PDF - Silvia Ronchey
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26 Martedì 20 aprile 2010 PG MUSICA Lady Gaga a Milano in dicembre. A Verona anche Stevie Wonder OGNI SABATO LE GRANDI BATTAGLIE DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE Finalmente sciolte le riserve sull’arrivo in Italia di Lady Gaga, ultimo controverso fenomeno discografico mondiale. La cantante con i suoi estrosi e provocatori costumi sarà a Milano, Forum di Assago, il 4 dicembre per un unico concerto italiano del suo tour. Si rimpolpa invece il programma extra lirico dell’Arena di Verona. Il 5 luglio tornerà nell’anfiteatro scali- gero Stevie Wonder. La stagioe rock areniana si apre il 2 maggio con Alicia Keys per poi ospitare il 22 maggio Bublè, il 21 giugno Rod Stewart, il 4 luglio Dalla e De Gregori. Si amplia anche il cast dell’Heineken Jammin’ Festival a Mestre dal 3 al 6 luglio. Il 3 luglio ci saranno anche Kid Rock, Stereophonics e Plan De Fuga, il 4 Editors e Bastard Sons of Dioniso in aggiunta ai nomi già annunciati. TELEVISIONE La Cuccarini verso "Domenica in" ROCKSTAR Lady Gaga anche in Italia Manca solo la firma per la nuova conduzione di "Domenica In" che verrà affidata a Lorella Cuccarini. La notizia viene confermata in ambienti Rai. Lorella prenderebbe il timone del segmento del programma guidato finora da Pippo Baudo , che si accorcerebbe di circa un quarto d'ora a favore de "L'Arena" condotta da Massimo Giletti. In sostanza, Giletti andrebbe in onda dalle 14 alle 16 e la Cuccarini dalle 16 alle 18, per poi dare la linea a "L'Eredità"». CULTURA&SOCIETÀ LA MOSTRA Si apre venerdì 23 alle 17 alla Fondazione Cini la mostra su Sebastiano Ricci e il ’700 veneziano. IL CONCERTO Giovedì 22 al New Age di Roncade (Tv), concerto di Paola Turci con Erica Boschiero. IN TV Claudio Santamaria e il duo comico Luca e Paolo sono ospiti stasera di "Victor Victoria" (La7,23.40). IL FILM Arriva in sala fra le polemiche "Agora" di Amenabar LA PROTAGONISTA La scienziata e filosofa Ipazia di Alessandria, "martire" pagana Quando i cattivi erano i cristiani Sergio Frigo Arriva il ciclone "Agora" (vedi servizi a fianco), e si ritorna a parlare dell’astronoma, matematica e indovina Ipazia, tragica e luminosa figura di martire (pagana) della libertà di pensiero contro gli oscurantismi religiosi. A partire dal film di Amenábar, infatti, su Ipazia si sono moltiplicati in questi giorni gli interventi dei maggiori intellettuali italiani, sono in arrivo romanzi e saggi, si moltiplicano i convegni: oggi a Milano, ad esempio, con Umberto Eco (che ha dedicato a Ipazia alcune pagine del suo "Baudolino") e Vito Mancuso, o domani a Genova, con don Andrea Gallo e Franco Cardini. La Tartaruga edizioni pubblica "Ipazia muore", un libro di Maria Moneti Codignola sulla vicenda umana della prima scienziata nella storia, mentre da Neri Pozza è uscito un romanzo - "Azazel", del noto intellettuale egiziano Youssef Ziedan - che attraverso la figura tormentata di un monaco racconta i violenti conflitti religiosi dei tempi in cui maturò la tragica fine della studiosa. Perchè questo è il punto centrale delle attuali discussioni su LA RECENSIONE Un kolossal laico alla vecchia maniera ma troppo manicheo (R.Pu.) Un “peplum” laico, anzi agnostico, ma anche un melò a tre: "Agora" è innanzitutto un kolossal globalizzato, eclettico e tonitruante, con un sapore vintage che lo sfondo storico-religioso, pure durissimo, attenua appena. Nell’Egitto del IV secolo d.C. l’astronoma e matematica Ipazia (una Rachel Weisz al solito catatonica) insegna ai suoi discepoli la speculazione filosofica aristotelica, interrogandosi con preveggenza sui misteri del cielo e della fisica, cercando di preservare l’immenso patrimonio di conoscenza custodito nei rotoli accumulati sugli scaffali della biblioteca, e infine destreggiandosi con difficoltà fra l’amore di un suo allievo e di un suo schiavo, cui il destino riserverà ruoli molto diversi... Ma fuori, in nome di quel "Dio è con noi" al cui urlo l’umanità si massacra da millenni, infuria la rivolta sanguinosa dei di lei: c’è stato un tempo in cui i "cattivi" erano i cristiani, o almeno alcune loro frange estremiste, che non sembra esagerato accostare ai moderni talebani. Questo è almeno il parere della storica e bizantinista Silvia Ronchey, che proprio a partire dal "fenomeno Ipazia" sta aggiornando in vista della ripubblicazione un suo vecchio libro sul Patriarca di Alessandria Cirillo, santo e dottore della Chiesa, ma anche mandante del brutale omicidio. «Dal punto di vista storico l’accostamento di queste frange cristiane, di bassa estrazione sociale, stanziate nel deserto, fanatiche e violente, con i moderni fondamentalisti islamici non è peregrino. In particolare gli assassini di Ipazia appartenevano alla categoria dei "parabalani" (non "parabolani" come li chiama il film, suggerendo indebite assonanze con le parabole Cristiani, da 400 anni assetati di vendetta per le persecuzioni subite, e decisi – come ogni religione che si rispetti – a convertire i miscredenti o a eliminarli. La loro "talebanizzazione", anche fisica, è radicale: un’invasione barbarica di fanatici saccheggiatori, stragisti e lapidatori, antisemiti e oscurantisti, sotto il cui tallone distruttivo sono schiacciate tolleranza e civiltà. Amenabar cede però a stereotipi attoriali da B-movie e simbolismi tecnico-metafisici, come i pirotecnici zoom all’indietro che finiscono per perdersi negli spazi siderali cari agli studi della protagonista, riducendo le lotte fratricide degli umani a frenetico e inane agitarsi di intolleranti moscerini. Peccato che una confezione così altisonante, terribilmente manichea e spettacolarmente molto astuta, tra virtuosismi, truculenze e un finale assai edulcorato rispetto al vero, finisca per annacquare l’impeto ideologico e l’impatto controstorico indubbiamente squassanti del contesto. © riproduzione riservata cristiane), cioè barellieri, perchè si trattava di gente incaricata di funzioni assistenziali, in origine con lo statuto di chierici, successivamente evolutasi in una milizia efferata e fanatica». Si presenta dunque, nell’Alessandria del quarto-quinto secolo, il contrasto fra ceti periferici emergenti ed èlites urbane consolidate che ha spesso connotato i peggiori conflitti, compreso quello forse più recente e più cruento, a Sarajevo. Perchè questo fu, al fondo, la sostanza dello scontro che alla fine vide prevalere l’aggressività dei cristiani antesignani dell’eresia monofisita (che negava la natura umana di Cristo) sulla classe dirigente pagana e sulla comunità giudaica già lobby dominante, fatta oggetto di veri e propri violentissimi pogrom. «Perchè questo fu un altro aspetto del conflitto spiega Silvia Ronchey - l’utilizzo Martedì 20 aprile 2010 PG 27 PARLA IL REGISTA SPAGNOLO «Una donna eccezionale control’intolleranza» Dal Vaticano «reazioni un po’ stizzite, poi una coltre di silenzio» Nei cinema la versione con 15 minuti in meno rispetto a Cannes Maurizio di Rienzo ROMA IPAZIA Una scena del film di Amenabar e, a sinistra, Rachel Weisz; a fianco, la filosofa in un ritratto di C.W.Mitchell (1885, Laing Art Gallery, Newcastle) da parte cristiana di una violenza di tipo terroristico». A farne le spese, con Ipazia, fu una concezione laica e aperta del confronto religioso e civile che si era consolidata ad Alessandria, ma anche a Smirne. Ma non furono, com’è noto, gli unici momenti della storia in cui la religione cristiana si manifestò con le stigmate della violenza piuttosto che quelle della pace. Silvia Ronchey cita, naturalmente la quarta crociata, «quando nel saccheggio di Costantinopoli del 1204 i crociati si mostrarono ben più brutali degli uomini di Mehmet II»; e ricorda anche le violenze dell’Inquisizione contro i Bogomili (altra eresia cristiana) che nei decenni successivi avrebbe di fatto consegnato la Bosnia alla religione islamica. «Questa è la lezione da trarre da questa vicenda - conclude la studiosa - proprio mentre da varie parti si teorizza il primato della Cristianità sull’Islam, che sarebbe una religione intrinsecamente violenta». © riproduzione riservata Esce venerdì 23 in 200 e forse più copie per la rinnovata Mikado il quasi kolossal europeo (73 milioni di budget) "Agora" sulla proto femminista vita, tranciata da intolleranze religiose, d’Ipazia filosofa pagana devota alla scienza e faro di cultura nel coacervo di Alessandria d’Egitto nel 391 d.C. dell’affermantesi Cristianesimo. Ne è autore il 38enne cileno ispanizzato Alejandro Amenabar, rivelatosi con "Apri gli occhi" - da cui il remake "Vanilla Sky" con Tom Cruise - e affermatosi alla Mostra di Venezia nel 2001 con "The others" e nel 2004 col premiato "Mare dentro" poi Oscar straniero. Amenabar si dichiara «da sempre appassionato di astronomia, di tempo e spazio legato dalla teoria della relatività, ecco lo spunto del film che preesiste a Ipazia. La cui eccezionalità di donna scienziata è venuta in luce ispirandomi a farne un film anomalo dopo ricerche in queste direzioni». A domanda precisa, il regista snocciola il suo iter…religioso: «ragazzo educato in scuola cattolica, sono passato dall’agnosticismo all’ateismo, credo in una entità ma… Naturale». Amenabar, ci sono state pressioni da parte Vaticana per le ombre che "Agora" getta su quel passato di ribellioni cristiane e lotte di potere? «Non mi pare - replica il regista - il film esce in Italia addirittura prima che in Gran Bretagna e Usa, e se è tagliato di 15’ rispetto alla frettolosa edizione di Cannes 2009 è perché ho tolto scene molto cruente per un focus più forte sulla figura d’Ipazia, unica donna capace di esperimenti e teorie avveniristiche in un passato che annovera geni quali Keplero, Galileo, Newton, Einstein…». L’AUTORE Alejandro Amenabar, nato in Cile 38 anni fa ma di cultura spagnola, ha realizzato "Tesis", "Apri gli occhi", "The Others" e "Mare dentro" Ma è fondamentale anche il tema della conoscenza e femminilità quali prime vittime d’intolleranze e poteri chiusi. «Non è azzardato paragonare Ipazia al Cristo, crocifisso lui lapidata lei. In un contesto di valori davvero cristiani come pietà e tolleranza, il film parla di scienza e religione in contrasto e della religione che s’insinua nel potere e lo controlla. "Agora" denuncia l’intolleranza di uccisioni barbare a soli 4 secoli dall’avvento di Gesù, ma non arriva a demonizzare certe frange cristiane fondamentaliste. Il santo vescovo Cirillo e le sue sanguinose trame di potere? Sono fatti storici, per Cirillo non era tollerabile che uomini d’alto rango andassero a lezione da Ipazia». Da parte della Mikado si comunica che "Agora" è stato visto prima del suo doppiaggio da vari giornalisti e prelati vaticani, la cui reazione è risultata «un po’ stizzita» ma che in seguito «una coltre di silenzio è scesa sulla questione». Amenabar, tecnicamente, l’uso di molti effetti digitali è stato per lei un limite alla narrazione? «Questo è un viaggio nel passato che attinge a film anche di genere, ma impreziosito da scenografie e costumi sontuosi e accurati, le location a Malta sono state ideali, volevamo una base realistica anche per le scene più di massa e catastrofiche, tutto è stato studiato e preparato a lungo con una splendida troupe e magnifici collaboratori». © riproduzione riservata IN DVD TRENT’ANNI DOPO Torna il dissacrante "Pap’occhio" di Arbore GIò Alajmo Restaurato e rimasterizzato arriva in dvd dopo trent’anni "Il Pap’occhio" di Renzo Arbore, film goliardico e dissacrante su un’ipotetica tv privata del Vaticano che lanciò Roberto Benigni e mise in scena tutta la combriccola di "L’altra domenica". Scomparso dalla circolazione dopo una denuncia per "vilipendio alla religione" da parte della procura dell’Aquila («Ma fu amnistiato, mai condannato», ricorda il regista e autore) è diventato un "cult" affidato solo alla memoria di quanti riuscirono a vederlo. «Il fatto che non sia mai stato riedito fino ad ora è una fortuna comenta Arbore - perchè è diventato prezioso, anche per i contenuti perchè è l’unico film che scherza sulla chiesa, su alcune cose del catechismo, ma senza essere offensivo. Devo ringraziare Raicinema che ha voluto che riapparisse, e ricordo che si trattò della prima produzione cinematografica di Raidue». Alcuni momenti di Benigni sono diventati leggendari, come il monologo con Dio nella Cappella Sistina, o le lezioni di italiano al Papa. Ma è anche un film sulla tv commerciale delle origini e forse su quell’apertura al mondo "della gente" che Wojty- la stava per realizzare? «Benigni ha continuato a proporre quei monologhi per anni nei suoi spettacoli, ed era sì anche una visone della tv che iniziava a giocare col dolore, le veline, i sosia... C’era uno spirito goliardico che poi ho messo in molti programi che ho fatto in tv. E Papa Wojtyla era agli inizi del pontificato, girava molto, c’erano solo avvisaglie della sua attenzione al mondo dei giovani. Ani dopo lo incontrai andando a esibirmi nella Sala Nervi ma non osai chiedergli se avesse visto il film. Però l’ironia del film su di lui è una marachella, senza cattiveria, come un’affettuosa carezza». Papa Ratzinger cosa direbbe? «Magari si divertirebbe a vedere il suo predecessore dipinto in maniera così bonaria. Mi ha sorpreso rivedere nel film questo segnale di affetto per un papa che allora non godeva ancora di grande stima e popolarità». Anche se lo fai parlare di "spinotti e spinelli"? Ma non si dice "scherza coi fanti ma lascia stare i santi"? «Siamo partiti proprio da qui scrivendo il film con Luciano de Crescenzo. Ci siamo detti che bisogna razzolare nell’inconsueto e violentare i tabù. Il "Pap’occhio" appartiene a una tv soft che può resistere nel tempo. Oggi tv e stampa fanno un’informazione "hard" che magari suscita polemiche ma si brucia in un attimo. È goliardia? Ma un giorno si farà giustizia sul significato e l’essenza della goliardia che essenzialmente è "ironia sui tabù"». © riproduzione riservata