Tempo libero e libertà costituzionali

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Tempo libero e libertà costituzionali
Capitolo I
Tempo libero e libertà costituzionali
SOMMARIO: 1. Il «tempo libero» in senso moderno, tra scienza storica e scienza sociale. – 2. Per una nozione di «tempo libero» nel diritto del lavoro. – 3. Il tempo libero tra libertà costituzionali, diritto alla salute e disciplina dei «riposi». – 4. Il tempo libero come espressione dei diritti fondamentali al riposo ed alla partecipazione
alla festa. – 5. Il tempo libero nel sistema delle fonti lavoristiche. – 6. Il tempo libero
nel sistema delle fonti di diritto pubblico ed ecclesiastico. – 7. Le linee dell’indagine.
1. Il «tempo libero» in senso moderno, tra scienza storica e scienza sociale
Questa indagine, sulla relazione tra il «tempo libero» e il diritto del lavoro, prende inizio dalla considerazione che la questione della regolazione
del tempo, lavorativo e non, nel diritto del lavoro si trova al centro di tensioni che fanno capo da un lato alla tendenza alla riduzione del tempo di
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lavoro e d’altro lato al prender forma di una concezione del tempo lavora2
tivo sempre più varia ed individualizzata . Si tratta di tensioni che si fanno
presenti sul fronte della distribuzione del tempo nei rapporti di lavoro, ol3
tre che della sua quantificazione , cosicché l’analisi del confine tra il tempo
1
V. T. TREU, Diritto del lavoro: discontinuità e interdipendenze, in Argomenti di diritto
del lavoro, 2005, p. 27 ss.; M. NAPOLI, Note introduttive a ID. (a cura di), L’orario di lavoro
tra ordinamento interno e disciplina comunitaria. Commentario al d.lgs. n. 66/2003, in Nuove leggi civili comm., 2004, p. 1231 ss.
2
V. A. ACCORNERO, Era il secolo del Lavoro, Il Mulino, Bologna, 2000, pp. 170-175; A.
SUPIOT (a cura di), Au-delà de l’emploi. Transformations du travail et devenir du droit du
travail en Europe. Rapport pour la Commission européenne, Flammarion, Parigi, 1999, pp.
22, 95-96, 120 ss., 123 ss.
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V. G. SUPPIEJ, Produttività e occupazione, in B. PERRONE (a cura di), L’uso del
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Il tempo libero nel diritto del lavoro
lavorativo e il tempo che resta diventa una questione di garanzia per il go4
verno del proprio tempo . Essa mira a comprendere come, nel far propria
la nozione di «tempo libero» presente nella scienza sociologica, la scienza
giuridica possa rendere all’aggettivo «libero» il significato pregnante di un
tempo dato per l’esercizio di libertà; in modo che nel diritto del lavoro il
«tempo libero» consideri come oggetto di indagine il tempo che resta dall’obbligo lavorativo insieme alle conseguenze legate al concetto di libertà
(in senso costituzionale).
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Nella sociologia del «tempo libero» questo è definito in prima approssimazione come la «quota di tempo che gli individui tendono a riempire
con attività scelte liberamente, non soggette a vincoli imposti dall’esterno,
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non finalizzate a lucro, e ritenute fonte di piacere e/o riposo» : definizione
dalla quale emergono già i caratteri dell’autodeterminazione individuale,
della libertà e dell’edonismo, i quali, in chiave giuridica, conducono rispettivamente alle aree: dell’autonomia privata mediata dal diritto del lavoro,
dell’esercizio di libertà costituzionali e della qualità di vita implicata nella
nozione di riposo (in senso generico).
Questa nozione di tempo libero è formulata in sociologia nel contesto
tempo. Il lavoro/il diritto/il tempo libero, Edizioni Studium, Roma, 1999, p. 225 ss.,
spec. p. 225; e A. QUADRIO CURZIO, Le concezioni del tempo libero, ivi, p. 245 ss., spec.
p. 245.
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V. G. GASPARINI, voce Tempo (organizzazione sociale del), in Enciclopedia delle
scienze sociali, vol. IX (supplemento), Istituto dell’Enciclopedia italiana G. Treccani,
Roma, 2001, p. 287 ss., spec. pp. 294-296; ID., La dimensione sociale del tempo, Angeli,
Milano, 2000, spec. pp. 82-87; ID., Il tempo e il lavoro, Angeli, Milano, 1986, spec. p.
143 ss. V. anche i contributi pubblicati in AA.VV., Tempi e orari. Riflessioni sulla flessibilità amica, numero monografico della Rivista delle Politiche Sociali, n. 3/2005, e in particolare M. PACI, Organizzazione del tempo e sistema delle tutele, ivi, p. 11 ss. E da ultimo v. V. BAVARO-U. CARABELLI-G. SFORZA-R. VOZA, Tempo comune. Conciliazione di vita e lavoro e armonizzazione dei tempi delle città, Angeli, Milano, 2009.
5
V. M.C. BELLONI, voce Tempo libero, in Enciclopedia delle scienze sociali, vol. VIII, Istituto dell’Enciclopedia italiana G. Treccani, Roma, 1998, p. 557 ss.; M.-F. LANFANT, Le
teorie del tempo libero. Sociologia del tempo libero e ideologie, Sansoni, Firenze, 1974. Nell’area francofona (sotto la voce loisir) è considerato centrale il contributo di J. DUMAZEDIER,
Vers une civilisation du loisir?, éd. du Seuil, Parigi, 1962; e in seguito ID., Sociologia del
tempo libero, Angeli, Milano, 1987. Nell’area anglofona (sotto la voce leisure) v. M. KAPLAN,
Leisure in America: a Social Inquiry, Wiley and Sons, New York, 1960.
V. anche la bibliografia ragionata sulle relazioni tra lavoro e tempo libero redatta da
G.P. CELLA, Lavoro e tempo libero nella sociologia francese e nordamericana. Una rassegna
bibliografica, in Studi di sociologia, 1967, p. 151 ss.
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V. BELLONI, voce Tempo libero, cit., p. 557.
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Tempo libero e libertà costituzionali
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degli studi sulla struttura temporale della modernità , e in relazione a questo ambito si pone come una nozione che si riferisce ad un «tempo libero»
che è già un «tempo socialmente costruito», in particolare un «insieme di
attività che si contrappongono al «tempo lavorativo» occupando alcune
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quote del tempo che ne resta . È in questo senso che si fa riferimento ad
una nozione di tempo libero di tipo moderno.
Le definizioni che si muovono intorno a questa appena riferita si caratterizzano per l’approccio neutrale, rispetto ad altre che tendono a valorizzare o direttamente gli aspetti contenutistici dell’uso del tempo libero o le
differenti declinazioni introdotte dalla valutazione della percezione soggettiva del proprio tempo come tempo libero; definizioni che tuttavia risultano meno utili ad individuare un oggetto di indagine che il diritto possa fare
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proprio .
L’approdo complessivo della sociologia sul tempo libero è rappresentato comunque dall’averlo «costruito», e di averlo costruito come un
tempo sociale, in particolare accentuandone il carattere relativistico, cioè
di un tempo che si concettualizza progressivamente per differenza ma quindi in relazione con gli altri tempi sociali: non solo il tempo di lavoro, ma
anche gli altri tempi che occupano uno spazio intermedio tra quello lavorativo e quello libero in senso stretto. Si tratta dei tempi utili alla c.d. riproduzione sociale necessaria (nutrirsi, dormire, etc.) e dei tempi dedicati agli spostamenti e al c.d. semi-loisir, che si differenzia in tempo per la
cura (anziani, bambini, malati) e per la famiglia (semi-loisir in senso proprio) e in tempo per la formazione e qualificazione professionale (loisir
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per il lavoro) .
Questa nozione di tempo libero, di tipo neutrale (ai contenuti e alle percezioni soggettive) e relativistico (rispetto agli altri tempi sociali costruiti),
si focalizza nell’individuazione di un tempo altro (individuato a contrario
7
V. la linea di studi sociologici che da DUMAZEDIER, Vers une civilisation du loisir?,
cit., passa a A. GIDDENS, La costituzione della società. Lineamenti di teoria della strutturazione, Edizioni di Comunità, Milano, 1990 (ma 1984), fino a GASPARINI, voce Tempo
(organizzazione sociale del), cit.; La dimensione sociale del tempo, cit.; e Il tempo e il lavoro, cit.
8
V. ancora BELLONI, voce Tempo libero, cit., p. 557.
9
Per una sintesi della relazione filosofica tra diritto, tempo libero, festa e culto, v. F.
D’AGOSTINO, Il diritto e il tempo, in PERRONE (a cura di), L’uso del tempo. Il lavoro/il diritto/il tempo libero, cit., p. 23 ss., spec. pp. 31-34.
10
V. G. RICCI, Tempi di lavoro e tempi sociali. Profili di regolazione giuridica nel diritto
interno e dell’UE, Giuffrè, Milano, 2005, spec. p. 15.
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Il tempo libero nel diritto del lavoro
dalla nozione di tempo lavorativo) e però arricchito dall’essere un tempo destinato ad attività «libere» (con esclusione quindi di tempi che pur non essen11
do lavorativi sono occupati altrimenti) . In linea con questo approdo, sul piano della indicazione concreta delle tipologie e quote di tempo «libero», nelle
analisi sociologiche il tempo libero solo eccezionalmente è inteso come comprensivo di tutto il tempo residuo dal lavoro; mentre di solito è individuato
come il solo tempo che l’individuo sceglie liberamente di impiegare in un certo modo, per un numero di ore che si aggira circa intorno alle cinque ore quotidiane nei giorni lavorativi in media, oltre i giorni di assenza di lavoro (riposo
settimanale, ferie, festività). In questi studi il tema collima allora con quelli, più
specifici, del tempo scelto, del loisir, e, nel pensiero femminile, del tempo per
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sé ; e, in relazione alle analisi d’impresa, con il tema del tempo «liberato» .
L’analisi sociologica del tempo libero entra così in contatto con problemi legati: all’evoluzione dell’organizzazione sociale e familiare, anche in dipendenza dai mutamenti demografici; alla flessibilizzazione degli orari; alla
persistenza di un’area di disoccupazione involontaria; e dà luogo a tematiche
relativamente recenti e di taglio quantitativo che vanno anche sotto il nome
di tempo vuoto e scarsità di tempo. Nel frattempo però si avverte anche un
margine di disagio per una quasi dissoluzione del concetto di tempo libero,
legata alle rapide trasformazioni culturali e al fatto che esse abbiano inciso
anche sui processi di attribuzione di significato a quelle attività che comu14
nemente erano considerate il riempimento del tempo libero .
Parallelamente è notevole il diffondersi nella terminologia sociale di lemmi di area francofona (temps libre, temps choisi, temps pour soi, e soprattutto
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loisir , che trova corrispondenti nell’inglese leisure e nello spagnolo ocio,
16
questo in derivazione dal latino otium ).
Invero la individuazione di un tempo di riposo, almeno nella forma del
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V. J. GERSHUNY, L’innovazione sociale. Tempo, produzione e consumi, trad. a cura di
G. Sivini, Rubbettino, Soveria Mannelli, Messina, 1993.
12
V. L. BALBO (a cura di), Tempi di vita. Studi e proposte per cambiarli, Feltrinelli, Milano, 1991.
13
V. ACCORNERO, Era il secolo del Lavoro, cit., p. 170; RICCI, Tempi di lavoro e tempi
sociali. Profili di regolazione giuridica nel diritto interno e dell’UE, cit., p. 12. Estende il sintagma al tempo dell’uomo liberato G. GARANCINI, Prefazione, in PERRONE (a cura di), L’uso
del tempo. Il lavoro/il diritto/il tempo libero, cit., p. 1 ss., spec. p. 12.
14
V. BELLONI, voce Tempo libero, cit., pp. 563-564.
15
V. per tutti DUMAZEDIER, Vers une civilisation du loisir?, cit.
16
V. BELLONI, voce Tempo libero, cit., p. 558.
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Tempo libero e libertà costituzionali
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riposo a cadenza settimanale, è di origine antichissima . Anche se non nei
termini di una questione sul «tempo libero» in senso moderno (che nasce
con gli studi sociologici a ridosso della rivoluzione industriale) già nel pensiero filosofico classico vi sono tracce di un atteggiamento culturale consapevole rispetto al tempo di riposo. Le implicazioni concettuali della diffusione di questi termini mostrano le due anime irriducibili della considerazione storico-sociale (ma in fondo filosofica) della questione del tempo libero: dovendosi riconnettere ai latini otiare e licere le due grandi aree semantiche sul tempo libero, che possono dirsi rispettivamente di senso astensivo e permissivo.
All’area dell’otium (secondo una concezione astensiva del tempo che resta) appartiene la tradizione nella quale prevale la considerazione del tempo libero come tempo vuoto (di sospensione degli affari, letteralmente del
negotium). Ad un livello di analisi più valutativo risulta poi che nelle diverse elaborazioni concettuali sul tempo libero come otium e nella stessa sensibilità sociale storicamente è prevalsa a seconda dei casi l’attribuzione al
tempo libero di tratti positivi, di apprezzamento, o negativi, di disapprovazione. Queste due sotto-aree di considerazione valutativa del tempo che resta come tempo vuoto hanno convissuto nella storia del pensiero anche sociale sia prima sia dopo la rivoluzione industriale. In antichità all’area dell’apprezzamento per il tempo libero astensivo appartengono le esperienze
della scolé e dell’otium in senso proprio, nella direzione della speculazione
culturale, o quelle epicuree e edonistiche, nella direzione della percezione
di piacere; mentre più tardi, nella cultura cristiana anche delle origini e poi
medievale, si trova già l’ambiguità di una considerazione divisa tra margini
o di apprezzamento per la pratica riflessiva di chi si ritira dalle preoccupazioni del mondo (sulla via della contemplazione e della ascesi mistica) o invece di riprovazione per i contenuti di perdizione e di degrado morale che
caratterizzano il tempo vuoto, dell’inazione, dell’inerzia, dell’inettitudine,
18
fino al peccato di accidia , pienamente recepiti in epoca moderna dall’eti19
ca calvinista .
Accanto a queste esperienze di taglio individuale, di un uso in un certo
senso solitario per definizione del tempo, si sviluppano, anch’esse dall’anti17
Si tratta di una istituzione ebraica mutuata da altri popoli, caldei e babilonesi: v. GAIl tempo e il lavoro, cit., p. 142.
18
V. F. D’AGOSTINO, Il diritto e il tempo, in PERRONE (a cura di), L’uso del tempo. Il lavoro/il diritto/il tempo libero, cit., p. 23 ss., spec. p. 35.
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V. BELLONI, voce Tempo libero, cit., pp. 558-559.
SPARINI,
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Il tempo libero nel diritto del lavoro
chità, linee di percezione del tempo libero legate al concetto implicato nel
lemma licere (secondo una concezione permissiva del tempo che resta), strettamente connesse al concetto di festa, dove il tempo libero si connota a seconda dei casi come tempo sacro o profano, ma comunque legato ad usi
20
collettivi per definizione, in senso «liberante ed unificante» . Esso diventa
allora anche spazio sociale concesso al popolo in certe occasioni, religiose e
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non: in un caso per permettere l’espressione di comportamenti cultuali ;
nell’altro caso per rendere lecito e reale ciò che è vietato (la messinscena
del sopruso) o falso (lo scambio di ruolo tra uomini e donne e con gli animali), come tipicamente nella festa di carnevale.
Specialmente nell’ambito del licere, si sovrappongono i significati della
festa, che tendono a mantenersi nell’area religiosa, e i significati dei comportamenti tenuti durante la festa, che possono corrispondere alle prescrizioni o anche eccedere nella sregolatezza. In questo ambito sono presenti
letture di taglio funzionalista, portate ad enfatizzare i tratti contenutistici
del tempo libero, per la sua aderenza al concetto di benessere; ed altre di
matrice marxista, più inclini a fondare sulla teoria del plusvalore la necessità di una sempre maggior quantificazione di tempo libero, fino alla pro22
clamazione provocatoria del diritto della classe operaia all’ozio .
A favorire i comportamenti regolati provvedono organizzazioni di carattere religioso, etico-sociale e sindacale, in sintonia con la spinta alla moralizzazione dei costumi propugnata anche dalla prima letteratura sociologica
23
sul tempo libero , e con la esigenza anche economica di favorire l’uso regolato del (poco) tempo libero, per evitare che gli eccessi della festa compromettano l’adempimento della prestazione lavorativa, specialmente il primo
giorno lavorativo seguente.
Questo fenomeno era noto nel secolo scorso anche sotto il nome di
24
«san Lunedì» e aveva un preciso riscontro giuridico nella giurisprudenza
20
V. M. NAPOLI, Il trattamento economico-normativo per le festività soppresse: note a margine alla legge 5 marzo 1977 n. 54, in Riv. giur. lav., 1977, I, p. 753 ss., spec. pp. 753-754.
21
Sugli aspetti cultuali della libertà religiosa, in connessione con la fruizione di tempo
libero, v. R. COPPOLA, Profili ecclesiastici, in PERRONE (a cura di), L’uso del tempo. Il lavoro/il diritto/il tempo libero, cit., p. 170 ss., e ivi ulteriori riferimenti.
22
V. P. LAFARGUE, Il diritto all’ozio, Feltrinelli, Milano, 1982 (ma 1883); G. FRIEDMAN,
Où va le travail humain?, Gallimard, Parigi, 1963 (ma 1950).
23
V. T. VEBLEN, La teoria della classe agiata. Studio economico sulle istituzioni, Einaudi,
Milano, 1949 (ma 1899).
24
V. BELLONI, voce Tempo libero, cit., p. 559.
Tempo libero e libertà costituzionali
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dei Probiviri: nel massimario di E. Redenti del 1906 figura una massima
nella quale si afferma che «Non può reclamare indennità l’operaio, che fu
licenziato senza preavviso dopo di avere per varie volte, malgrado gli ammonimenti dell’imprenditore, disertato il lavoro nel lunedì ed essersi fatto
sorprendere nel sonno durante le ore destinate al lavoro» (alla voce relativa
25
ai «lunedianti») .
La questione conosce un risvolto giuridico anche sul piano della responsabilità del debitore rispetto al mantenimento della possibilità di adempiere (v. § 3), e uno più strettamente normativo, che si ha nella previsione del
riposo anche nei giorni del 26 dicembre e del lunedì dopo Pasqua (Pasquetta), ai quali rispettivamente corrispondono nel calendario liturgico cattolico la festa di Santo Stefano Protomartire e la festa dell’Angelo, ma che socialmente trovano origine proprio nella loro posizione di giorno seguente alle importanti festività cattoliche del Natale e della Pasqua (v. cap. III, § 3).
Con uno sguardo al passato, la rivoluzione francese e quella industriale,
con il loro carico di valori borghesi (nel segno della operosità e della morigeratezza) e capitalistici (per la organizzazione di massa e la frattura che intanto si produce tra il tempo e luogo del lavoro, rispetto al tempo e luogo
della quotidianità), probabilmente hanno favorito il recupero degli aspetti
normativi del tempo libero, accentuandone il significato di tempo collettivo; perciò in senso moderno il tempo libero si qualifica come tempo antitetico al tempo di lavoro e come tempo collettivo socialmente costruito, qua26
lunque significato ulteriore gli si attribuisca .
Parallelamente, il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro e la
diffusione del benessere economico hanno contribuito alla diffusione di
comportamenti che si possono far risalire al filone individualista dell’uso
del tempo libero, cioè che riprendono, mutatis mutandis, le esperienze prodottesi in antichità nell’area semantica dell’otium, con la tendenza a riempire però il tempo dato di contenuti ludici, piacevoli, di divertimento, in27
dividualmente scelti e poi che diventano di massa . Vanno così diffondendosi modelli di comportamento omogenei, benché individuali, dove la logi25
V. E. REDENTI, Massimario della giurisprudenza dei probiviri, a cura e con un’Introduzione di SEVERINO CAPRIOLI (ristampa anastatica dell’edizione della Tipografia nazionale di
G. Bertero & C., Roma, 1906), Giappichelli, Torino, 1992, massima n. 717, Meccaniche,
Milano, 17 dicembre 1902, Meda c. Stigler, pp. 148-149 (ma pp. 224-225 dell’edizione del
1906).
26
V. BELLONI, voce Tempo libero, cit., p. 559.
27
V. D. RIESMAN, La folla solitaria, Il Mulino, Bologna, 1956 (ma 1950).
14
Il tempo libero nel diritto del lavoro
ca del consumo di massa nel tempo dato conosce un risvolto concettuale
imprevisto (la trasformazione dell’uso del tempo dato come consumo di
tempo) e una evoluzione assiologica nel senso concettualizzato dalla teoria
della moralità leggera (fun morality), per la quale entra a far parte del comportamento etico anche la coltivazione di «relazionalità familiare e amicale,
riposo, svaghi e sport, spostamenti nelle residenze secondarie, televisione e
28
altro ancora» .
Sul piano valoriale il tempo libero diventa sempre più oggetto di considerazione positiva, di apprezzamento: sfumano la disapprovazione legata alla inerzia (nell’area individuale dell’otium) e quella legata agli eccessi (nell’area collettiva del licere) (v. supra); mentre prevale la considerazione degli
aspetti promozionali della persona legati al divertimento. Questo a sua volta si scompone imprevedibilmente in un divertimento collettivo, ancora legato alla festa, sacra o profana, e in un divertimento individuale, legato al
consumo ricreativo, che va a coprire il tempo c.d. residuale tipico delle società industrializzate (industriali e post-industriali), polarizzato nella sera,
29
nel week end, nelle settimane di ferie estive : agglomerati di tempi liberi
che si sono diffusi socialmente talvolta anche senza un particolare collegamento con le festività (e in tal caso piuttosto insieme alla emersione della
30
categoria parallela della «qualità della vita» ), altre volte nel rispetto del
31
calendario liturgico cattolico , che si fa civile con legge dello Stato quando
vengono trasformati in giorno festivo sia la domenica sia altri giorni di ricorrenza religiosa (oltre che giorni di ricorrenza civile in senso proprio);
mentre parallelamente si amplia la cerchia dei soggetti che esercitano la libertà religiosa scegliendo di fruire di un tempo sacro in giorno diverso dalla domenica e/o anche in altri giorni liturgici a seconda della confessione
32
religiosa di appartenenza .
28
V. GASPARINI, Il tempo e il lavoro, cit., p. 145.
V. GASPARINI, voce Tempo (organizzazione sociale del), cit.; ID., La dimensione sociale del tempo, cit., pp. 82-87; e in precedenza ID., Lavoro e tempo libero. La situazione e
le tendenze, in PERRONE (a cura di), L’uso del tempo. Il lavoro/il diritto/il tempo libero,
cit., p. 55 ss.
30
V. GASPARINI, Il tempo e il lavoro, cit.: rispettivamente p. 129 ss. sul tempo libero e p. 63
ss. sulla qualità della vita; e ivi ulteriori riferimenti. Dello stesso autore v. anche La dimensione
sociale del tempo, cit.; e Tempo di lavoro, tempo libero e tempo della festa, in AA.VV., Cultura e
fede nell’Italia del Nord, Vita e Pensiero, Milano, 1992, p. 141 ss.
31
V. GASPARINI, voce Tempo (organizzazione sociale del), cit., spec. pp. 288-290.
32
Per una considerazione antropologica dell’evoluzione dell’uso del tempo libero nelle
29
Tempo libero e libertà costituzionali
15
2. Per una nozione di «tempo libero» nel diritto del lavoro
Anche negli studi giuridici la considerazione del tempo libero è stata oggetto di progressive modificazioni, terminologiche e concettuali, in relazione
al contesto culturale e normativo di riferimento, e di riflesso rispetto al piano
33
di analisi sulla relazione tra diritto e tempo . Nella storia del diritto il dato
centrale è la presenza, a metà tra il tempo dell’obbligo e il tempo libero, di
una zona grigia, di compiti obbligatori ma non lavorativi, di ordine essenzialmente familiare o sociale. Si tratta ante litteram di una sorta di categoria
del semi-loisir, che veniva percepita socialmente come inclusa in modo omo34
geneo nel concetto di obbligo .
Già nella società medievale era individuabile una distinzione apprezzata
35
come prescrittiva tra «lavoro settimanale» e «lavoro supplementare» . L’industrializzazione poi avrebbe inciso sulle «due leggi che nelle età precedenti
avevano scandito i ritmi del lavoro e del riposo, la legge naturale dell’alter36
nanza del giorno e della notte e la legge religiosa del riposo domenicale» .
E, insieme alla contrattualizzazione degli obblighi lavorativi, avrebbe cancellato la tripartizione tra attività lavorative, altrimenti obbligatorie e libere, riducendo il tempo del lavoratore (la giornata, la settimana, il mese, l’anno) alla distinzione tra il quando del lavoro, cioè dell’attività obbligatoria per contratto, e il quando del tempo che resta.
Nella letteratura lavoristica il tema del tempo libero si focalizza in un’ot37
tica attenta alla regolazione degli orari . Parallelamente la stessa politica di
giornate di carattere sacro v. P. TARCHI-C. MAZZA (a cura di), La domenica e i giorni dell’uomo, Ed. San Paolo, Cinisello Balsamo, 2005.
33
V. L. MENGONI, Diritto e tempo, in Jus, 1998, p. 635 ss. (e in AA.VV., Studi sul lavoro. Scritti in onore di Gino Giugni, Cacucci, Bari, 1999, p. 707 ss.); e C. CESTER, Lavoro e
tempo libero nell’esperienza giuridica, in AA.VV., L’orario di lavoro, Quaderni dir. lav. e
relazioni ind., n. 17, 1995, p. 9 ss.
34
V. GASPARINI, Lavoro e tempo libero. La situazione e le tendenze, cit., p. 62.
35
V. E. POWER, Vita nel Medioevo, Einaudi, Roma, 1966, pp. 11-33, spec. p. 15; e ivi
ulteriori riferimenti.
36
V. L. MENGONI, L’organizzazione del tempo di lavoro, in PERRONE (a cura di), L’uso
del tempo. Il lavoro/il diritto/il tempo libero, cit., p. 219 ss., spec. p. 219.
Per un’analisi dell’evoluzione dei tempi di lavoro divisa nelle fasi storico-sociali del fordismo, del post-fordismo e della società globale v. A.M. CHIESI, Tempo e orari, in AA.VV.,
Tempi e orari. Riflessioni sulla flessibilità amica, numero monografico della Rivista delle
Politiche Sociali, n. 3/2005, p. 279 ss.
37
V.ne una sintesi in RICCI, Tempi di lavoro e tempi sociali. Profili di regolazione giuridica
nel diritto interno e dell’UE, cit., pp. 52-53; v. anche M. FERRARESI, Disponibilità e reperibilità
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Il tempo libero nel diritto del lavoro
riduzione dell’orario è transitata da una fase più concentrata sulla riduzione
dell’orario settimanale ad una più attenta alla redistribuzione dei tempi delle
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ferie annuali e delle festività ; mentre sullo sfondo si colloca l’ampio tema
39
della conciliazione tra i tempi di vita e i tempi di lavoro .
In tale contesto, per individuare una nozione giuridica di tempo libero che
si presti ad oggetto di questa indagine, occorre riprendere dal dato che la nozione di tempo libero presente, pur in diverse accezioni, negli studi sociologici
può darsi in senso quantitativo più ampia (tutto il tempo residuale dal lavoro)
o più ristretta (escluse anche le altre occupazioni quotidiane) e, coerentemente, in senso qualitativo, più debole o più pregnante («tempo nel quale trova
40
attuazione una espressione libera e personalizzata dell’individuo») .
Le riflessioni sociologiche sul tempo libero possono servire all’analisi
giuridica come dato complessivo di indagine, ma con un salto di prospettiva. La qualità libera nel tempo, nelle scienze sociali, è propria non di tutti
i tempi residuali (extra-lavorativi) ma propriamente solo di quelli a disposizione della persona oltre l’adempimento dei compiti legati alla riproduzione sociale necessaria e al semi-loisir (i quali presentano un contenuto
obbligatorio non in senso normativo ma secondo la percezione sociale di
normalità); mentre nel diritto si avverte la necessità di ancorare il criterio
di individuazione quantitativa di un tempo libero a tutti i periodi che restano dall’adempimento di una prestazione lavorativa propriamente obbligatoria, cioè che si estende a tutti i periodi non interessati dall’orario (compresi quelli che nella sociologia del tempo libero vengono identificati come
tempi occupati dal semi-loisir).
Secondo Mengoni si è verificato proprio nel diritto del lavoro «il passaggio da una concezione puramente normativistica, che intende il diritto
come forma esterna dei comportamenti socio-economici, a una concezione
del lavoratore: il tertium genus dell’orario di lavoro, in Riv. it. dir. lav., 2008, I, p. 93 ss. Utilizza il lemma «flessibilizzazione» MENGONI, L’organizzazione del tempo di lavoro, cit., p. 220.
38
V. G.P. CELLA-T. TREU, La contrattazione collettiva, in ID. (a cura di), Le nuove relazioni industriali, Il Mulino, Bologna, 1998, p. 183 ss., spec. pp. 226-227; M. NAPOLI, Il
quadro giuridico-istituzionale, ivi, p. 47 ss.; ID., voce Sindacato, in Dig. IV ed., disc. priv.,
sez. comm., Utet, Torino, vol. XVI, appendice, 1999, p. 509 ss. (e Vita e Pensiero, Milano,
2009).
39
V. T. TREU, Proposte di riforma del lavoro, in Riv. giur. lav., 2005, I, p. 417 ss., spec.
p. 428; e nella letteratura sociologica M. SAMEK LODOVICI-D. OLIVA, Europa, Modelli di
conciliazione dei tempi, in La rivista delle politiche sociali, 2005, p. 175 ss.
40
V. GASPARINI, Tempo di lavoro, tempo libero e tempo della festa, cit., p. 141 ss., spec.
p. 144.
Tempo libero e libertà costituzionali
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istituzionalistica che accentua la funzione del diritto come tecnica di orga41
nizzazione e di controllo sociale» .
Ma il materiale sul quale il diritto esercita questa tecnica, poiché è preso
direttamente dall’analisi sociologica, dove è a sua volta «istituzione», va depurato dagli aspetti volontaristici, se vuole diventare oggetto di analisi giuridica, e ridotto a quanto di obbligatorio vi è del comportamento sociale che si
va ad organizzare e a controllare. E, poiché il tempo libero è nozione esattamente contraria al tempo occupato, mentre questo nella sociologia comprende i tempi di lavoro e i tempi altrimenti occupati, nel diritto è solo il tempo di
lavoro, mentre è libero per tutto il resto. Per questa ragione diventa oggetto
di analisi nel diritto del lavoro non solo il tempo libero in senso sociale (dal
lavoro e da altre occupazioni), ma tutto il tempo che non è vincolato all’adempimento di un contratto di lavoro (compreso quello che poi ciascuno destini,
se crede, ad occupazioni altre, purché appunto non obbligatorie).
Peraltro non è da escludere che all’analisi giuridica tornino utili le distinzioni sociologiche tra i diversi modi d’uso dei tempi residuali. Nel Rapporto
per la Commissione europea redatto sotto la direzione di Alain Supiot opportunamente accanto al tempo di lavoro figuravano in modo distinto le aree del tempo di vita privata e familiare e del tempo di lavoro non professio42
nale; oltre che del tempo libero (inteso quindi in senso sociologico) .
Resta l’esigenza che la ricostruzione della disciplina normativa del tempo
libero comprenda tutto il tempo che resta dal tempo di lavoro, in modo che
essa prenda contenuto dal rapporto contrattuale entro il quale da un lato
l’orario misura l’estensione della prestazione lavorativa subordinata e d’altro
lato il tempo di esecuzione della prestazione misura l’estensione della prestazione lavorativa autonoma (pur con una notevole differenza del concetto e degli effetti della durata sullo schema dei due tipi contrattuali: v. cap. IV, § 1).
Se sul piano quantitativo il tempo libero che interessa alla analisi giuridica è tutto il tempo che resta dall’orario di lavoro (nozione residuale), parallelamente sul piano qualitativo il diritto tende ad individuare gli aspetti
prescrittivi della nozione, e dunque ad accoglierla come un tempo che de43
ve essere di libertà in senso giuridico .
41
V. L. MENGONI, L’influenza del diritto del lavoro sul diritto civile, in Il contratto di lavoro. Scritti di Luigi Mengoni, a cura di M. NAPOLI, Vita e Pensiero, Milano, 2004, p. 53
ss., spec. p. 73 (e in Giorn. dir. lav. e relazioni ind., 1990, p. 5 ss.).
42
V. A. SUPIOT, Au-delà de l’emploi. Transformations du travail et devenir du droit du
travail en Europe. Rapport pour la Commission européenne, Flammarion, Parigi, 1999.
43
Così ridisegnata, la distinzione è coerente con l’affermazione, pur vera, secondo cui