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CONFERENZA del 30 gennaio 2016
“Ipazia. Il Leonardo da Vinci dell’Antichità”
Relatore: Gen. Guido Martinelli
Interessante conferenza che tra l’altro rende omaggio al gentil sesso
le cui abilità e attitudini non sempre
vengono apprezzate come
meriterebbero.
Il tema esposto infatti riguarda una donna eccezionale, Ipazia, che il
nostro Relatore ha paragonato a Leonardo da Vinci per il contributo
culturale che diede nel campo matematico, astronomico e filosofico.
Nacque più o meno nella seconda metà del IV° sec. ad Alessandria
d’Egitto che all’epoca, con la decadenza di Atene, era considerata la
“sede dei sapienti” più importante dell’Impero Romano D’Oriente. Fu
introdotta allo studio delle scienze dal padre Teone e tale fu la sua
applicazione da divenire in breve “ella stessa maestra nelle scienze
matematiche» e padrona di quelle filosofiche cui si dedicò per tutta la vita.
Purtroppo la mancanza di ogni suo scritto impedisce di valutare l’entità e la natura del
contributo effettivo che ella diede al progresso del sapere matematico e astronomico della scuola
di Alessandria, anche se è possibile dedurlo indirettamente dagli importanti risultati conseguiti da
quella Scuola nei campi che nei secoli successivi ebbero pieno sviluppo come la geometria, la
trigonometria, l'algebra, il calcolo infinitesimale e l'astronomia.
Analoghe difficoltà presenta la ricostruzione del pensiero filosofico di Ipazia anche se alcune
fonti (tra cui il filosofo e scrittore Sinesio che fu suo allievo) riferiscono che ella considerava la
filosofia «uno stile di vita, una costante, religiosa e disciplinata ricerca della verità. O meglio la
scienza delle scienze» attraverso cui l'uomo comunica sia con i suoi simili sia con l’entità
suprema.
Un altro aspetto che viene sottolineato dalle fonti antiche è la disponibilità di Ipazia a dispensare
il proprio sapere filosofico a chiunque volesse ascoltarla anche sulla pubblica piazza. Una
disponibilità che nel clima di aspra e spesso sanguinosa contrapposizione tra l’imperante cultura
cristiana e la residua cultura pagana dovette assumere la valenza di una sfida al potere religioso
costituito. Un potere a quel tempo gestito dal vescovo Teofilo che in forza dei decreti emanati
dall'imperatore Teodosio (tra il 391 e il 392) aveva ordinato la demolizione dei templi dell'antica
religione per simboleggiare con un gesto concreto la volontà di annientare una cultura “pagana”
alla quale anche Ipazia apparteneva e che forse era intenzionata a difendere.
In realtà nessuna fonte attesta il comportamento tenuto da Ipazia durante queste drammatiche
vicende, anche se come scrisse un secolo dopo il filosofo Damascio
« era pronta e dialettica nei discorsi, accorta e politica nelle azioni, il resto della città a buon
diritto la amava e la ossequiava grandemente, e i capi, ogni volta che si prendevano carico delle
questioni pubbliche, erano soliti recarsi prima da lei, come continuava ad avvenire anche ad
Atene. Infatti, se lo stato reale della filosofia era in completa rovina, invece il suo nome
sembrava ancora essere magnifico e degno di ammirazione per coloro che amministravano gli
affari più importanti del governo ».
Seguendo questo apprezzamento é dunque intuibile che nel clima di più aspro conflitto
religioso provocato nel 412 dalla politica del nuovo episcopato (ora retto dal vescovo Cirillo) il
personaggio Ipazia diventasse politicamente scomodo sino a far maturare il suo assassinio.
Cosa che purtroppo avvenne nel mese di marzo del 415, ad opera di un gruppo di cristiani
“dall'animo surriscaldato” che le tesero un agguato mentre rientrava in casa e la uccisero in un
modo selvaggio del tutto estraneo al comportamento di coloro che si definiscono seguaci del
Cristo.
Per il martirio subito Ipazia viene a ragione considerata una vittima del fanatismo religioso e
martire laica del pensiero scientifico tanto che nel Settecento lo storico britannico Edward Gibbon
definì la sua morte una «macchia indelebile sul carattere e sulla religione di Cirillo vescovo
d'Alessandria».