Agora: Ipazia nemica degli estremismi

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Agora: Ipazia nemica degli estremismi
Agora: Ipazia nemica degli estremismi
- nei migliori cinema
Di certo Ipazia, filosofa, matematica e astronoma vissuta ad Alessandria d'Egitto tra il 370 e il 415, fu
persona di valore. Ed è certo pure che fece una fine iniqua e straziante, vittima del supplizio impostole dai
Parabolani, una setta estremista di cristiani capitanati da tal Pietro il Lettore, seguace del vescovo Cirillo,
patriarca di Alessandria. Tutte le testimonianze concordano, a cominciare da quella di Socrate Scolastico,
storico cristiano del V secolo.
Nulla di strano perciò se Alejandro Amenábar, regista cileno ma spagnolo d'adozione (Oscar 2005
per Mare dentro ma noto anche per il thriller The Others con Nicole Kidman e per Abre los ojos, da cui Tom
Cruise trasse il remake Vanilla Sky), è rimasto folgorato da questo personaggio misconosciuto. Una donna
che, per forza intellettiva e moralità, nonché per fascino non comune, era «ammirata e riverita da tutti»
(parole ancora di Socrate).
«Mai avrei immaginato che il mio nuovo film avrebbe parlato di pagani e cristiani nell'antico Egitto», riflette
Amenábar, 38 anni, a proposito di Agora, ora anche nelle sale italiane. «È il bello del fare cinema: poter
liberare la fantasia, esplorare mondi affascinanti come l'Alessandria del IV secolo. Immaginare i templi, la
quotidianità, la gente per le strade e con passione riportare tutto in vita». Casomai, stupisce che Amenábar
abbia saputo persuadere finanziatori di mezza europa montando un kolossal da 50 milioni di euro. E che
attorno a un progetto poco commerciale sia riuscito a raccogliere un cast di grido: Ipazia è la bella Rachel
Weisz(attrice premio Oscar per The Constant Gardener, nota anche per La mummia e Il nemico alle porte);
il veterano Michael Lonsdale è suo padre Teone, rettore del Serapeo, la biblioteca d'Alessandria; Oscar
Isaac è l'ambizioso Oreste, allievo invaghito della pensatrice neoplatonica; Max Minghella è Davo, schiavo
anche lui innamorato di Ipazia.
E meraviglia ancor più l'impatto visivo di Agora: utilizzando splendide scenografie e i più moderni effetti al
computer, Amenábar fa fare allo spettatore un salto indietro di 16 secoli, tuffandolo nella vita quotidiana di
Alessandria, culla della cultura pagana ma anche crocevia religioso per ebrei e cristiani. Un'epoca di
transizione poiché l'Impero romano è al declino, tormentata da violenze ed estremismi. «Voglio che il
pubblico abbia l'impressione di seguire una troupe della Cnn mentre riprende fatti che accadono nel IV
secolo come fosse oggi», dice il regista. «Mi sono allontanato di proposito dalla perfezione formale di certi
film perché chi guarda si senta testimone diretto di ciò che accade. Sola preoccupazione, non far
spettacolo della violenza».
Suggestione totale, così come l'emozione. Impossibile non rabbrividire di fronte a scene d'inaudita
crudezza, alla distruzione di papiri e pergamene della biblioteca di Alessandria. Non è però la Chiesa sotto
accusa, quanto la brutalità di certi estremisti. Così come quella dei più esagitati tra pagani ed ebrei. Sotto
accusa è la stupidità dell'uomo. Negarlo sarebbe come voler negare le pagine oscure dell'Inquisizione. Un
film, insomma, non contro i cristiani ma contro tutti gli estremismi. E contro il maschilismo (allora?)
imperante nella cultura e nella società. Scomoda Ipazia, come donna. «Mi è sempre piaciuta l'idea di
guardare il passato esattamente come si è svolto», spiega Amenábar. «Con questo film offriamo allo
spettatore la possibilità di osservare il passato, per due ore, dal buco della serratura» (di Maurizio Turri).
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