Bollettino no. 23 luglio 2014

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Bollettino no. 23 luglio 2014
NUMERO 23
LUGLIO 2014
Foto di Mina Patocchi
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... e finalmente ce lo siamo lasciati alle spalle,
l’inverno appena trascorso
di Gabriele Dazio, forestale di settore e vice-sindaco
Sembrava che all’inizio era giunto solo per scherzo, soltanto per farci ricordare come era fatto.
Eravamo al 12 di ottobre e, a Fusio, l’inverno sembrava già essere arrivato: avevamo infatti già 30
cm di neve. Di solito, quando si comincia così,
qualche domanda ce la si pone: “ … sarà un inverno duro o con poca neve? Mah, vedremo poi a
primavera …”
Ora la primavera é oramai arrivata; anzi, è purtroppo già quasi finita ed un bilancio sull’inverno appena trascorso lo possiamo certamente fare,
sebbene che sentir parlare ancora di neve, fa veramente venire i brividi. È vero che la neve d’ottobre (che citavo in precedenza) si era già tutta
sciolta, per dare poi spazio a giornate autunnali
veramente stupende, le quali si sono protratte fin
verso la metà di novembre. La prima nevicata vera
e propria l’abbiamo invece avuta, quasi per incanto, nei giorni di Natale, quando un grosso quantitativo (130 cm in due giorni!) ci ha da subito fatto
capire che, quest’anno, l’inverno non avrebbe
scherzato affatto. Le strade parzialmente ostruite
o con il traffico perturbato – a cui si è aggiunta la
mancanza di elettricità per ben 3 giorni – ci han-
no dato un certo senso di tranquillità e pace, con
la strana sensazione di essere fuori dal mondo,
isolati, e in mano ad un destino che soltanto qualcuno conosce. In quei momenti, spesso ci si è
detti che era ancora presto per fare previsioni:
eravamo solo all’inizio dell’inverno, ma che probabilmente gli attimi più intensi – e a rischio di forti
precipitazioni nevose – sarebbero certamente
stati i mesi di febbraio, marzo e magari anche
aprile, per le zone più elevate. Infatti così è stato;
e, come al solito, il mese già più temuto dai nostri
Indice
Editoriale
pag. 2
Il personaggio: Gianfredo Camesi
pag. 5
Sanità valmaggese, fra passato e futuro
pag. 8
Notizie e comunicati in breve…
pag. 10
Separazione del territorio promiscuo tra Brontallo e Menzonio nel 1868
pag. 16
L’ospite: Le api e gli apicoltori: operaie e sentinelle dell’ambiente in cui viviamo
pag. 19
Insolita giornata a Rima
pag. 22
Una nuova perla incastonata sulla Via Alta pag. 24
RIMA: un paesaggio da salvaguardare e da valorizzare
pag. 26
Estate con noi ...
pag. 29
Foto di copertina: Cortignelli, sullo sfondo il Pizzo Castello 2’808 m e “La Rossa” 2’576 m
Ultima di copertina: Via Alta Vallemaggia, cresta tra la valle di Serenello e Cocco
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antenati, febbraio, ha dato veramente il meglio di
sé stesso, quasi per farci capire che, contro questo genere di avversità, ben poco abbiamo a che
dire, ma soprattutto a che fare. Man mano che la
coltre bianca aumentava – ma questo succede
sempre – ci si chiedeva: quanta neve ci sarà in alto? si staccheranno tante valanghe? grandi o piccole? Tutte domande a cui oggi sappiamo
rispondere. È vero che un inverno come questo
non sono in molti a ricordarselo, con nevicate
continue e momenti in cui la neve - specialmente
all’interno dei nuclei - non si sapeva più bene dove ammucchiarla. Tuttavia, paragonarlo a quello
del 1951 – premetto che non c’ero ancora – mi
sembra assai azzardato.
troppo dispiacere) non hanno potuto frequentare
l’asilo o le scuole; i problemi con i trasporti degli
anziani, degli allievi e delle persone che per qualsiasi ragione dovevano spostarsi dal proprio domicilio; i momenti in cui il Comune si è assunto l’onere e
soprattutto la responsabilità di effettuare un picchetto di sorveglianza. Senza dimenticare quella
magnifica giornata di carnevale, quando tutti, dal
piazzale delle OFIMA, hanno potuto sentire il boato
della valanga, rendendosi conto però soltanto dopo di essere rimasti bloccati, fortunatamente senza alcun incidente.
Ora è giunta la primavera. Sembrava che più nessuno ne parlasse, che si erano già tutti dimenticati, invece lo scorso 21 maggio, abbiamo ricevuto
la bella notizia direttamente dal Consiglio di Stato;
verrà costruita una nuova galleria!!
I N F O
Se riassumo a mente i disagi che abbiamo avuto, è
ovvio che il mio primo pensiero (forse anche l’unica
immagine indelebile) va a quella località denominata, chissà perché, Bavorca. A questo proposito, bi- Alcuni mesi fa, il Municipio ha incontrato il Consisogna dire che di problemi ne abbiamo avuti gliere di Stato, Direttore del Dipartimento del Terparecchi; in particolar modo, nel gestire una situa- ritorio, Claudio Zali, il quale ha, da subito, anche
zione di non sempre facili soluzioni. Una slavina durante i periodi in cui avevamo i maggiori disagi,
cioè che, ad ogni nevicata, scendeva – anche se dimostrato il suo vero interesse alla questione, dinon sempre sino alla strada cantonale – più
volte al giorno, e spesso anche di notte, a
causa degli ingenti quantitativi di neve che si
scaricavano in alta quota. Nel corso di
quest’ultimo inverno, la valanga è scesa fino
in basso a parecchie riprese, sbarrando per
oltre una decina di volte la carreggiata della
strada cantonale e raggiungendo in tre occasioni il tornante situato più a valle. Inutile ricordare i lunghi giorni in cui l’intera regione
del Piano di Peccia è rimasta isolata dal resto Progetto indicativo, esito dallo studio delle varianti, da approfondire a
del mondo, dove i bambini (magari senza livello architettonico e paesaggistico
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Municipio di Lavizzara
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Michele Rotanzi (responsabile)
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Bruno Giovanettina e il personale
della cancelleria
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cendosi intenzionato a voler risolvere definitivamente una problematica che per troppi anni è
stata trascurata e per questo lo ringraziamo sinceramente. I progettisti del nuovo tunnel – Studio
d’ingegneria Messi & Associati – hanno infatti ricevuto dal Cantone il mandato per analizzare la
questione e proporre delle soluzioni (rapporto costo-beneficio) su tre differenti varianti esecutive.
Dopo aver personalmente analizzato le diverse
modalità d’intervento, con i relativi rapporti, Zali
ha dunque proposto, ai suoi colleghi di Governo,
la ratifica della variante massima del progetto, ossia il rifacimento completo della galleria con naturalmente il prolungamento dei rispettivi portali e
la copertura di entrambe le corsie stradali.
È ovvio che la realizzazione di questo nuovo tunnel
– previsto a partire dal prossimo anno – comporterà parecchi disagi al transito veicolare. Sappiamo
però che, per noi, è un’opera di fondamentale importanza e quindi dovremo giocoforza adattarci,
consapevoli che tutto quanto sarà fatto unicamente per garantire la nostra incolumità e la futura sopravvivenza delle nostre regioni di montagna.
Per continuare il percorso invernale, ricordo la sera in cui abbiamo dovuto sbarrare la strada cantonale fra Sornico e Peccia, per il timore che la
valanga del “Riazzöö” potesse staccarsi e mettere
in serio pericolo il transito sulla strada cantonale.
Il mattino seguente, dopo un sorvolo d’ispezione
in loco, eravamo tutti più tranquilli, soprattutto vedendo che la stessa era in parte già scesa nei
giorni precedenti. Parecchia neve era però ancora
presente nella zona di stacco, trattenuta in modo
impressionante dalle nuove rastrelliere in legno,
realizzate lo scorso anno, proprio allo scopo di diminuire i quantitativi di neve che man mano vengono scaricati nel canalone principale.
Durante i sorvoli delle zone particolarmente a rischio di distacco valanghe, è stata spesso visitata
anche la parte superiore del “Ri Scodao” (Prato
Sornico). E qui, sebbene non fossimo sempre troppo tranquilli, bisogna dire che, fortunatamente, il
tutto è stato più pacato del previsto: la valanga è
scesa infatti più volte, uscendo persino dal terrapieno, ma senza destare eccessive preoccupazioni.
Altro punto negativo dell’inverno appena trascorso – e questo è senz’altro stato il fattore determinante – più che gli ingenti quantitativi, è stato
l’enorme peso specifico della neve caduta a creare enormi disagi. Ricordo d’aver pesato la massa
nevosa al momento in cui a Fusio avevamo 280
cm di neve (6 febbraio) e di essere rimasto sbalordito: pesava ben 523 kg/mq. Nei giorni a venire,
sono poi iniziati i lavori per liberare e sgomberare
tetti e tettoie di vario genere. Forse, non ci sarebbe stato nessuno sfondamento, ma l’inquietudine
di chi lavorava all’interno di questi capannoni era
palpabile e il rischio era reale.
Ora che la neve non c’è più, ci si accorge in modo
progressivo dei notevoli danni che quest’ultima ha
causato al patrimonio boschivo, ai pascoli e magari anche ad alcuni beni considerevoli che da
tempo rendevano unico il nostro territorio.
Ogni inverno è diverso, una nuova avventura che
segna il passare del tempo dell’uomo e della natura. Ricordiamoci comunque sempre di avere il
privilegio di vivere in luoghi stupendi, magnifici,
che per nessun’altra ragione al mondo cambieremmo mai.
Premunizione selvicolturale “Riazzöö”,
Prato Sornico - 6 febbraio 2014
Tengo infine a ringraziare, anche a nome dei miei
colleghi di Municipio, tutti coloro che hanno contribuito e collaborato, in un modo o nell’altro, a
rendere unica questa singolare avventura. Siamo
naturalmente consapevoli però che situazioni
analoghe potranno ancora verificarsi, anche se
l’esperienza di questo inverno appena trascorso
ci ha sicuramente insegnato qualche cosa.
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Gianfredo Camesi
Un artista nomade e profondo, sempre in partenza e sempre di ritorno
di Bruno Donati
Non c’è dubbio alcuno, Gianfredo è uno dei nostri,
apprezzato da tutti per la disponibilità al contatto
umano, per il carattere gioviale e per la semplicità
che lo caratterizza nel vivere tra la sua gente. Ma in
lui si avverte una profondità di pensiero, una spontanea originalità nel suo modo di vita e si intuiscono
solo vagamente gli ampi orizzonti che gli hanno
consentito di intraprendere un percorso eccezionale nel campo del pensiero e dell’arte, fino ad avere
un respiro universale che gli permette di muoversi
nel tempo e nello spazio, senza confini.
Ho la fortuna di conoscerlo da tempo, di essergli
amico e di ritrovarlo talvolta in quei periodi che lui
definisce “il ritorno al nido”. Questo breve testo, che
entrerà nelle case lavizzaresi, riassume alcune riflessioni sgorgate da due incontri avuti a Menzonio
nell’imprevedibile mese di aprile: una limpida mattina seduti al sole primaverile e pochi giorni dopo,
accanto al camino acceso, mentre fuori cadeva
ancora la neve come in inverno.
La conversazione non aveva lo scopo di elencare
tutta la sua multiforme produzione artistica e le innumerevoli esposizioni allestite un po’ ovunque nel
mondo. Per questo ci sono i cataloghi. A noi, che
trascorriamo l’esistenza tra le montagne,
interessa aprire degli spiragli sull’uomo,
sulle ispirazioni che lo hanno indirizzato, sui
valori che lo sorreggono. In fondo cercare
di capire un poco e di apprezzare Gianfredo Camesi per quello che ha fatto e che
propone tuttora, come compito fondamentale della sua vita.
Gianfredo è nato a Menzonio nel 1940 in
una famiglia contadina con sette figli e in
Ticino ha trascorso i suoi primi venti anni.
Frequenta la scuola dell’obbligo a Menzonio e la conclude a Cavergno, prosegue
poi con il ginnasio a Locarno. I genitori
vedevano per lui la possibilità di farlo diventare maestro di scuola, un’ambizione
frequente nelle famiglie contadine di quegli anni.
Fin da bambino denota spiccate doti per il disegno
che eseguiva in modo realistico, ma già con il bisogno impellente di scoprire il mondo attraverso la figurazione, quindi non unicamente per riprodurre la
realtà ma come interrogazione sul senso della vita
e delle cose. Al ginnasio il docente di disegno intuì
questa sua predisposizione e suggerì ai genitori di
fargli seguire una formazione all’Accademia di Brera. Le modeste condizioni famigliari non permisero
di percorrere questa via e per lui si trovò quindi un
posto di tirocinio come disegnatore edile presso lo
studio di architettura di Oreste Pesenti a Locarno.
Tutto sommato fu una fortuna, perché vi trovò un
architetto affermato, molto vicino alla scuola del
Bauhaus, e un piccolo cenacolo di personaggi
stimolanti, come ad esempio Jean Arpe e Remo
Rossi.
Parallelamente alla professione, Camesi poté portare avanti lo studio dei pittori classici eseguendo
copie di importanti dipinti di Michelangelo, di Reni, di Ciseri. Si avvicinava così al mondo dell’arte
scoprendo una dimensione immensa e significati
profondi. Non ancora ventenne acquisì già una
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sua personale espressività, favorita dalla passione
innata di osservare e dal bisogno di definire una
misura dello spazio e del tempo.
A vent’anni inizia una lunga peregrinazione – tuttora in atto – che lo porterà a soggiornare in varie parti del mondo, un’esperienza che ha influito
sull’evoluzione della sua arte, in fondo della sua vita,
facendone un cittadino cosmopolita in una realtà
multietnica e multiculturale.
Camesi, come lui stesso afferma, non è un emigrante simile ai suoi antenati, il suo è uno spostamento
da nomade che lo porta verso luoghi in grado di nutrirlo culturalmente e di offrirgli stimoli sempre nuovi, pur mantenendo un campo base, Menzonio, dove
regolarmente torna per riacquisire energie nuove,
come in un grembo materno. In lui c’è la necessità
continua di partire e di tornare: le due realtà, quella
del villaggio e quella urbana, gli danno stimoli costanti e indispensabili per la sua ricerca e per il suo
lavoro creativo. Il suo nomadismo lo ha iniziato fin
da bambino, passando l’estate sull’alpe con i pastori e con il bestiame, e lo vive tuttora con la carovana
della sua famiglia. I suoi spostamenti sono sempre
stati dettati da ragioni sia sentimentali che intellettuali, ogni volta la sua vita si riformava sulla base di
incontri affettivi e di stimolanti scambi culturali.
La sua prima tappa è stata Ginevra, dove risiederà
per 15 anni e dove all’inizio si guadagnerà da vivere
in qualità di disegnatore edile, ma in ogni momento
libero, alla sera e talvolta per l’intera notte, si dedicava intensamente all’arte e alla ricerca, sviluppando un discorso molto personale. In quel
periodo l’arte figurativa nella città di Calvino
seguiva una via figurativa assai tradizionale,
per Camesi poco stimolante, ecco perché
regolarmente partiva per l’Italia, la patria dei
grandi maestri. A Firenze collaborò con un
gruppo di ricerca, incontrando artisti importanti
quali Calderara e Fontana. A metà degli anni
Sessanta fu spesso anche a Zurigo, attirato da
movimenti d’avanguardia quale il costruttivismo
zurighese: conobbe personaggi come Max Bill
e i galleristi Renée e Maurice Ziegler, i primi a
presentare l’arte americana d’avanguardia di
quel tempo. Grazie al fortunato incontro con
questi galleristi Camesi poté dedicarsi interamente all’arte. A Ginevra divenne presto il
capofila di un discorso nuovo a cui aderirono
parecchi artisti, influendo anche sugli indirizzi della
Scuola di Belle Arti e allargatosi in seguito alla Svizzera romanda.
Parigi, che già frequentava saltuariamente, divenne
la sua seconda tappa e qui risiederà e lavorerà per
ben 25 anni sviluppando le sue principali attività
artistiche. I fermenti dell’”École de Paris” e i grandi
maestri dell’arte figurativa di quel momento facevano della metropoli francese un luogo privilegiato di
apertura e di confronto, alla ricerca di forme nuove
di espressione. A partire dagli anni Settanta sono
numerosi i suoi soggiorni in varie parti del mondo
dove espone le sue opere o realizza importanti progetti figurativi. Nel 1973 è chiamato a rappresentare la Svizzera alla XXII Biennale di São Paulo in
Brasile; segue poi un viaggio attraverso l’America
Latina e il Messico, che lo porterà per la prima volta
a New York . Da segnalare inoltre soggiorni ad Amsterdam, Bochum, Perugia, Tokio, Roma.
Nel 1998 si trasferisce per quattro anni a Vienna
dove, sul solco delle tematiche a lui care e fondamentali, lavora ai cicli: Espace mesure du temps,
Forme de lumière e Chemin du corps. Nel 2002
Colonia diviene il suo luogo di residenza e di produzione artistica e in questa importante città vive da
12 anni con la sua famiglia.
In tutto questo girovagare per il mondo un punto resta fermo, come baricentro di una vita, di un pensiero, di un’operosità profonda e incessante: Menzonio.
Qui Camesi ritorna spesso, spinto da un’esigenza
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profonda e impellente. È un attaccamento alla radice che lo richiama alle origini, alla madre terra che
gli ha dato vita, che sempre lo accoglie, ogni volta
con fattezze nuove e sorprendenti. Come nel nostro
ultimo incontro a fin aprile con la neve che imbiancava tutto e che Gianfredo indicava come l’abito
bianco di una sposa, subito dismesso al ritornare
del sole e del tepore primaverile.
Inoltre per lui Menzonio e la sua gente sono come
una grande famiglia di cui si sente parte integrante
e nei confronti della quale prova un forte senso di
riconoscenza. Per sottolineare l’amore che prova
per la sua terra e per la comunità che vi vive ha
collaborato, ad esempio, al restauro degli edifici
religiosi e donato, tra l’altro, la composizione Genesi di un’opera, presente nell’oratorio della Vergine
Assunta.
Per Gianfredo il richiamo dell’arte, più che un piacere o un bisogno, è un dovere che lo investe di una
responsabilità che lui sente molto forte e che non
vuole tradire. È così che lui parla delle doti ricevute
che hanno caratterizzato la sua vita e che lo guidano tuttora: «l’arte per me è come un dono che mi
offre la possibilità di dialogare con il creato, quindi
con il creatore. Fare arte è un’obbedienza. Nella
nostra cultura e nella nostra educazione ci hanno
insegnato a ubbidire, a essere semplici e umili, dare
con generosità. Io ho ricevuto in dono le mie doti e
ora mi sento in dovere di trasmettere a tutti quanto
ho raggiunto con il mio lavoro».
L’incontro con Gianfredo Camesi nella sia piccola e
accogliente casa di Menzonio, dove si percepisce
ancora il passaggio di numerose generazioni di
contadini e dove si respira un ambiente sereno, si
conclude con qualche osservazione, non più solo
dell’artista ma dell’uomo nomade che è stato e che
è tuttora, aperto agli altri e tollerante. «Percorrendo
varie parti del mondo ho riscontrato culture diverse,
molteplici tradizioni, disparati modi di vivere e di
pensare. Ma l’umano è sempre umano, con la sua
sofferenza e le sue gioie, con le sue domande, con
la sua cultura. Siamo tutti uguali, nel piccolo e nel
grande, su questa terra».
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Sanità valmaggese, fra passato e futuro
di Fausta Pezzoli-Vedova
Con l’inaugurazione del nuovo Centro
Sociosanitario di Vallemaggia a Cevio,
ora battezzato “Residenza alle Betulle”, il fulcro della sanità della valle s’incammina sul viale della modernità, del
guardare avanti, dell’essere vigili e pronti
a rispondere alle necessità della popolazione che, come a tendenza globale,
in futuro godrà di prospettive di vita più
durevoli che non in passato. E questo
con tutte le possibili incognite sul piano
della salute che presuppone, quindi, la
necessità di dare delle risposte, meglio,
di operare affinché sia possibile donare
più “vita e qualità” alla longevità.
Il nuovo Istituto si trova nel cuore della valle, in pratica alle porte della nostra Lavizzara per cui è una
presenza importante per la gente di qui, giacché dà
loro l’opportunità di avere nelle vicinanze un centro
che nel bisogno potrà garantire la continuità delle
cure a pazienti dimessi da ospedali ma non ancora pronti per tornare a casa (15 letti post-acuti),
offrire la degenza in Casa anziani (33 letti + 14 a
Someo) e prendersi carico di invalidi adulti (12 posti
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letto). La Residenza alle Betulle dispone pure di un
ambulatorio medico e di un servizio di fisioterapia:
entrambi sono a disposizione anche dell’utenza
esterna. Gestita dall’Associazione valmaggese di
aiuto domiciliare, invalidi adulti e casa anziani (presieduta da Ivo Lanzi) la nuova casa della salute dei
valmaggesi – diretta da Cesare Cattori - ha iniziato
il cammino di “rodaggio” nel mese di maggio 2013
e ora è entrata nella fase di pieno regime dando
lavoro a un centinaio di persone. «Con questo Centro la Vallemaggia è già nel futuro»; ha affermato il
direttore del DSS on. Paolo Beltraminelli nel giorno
dell’inaugurazione.
Vallemaggia ha il dovere di richiamare alla meoria
per non lasciarla scomparire fra le pieghe del tempo.
Vicissitudini e difficoltà non sono certo mancate
neppure sul percorso del nuovo Centro Sociosanitario: a ricordarle nel giorno dell’inaugurazione,
l’avv. Marco Fiori, presidente della Fondazione Vallemaggia, proprietaria della “Residenza alle Betulle”. Quindi gratitudine va espressa anche a quelle
entità politiche della valle che, quando a fine anno
2000 il Cantone ufficializzò la chiusura dell’Ospedale di zona di Cevio, seppero reagire alla “doccia
fredda”, attivandosi per mantenere una struttura
sanitaria efficiente e moderna.
Futuro che per completarsi necessità però anche
del passato. E il trait d’union che congiunge il trascorso con il presente è dato dall’importanza di
possedere una casa della sanità che, oggi come
ieri, sappia soddisfare le necessità delle persone
evitando l’obbligatorietà di dover uscire dalla valle
per ogni e qualsiasi bisogno legato alla salute o al
divenire anziani.
Oggi, è pur vero che lo spostamento avviene con
maggiore facilità rispetto al passato; la gente è più
abituata e i mezzi di trasporto sono velocissimi, ma
il desiderio, specialmente per chi è un po’ in avanti
con gli anni, di mantenere il contatto con le proprie
radici in molti casi resta un’esigenza impellente,
forse anche un elemento vitale per la qualità di vita. Necessità attuali, ma anche, e forse ancora più
sentite nel tempo andato, all’inizio del 1900 quando
in valle non c’era una casa nella quale trovare ospitalità per farsi curare obbligando la gente a lunghe
e disagiate trasferte verso Locarno. Oppure, sovente, a morire a casa, assistiti da coscienziosi medici
che con grande umanità accompagnavano il malato
sulla soglia dell’ultimo viaggio.
Così, fra passato da ricordare, e futuro da costruire, la sanità della Vallemaggia continua a essere
un’opportunità e una presenza sicuramente valida
e apprezzata.
L’occasione è quindi propizia anche per ricordare
con riconoscenza i pionieri di allora, uomini di valle,
di altri tempi che, incoraggiati dal sostegno della
popolazione, fra grandi difficoltà – in primo luogo
finanziarie, superate solo grazie a tanta generosità
giunta anche da compaesani emigrati oltre oceano
– dopo una decina di anni di lotte e di preoccupazioni coronarono la loro opera con l’inaugurazione
del primo ospedale; era il 24 settembre 1922. Uno
spezzone di storia e un ponte fra generazioni che la
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Notizie e comunicati in breve…
Attività del Consiglio Comunale
E nella seduta ordinaria del 13 giugno 2014 presso la sala del CC a Prato, alla presenza di 15 consiglieri
comunali ha espresso le seguenti decisioni: (tra parentesi le cifre 2012)
- Ha rinnovato l’ufficio presidenziale per l’anno 2014 che risulta così composto: presidente Ivan Mattei,
1° vice-pres. Maddalena Giuseppe, 2° vice-pres. Antonio Mignami.
- Ha approvato il consuntivo comunale 2013 che, dopo un ammortamento straordinario di Fr. 141’069.–
ha chiuso con un avanzo di esercizio di Fr. 65’876,84 (Fr. 80’241,91) dovuto a entrate per
Fr. 3’243’051,65 (Fr. 3’026’687,31) e uscite per Fr. 3’177’174,81 (Fr. 2’946’445,40)
- Ha approvato il consuntivo 2013 dell’Azienda Acqua Potabile di Lavizzara che presenta una maggiore
entrata di Fr. 39’227,18 (Fr. 34’311,25) dovuta a entrate per Fr. 230’767,19 (Fr. 235’650,90) e uscite
per Fr. 191’540,01 (Fr. 201’339,65) .
- Ha concesso il credito di Fr. 50’000.– per l’acquisto della particella no. 104 RFD sez. di Peccia in zona artigianale, di proprietà del sig. Barzaghi Mauro.
Discariche abusive
Si ricorda alla popolazione e alle ditte operanti in Lavizzara che la nuova discarica comunale controllata di
Peccia (zona Cristallina) ha sostituito tutte le vecchie discariche presenti nel nostro comprensorio.
Esse sono perciò definitivamente chiuse e vige il divieto assoluto di depositare materiale di qualsiasi tipo.
Per il deposito di materiale presso la discarica di Peccia é obbligatorio annunciarsi presso la cancelleria a
Prato tel. 091 755 14 21.
Deposito ramaglie
Nelle differenti discariche sono stati riservati degli appositi spazi per l’esclusivo deposito delle ramaglie, le quali annualmente verranno truciolate da parte del Comune.
Questi spazi sono delimitati nell’ex discarica del Piano di Peccia (per la Valle di Peccia), nell’ex discarica di Mogno (per Mogno e Fusio) e nella discarica ufficiale di Peccia per le restanti frazioni del
Comune.
Deposito del verde
Con il termine “verde” si intende l’erba e gli scarti da giardino (non legnosi). Gli stessi devono essere
trasportati nelle discariche sopraccitate e depositati assieme al materiale inerte.
Ufficio tecnico intercomunale
A partire dal 1° di aprile è entrata in vigore la convenzione tra i comuni di Cevio, Lavizzara e Rovana per
la creazione dell’ufficio tecnico intercomunale Il sig. Bianchini Daniele è stato assunto a tempo pieno dal
comune di Cevio con un riparto dei costi del 40% a nostro carico. Oltre all’edilizia privata al sig. Bianchini
è stata affidata la conduzione della nostra squadra operai. Qualsiasi segnalazione di intervento sul terri-
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torio deve essere annunciata direttamente all’ufficio tecnico tel. 091 755 14 21 oppure
al no. 079 127 49 70. I nuovi orari di apertura dell’ufficio tecnico a Prato sono:
martedì e giovedì dalle 09.30 alle 11.30
Altri orari sono possibili dietro appuntamento
Piscina comunale di Bignasco
Il Municipio di Lavizzara ha deciso di aderire all’iniziativa promossa dal Comune di Cevio per l’entrata a
prezzi di favore dei domiciliati nei Comuni della Vallemaggia. Per quanto riguarda le persone residenti nel
nostro comprensorio, il Comune di Lavizzara si farà perciò carico della differenza di prezzo fra la tariffa
per i domiciliati a Cevio e quella dei non domiciliati per i seguenti abbonamenti:
abbonamenti 10 entrate
- adulti: domiciliati Fr. 45.– non domiciliati Fr. 55.–
- adulti AVS: domiciliati Fr. 35.– non domiciliati Fr. 45.–
- giovani/studenti: domiciliati Fr. 30.– non domiciliati Fr. 40.–
abbonamenti stagionali
- adulti: domiciliati Fr. 100.– non domiciliati Fr. 120.–
- adulti AVS: domiciliati Fr. 80.– non domiciliati Fr. 105.–
- giovani/studenti: domiciliati Fr. 60.– non domiciliati Fr. 90.–
- famiglia: domiciliati Fr. 200.– non domiciliati Fr. 250.–
Il rimborso della differenza di prezzo potrà essere richiesto alla nostra Cancelleria comunale
dietro presentazione della ricevuta di pagamento.
Centesimo compleanno della signora Alma Medici
Lo scorso 7 aprile la signora Alma Medici ha festeggiato, attorniata dalla sua famiglia, l’invidiabile traguardo del centesimo compleanno.
Il Sindaco Michele Rotanzi ha fatto visita alla signora Medici portando il saluto del Municipio e di
tutta la popolazione della Lavizzara.
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Serata per i dieci anni del comune di Lavizzara
Venerdì 4 aprile 2014, in occasione del decimo anniversario della nascita del Comune di Lavizzara, il
Municipio ha organizzato una serata speciale per sottolineare l’evento presso la sala multiuso del centro
scolastico di Sornico. Dopo la parte ufficiale, nel corso della quale hanno preso la parola il Sindaco Michele Rotanzi, il Consigliere di Stato Paolo Beltraminelli e l’ex Consigliere di Stato Luigi Pedrazzini, il
folto pubblico presente ha potuto assistere ad un concerto del gruppo di musica popolare “Vent Negru”.
La serata si è conclusa con un rinfresco offerto dal Comune presso il Centro sportivo Lavizzara.
Esposizione zootecnica valmaggese
In data 27 aprile 2014 si è svolta presso il Centro Sportivo di Lavizzara la tradizionale esposizione zootecnica, organizzata dalla Società Agricola Valmaggese. La manifestazione, come lo scorso anno, è stata accompagnata da un tempo piovoso e freddo, nonostante questo ha avuto un ottimo riscontro di
pubblico che ha potuto ammirare i migliori capi bovini e caprini valmaggesi. Il concorso ha visto vincere
tra i bovini: Wanda per il titolo di Miss
Vallemaggia 2014 (proprietari Giorgio
e Michele Dazio) e Laerche per il titolo di Miss Mammella 2014 (proprietari
Valerio e Simone Tabacchi).
Tra i caprini hanno primeggiato Obelix
(proprietario Luigi Ernst) per la categoria Nostrana e Dama (proprietari
Lia e Gabriele Dazio) per la categoria
Nera Verzasca.
Gradita ospite dell’esposizione zootecnica è stata la Fondazione Centro
Capra che per il primo anno ha proposto il concorso dei formaggi caprini
ticinesi; poco prima di mezzogiorno si
è potuto assistere alla premiazione.
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Trentesimo anniversario della Scuola di scultura di Peccia
Nel 1984 lo scultore Rolf Flachsmann decise di insediare nell’ex Comune Peccia il proprio laboratorio di
scultura per sfruttare a fini artistici la materia prima fornita dalla cava di marmo. Nell’ambito della sua
attività, fondò una scuola che portava il suo nome e cominciò ad
impartire corsi accompagnato da alcuni amici scultori. Qualche
anno dopo, nel 1987, Alex Naef rilevò l’attività e ribattezzò l’istituto con il nome di “Scuola di scultura di Peccia”. Nel corso del tempo la scuola si è costantemente rinnovata e ampliata grazie al
successo sempre crescente dei corsi e delle mostre organizzati
dalla Direzione. Quest’anno, in occasione del trentesimo anniversario è stata organizzata un’edizione speciale del “Sentiero delle
sculture”. Saranno infatti esposte opere degli artisti più importanti che, in qualità di insegnanti, hanno contribuito a plasmare l’immagine e l’attività della scuola di scultura. La mostra all’aperto,
inaugurata il 3 maggio scorso, sarà visitabile fino al 2 novembre
2014 e contribuirà ad arricchire il vasto panorama di iniziative culturali e ricreative offerto dal nostro Comune nel corso della stagione estiva.
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Quasi 200 motociclisti in Lavizzara
Grazie alla bella giornata, circa 200 motociclisti hanno partecipato, giovedì primo maggio all’aperitivo del motociclista svoltosi in Vallemaggia. Dopo aver fatto tappa a Bosco Gurin i partecipanti si sono ritrovati al centro
sportivo di Sornico per il pranzo. Grazie alla Federazione Motociclistica Svizzera e all’ UPI, organo per la sicurezza stradale, era presente anche un simulatore di guida sul quale i centauri hanno potuto provare le loro
capacità. L’evento è stato organizzato dal Moto Cub Vallemaggia presieduto da Michele Delponte.
Assemblea dell’Alleanza Patriziale ticinese (ALPA)
Sabato 24 maggio 2014 al Centro Sportivo Lavizzara di Sornico.
La Lavizzara ha avuto l’onore di ospitare in una splendida giornata primaverile l’annuale Assemblea generale dell’Alleanza Patriziale Ticinese alla presenza di oltre 200 delegati in rappresentanza di un centinaio di Patriziati ticinesi. Scusati nell’occasione i Patriziati della regione Valle di Muggio assenti in
corpore per la concomitanza che ha visto la consegna del premio “Paesaggio dell’anno 2014” al locale
Museo etnografico da parte della Fondazione Svizzera per la tutela del paesaggio. Il presidente ALPA,
Tiziano Zanetti, ha condotto magistralmente l’assemblea durante oltre 2 ore e mezzo. Gli onori di casa
sono stati portati dal Sindaco Michele Rotanzi, al quale hanno fatto seguito parecchi altri interventi.
Fausto Rotanzi, Presidente del Patriziato di Peccia è intervenuto a nome dei 7 Patriziati lavizzaresi (Fusio, Peccia, Prato, Sornico, Broglio, Menzonio e Brontallo), organizzatori dell’evento coordinato con professionalità da Germano Mattei.
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Nel corso dei lavori assembleari, il Consiglio Direttivo dell’ALPA e l’unanimità dei presenti all’Assemblea,
hanno votato una risoluzione per esprimere profonda preoccupazione per la situazione nella quale si
trovano i boschi di castagno di tutto il Ticino a causa del massiccio attacco del cinipide che sta distruggendo un valore territoriale, storico e di protezione indispensabile per il nostro Cantone. Con la Risoluzione, l’Assemblea ALPA unanime esorta le autorità cantonali e federali competenti a fare tutto il
possibile per cercare di porre un freno a questa piaga che potrebbe distruggere in modo irreparabile
parte del patrimonio boschivo
Al termine dell’assemblea, i delegati e gli ospiti - tra i quali il Consigliere di Stato Norman Gobbi, il presidente del Gran Consiglio Gianrico Corti (da anni non si vedeva il primo cittadino del cantone!), il rappresentante della Federazione Svizzera dei Patriziati Gaspard Studer, Luigi Pedrazzini, già Consigliere di
Stato, i granconsiglieri Giacomo Garzoli, Aldo Pedroni, Mauro Minotti e Franco Celio (che ha perorato
anche una maggiore sensibilità per i danni causati dai lupi), e il presidente di Vallemaggia Turismo, Renzo
Piezzi) hanno apprezzato l’aperitivo offerto dal Comune di Lavizzara e servito dal Ristorante Lavizzara e
quindi un ottimo pranzo a base di polenta e umido ad opera della Società Pattinaggio Lavizzara. Oltre
250 le porzioni distribuite.
Il pomeriggio ha proposto ai partecipanti un momento culturale-ricreativo con la visita di alcune strutture
della Lavizzara: Il progetto pilota di sviluppo regionale e di promozione di prodotti indigeni del settore
primario di Brontallo; Il marmo e la Scuola di scultura di Peccia; la chiesa di S. Giovanni Battista a Mogno
e mulino, segheria e pesta di Fusio. Ulteriori informazioni sul sito: www.alleanzapatriziale.ch
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Separazione del territorio promiscuo tra
Brontallo e Menzonio nel 1868
di Bruno Donati
Ogni villaggio raccoglie le proprie case attorno a
un campanile, a una piazza, a un luogo dove si radunava la vicinanza: solo più tardi la comunità si
stringe accanto a una casa in grado di accogliere
la scuola, il comune e il patriziato. Per i piccoli agglomerati l’autonomia amministrativa e religiosa
non è sempre stata garantita, taluni hanno conosciuto un susseguirsi di fasi di aggregazione o di
divisione. Come è il caso, ad esempio, di Menzonio e Brontallo negli ultimi secoli.
Fino a inizio Quattrocento i villaggi di Menzonio
e di Brontallo facevano parte di una grande vicinanza nella quale figurava pure Cavergno e
Bignasco; solo in seguito si legarono indissolu-
bilmente alla Lavizzara. Nel 1506, con lo stacco
dalla chiesa matrice di Cevio, si formò la parrocchia di Menzonio con giurisdizione religiosa anche su Brontallo. Quest’ultima località divenne
parrocchia autonoma nel 1655.
Durante il lungo periodo della dominazione svizzera i due villaggi formavano due entità distinte
pur conservando il territorio in comune e ciò ha
reso necessaria la stesura di ordinamenti denominati “Patti ordenationi et faule dil Comune di
Menzoni et Brontallo”. Di questi statuti si sono
conservate tre copie che coprono il periodo che
va da inizio Seicento a metà Settecento.
Con l’indipendenza del Cantone Ticino, a partire
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dal 1803, le due comunità si staccarono
dal punto di vista politico-amministrativo
(Comune), ma conservarono la condivisione del territorio e delle sue risorse, preziose e vitali in un’economia di sussistenza
(Patriziato). La suddivisione del territorio
promiscuo e la formazione dei due patriziati distinti è stata molto laboriosa,
accompagnata nel corso dell’Ottocento
da un lungo processo che ha creato disaccordo e risentimento fra due comunità
contigue, fino allora solidali.
Il ritrovamento, avvenuto nel 2008 in una
casa privata di Cavergno, di un importante
incarto formato da numerosi manoscritti
(ora conservato nell’archivio del Comune di Lavizzara) permette di ricostruire il
tribolato percorso, che, nel 1868, porta
alla separazione del comprensorio comune e alla
nascita di due patriziati distinti.
“Vertendo litte et differenzie”
Già nei primi anni dell’Ottocento – soppressi gli
ordinamenti che per circa tre secoli avevano determinato il vivere civile – nei due villaggi si sente sempre più vivo il desiderio di interrompere il
percorso comune per seguire strade diverse. Un
documento del 1808, sottoscritto dai rappresentanti delle due parti, lo esprime chiaramente: “Le
due terre di Menzonio e Brontallo esendo in litigho riguardo la divisione del teritorio comunalle
[…] cioè alpi boschi pascoli pescha ed ogni altra
cosa […] si sono parimenti acordate ed intese di
considerarsi da ora in avanti come due comuni
separate e divise […]”. Lo stesso manoscritto
indica il modo di procedere: “abiamo risolto di
consultare varie persone sagge e dotte periti e
prudente per conoscere ciò che sara di ragione
di diritto e di dovere”.
L’anno successivo il Tribunale d’Appello indica
uno dei criteri da adottare, vale a dire, la spartizione deve avvenire in funzione del numero degli
abitanti: a Menzonio 190 anime e a Brontallo
120. E subito i nodi vengono al pettine, tanto più
che si dovrà tenere conto anche della qualità del
territorio, della presenza di proprietà private, di
antichi diritti d’acqua, di stramare, di tagliare fieno selvatico e tante altre prerogative.
Ci si inoltra in un vicolo cieco fatto di rivendicazioni, di proteste e di accuse; trascorrono così oltre
cinquant’anni di convivenza forzata e conflittuale
in una casa comune che si vorrebbe dividere.
La caccia ai patrizi domiciliati fuori comune
Da tempi immemorabili le due piccole comunità
avevano subito le conseguenze di intensi fenomeni migratori con partenze anche definitive
e con insediamenti in paesi lontani. Malgrado il
trascorrere del tempo e i contatti sempre più labili con il paese natio tutta questa gente avrebbe
ancora potuto essere patrizia? E dopo quante
generazioni?
Nella speranza di aumentare la forza numerica
della popolazione e influire così a proprio vantaggio sulla divisione del territorio, inizia, da una parte e dall’altra, la ricerca dei discendenti di vecchi
emigranti, arretrando l’indagine fino al 1600.
A Brontallo, ad esempio, si scoprono come possibili patrizi un gran numero di Jelmoni residenti a
Brissago e Giacomini da lungo tempo in Francia.
A Menzonio non si è da meno e vengono alla luce
i Testorini e i Camesi a Roma, i Canova a Losone, i Camesi e i Tonini a Prato e Broglio, ancora
Camesi in Olanda, i Caneva di Losone e parecchi
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altri ancora. Le cifre ufficiali decise dal Tribunale
di Appello vengono così stravolte: Menzonio rivendica 227 attinenti e Brontallo 205.
Tre arbitri
Visto che la situazione diviene sempre più inestricabile e che non potrà che peggiorare allorquando bisognerà definire la linea divisoria, i
due municipi, nel settembre 1864, decidono di
affidarsi al giudizio inappellabile di tre periti nominati dal Tribunale distrettuale di Vallemaggia. Si
tratta di: Innocente Bazzi di Brissago, Giuseppe
Mattei di Peccia, Giuseppe Palla di Cevio. In pieno accordo e senza perdere tempo, i tre arbitri
suddividono il territorio promiscuo in 16 lotti: 8
sul versante a solivo e 8 da ovigo. Per ogni unità si provvede a fare una precisa delimitazione,
descrizione, estensione e stima. Si procede pure a tracciare una chiara linea di demarcazione
dei due distinti territori e il tutto viene inserito in
un piano corografico a colori che rende la loro
proposta di divisione precisa ed evidente. Finalmente si ha ora un progetto su cui riflettere e
confrontarsi; dopo i litigi sul rispettivo numero di
abitanti, durati decenni, si passa ora a problemi
concreti e importanti per la vita quotidiana.
Entrano in scena i principi del foro
Il progetto di divisione in un primo momento
viene giudicato, sia dagli abitanti di Menzonio
che da quelli di Brontallo, come : “sommamente
commendevole, sia per la sua brevità e chiarezza,
sia per lo studio dell’impianto, e per l’eleganza
della formazione”. Viene così accettato, “salvo
pochissimi rimarchi da porsi in considerazione al
momento del giudizio definitivo”. Nella seconda
metà dell’Ottocento si contava ancora un certo
numero di analfabeti e la maggior parte della
popolazione aveva ben poca dimestichezza con il
leggere e con lo scrivere.
Per le due comunità risultava così difficile difendere la propria posizione per iscritto e districarsi
tra leggi, regolamenti e codicilli vari: si decise così di affidarsi al sostegno di giuristi, risultati veri e
propri azzeccagarbugli. Menzonio venne patrocinato dall’avv. Marco Capponi e Brontallo dall’avv.
Vittore Scazziga.
La situazione si complica e nel gioco reciproco,
volto a difendere i propri interessi, si cerca di
sminuire il valore di quanto viene concesso e di
accrescere, oltre il dovuto, il pregio attribuito ai
beni della controparte.
Tutto quello a cui si deve rinunciare viene vissuto
come un sacrificio inaccettabile e suscita richieste di deroga o di abrogazione. In breve tempo
gli avvocati danno origine a lunghe prese di posizione e producono repliche e controrepliche,
paginate infarcite di dotte citazioni in latino, di
accuse e controaccuse, il tutto in un enigmatico
linguaggio giuridico. Il dibattito sul progetto di
divisione dura quattro anni e la mediazione degli arbitri richiederà molta diplomazia e grande
pazienza. Alla fin fine, dopo la decisione finale
(lodo), presa il 7 novembre 1868, le due comunità
saranno costrette a provvedere alla taglio di alcuni boschi per poter onorare le fatture salate dei
loro difensori.
Cosa svelano i documenti
Dalla lettura di tutto l’incarto si traggono numerose informazioni: sull’importanza economica
dell’intero territorio, dal fiume alle vette, sul ruolo
dell’individuo e della comunità, su costumi e tradizioni locali. Vengono svelati numerosi toponimi
e le caratteristiche dei luoghi, appare evidente la
vastità dell’area coltivata, l’importanza dell’alpeggio e della selvicoltura. Riaffiorano aspetti allora
vitali, quali ad esempio: la strenua difesa dei diritti
acquisiti dai proprietari di Menzonio a Serenello “di
pascolare, fienare, stramare e legnamare in tutte
le vicinanze di detta montagna”, dei brontallesi a
tagliare e raccogliere fieno di bosco in Val Grande,
dirupata valle secondaria della Val Cocco.
E ancora, la rivendicazione dei proprietari di
Scing’iöra ad Menzói per poter abbeverare il bestiame all’Èrbi, su territorio di Brontallo.
L’arte del compromesso praticata dai tre arbitri ha
saputo avvicinare le parti, chiedendo ad ognuna
sacrifici e accordando vantaggi reciproci, per una
soluzione durevole che perdura tuttora.
L’ospite
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Le api e gli apicoltori: operaie e sentinelle
dell’ambiente in cui viviamo
di Davide Conconi, Presidente Società Ticinese di Apicoltura
L’ape e l’apicoltura in questi ultimi anni sono salite
alla ribalta. Oramai non si contano più gli articoli
in giornali e riviste, i reportage televisivi e le interviste radiofoniche che fanno stato di un animale
e di un’attività in crisi.
Tutto comincia oltre una decina di anni fa, quando una vera e propria ondata di morie devasta le
popolazioni di api del mondo intero. Si teme per il
futuro dell’apicoltura. Rapidamente si fa largo la
consapevolezza che le conseguenze della scomparsa delle api vadano ben oltre la disfatta della
produzione di miele e tocchino pesantemente
addirittura la produzione primaria di cibo, venendo a mancare il lavoro essenziale d’impollinazione. È curioso annotare il fatto, ineluttabile segno
dei tempi, che va dato a una bufala mediatica il
merito di aver attirato l’attenzione sul ruolo centrale delle api negli ecosistemi che ci ospitano.
Mi riferisco, l’avrete capito, alla famosa frase,
quasi una drammatica profezia, attribuita ad Albert Einstein, che descrive un futuro funereo per
l’umanità in caso di scomparsa delle infaticabili
bottinatrici. Oggi è assodato che il grande scienziato non l’abbia mai enunciata, d’altronde è certo
che lui non si sia mai interessato di entomologia,
né di api, né tantomeno di apicoltura. Non si può
essere i primi della classe dappertutto, in fondo il
ricercatore ha già dato moltissimo all’umanità in
altri campi del sapere.
Personalmente ritengo che uno scienziato come
Einstein, se vivesse ai nostri tempi, certamente
non rimarrebbe insensibile alle difficoltà che
oramai da anni stanno accompagnando la sopravvivenza delle api, tanto che con tutta probabilità pronuncerebbe la fatidica frase anticipata
dai volantini dell’Union Nationale de l’Apiculture
Française nell’inverno del 1994. Già, perché è
dell’UNAF l’invenzione della “profezia di Einstein”.
Nel ’94 il sindacato degli apicoltori professionisti
si inventò la dichiarazione di Einstein per sensibilizzare la popolazione europea sulle conseguenze
dell’abbandono dell’apicoltura sul Vecchio continente, messa sotto pressione dalle importazioni
di miele estero a basso costo, principalmente di
origine cinese.
La frase di Einstein nel 1994 non ebbe molto
effetto, tanto che la liberalizzazione dei mercati
legati ai prodotti agricoli e apistici, in particolare,
continuò implacabile e l’apicoltura professionistica subì non pochi contraccolpi economici negativi, come tutta l’agricoltura europea d’altronde.
L’impatto mediatico della citazione assunse una
tutt’altra dimensione invece, una decina di anni
fa, quando fu riproposta in piena ondata di morie
d’api.
In fondo la “bugia buona” dell’UNAF ha avuto il
merito di risvegliare l’attenzione della popolazione su un esserino – tutto sommato anche un
po’ fastidioso, per via delle sue dolorose punture
- fondamentale per il buon funzionamento degli
ecosistemi, per la produttività primaria e per l’incremento della biodiversità. La falsa citazione di
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che per fronteggiare le perdite di colonie
i costi dell’apicoltura sono letteralmente
esplosi in questi ultimi anni.
Il discorso prende tutt’altro valore, è il
caso di dirlo, se calcoliamo il reddito generato dall’attività di impollinazione delle
api sul territorio. Secondo studi condotti
in Svizzera all’inizio del secolo dal Centro
nazionale di ricerche apistiche, l’infaticabile lavoro di impollinazione delle api crea
un valore distribuito sul territorio (produzione di colza, girasole, piccoli frutti, mele,
ecc) cinque volte superiore al guadagno
generato dalla vendita del miele prodotto
dalle stesse colonie di api.
Einstein poi, rappresenta un condensato magistrale di un corso di ecologia del territorio e delle
popolazioni, comprensibile a tutti.
Finalmente, la consapevolezza che il nostro benessere e la nostra esistenza dipende anche dalle api è arrivata nel nostro Cantone, anche grazie
alla fatidica frase. La nostra è una piccola realtà
apistica. In Ticino operano circa 500 apicoltori
che si occupano, possiamo stimare, di circa 8000
arnie. La stragrande maggioranza di questi sono
appassionati hobbisti che allevano una decina,
o poco più, di colonie di api. Ma non dobbiamo
dimenticare che nel nostro cantone operano anche alcuni apicoltori semi-professionisti e professionisti per i quali il reddito di questa
attività è fondamentale per tirare
avanti. Il giro d’affari movimentato
nella nostra regione dall’attività apistica è estremamente difficile da definire anche perché stiamo parlando
di un esercizio fortemente influenzato
dalle bizze del tempo. Indicativamente, possiamo affermare che, in media,
la cifra d’affari totale generata annualmente direttamente dai prodotti
dell’arnia in Ticino non raggiunge i 2
milioni di franchi. Insomma, gli apicoltori non hanno di che arricchirsi! Soprattutto se teniamo conto del fatto
Mi vengono le vertigini invece, se penso al valore prodotto in favore della biodiversità
espressa dal nostro territorio. Si tratta di una cifra inestimabile! Una moltitudine di alberi, arbusti
e fiori dipende dall’impollinazione degli insetti per
riprodursi ed assicurare la presenza sul nostro
territorio, che grazie a loro prende le parvenze di
una tela tempestata di colori. Sappiamo poco su
di loro, ma molti altri insetti impollinatori, fra cui le
centinaia di specie di api selvatiche che popolano
le nostre valli sono in rapida rarefazione, perciò
il ruolo di backup svolto dalle api è ancora più
prezioso. Ci immaginiamo le nostre valli e le nostre montagne senza i colori e i profumi dei fiori?
Possiamo rappresentarci le conseguenze di ciò
per l’industria del turismo, tanto per citarne una?
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Insomma le api, domestiche o selvatiche che siano, sono in pericolo. I fattori che ne determinano
il declino sono sicuramente molteplici. I parassiti,
in primis la varroa per quanto riguarda le api da
miele, i pesticidi, soprattutto gli insetticidi ma anche fungicidi ed erbicidi, degradazione e repentini cambiamenti dell’habitat e mutamenti climatici
agiscono assieme, negativamente, sull’esistenza
di tutti gli insetti pronubi. Gli apicoltori fanno fatica a portare avanti le colonie e l’ambiente stenta
a mantenere tutta la biodiversità caratteristica dei suoi ecosistemi.
giardinieri tutti, possono intervenire favorendo le api. In che modo? Rinunciando, il
più sovente possibile, all’utilizzo di pesticidi – sono costosi ed implicano sempre
un effetto indesiderato sulla flora o sulla
fauna non oggetto del trattamento; privilegiando l’utilizzo di specie arboree, arbustive ed erbacee indigene; integrando
strutture che permettono l’insediamento
e la riproduzione di insetti impollinatori.
Promuovendo la flora indigena ricca di
fiori, indirettamente si favoriscono gli
uccelli perché si cibano degli insetti che
ronzano attorno ai fiori o perché approfittano dei frutticini che prima o poi matureranno sui rami. A proposito, alcune
delle specie di alberi e arbusti graditi
dalle api producono anche ottima frutta
per deliziose marmellate.
Questa è vera ecologia! Favorendo le api e gli
insetti impollinatori creiamo un percorso virtuoso
che, passando dagli uccellini del nostro giardino,
provoca ricadute positive fin nel nostro piatto. E
soprattutto fa crescere la consapevolezza che
ogni nostra azione quotidiana ha un effetto che
spesso si materializza molto lontano da noi, ma
che, prima o poi, ci ricade sempre nel piatto!
Vien da pensare se ognuno di noi
possa far qualcosa per invertire questa tendenza.
Ne abbiamo parlato in una serata
informativa a Cavigliano, organizzata
dal Museo regionale delle Centovalli
in collaborazione con la Sezione di
Locarno della Società Ticinese di
Apicoltura (che con Valle Maggia,
Mendrisio-Malcantone, Lugano, Bellinzona, Tre Valli compone la struttura
della STA distribuita sul territorio).
Ogni cittadino, ogni possessore di
giardino o balcone, ogni amministratore responsabile del verde pubblico,
ogni selvicoltore, gli agricoltori e i
Fotografie di Monica Rusconi/STA
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Insolita giornata a Rima
di Daniela Guerini per l’Associazione Monti di Rima
Giovedì 17 maggio siamo saliti sui Monti di Rima,
con gli allievi delle scuole elementari dell’Istituto
scolastico di Lavizzara, accompagnati dalle loro
docenti.
Il mattino i più grandi, con l’aiuto di Sergio, hanno
provveduto a ripulire la “caraa dal Mött di Cristitt”
dalla legna piccola e dalle foglie, accumulate dopo
la giornata di volontariato dello scorso autunno.
Incredibile la mole di lavoro che tante piccole mani
sono riuscite a fare!
I bambini del primo ciclo mi hanno seguito in un ampio giro sul monte, che penso abbia permesso loro
di conoscere un po’ meglio questa realtà.
Assieme abbiamo ripercorso le fatiche dei nostri
antenati, per poter ottenere il meglio da questo
luogo esteso e soleggiato: dalle vicissitudini per
risolvere il problema dell’acqua, al dissodamento
dei terreni, alla costruzione durata cinque secoli di
torbe, stalle, abitazioni e oratorio.
Hanno avuto la possibilità di osservare, dimostrando interesse, curiosità e sensibilità, vari particolari
significativi del lavoro dell’uomo.
Inevitabile e quasi incredibile specialmente per loro,
il confronto con la vita di oggi!
Nel pomeriggio i ruoli dei due gruppi si sono invertiti.
In conclusione l’Associazione Monti di Rima ha offerto una merenda a tutti, come ringraziamento per
il prezioso lavoro svolto dai ragazzi.
La giornata è stata voluta anche per sensibilizzare
le nuove generazioni, sull’importanza di mantenere
nel migliore dei modi il magnifico patrimonio ereditato dal passato.
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Alfabeticando e lavorando sui Monti di Rima
Testo scritto dagli allievi di 3a, 4a e 5a elementare dell’Istituto di Lavizzara
Samuele, Gioele, Aris, Jonas
Cora, Sabina, Elisa, Gabriel, Cinzia,
Nora, Alice, Noemi
acqua piovana: ai tempi la raccoglievano nelle pile e nelle cisterne.
A
BBrunescio: l’alpe delle sorgenti di Rima.
Ccaraa: sentiero racchiuso fra due muri per impedire al bestiame di uscire nelle zone coltivate.
din don: il gioioso suono della campanella di Rima.
D
Eestirpare con forza erbe ed erbacce vicino alle caraa.
Ffrigne: grandi buchi, paurosi e neri, quanto profondi non si sa.
Giuseppe Zoppi autore de “Il libro dell’alpe”.
G
Hhotel in Rima proprio non ce ne sono, ma case di vacanze tantissime.
Iistruttiva la giornata trascorsa sui monti di Rima!
Llarice: legname prezioso per costruire case, torbe e stalle.
Mmucche: una volta, d’autunno, la facevano da padrone nei prati.
Nnoccioli: Rima ne è invasa.
Ooratorio dedicato alla Madonna della Neve, vigile protettrice.
Ppecore al pascolo con orecchie tese e occhio vigile al lupo.
Qquadri: “ex voto” a testimonianza di grazia ricevuta.
RRima: dolce piano, luogo di sosta, paradiso del ciliegio!
Ssegale lasciata al sole e al vento per farne una cosa tutta cricchiante come il pane fresco.
Ttorbe: granai di una volta che spiccano qua e là.
Uurca: che soddisfazione vedere il risultato del nostro lavoro!
VVanoni: la mano del pittore che con un blu particolare ha dipinto quattro delle cinque cappelle lungo
il sentiero che da Broglio porta a Rima.
ZZücar: vetta sul versante opposto a chiusura della Val Tomé.
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Una nuova perla incastonata sulla Via Alta
di Mario Donati
Quella che solo dieci anni or sono sembrava un’idea
quasi avventata, ma di sicuro intrigante (camminare
serpeggiando a cavallo dello spartiacque fra la valle
Maggia e la Verzasca da Locarno a Fusio) non solo
si è realizzata, ma si può dire senza paura di smentite, anche affermata. Questa via può esibire oggi un
ulteriore tassello, quello rappresentato dalla nuova
Capanna Tomeo.
Passo dopo passo, sposando il motto fondante
dell’Associazione, pietra dopo pietra, scalino dopo
scalino, passaggio dopo passaggio, cengia dopo
cengia, capanna dopo capanna, la Via Alta appare
oggi completamente arredata e mette a disposizione dell’escursionista serio ed allenato un insieme
strutturato di infrastrutture essenziali in grado di assicurargli una settimana di cammino in uno scenario
indimenticabile.
Anche Tomeo, che mancava ancora all’appello, inaugura quest’anno la sua capanna che, superato il severo esame dell’ultimo inverno, troneggia sul motto
di Corte Grande. Un edificio funzionale, cresciuto
sul sedime della vecchia stalla dell’alpe e che grazie
ad ampie vetrate mette in scena le bellezze selvagge che contornano il lago, lanciando nel contempo
un’occhiata al fondovalle. Una struttura in grado di
accogliere ogni notte una ventina di escursionisti
provenienti da Spluga o da Soveltra (se impegnati
con la Via Alta), oppure da Sonogno attraverso la
Forcarella di Redorta, o infine in salita da Broglio o
da Prato Sornico.
Il gruppo di promotori, capitanato da Efrem Foresti e
sostenuto dal Patriziato di Broglio, ha vinto la propria
scommessa, così come l’avevano vinta negli scorsi
anni gli appassionati amici di Soveltra, di Spluga,
del Masnée, di Mimi e di decine di altre strutture di
accoglienza in quota: lo spirito profondo che anima
gli abitanti delle comunità montane ha rinnovato il miracolo di creare le condizioni minime, ma essenziali,
per intrecciare nuove relazioni con questo avvincente
scenario alpino.
A metà agosto (vedi riquadro del programma), dopo le ingenti fatiche richieste dall’edificazione della
capanna, ci si concederà ai meritati festeggiamenti
dell’inaugurazione. La realizzazione di un’opera di
questa portata merita, così come avviene quando
affrontiamo una vetta, un momento di piacere (una
pausa), che nel contempo è anche un’occasione di
bilancio rivolto al percorso realizzato (guardare indietro), ma anche di rilancio (il guardare avanti) per
raccogliere nuove forze e per identificare la via giusta
per continuare.
In occasione dell’inaugurazione, in linea con questo
spirito, verrà pubblicato un opuscolo i cui contenuti
mirano a fornire, all’escursionista attento e sensibile, alcuni elementi di riferimento (geografici, storici,
sociali e culturali) in grado di favorire il dialogo fra lui
e il paesaggio che sfila davanti ai suoi occhi, messo
in interazione fra presente e passato. Tomeo, così
come gli altri alpi valmaggesi, non è un semplice involucro fatto di rocce, pietre, pascoli, boschi, laghi e
torrenti. Questi luoghi sono stati la culla di una civiltà
montana che nel corso dei secoli, palmo a palmo, ha
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umanizzato questi posti realizzando cascine, stalle,
rifugi di fortuna, muri di confine e di sostegno, sentieri, piccole bonifiche, non certo per piacere o per sfida
personale, ma per necessità allo scopo di ricavarne,
estate dopo estate, il sostentamento per le proprie
famiglie.
La pubblicazione svilupperà alcuni temi e riflessioni
che anticipiamo sinteticamente in questo contributo
al bollettino comunale che ringraziamo di cuore per
averci ospitati.
L’alpe che fu, il nucleo dell’opuscolo, rappresenta d’un
canto un doveroso riconoscimento e ringraziamento
alle generazioni che ci hanno preceduto e d’altro
canto vuole trasmettere alla schiera di escursionisti
della Via Alta, e in particolare di Tomeo, alcune nozioni essenziali su cosa avveniva sull’alpe. Grazie a
testimonianze dirette, alla memoria orale passata fra
le generazioni, ad alcuni documenti reperiti (estratto
conti degli alpeggianti, verbali delle assemblee patriziali, foto d’epoca) si è riusciti a ricostruire in modo
assai dettagliato e fedele la vita che ha caratterizzato
lo sfruttamento dell’alpe da fine ottocento al 1951,
quando l’ultimo alpeggiante rinunciò e non vi fu più
nessuno che ne prese il testimone. Da quel momento
Tomeo, alla stessa stregua di quasi un centinaio di
altri alpi valmaggesi, non venne più caricato in maniera tradizionale con vacche e capre estivate allo
scopo di produrre formaggio, ricotta e burro. Questa
parte dell’opuscolo sarà corredata da alcuni stralci di
testimonianze di chi lassù, nella prima metà del Novecento, ha vissuto in prima persona, nel bene e nel
male, la vita dell’alpe.
Una seconda parte è dedicata all’approfondimento
del contesto alpino che accoglie l’escursionista che
percorre l’alpe Tomeo: geologia, fauna, flora e altri
aspetti storico-naturalistici faranno l’oggetto di una
trattazione sintetica di natura scientifica redatta però
in chiave divulgativa.
La valle di Tomeo non veniva sfruttata dalla comunità
locale unicamente per le attività alpestri ed in particolare per il pascolo delle vacche, ma in diverse zone
sotto la fascia dei 1700 m, nei luoghi non accessibili
al bestiame grosso si procedeva, secondo regole
molto precise e severe, a fienare: ciuffo dopo ciuffo,
rubato alle ripide cenge, l’erba si accumulava in quintali del cosiddetto fieno di bosco buttato a valle nelle
reti di corda e da inizio del secolo scorso appeso ai
fili a sbalzo. Sugli stessi versanti scoscesi, periodica-
mente, si procedeva al taglio di porzioni di bosco ed
anche in questo caso erano tonnellate di tronchi e
legna minuta che scendevano a valle nelle sovende
e successivamente in flottazione nei fiumi. Risorse
queste, che assieme alle attività alpestri e a quelle
agricole sul fondovalle, hanno permesso a centinaia
e centinaia di famiglie valmaggesi di vivere per secoli,
seppur tra mille stenti, nella nostra Valle.
Ma la popolazione locale traeva ulteriori risorse dalla
montagna anche grazie alla caccia e in misura minore alla pesca. Anche di queste attività vi sarà qualche
accenno nell’opuscolo.
La pubblicazione non si limiterà unicamente alle attività del passato, ma offrirà spazio di sviluppo alle
vicende che hanno portato alla realizzazione della
nuova capanna, informando su alcune sue caratteristiche e specificità ed ognuno vi troverà pure utili
indicazioni sulle possibilità escursionistiche poste
anche fuori dall’asse sud/nord rappresentato dalla
Via Alta.
Dopo queste anticipazioni sull’inaugurazione della
nuova capanna e sull’opuscolo che accompagnerà
questo evento, non ci resta altro che darci appuntamento per il 17 agosto a Corte Grande Tomeo.
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RIMA: un paesaggio da salvaguardare
e da valorizzare
di Armando Donati, segretario Associazione Monti di Rima
A mo’ di introduzione
E’estremamente difficile per noi immaginare come poteva essere il terrazzo su cui ora sorgono i
monti di Rima quando i nostri antenati giunsero
lassù a insediarsi e a rendere fertili dei terreni
che non lo erano.
E non sappiamo nemmeno quando iniziarono.
L’unico dato certo è che alla fine del ’500 già era
in funzione la roggia che dall’alpe Brünèsc portava l’acqua fino a Rima, già avevano scavato la
prima vasca monolitica per conservare l’acqua
piovana e già avevano costruito le prime case, le
prime stalle, la prima torba e l’oratorio.
Possiamo però comprendere quale soddisfazione, anzi quale gioia devono aver provato ogni volta
che completavano un’opera: rendere coltivabile
(a campo o a prato) un terreno incolto, far giun-
gere l’acqua fino a Rima, concludere i muri di una
zona terrazzata, completare un nuovo edificio (o
ricostruire dopo la tremenda valanga del gennaio
1667), scavare una nuova vasca o costruire una
cisterna ...Tutti interventi estremamente faticosi,
ma che permettevano di raccogliere più segale,
più fieno e forse anche di vivere un po’ meglio.
Una gioia immensa devono aver provato !
Ma anche un lavoro immane: i terreni privati, un
tempo tutti prativi o coltivati a campo, misurano
circa 44 ettari; i muri che delimitano le “caraa”
superano i 4 km. Un lavoro durato secoli che ha
sicuramente coinvolto tutti: uomini, donne, ragazzi, giovani, vecchi ...tutti a lavorare come tante
instancabili formiche.
Si può supporre che il massimo dell’estensione
prativa Rima l’abbia conosciuto verso la metà
dell’Ottocento. Da allora, e per circa sessant’anni, l’emigrazione in Australia e in California ha
tolto anche da Broglio e da Prato le forze più giovani e quindi si può ipotizzare che qualche zona
discosta fu abbandonata già in quel periodo (la
dimensione degli alberi lo conferma).
Ma in complesso devono essere stati abbandoni
di poco conto se si tiene presente che ancora tra
il 1920 e il 1945 furono costruite alcune nuove
stalle che ancora oggi si distinguono da quelle
dei secoli precedenti. Ma pure le foto di quegli
anni nonché i nostri ricordi confermano che “Rima era ben più grande.”
I grandi cambiamenti sono avvenuti dopo la fine
della seconda guerra mondiale (...quanti campi di
segale e di patate “nécc a codi” in quegli anni lo
potrebbero testimoniare soltanto le persone che
non ci sono più) con un’accelerazione importante dopo gli anni 70 dovuta essenzialmente a un
unico fattore: la scomparsa di diversi contadini
(alcuni nemmeno anziani) che avevano “coltivato”
Rima fino a quel momento in coincidenza con la
crisi generale dell’agricoltura di montagna.
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L’abbandono annuale di terreni da sfalcio (con il
conseguente inselvatichimento) è cessato una
decina di anni fa. Anzi nell’ultimo decennio vi sono stati alcuni interventi di recupero di prati ormai
invasi dai noccioleti e attualmente tutti i prati ancora falciabili vengono falciati.
La costruzione della strada forestale nel 1969
ha da un lato favorito il rinnovo delle vecchie abitazioni o la trasformazione delle stalle in case di
vacanza e dall’altro ha permesso lo sfalcio meccanico di vaste superfici e il trasporto del fieno
nelle stalle del fondovalle.
Il progetto
E’basandosi sull’evoluzione testé sintetizzata,
sulla presa di coscienza dei valori che Rima sa
ancora offrirci e sulle prospettive future che l’Associazione Monti di Rima ha ideato il progetto di
Valorizzazione paesaggistica, agricola e culturale
il cui scopo generale è quello di mantenere e migliorare l’aspetto paesaggistico tipico di Rima, di
favorire le attività agricole tradizionali e di valorizzare le particolarità antropiche di questo monte.
Il progetto è suddiviso in sei capitoli.
Il ripristino delle “caraa”
Sono quasi tutte di proprietà comunale. Alcuni
tratti sono ben conservati; altri sono percorribili
con difficoltà. Occorrerà intervenire
a rifare o a risistemare muri di sostegno e di contenimento nonché a
eliminare alberi e arbusti. Si prevede di rendere agibili circa 1800 ml
di “caraa”. Al termine dei lavori sarà
così possibile creare un percorso
culturale alla scoperta di edifici storici tipici della civiltà rurale.
Il rifacimento dei muri di due
zone terrazzate
Il degrado di questi manufatti è elevato. Si tratterà di rifare oltre 100
mc di muri a secco.
Ciò permetterà di conservare una
testimonianza importante del lavoro dei nostri antenati e di facilitare
la gestione di terreni che un tempo
erano anche campi.
Il miglioramento di terreni già falciati
a scopo agricolo
La bellezza paesaggistica di Rima dipende essenzialmente dal fatto che circa 18 ettari di terreni prativi vengono ancora falciati ogni anno.
Allo scopo di facilitare il lavoro dei contadini così da ipotizzare che lo sfalcio continuerà anche
nei prossimi decenni, si prevede di intervenire a
togliere sassi sporgenti, a eliminare solchi particolarmente accentuati e a rifare circa 250 mc
di muri a secco. In alcuni casi occorrerà anche
intervenire a tagliare arbusti e alberi nonché a
eliminare alcuni tratti di muri che non avrebbe più
senso conservare.
Siccome i prati di Rima possiedono una varietà
botanica elevata e una qualità paesaggistica
notevole, la morfologia del territorio non verrà
modificata e gli interventi saranno il meno invasivi
possibile. Gli alberi più significativi (ciliegi, sorbi,
castagni, noci, ecc.) verranno mantenuti.
La superficie su cui si prevede di intervenire è di
circa 60’000 mq.
La bonifica di terreni inselvatichiti
A causa della cessazione dello sfalcio annuale,
circa la metà dei terreni di proprietà privata sono
diventati boschi o spazi ricoperti da arbusti.
Allo scopo di migliorare l’aspetto paesaggistico del monte si prevede di bonificare a scopo
agricolo circa 30’000 mq di terreni inselvatichiti
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scegliendo le zone meno ripide e quelle dove
l’abbandono è più recente.
La maggior parte ridiventeranno prati e quindi
gli interventi di bonifica saranno simili, anche se
più onerosi, a quelli previsti per i terreni ancora
falciati.
Si prevedono pure degli interventi a scopo puramente paesaggistico: per rendere visibili alcuni
dossi rocciosi, per evidenziare gruppi di edifici
tradizionali o per ampliare la spazialità del territorio.
Il restauro di alcuni edifici storici
In questa prima fase ci si è concentrati sulle torbe
e sulle cisterne: due tipi di edifici caratteristici di
Rima. Dopo l’esame della sostanza già protetta,
restaurata o trasformata, si è deciso di intervenire con un restauro conservativo su una torba a
Rima di Prato (l’unica rimasta in quella zona) e su
due cisterne a Rima di Broglio.
La promozione del progetto e del monte
Lo scopo degli interventi, oltre al miglioramento
dell’aspetto paesaggistico del monte, è anche
quello di far conoscere agli indigeni e ai turisti le
particolarità antropiche e naturalistiche presenti
a Rima affinchè siano apprezzate.
Si prevede quindi di posare una tavola esplicativa
e di stampare materiale informativo.
A mo’ di conclusione
Il preventivo di spesa supera il milione di franchi.
A qualcuno il progetto potrà quindi apparire troppo ambizioso. L’Associazione monti di Rima è invece del parere che la vastità del luogo, il lavoro
che i contadini hanno svolto e che ancora svolgono ogni anno nonché gli edifici tradizionali con un
alto valore storico di cui è ricco questo territorio
giustificano senz’altro l’intervento che si intende
realizzare.
Le difficoltà non mancheranno: dal coinvolgimento dei proprietari alla ricerca dei finanziamenti;
dalla scelta degli operatori alla conservazione futura delle “caraa” e delle zone dove gli interventi
saranno soltanto di carattere paesaggistico.
L’entusiasmo è alto. La professionalità dimostrata da chi ha preparato il progetto pure.
L’interesse da parte di enti pubblici e privati è assicurato.
Per necessità i nostri antenati sono riusciti a
trasformare un territorio incolto in un paesaggio
antropizzato, produttivo e piacevole.
Perchè non dovremmo riuscire a salvaguardarlo
e a valorizzarlo ancora di più ?
Il sostegno e la collaborazione di tutti saranno
tuttavia indispensabili.
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Estate con noi...
Elenco di tutte le manifestazioni organizzate in Lavizzara nel corso dell’estate e
autunno. Per maggiori informazioni consultare i programmi pubblicati sui manifesti o sui quotidiani oppure contattando gli organizzatori.
Data
Manifestazione
Dove
Organizzazione
Venerdì 27
giugno
Torneo in-line e musica con DJ
Centro sportivo
Sornico
Società
pattinaggio
Lavizzara
Sabato 28
giugno
Torneo in-line e serata campestre
con griglia e musica
Campo Draione
Valle di Peccia
Gruppo
animazione Valle
di Peccia
42° Torneo calcistico valmaggese amatori
Venerdì 4 luglio
Dalle ore 19.30 “Patate e Mascarpa e
formaggio”, musica con “Fisorchestra G. Verdi”
Fr. 8.–
Sabato 5 luglio
Ore 12.00 “Gnocchi per tutti” Fr. 5.–
Ore 19.00 “Grigliata”, serata danzante con i
“Cugini di Montagna” & “Simone Tabacchi”
Domenica 6
luglio
Ore 11.00 “aperitivo offerto Raiffeisen
Vallemaggia”
Dalle ore 11.30 “grigliata”
Ore 16.30 premiazione
Venerdì 11 luglio
Magic Blues Brontallo
The Bacon Fats
Big Pete Pearson & The Gamblers
Ore 21.00
Brontallo
Pro Brontallo
Magic Blues
Vallemaggia
Sabato 12 luglio
Giornata di pulizia del territorio
Ritrovo alle ore 07.30
Piano di Peccia
Patriziato di
Peccia
Sabato 12 luglio
Festa all’aperto
Piazza antistante l’ex-scuola
Dalle 19.00 alle 02.00 ca.
Menzonio
Pro Menzonio
Sabato 12 luglio
Oratorio di Veglia
Santa Messa, incanto dei doni
Ore 17.30
Veglia - Peccia
Parrocchia di
Peccia
Domenica 13
luglio
Santa Messa oratorio di Vedlà
ore 10.30
Vedlà - Prato
Parrocchia di
Prato
Domenica 20
luglio
Festa della Cappellina al corte Sassello
Ore 10.30 Santa Messa
Ore 12.00 Polentata seguita dalla lotteria.
In caso di cattivo tempo la festa sarà annullata.
Alpe Bolla e
Froda
Parrocchia di San
Carlo
30
Data
Manifestazione
Dove
Organizzazione
Venerdì 25
luglio
Giornata dei Vicini
Ore 11.00 incontro + pranzo in comume a base
di Jambon aux pois
San Carlo di
Peccia
Gruppo Amici di
San Carlo
Per iscrizioni e/o info: 079 428.40.59
Domenica 27
luglio
Santa Messa oratorio San Carlo in val di
Prato
Ore 16.00
rinfresco + incanto doni
“Pradee”
Parrocchia di
Prato
Domenica 27
luglio
Mogneo Festa San Giovanni
Ore 10.30 Santa Messa, processione,
incanto dei doni
Ore 12.30 Aperitivo
Ore 13.00 Pranzo in comune
Monti di
Mogneo
Gruppo Mogneo
un messaggio
d’amicizia
Parrocchia di
Menzonio
Giovedì 31 luglio
Spettacolo teatrale con Moira Dellatorre
“Tra le pieghe del tempo”
Ore 20.30
(in caso di cattivo tempo sabato 2 agosto)
Monti di Rima
Associazione
Monti di Rima e
Consiglio
Parrocchiale di
Broglio
Venerdì 1°
agosto
Festa all’Alpe Campo la Torba
12.00 pranzo con polenta e prodotti dell’alpe
Campo la Torba
– Fusio
Sci Club Lavizzara
Venerdì 1°
agosto
Mulino, pesta e segheria in funzione
Vendita farina di segale.
Fusio
APAV
Sabato 2 agosto
Tombola all’aperto
Piazza davanti all’osteria
Ore 20.00 - 01.00
Menzonio
Pro Menzonio
Domenica 3
agosto
Monti di Rima
Ore 10.30 Santa Messa
Ore 14.15 Vespri, incanto dei doni
Monti di Rima
Parrocchia di
Broglio
Domenica 10
agosto
Monti di Margoneggia
Oratorio di Sant’Antonio
Ore 10.30 Santa Messa, incanto doni,
pranzo, vespri
Margoneggia
Associazione Pro
Brontallo
Parrocchia di
Brontallo
Venerdì 15
agosto
Festa della Madonna, sagra del paese
Ore 10.30 Santa Messa e processione
Ore 14.30 Vespro e incanto dei doni
Ore 19.00 Grigliata e divertimento
Menzonio
Parrocchia di
Menzonio
Venerdì 15
agosto
Festa patronale.
Ore 10.30 S.Messa e processione
Banco del dolce
Ore 12.30 grigliata, musica e lotteria
Mulino, pesta e segheria in funzione. Vendita
farina di segale
Fusio
Gruppo
manifestazioni
fusio
APAV
31
Data
Manifestazione
Domenica 17
agosto
Inaugurazione nuova capanna Tomeo Corte Grande Alpe Tomeo
Programma:
parte religiosa
• 10.15-11.00 Santa Messa celebrata da don Dante Donati
parte ufficiale con interventi di:
• Claudio Donati, pres. Patriziato di Broglio
• Sandra Giovannacci, architetta progettista
• Efrem Foresti, pres. Via Alta Vallemaggia
• Renzo Piezzi, pres. Ente turistico di Vallemaggia
• Michele Rotanzi, sindaco del Comune di Lavizzara
• Tiziano Zanetti, pres. Alleanza patriziale ticinese
parte ricreativa
• il patriziato di Broglio offre a tutti partecipanti il pranzo a base di polenta
• sul posto è aperta la buvette
• la giornata è allietata dal gruppo canto popolare «Amici della montagna», Valle Vigezzo
data di riserva
31 agosto
Dove
Organizzazione
Domenica 24
agosto
“Grigliata”
con estrazione della lotteria
Dalle ore 12.00
Zona Rongia
Broglio
Samaritani
Lavizzara
Domenica 14
settembre
Oratorio della Pietà
Ore 10.30 Santa Messa
Peccia
Parrocchia di
Peccia
Settembre data
da definire
Mulino, pesta e segheria in funzione
Attività per le scuole.
Fusio
APAV
Sabato 27
settembre
Cena sociale e festa danzante
Ore 19.00
Centro sportivo
Sornico
Società pattin.
Lavizzara
Domenica 28
settembre
Centro sportivo
di Lavizzara
Sornico
Comune di
Lavizzara
Data di riserva 5
ottobre
Per i 10 anni del nuovo Comune
Camminata Popolare “Giro della Lavizzara”
08.30 ritrovo partecipanti
12.30 Pranzo offerto (maccheronata)
musica e canti
Venerdì 3 ottobre
Sabato 4 ottobre
Torneo 3a divisione Memorial L. Donati
La sera festa danzante
Centro sportivo
Sornico
Società pattin.
Lavizzara
Sabato 11
ottobre
Tombola
Ore 20.00
Centro sportivo
Sornico
Società
pattinaggio
Lavizzara
Domenica 19
ottobre
Castagnata
Nel pomeriggio
Brontallo
Associazione Pro
Brontallo
Sabato 25
ottobre
Per i 10 anni del comune.
Ore 20.15 sala multiuso concerto del gruppo
musicale “Vox Blenii”
Sornico
Sala multiuso
Comune di
Lavizzara
Sabato 25
ottobre
Giornata di pulizia delle “caraa”
Monti di Rima
Associazione
Monti di Rima
Sabato 6
dicembre 2014
San Nicolao
Piazza antistante l’Oratorio
Menzonio
Pro Menzonio
32
o
m
a
i
r
u
g
u
a
vi
a
d
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d
plen
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