talvolta
Durante lo svolgimento di un compito di
Matematica mi capita di chiedermi se sto
62,2%
procedendo bene.
Mentre svolgo esercizi di Matematica mi capita
di pensare che è divertente vedere se si riesce a
21,1%
trovare la soluzione giusta.
Mi capita di provare una stanchezza maggiore di
quella che sento quando lavoro con le altre
10,0%
materie.
Se al primo tentativo sbaglio l’esercizio, lascio
14,4%
stare.
Se risulta che ho sbagliato l’esercizio, mi viene
26,7%
la voglia di riprovare.
Mi lascio prendere dall’agitazione e dall’ansia
33,3%
quando non so come andare avanti.
Di fronte a un problema di Matematica, ho
l’impressione che o lo risolverò immediatamente 35,6%
o non lo risolverò mai.
Provo malessere (mal di pancia o altro) durante
5,6%
le verifiche
Mi capita di bloccarmi e di non sapere come
28,9%
andare avanti.
Mi distraggo facilmente e penso ad altro mentre
26,7%
svolgo gli esercizi.
Mi domando se l’esercizio che sto risolvendo è
simile a uno già incontrato, lo riconosco e cerco 42,2%
di risolverlo.
Mi dispiace sbagliare l’esercizio davanti ai
23,3%
compagni.
In Matematica procedo sempre con pazienza e
32,2%
tranquillità.
Spesso ho bisogno di conferme e mi rivolgo ai
52,2%
compagni o al docente.
Se mi capita di non riuscire nell’esercizio o nella
13,3%
verifica, penso di essere poco intelligente.
Prima di consegnare il compito in classe di
Matematica ripercorro le tappe di come ho
45,6%
proceduto, controllo e mi soffermo sui punti che
mi hanno creato più problemi.
Quando devo svolgere degli esercizi di
16,7%
Matematica, cerco di terminare prima possibile.
Non mi soffermo sugli errori commessi, perché
1,1%
ritengo che dagli errori non si impari nulla.
Rifletto sugli errori commessi, per capirli e non
62,2%
ripeterli.
Non ricordo le formule o i procedimenti.
12,2%
Faccio fatica a risolvere l’esercizio anche se
10,0%
posso consultare le formule o gli appunti.
Non capisco quali formule o procedimenti devo
13,3%
applicare.
Per risolvere l’esercizio ho bisogno di un
15,6%
suggerimento iniziale.
Gli esercizi delle verifiche mi sembrano sempre
28,90%
diversi da quelli svolti in classe o a casa.
86
NON DSA
Mai
Spesso Talvolta
Mai
Spesso Talvolta
Mai
33,3%
4,4%
83,3%
16,7%
0,0%
60,7%
34,5%
4,8%
43,3%
35,6%
0,0%
83,3%
16,7%
22,6%
40,5%
36,9%
55,6%
34,4%
16,7%
50,0%
33,3%
9,5%
56,0%
34,5%
65,6%
20,0%
16,7%
83,3%
0,0%
14,3%
64,3%
21,4%
50,0%
23,3%
33,3%
50,0%
16,7%
26,2%
50,0%
23,8%
40,0%
26,7%
83,3%
0,0%
16,7%
29,8%
42,9%
27,4%
38,9%
25,6%
50,0%
50,0%
0,0%
34,5%
38,1%
27,4%
24,4%
70,0%
0,0%
50,0%
50,0%
6,0%
22,6%
71,4%
57,8%
13,3%
50,0%
33,3%
16,7%
27,4%
59,5%
13,1%
46,7%
26,7%
50,0%
16,7%
33,3%
25,0%
48,8%
26,2%
46,7%
11,1%
33,3%
50,0%
16,7%
42,9%
46,4%
10,7%
35,6%
38,9%
50,0%
0,0%
50,0%
21,4%
38,1%
38,1%
52,2%
15,6%
50,0%
50,0%
0,0%
31,0%
52,4%
16,7%
43,3%
4,4%
83,3%
16,7%
0,0%
50,0%
45,2%
4,8%
34,4%
52,20%
50,0%
16,7%
33,3%
10,7%
35,7%
53,6%
41,1%
13,3%
50,0%
33,3%
16,7%
45,2%
41,7%
13,1%
45,6%
37,8%
0,00%
83,3%
16,7%
17,9%
42,9%
39,3%
11,1%
87,8%
0,0%
0,0%
100,00%
1,2%
11,9%
86,9%
36,7%
1,1%
66,7%
33,3%
0,0%
61,9%
36,9%
1,2%
70,0%
17,8%
16,7%
83,3%
0,0%
11,9%
69,0%
19,0%
35,6%
54,4%
33,3%
16,7%
50,0%
8,3%
36,9%
54,8%
64,4%
22,2%
16,7%
66,7%
16,7%
13,1%
64,3%
22,6%
61,1%
23,3%
33,3%
50,0%
16,7%
14,3%
61,9%
23,8%
32,2%
36,7%
33,3%
16,7%
50,0%
28,6%
33,3%
35,7%
Nuova Secondaria - n. 9 2015 - Anno XXXII
PERCORSI DIDATTICI
Utilizzo i procedimenti corretti, ma faccio errori
di calcolo.
Faccio fatica a individuare che cosa chiede
l’esercizio.
Non riesco a risolvere un problema se prima di
giungere al risultato richiesto sono necessari
passaggi intermedi non esplicitati nella domanda.
Lascio la verifica incompleta, perché non riesco
a utilizzare efficacemente il tempo a
disposizione.
Appena l’insegnante consegna la verifica, inizio
lo svolgimento dal primo esercizio senza dare
uno sguardo d’insieme a tutto il compito.
Mi ricordo di più i concetti se riesco a
visualizzarli in qualche modo (es. immagini,
colori, file con Geogebra o altri software,...)
26,7%
65,6%
7,8%
16,7%
83,3%
0,0%
27,4%
64,3%
8,3%
7,8%
46,7%
45,6%
33,3%
33,3%
33,3%
6,0%
47,6%
46,4%
12,2%
50,0%
37,8%
50,0%
50,0%
0,0%
9,5%
50,0%
40,5%
18,9%
45,6%
35,6%
33,3%
50,0%
16,7%
17,9%
45,2%
36,9%
28,9%
27,8%
43,3%
16,7%
66,7%
16,7%
29,8%
25,0%
45,2%
28,9%
50,0%
23,3%
66,7%
16,7%
16,7%
26,2%
52,4%
23,8%
Discussione e conclusioni
Dall’analisi delle risposte al questionario e dalla convinzione che «non esiste una didattica della matematica per
DSA, ma esiste la Didattica che tiene conto delle esigenze
di tutti gli alunni»7, segue che nell’azione di insegnamento
non si devono cercare strategie didattiche particolari da
utilizzare solo per gli alunni con DSA, ma si deve far uso
di metodologie che tengano conto delle esigenze di tutti
gli alunni, favorendo una didattica inclusiva.
Per cercare le strategie adatte alla classe che ci si trova di
fronte, si dovrebbe trovare spazio per alcune attività necessarie per comprendere quali sono i reali bisogni educativi degli alunni, ad esempio:
● Portare alla luce le convinzioni e le emozioni degli allievi sulla matematica e sulle cause di successo e insuccesso.
Le convinzioni che si possono far emergere più facilmente sono le teorie del successo e le attribuzioni di successo/fallimento, che a loro volta danno indicazioni sulla
visione della matematica che l’allievo sta costruendo e
sulle convinzioni su di sé. Ma è anche possibile indagare
sulle emozioni che un allievo associa a un’attività matematica, proponendo ad esempio delle attività (anche solo
esercizi o problemi) e chiedendo esplicitamente di motivare tali emozioni. Conoscere le emozioni e le convinzioni
permetterà al docente di comprendere qual è l’origine
delle difficoltà dell’alunno, ma gli permetterà anche di capire come progettare una valida azione di recupero. È
però fondamentale che il docente creda che le convinzioni
sulla matematica si possano modificare, anche in studenti
che hanno già alle spalle un buon numero di anni di scuola,
come gli alunni della scuola secondaria di secondo grado.
● Analizzare con gli studenti gli errori e i misconcetti, utilizzando l’errore come risorsa e aiutando la riflessione
sui procedimenti e ragionamenti seguiti.
Nuova Secondaria - n. 9 2015 - Anno XXXII
Il termine misconcetto indica «un fraintendimento od una
concezione errata, che ha però una sua logica interna»8.
Non si tratta infatti di semplici errori, ma di convinzioni
determinate dal fatto che l’allievo interpreta l’esperienza
con la matematica e in particolare i messaggi dell’insegnante che hanno come oggetto algoritmi, termini, simboli, proprietà, concetti. L’alunno dà un senso a questi
messaggi in base alle proprie conoscenze ma anche in
base alle proprie convinzioni. Risulta però chiaro che le
emozioni nei confronti della Matematica nascono a seconda di come l’allievo interpreta tale esperienza. È
quindi il clima della classe, a sua volta determinato dalle
scelte didattiche dell’insegnante, a favorire l’insorgere di
un certo tipo di emozioni. Un ambiente collaborativo, in
cui l’attività matematica è centrata sui processi anziché sui
prodotti, in cui il senso di abilità è associato alla consapevolezza di pensare piuttosto che alla correttezza del risultato, permette di vivere positivamente anche l’esperienza di errore.
Per comprendere come l’errore può essere vissuto positivamente, la ricercatrice italo-americana Raffaella Borasi
propone la metafora di perdersi in una città, per evocare
le sensazioni ed emozioni a essa associate e richiamare
quindi gli aspetti affettivi coinvolti nel commettere errori
a scuola. La metafora descrive tre situazioni diverse:
Scenario 1. Se una persona deve raggiungere velocemente una certa destinazione, ad esempio perché ha un appuntamento importante o perché deve raggiungere l’ospedale più vicino per un’emergenza, ovviamente il fatto di
7. Dall’intervento del prof. Roberto Imperiale (Vicepresidente Nazionale Gruppo
di Ricerca Matematica e Difficoltà) al convegno Didattica della Matematica per
Dsa tenutosi il 19 ottobre 2013 a Torino.
8. R. Zan, Difficoltà in Matematica. Osservare, interpretare, intervenire, Springer, Milano 2007, p. 75.
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PERCORSI DIDATTICI
perdersi verrà percepito come un problema, e i suoi sforzi
saranno indirizzati a raggiungere la destinazione voluta
senza ritardi. In questo scenario il protagonista si sentirà
ansioso, frustrato, e non avrà nessuna voglia di rischiare
di perdere altro tempo.
Scenario 2. Le reazioni saranno invece molto diverse se
la stessa persona si perde tornando a casa dopo il lavoro,
essendosi trasferito in un nuovo quartiere o città da poco
tempo. Dato che questo tragitto sarà quello da percorrere
quasi quotidianamente, magari con qualche variazione per
passare a prendere un amico o per fare qualche commissione lungo la strada, in questo caso la persona non si
porrà come obiettivo quello di arrivare il più presto possibile a casa. Piuttosto potrebbe essere motivato a esplorare la zona, a cercare di fissare dei punti di riferimento
utili in futuro, e più in generale a usare questa occasione
per conoscere meglio la zona in cui si è trasferito.
Scenario 3. Immaginiamo ora che la stessa persona sia in
vacanza e stia visitando una città per la prima volta. Anche se ha in mente una destinazione precisa da visitare,
probabilmente abbandonerà volentieri il programma previsto, soprattutto se si imbatte in qualcosa che lo incuriosisce o lo attrae. Si potrebbe addirittura affermare che,
per un turista, il fatto di perdersi è un’avventura piacevole,
perché offre opportunità per esplorare luoghi inaspettati,
non segnalati dalle guide, e che invece permettono di capire meglio com’è davvero la realtà di una città nuova.
Gli ultimi due scenari, conclude Borasi, suggeriscono la
possibilità che anche commettere errori a scuola non sia
percepito come qualcosa di negativo, un’esperienza da evitare, ma come un’opportunità per imparare. Le emozioni
diverse, che nei tre differenti scenari sono associate alla
BIBLIOGRAFIA
Caponi B. - Cornoldi C.- Falco G. - Focchiatti R. - Lucangeli
D. - Todeschini M., Test MeMa. Valutare la metacognizione , gli
atteggiamenti negativi e l’ansia in matematica, Erickson, Trento
2012.
Contardi A. - Piochi B., Le difficoltà nell’apprendimento della
Matematica, Erickson, Trento 2002.
Pellerey M., Continuità e discontinuità nello sviluppo degli
atteggiamenti e delle conoscenze e competenze in ambito
matematico, in «Notiziario dell’Unione Matematica Italiana», 7,
1997.
Sandman R.S., The Mathematics Attitude Inventory: Instrument
and User’s Manual, in «Journal for Research in Mathematics
Education», 2 (11), 1980, pp. 148-149.
Schoenfeld A., Learning to Think Matematically: Problem
Solving, Metacognition and Sense Making in Mathematics, in
Grows A.D. (ed.), Handbook of Research on Mathematics
Learning and Teaching, McMillan, New York 1992.
88
stessa esperienza, sottolineano poi il ruolo del contesto in
cui l’errore viene commesso nella nascita delle emozioni.
La ricercatrice Borasi osserva che finché gli studenti percepiscono l’errore come manifestazione di fallimento
scolastico e come causa di voti bassi e continuano a lavorare sotto la pressione di obiettivi rigidamente fissati attraverso programmi altrettanto rigidi, non c’è da stupirsi
se la maggior parte di loro reagisce agli errori con frustrazione, e vuole solo che qualcuno dica qual è la risposta corretta. È anche improbabile che gli studenti abbiano voglia di investire del tempo nell’analizzare questi
errori, a meno che a questa attività non venga attribuito realmente un valore dall’insegnante.
● Favorire la metacognizione, in modo che gli alunni
prendano consapevolezza delle proprie risorse e attivino strategie per ottimizzarle, si rendano conto dei propri punti di debolezza e ricerchino strategie per compensarli.
L’abilità metacognitiva si articola in due momenti distinti, ma profondamente in relazione tra loro: la consapevolezza delle proprie risorse e l’attivazione di strategie
per ottimizzare tali risorse (cioè i processi di controllo).
Dalle ricerche effettuate (Zan) è emerso che a parità di risorse, il fatto di esserne consapevoli e la conoscenza di
strategie adeguate a tali risorse permettono di migliorare
notevolmente la prestazione.
Nel contesto scolastico sono numerosi gli esempi di come
una cattiva gestione delle proprie risorse possa essere
motivo di insuccesso: una cattiva suddivisione del tempo
a disposizione può essere causa di fallimento nell’affrontare una prova con tempo limitato, così come può essere motivo di fallimento la mancata consapevolezza dei
propri punti deboli (ad esempio la scarsa precisione nei
calcoli o l’abitudine a leggere il testo di un problema in
modo superficiale).
L’intervento metacognitivo permette anche di far emergere
l’immagine che l’allievo ha di sé come persona che apprende e quindi anche le sue convinzioni nei confronti di una
disciplina o del processo di apprendimento più in generale.
Tra le attività svolte in classe per favorire la metacognizione, rientrano ad esempio anche i momenti in cui si guidano gli studenti a riflettere sul proprio stile di apprendimento per preparare mappe concettuali o formulari
adeguati al proprio stile cognitivo.
In questo modo, tutti gli alunni (e non solo quelli che presentano DSA) riescono a costruire i propri “strumenti
compensativi”, personalizzati e utilizzabili in base alle
proprie caratteristiche.
Paola Demarchi
Istituto Alberghiero “Donadio”, Dronero (CN)
Nuova Secondaria - n. 9 2015 - Anno XXXII