1_INTRODUZIONE_amnesty 2013 - amnesty :: Rapporto annuale

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AMNESTY
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DUEMILA
AMNESTY INTERNATIONAL RAPPORTO 2013
LA SITUAZIONE DEI DIRITTI UMANI NEL MONDO
EUROPA E ASIA CENTRALE
UZBEKISTAN
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RAPPORTO 2013
spesso colpiti da ordini d’espulsione e detenuti, senza tener conto della loro volontà di
chiedere asilo.
DIRITTI DELLE PERSONE LESBICHE, GAY, BISESSUALI, TRANSGENDER E INTERSESSUATE
Il 12 luglio, più di 3000 persone hanno preso parte alla marcia del Pride di Budapest.
Ad aprile, il capo della polizia della città aveva deciso di vietarla perché avrebbe disturbato il traffico. Pochi giorni dopo, il tribunale della città di Budapest ha annullato il divieto. Secondo gli organizzatori, la polizia ha fornito un adeguato servizio di protezione
alla marcia.
MISSIONI E RAPPORTI DI AMNESTY INTERNATIONAL
Un delegato di Amnesty International ha visitato l’Ungheria a luglio.
Hungary: Report into vigilante activities in Gyöngyöspata fails to address discrimination
(EUR 27/001/2012)
New Hungarian Criminal Code: A missed opportunity to do more on hate crimes (EUR
27/003/2012)
UZBEKISTAN
REPUBBLICA DELL’UZBEKISTAN
Capo di stato: Islam Karimov
Capo del governo: Shavkat Mirzioiev
La libertà d’espressione è stata limitata e difensori dei diritti umani e giornalisti hanno
continuato a essere vessati, picchiati, perseguiti e detenuti. Due difensori dei diritti
umani sono stati rilasciati in anticipo dal carcere per motivi umanitari ma almeno altri
10 sono rimasti in prigione, alcuni in condizioni crudeli, disumani o degradanti. Sono
perdurate le preoccupazioni sul frequente uso della tortura e di altri maltrattamenti per
estorcere confessioni, in particolare nei confronti delle persone sospettate di legami con
gruppi religiosi messi al bando.
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EUROPA E ASIA CENTRALE
LIBERTÀ D’ESPRESSIONE
Difensori dei diritti umani e giornalisti hanno continuato a subire vessazioni e pressioni
da parte delle autorità. Sono stati sistematicamente controllati da membri delle forze di
sicurezza, in uniforme e in borghese, convocati per essere interrogati, posti agli arresti
domiciliari ed è stato impedito loro di partecipare a manifestazioni pacifiche o d’incontrare diplomatici stranieri. Molti hanno riferito di essere stati picchiati da agenti di polizia
o da persone sospettate di lavorare per i servizi di sicurezza, per impedire loro di diffondere informazioni su violazioni dei diritti umani o di criticare le autorità.
I prigionieri di coscienza e difensori dei diritti umani Alisher Karamatov e Khabibulla Akpulatov sono stati
liberati ad aprile e a luglio, dopo aver scontato condanne di quasi sei e sette anni rispettivamente per
“diffamazione” ed “estorsione”, comminate dopo processi iniqui nel 2005 e 2006.
A maggio, Gulshan Karaeva, direttrice della sezione della provincia di Kashkadarya dell’indipendente Società per i diritti umani dell’Uzbekistan, è stata aggredita da due donne in un negozio nella città di Karshi
e la sua abitazione è stata imbrattata con graffiti, dopo che aveva fatto sapere di aver rifiutato l’offerta
di divenire informatrice del servizio di sicurezza nazionale (Služba načional�noj bezopasnosti – Snb). Il
27 settembre è stata arrestata e detenuta alla stazione di polizia locale, dove ha appreso che le due donne
che l’avevano aggredita a maggio l’avevano denunciata per “calunnia” e “oltraggio”, accuse che prevedevano una condanna fino a quattro anni di reclusione. Tuttavia, il 13 dicembre ha ottenuto un’amnistia
presidenziale e i procedimenti penali sono stati interrotti. Anche i familiari e i colleghi di Gulshan Karaeva
hanno subito molestie, insulti e aggressioni fisiche. A luglio, suo fratello e sua cognata sono stati aggrediti
da due vicine di casa, che hanno picchiato anche la loro figlia di nove anni. Le vicine hanno detto loro che
erano parenti di nemici del popolo (riferendosi a Gulshan Karaeva e a suo fratello maggiore Tulkin Karaev,
rifugiato politico in Svezia). Ad agosto, il fratello e la cognata di Gulshan Karaeva sono stati convocati
alla stazione di polizia locale e minacciati di denunce penali in relazione all’aggressione.
TORTURA
E ALTRI MALTRATTAMENTI
La tortura e altri maltrattamenti nei confronti di persone fermate e detenute dalle forze
di sicurezza e dal personale carcerario sono stati ancora sistematici. Durante l’anno sono
emerse decine di segnalazioni di tortura e altri maltrattamenti, soprattutto da parte di
uomini e donne sospettati o condannati per l’appartenenza a movimenti islamici, a gruppi
e partiti islamisti o ad altri gruppi religiosi, vietati in Uzbekistan. Come già in passato,
le autorità non hanno condotto indagini immediate, esaurienti e imparziali su tali segnalazioni e sulle denunce presentate all’ufficio del procuratore generale.
A febbraio, 12 uomini d’affari turchi sono stati rilasciati dal carcere a seguito di un’amnistia presidenziale
emessa nel dicembre 2011 e quindi rimpatriati in Turchia. Erano stati condannati nel 2011, insieme ad
altri 42 uomini d’affari loro connazionali, a condanne variabili tra i due e i tre anni di reclusione per vari
reati finanziari, tra cui l’evasione fiscale. Un documentario trasmesso dalla televisione di stato aveva mostrato alcuni di loro confessare di aver commesso reati finanziari. In esso si affermava inoltre che gli
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uomini avevano legami con il movimento islamico fuori legge Nurchilar. Uno dei condannati, Vahit Güneş,
ex direttore generale del centro commerciale Turkuaz, a Tashkent, ha iniziato un’azione legale contro le
autorità uzbeke al suo ritorno in Turchia. Ha denunciato di essere stato torturato insieme ad altri suoi connazionali durante la custodia presso l’Snb, al fine di costringerli a firmare confessioni false, e di non essere
stati autorizzati a scegliere legali di loro fiducia. Inoltre ha dichiarato che altri detenuti erano stati torturati
durante la detenzione preventiva e che alcuni erano morti a causa delle torture. Tornato in patria, Vahit
Güneş si è sottoposto a cure mediche per le ferite subite. Ha dichiarato che un altro uomo d’affari, Hairetdin
Öner, due mesi dopo il rilascio dal carcere, era ancora in ospedale a causa dei traumi fisici e psicologici.
Ad agosto, la testimone di Geova Gulchehra Abdullaeva ha riferito di essere stata torturata alla stazione
di polizia della città di Hazorasp, affinché confessasse di aver introdotto clandestinamente in Uzbekistan
materiale religioso vietato, accusa che lei ha negato. A luglio è stata arbitrariamente arrestata dalla polizia
dopo essere tornata da un viaggio in Kazakistan. Ha dichiarato che era stata costretta a rimanere in piedi
per ore senza cibo o acqua, che le era stata fatta indossare una maschera antigas, per poi toglierle la riserva d’aria per farla soffocare. È stata costretta a firmare una dichiarazione in cui ammetteva di aver
partecipato ad attività religiose vietate e quindi è stata rilasciata. Il 28 luglio, la corte distrettuale di Hazorasp l’ha condannata per aver “impartito privatamente lezioni religiose” e multata. Gulchehra Abdullaeva
ha presentato appello contro la condanna e ha sporto denuncia ufficiale alle autorità ma i funzionari si
sono rifiutati di rispondere o prendere in considerazione il suo reclamo.
CONTROTERRORISMO E SICUREZZA
Le autorità hanno continuato a cercare di ottenere l’estradizione di presunti membri di
movimenti islamici e gruppi e partiti islamisti vietati in Uzbekistan, in nome della sicurezza e della lotta al terrorismo. Hanno richiesto anche l’estradizione d’oppositori politici,
persone critiche verso il governo e persone benestanti sgradite al regime. Molte di queste
richieste d’estradizione si basavano su prove inventate o inattendibili. Il governo ha offerto assicurazioni diplomatiche agli stati interessati per ottenere i rimpatri, promettendo
libero accesso ai centri di detenzione a diplomatici e osservatori internazionali. Nella
pratica, queste garanzie non sono state onorate. Le persone rimpatriate a forza in Uzbekistan hanno subito detenzione in incommunicado, tortura e altri maltrattamenti e, dopo
processi iniqui, sono state condannate a lunghe pene detentive in condizioni crudeli, disumane o degradanti. Le autorità sono anche state accusate di aver tentato di assassinare
oppositori politici residenti all’estero.
Il 22 febbraio, uno sconosciuto ha sparato alla testa all’imam Obidkhon Nazarov, rifugiato in Svezia fin
dal 2006, provocandone il coma. Era un imam dissidente molto famoso che aveva spesso criticato pubblicamente le autorità uzbeke per la repressione dei gruppi musulmani indipendenti. Era fuggito dall’Uzbekistan nel 2000 ma nel 2005 era stato accusato di essere uno degli organizzatori delle proteste di Andijan
e delle violenze che ne erano seguite. Fin d’allora le autorità ne avevano chiesto l’estradizione e lo avevano
denunciato come una minaccia alla sicurezza dell’Uzbekistan. Nel processo seguito al tentato omicidio, il
giudice ha rilevato che molto probabilmente egli era stato colpito per le sue convinzioni politiche da un
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gruppo proveniente dall’esterno della Svezia. Il procuratore di stato ha accusato le autorità uzbeke di aver
organizzato il tentato omicidio. Il legale della famiglia di Obidkhon Nazarov e molti suoi sostenitori hanno
attribuito la colpa ai servizi di sicurezza dell’Uzbekistan.
Ruslan Suleymanov è stato estradato dall’Ucraina in Uzbekistan il 20 settembre. Si era trasferito nel novembre 2010, temendo di essere sottoposto a un processo iniquo e a possibili torture e maltrattamenti nel
suo paese. In precedenza era stato amministratore di una società privata di costruzioni uzbeka che, nel
2008, era divenuta oggetto di un tentativo d’acquisizione da parte di aziende rivali. Quando la società si
era rifiutata di cedere, i servizi di sicurezza avevano fatto irruzione e gli amministratori, tra cui Ruslan
Suleymanov, erano stati indagati per reati finanziari. Egli è stato arrestato in Ucraina nel febbraio 2011
dopo una richiesta d’estradizione presentata dall’Uzbekistan. Nonostante a maggio l’Unhcr, l’agenzia delle
Nazioni Unite per i rifugiati, lo avesse riconosciuto come rifugiato secondo il proprio mandato e si stesse
adoperando per favorirne il reinsediamento, egli è stato comunque estradato dall’Ucraina il 20 settembre
e, a novembre, la sua famiglia ha riferito che si trovava in detenzione preventiva a Tashkent.
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