PDF - Silvia Ronchey

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PDF - Silvia Ronchey
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Martedì 20 aprile 2010
PG
MUSICA
Lady Gaga a Milano
in dicembre. A Verona
anche Stevie Wonder
OGNI SABATO
LE GRANDI BATTAGLIE
DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE
Finalmente sciolte le riserve
sull’arrivo in Italia di Lady
Gaga, ultimo controverso fenomeno discografico mondiale. La cantante con i suoi
estrosi e provocatori costumi
sarà a Milano, Forum di Assago, il 4 dicembre per un unico
concerto italiano del suo
tour.
Si rimpolpa invece il programma extra lirico dell’Arena di Verona. Il 5 luglio
tornerà nell’anfiteatro scali-
gero Stevie Wonder. La stagioe rock areniana si apre il 2
maggio con Alicia Keys per
poi ospitare il 22 maggio Bublè, il 21 giugno Rod Stewart,
il 4 luglio Dalla e De Gregori.
Si amplia anche il cast
dell’Heineken Jammin’ Festival a Mestre dal 3 al 6 luglio.
Il 3 luglio ci saranno anche
Kid Rock, Stereophonics e
Plan De Fuga, il 4 Editors e
Bastard Sons of Dioniso in
aggiunta ai nomi già annunciati.
TELEVISIONE
La Cuccarini verso "Domenica in"
ROCKSTAR
Lady Gaga
anche in Italia
Manca solo la firma per la nuova conduzione
di "Domenica In" che verrà affidata a Lorella
Cuccarini. La notizia viene confermata in
ambienti Rai. Lorella prenderebbe il timone
del segmento del programma guidato finora
da Pippo Baudo , che si accorcerebbe di circa
un quarto d'ora a favore de "L'Arena" condotta
da Massimo Giletti. In sostanza, Giletti andrebbe in onda dalle 14 alle 16 e la Cuccarini dalle
16 alle 18, per poi dare la linea a "L'Eredità"».
CULTURA&SOCIETÀ
LA MOSTRA
Si apre venerdì 23 alle 17 alla
Fondazione Cini la mostra su
Sebastiano Ricci e il ’700 veneziano.
IL CONCERTO
Giovedì 22 al New Age di
Roncade (Tv), concerto di Paola
Turci con Erica Boschiero.
IN TV
Claudio Santamaria e il duo comico
Luca e Paolo sono ospiti stasera di
"Victor Victoria" (La7,23.40).
IL FILM
Arriva in sala
fra le polemiche
"Agora"
di Amenabar
LA PROTAGONISTA
La scienziata
e filosofa Ipazia
di Alessandria,
"martire" pagana
Quando i cattivi erano i cristiani
Sergio Frigo
Arriva il ciclone "Agora" (vedi
servizi a fianco), e si ritorna a
parlare dell’astronoma, matematica e indovina Ipazia, tragica e
luminosa figura di martire (pagana) della libertà di pensiero
contro gli oscurantismi religiosi. A partire dal film di Amenábar, infatti, su Ipazia si sono
moltiplicati in questi giorni gli
interventi dei maggiori intellettuali italiani, sono in arrivo romanzi e saggi, si moltiplicano i
convegni: oggi a Milano, ad
esempio, con Umberto Eco (che
ha dedicato a Ipazia alcune pagine del suo "Baudolino") e Vito
Mancuso, o domani a Genova,
con don Andrea Gallo e Franco
Cardini. La Tartaruga edizioni
pubblica "Ipazia muore", un libro di Maria Moneti Codignola
sulla vicenda umana della prima scienziata nella storia, mentre da Neri Pozza è uscito un
romanzo - "Azazel", del noto
intellettuale egiziano Youssef
Ziedan - che attraverso la figura
tormentata di un monaco racconta i violenti conflitti religiosi dei
tempi in cui maturò la tragica
fine della studiosa.
Perchè questo è il punto centrale delle attuali discussioni su
LA RECENSIONE
Un kolossal laico alla vecchia
maniera ma troppo manicheo
(R.Pu.) Un “peplum” laico, anzi agnostico, ma anche un melò a tre:
"Agora" è innanzitutto un kolossal globalizzato, eclettico e
tonitruante, con un sapore vintage che lo sfondo storico-religioso,
pure durissimo, attenua appena. Nell’Egitto del IV secolo d.C.
l’astronoma e matematica Ipazia (una Rachel Weisz al solito
catatonica) insegna ai suoi discepoli la speculazione filosofica
aristotelica, interrogandosi con preveggenza sui misteri del cielo e
della fisica, cercando di preservare l’immenso patrimonio di
conoscenza custodito nei rotoli accumulati sugli scaffali della
biblioteca, e infine destreggiandosi con difficoltà fra l’amore di un
suo allievo e di un suo schiavo, cui il destino riserverà ruoli molto
diversi... Ma fuori, in nome di quel "Dio è con noi" al cui urlo
l’umanità si massacra da millenni, infuria la rivolta sanguinosa dei
di lei: c’è stato un tempo in cui i
"cattivi" erano i cristiani, o almeno alcune loro frange estremiste, che non sembra esagerato
accostare ai moderni talebani.
Questo è almeno il parere della
storica e bizantinista Silvia Ronchey, che proprio a partire dal
"fenomeno Ipazia" sta aggiornando in vista della ripubblicazione
un suo vecchio libro sul Patriarca di Alessandria Cirillo, santo e
dottore della Chiesa, ma anche
mandante del brutale omicidio.
«Dal punto di vista storico
l’accostamento di queste frange
cristiane, di bassa estrazione
sociale, stanziate nel deserto,
fanatiche e violente, con i moderni fondamentalisti islamici non
è peregrino. In particolare gli
assassini di Ipazia appartenevano alla categoria dei "parabalani" (non "parabolani" come li
chiama il film, suggerendo indebite assonanze con le parabole
Cristiani, da 400 anni assetati di
vendetta per le persecuzioni subite, e decisi – come ogni religione
che si rispetti – a convertire i
miscredenti o a eliminarli. La loro
"talebanizzazione", anche fisica,
è radicale: un’invasione barbarica di fanatici saccheggiatori,
stragisti e lapidatori, antisemiti e
oscurantisti, sotto il cui tallone
distruttivo sono schiacciate tolleranza e civiltà. Amenabar cede però a
stereotipi attoriali da B-movie e simbolismi tecnico-metafisici, come i
pirotecnici zoom all’indietro che finiscono per perdersi negli spazi siderali
cari agli studi della protagonista, riducendo le lotte fratricide degli umani a
frenetico e inane agitarsi di intolleranti moscerini. Peccato che una
confezione così altisonante, terribilmente manichea e spettacolarmente
molto astuta, tra virtuosismi, truculenze e un finale assai edulcorato
rispetto al vero, finisca per annacquare l’impeto ideologico e l’impatto
controstorico indubbiamente squassanti del contesto.
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cristiane), cioè barellieri, perchè si trattava di gente incaricata di funzioni assistenziali, in
origine con lo statuto di chierici,
successivamente evolutasi in
una milizia efferata e fanatica».
Si presenta dunque, nell’Alessandria del quarto-quinto secolo, il contrasto fra ceti periferici
emergenti ed èlites urbane consolidate che ha spesso connotato
i peggiori conflitti, compreso
quello forse più recente e più
cruento, a Sarajevo. Perchè questo fu, al fondo, la sostanza dello
scontro che alla fine vide prevalere l’aggressività dei cristiani
antesignani dell’eresia monofisita (che negava la natura umana
di Cristo) sulla classe dirigente
pagana e sulla comunità giudaica già lobby dominante, fatta
oggetto di veri e propri violentissimi pogrom. «Perchè questo fu
un altro aspetto del conflitto spiega Silvia Ronchey - l’utilizzo
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PARLA IL REGISTA SPAGNOLO
«Una donna eccezionale
control’intolleranza»
Dal Vaticano «reazioni un po’ stizzite, poi una coltre di silenzio»
Nei cinema la versione con 15 minuti in meno rispetto a Cannes
Maurizio di Rienzo
ROMA
IPAZIA Una scena del film di Amenabar e, a sinistra, Rachel Weisz; a fianco,
la filosofa in un ritratto di C.W.Mitchell (1885, Laing Art Gallery, Newcastle)
da parte cristiana di una violenza di tipo terroristico».
A farne le spese, con Ipazia, fu
una concezione laica e aperta
del confronto religioso e civile
che si era consolidata ad Alessandria, ma anche a Smirne. Ma
non furono, com’è noto, gli unici
momenti della storia in cui la
religione cristiana si manifestò
con le stigmate della violenza
piuttosto che quelle della pace.
Silvia Ronchey cita, naturalmente la quarta crociata, «quando
nel saccheggio di Costantinopoli
del 1204 i crociati si mostrarono
ben più brutali degli uomini di
Mehmet II»; e ricorda anche le
violenze dell’Inquisizione contro i Bogomili (altra eresia cristiana) che nei decenni successivi avrebbe di fatto consegnato la
Bosnia alla religione islamica.
«Questa è la lezione da trarre
da questa vicenda - conclude la
studiosa - proprio mentre da
varie parti si teorizza il primato
della Cristianità sull’Islam, che
sarebbe una religione intrinsecamente violenta».
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Esce venerdì 23 in 200 e forse più
copie per la rinnovata Mikado il quasi
kolossal europeo (73 milioni di budget) "Agora" sulla proto femminista
vita, tranciata da intolleranze religiose, d’Ipazia filosofa pagana devota
alla scienza e faro di cultura nel
coacervo di Alessandria d’Egitto nel
391 d.C. dell’affermantesi Cristianesimo. Ne è autore il 38enne cileno
ispanizzato Alejandro Amenabar, rivelatosi con "Apri gli occhi" - da cui il
remake "Vanilla Sky" con Tom Cruise
- e affermatosi alla Mostra di Venezia
nel 2001 con "The others" e nel 2004
col premiato "Mare dentro" poi Oscar
straniero. Amenabar si dichiara «da
sempre appassionato di astronomia,
di tempo e spazio legato dalla teoria
della relatività, ecco lo spunto del
film che preesiste a Ipazia. La cui
eccezionalità di donna scienziata è
venuta in luce ispirandomi a farne un
film anomalo dopo ricerche in queste
direzioni». A domanda precisa, il
regista snocciola il suo iter…religioso: «ragazzo educato in scuola cattolica, sono passato dall’agnosticismo
all’ateismo, credo in una entità ma…
Naturale».
Amenabar, ci sono state pressioni
da parte Vaticana per le ombre che
"Agora" getta su quel passato di ribellioni cristiane e lotte di potere?
«Non mi pare - replica il regista - il
film esce in Italia addirittura prima
che in Gran Bretagna e Usa, e se è
tagliato di 15’ rispetto alla frettolosa
edizione di Cannes 2009 è perché ho
tolto scene molto cruente per un focus
più forte sulla figura d’Ipazia, unica
donna capace di esperimenti e teorie
avveniristiche in un passato che annovera geni quali Keplero, Galileo,
Newton, Einstein…».
L’AUTORE
Alejandro
Amenabar,
nato in Cile 38
anni fa ma di
cultura
spagnola, ha
realizzato
"Tesis", "Apri
gli occhi",
"The Others"
e "Mare dentro"
Ma è fondamentale anche il tema della conoscenza e femminilità quali prime vittime d’intolleranze
e poteri chiusi. «Non è
azzardato paragonare Ipazia al Cristo, crocifisso lui
lapidata lei. In un contesto di valori davvero cristiani come pietà e tolleranza, il film parla di
scienza e religione in contrasto e della religione
che s’insinua nel potere e
lo controlla. "Agora" denuncia l’intolleranza di uccisioni barbare a soli 4
secoli dall’avvento di Gesù, ma non arriva a demonizzare certe frange cristiane fondamentaliste. Il
santo vescovo Cirillo e le
sue sanguinose trame di
potere? Sono fatti storici,
per Cirillo non era tollerabile che uomini d’alto rango andassero a lezione da
Ipazia».
Da parte della Mikado si comunica
che "Agora" è stato visto prima del suo
doppiaggio da vari giornalisti e prelati vaticani, la cui reazione è risultata
«un po’ stizzita» ma che in seguito
«una coltre di silenzio è scesa sulla
questione».
Amenabar, tecnicamente, l’uso di
molti effetti digitali è stato per lei un
limite alla narrazione?
«Questo è un viaggio nel passato
che attinge a film anche di genere, ma
impreziosito da scenografie e costumi
sontuosi e accurati, le location a
Malta sono state ideali, volevamo una
base realistica anche per le scene più
di massa e catastrofiche, tutto è stato
studiato e preparato a lungo con una
splendida troupe e magnifici collaboratori».
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IN DVD TRENT’ANNI DOPO
Torna il dissacrante "Pap’occhio" di Arbore
GIò Alajmo
Restaurato e rimasterizzato arriva in dvd dopo trent’anni "Il
Pap’occhio" di Renzo Arbore,
film goliardico e dissacrante su
un’ipotetica tv privata del Vaticano che lanciò Roberto Benigni e
mise in scena tutta la combriccola di "L’altra domenica". Scomparso dalla circolazione dopo
una denuncia per "vilipendio alla
religione" da parte della procura
dell’Aquila («Ma fu amnistiato,
mai condannato», ricorda il regista e autore) è diventato un "cult"
affidato solo alla memoria di
quanti riuscirono a vederlo.
«Il fatto che non sia mai stato
riedito fino ad ora è una fortuna comenta Arbore - perchè è diventato prezioso, anche per i contenuti perchè è l’unico film che
scherza sulla chiesa, su alcune
cose del catechismo, ma senza
essere offensivo. Devo ringraziare Raicinema che ha voluto che
riapparisse, e ricordo che si
trattò della prima produzione
cinematografica di Raidue».
Alcuni momenti di Benigni
sono diventati leggendari, come
il monologo con Dio nella Cappella Sistina, o le lezioni di
italiano al Papa. Ma è anche un
film sulla tv commerciale delle
origini e forse su quell’apertura
al mondo "della gente" che Wojty-
la stava per
realizzare?
«Benigni
ha continuato a proporre quei monologhi per
anni
nei
suoi spettacoli, ed era
sì
anche
una visone
della tv che
iniziava a
giocare col dolore, le veline, i
sosia... C’era uno spirito goliardico che poi ho messo in molti
programi che ho fatto in tv. E
Papa Wojtyla era agli inizi del
pontificato, girava molto, c’erano solo avvisaglie della sua attenzione al mondo dei giovani. Ani
dopo lo incontrai andando a
esibirmi nella Sala Nervi ma non
osai chiedergli se avesse visto il
film. Però l’ironia del film su di
lui è una marachella, senza cattiveria, come un’affettuosa carezza».
Papa Ratzinger cosa direbbe?
«Magari si divertirebbe a vedere il suo predecessore dipinto in
maniera così bonaria. Mi ha
sorpreso rivedere nel film questo segnale di affetto per un papa
che allora non godeva ancora di
grande stima e popolarità».
Anche se lo fai parlare di
"spinotti e spinelli"? Ma non si
dice "scherza coi fanti ma lascia
stare i santi"?
«Siamo partiti proprio da qui
scrivendo il film con Luciano de
Crescenzo. Ci siamo detti che
bisogna razzolare nell’inconsueto e violentare i tabù. Il "Pap’occhio" appartiene a una tv soft che
può resistere nel tempo. Oggi tv
e stampa fanno un’informazione
"hard" che magari suscita polemiche ma si brucia in un attimo. È
goliardia? Ma un giorno si farà
giustizia sul significato e l’essenza della goliardia che essenzialmente è "ironia sui tabù"».
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