LABORATORIO CRE-GREST 2014 Le case del
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LABORATORIO CRE-GREST 2014 Le case del
LABORATORIO CRE-GREST 2014 Le case del mondo Proposta di laboratorio creativo/manuale sulla multiculturalità per ragazzi: racconti, immagini e manualità per la costruzione di case e villaggi dal mondo. Tema conduttore: la quotidianità, gli usi e i costumi delle popolazioni del mondo raccontate attraverso le loro abitazioni. INTRODUZIONE Una casa rotonda o quadrata? Di pietra o di ghiaccio? Col tetto piatto o spiovente? La cucina dentro oppure fuori? Una camera per le femmine una per i maschi? Una cuccia per il cane, e un maialino in cortile? Dimmi dove abiti e ti dirò chi sei, perché nel mondo ci sono tante case e altrettanti modi di vivere. E se nel nostro secolo abitiamo in case di cemento, c’è gente che dorme ancora in capanne di foglie o di giunco. Le prime case risalgono a 10.000 anni fa, in Medio Oriente. Erano a pianta rotonda, seminterrate, con muri a secco. Perché, un bel giorno, alcuni uomini hanno deciso di scegliere proprio quel posto per abitarci? Forse perché il tempo era bello, o perché il grano cresceva in abbondanza, e non c’erano ladri a rubare gli animali? Probabilmente per tutti questi motivi messi insieme. Non si sceglie a caso il posto dove metter su casa. Se la forma e i materiali dipendono dalla presenza di rilievi e dal clima, lo spazio abitativo è spesso organizzato secondo l’idea che si ha del mondo. Per i Nener, un popolo siberiano, il cerchio delimitato dai picchetti della tenda rappresenta il mondo degli uomini, mentre il palo centrale, puntato verso il cielo, simboleggia quello delle divinità. Per loro la casa è come un mondo in miniatura. Ognuno ha il suo posto: la prima e la seconda moglie, i bebè, i nipoti, persino la prozia ma anche gli invitati, e soprattutto gli ospiti invisibili, come le divinità protettrici, le forze maligne e i folletti mattacchioni alloggiano in vari modi a seconda delle abitazioni e delle culture. È bene guadagnarsi la loro benevolenza costruendo la casa nei giorni più propizi, e organizzando grandi feste in loro onore. C’è sempre un angolino del focolare dove disporre le offerte per questi sacri guardiani. Dalla nascita fino alla Morte, la casa, grande o piccola che sia, lussuosa o Modesta, è il rifugio sicuro dove poter vivere e condividere i momenti di dolore e di gioia. Strutturazione dell’attività: - Con cosa si costruisce una casa? - Dove costruire la casa? - Come si decora una casa? - Come è strutturato un villaggio Suggerimento per lo svolgimento: Suddividendo il laboratorio su 4 settimane si propone di variare le dinamiche sul gruppo. Il primo lavoro potrebbe essere fatto personalmente da ogni ragazzo; il secondo lavoro potrebbe essere fatto personalmente da ogni ragazzo e poi regalato ad un compagno a scelta; Il testo lavoro potrebbe essere fatto a coppie; L’ultimo lavoro potrebbe essere fatto suddividendo i ragazzi in due piccoli gruppi. Materiale necessario: per le diverse fasi si consiglia di utilizzare materiale di recupero e reperibile in casa e in natura. Scatole di cartone, ritagli di giornale, bottigliette di plastica, stuzzicadenti, tovaglioli di carta, foglie, bastoncini di legno, terra, sassi, aghi di pino, stoffe e tanto altro ancora. Per le diverse fasi saranno necessari: forbici, colla, scotch carta, pongo, argilla, ritagli di cartone rigido. Settimana 1 Muri di terra e capanne di frasche Lettura dei due brani: Presso i Masai, popolo di allevatori dell’Africa orientale, sono le donne a costruire le capanne: prima tracciano un rettangolo per terra e poi, per erigere le pareti, intrecciano rami in modo da creare una struttura arrotondata, che ricoprono con fango e sterco di vacca. Questo composto, essiccato al sole, diventa duro come cemento. Prima che le ripetute siccità rendessero desertiche le terre del Kenya, i Masai erano un popolo nomade. Quando l’erba cominciava a scarseggiare intorno al loro accampamento, se ne andavano a cercare nuovi pascoli per vacche e buoi. Prima di partire, bruciavano le pareti delle capanne: conservavano solo il tetto per riutilizzarlo in quanto, data la forma, era più difficile da realizzare. Potevano così ricostruire più in fretta la loro dimora alla tappa successiva. Ma con la terra non si costruiscono soltanto capanne, a volte si erigono intere città e palazzi! Narra la storia che la zigurat di Babilonia, un monumento religioso a forma di piramide a gradoni, fu edificata con ben 36 milioni di mattoni di terra essiccati al sole, i cosiddetti adobe. La terra, a cui si aggiungeva la paglia, veniva impastata a mano, pressata tra due assi oppure riposta in stampi. Nella foresta dell’Africa centrale, tra la Repubblica Democratica del Congo e la Repubblica Centrafricana, vive un popolo nomade, quello dei Pigmei, che si nutre praticando la caccia e la raccolta. Suddivisi in varie tribù,tra cui gli Aka, gli Efe, i Twa e i Binga, i Pigmei vivono nella foresta che conoscono meglio di chiunque altro. Prima di creare un accampamento anche per pochi giorni, scelgono una spaziosa radura nei pressi di un marigot (ossia di un punto d’acqua, di uno stagno o del braccio di un fiume), protetta dalla pioggia grazie ai grandi alberi che la circondano. Il territorio di caccia prescelto abbonda di scimmie, scoiattoli, grossi volatili e piccole antilopi. Nell’accampamento trovano posto alcuni pali forcuti su cui poggia il tamburo per le danze, e il focolare che resta sempre acceso, giorno e notte. Per dormire al riparo dall’umidità regnante, dagli insetti e dalle belve, i Pigmei hanno imparato a costruire capanne di frasche. Spetta alle donne sposate allestire questi capolavori, che talvolta servono per una sola notte. Quanto agli scapoli, ebbene, devono sbrigarsela da soli! Le donne staccano enormi foglie di marantacea, una pianta che cresce nel sottobosco, e le intagliano per poterne fissare gli steli su una struttura di rami flessi, a forma arrotondata, che forma lo scheletro della capanna. A poco a poco le fronde la rivestiranno, proprio come le scaglie sul dorso del pangolino. Questo buffo animaletto, simile al formichiere, è sacro ai Pigmei perché protegge tutta la tribù. Guai a mangiarlo o a fargli del male! Realizzazione di una capanna: Per la base recuperare il coperchio di una scatola di scarpe che diventerà la base per la realizzazione della capanna. Recuperare della sabbia o della semplice terra fine da un giardino o in un vaso. Ricoprire la base con uno strato di colla vinilica, lasciarlo asciugare per alcuni minuti e poi ricoprirlo con uno sottile strato di terra o sabbia. Dopo una decina di minuto rovesciare il coperchio in un contenitore per eliminare la parte in eccesso. Nel frattempo mostrare ai ragazzi alcune immagini che possano dare lo spunto per realizzare una capanna con bacchetti di legno o foglie. Per realizzare la base si può utilizzare una parte di das o argilla modellata e posizionata sul cartone formando un anello alto un paio di centimetri. Far aderire con una spatolina l’anello di das alla base. Nel frattempo recuperare una serie di bastoncini o stuzzicadenti da spiedino e infilzarli lungo il perimetro. In questo modo inizierà a prendere forma il contorno della capanna. In attesa che il das si solidifichi iniziare ad allestire il contorno della capanna aggiungendo piccoli sassi incollati, creare piccoli sentieri con sassolini. Far preparare foglie più o meno della stessa misura o realizzarle con del cartoncino verde. Quando i bastoncini o gli stuzzicadenti saranno ben inseriti nel das sarà possibile unire le punte di modo che si formi una capanna conica. Bloccare le punte con un nastro, un filo o scotch carta. Una volta creata la forma si può iniziare a ricoprire la capanna con le foglie cercando di farle aderire o con dei piccoli fili o con parti di fil di ferro. Partire dalla base per arrivare alla punta. La copertura si può realizzare anche con carta veline ripassata con acqua e colla vinilica oppure scampoli di stoffa come se fosse una capanna indiana. Con altri bastoncini, carta crespa e materiale naturale si possono infine realizzare alberi, cespugli ecc. Nel caso lo riteniate opportuno si possono recuperare piccoli animali domestici in plastica (giocattoli dei bambini) e inserirli attorno alla capanna. Al termine ogni ragazzo spiegherà la propria realizzazione. Settimana 2 Un villaggio sull’acqua in mezzo all’oceano Lettura dei due brani Nel corso della preistoria, nelle zone umide e paludose gli uomini edificarono i primi centri lacustri servendosi delle palafitte: le case poggiavano su altissimi pali, in modo da essere sopraelevate e protette dall’acqua. Gli abitanti si sentivano così più al sicuro nel bel mezzo dei laghi e dei corsi d’acqua, al riparo dalle aggressioni delle belve e dagli assalti dei nemici. Molto comodo anche per pescare! Un esempio eloquente del vivere sull’acqua ci è offerto ancor oggi da Venezia, i cui albori risalgono al V secolo d. C., quando, per sfuggire alle invasioni di Unni, Ostrogoti e Visigoti i popooli dell’entroterra iniziarono a rifugiarsi sugli isolotti della Laguna. Ma quando si vive sull’acqua, come evitare che le inondazioni travolgano la propria casa? Basta usare materiali molto resistenti. In Venezuela. gli indiani Waroo ricorrono al legno di paletuviere, un albero che cresce nelle mangrovie, presso i delta dei fiumi tropicali. Questo legno, che sta nell’acqua ma non marcisce, può essere tranquillamente utilizzato per ricavare i pali di sostegno delle case, senza temere che queste crollino. Il legno ha anche un altro vantaggio: galleggia... Nel sud del Venezuela, chi vive nei pressi del più grande fiume del mondo, il Rio delle Amazzoni, ha imparato a temere le sue gigantesche piene. Niente paura, le case possono trasformarsi in un battibaleno in imbarcazioni, perché e palafitte si mettono a galleggiare! Vivere su un’isola è sempre paradisiaco? O forse è solo in vacanza che si riesce ad apprezzare pienamente il blu turchese degli atolli? Achutupu, Ailigandi, Kagantupu, Coco Blanco, Mamiputu e Ustupu sono solo alcune delle 370 isole che formano l’arcipelago di San Blas. Situato nei pressi del canale di Panama, sembra una cartolina: sabbie bianche, barriera corallina, palme da cocco e acqua cristallina. Ma come si vive su una piccola isola, da soli, nel bel mezzo dei Caraibi? I Kuna hanno scelto di viverci fin dal XIX secolo. Prima stavano sulla terraferma in Colombia e a Panama. ma un conflitto con le autorità coloniali - all’epoca la Spagna li ha costretti a spostarsi, dapprima verso le montagne e poi verso il mare. Oggi diverse famiglie vivono nelle cosiddette « isole-villaggi ». Dormono sulle amache, in capanne di bambù con il tetto di foglie di palme da cocco. Coltivano frutta, verdura e radici in riva al mare, così non devono andare a rifornirsi altrove. Ma ii Kuna non sono come Robinson Crusoe e non vivono sperduti in mezzo all’oceano. Le isole sono molto vicine le une alle altre e chiunque, fin dalla più tenera età, sa navigare con il cayuco, una piccola canoa indispensabile per andare a prendere l’acqua, per pescare e approvvigionarsi ... ma soprattutto per vendere alle imbarcazioni dì passaggio le noci di cocco che, secondo gli intenditori, sono le migliori di tutti i Caraibi. Realizzazione di una palafitta. Partendo sempre dall’utilizzo di un coperchio di una scatola di cartone iniziare a realizzare la base di una palafitta. Utilizzandolo al contrario, cioè con i bordi rivolti verso il basso, sarà possibile realizzare dei piccoli fori nei quali infilare bastoncini del diametro di un centimetro oppure bacchetti di plastica (tipo cannucce rigide) oppure biro inutilizzabili. I vari coperchi possono essere affiancati uno all’altro, ricoperti con carta crespa azzurra, di modo che con le varie altezze dei coperchi si possono ricreare le onde del mare. Una volta creata la base due bambini potrebbero lavorare sullo stesso progetto. L’obiettivo sarà quello di realizzare una struttura minima di una palafitta, con 6 pali di sostegno, una base del pavimento, realizzata magari con i bastoncini dei gelati, e un tetto realizzato possibilmente con fili di paglia. In questo progetto si potrebbe mettere più impegno nell’allestimento del mare e magari nella realizzazione di una piccola imbarcazione. L’imbarcazione può essere realizzata con cartoncino, carta, o addirittura con bottigliette di plastica ritagliate a meta in verticale. Con carta da giornale e colla vinilica, e con loro a tempera è possibile realizzare piccoli isolotti da posizionare sulla base del mare. Settimana 3 Disegni per le grandi occasioni Lettura di un brano Nei villaggi sudafricani, le donne Ndebele decorano le fa cciate delle loro case con grandi figure geometriche multicolori. Danno così libero sfogo alla fantasia, visto che è l’unica cosa in cui gli uomini non hanno voce in capitolo. In Ghana, nei giorni di lutto, le mogli dei capi defunti sono solite manifestare la propria tristezza dipingendo motivi in bianco e nero sulle capanne del villaggio. Dopo aver spalmato sui muri del gesso bianco, simbolo di purezza, si servono del catrame, misto a sabbia e acqua, per tracciare i disegni. Grazie alla loro consistenza, questi ornamenti rendono le pareti impermeabili alla pioggia. Si scolpiscono poi scanalature affinché l’acqua piovana non grondi sugli affreschi rovinandoli. Sui tetti delle abitazioni si stendono a essiccare le spighe di miglio, non tanto per abbellire la casa, quanto per testimoniare la ricchezza dei suoi abitanti. Dato che il miglio è il cereale di base dell’alimentazione, questa usanza mostra agli ospiti che è un piacere accoglierli e dividere con loro il pasto. Altrove, nell’Africa occidentale, le madri mettono i figli in guardia contro i pericoli che potrebbero incontrare rappresentando su porte e pareti scorpioni e serpenti dal morso letale. Analogamente, nel secolo scorso in Giappone le madri scolpivano sulle pareti interne della casa una cagna che metteva in salvo il suo cucciolo dalle fiamme, per invitare i figli alla prudenza di fronte ai pericoli del fuoco. Visione delle immagini Realizzazione delle decorazioni per le capanne del plastico del villaggio. Ritagliare diverse strisce di carta bianca di diverse dimensioni. Su queste strisce, partendo dai disegni allegati, far realizzare ai ragazzi diversi disegni con diverse geometrie e colori, anche con la propria creatività. Sarà necessario utilizzare un righello per meglio realizzare le diverse geometrie. Con questi disegni poi ogni ragazzo dovrà ricoprire, servendo di colla e scotch, una scatola (diverse per dimensioni e forma) recuperate da scatole del latte, succhi, conserve e altro cibo. In questa fase ogni ragazzo inizierà ad impostare la propria casetta che poi contribuirà alla realizzazione di un villaggio più grande. E’ bene che assieme all’educatore la classe inizi ad assegnare ad ognuno uno spazio del villaggio, una ambiente o oggetti da realizzare, di modo che nell’ultima settimana sia più semplice completare il plastico. Le settimane precedenti dovrebbero servire a sperimentare la realizzazione di diverse parti del plastico (case, alberi, animali, mezzi di trasporto, decorazioni, tetti e tipologie di costruzioni). Settimana 4 Di capanna in capanna Realizzazione di un modellino di un vero villaggio Dopo le settimane di sperimentazione è arrivato il momento di realizzare un intero villaggio con il contributo indispensabile di ognuno. Per fare ciò è necessario innanzitutto disegnare un progetto su un grande foglio di carta da pacco bianco attorno al quale tutti si possono riunire e tutti possono contribuire con le proprie idee. La regia e la suddivisione degli spazi sarà guidata dagli animatori che cercheranno di stimolare gli interventi di tutti i ragazzi. Una volta definito il progetto ad ogni ragazzo verrà assegnato una parte del progetto, suddividendo i ragazzi in gruppi di lavoro in base a ciò che dovranno realizzare. Per la base del modellino sarà necessario reperire un pezzo di compensato, spesso circa 1 cm, delle dimensioni di circa 2 metri per 2 – o leggermente inferiore. Al termine delle diverse fasi di lavoro è possibile organizzare la proiezione di immagini e filmati di diversi villaggi del mondo. Cogliendo magari l’occasione di far raccontare testimonianza dirette di giovani che hanno fatto esperienze in missione o bimbi migranti.