Documentazione del percorso

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Documentazione del percorso
Classe 5a sezione A
scuola “Europa”
Docente Palma Prisco
PERCORSO DIDATTICO
Indizi e misteri
di vita quotidiana
REALTÀ E IMMAGINAZIONE
ESPERIENZE di SCRITTURA
nell’ambito del
CURRICOLO VERTICALE
di
LINGUA ITALIANA
1° Circolo didattico “E. Solvay”
Anno scolastico 2013-2014
PIANO DIDATTICO
OBIETTIVO FORMATIVO
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Produrre testi personali, elaborandoli e integrandoli, seguendo modelli narrativi e poetici tratti dalla
letteratura d’autore.
TEMPI – SPAZI – ORGANIZZAZIONE
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Gennaio-Maggio: mediamente circa 2-3 ore settimanali.
Aula – I bambini partecipano alle attività collettive guidate dall’insegnante lavorando anche a coppie o in
piccolo gruppo.
Laboratorio d’Informatica – I bambini lavorano a coppie utilizzando programmi di videoscrittura.
CONTENUTI
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Testi narrativi e poetici tratti dalla letteratura d’autore.
Testi visivi (immagini, film…).
Testi prodotti dai bambini.
STRUMENTI
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Libri, quaderni, lavagna, penne, colori, fogli da disegno, materiale di recupero.
Computer, software didattici, LIM (Lavagna Interattiva Multimediale).
AMBIENTI ON LINE
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Blog didattici della classe: Navigando allegramente kidblog
Piattaforma etwinning: http://www.etwinning.net/it/pub/index.htm
Sito della scuola: http://www.dd1solvay.gov.it/
DISCIPLINE COINVOLTE
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Italiano: ascolto in “classe de reve”, lettura, scrittura, riflessione sulla lingua.
Inglese: traduzione in lingua inglese di brevi frasi relative ai testi letti, per la presentazione di alcuni
elaborati sulla piattaforma etwinning
Arte e Immagine: produzione di disegni relativi ai testi letti e prodotti.
Musica: esperienze sonore col corpo, la voce, gli oggetti e strumenti musicali didattici.
Storia – Geografia – Scienze – Religione: lettura di testi storici, informativi, argomentativi, regolativi.
Tecnologia-Informatica: produzione di testi con programmi di videoscrittura
METODI – ATTIVITÀ – VERIFICA IN ITINERE
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Lettura dell’insegnante in “classe de reve”.
Lettura degli alunni, personale e condivisa.
Esposizione orale dei testi letti e confronto di opinioni in merito ai loro contenuti.
Visione di film e utilizzo di immagini per l’arricchimento del percorso linguistico.
Produzione di testi e disegni relativi ad esperienze scolastiche significative per i bambini.
Produzione creativa di testi (individuale, a coppie o in piccolo gruppo) e loro elaborazione e integrazione
con esempi tratti dalla letteratura d’autore.
Creazione di presentazioni di alcuni elaborati relativi al percorso, da pubblicare sulla piattaforma
etwinning per il progetto “We are the Painters of the world” a cui la classe ha aderito nel corrente anno
scolastico.
Riflessione sulla lingua: attenzione alla punteggiatura ed esercitazioni di analisi logica e grammaticale di
frasi selezionate dai testi letti e prodotti; riconoscimento delle parti del discorso variabili e invariabili e
della loro organizzazione logico-sintattica.
FASI DI LAVORO
PREMESSA
Il percorso è stato sviluppato seguendo, a grandi linee, l’itinerario modulare “Scrivere
riscrivere per imparare a scrivere” proposto dalla dottoressa Maria Piscitelli in “Proposte per
un curricolo verticale” Tecnodid, 2007.
1a FASE
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Preparazione e distribuzione dei taccuini.
Esposizione del tipo di percorso da sviluppare.
Assegnazione della consegna.
Focus sulle parole: esplorare, indagare, svelare – annotare – mistero.
Riepilogo della consegna:
 Entrare nei panni del detective e aguzzare tutti i sensi, in particolare la vista e l’udito,
per osservare ed esplorare.
 Essere meticolosi e rigorosi nell’annotazione degli indizi.
 Trascrivere in forma breve (annotare) fatti, luoghi, persone… che suscitano curiosità
nella vita di tutti i giorni (case vuote, luoghi bui e abbandonati, persone che incutono
disagio e paura o che si comportano in modo strano, oggetti particolari, rumori e
suoni…).
2a FASE
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Riconsegna dei taccuini.
Lettura di tutte le annotazioni.
Scambio di opinioni e punti di vista in merito alle annotazioni lette.
Trascrizione sintetica di tutte le annotazioni sul quaderno.
Selezione delle annotazioni più interessanti e stimolanti.
Conversazioni in merito all’esperienza vissuta nel primo mese di attività.
Scrittura al computer di un primo elaborato personale sull’attività svolta.
Disegno personale relativo alle situazioni annotate.
Scelta delle annotazioni per il futuro sviluppo di uno o più racconti, individuali e
collettivi (la scelta viene effettuata tramite votazione per alzata di mano; la maestra
scrive alla lavagna l’elenco delle annotazioni in ordine di preferenza).
 Sviluppo di alcune delle annotazioni scelte e costruzione dei racconti.
DIARIO DI BORDO
Dal 13 al 17 gennaio 2014
La maestra
- mostra ai bambini il taccuino del detective, da lei preparato con fogli di quaderni a
quadretti piegati a metà in senso orizzontale e fermati con la cucitrice, e dice che il
prossimo itinerario di lavoro linguistico partirà proprio da quel taccuino (i bambini si
mostrano piacevolmente incuriositi);
- illustra il percorso didattico che dovrebbe condurli alla scrittura di un racconto giallo
(ancora commenti e sorridi di compiacimento);
- chiarisce che prima di arrivare al racconto ognuno di loro dovrà trasformarsi in detective,
osservando con attenzione e annotando sul proprio taccuino giallo ciò che scopre
guardandosi intorno, esplorando l’ambiente e guardando con “occhi gialli” la realtà
(esclamazioni di soddisfazione e commenti di approvazione: ognuno di loro è contento di
fare il detective);
- distribuisce i taccuini e invita i bambini a decorarli a piacere colorando la costola di giallo
per connotarne meglio l’uso (gli alunni prendono in consegna il taccuino e cominciano
subito a immedesimarsi nel ruolo del detective);
- ribadisce che durante questo periodo dovranno annotare indizi e comportamenti sospetti e
misteriosi, apparentemente inspiegabili (suoni, rumori, comportamenti strani o diversi da
quelli abituali, cambiamenti di alcune situazioni…) che essi avranno occasione di notare
nelle loro esperienze quotidiane in casa o fuori: in un negozio, al campo sportivo, in
palestra, al parco-giochi …
-
aggiunge che le annotazioni sui taccuini saranno oggetto di analisi, discussione e
approfondimento in classe per la costruzione del racconto e che sarà utilizzato un apposito
quaderno, il quaderno giallo (con foderina gialla) per tutti i momenti della scrittura, dalle
prime annotazioni fino al racconto finito;
- fissa la data di riconsegna del taccuino: l’ultima settimana di gennaio.
Dal 20 al 30 gennaio 2014
1. La maestra chiede ai bambini come stanno procedendo nel loro lavoro di detective e
distribuisce la seguente scheda:
Scheda introduttiva – Indizi e misteri di vita quotidiana
Come stai procedendo nel tuo lavoro di detective? ……………………………………………………………
Hai trovato qualche indizio interessante che ti ha incuriosito? ……………………………………………
Per il tuo lavoro di detective devi indagare – esplorare – svelare – annotare
Che cosa significano, secondo te, queste parole?
Scrivi la prima spiegazione che ti viene in mente:
indagare significa ……………………………………………………………………………………….
esplorare significa ………………………………………………………………………………………
svelare significa …………………………………………………………………………………………..
annotare significa ………………………………………………………………………………………….
Pensa al significato delle parole precedenti e scrivine altre di significato simile:
……………………………………………………………………………………………………………………………..
Lo scopo del tuo lavoro di detective è svelare qualche mistero.
Che cosa significa, secondo te, la parola mistero?
Scrivi la prima spiegazione che ti viene in mente:
mistero significa …………………………………………………………………………………………………
Concentrati sulla parola mistero e cerca di trovare altre parole che abbiano un legame con
essa. Scrivile qui: ……………………………………………………………………………………………
2. Si lavora sulle parole-chiave.
3. La maestra chiede di provare a spiegare il significato delle parole che dovranno
caratterizzare il loro lavoro di detective (esplorare, indagare, svelare, annotare, mistero)
e invita i bambini a compilare la scheda.
4. Si incolla la scheda sul quaderno, si leggono le risposte e si confrontano, chiarendo
oralmente e precisando meglio definizioni un po’ troppo vaghe.
SPAZIO PER LA RIFLESSIONE SULLA LINGUA
Ripasso e consolidamento conoscenza verbi:
coniugazione dei verbi nei tempi del modo indicativo.
Ripasso e consolidamento conoscenza parti variabili del discorso:
articoli, nomi, aggettivi, pronomi, verbi.
Consolidamento conoscenza complemento oggetto.
Esercitazioni di analisi logica e grammaticale.
LE SCHEDE INTRODUTTIVE COMPILATE DAI BAMBINI
Scheda introduttiva – Indizi e misteri di vita quotidiana
Come stai procedendo nel tuo lavoro di detective?
BENE, HO TROVATO GIUSTAPPUNTO UN INDIZIO IERI SERA
Hai trovato qualche indizio interessante che ti ha incuriosito?
SÌ MI HA INCURIOSITO MOLTO
Per il tuo lavoro di detective devi indagare – esplorare – svelare – annotare
Che cosa significano, secondo te, queste parole? Scrivi la prima spiegazione che ti viene in
mente:
indagare significa CERCARE INDIZI
esplorare significa ANDARE IN GIRO A GUARDARE
svelare significa SALTARE A CONCLUSIONI RAPIDE GRAZIE A QUELLO CHE TI HA DETTO IL
COLPEVOLE
annotare significa RICORDARSI COSA HAI VISTO, TI POTREBBE SERVIRE PER LA SPIEGAZIONE
Pensa al significato delle parole precedenti e scrivine altre di significato simile:
CERCARE, ANDARE IN GIRO, DIRE QUELLO CHE TI HA DETTO IL COLPEVOLE
Lo scopo del tuo lavoro di detective è svelare qualche mistero.
Che cosa significa, secondo te, la parola mistero? Scrivi la prima spiegazione che ti viene in
mente: mistero significa CERCARE INDIZI
Concentrati sulla parola mistero e cerca di trovare altre parole che abbiano un legame con
essa. Scrivile qui: ERO LÌ QUEL GIORNO, L’HANNO VISTO MA NON CREDO CHE ESISTA
Scheda introduttiva – Indizi e misteri di vita quotidiana
Come stai procedendo nel tuo lavoro di detective?
ABBASTANZA BENE MA DEVO ANCORA TROVARE ALTRI MISTERI
Hai trovato qualche indizio interessante che ti ha incuriosito?
SÌ MA SOLO UNO È CHE HO TROVATO DELLE OSSA PICCOLE SOTTO AL PAVIMENTO (TRAVI) DEL
PORTO E VOGLIO CAPIRE COME SONO FINITE LÌ E DI CHI SONO
Per il tuo lavoro di detective devi indagare – esplorare – svelare – annotare
Che cosa significano, secondo te, queste parole? Scrivi la prima spiegazione che ti viene in
mente:
indagare significa CERCARE INFORMAZIONI FINCHÉ NON SI RISOLVE IL CASO
esplorare significa ANDARE IN POSTI PER TROVARE INFORMAZIONI
svelare significa RISOLVERE UN CASO
annotare significa SCRIVERE TUTTI GLI INDIZI CHE TROVI
Pensa al significato delle parole precedenti e scrivine altre di significato simile:
CERCARE AVVENTURARSI RISOLVERE SCRIVERE
Lo scopo del tuo lavoro di detective è svelare qualche mistero.
Che cosa significa, secondo te, la parola mistero? Scrivi la prima spiegazione che ti viene in
mente: mistero significa QUALCOSA CHE NON CONOSCI E CHE DEVI SCOPRIRE
Concentrati sulla parola mistero e cerca di trovare altre parole che abbiano un legame con
essa. Scrivile qui: SCONOSCIUTO SORPRESA SPAVENTO
Scheda introduttiva – Indizi e misteri di vita quotidiana
Come stai procedendo nel tuo lavoro di detective?
INSOMMA
Hai trovato qualche indizio interessante che ti ha incuriosito?
NON LI HO TROVATI
Per il tuo lavoro di detective devi indagare – esplorare – svelare – annotare
Che cosa significano, secondo te, queste parole? Scrivi la prima spiegazione che ti viene in
mente:
indagare significa CERCARE INDIZI
esplorare significa CERCARE, AVVENTURARSI IN POSTI NUOVI
svelare significa TROVARE
annotare significa SCRIVERE SU QUALCOSA
Pensa al significato delle parole precedenti e scrivine altre di significato simile:
SCOVARE SCRIVERE
Lo scopo del tuo lavoro di detective è svelare qualche mistero.
Che cosa significa, secondo te, la parola mistero? Scrivi la prima spiegazione che ti viene in
mente: mistero significa QUALCOSA DA SVOLGERE
Concentrati sulla parola mistero e cerca di trovare altre parole che abbiano un legame con
essa. Scrivile qui: CASO
Scheda introduttiva – Indizi e misteri di vita quotidiana
Come stai procedendo nel tuo lavoro di detective?
BENE HO TROVATO QUALCOSA D’INTERESSANTE
Hai trovato qualche indizio interessante che ti ha incuriosito?
SÌ! PERCHÉ ORA MIO FRATELLO VA D’ACCORDO CON ME E SI COMPORTA BENE?
Per il tuo lavoro di detective devi indagare – esplorare – svelare – annotare
Che cosa significano, secondo te, queste parole? Scrivi la prima spiegazione che ti viene in
mente:
indagare significa CERCARE INDIZI
esplorare significa TROVARE LUOGHI
svelare significa TROVARE LE PROVE E IL COLPEVOLE
annotare significa SCRIVERE INDIZI, IL LUOGO E GLI OGGETTI DEI MISTERI
Pensa al significato delle parole precedenti e scrivine altre di significato simile:
CERCARE MISTERI, TROVARE COSE MISTERIOSE TRA LA VERITÀ
Lo scopo del tuo lavoro di detective è svelare qualche mistero.
Che cosa significa, secondo te, la parola mistero? Scrivi la prima spiegazione che ti viene in
mente: mistero significa UN CASO DI CUI È DIFFICLE TROVARE LE PROVE E IL COLPEVOLE
Concentrati sulla parola mistero e cerca di trovare altre parole che abbiano un legame con
essa. Scrivile qui: COSE NASCOSTE COSE INVISIBILI
Scheda introduttiva – Indizi e misteri di vita quotidiana
Come stai procedendo nel tuo lavoro di detective?
IL MIO LAVORO STA PROCEDENDO MOLTO BENE, OGNI GIORNO TROVO INDIZI MOLTO
INTERESSANTI E OGNI VOLTA SEMPRE PIÙ ACCURATI E PRECISI
Hai trovato qualche indizio interessante che ti ha incuriosito?
SÌ, NE HO TROVATI MOLTI PER ORA, QUELLO PIÙ INTERESSANTE È STATO QUELLO CHE È UNA
COSA CHE FA MOLTO RIDERE, PERÒ IO E MIA SORELLA NON POSSIAMO SAPERLO, MA LO
SCOPRIRÒ
Per il tuo lavoro di detective devi indagare – esplorare – svelare – annotare
Che cosa significano, secondo te, queste parole? Scrivi la prima spiegazione che ti viene in
mente:
indagare significa ASCOLTARE TUTTO QUELLO CHE GLI ALTRI DICONO
esplorare significa GUARDARSI INTORNO
svelare significa DIRE AGLI ALTRI QUELLO CHE HAI
annotare significa SCRIVERE TUTTO QUELLO CHE TROVI O HAI TROVATO
Pensa al significato delle parole precedenti e scrivine altre di significato simile:
ASCOLTARE GUARDARE OSSERVARE DIRE SCRIVERE PRENDERE
Lo scopo del tuo lavoro di detective è svelare qualche mistero.
Che cosa significa, secondo te, la parola mistero? Scrivi la prima spiegazione che ti viene in
mente: mistero significa QUALCOSA CHE SAI CERTAMENTE CHE C’È MA SCOMPARE PER
QUALCHE MOTIVO MISTERIOSO
Concentrati sulla parola mistero e cerca di trovare altre parole che abbiano un legame con
essa. Scrivile qui: COSA STRANA QUALCOSA CHE NON SAI COSE CHE SCOMPAIONO
Scheda introduttiva – Indizi e misteri di vita quotidiana
Come stai procedendo nel tuo lavoro di detective?
MALE PER ORA, NON STO TROVANDO UN MISTERO NÉ FUORI DI CASA NÉ DENTRO
Hai trovato qualche indizio interessante che ti ha incuriosito?
NON HO TROVATO NIENTE DI INTERESSANTE
Per il tuo lavoro di detective devi indagare – esplorare – svelare – annotare
Che cosa significano, secondo te, queste parole? Scrivi la prima spiegazione che ti viene in
mente:
indagare significa CERCARE INDIZI PER SVELARE IL COLPEVOLE
esplorare significa ANDARE PER LUOGHI COME FORESTE, CASE…
svelare significa SVELARE DI CHI È LA COLPA
annotare significa SCRIVERE SUL TACCUINO GLI APPUNTI
Pensa al significato delle parole precedenti e scrivine altre di significato simile:
TROVARE TRASCRIVERE
Lo scopo del tuo lavoro di detective è svelare qualche mistero.
Che cosa significa, secondo te, la parola mistero? Scrivi la prima spiegazione che ti viene in
mente: mistero significa TROVARE IL SOSPETTO DELLA COSA CHE HA FATTO
Concentrati sulla parola mistero e cerca di trovare altre parole che abbiano un legame con
essa. Scrivile qui: SOSPETTO INDAGARE
Scheda introduttiva – Indizi e misteri di vita quotidiana
Come stai procedendo nel tuo lavoro di detective?
MOLTO BENE, QUASI OGNI GIORNO TROVO QUALCOSA D’INTERESSANTE
Hai trovato qualche indizio interessante che ti ha incuriosito?
SÌ, MOLTI, MA QUELLO PIÙ INTERESSANTE È CHE C’ENTRA QUALCOSA CON LA GINNASTICA
Per il tuo lavoro di detective devi indagare – esplorare – svelare – annotare
Che cosa significano, secondo te, queste parole? Scrivi la prima spiegazione che ti viene in
mente:
indagare significa ASCOLTARE E CERCARE TUTTE QUELLE COSE CHE AIUTANO A RISOLVERE
UN MISTERO
esplorare SIGNIFICA ANDARE A GUARDARE ANCHE NEI POSTI PIÙ MISTERIOSI PER CERCARE
QUALCOSA
svelare significa SCOPRIRE O DIRE AGLI ALTRI COSA HAI TROVATO
annotare significa SCRIVERE QUELLO CHE TROVI
Pensa al significato delle parole precedenti e scrivine altre di significato simile:
CERCARE, SCOPRIRE, SCRIVERE, ASCOLTARE, DIRE
Lo scopo del tuo lavoro di detective è svelare qualche mistero.
Che cosa significa, secondo te, la parola mistero? Scrivi la prima spiegazione che ti viene in
mente: mistero significa QUALCOSA CHE NON SAPPIAMO E CHE PUÒ ESSERE BELLO O
BRUTTO
Concentrati sulla parola mistero e cerca di trovare altre parole che abbiano un legame con
essa. Scrivile qui: COSE CHE NON SAI, INDIZI, CASA, DETECTIVE
Scheda introduttiva – Indizi e misteri di vita quotidiana
Come stai procedendo nel tuo lavoro di detective?
ABBASTANZA BENE ANCHE SE NON HO SCRITTO ANCORA NIENTE
Hai trovato qualche indizio interessante che ti ha incuriosito?
ANCORA NO, PERÒ CERCHERÒ DI TROVARNE QUALCUNO
Per il tuo lavoro di detective devi indagare – esplorare – svelare – annotare
Che cosa significano, secondo te, queste parole? Scrivi la prima spiegazione che ti viene in
mente:
indagare significa CERCARE DI CAPIRE IL MISTERO
esplorare significa CERCARE INDIZI CHE POTREBBERO ESSERE UTILI
svelare significa AD ESEMPIO CAPIRE E DIRE CHI È IL COLPEVOLE
annotare significa SCRIVERE SU UN QUADERNINO LE COSE CHE TI SEMBRANO SOSPETTE
Pensa al significato delle parole precedenti e scrivine altre di significato simile:
SCOPRIRE
Lo scopo del tuo lavoro di detective è svelare qualche mistero.
Che cosa significa, secondo te, la parola mistero? Scrivi la prima spiegazione che ti viene in
mente: mistero significa UNA COSA CHE È MISTERIOSA, CIOÈ, UNA COSA COME UN
DIAMANTE RUBATO È UN MISTERO
Concentrati sulla parola mistero e cerca di trovare altre parole che abbiano un legame con
essa. Scrivile qui: COSA STRANA E DIFFICILE DA SCOPRIRE
Scheda introduttiva – Indizi e misteri di vita quotidiana
Come stai procedendo nel tuo lavoro di detective?
BENE HO GIÀ TROVATO DUE MISTERI
Hai trovato qualche indizio interessante che ti ha incuriosito?
SO CHE LA PENNA ERA SUL TAVOLO IERI L’ALTRO E CHE IL PORTAFOGLIO L’HA VISTO MAMMA
TRA LE MACCHININE: ORA NON SI TROVANO PIÙ
Per il tuo lavoro di detective devi indagare – esplorare – svelare – annotare
Che cosa significano, secondo te, queste parole? Scrivi la prima spiegazione che ti viene in
mente:
indagare significa TROVARE INDIZI
esplorare significa GUARDARE E ANDARE NEI POSTI SOSPETTI
svelare significa SCOPRIRE LA SOLUZIONE DEL CASO
annotare significa SCRIVERE APPUNTI E INDIZI DEL CASO
Pensa al significato delle parole precedenti e scrivine altre di significato simile:
SCOPRIRE TROVARE GUARDARE ATTENTAMENTE
Lo scopo del tuo lavoro di detective è svelare qualche mistero.
Che cosa significa, secondo te, la parola mistero? Scrivi la prima spiegazione che ti viene in
mente: mistero significa OGGETTO CHE SPARISCE E NON SI SA DOVE VA A FINIRE E COME È
SPARITO
Concentrati sulla parola mistero e cerca di trovare altre parole che abbiano un legame con
essa. Scrivile qui: SPARITO INDIZIO SOLUZIONE CASO TROVATO SOSPETTO
Scheda introduttiva – Indizi e misteri di vita quotidiana
Come stai procedendo nel tuo lavoro di detective?
STA ANDANDO PIUTTOSTO BENE
Hai trovato qualche indizio interessante che ti ha incuriosito?
Sì QUANDO LA MIA MAMMA PARLA AL TELEFONO VA PER LE SCALE PER NON FARSI SENTIRE
Per il tuo lavoro di detective devi indagare – esplorare – svelare – annotare
Che cosa significano, secondo te, queste parole? Scrivi la prima spiegazione che ti viene in
mente:
indagare significa CHE DEVI TROVARE INDIZI
esplorare significa GUARDARSI INTORNO E CERCARE
svelare significa CHE HAI SCOPERTO IL CASO
annotare significa GUARDARSI INTORNO E DESCRIVERE QUALCOSA DI SOSPETTO
Pensa al significato delle parole precedenti e scrivine altre di significato simile:
SCOPRIRE GUARDARSI INTORNO SCRIVERE TROVARE
Lo scopo del tuo lavoro di detective è svelare qualche mistero.
Che cosa significa, secondo te, la parola mistero? Scrivi la prima spiegazione che ti viene in
mente: mistero significa QUALCOSA CHE DEVI SCOPRIRE E CHE NON SAI
Concentrati sulla parola mistero e cerca di trovare altre parole che abbiano un legame con
essa. Scrivile qui: INDIZIO SCOPRIRE SAPERE GUARDARE SVELARE
Scheda introduttiva – Indizi e misteri di vita quotidiana
Come stai procedendo nel tuo lavoro di detective?
NON HO ANCORA TROVATO NIENTE DI SOSPETTO O DI MISTERIOSO
Hai trovato qualche indizio interessante che ti ha incuriosito? NO
Per il tuo lavoro di detective devi indagare – esplorare – svelare – annotare
Che cosa significano, secondo te, queste parole? Scrivi la prima spiegazione che ti viene in
mente:
indagare significa SEGUIRE DEGLI INDIZI PER ARRIVARE ALLA SOLUZIONE
esplorare significa ANDARE A VEDERE LE COSE
svelare significa SCOPRIRE QUALCOSA
annotare significa SCRIVERE SU UN FOGLIETTO LE COSE IMPORTANTI - SCRIVERE LE COSE
IMPORTANTI DI UN FATTO - DIRE AD ESEMPIO CHI HA FATTO UNA COSA
Pensa al significato delle parole precedenti e scrivine altre di significato simile:
SEGUIRE COSE MISTERIOSE - ANDARE IN POSTI SCONOSCIUTI
Lo scopo del tuo lavoro di detective è svelare qualche mistero.
Che cosa significa, secondo te, la parola mistero? Scrivi la prima spiegazione che ti viene in
mente: mistero significa UNA COSA CHE NON SI SA, MA CHE VORREMMO SCOPRIRE
Concentrati sulla parola mistero e cerca di trovare altre parole che abbiano un legame con
essa. Scrivile qui: CURIOSITÀ SOSPETTO STRANO
Scheda introduttiva – Indizi e misteri di vita quotidiana
Come stai procedendo nel tuo lavoro di detective?
ABBASTANZA BENE ANCHE SE NON HO SCRITTO NULLA
Hai trovato qualche indizio interessante che ti ha incuriosito?
NO PERCHÉ NON HO SCRITTO NIENTE
Per il tuo lavoro di detective devi indagare – esplorare – svelare – annotare
Che cosa significano, secondo te, queste parole? Scrivi la prima spiegazione che ti viene in
mente:
indagare significa CERCARE INDIZI SUL MISTERO
esplorare significa CERCARE INDIZI PER APPROFONDIRE IL CASO
svelare significa TROVARE CHI HA COMMESSO IL MISTERO
annotare significa SCRIVERE DELLE COSE CHE, SECONDO TE, SONO INDIZI
Pensa al significato delle parole precedenti e scrivine altre di significato simile:
INVESTIGARE, TROVARE APPUNTARE, CERCARE
Lo scopo del tuo lavoro di detective è svelare qualche mistero.
Che cosa significa, secondo te, la parola mistero? Scrivi la prima spiegazione che ti viene in
mente: mistero significa UNA COSA STRANA CHE SUCCEDE E CHE TU NON SAI NIENTE DI ESSA
Concentrati sulla parola mistero e cerca di trovare altre parole che abbiano un legame con
essa. Scrivile qui: CASO
Scheda introduttiva – Indizi e misteri di vita quotidiana
Come stai procedendo nel tuo lavoro di detective?
PIUTTOSTO BENE ANCHE SE NON HO ANCORA SCRITTO NIENTE
Hai trovato qualche indizio interessante che ti ha incuriosito?
NON HO TROVATO NULLA CHE MI POTESSE INCURIOSIRE, MA SONO SICURA CHE LI TROVERÒ
Per il tuo lavoro di detective devi indagare – esplorare – svelare – annotare
Che cosa significano, secondo te, queste parole? Scrivi la prima spiegazione che ti viene in
mente:
indagare significa SPIARE CERCARE
esplorare significa CERCARE E GUARDARE
svelare significa DIRE MISTERI
annotare significa SCRIVERE QUELLO CHE VEDI
Pensa al significato delle parole precedenti e scrivine altre di significato simile:
CERCARE SPIARE SCRIVERE
Lo scopo del tuo lavoro di detective è svelare qualche mistero.
Che cosa significa, secondo te, la parola mistero? Scrivi la prima spiegazione che ti viene in
mente: mistero significa QUALCOSA CHE NON VEDI E TI SEMBRA STRANO
Concentrati sulla parola mistero e cerca di trovare altre parole che abbiano un legame con
essa. Scrivile qui: CASO SPIARE CERCARE GUARDARE
Scheda introduttiva – Indizi e misteri di vita quotidiana
Come stai procedendo nel tuo lavoro di detective?
MALE NON HO ANCORA TROVATO NIENTE
Hai trovato qualche indizio interessante che ti ha incuriosito?
NO, NELLA MIA CASA NON È SUCCESSO NIENTE D’INTERESSANTE
Per il tuo lavoro di detective devi indagare – esplorare – svelare – annotare
Che cosa significano, secondo te, queste parole? Scrivi la prima spiegazione che ti viene in
mente:
indagare significa CERCARE GLI INDIZI E IL COLPEVOLE
esplorare significa GUARDARE UN LUOGO CON ATTENZIONE
svelare significa SCOPRIRE IL MISTERO E DIRLO A TUTTI
annotare significa PRENDERE APPUNTI SU UN LIBRETTO (I MISTERI E GLI INDIZI)
Pensa al significato delle parole precedenti e scrivine altre di significato simile:
INDIZIO
Lo scopo del tuo lavoro di detective è svelare qualche mistero.
Che cosa significa, secondo te, la parola mistero? Scrivi la prima spiegazione che ti viene in
mente: mistero significa UNA FACCENDA CHE È SCOMPARSO QUALCOSA O È STATO RAPITO
QUALCUNO
Concentrati sulla parola mistero e cerca di trovare altre parole che abbiano un legame con
essa. Scrivile qui: UNA SPARIZIONE DI QUALCOSA E NON SI SA COS’È
Scheda introduttiva – Indizi e misteri di vita quotidiana
Come stai procedendo nel tuo lavoro di detective?
STO CERCANDO COSE CURIOSE
Hai trovato qualche indizio interessante che ti ha incuriosito?
NO PER ORA
Per il tuo lavoro di detective devi indagare – esplorare – svelare – annotare
Che cosa significano, secondo te, queste parole? Scrivi la prima spiegazione che ti viene in
mente:
indagare significa SPIEGARE
esplorare significa ANDARE A CERCARE
svelare significa SCOPRIRE
annotare significa SCRIVERE
Pensa al significato delle parole precedenti e scrivine altre di significato simile:
MISTERO
Lo scopo del tuo lavoro di detective è svelare qualche mistero.
Che cosa significa, secondo te, la parola mistero? Scrivi la prima spiegazione che ti viene in
mente: mistero significa UNA COSA TIPO UN FURTO O UN OMICIDIO CHE NON SI SA CHI È
STATO
Concentrati sulla parola mistero e cerca di trovare altre parole che abbiano un legame con
essa. Scrivile qui: DETECTIVE ASSASSINO
Scheda introduttiva – Indizi e misteri di vita quotidiana
Come stai procedendo nel tuo lavoro di detective?
NON HO ANCORA SCRITTO NIENTE, QUINDI NON TANTO BENE PERÒ STO CERCANDO
D’INDAGARE
Hai trovato qualche indizio interessante che ti ha incuriosito?
NON HO TROVATO NIENTE DI MOLTO INTERESSANTE
Per il tuo lavoro di detective devi indagare – esplorare – svelare – annotare
Che cosa significano, secondo te, queste parole? Scrivi la prima spiegazione che ti viene in
mente:
indagare significa TROVARE OGGETTI, PERSONE … SOSPETTE
esplorare significa ANDARE A VISITARE POSTI NUOVI E INCURIOSIRSI
svelare significa TROVARE QUALCOSA E SVELARE IL MISTERO
annotare significa PRENDERE APPUNTI SU UN FOGLIO QUALSIASI
Pensa al significato delle parole precedenti e scrivine altre di significato simile:
TROVARE NOTARE
Lo scopo del tuo lavoro di detective è svelare qualche mistero.
Che cosa significa, secondo te, la parola mistero? Scrivi la prima spiegazione che ti viene in
mente: mistero significa COSA SOSPETTA, COSE CHE NON SI SANNO PER CERTE
Concentrati sulla parola mistero e cerca di trovare altre parole che abbiano un legame con
essa. Scrivile qui: SOSPETTO INCERTEZZA
Scheda introduttiva – Indizi e misteri di vita quotidiana
Come stai procedendo nel tuo lavoro di detective?
SÌ ABBASTANZA BENE ANCHE SE NON HO SCRITTO ANCORA NIENTE HO GIÀ IN MENTE COSA
SCRIVERE NEL TACCUINO CHE MI È SUCCESSO IN ESTATE
Hai trovato qualche indizio interessante che ti ha incuriosito?
SÌ QUANDO ERO DALLA MIA AMICA AVEVO NOTATO CHE C’ERA UNA SCRITTA SU UN ALBERO
Per il tuo lavoro di detective devi indagare – esplorare – svelare – annotare
Che cosa significano, secondo te, queste parole? Scrivi la prima spiegazione che ti viene in
mente:
indagare significa ANDARE IN ALTRI POSTI
esplorare significa ANDARE A CERCARE QUALCOSA
svelare significa DIRE UN SEGRETO O DIRE MISTERI
annotare significa VEDERE QUALCOSA DI INTERESSANTE
Pensa al significato delle parole precedenti e scrivine altre di significato simile:
………………………………….
Lo scopo del tuo lavoro di detective è svelare qualche mistero.
Che cosa significa, secondo te, la parola mistero? Scrivi la prima spiegazione che ti viene in
mente: mistero significa …………………………..
Concentrati sulla parola mistero e cerca di trovare altre parole che abbiano un legame con
essa. Scrivile qui: …………………………………….
Scheda introduttiva – Indizi e misteri di vita quotidiana
Come stai procedendo nel tuo lavoro di detective?
NON TANTO BENE PERCHÉ HO ANNOTATO SOLO UNA COSA
Hai trovato qualche indizio interessante che ti ha incuriosito?
NON LI HO TROVATI
Per il tuo lavoro di detective devi indagare – esplorare – svelare – annotare
Che cosa significano, secondo te, queste parole? Scrivi la prima spiegazione che ti viene in
mente:
indagare significa CERCARE INDIZI
esplorare significa VISITARE POSTI NUOVI
svelare significa TROVARE QUALCOSA
annotare significa SCRIVERE QUELLO CHE SUCCEDE O QUALCOS’ALTRO
Pensa al significato delle parole precedenti e scrivine altre di significato simile:
CERCARE TROVARE SCRIVERE
Lo scopo del tuo lavoro di detective è svelare qualche mistero.
Che cosa significa, secondo te, la parola mistero? Scrivi la prima spiegazione che ti viene in
mente: mistero significa TROVARE QUALCOSA DI SOSPETTO E RISOLVERLO
Concentrati sulla parola mistero e cerca di trovare altre parole che abbiano un legame con
essa. Scrivile qui: SOSPETTOSO
Scheda introduttiva – Indizi e misteri di vita quotidiana
Come stai procedendo nel tuo lavoro di detective?
ABBASTANZA BENE
Hai trovato qualche indizio interessante che ti ha incuriosito?
PER ORA NO
Per il tuo lavoro di detective devi indagare – esplorare – svelare – annotare
Che cosa significano, secondo te, queste parole? Scrivi la prima spiegazione che ti viene in
mente:
indagare significa RISOLVERE UN MISTERO
esplorare significa GUARDARE COME È FATTO IL TERRITORIO
svelare significa TROVARE UNA COSA NASCOSTA
annotare significa PRENDERE NOTA
Pensa al significato delle parole precedenti e scrivine altre di significato simile:
SORVEGLIARE GUARDARE
Lo scopo del tuo lavoro di detective è svelare qualche mistero.
Che cosa significa, secondo te, la parola mistero? Scrivi la prima spiegazione che ti viene in
mente: mistero significa QUALCOSA DI NASCOSTO
Concentrati sulla parola mistero e cerca di trovare altre parole che abbiano un legame con
essa. Scrivile qui: NASCOSTO STRANO
Scheda introduttiva – Indizi e misteri di vita quotidiana
Come stai procedendo nel tuo lavoro di detective?
NON HO FATTO NIENTE
Hai trovato qualche indizio interessante che ti ha incuriosito?
NON HO NOTATO NIENTE DI CURIOSO PER UN DETECTIVE
Per il tuo lavoro di detective devi indagare – esplorare – svelare – annotare
Che cosa significano, secondo te, queste parole? Scrivi la prima spiegazione che ti viene in
mente:
indagare significa TROVARE INDIZI
esplorare significa AVVENTURARSI NEI POSTI SCONOSCIUTI
svelare significa RIVELARE
annotare significa SCRIVERE APPUNTI
Pensa al significato delle parole precedenti e scrivine altre di significato simile:
NOTARE CURIOSARE
Lo scopo del tuo lavoro di detective è svelare qualche mistero.
Che cosa significa, secondo te, la parola mistero? Scrivi la prima spiegazione che ti viene in
mente: mistero significa CASO IRRISOLTO
Concentrati sulla parola mistero e cerca di trovare altre parole che abbiano un legame con
essa. Scrivile qui: OMICIDIO - SPARATORIA
Scheda introduttiva – Indizi e misteri di vita quotidiana
Come stai procedendo nel tuo lavoro di detective?
TUTTO BENE STO SCOPRENDO PERCHÉ VEDO IL MIO BABBO E IL MIO FRATELLO CHE VANNO
SEMPRE ALCUNE VOLTE IN SALA QUANDO IO E LA MIA MAMMA ANDIAMO VIA
Hai trovato qualche indizio interessante che ti ha incuriosito?
SÌ, QUANDO ANDAVO IN SALA TROVAVO SEMPRE NELLA MIA CIOTOLA DOVE CI SONO I
REGALI, CIOCCOLATINI E CARAMELLE SPARIVANO PIANO, PIÙ CHE CI ANDAVO PIÙ CHE
SPARIVANO PIÙ DI TUTTI IL CIOCCOLATO
Per il tuo lavoro di detective devi indagare – esplorare – svelare – annotare
Che cosa significano, secondo te, queste parole? Scrivi la prima spiegazione che ti viene in
mente:
indagare significa QUANDO C’È UN DELITTO TU VAI NEL POSTO DOVE È SUCCESSO E CI SONO
GLI INDIZI
esplorare significa ANDARE IN POSTI CHE TI PIACCIONO, CHE NON HAI MAI VISTO E ANDARLI
A ESPLORARE
svelare significa QUANDO DEVI CAPIRE CHI È IL COLPEVOLE CHE HA FATTO QUESTO OMICIDIO
annotare significa CHE QUANDO VAI IN VACANZA E VUOI RICORDARE QUEI BEI MOMENTI LI
ANNOTI
Pensa al significato delle parole precedenti e scrivine altre di significato simile:
TROVARE ANDARE IN CERCA PRENDERE APPUNTI SCOPRIRE
Lo scopo del tuo lavoro di detective è svelare qualche mistero.
Che cosa significa, secondo te, la parola mistero? Scrivi la prima spiegazione che ti viene in
mente: mistero significa CHE QUANDO TI CHIAMANO PER UN DELITTO IL TESTIMONE NON
SA COSA È SUCCESSO E DICE: “È UN MISTERO”
Concentrati sulla parola mistero e cerca di trovare altre parole che abbiano un legame con
essa. Scrivile qui: ENIGMA
Scheda introduttiva – Indizi e misteri di vita quotidiana
Come stai procedendo nel tuo lavoro di detective?
NON HO NOTATO NIENTE
Hai trovato qualche indizio interessante che ti ha incuriosito? NO
Per il tuo lavoro di detective devi indagare – esplorare – svelare – annotare
Che cosa significano, secondo te, queste parole? Scrivi la prima spiegazione che ti viene in
mente:
indagare significa GUARDARE CON MOLTA ATTENZIONE
esplorare significa AVVENTURARSI NEI CASI Più COMPLICATI
svelare significa SCOPRIRE OGNI CASO
annotare significa SCRIVERE LE COSE CHE NOTI
Pensa al significato delle parole precedenti e scrivine altre di significato simile:
CURIOSARE SCOPRIRE APPUNTARE
Lo scopo del tuo lavoro di detective è svelare qualche mistero.
Che cosa significa, secondo te, la parola mistero? Scrivi la prima spiegazione che ti viene in
mente: mistero significa CASO ANCORA NON RISOLTO
Concentrati sulla parola mistero e cerca di trovare altre parole che abbiano un legame con
essa. Scrivile qui: UCCISIONE
DIARIO DI BORDO
Febbraio 2014
- Ogni bambino/a legge le proprie annotazioni curando espressione e intonazione della
voce; si nota che, laddove ci sono errori di ortografia e punteggiatura, la lettura perde
scorrevolezza ed espressività.
- Si pogono domande e si formulano ipotesi sui fatti misteriosi che i bambini hanno
annotato.
- Si prova a dare qualche spiegazione del perché di certi comportamenti notati in alcune
persone.
- Si cercano motivazioni sulla sparizione di oggetti in casa e a scuola.
- Ogni bambino/a espone sinteticamente la propria annotazione formulando frasi in
italiano corretto.
- Si utilizza il discorso diretto per la scrittura delle annotazioni.
- La maestra scrive alla lavagna i discorsi di ogni bambino/a preceduto dal nome e dalla
punteggiatura richiesta per il discordo diretto; i bambini li copiano sul quaderno.
- Si rileggono tutte le annotazioni correttamente trascritte sul quaderno: ognuno legge la
propria.
-
S’incolla il taccuino sul quaderno.
- Ogni bambino/a elabora un testo personale in cui espone il proprio punto di vista e il
proprio gradimento in merito all’esperienza che li ha “costretti” a indossare i panni del
detective e a prendere appunti sul taccuino giallo.
- Ogni bambino/a scrive direttamente al computer, usando il programma di videoscrittura
Microsoft Word.
- I testi prodotti vengono riletti e corretti insieme alla maestra, stampati e incollati sul
quaderno.
- Ogni bambino/a illustra con un disegno quanto scritto; il disegno, accompagnato da una
didascalia, viene incollato sul quaderno insieme al testo.
SPAZIO PER LA RIFLESSIONE SULLA LINGUA
Ripasso e consolidamento conoscenza verbi:
coniugazione dei verbi nei tempi del modo indicativo.
Ripasso e consolidamento conoscenza parti variabili e invariabili del discorso:
articoli, nomi, aggettivi, pronomi, verbi – congiunzioni, interiezioni, preposizioni.
Conoscenza e consolidamento complementi indiretti: tempo, luogo, specificazione.
Esercitazioni di analisi logica e grammaticale.
Attività con i bambini
LA RACCOLTA DELLE ANNOTAZIONI
Dal taccuino
M: - Io non ho scritto niente perché in questi giorni non mi è capitato niente.
Oggi però, a scuola, ho lasciato la gomma nell’ astuccio, sono andata in bagno e quando sono
tornata non c’era più. All’inizio non mi sono preoccupata, ho pensato che mi fosse caduta e
l’ho cercata, ma non l’ho trovata né in terra né nello zaino. Ho pensato di averla messa in
tasca e che mi fosse caduta nel bagno, ma non c’era nemmeno lì.
S: - Matilde ha detto alla maestra Antonella che non riusciva a trovare la gomma e la maestra
ha risposto di cercarla per terra e negli zaini.
M: - Ho chiesto ai miei compagni se l’avevano vista ma hanno risposto no. È suonata la
campanella e siamo andati a mensa. Dopo mensa Aurora ha detto alla maestra Palma della
gomma.
S: - La maestra Palma ha detto di cercarla come aveva detto la maestra Antonella e ha
aggiunto che chi la trovava poteva metterla sulla cattedra in incognito.
Domande
Come è sparita la gomma ? Chi l’ha presa?
-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------N: - Ieri sera ero al Conad e ho visto delle bottigliette d’acqua. Tra queste ne ho vista una
mezza vuota. Mi sono chiesto perché era mezza vuota e ho pensato che qualcuno avesse
bevuto l’acqua.
V: - Sabato mattina stavo bevendo il latte e mi sono alzata un minutino per andare in bagno.
Quando sono tornata il latte si era rovesciato. Nessuno sapeva chi era stato.
P: - Ore 16:00: voglio gonfiare il pallone. Vado in garage, apro il cassetto e non trovo l’ago per
gonfiarlo. Il cassetto è in disordine, non lo era prima quando avevo riposto l’ago. Il giorno
prima la mia nonna chiacchierava con la mia vicina di casa e diceva della confusione che
faccio io col pallone.
L: - Una mattina, prima di andare a messa, vidi due tipi sospetti. Mi accorsi che stavano
prendendo le pigne su un albero. Un signore chiamò la Polizia municipale.
S: - Quando la sera rientro a casa dalla visita a parenti e amici, vedo sempre una signora che
mi guarda male.
R: - Un giorno ero a casa, ho sentito dei rumori che provenivano dal sottotetto. Ho pensato
che qualcuno fosse entrato di nascosto.
S: - Un giorno ero a casa, stavo facendo la lezione, sono andata a chiedere una cosa a mamma
e quando sono tornata la gomma non c’era più.
G: - Mi ero girato per vedere nello zaino se c’era dentro il panno per pulire gli occhiali, mi
rigiro per continuare la lezione e il bianchetto non c’era più.
A: - Quando eravamo a casa di alcuni amici di mamma e babbo, gli adulti ci mandavano via
quando dovevano parlare. Perché?
E: - Ora mio fratello va d’accordo con me e si comporta bene. Perché?
J: - Avevo una gomma, mi sono girato e quando ho guardato non c’era più. Me l’ha presa
qualcuno?
R: - Un giorno lasciai la penna nell’astuccio e non la ritrovai più.
A: - Ho trovato delle piccole ossa sotto le assi di legno del porto. Di chi sono? Forse di un
gabbiano?
G: - Io non trovo il mio borsello da un po’ di tempo. Nessuno l’ha più visto.
S: - Io non ho trovato misteri da annotare.
A: - L’altro giorno, guardando la mia scrivania, mi sono accorta che mancava uno dei miei
braccialetti.
V: - Stamattina, a casa mia, è successo un fatto molto strano. È partito tutto dalla telefonata
mattutina della mia nonna che ha chiamato sul telefono di mamma, invece che sul solito
telefono su cui chiama sempre. Mia mamma ha risposto, poi si è chiusa in camera e non si
capiva se stava ridendo o piangendo.
S: - Non ho scritto nulla.
A: - Perché mio fratello quando nostra nonna gli ha portato il regalo per il suo compleanno,
non ha fatto come sempre? Non si è alzato per prenderlo, come fa di solito?
S: - Edoardo, mio fratello, teneva il portafoglio nell’armadio. Dopo un po’ di tempo l’ha visto
mamma tra le macchinine. Quando Edoardo è andato a cercarlo non c’era più.
J: - La mia mamma ha sentito che nei paraggi ci sono i ladri. Stavo dormendo e all’improvviso
sentii un rumore come se qualcuno stesse prendendo qualcosa dal mio cassetto…
PRODUZIONI INDIVIDUALI
Il mio taccuino del detective: prime annotazioni
Quando la maestra ci aveva dato il taccuino del detective ci aveva dato 15
giorni per restituirlo. Non importava se era pieno o vuoto. Io però non avevo
ancora visto niente per una settimana. Poi, un giorno, sono andato al Conad e
ho visto una bottiglietta d’acqua nascosta dietro uno scaffale. Non capivo chi la
poteva aver bevuta; era piena a metà … Facevano prima a comprarla.
Ho provato a cercare un bimbo che poco prima era là. L’ho portato dove c’era la bottiglia, gli avevo detto che
se mi diceva che l’aveva bevuta lui, gli davo delle caramelle che avevo preso da casa di mio nonno. Lui mi ha
detto di sì, che era stato lui, così io ho capito chi era stato e il mistero è stato risolto.
Disegno con didascalia
Ero al Conad e dietro uno scaffale ho visto
una bottiglietta d’acqua mezza vuota.
Il mio taccuino del detective: prime annotazioni
Un giorno di gennaio sono andata al porto.
Stavo giocando insieme a un’amica, poi siamo andate a vedere le navi.
Ho guardato a terra perché mi era caduta una cosa e ho visto che c’era una
fessura tra una trave e l’altra, e sotto c’era una cosa bianca.
Ho detto subito alla mia amica: - Guarda tra le travi!
Insieme siamo andate dai nostri genitori e gli abbiamo raccontato quello che
era successo. Loro ci hanno detto: - Lasciate stare, non è niente. Noi, comunque, volevamo scoprire cos’era quella cosa bianca.
Io e la mia amica siamo andate a prendere un legno e abbiamo provato a toccarla: era una cosa dura. Mi
sono sdraiata e ho visto che erano delle ossa.
Ho detto alla mia amica: - Sono ossa!
A quel punto dovevamo scoprire di chi erano. Ma il buco fra le travi era troppo stretto e non si vedeva bene,
l’unica cosa che si capiva è che le ossa erano molto piccole.
Abbiamo ipotizzato che erano di un gabbiano che voleva prendere un pesce ed era affogato, oppure che un
pesce stava nuotando e si era ritrovato lì imprigionato senz’acqua, ed era morto.
Dopo siamo andate via, ma il mistero non era risolto.
Disegno con didascalia
Io e una mia amica abbiamo trovato
delle piccole ossa sotto le assi del porto.
Il mio taccuino del detective: prime annotazioni
A metà Gennaio all’incirca, a scuola mentre si faceva la lezione, mi girai per
vedere dentro lo zaino se avevo nella custodia degli occhiali il panno per pulirli.
Lo trovai e quando mi rigirai per continuare la lezione non trovai più il mio
bianchetto né nell’astuccio né sul banco.
Lo cercai dappertutto: per terra, nello zaino e nello zainetto, tra i banchi … ma
non lo trovai.
Ancora non ho trovato sospettati né indizi.
Questo fatto è l’unico che ho annotato sul taccuino.
Disegno con didascalia
Sono io che non trovo il mio bianchetto
da nessuna parte.
Il mio taccuino del detective: prime annotazioni
Il 23 Gennaio, a casa mia, mentre giocavo alla playstation, mio fratello mi
chiese: - Posso giocare?.
Io risposi: - Sì!
Si giocava e si andava d’accordo, però io mi ricordavo che prima non si andava
d’accordo e continuai a giocare.
Quando arrivò la mia mamma gli disse: - Va bene la pasta in bianco?
Mio fratello rispose: - Va bene.
Il giorno dopo mi richiese di giocare e io risposi: - Sì! Io trovai strano che lui andasse d’accordo con me. Allora presi il taccuino e scrissi: “Ora mio fratello va
d’accordo con me e si comporta per bene.”
Disegno con didascalia
Mio fratello,
invece di prendere il telecomando e giocare,
mi chiede di giocare.
Il mio taccuino del detective: prime annotazioni
Un pomeriggio di metà gennaio la maestra ci ha consegnato il taccuino del
detective,
una specie di piccolo quadernino su cui scrivere tutti i
comportamenti sospetti delle persone che abbiamo intorno nella vita di tutti i
giorni.
Il pomeriggio stesso, io avevo già una cosa su cui indagare, una cosa semplice
ma strana.
Era una sera come tante altre, io e la mia famiglia stavamo mangiando quando … il telefono di mamma iniziò
a suonare; mamma si alzò per andare a vedere chi era e disse che era la nonna.
Mia sorella ed io abbiamo detto in coro: - Strano! Perché la nonna ha chiamato sul telefono di mamma e non
sul solito telefono? Poi mamma è andata in camera sua e non si capiva bene se stava ridendo e se stava piangendo. Dopo poco è
uscita dalla camera ridendo. Io, mia sorella e mio papà ci siamo guardati negli occhi e ci siamo messi a ridere.
Questo è stato il mio primo indizio trovato, ma avevo moltissima voglia di scoprire cosa si erano dette
mamma e nonna. E alla fine ci sono riuscita!
Sono davvero molto orgogliosa di me! Credo di avere un futuro da investigatrice! 
Disegno con didascalia
Mamma chiusa in camera.
Io, babbo e Diletta stiamo dipingendo.
Il mio taccuino del detective: prime annotazioni
Un giorno volevo gonfiare il pallone, sono andato in garage, ho aperto il
cassetto e non ho trovato l’ago per gonfiarlo. Mi sono insospettito, ho trovato
il cassetto in disordine, non era così quando avevo messo l’ago.
Io pensai che fosse stata la mia mamma, ma il giorno prima la mia nonna aveva
parlato con la mia vicina di casa della confusione che faccio io con il pallone.
Disegno con didascalia
Apro il cassetto e non trovo più l’ago
per gonfiare il pallone.
Il mio taccuino del detective: prime annotazioni
Agli inizi di gennaio la maestra ci ha dato il taccuino del detective su cui
annotare tutti gli indizi e i comportamenti sospetti che si vedevano in giro.
Io, pochi giorni dopo, ne avevo già trovato uno.
Era un pomeriggio dove stranamente non avevo niente da fare, così sono
andata a casa con l’idea di mettermi a giocare con i miei braccialetti. Ma appena
sono arrivata a prenderli mi sono accorta che ne mancava uno. Mi sono messa a
cercarlo, ma non l’ho trovato. Poi mi ero ricordata che quello era un braccialetto
che portavo a ginnastica e quindi potevo averlo lasciato lì. Sperando che ci fosse, sono corsa in palestra e con
mia grande sorpresa ho visto che c’era una sua perlina sopra un tappeto. A quel punto mi sembrava ovvio
che qualcuno lo aveva rotto. Ho chiesto un po’ a tutti se lo avevano visto ma mi rispondevano di no. Non ho
ancora scoperto chi è stato, ma penso sia stata una bimba che si allena lì, in palestra.
Disegno con didascalia
Guardo sopra la mia scrivania e mi accorgo
che manca uno dei miei braccialetti.
Il mio taccuino del detective: prime annotazioni
Un giorno quando ero a scuola mi sono girato per parlare della lezione di
geografia.
A un tratto dovevo cancellare, guardo su tutto il banco ma non vedo la mia
gomma e allora penso che mi è caduta. Controllo in terra e non c’è, controllo di
nuovo ma nessun risultato, e allora mi insospettisco.
Però se qualcuno l’avesse presa me ne sarei accorto.
Da quel giorno il mistero non è stato più risolto.
Disegno con didascalia
Un giorno, a scuola, ho perso la mia gomma
e non l’ho più trovata.
Il mio taccuino del detective: prime annotazioni
Quando la maestra ci ha dato il taccuino io non sapevo proprio cosa scriverci,
poi però il giorno dopo, mi è successa una cosa interessante che potevo
scriverci.
Ero a casa e stavo facendo la lezione. Ho aperto l’astuccio per prendere il lapis
quando mi sono accorta che la penna blu era sparita. Così ho iniziato a cercare
da tutte le parti.
Dopo un po’ che stavo cercando ho pensato che l’avesse presa mio fratello Edoardo. Allora sono corsa in
cucina e ho chiesto a Edoardo se aveva preso lui la mia penna blu o se l’aveva vista da qualche parte, ma lui
mi ha risposto che non aveva né visto né preso la mia penna blu.
Dopo pranzo siamo usciti e non ho più avuto tempo di cercare la penna.
Il giorno dopo ho chiesto a mamma se aveva visto la mia penna blu, ma anche lei mi ha risposto che non
l’aveva vista da nessuna parte. Speravo di trovarla presto.
Mi ha insospettito ancora di più che qualche giorno dopo è sparito anche il portafoglio di Edoardo.
Edoardo teneva il portafoglio nascosto in un cassetto dell’armadio.
Un giorno a mamma, mentre spolverava, le è sembrato di vedere il portafoglio di Edoardo fra le macchinine.
Allora mamma l’ha chiamato e Edoardo ha subito iniziato a tirar fuori tutte le macchinine per prendere il suo
portafoglio, ma purtroppo non lo ha trovato. Così è corso all’armadio e ha guardato se nel cassetto c’era il
suo portafoglio, ma non c’era nemmeno lì. Spero tanto che Edoardo riesca a trovarlo.
Disegno con didascalia
Apro l’astuccio e non trovo più la mia penna blu.
Il mio taccuino del detective: prime annotazioni
Quando la maestra ci ha dato il taccuino ho pensato subito tante cose
misteriose che mi sono sempre chiesta.
Ero a casa, non sapevo cosa fare, allora presi il taccuino e iniziato a guardarmi
intorno e notai che mamma stava prendendo del succo; dopo mise tre bicchieri
in tavola. Io mi girai e dopo, riguardando, mi accorsi che era sparito un
bicchiere. Chiesi alla mamma se l’aveva preso lei, ma disse di no, allora mi
guardai intorno, ma niente. Mi domandai cosa fosse accaduto mentre mi stavo girando.
Disegno con didascalia
È sparito il bicchiere e nessuno sa dov’è.
Il mio taccuino del detective: prime annotazioni
Un giorno di gennaio, la maestra ci ha dato il taccuino del detective, dove si
dovevano scrivere alcune cose che per noi erano strane.
La maestra ci ha dato 15 giorni di tempo per scriverci qualcosa di misterioso o
che pareva strano.
Io mi misi a guardare in giro, ma non trovai niente; guardavo e guardavo, ma
niente.
Dopo un po’ smisi di cercare perché non vedevo niente di strano o di misterioso.
Il tempo per scrivere sul taccuino era sempre di meno.
Alla fine è arrivato l’ultimo giorno e mi sono arreso: non ho scritto niente perché non ho trovato niente.
Disegno con didascalia
Sto cercando dalla finestra una cosa
da scrivere sul taccuino.
Il mio taccuino del detective: prime annotazioni
La sera di Capodanno eravamo andati a cena da degli amici di mamma e babbo.
I nostri genitori erano in cucina e noi bambini eravamo in salotto, però quando
parlavano ci chiedevano se potevamo andare via dal salotto perché la cucina
confina con il salotto. Io, Marco, Mariagiulia e Irene eravamo molto preoccupati,
ma anche molto incuriositi, quindi andammo a chiedere loro di cosa stavano
parlando, ma si rifiutarono di dircelo. Dopo aver scoppiato tutti i petardi che
avevamo portato, ci tranquillizzammo guardando i fuochi d’artificio e dopo facemmo una partita a Cluedo.
Mentre giocavamo Mariagiulia chiese: - Secondo voi di che cosa stanno parlando gli adulti?
Irene le rispose dolcemente: - Forse staranno parlando di cose che non dobbiamo sentire.
- Magari dicono una marea di parolacce! - disse Marco.
- Ma dai, non pensiamoci, continuiamo la partita! - dissi io.
Quando tornammo ognuno a casa propria, la mia mamma mi disse tutto. Ci rimasi sconvolta dopo che
mamma ebbe finito di parlare: erano davvero cose che Marco e Mariagiulia non dovevano sentire!!!
Ora avevo finalmente risolto il mistero.
Disegno con didascalia
Sono i nostri genitori che ci mandano via dal salotto
perché devono parlare.
Il mio taccuino del detective: prime annotazioni
Il mio taccuino mi piace usarlo perché mi piace scrivere i misteri e trovarli.
Soprattutto perché ne puoi scrivere quanti ne vuoi.
Io ho scritto che stavo bevendo il latte e mi sono alzata per andare in bagno.
Appena tornata, ho visto che il latte era versato sul tavolo.
Poi ho scritto anche che stavo colorando con la matita gialla, che l’ho messa
nell’astuccio, ma quando ho controllato se c’erano tutte, il giallo non c’era più.
Ho scritto solo queste due cose perché mi sono capitate solo queste cose.
Mi sono divertita tanto a scriverlo e a farlo.
Disegno con didascalia
Stavo bevendo il latte, mi sono alzata per andare in bagno
e appena arrivata il latte era versato.
Il mio taccuino del detective: prime annotazioni
Io sul mio taccuino non ho scritto niente perché in questi giorni non ho trovato
niente di interessante.
Ora non lo trovo più, però io l’ho lasciato nel mio zainetto e un lunedì ho
guardato lì e c’era.
Qualcuno l’ha tolto di lì e lo ha messo da qualche parte, o mi è caduto e non me
ne sono accorta? Boh?! Cosa sarà successo?
Disegno con didascalia
Metto la mia gomma sul banco
e quando ritorno dal bagno non c’è più.
Il mio taccuino del detective: prime annotazioni
Il mio borsello lo tenevo sempre dentro il mio comodino, ma un giorno la mia
mamma voleva dei soldi in prestito e non lo ha trovato.
Da quel giorno non l’ho più trovato.
L’impressione è che sono entrati i ladri, ma probabilmente li avrei sentiti.
Forse l’ho perso?
Disegno con didascalia
Io non trovo più il mio borsello da molto tempo.
Il mio taccuino del detective: prime annotazioni
Una mattina di domenica, prima di andare a messa vidi dalla finestra due tipi
che avevano intenzione di prendere le pigne dai pini per anticipare la gente che,
una volta cadute, si gettava a prenderle.
Ne gettarono parecchie per terra e continuarono, mentre io continuavo ad
osservarli, quei due maleducati.
Dopo un po’ andai a dirlo alla mia mamma che stava cambiando la mia sorellina.
Arrivò la polizia che li vide e gli fece la multa.
Disegno con didascalia
Mi affaccio alla finestra e vedo una macchina
con una scala sopra.
Il mio taccuino del detective: prime annotazioni
Un lunedì ero a casa, in salotto.
Mi ero messa a sedere sul divano.
A un certo punto ho sentito dei rumori che provenivano dal sottotetto.
Poi ho pensato che qualcuno fosse entrato di nascosto nel sottotetto di
casa mia. Mi sono messa ad ascoltare di nuovo i rumori, ma i rumori
continuavano. Io avevo molta paura.
Dopo ho aperto la porta e ho visto una scala appoggiata al muro: c’è una porta sul soffitto ed era
aperta.
Disegno con didascalia
Sono in salotto e sento dei rumori strani.
Il mio taccuino del detective: prime annotazioni
Un sabato pomeriggio ero a fare la lezione in camera mia.
Non capivo una cosa e andai a chiederla a mamma.
Quando tornai a continuare il lavoro dovetti cancellare e la gomma non c’era
più.
Controllai se mi era caduta, ma non c’era. E nessuno era stato!!!
Chi l’avrà presa? Mi avrà fatto uno scherzo mio fratello?
Disegno con didascalia
La mia gomma sulla mia scrivania non c’è più.
Il mio taccuino del detective: prime annotazioni
Nel mio taccuino del detective ho scritto una cosa sola.
Un giorno a scuola stavo facendo la lezione.
Avevo messo la penna rossa nell’astuccio, mi girai per prenderla ma ad un
tratto non la ritrovai più. Cercai e cercai ma la penna non c’era.
Passò qualche giorno e la ritrovai nell’astuccio quando non mi serviva.
Suonò la campanella e io stavo andando a mensa, ma quando sono tornato non
c’era più: era sparita un’altra volta. Allora la mia mamma me ne comprò un'altra.
Da quel giorno la mia vecchia penna rossa non si ritrova più.
Disegni con didascalia
1. La penna rossa è nell’astuccio.
2. La sparizione della penna rossa.
Il mio taccuino del detective: prime annotazioni
Sfortunatamente non ho trovato niente di curioso da annotare sul taccuino del
detective perché ero stanco.
Disegno con didascalia
Non trovo niente da scrivere di curioso.
Il mio taccuino del detective: prime annotazioni
Una sera mentre avevo in mano il taccuino e ritornavo a casa, guardai in su e
vidi una signora anziana che mi guardava male, sospettosa.
Un pomeriggio, mentre andavo dalla mia zia con la mia mamma, restarono in
casa soltanto il mio babbo e mio fratello con i dolci della Befana.
Tornando a casa mi accorsi che i dolci erano diminuiti, e anche i Kinder, nei
giorni successivi, sparivano uno dopo l’altro.
Una mattina, appena sveglia, andai a vedere fuori dalla finestra se era bel tempo.
Mi affacciai e vidi un ragazzo che stava seduto sulle scalinate di casa mia, poi tirò fuori un computer, lì, da
solo tutto incappucciato.
Disegno con didascalia
Ritorno a casa e una signora
mi guarda male dalla finestra.
Il mio taccuino del detective: prime annotazioni
Il 23 gennaio 2014 (compleanno del mio fratellino più piccolo, Federico) mia
nonna era venuta da Livorno a fargli gli auguri.
Quando è arrivata a casa mia, babbo è sceso per aiutarla a portare la spesa in
casa. Quando è arrivata aveva il regalo in mano.
Mio fratello era seduto al tavolo.
Perché mio fratello non si è alzato subito quando nonna gli ha offerto il regalo?
Forse era stanco? Stava pensando a qualcosa? Forse alla festa del giorno dopo? O qualcos’altro delle sue
nullità? Tutti gli altri anni Federico non le dava neanche il tempo di salire le scale. Cosa sarà successo?
Disegno con didascalia
Nonna porta il regalo al mio fratellino
e lui non si alza nemmeno. Io annoto.
DIARIO DI BORDO
(Palma Prisco)
Febbraio - Marzo 2014
* Si lavora sull’annotazione che ha ottenuto il maggior numero di preferenze in seguito
alla votazione: quella di Nicholas.
* L’annotazione è la seguente: “Ieri sera ero al Conad e ho visto delle bottigliette
d’acqua. Tra queste ne ho vista una mezza vuota. Mi sono chiesto perché era mezza
vuota e ho pensato che qualcuno avesse bevuto l’acqua.”
* Si prepara una scheda di lavoro in cui si raccolgono tutti gli elementi comunicativi che
si possono ricavare dall’annotazione (quando, dove, chi, cosa, come, perché…), si
assegna un titolo all’episodio, s’inventa un incipit, si elencano sensazioni ed emozioni,
s’individuano persone incontrate…
* La maestra legge il racconto di Italo Calvino, “Marcovaldo al supermarket” in
“Marcovaldo” ed. Oscar Mondadori
* Se ne parla in classe facendo confronti tra la situazione di Marcovaldo e famiglia al
supermarket e la situazione di Nicholas e famiglia al Conad.
* Si espone oralmente il testo letto dalla maestra e si scrive la sintesi sul quaderno
(dettato).
* Ogni bambino/a elabora un proprio racconto attingendo informazioni sia dalla scheda
relativa all’annotazione di Nicholas, preparata in precedenza, sia dal racconto di Calvino,
utilizzato come testo d’appoggio: ognuno immagina di essere Nicholas al supermercato
e di vivere la stessa esperienza alla luce delle avventure/disavventure della famiglia di
Marcovaldo. Ogni testo viene accompagnato dal relativo disegno.
* La maestra rilegge il racconto di Calvino e ogni bambino/a ne elabora il riassunto e ne
illustra con un disegno la parte per lui/lei più significativa.
* Si elabora oralmente un testo collettivo quale modello condiviso di scrittura.
Il testo viene trascritto a mano dalla maestra e, in tappe successive, alcuni bambini lo
copiano al computer, una parte ciascuno. Lavorano a coppie e si alternano nel dettare e
nello scrivere.
* Tutti i testi scritti sul quaderno vengono trascritti dai bambini stessi al computer usando
il programma di videoscrittura Microsoft Word.
SPAZIO PER LA RIFLESSIONE SULLA LINGUA
Ripasso e consolidamento conoscenza verbi:
coniugazione dei verbi nei tempi del modo indicativo.
Ripasso e consolidamento conoscenza parti variabili e invariabili del discorso:
articoli, nomi, aggettivi, pronomi, verbi – congiunzioni, interiezioni, preposizioni, avverbi.
Consolidamento e conoscenza complementi indiretti: tempo, luogo, modo, mezzo.
Esercitazioni di analisi logica e grammaticale.
Attività con i bambini
REALTÀ E IMMAGINAZIONE
Parte prima
DALLE ANNOTAZIONI AL RACCONTO
Annotazione di Nicholas
Si lavora su questa perché è quella che ha avuto il maggior numero di preferenze, ma nel
corso del lavoro, si utilizzeranno anche le annotazioni di altri bambini e bambine.
“Ieri sera ero al Conad e ho visto delle bottigliette d’acqua. Tra queste ne ho vista una mezza
vuota. Mi sono chiesto perché era mezza vuota e ho pensato che qualcuno avesse bevuto
l’acqua”
Titolo: “La bottiglia nascosta”
Incipit condiviso
In un tardo pomeriggio di gennaio, durante le vacanze natalizie, andai al Conad insieme ai miei
genitori e al mio fratellino Anthony per fare alcune spese.
Prendemmo il carrello e cominciammo a girare tra gli scaffali per scegliere i prodotti da
acquistare.
Io ero annoiato e non vedevo l’ora di andare a casa, ma mentre curiosavo tra gli scaffali
dell’acqua, notai una bottiglietta seminascosta dietro uno scaffale…
Quando? Un tardo pomeriggio di gennaio.
Dove? Supermercato Conad.
Chi?
Nicholas e la sua famiglia.
Cosa? Bottiglietta seminascosta e mezza vuota.
Come? Curiosando e aggirandosi nel supermercato.
Perché? Qualcuno, forse, ha bevuto l’acqua di nascosto?
Sensazioni ed emozioni: noia, curiosità, stanchezza, sospetto.
Persone incontrate: un bambino di circa dieci anni con capelli a cresta di gallo, biondi e
gelatinati. Grasso, basso, viso tondo, occhi celesti, espressione guardinga e furbetta.
ASCOLTO E PRODUZIONE
Lettura dell’insegnante
- Italo Calvino, “Marcovaldo al supermarket”, Oscar Mondadori, pag. 93-99
Esposizione orale e sintesi condivisa (dettato)
Nel racconto si narra l’avventura di una famiglia, quella di Marcovaldo, che va al supermarket
senza avere soldi e non resiste alla tentazione di riempire il carrello, proprio come fanno tutte
le altre persone intorno a loro. Sono in sei: il papà, la mamma e i loro quattro bambini.
Prendono un carrello ciascuno e, alla fine, non avendo i soldi per pagare, fuggono dal
supermercato attraversando un buco nel muro.
Si ritrovano su un’impalcatura all’altezza delle case di circa sette piani e gettano tutta la merce
nella ganascia di una gru che si trovava lì per lavori in corso.
Produzione individuale del racconto
“La bottiglia nascosta”
(testo d’appoggio: “Marcovaldo al supermarket” di Italo Calvino)
In un tardo pomeriggio di gennaio, durante le vacanze di Natale,
andai al Conad insieme ai miei genitori e al mio fratellino Anthony
per fare alcune spese.
Io non avevo voglia di andare con loro, e andai in giro per i
corridoi della pasta per far vedere a mia mamma quale tipo di
pasta volevo mangiare.
Dopo notai una famiglia composta da tre persone: mamma, papà
e un bambino che poteva avere 11 anni circa ed era un po’
grassottello.
Avevano un po’ di roba nel carrello, ma pensai che non avessero
soldi perché avevano dei vestiti logori.
Prendevano tutto quello che avevano davanti.
A un certo punto i genitori presero l’acqua, ma il bimbo voleva un altro tipo d’acqua e frignava.
Poi tornò allo scaffale dell’acqua, prese una bottiglietta, bevve un po’ e la nascose.
Feci un giro per vedere cosa ci faceva con l’acqua e mi chiedevo perché voleva quel tipo di acqua.
Poi gli chiesi : - Perché hai bevuto l’acqua?
Lui mi rispose: - Non è vero!
Poi mi disse che non aveva abbastanza soldi per prendere il tipo d’acqua che voleva lui.
In un tardo pomeriggio di gennaio, durante le vacanze di Natale,
sono andato al Conad insieme ai miei genitori e al mio fratellino
Anthony per fare alcune spese.
Non avevo tanta voglia di andarci, ma pensavo che fosse un
buon motivo per prendermi dei quaderni per la scuola.
Ad un tratto vidi una famiglia composta da cinque persone:
babbo, mamma e tre figli, due femmine e un maschio.
Avevano un carrello ciascuno.
La più piccola aveva il carrello pieno di giocattoli, soprattutto
bambole; la media, che aveva circa dodici anni, aveva un carrello
di penne, evidenziatori, gomme, lapis … e il più grande aveva il
carrello pieno di fumetti di ogni genere.
Continuavo a guardarli e dicevo fra me e me: - Non sono tanto ricchi, anche se dalle cose che hanno preso
sembrerebbero davvero benestanti.
Mentre passavo tra gli scaffali dell’acqua vidi uno bottiglia mezza vuota e mi chiesi chi l’avesse bevuta.
Intanto continuavo a osservare quella strana famiglia e mi mettevo a ridere perché stavano rimettendo a
posto la roba che avevano nel loro carrello. A quel punto supposi che la bambina avesse bevuto l’acqua
perché lei non aveva soldi per comprarsela.
Allora andai a chiederglielo e lei negò, ma mentre se ne andava le cadde un tappo dalla tasca e allora mi
confessò che era stata lei a bere l’acqua della bottiglia perché non aveva soldi, proprio come avevo pensato.
Finii di fare la spesa e me ne andai felice perché avevo risolto un mistero.
In un tardo pomeriggio di gennaio, durante le vacanze di Natale,
sono andato al Conad insieme ai miei genitori e al mio fratellino
Anthony per fare alcune spese.
Appena arrivati, approfittando del fatto che eravamo al Conad,
sono subito schizzato al reparto dove stavano le penne perché
non trovavo più la penna nell’astuccio.
Dopo aver preso la penna verde sono andato a fare un giro fra
gli scaffali ed ho visto una bottiglia mezza vuota dietro un
armadietto vicino a uno scaffale. A quel punto mi sono chiesto
chi l’avesse bevuta. La cosa strana era che la bottiglia non aveva
l’etichetta. Mi sono chiesto perché chi l’aveva bevuta, oltre a
berne metà, aveva anche tolto l’etichetta. Che senso aveva?
Allora mi sono guardato intorno per vedere se trovavo qualcosa di sospetto e ho visto un bambino con la sua
mamma ed il suo babbo.
Quella famiglia aveva tre carrelli pieni di roba, ma non avevano l’aspetto di poter comprare quella merce
perché erano vestiti con roba strappata e vecchia.
Li seguii per un po’ e vidi che pian piano stavano rimettendo i prodotti al loro posto.
Ma proprio in quel momento al bambino cadde l’etichetta che cercavo.
Avevo già sospettato che fosse stato quel bambino dall’aria un po’ furbetta ad aver tolto l’etichetta ed aver
bevuto l’acqua. Ma ne ho avuto la certezza quando il bambino voleva prendere l’acqua frizzante.
Allora sono andato da lui e gli ho detto, davanti ai genitori, che aveva fatto quelle cose.
Dopo un po’ di litigio il bambino ha confessato.
In un tardo pomeriggio di gennaio, durante le
vacanze di Natale, andai al Conad insieme ai
miei genitori e al mio fratellino Anthony per
fare alcune spese.
Prendemmo il carrello e incominciammo a
girare fra gli scaffali. Ero annoiato.
A un tratto vidi un bambino con i suoi genitori
che avevano il carrello pieno di vestiti.
Mi sembrava che non avessero soldi.
Si sentì l’altoparlante che diceva che il
supermercato, entro quindici minuti, avrebbe
chiuso.
Allora corsero come fulmini.
Il bimbo voleva prendere una bottiglia d’acqua
e fece una bizza.
Io notai che c’era una bottiglia seminascosta:
era aperta e mezza vuota.
Forse il bambino aveva voluto prendere il tappo e già che c’era l’aveva bevuta.
In un tardo pomeriggio di gennaio, durante le vacanze di Natale,
andai al Conad insieme ai miei genitori e al mio fratellino Anthony
per fare alcune spese. Io non avevo voglia di fare la spesa e non
vedevo l’ora di tornare a casa: la noia mi arrivava fino alle stelle.
Per smaltire la noia presi un carrello e mi incamminai tra gli scaffali
per vedere se trovavo qualcosa di interessante da comprare, da
mangiare la sera. Mentre passavo tra gli scaffali dell’acqua mi
accorsi che, nascosta in un angolo, c’era una bottiglietta da mezzo
litro. Pensai che ci fosse caduta, allora mi avvicinai e la raccolsi, ma
mentre la tiravo su mi accorsi che era quasi finita e che mancava
l’etichetta. Lasciai perdere e continuai a cercare le cose per la cena.
Mentre cercavo, i miei genitori mi chiesero se andavo a prendere sei bottigliette d’acqua. Io, da bravo
bambino, girai il carrello e mi avviai verso gli scaffali dell’acqua.
Notai qualcosa di strano appena arrivai presso gli scaffali: la bottiglietta che prima era mezza vuota ora era
piena, ma non aveva l’etichetta. Mi guardai intorno e vidi un bambino un po’ grassottello con i capelli a
cresta di gallo che si allontanava velocemente con una mano chiusa. Quel bambino mi insospettì molto, così
decisi di seguirlo da lontano. Dopo dieci minuti che lo seguivo vidi che lui si riavvicinava agli scaffali
dell’acqua, si guardava intorno, apriva la mano e tirava fuori l’etichetta. In quel momento mi avvicinai da
dietro e gli dissi che la cosa che aveva fatto non era giusta. Lui si girò di scatto e disse che lui non aveva fatto
nulla. Ma io non gli credetti perché avevo visto tutto. Allora insistei per farmelo dire e, alla fine, lui cedette
dicendo che avevo ragione, e che lui lo aveva fatto solo perché era molto povero. Io gli risposi che non si
doveva preoccupare, che la cosa che aveva fatto non era poi così grave.
Ci salutammo e ognuno raggiunse la sua famiglia.
In un tardo pomeriggio di gennaio durante le vacanze di
Natale, andai al Conad insieme ai miei genitori e al mio
fratellino Anthony per fare alcune spese.
Non avevo tantissima voglia di andare al Conad, infatti mi
annoiai.
La cosa che preferivo fare era quella di curiosare tra gli
scaffali pieni di cose non solo da mangiare, ma anche di
giochi per il mio computer.
Ecco perché mi piaceva tanto girare tra gli scaffali.
Ad un certo momento la mia mamma mi disse di andare a
prendere l’acqua. Andai nel reparto bottiglie.
Prima di me c’era un ragazzino di undici anni circa che
allungò il braccio per prendere una bottiglietta d’acqua.
Andò dietro a uno scaffale, io lo seguì e vidi questa bottiglietta d’acqua mezza vuota.
Vidi una faccia dietro il muro e chiesi se usciva … e fu così.
Io gli dissi che se mi diceva che era stato lui a bere l’acqua gli davo un cioccolatino e lui rispose che era stato
lui. Lasciai perdere tutto, presi l’acqua e me ne andai da quel reparto.
In un tardo pomeriggio di gennaio, durante le vacanze di
Natale, andai al Conad insieme ai miei genitori e al mio
fratellino Anthony per fare alcune spese.
Ero molto annoiato, ma pensai di comprarmi, già che c’ero,
un pacchetto di caramelle. Quindi, incominciai a girare tra gli
scaffali per vedere dove si trovavano.
Ma, arrivato al reparto dell’acqua vidi, nascosta dietro uno
scaffale, una bottiglietta mezza vuota, senza il tappo.
Mi guardai intorno per vedere se c’era qualcuno, ma non
vidi nessuno all’infuori di una famiglia molto strana che a me
faceva ridere. Era formata da cinque persone: la mamma, il
babbo e i tre figli. Sembrava essere una famiglia ricca perché
erano tutti ben vestiti.
Il primo sguardo mi era caduto sui tre bambini: avevano l’aria da furbetti. Ma non ci feci caso e continuai la
ricerca delle caramelle.
Era una famiglia strana! Avevano persino un carrello per uno! Pensai anche che mettessero nel carrello il
minimo indispensabile perché quando il babbo tirò fuori il borsello, di soldi ce ne erano pochissimi, e una
famiglia ricca, con tutti i soldi che dovrebbe avere, potrebbe comprare l’intero supermercato, invece di
qualche prodotto!
Dopo qualche minuto li rincontrai, ma questa volta riuscii a notare che uno dei bambini teneva in mano
proprio la bottiglietta che avevo visto poco tempo prima. Mi avvicinai a lui e gli chiesi dove aveva preso
quella bottiglietta d’acqua. Lui mi disse che l’aveva portata da casa. Io capii subito che stava mentendo
perché mentre parlava balbettava. Cercavo inutilmente di fargli dire la verità, ma lui teneva duro!
In quel momento un pensiero mi sfiorò la mente: se non fosse stato lui a rubare la bottiglietta, ma un altro, e
che quest’ultimo, non volendo farsi scoprire, l’aveva poi data a lui?
Dissi al bambino questa versione e lui, dopo averla ascoltata con attenzione, rispose che era tutto vero, e che
lui gli aveva retto il gioco per provare l’emozione di avere qualcosa in più nel carrello, anche se quasi finito.
Gli chiesi dove era, e lui indicò un altro bimbo vicino a uno scaffale.
Andai dal bambino e gli chiesi se era stato lui a rubare la bottiglietta. Aveva l’aria da prepotente, ma quando
seppe che era stato scoperto, negò subito senza esitare. Ma poi, dopo qualche minuto, confessò.
Avevo finalmente risolto il mistero della bottiglia scomparsa!
E con mia grande sorpresa, lo scaffale dove avevo trovato il bambino era proprio quello delle…caramelle!
In un tardo pomeriggio di gennaio, durante le vacanze di
Natale, andai al Conad insieme ai miei genitori e al mio
fratellino Anthony per fare alcune spese.
Io non avevo tanta voglia, ma volevo ricomprare il lapis e la
colla che non trovavo più nell’astuccio.
Prendemmo il carrello perché dovevamo comprare l’acqua, e
ci dirigemmo verso quel reparto.
C’era una bottiglia di acqua vuota e c’era un bambino lì vicino.
Gli chiesi se era stato lui a berla, ma mi rispose di no.
Io gli chiesi: - Se ti do qualcosa in cambio, mi dici la verità?
Gli diedi una caramella e lui confessò che era stato lui a bere
l’acqua.
In un tardo pomeriggio di gennaio, durante le vacanze di Natale,
andai al Conad insieme ai miei genitori e al mio fratellino
Anthony per fare alcune spese. Prendemmo un carrello e
iniziammo a guardare quello che si poteva prendere.
Io, mentre rufolavo tra gli scaffali dell’acqua, vidi una
bottiglietta seminascosta e mezza vuota.
Mi girai per un attimo e vidi un uomo muscoloso con un carrello
pieno e sua moglie che aveva il carrello ancora più pieno del
marito.
Avevano un figlio un po’ grassottello e anche lui aveva un
carrello pieno di dolci.
Mi ricordai che quel bimbo l’avevo già visto vicino agli scaffali
dell’acqua e allora mi insospettii.
Il padre, a volte, diceva di posare delle cose, anche se le merci venivano messe a posto un po’ a casaccio: la
verdura negli scaffali della carne, l’acqua nei barattoli di pomodoro e viceversa.
Il bimbo si avvicinò allo scaffale dell’acqua e bevve mezza bottiglietta, poi prese il tappo e si diresse verso i
genitori. Io, però, lo fermai e gli dissi: - Perché prendi i tappi e bevi l’acqua? Lui mi rispose: - I tappi mi servono per giocare a dama con i miei amici e visto che c’ero ho bevuto anche
l’acqua.
In un tardo pomeriggio di gennaio, durante le vacanze
di Natale, andai al Conad insieme ai miei genitori e al
mio fratellino Anthony per fare alcune spese.
Non ne avevo voglia, infatti mi annoiavo.
Mi misi a girovagare fra gli scaffali pieni di roba da
mangiare.
A un certo punto mamma mi disse di andare a
prendere l’acqua.
Così mi avvicinai allo scaffale dell’acqua. Dovetti
aspettare un po’ prima di prendere l’acqua, perché
davanti a me c’era un ragazzo di circa dodici anni e
anche lui stava prendendo dell’acqua.
Quando finalmente toccò a me, prendendo le
bottigliette d’acqua mi accorsi che ne mancava una.
Così mi misi a cercarla.
Stavo per andare a chiamare mamma quando, abbassandomi, vidi una bottiglietta mezza vuota e senza tappo.
Pensai subito che quella fosse la bottiglietta d’acqua che mancava sullo scaffale. Mi misi a riflettere.
Come mai la bottiglietta d’acqua era nascosta? Chi l’aveva nascosta?
Mentre riflettevo mi ricordai che, prima, quel ragazzo che era davanti a me si era abbassato come per legarsi
la scarpa, ma in realtà aveva allungato il braccio come per mettere qualcosa dietro lo scaffale.
Allora mi misi a cercare quel bambino per tutto il supermercato.
Quando lo trovai lui mi guardò con un’aria preoccupata e poi si rigirò facendo finta di non avermi visto.
Allora io mi avvicinai e gli chiesi se era stato lui a bere quell’acqua.
Lui non mi rispose. Così io gli dissi che se non mi diceva la verità io andavo a chiamare i miei genitori.
Alla fine mi disse che era stato lui a bere quell’acqua perché era povero e non poteva comprare niente.
Io gli dissi che non si faceva e me ne andai lasciandolo andare.
In un tardo pomeriggio di gennaio, durante le vacanze di
Natale, andai al Conad insieme ai miei genitori e al mio
fratellino Anthony per fare alcune spese.
Poiché mi annoiavo mi misi a curiosare e notai, tra le corsie,
una famiglia vicino agli scaffali dell’acqua. Ognuno aveva un
carrello carico di oggetti del Conad, ma a vederli non
sembravano tanto ricchi da comprare tutta quella roba.
All’improvviso notai che il padre fece un cenno e, a quel
cenno, tutti e tre i carrelli si svuotarono.
Mi cadde l’occhio sul bambino che stava indicando le
bottiglie. Il padre disse di no e il bambino, con aria furbetta,
se ne andò.
Vidi una bottiglietta seminascosta, mezza vuota, mi venne il
sospetto del bambino e lo chiamai, portandolo nel punto della bottiglietta.
Lo costrinsi a dirmi la verità e lui disse che aveva così tanta sete che aveva bevuto metà bottiglietta d’acqua.
Lo dissi ai suoi genitori che presero la bottiglietta e rimproverarono il bambino portandolo a casa.
In un tardo pomeriggio di gennaio, durante le vacanze di
Natale, andai al Conad in insieme ai miei genitori e al mio
fratellino Anthony per fare spese.
Prendemmo un carrello e andammo tra gli scaffali del
supermercato.
Mi divertivo.
Stavo guardando il banco dei pesci, quando mi cadde
l’occhio su una cosa.
Vidi tra gli scaffali dell’acqua, una bottiglietta d’acqua
mezza vuota che si vedeva a malapena, sembrava che
qualcuno l’avesse bevuta e poi nascosta per non farla
vedere.
Dopo qualche minuto vidi una famiglia di sei persone.
Il babbo era vestito con abiti eleganti, come la moglie e i
figli. Eppure, nei loro carrelli non c’era tanta roba.
Invece, gli altri carrelli erano strapieni di cose che costavano quasi tutte 30 o 40 €.
Un'altra cosa strana era che prendevano poca roba, anche se avevano un carrello ciascuno.
Dopo un po’ i loro carrelli erano strapieni. Vidi però che poco dopo, svuotavano tutti i carrelli.
Chiesi a uno dei bambini se aveva bevuto l acqua della bottiglia. Disse di sì e mi disse che non avevano tanti
soldi, anche se poteva sembrare il contrario perché tutti, nella sua famiglia, avevano ricevuto quei vestiti in
regalo.
Disse anche che gli serviva il tappo per un gioco, e poi aveva sete e i suoi genitori non volevano prendere le
bottigliette d’acqua che piacevano a lui.
In un tardo pomeriggio di gennaio, durante le vacanze di
Natale, andai al Conad insieme ai miei genitori e al mio
fratellino Anthony per fare alcune spese.
Una volta entrati, con il carrello fra le mani, vidi una
famiglia un po’ strana, composta dal padre dalla madre e
dai loro tre figli, ognuno con un carrello.
Mi veniva da ridere perché sembravano persone ricche
che non volevano spendere un soldo.
Mentre il mio babbo e Anthony prendevano lo spumante
e la Coca-Cola e mamma era al banco della gastronomia,
io andai a prendere l’acqua, come mi aveva detto
mamma, e vidi una bottiglia seminascosta dietro uno
scaffale. Mi insospettii.
Mi ricordai che poco prima, erano lì vicino i tre bambini della famiglia strana.
Quindi andai dai tre bambini e chiesi loro:
- Avete bevuto voi la bottiglia d’acqua seminascosta dietro quello scaffale?
Loro mi risposero in coro, piagnucolando: - Sì, l’abbiamo bevuta noi, perché nostro padre non vuole
spendere un centesimo e, visto che avevamo sete, ci ha detto di berla qui.
- Ma la bottiglia è mezza vuota e voi siete in tre! - esclamai.
- Infatti - disse uno di loro - l’abbiamo bevuta un po’ per uno.
In quel momento mamma mi venne a chiamare per andare a pagare.
Salutai i tre bambini della famiglia strana e andai via con mamma.
In un tardo pomeriggio di gennaio, durante le vacanze di
Natale, andai al Conad insieme ai miei genitori e al mio
fratellino Anthony per fare alcune spese. Ero molto
annoiato e mi misi a curiosare fra uno scaffale e l’altro.
Ad un certo punto mi cadde l’occhio su uno scaffale
dell’acqua in una parte isolata dove non ci andava
nessuno, e mi avvicinai.
Vidi una bottiglietta mezza vuota, nascosta in un angolo;
poi, non troppo lontano, vidi un bimbo che si stava
allontanando con un carrello pieno di roba.
Mi chiesi cosa poteva farci con tutta quella roba.
Quel bambino, notai, aveva le labbra bagnate.
Mi insospettii un po’ perché stava sempre nello stesso
punto e, a volte, mi guardava.
Dopo un po’ gli altoparlanti dissero: - Fra un quarto d’ora il negozio chiude!
Il bimbo corse a posare la roba e io lo seguii.
Mise tutte le cose a casaccio, corse più veloce che poteva verso l’uscita, ma io ero più veloce di lui e lo fermai.
Gli chiesi se l’aveva bevuta lui, quell’acqua, rispose di sì e se ne andò.
In un tardo pomeriggio di gennaio, durante le vacanze di
Natale, andai al Conad insieme ai miei genitori e al mio
fratellino Anthony per fare alcune spese.
Mi annoiavo tantissimo e non vedevo l’ora di tornare a casa.
Curiosavo tra gli scaffali, ma non trovavo niente di
interessante.
A un certo punto vidi un ragazzo che sembrava ricco, però
non aveva tante cose nel carrello, quindi pensai subito che
non volevano spendere tanti soldi. Decisi di seguirlo.
A un tratto mi sentii chiamare per nome, perciò non potei
vedere cosa stava facendo quel ragazzo.
Dopo la chiacchierata con i miei genitori andai a cercarlo.
Mentre lo cercavo notai una bottiglia mezza vuota…
Quando vidi il bambino gli dissi: - Hai bevuto tu l’acqua di quella bottiglia? Se mi rispondi ti do un euro!
Lui rispose: - Sì, l’ho bevuto io! - Perché hai bevuto l’acqua invece di comprarla?
- Perché i miei non vogliono spendere tanti soldi.
- Ok, ho capito…
Tornai dai miei genitori che erano alla cassa e io fui felice di tornare a casa.
Un tardo pomeriggio di gennaio, durante le vacanze
di Natale, andai al Conad insieme ai miei genitori e
al mio fratellino Anthony per fare alcune spese.
Entrammo. C’era la solita folla di sempre.
C’inoltrammo lungo gli scaffali: c’erano un sacco di
cose da comprare.
Noi avevamo poche cose da comprare fra cui l’acqua
per la scuola.
Le cose da comprare erano: latte, nesquik, lines,
acqua.
Prima prendemmo il nesquik, poi il lines e il latte,
infine l’acqua.
Ma mentre si cercava la bottiglia giusta, vidi un
bambino abbastanza alto e magro con un’aria molto
furba.
Andai lì da lui e gli domandai: - Cosa hai fatto a quella bottiglia? Perché è mezza vuota?
Il bambino non rispose e cominciò a tremare con aria smarrita.
Allora gli dissi che se non me lo diceva andavo a dirlo ad una cassiera.
Lui pensò e poi disse: - Va bene, lo ammetto, ne ho bevuta un po’ perché avevo un sacco di sete.
Fu così che svelai il mistero della bottiglia.
In un tardo pomeriggio di gennaio, durante le vacanze di Natale,
andai al Conad insieme ai miei genitori e al mio fratellino
Anthony per fare alcune spese.
Entrammo nel supermercato e i miei genitori presero un
carrello a testa.
Mia madre prese alcuni prodotti per la doccia e per i capelli,
invece mio padre prese lo spumante, la coca-cola, la birra e il
vino. A mio padre piace bere queste cose.
Il mio fratellino voleva prendere anche lui un carrello, ma di
quelli piccoli, e cominciò a prendere alcune cose tra i banchi.
Prese un salame, un barattolo di nutella, delle patatine, delle
caramelle e una salsiccia. Io guardavo la mia famiglia che
frugava fra i banchi. Ero molto annoiato. Poi mia madre mi chiamò per andare a prendere una bottiglia di
acqua naturale. Mentre andavo a scegliere la bottiglia vidi una bottiglietta nascosta dietro uno scaffale, mi
guardai attorno e vidi un bambino grassottello e paffutello. Il bambino era con la sua famiglia e aveva un
carrello con molta roba da mangiare. I suoi vestiti non erano un gran che.
Il bambino aveva in mano un tappo di plastica che poi lasciò andare. Il tappo cadde a terra e lui andò a
prendere qualcos’altro. Io raccolsi il tappo, fermai il bambino e gli chiesi se quella bottiglia di acqua fosse sua,
lui rispose di no e io gli chiesi ancora: - Guarda, vedi quella bottiglia nascosta dietro quello scaffale? È per caso
tua? L’ hai bevuta tu?
Il bambino rispose: - Sì, è mia, l’ ho bevuta io.
Io domandai di nuovo: - Ma perché hai bevuto l’acqua?
- Perché avevo molta sete e allora ho bevuto l’acqua naturale. E quindi ho nascosto la bottiglia e ho preso il
tappo perché io faccio la collezione. - Allora non farlo più! - gli dissi io.
Un tardo pomeriggio di gennaio, durante le vacanze
di Natale, andai al Conad insieme ai miei genitori e
al mio fratellino Anthony per fare alcune spese.
Andando su e giù per le corsie vidi un bambino un
po’ cicciottello che poteva avere 11 o 12 anni.
Il suo babbo aveva una giacca bella e nuova e sua
madre aveva un vestito che le arrivava alle
ginocchia.
La roba che compravano
era molta, infatti
portavano sei carrelli. Insomma, avevano l’ aria di
essere ricchi.
Arrivati alla cassa il bambino si lamentò perché
voleva le bottiglie d’acqua piccole.
Io trovai, dietro uno scaffale, una bottiglia seminascosta mezza vuota.
Guardai il bambino e notai che teneva in mano una cosa.
Io gli chiesi: “Cosa hai in mano?”
Lui rispose: “ Non sono affari tuoi!”
Ma alla fine confessò e disse che prendeva i tappi delle bottiglie per finire il suo castello di tappi.
In un tardo pomeriggio di gennaio, durante le vacanze di
Natale, andai al Conad insieme ai miei genitori e al mio
fratellino Anthony per fare alcune spese.
Io mi annoiavo a girare fra gli scaffali.
Ad un certo punto mia mamma mi chiese se andavo a
prendere delle bottigliette d’acqua piccole.
Spostando le sei bottigliette d’acqua da mezzo litro che
dovevo prendere, mi accorsi che dietro c’era una
bottiglietta mezza vuota. Notai che non c’era l’etichetta
attaccata alla bottiglietta. Mentre tornavo dalla mia famiglia
che era nel reparto dei saponi, mi cadde una bottiglietta
dalla confezione. Un signore mi aiutò a raccoglierla. Aveva il
carrello pieno, ma non sembrava un signore che si poteva
permettere tutta quella roba; non era nemmeno tanto utile perché c’erano solo dolciumi, calze per l’Epifania
e giocattoli. Sembrava un poveretto e aveva con sé un bambino che avrà avuto circa dieci o undici anni.
Indossava una tuta che gli stava piccola ed era tutta piena di buchi.
Notai che il bambino aveva la mano chiusa e si vedeva un piccolo pezzettino di plastica. Andai lì e gli chiesi
cosa aveva in mano. Mi rispose che non mi doveva interessare, allora andai a prendere la bottiglietta d’acqua
mezza vuota, gliela mostrai e gli dissi se l’aveva bevuta lui.
Poiché non mi rispondeva, io glielo richiesi per la seconda volta, ma lui continuava a non rispondere. Aspettai
un po’, finalmente mi rispose: disse che l’aveva fatto per i suoi genitori perché avevano pochissimi soldi.
Gli chiesi perché aveva preso l’etichetta e mi rispose che faceva la collezione. Alla fine andò via, ma mi
sembrò strano che i suoi genitori rilasciassero tutta quella roba che avevano messo nel carrello. Ritornai dai
miei genitori e andammo a casa.
In un tardo pomeriggio di gennaio, durante le vacanze di
Natale, andai al Conad insieme ai miei genitori e al mio
fratellino Anthony per fare alcune spese.
Mia mamma e mio papà presero un carrello e Anthony
ci saltò dentro.
Io presi un cestello e mi diressi verso il reparto patatine
e bibite.
Quando arrivai vidi un pacchetto di patatine aperto e
poco dopo una bottiglia di Coca-Cola mezza vuota sotto
lo scaffale.
Nel reparto surgelati che si trovava dietro di me, c’era
un ragazzo che, a occhio e croce, poteva avere 12-13
anni. Gli chiesi: - Sei stato tu a mangiare le patatine?
Lui scappò via misteriosamente.
Io lo seguii e mi condusse da due adulti con i vestiti tutti strappati.
Osservai il loro carrello e vidi una bottiglietta d’acqua e un pacchetto di crackers . Dietro di me apparve mia
mamma che mi trascino via.
Mi disse: - Nicholas, dobbiamo andare alla cassa per pagare e poi dobbiamo scappare a casa a preparare
perché i nonni arrivano stasera.
Io, trascinato da mia mamma verso la cassa, vidi il ragazzo prendere pacchetti di liquirizie che poi rimetteva a
posto.
Non riuscii a vedere altro perché dovevo andare a casa.
In un tardo pomeriggio di gennaio, durante le vacanze
di Natale, andai al Conad insieme ai miei genitori e al
mio fratellino Anthony per fare alcune spese.
Io mi allontanai perché volevo andare nel reparto
bottiglie.
All’improvviso vidi un bambino basso e secco, come se
fosse anoressico.
Vedevo questo bambino con la sua famiglia, che
aveva fatto un bel po’ di spesa.
Io ero molto concentrato sul bambino, perché aveva
un’ aria troppo furba.
Vidi una bottiglia vuota, e vidi una mano che la
teneva.
Io mi avvicinai e, a guardarlo bene, mi accorsi che
aveva un anello d’oro sulla mano. Lui sentì il mio sguardo e scappò. Dieci minuti dopo rividi il bimbo
misterioso e gli dissi: - Scusa,ma quello è un anello d’oro?
Lui rispose: - Scusa, e a te che te ne importa?
Io aggiunsi : - Sì, mi interessa, perché ho visto la tua mano che reggeva una bottiglia mezza vuota.
E lui replicò: - Non è vero! Cosa dici!?
Io risposi: - Sì, è vero, e non mentire, perché mentire non risolve niente.
Lui confessò: - Sì, hai ragione!
Poi si mise accanto ai suoi genitori. Disse che era vero ciò che io avevo notato. Era lui che aveva bevuto
l’acqua. Lo disse ai suoi genitori perché non se lo voleva tenere per sé.
In un tardo pomeriggio di gennaio, durante le vacanze di
Natale, andai al Conad insieme ai miei genitori e al mio
fratellino Anthony per fare alcune spese.
Io vidi una famiglia che aveva un aspetto molto ricco, ma il suo
carrello era senza traccia di cibo.
La famiglia era composta da babbo, mamma e un figlio che
sembrava uno stuzzicadenti da quanto era magro.
Il bambino si dirigeva, come se fosse una spia, verso gli scaffali
dell’acqua.
Io, insospettito, pensai che, visto che nel carrello non avevano
niente, loro non avevano neanche un euro per comprarsi il
cibo, allora lo segui senza farmi notare.
Lui, ogni tanto, guardava gli altri indaffarati nello scegliere il prodotto da acquistare: era meglio il tappeto più
piccolo ma bello, che costava 175.00 €, o quello più grande, ma più economico, che costava 150,00 €?
Lui esclamò: - Ma quanti soldi hanno se ne spendono cosi tanti solo per un tappeto!
Poi proseguì per i corridoi facendo finta di comperare delle cose che avevano un prezzo assurdo.
Secondo me lo faceva per non farsi notare.
Appena fu arrivato agli scaffali dell’acqua vi si nascose dietro e incominciò a bere.
Quando fu uscito gli vidi in mano un bicchiere di plastica della Lego. Mi avvicinai e gli dissi:
- Perché hai preso il bicchiere che puoi prendere solo comprando una serie di bottigliette?
Il bambino: - Io? Un bicchiere? Ma quando mai!
Io: - Non fare il finto tonto! lo so che sei stato tu!
Lui confermò che l’aveva preso perché non poteva comprare niente.
Elaborazione individuale del racconto di Italo Calvino
“Marcovaldo al supermarket”
Un giorno Marcovaldo andò al supermarket con sua
moglie e i suoi quattro bambini.
Presero un carrello ciascuno: uno lui, uno sua moglie e
uno per uno i suoi quattro bambini.
Cominciarono ad andare in giro per il supermercato e
ogni minuto un bambino di Marcovaldo chiedeva: - Lo
prendiamo?
E Marcovaldo: - No, non si tocca è proibito!
Marcovaldo, vedendo tutta la gente con tutti quei
carrelli pieni di ogni bendiddio, sentì un’invidia, un
crepacuore e perse di vista Domitilla, la moglie, e i
bambini. Prese tutto quello che c’era.
La gente si muoveva a ritmo di musica che usciva dagli altoparlanti, e quando una signora allungava il braccio
per prendere qualcosa Marcovaldo faceva lo stesso.
A un certo punto, da una corsia vide un carrello più carico del suo: era sua moglie Domitilla.
Poi arrivarono i suoi quattro figli e tutti guardavano la cassiera.
Fecero dietrofront e scapparono in un buco della parete aperta per lavori in corso.
Marcovaldo e la sua famiglia scapparono sulle travi e videro il lungo braccio di una gru.
Buttarono tutto nelle fauci della gru che si ritirò con tutto il bottino dentro.
Una sera Marcovaldo, sua moglie e i loro quattro figli
andarono al supermarket, ma non avendo soldi volevano
solo divertirsi a guardare gli altri che facevano la spesa.
Entrarono dentro il supermarket e presero un carrello
ciascuno.
Vedevano la gente che si aggirava a ritmo di musica tra gli
scaffali e signore che, venute solo per comprare un po’ di
verdura non sapevano resistere e prendevano barattoli di
pomodori, tessuti …
Marcovaldo, dopo aver detto ai suoi figli di non toccare
niente, cercò di seminarli, e quando ce la fece iniziò ad
imitare le persone: se uno prendeva una scatola di
triangolari formaggini lui lo imitava, così da dare l’impressione di uno che sa scegliere il prodotto.
Quando ormai aveva il carrello pieno pensò di scappare perché sapeva che le cassiere con la loro macchina
calcolatrice aspettavano.
Allora si mise a correre a testa bassa e da un’altra corsia vide spuntare sua moglie Domitilla.
E ancora da altre corsie, spuntavano, uno alla volta, i suoi figli.
Provarono a rimettere a posto la roba, ma posavano una cosa e ne prendevano due.
Passarono, correndo, dentro un buco nel muro e, percorrendo le scale rotanti, si ritrovarono al settimo piano
del supermarket, sopra un’impalcatura.
Videro un’enorme braccio e una bocca senza denti: era una gru.
Marcovaldo e la sua famiglia, uno alla volta rovesciarono la loro spesa nella gru, tutti tristi perché dovevano
rinunciare a tutta quella buona roba senza nemmeno averla assaggiata.
Un tardo pomeriggio, Marcovaldo e la sua famiglia
decisero di andare al supermarket.
La cosa strana fu che quando entrarono nel
supermarket lui e la sua famiglia, composta da sua
moglie Domitilla e i suoi quattro figli, presero un
carrello per uno.
Era strano perché Marcovaldo non aveva un soldo.
Lui raccomandò a sua moglie e ai suoi quattro figli di
non prendere niente.
Ma il bello fu che, morendo d’invidia nel vedere gli
altri riempire i carrelli, Marcovaldo non resistette alla
tentazione di prendere qualcosa per dimostrare a se
stesso di saper scegliere bene il prodotto giusto.
Voleva provare il piacere di portarlo quindici minuti e
poi rimetterlo a posto.
Alla fine, dopo aver fatto zig-zag tra gli scaffali per far perdere le sue tracce, Marcovaldo si gettò a testa bassa
verso la cassa usando il carrello come un ariete perché il supermercato stava chiudendo.
All’improvviso, da alcune corsie spuntò la sua famiglia.
Marcovaldo allora, gridando “indietro” si rifugiò nelle corsie seguito dalla moglie e dai figli.
Andarono su e giù per il supermercato, si ritrovarono all’ultimo piano e, passando attraverso un buco nel
muro, arrivarono su un’impalcatura a circa sette piani d’altezza.
Non avendo più scelta, la famiglia buttò la merce dentro la ganascia di una gru e tutti ritornarono a casa a
mani vuote.
Un tardo pomeriggio, al supermarket, i commessi smisero
di mettere roba sugli scaffali e via, i consumatori corsero a
riempire i carrelli.
Marcovaldo, essendo povero e guadagnando poco di
stipendio (erano tanti in famiglia) decise di andare al
supermarket con la famiglia come fanno tutti la domenica.
Presero il carrello e cominciarono a girare.
I bambini chiedevano: - Lo possiamo comprare babbo?
Marcovaldo rispondeva: - No, è vietato toccare!
C’era lì vicino, una signora che prendeva roba e i bambini
chiesero: - Perché quella donna lo prende?
Marcovaldo girò subito al primo angolo e riempì il
carrello.
Da un’altra corsia vide un altro carrello molto più pieno del suo: era sua moglie Domitilla.
Da un altro angolo ancora vide suo figlio Michelino che spingeva con tutte le sue forze il proprio carrello, e
da altri angoli tutti gli altri suoi figlioli arrivarono insieme con i carrelli stracarichi.
Gli altoparlanti smisero di diffondere la loro canzone allegra e la cassiera disse:
- Attenzione, fra un quarto d’ora il supermarket chiude!
Allora Marcovaldo e la sua famiglia corsero a rimettere la roba a posto, ma uno ne posavano e due ne
prendevano.
Una signora che stava spingendo una carrozzina con un neonato, ci si ritrovò dentro un fiasco di Barbera.
Nel correre su e giù per scappare dal supermarket si infilarono in un buco del muro, si ritrovarono su
un’impalcatura a circa sette piani e videro una gru. Misero i prodotti nella ganascia della gru e se ne andarono
con i carrelli vuoti.
Tutte le mattine al supermarket i commessi si
davano da fare per preparare tutti i prodotti da
mettere in esposizione per l’apertura.
Marcovaldo era povero e lui e la sua famiglia si
divertivano a vedere le persone che compravano
più prodotti possibile.
Così un giorno, Marcovaldo entro al supermarket
e prese un carrello, sua moglie Domitilla ne prese
un altro e così i suoi quattro figli.
Una volta dentro i bambini chiedevano in
continuazione:
- Possiamo comprare questo? E quest’altro?
Ma Marcovaldo rispondeva sempre:
- No no e no, non si tocca!
I bambini si lamentavano: - E perché quelle signore lo prendono?
Era impossibile resistere alla tentazione di riempire il carrello, così Marcovaldo, dopo aver detto alla famiglia
di non prendere nulla, fece perdere le sue tracce girando in una traversa lì vicino.
Si avvicinò a delle caramelle, allungò la mano e le mise nel carrello e così via.
Dopo un po’ che girava Marcovaldo si ritrovò davanti a un grandissimo spazio vuoto, si avvicinò e vide che da
ogni traversa usciva un componente della sua famiglia che spingeva con tutte le sue forze un carrello pieno di
roba. Marcovaldo urlò: - Via via via dalle casse!
Intanto gli altoparlanti diffondevano l’annuncio che il supermarket chiudeva dopo quindici minuti.
Allora Marcovaldo e la sua famiglia si misero a correre per riportare gli oggetti a posto.
Gli oggetti finivano o nei carrelli di altri o al posto sbagliato.
A un certo punto, incrociarono un buco nel muro e ci entrarono dentro.
Arrivarono su un’impalcatura alta sette piani.
Dopo poco sentirono un rumore e videro le fauci di una gru, ci buttarono dentro le loro spese e andarono via
seccati di non aver potuto comprare tutto quel bendiddio.
Un tardo pomeriggio Marcovaldo, insieme alla sua
famiglia, andò al supermarket senza un soldo.
Marcovaldo adorava il supermarket perché ci sono
tanti prodotti da acquistare.
Tutti e sei presero un carrello e di volata entrarono nel
supermarket a prendere la roba.
Marcovaldo voleva portare la roba nel carrello solo
per qualche minuto, ma sentì una sirena sgradevole
per lui: - Affrettarsi alla cassa, il negozio sta per
chiudere. Grazie!
Tutti corsero alla cassa ma Marcovaldo, insieme alla
sua famiglia, corse per tutto il negozio per posare i
prodotti.
Salirono le scale, videro un buco nel muro, ci
passarono attraverso e si ritrovarono di fronte a una bocca gigantesca: la ganascia di una gru.
Gettarono tutto dentro la ganascia e, purtroppo, tornarono a casa senza nessuno di quei buoni prodotti.
Ogni mattina i commessi dispongono i
prodotti sugli scaffali, puliscono e si
sistemano per essere pronti ad aprire il
supermarket.
Nel pomeriggio arrivano i consumatori,
pronti ad azzuffarsi pur di prendere il
prodotto che vogliono.
Proprio uno di quei giorni, Marcovaldo
era in giro con la sua famiglia.
Vedendo tutta quella gente dentro il
supermarket, non resistette e decise di
entrare anche lui insieme a tutta la
famiglia pur non avendo soldi.
Una volta entrati presero un carrello lui,
uno sua moglie e uno ciascuno i suoi
quattro figli e iniziarono a girare per il
supermarket.
Ma dopo un po’, avendo visto tutta la gente che prendeva i prodotti e li metteva nel carrello, uno dei figli di
Marcovaldo gli chiese perché loro non mettevano niente dentro il proprio.
Marcovaldo rispose che per loro era proibito, ma anche lui non ce la faceva più.
Così, senza farsi accorgere dalla famiglia, iniziò ad andare in giro per il supermarket a prendere i prodotti e
metterli nel carrello. Gli altoparlanti diffondevano una musichetta allegra e tutti prendevano i prodotti a ritmo
di musica.
Marcovaldo però, non si accorse che si stava addentrando sempre di più in reparti meno frequentati con
prodotti dai nomi sempre meno decifrabili. A un certo punto arrivò in un ampio spazio dove convergevano
tutte le corsie, illuminato da luci a neon.
Il carrello di Marcovaldo, nel frattempo, si era riempito, ma da una corsia spuntò un carrello ancora più pieno
del suo e quella che lo trascinava era sua moglie Domitilla.
Ad un certo punto, da quattro diverse corsie spuntarono quattro carrelli, anche quelli strapieni e, questa volta,
quelli che li spingevano erano i figli di Marcovaldo. Appena li vide, iniziò a scappare nonostante gli stessero
alle calcagna.
Nel frattempo l’altoparlante aveva smesso di diffondere la musichetta e le commesse stavano iniziando a dire
ai consumatori di sbrigarsi perché dopo un quarto d’ora il supermarket avrebbe chiuso.
Marcovaldo e la sua famiglia ne approfittarono per rimettere i prodotti sugli scaffali, anche se li rimettevano
un po’ come capitava: una bottiglia di vino l’ avevano messa persino nella carrozzina di un neonato di una
signora lì vicino!
Ma per loro era impossibile perché appena posavano un prodotto ne prendevano un altro, così finirono per
riavere il carrello pieno.
Il supermarket ormai stava chiudendo e, vista un’apertura nel muro, ci entrarono dentro ritrovandosi su
un’impalcatura a circa sette piani d’altezza.
Videro una gru e buttarono i prodotti dentro la ganascia, rimanendo così con il carrello vuoto.
Per tutto il giorno i produttori nelle fabbriche producevano le
merci, ma ad un certo punto le fabbriche smettevano di produrre
e nei supermarket iniziava a entrare la folla di consumatori.
Quando erano entrati tutti c’era un tale chiasso che non si capiva
più nulla: le persone prendevano delle cose e le posavano, poi le
riprendevano e se le strappavano di mano. Ad un certo punto, in
uno di questi supermercati entrò Marcovaldo con sua moglie
Domitilla e i suoi quattro figli. Marcovaldo prese un carrello, poi
lo prese anche Domitilla e uno ciascuno i suoi quattro figli.
Marcovaldo e famiglia erano poveri, volevano solo assaporare il
gusto di guardare tutte quelle merci “farsi comprare”. Marcovaldo iniziò a fare il giro con la sua famiglia.
I figli a volte chiedevano al papà: - Si può prendere questo?
Ma il papà rispondeva: - No, non si può, è proibito!
Per un po’ Marcovaldo resistette alla tentazione di non prendere le cose, ma dopo non ce la fece più e
cominciò a scegliere qualche prodotto.
La famiglia si separò e Marcovaldo ne approfittò per riempire il carrello con un sacco di roba.
Quando qualcuno prendeva una cosa, Marcovaldo lo imitava e prendeva la stessa cosa.
Quando però vide la cassa, Marcovaldo si mise a correre a testa bassa e si scontrò con un carrello più pieno
del suo: lo spingeva sua moglie Domitilla. Da un’altra corsia arrivò uno dei suoi figli, anche lui con un carrello
pieno, e da altre parti venivano gli altri figli di Marcovaldo, tutti con i carrelli pieni.
Marcovaldo disse alla famiglia: - Lontani dalla cassa, qui ci chiedono un conto da un milione di lire!
Scapparono tutti mentre l’altoparlante diceva: - Tra quindici minuti il supermarket chiude!
Marcovaldo cercò di posare la merce, ma posava una cosa e ne prendeva due.
Nel correre videro un buco nel muro e ci entrarono. Si ritrovarono sopra un’impalcatura al settimo piano.
Videro una gru e buttarono la merce nella ganascia. Poi, tristi e sconsolati, se ne andarono a mani vuote.
Marcovaldo, sua moglie Domitilla e i loro quattro figli, in un
tardo pomeriggio andarono al supermarket. Presero un
carrello per uno. Anche se non avevano soldi per comprare,
il loro divertimento era vedere gli altri consumare.
“Consumate!” gridavano le commesse del supermarket, e i
bambini di Marcovaldo chiedevano ogni minuto qualcosa e
lui diceva: - No, è proibito!
Era anche vero che puoi aspettare fino a un certo punto, poi
ti viene un’invidia, un crepacuore. Marcovaldo si sottrasse
alla vista della famiglia e iniziò a prendere degli oggetti.
Voleva solo provare la sensazione di portare qualcosa nel
suo carrello, ma a forza di prendere e prendere, il suo carrello diventò il più colmo di tutti.
A un certo punto le corsie finivano e lì era tutto vuoto e deserto: in fondo c’era la cassa.
All’improvviso arrivò un carrello più colmo del suo e lo spingeva sua moglie Domitilla.
Lì era il punto dove tutte le corsie si univano e da ogni corsia spuntava un figlio di Marcovaldo.
A un certo punto una commessa disse:
- Il supermarket sta per chiudere, affrettarsi alla cassa!
In quel momento una folla inferocita si affrettò alla cassa.
Marcovaldo e la sua famiglia cercarono di mettere tutto a posto, me se mettevano una cosa a posto, ne
avevano un’altra in mano, quindi dalla paura si infiltrarono in una parte del supermarket in ristrutturazione e
si ritrovarono su un’impalcatura.
All’improvviso una gru si alzò e aprì la sua bocca. Marcovaldo approfittò per mettere tutta la merce nelle
zanne della gru e così fece anche il resto della famiglia. Poi tornarono a casa.
Alle sei di sera la produzione smetteva e
tutte le persone si buttavano a
consumare nei grandi supermarket.
Iniziava così una grande baraonda.
Tutte le signore in fila per entrare si
spingevano e si tiravano gomitate nelle
costole per farsi spazio.
Nel supermarket c’era parecchia
confusione: altoparlanti che dicevano
“consumate” e così le commesse dei
banchi a farsi in quattro per servire tutte
quelle signore che per decidere cosa
comprare lasciavano la mano dei propri
figli che poi si perdevano in tutta quella
confusione.
Proprio una di quelle sere Marcovaldo
portò la sua famiglia a spasso al
supermarket.
Visto che loro erano poveri il loro spasso era guardare tutte quelle signore fare spese.
Secondo Marcovaldo se si va nei posti dove circola il denaro, chi ne è senza spera di ritrovarsene un po’ nelle
tasche. Così, vedendo tutte quelle signore prendere quelli che secondo lui erano dei cesti con le ruote, ne
presero uno lui, uno sua moglie Domitilla e uno ognuno dei suoi quattro figli.
Uno dietro l’altro, come in processione, entrarono nel supermarket.
Marcovaldo non intendeva comprare nulla, ma i bambini continuavano a chiedere:
- Possiamo comprarlo questo?
E Marcovaldo rispondeva: - No! È proibito!
Dopo un po’ di tempo che erano nel supermarket Marcovaldo non seppe più resistere alla tentazione di
prendere i prodotti sugli scaffali.
Allora, dopo aver raccomandato alla famiglia di non prendere nulla, si allontanò.
Quando fu fuori dalla vista della famiglia iniziò a prendere tutti i prodotti più strani del mondo e con i nomi
sempre più illeggibili.
Dopo un po’ che girava con il carrello carico si ritrovò in una specie di atrio.
Quando vide spuntare da ogni corsia ognuno dei suoi figli insieme a Domitilla con i carrelli carichi di roba, si
accorse che tutti avevano avuto la stessa idea.
Ad un tratto gli altoparlanti dissero: “Tra un quarto d’ora il supermarket chiude! Affrettarsi alle cassa!”
Allora Marcovaldo, in preda al panico, insieme alla famiglia si diresse verso gli scaffali degli altri reparti per
posare la roba, ma più la posavano più i loro carrelli si riempivano.
Così Marcovaldo salì al piano di sopra per cercare di lasciare lì la merce perché sapeva che altrimenti avrebbe
dovuto pagare tutta quella roba.
Correndo su e giù per il supermarket Marcovaldo vide un buco nel muro: stavano facendo dei lavori.
Allora, per scappare alla cassiera, entrò in quel buco.
Quando finalmente vide la luce, si rese conto che erano finiti su un’impalcatura all’altezza di una casa di sette
piani.
Ad un tratto sentì un cigolio, si girò e vide le enormi fauci di una gru aprirsi davanti a loro.
Così prese il carico e lo gettò nelle fauci della gru, imitato da tutta la sua famiglia.
Erano salvi.
Ogni giorno nei negozi arrivavano
mucchi di oggetti e di cibo.
Appena i negozi aprivano le porte,
tantissime persone entravano e si
spingevano l’un l’altra incantate
dai salami rossi e dai piatti di
porcellana che arrivavano fino al
soffitto.
Appena i negozi aprivano, le
persone prendevano subito tutto
in pacchettini, pacchetti e pacchi.
Anche
Marcovaldo
avrebbe
voluto fare spese, ma il suo
stipendio era poco e aveva rate e
debiti da pagare.
Un giorno con la sua famiglia uscì
a passeggio verso le cinque del
pomeriggio per prendersi lo
spasso di guardare gli altri che
compravano.
Entrarono, comunque, nel supermarket e presero un carrello lui, uno sua moglie e uno ciascuno i suoi quattro
figli.
Nel supermarket era tutto uno spingi spingi, e i figli lasciati per mano, si perdevano e piangevano.
Ogni minuto uno dei suoi figli chiedeva: - Possiamo prendere quello?
Marcovaldo: - No, è proibito!
I figli: - Allora perché quella signora lo prende?
Dopo aver raccomandato alla famiglia di non prendere niente, Marcovaldo si nascose alla loro vista, prese un
barattolo di datteri e lo mise dentro al carrello insieme a tanta altra roba.
Dopo un po’ aveva il carrello pieno come un vagone merci.
Andò sempre in posti meno frequentati tra barattoli dove non si capiva che cosa c’era dentro.
Vide la cassa, e il primo istinto fu di andare come un vagone a testa in giù prima che suonasse l’allarme.
Vide, però, un carrello ancora più pieno del suo e lo spingeva sua moglie Domitilla.
Era quello un punto in cui tante corsie si univano. Vide anche i suoi figli Michelino e Filippetto.
Da ogni corsia usciva un figlio di Marcovaldo e tutti avevano il loro carrello bello pieno.
L’altoparlante disse: - Il supermarket chiuderà tra 15 minuti, affrettatevi ad andare alle casse!
Marcovaldo e la famiglia misero a posto le cose, ma le restituzioni avvenivano a casaccio, e più i carrelli si
svuotavano più tornavano a riempirsi.
Marcovaldo vide che c’erano dei lavori per un ampliamento del supermarket e trovò un buco nel muro.
Ci entrò dentro e la famiglia lo seguì.
Sotto di loro c’erano travi di legno.
Ad un certo punto videro una luce.
Si vedeva tutta la città di sotto.
Videro un’enorme bocca di metallo con i denti: era una gru.
Marcovaldo ci buttò tutta la roba, e la famiglia fece lo stesso.
In un tardo pomeriggio Marcovaldo, sua moglie
Domitilla e i suoi quattro figli andarono al supermarket.
Non potendo comprar niente, Marcovaldo e la sua
famiglia guardavano delle buone signore, entrate per
prendere solo due carote e un sedano, buttarsi per
prendere l’ultima scatola di alici sott’olio.
Marcovaldo non resisteva a vedere le altre persone
comprare prosciutto, uova, pesce e altre cose saporite,
a ritmo di musichette allegre, diffuse da altoparlanti,
così lui, sua moglie e i quattro figli presero un carrello
ciascuno ed entrarono nel supermarket.
Marcovaldo raccomandò alla famiglia:
- Non toccate niente e, soprattutto, non prendete
niente, d’accordo?
Domitilla e i suoi bambini annuirono in silenzio.
Marcovaldo cercò di far perdere le sue tracce in modo che nessuno della famiglia lo seguisse.
Una volta allontanato dalla famiglia, iniziò a riempire il carrello di buona merce e andò dalle corsie più
frequentate a quelle meno affollate. Si ritrovò in una specie di atrio in cui sboccavano tutte le corsie del
supermarket.
Dalla corsia di fronte a quella di Marcovaldo sbucò sua moglie e da ogni sbocco uscì un suo bambino.
Michelino disse contento: - Babbo, ma allora siamo ricchi!!!!
- Lontani dalla cassa! - urlò Marcovaldo.
Iniziò una corsa per rimettere le cose a posto, anche se un po’ a casaccio. Così, la spazzola per capelli finiva nel
pesce, la carta moschicida in mezzo agli ovini Kinder. Ma posavano una cosa e ne prendevano due, e i carrelli
non si svuotavano mai. Correndo alla cieca entrarono dentro un buco nel muro e, in bilico su di un’asse, videro
alzarsi una gru che spalancò le fauci.
Marcovaldo e la sua famiglia ne approfittarono per buttare il bottino nella ganascia della gru, però tornarono
a casa tristi per non avere potuto gustare quella buona merce.
Marcovaldo, sua moglie e i suoi quattro figli, un giorno
andarono al supermarket a fare la spesa e cominciarono a
girare qua e là per il negozio con i carrelli in mano.
Non avendo soldi, erano felici di vedere gli altri
consumatori che riempivano i carrelli di ogni genere di
cose. Girando e girando facevano cascare un po’ di tutto in
quei carrelli.
Marcovaldo e la sua famiglia erano un pochino invidiosi di
vedere gli altri che compravano tante cose.
Correndo tra gli scomparti i figli di Marcovaldo gli
chiedevano:
- Possiamo prendere questo? - e lo toccavano.
Marcovaldo diceva: - No, non si tocca!
Marcovaldo andò in un altro reparto e vide un buco nel muro, chiamò i figli e la moglie e disse:
- Possiamo uscire da qui entrando in questo buco.
La moglie rispose: - Sì!
Uscirono e videro una gru. Gettarono la spesa nella ganascia della gru e andarono via.
Marcovaldo andò al supermarket con sua moglie Domitilla e i
suoi quattro bimbi. Si divertivano a vedere i salami rossi
appesi dietro la vetrina o i piatti di porcellana messi uno
sopra l’altro fino al soffitto.
Lo svago d Marcovaldo e della sua famiglia era di vedere gli
altri acquistare la roba, ma un giorno volle entrare nel
supermarket per imitare gli altri consumatori, però senza
l’intenzione di comprare.
Marcovaldo prese un carrello lui, uno sua moglie e uno
ciascuno i suoi quattro figli.
La gente sperava di non finire i soldi portati dietro, ma
Marcovaldo, dato lo stipendio basso e le rate e i debiti,
restava sempre senza soldi. Marcovaldo e la sua famiglia giravano per gli scaffali.
A un certo punto uno dei suoi piccoli, guardando una signora che prendeva una scatola di datteri, disse:
- Papà, possiamo prendere questo?
Marcovaldo rispose: - Scordatelo! – e si allontanò.
A Marcovaldo venne invidia nel vedere la gente acquistare o mettere nel carrello la roba e quindi, dopo aver
avvisato la famiglia di non toccare niente, fece perdere le sue tracce girando in una traversa.
Per provare l’ebbrezza di tenere un oggetto nel carrello, prese un pacco di pasta, una bottiglia di champagne e
un litro di detersivo, e alla fine aveva riempito il carrello. Andò a nascondersi nei luoghi meno frequentati dove
tutti i prodotti erano in scatoloni e non si capiva bene che cos’erano.
Ad un certo punto, da una parte vide arrivare un carrello ancora più pieno: era sua moglie Domitilla; e da altre
parti, sempre con carrelli pieni, arrivarono i suoi quattro figli.
Marcovaldo disse: - Ci chiederanno un conto da tanti soldi!
Gli altoparlanti gracchiarono: - Fra un quarto d’ora il supermarket chiude!
Marcovaldo corse a posare la roba e così fece la sua famiglia.
Ma i loro carrelli più si svuotavano e più cose si vedevano dentro.
Ad un tratto, Marcovaldo vide un grosso buco nel muro e con tutta la famiglia ci si infilò.
Capitarono su dei grossi soppalchi, alti come case a sette piani, e davanti a loro c’era una grande gru.
Marcovaldo urlò alla sua famiglia: - Lasciate perdere i carrelli!
La gru ingoiò tutta la roba e Marcovaldo e la sua famiglia rientrarono nel supermarket e se ne andarono via.
Un giorno Marcovaldo portò sua moglie Domitilla e i suoi
quattro figli al supermarket. Presero un carrello ciascuno ed
entrarono. Una volta dentro videro una marea di persone
che faceva avanti e indietro lungo i corridoi.
La gente, anche se doveva prendere poche cose, presa dalla
voglia metteva nel carrello anche cose che non servivano.
Marcovaldo, assalito dall’ invidia, prese più cose che poteva
e, una volta giunto alla cassa, il suo primo istinto fu di
correre a testa bassa prima che la cassiera facesse scattare
l’allarme. Incontrò sua moglie e i suoi quattro figli che
arrivavano con i carrelli carichi.
La musica smise di suonare e gli altoparlanti annunciarono
che il negozio stava per chiudere. Tutti cominciarono a
correre scalmanati su e giù per il negozio come se stesse chiudendo l’ultimo negozio del mondo.
Allora Marcovaldo e la sua famiglia entrarono in un buco nel muro e si ritrovarono su un’impalcatura.
Videro una gru, versarono il bottino nella ganascia della gru e uscirono.
Marcovaldo andò al supermarket con la sua famiglia.
Presero un carrello ciascuno.
Dentro, i consumatori già rufolavano fra gli scaffali.
Marcovaldo voleva comprare qualcosa però non aveva
soldi, allora ebbe una brillante idea: provare il piacere di
scegliere il prodotto e poi rimetterlo a posto.
Andava prendendo tutto quello che gli capitava sotto gli
occhi, ma guai se la famiglia lo vedeva, si sarebbe
scatenato il caos.
I suoi passi lo portarono nei posti meno frequentati.
Vide, a un certo punto, un carrello spinto da sua moglie
Domitilla, e ancora dietro, i suoi quattro figli con i loro
carrelli strapieni. “Fra un quarto d’ora il supermarket
chiude!” gridava l’altoparlante. Era l’ora di mettere a posto la roba.
Mentre andavano mettendo la roba a posto un grappolo di banane capitò sotto i loro occhi e Marcovaldo lo
prese. Così facendo i loro carrelli si riempivano sempre più mentre tentavano di svuotarli.
Il supermarket era ormai chiuso e i dipendenti se ne andavano facendo finta di niente.
Marcovaldo e la sua famiglia passarono attraverso un buco nel muro sulle assi di un’impalcatura all’altezza di
sette piani. Una bocca di una gru si alzò al settimo piano, cioè dove erano loro.
Marcovaldo disse alla famiglia di buttare tutto dentro la gru.
Così si liberarono della merce che non potevano acquistare.
Un pomeriggio Marcovaldo e la sua famiglia si stavano
annoiando e allora decisero di andare un po’ a spasso,
ma dove?
Michelino, uno dei suoi figli, propose di andare al
supermarket.
- Va bene! - disse in coro la famiglia.
Arrivati al supermarket presero un carrello ciascuno e
quando stavano per entrare… - Ah! - sospirò tutta la
famiglia.
- C’è tantissima gente! - esclamò la moglie.
A bocca aperta, la famiglia entrò nell’immenso
supermarket.
Marcovaldo si avviò fra i corridoi degli scaffali spingendo
il carrello. Imitava altre persone: se una signora prendeva una scatoletta di tonno lui faceva lo stesso.
Una signora, nella distrazione, scambiò una carrozzina di un neonato per un carrello e ci mise dentro un fiasco
di vino.
Marcovaldo e la sua famiglia continuarono a riempire i carrelli di vari alimenti e ascoltavano le canzoncine con
allegria. Si fermarono quando sentirono un altoparlante che diceva:
- Attenzione, il supermarket sta per chiudere!
La gente si sbrigò a rimettere tutto a posto.
Marcovaldo salì su una impalcatura del supermarket per prolungare il tempo.
Trovò una gru e ci buttò tutta la spesa che aveva fatto.
Anche la sua famiglia fece lo stesso e rimasero senza niente.
Un tardo pomeriggio, Marcovaldo andò al supermarket
insieme a sua moglie Domitilla e ai suoi quattro figli.
Passavano da quelle parti e si fermarono per guardare la
gente che consumava. Poi entrarono nel supermarket e
presero sei carrelli, uno ciascuno. Sì aggirarono fra i banchi,
forse per acquistare qualcosa che poi bisognava pagare.
Alcune persone prendevano i prodotti o del cibo che non gli
serviva.
Marcovaldo e la sua famiglia si divertivano a prendere cose
dagli scaffali. Dopo qualche ora avevano i carrelli pieni di
roba.
Michelino disse: - Babbo, ne avremo da mangiare, vero?
Basterà per un anno intero!
-Sì, Michelino, ne avremo da mangiare per un anno!
Tutta la famiglia era contenta e non vedeva l’ora di tornare a casa a scaricare tutta la merce.
Dopo qualche minuto scattò l’altoparlante e disse:
- Fra poco il supermarket chiude, avete quindici minuti di tempo per affrettarvi alla cassa, grazie!
Allora Marcovaldo e la sua famiglia si affrettarono per uscire dal supermarket, ma dovevano posare un po’ di
roba.
Dovevano andare via, quindi salirono su un’impalcatura a sette piani passando da un buco nel muro perché
c’erano lavori in corso. Videro una gru che veniva verso di loro.
Versarono il bottino dentro la bocca della gru e tornarono a casa a mani vuote, delusi per non aver potuto
gustare quel bottino.
In un tardo pomeriggio, Marcovaldo portò la sua famiglia al
supermarket. Arrivati al supermarket, essendo senza soldi,
Marcovaldo prese un carrello, imitato da sua moglie
Domitilla e dai sui quattro figli.
Entrati, i suoi figli chiedevano qualcosa ogni minuto e
Marcovaldo rispondeva: - No, non toccare!!!
Un po’ si può resistere a guardare gli altri, ma poi ti viene la
smania di prendere le cose.
Così Marcovaldo fece sparire le sue tracce cambiando
direzione continuamente e mettendo ogni cosa che lo
incuriosiva dentro il suo carrello.
Quando finì il giro si trovò davanti alla cassiera nello spazio
tra le casse e gli scaffali. Da una corsia apparvero i suoi figli e sua moglie con i carrelli pieni più del suo.
Uno dei suoi figli esclamò:
- Papà, ma allora siamo ricchi !?
Marcovaldo scappò tra le corsie e la sua famiglia lo seguì.
A tutte le uscite possibili c’era una cassiera.
La famiglia di Marcovaldo salì sulle scale mobili e trovò i lavori in corso.
C’era un buco nel muro e ci passarono attraverso.
Marcovaldo e la sua famiglia si ritrovarono su un’impalcatura alta come un palazzo di circa sette piani.
L’impalcatura tremava sotto il loro peso.
Marcovaldo buttò i prodotti nella ganascia della gru e la famiglia lo imitò.
Ritornarono a casa tristi e a mani vuote.
Una sera, Marcovaldo e la sua famiglia si diressero verso
il supermarket. Quando entrarono ognuno di loro prese
un carrello e, vedendo vecchiette comprare prosciutti che
pesavano 5 kg, venne voglia anche a loro di comprare
qualcosa.
Cosi Filippetto disse: - Papà,posso prendere questo?
- No Filipetto, è proibito! - rispose Marcovaldo.
- Ma quella signora lo prende! - disse frignando Filippetto.
Intanto, mentre si addentravano nel supermarket,
Marcovaldo prese una curva e la famiglia non lo vide più.
Voleva seguire le altre persone per imitarle.
Cosi sfrecciava nei reparti di tutti i tipi prendendo anche
lui prodotti in ogni reparto, finché arrivò nei reparti dai
nomi sconosciuti e indecifrabili.
Vide lattuga, ma non era sicuro se fosse lattuga per bruchi della lattuga o semi per attirare gli uccelli che
mangiano quei bruchi. Comunque Marcovaldo ne prese un paio per sicurezza.
Ad un tratto però, in fondo al reparto vide la cassa: lì si univano tutti i reparti e da ogni reparto usciva un figlio
di Marcovaldo con un carrello pieno di cose di tutti i tipi.
Marcovaldo esclamò: - Lontani dalla cassa!
Mentre scappavano per il supermarket trovarono un buco nel muro, ci entrarono e dall’ombra uscì una
gigantesca bocca: era la ganascia di una gru. Ci gettarono tutto e si allontanarono verso il basso.
Un tardo pomeriggio Marcovaldo andò al supermarket con
la sua famiglia e, passeggiando, osservava i consumatori.
Entrò al supermarket e prese un carrello lui, uno sua moglie
Domitilla, e quattro carrelli i suoi quattro figli.
Michelino disse: - Papà, possiamo comprare qualcosa?
Marcovaldo rispose: - No, guardiamoli e basta.
Poi ognuno andò in una corsia. Marcovaldo non resistette
alla tentazione e così buttò nel carrello un po’ di tutto,
perché voleva provare la sensazione di comprare qualcosa
come ogni persona nel supermarket.
Gli altoparlanti emettevano una canzoncina allegra.
Ma dopo un po’ annunciarono: - Attenzione! Fra un quarto
d’ora il supermarket chiude, sbrigarsi alla cassa!
Allora Marcovaldo, a testa bassa, si diresse alla cassa dove
c’erano un sacco di persone, poi vide sua moglie con un sacco di roba nel carrello e suo figlio Michelino che
spingeva il proprio carrello con forza.
Michelino disse: - Papà, in tutto la roba costerà un milione di euro!
Marcovaldo rispose: -Via!!!
C’era una signora che al posto del carrello aveva un passeggino con un bebè dentro. Ci infilarono un fiasco di
vino.
Marcovaldo rimetteva la roba a posto, ma ne prendeva altra.
Siccome a ogni piano c’era una cassiera, alla fine Marcovaldo trovò un buco nel muro e ci entrò con tutta la
sua famiglia. Salirono su un’impalcatura a circa sette piani.
C’erano lavori in corso, ma a una cert’ora i lavoratori smettevano di lavorare.
Marcovaldo, nel buio, vide una gru che gli veniva incontro, così buttò quel bottino nella bocca della gru.
Alla fine tornarono a casa a mani vuote.
In un tardo pomeriggio Marcovaldo stava
facendo un giro per la città con la sua
famiglia.
A quell’ora la folla sembrava impazzita:
correva in tutti i negozi per comprare
articoli appena usciti e, una volta dentro, le
persone
non
resistevano,
quindi
compravano ancora quasi tutti gli articoli
più belli.
Marcovaldo pensò una cosa: andare a fare
un giro nel supermarket per avere la
sensazione di acquistare dei prodotti che
non si potevano permettere, perché erano
tanti in famiglia e lo stipendio che prendeva
se ne andava appena percepito per pagare
debiti e rate.
Appena
entrati
nel
supermercato,
Marcovaldo, sua moglie Domitilla e i loro quattro figli presero un carrello vuoto e cominciarono a girare per
tutto il supermarket.
Marcovaldo cercava di seminare la sua famiglia per avere la sensazione di mettere qualche prodotto nel
carrello. Quando li ebbe seminati cominciò a prendere un prodotto ogni due passi.
L’altoparlante diffondeva musichette allegre, e tutti i clienti prendevano e scambiavano i prodotti a ritmo di
musica. Lui cercava di imitarli. Quando arrivò al centro del supermarket, vide spuntare da dietro gli scaffali un
carrello pieno il doppio del suo. Indovinate chi lo guidava? Era sua moglie Domitilla.
Poi, da dietro gli altri scaffali, spuntarono tutti e quattro i suoi figli con i carrelli pieni zeppi di prodotti uno
diverso dall’altro. Michelino disse: - Papà, ma siamo ricchi!!!?
Marcovaldo: - No!!! Allontanatevi dalla cassa!!!
E l’altoparlante esclamò: - Tra quindici minuti il supermarket chiuderà!!!!
In quel momento scoppiò un caos tremendo e tutte le persone non sapevano se finire la spesa o se lasciare
tutto lì. Una vecchia signora, nel caos, scambiò il carrello con un passeggino con dentro un neonato e ci mise
un fiasco di vino.
Allora Marcovaldo e la sua famiglia cominciarono a rimettere a posto i prodotti, ma posandone uno ne
prendevano altri due: non finivano più.
L’altoparlante incalzava: - Tra cinque minuti il supermarket chiuderà!
La famiglia di Marcovaldo era l’unica rimasta dentro.
A un lato del supermarket c’erano dei lavori in corso per un ampliamento del negozio.
Non sapendo cosa fare, Marcovaldo s’infilò in un buco nel muro seguito dalla famiglia.
enza sapere dove andavano si ritrovarono sopra una impalcatura all’altezza di sette piani.
Michelino disse: - Papà, ho paura!!
Fu in quel momento che scorsero una gru e versarono tutta la spesa nella ganascia.
Modello condiviso di scrittura
“La bottiglietta nascosta”
(testo d’appoggio: Marcovaldo al supermarket)
In un tardo pomeriggio di gennaio, durante le vacanze di Natale, andai al Conad insieme ai miei genitori e al
mio fratellino Anthony per fare alcune spese.
Io non avevo tanta voglia di andarci, ma pensai che potesse essere l’occasione per comprarmi una gomma,
qualche quaderno e una penna che avevo perso a scuola e non avevo più ritrovato.
Il supermercato non era molto affollato.
Prendemmo un carrello e cominciammo a girare tra gli scaffali per scegliere i prodotti da acquistare.
Ero annoiato e non vedevo l’ora di andare a casa, ma mentre curiosavo tra gli scaffali dell’acqua, notai una
bottiglietta seminascosta dietro uno di essi. La bottiglietta era mezza vuota e aperta.
Mi guardai intorno e vidi una signora con un carrello pieno di roba. Accanto a lei, un signore alto e robusto,
sicuramente il marito, reggeva un carrello altrettanto pieno. Con loro c’era anche un bambino. Poteva avere
tra i 10 e i 12 anni. Era grassottello e aveva l’aria piuttosto “furbetta”. Anche lui aveva un carrello pieno di
merce, soprattutto dolciumi, giocattoli e una collezione di calze della Befana. Insomma, erano in tre e avevano
riempito tre carrelli di ogni “bendiddio”.
A guardarli non sembravano persone che avessero soldi sufficienti per acquistare tutta quella merce: erano
vestiti miseramente e avevano tutti e tre un’aria molto trasandata.
La signora indossava un cappotto vecchio e logoro, il marito un giaccone sgualcito e pieno di macchie e il
bambino una tuta da ginnastica strappata ai polsi e troppo piccola per lui. Anche le loro scarpe apparivano
vecchie e consumate.
Mi domandai se avessero i soldi per pagare tutta quella roba e continuai a osservarli sempre più incuriosito.
Notai allora che si guardavano tra loro e poi guardavano dentro i loro carrelli con aria triste e rassegnata.
A un cenno del babbo iniziarono a togliere dal carrello i prodotti che avevano preso e a rimetterli sugli scaffali
“un po’ a casaccio”. Nella fretta di disfarsene il detersivo finiva sul banco della verdura, la scatola dei
cioccolatini in mezzo alle confezioni di mortadella, le bottiglie di vino infilate tra quelle dell’acqua.
Poveretti! Mi facevano ridere, ma anche un po’ pena. Forse avevano voluto “soltanto provare il piacere” di
scegliere il prodotto e portare in giro quelle buone cose per pochi minuti.
Sapendo di non avere i soldi per comprarli, avevano pensato fin dall’inizio di rimetterli a posto.
Infatti, continuarono a togliere gli oggetti dai carrelli e a riporli negli scaffali finché restarono soltanto poche
cose che furono riunite in un solo carrello: un filone di pane, una confezione di spaghetti, un barattolo di
pomodori pelati, un cartone di latte, una saponetta, un flacone di detersivo, un sapone per lavare i piatti e una
confezione di bottiglie d’acqua grandi.
Si avviarono verso la cassa, ma il bambino cominciò a fare capricci e a chiedere di sostituire la confezione delle
bottiglie grandi con quella delle bottiglie piccole.
I genitori lo guardarono con aria stupita mentre lui si dirigeva verso gli scaffali dell’acqua deciso a fare la
sostituzione. Questo mi insospettì. Perché il bambino voleva la bottigliette piccole?
Guardai di nuovo verso lo scaffale dove era nascosta la bottiglietta piccola e mezza vuota.
Poi guardai il bambino che insisteva per avere quelle bottigliette.
Notai che teneva la mano chiusa a pugno. Mi avvicinai e gli chiesi: - Cosa nascondi nella mano?
- A te che te ne importa? - mi rispose lui con diffidenza.
- M’importa, perché secondo me tu nascondi nella mano il tappo della bottiglietta d’acqua mezza vuota che è
dietro a quello scaffale - risposi io indicando in quella direzione, e continuai: - L’hai aperta, hai preso il tappo e
già che c’eri, ne hai bevuta un po’, poi l’hai lasciata lì per non pagarla!
Il bambino, allora, cominciò a piangere, confessò di avere davvero bevuto l’acqua e disse che voleva i tappi
per fare un gioco con i suoi amici.
DIARIO DI BORDO
(Palma Prisco)
Marzo – Aprile 2014
 Si sceglie una seconda annotazione, quella di Sara, che aveva ottenuto parecchie
preferenze: “Quando la sera rientro a casa dalla visita a parenti e amici, vedo sempre
una signora che mi guarda male dalla finestra”.
 Si ricostruisce la situazione comunicativa (quando, dove, chi, cosa, come, perché…).
 Si formulano ipotesi in seguito a domande-stimolo (Perché la signora guarda male?
Davvero guarda male o è soltanto seria? Che espressione ha la signora? È giovane o
anziana? Vive sola o no? Ha parenti? Qualcuno la va a trovare?).
 S’inventano alcuni incipit.
 La maestra legge due brevi brani tratti dai seguenti testi:
- Luigi Bartolini, “La pettegola” ed. Cappelli in: ESPERIENZE, classe 4a, ed EIT pag. 280
a. James Joyce, Gente di Dublino” - “Eveline” in: SCRITTORI DEL MONDO ed. Minerva
Italica, pag. 790
 Si confrontano i due brani e si espongono le caratteristiche dei due personaggi
immaginando il loro carattere e il loro stato d’animo.
 Si confronta la signora di Sara con le due signore protagoniste dei due brani e si formulano
ipotesi in merito al tipo di donna più somigliante alla signora alla finestra di Sara: tutti i
bambini concordano che la più somigliante è Eveline.
 Si scrivono sul quaderno i brani letti dalla maestra (dettato).
 Si rileggono tutte le annotazioni e i due brani curando espressione e intonazione.
 S’inventa un possibile contesto narrativo utilizzando le informazioni ricavate dalle
annotazioni dei bambini e dai due brani letti e scritti.
 Si costruisce un modello incompleto di racconto (manca la conclusione) prendendo a
prestito lo stile del brano Eveline, riconosciuto come più adatto a descrivere la signora che,
dalla finestra, sembra guardare male Sara.
 Si formulano ulteriori ipotesi per trovare una conclusione al racconto.
 Si procede alla scrittura di nuovi racconti: i bambini scrivono a coppie, direttamente al
computer, utilizzando il modello condiviso e immaginando la conclusione in relazione alle
ipotesi formulate.
SPAZIO PER LA RIFLESSIONE SULLA LINGUA
Ripasso e consolidamento conoscenza verbi:
coniugazione dei verbi nei tempi del modo indicativo e congiuntivo.
Ripasso e consolidamento conoscenza parti variabili e invariabili del discorso:
articoli, nomi, aggettivi, pronomi, verbi – congiunzioni, interiezioni, preposizioni, avverbi.
Consolidamento conoscenza complementi: oggetto, tempo, luogo, modo, mezzo
Esercitazioni di analisi logica e grammaticale.
Attività con i bambini
REALTÀ E IMMAGINAZIONE
Parte seconda
DALLE ANNOTAZIONI AL RACCONTO
Rileggiamo le annotazioni e diamo dei titoli che potranno essere modificati
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
La signora triste (Sara)
Una telefonata misteriosa (Vittoria)
Il braccialetto scomparso (Alessia)
I segreti dei genitori (Arianna)
Strani rumori (Rebecca - Jacqueline)
Ossa strane (Aurora)
Il latte versato (Virginia)
Il portafoglio introvabile (Gabriele – Sveva)
Uno strano comportamento (Elia – Andrea)
Strana raccolta di pigne (Leonardo)
Il cassetto aperto (Pietro)
Partiamo dall’annotazione di Sara (la signora che guarda male dalla finestra) e poi inseriamo
nel testo le altre annotazioni a seconda dello sviluppo della vicenda
 Perché la signora guarda male? Davvero guarda male o è soltanto seria?
Ipotesi
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
Forse le è capitato qualcosa di brutto.
Forse ha sentito che ci sono i ladri e pensa che sia qualcuno del palazzo.
Forse lei è una ladra e studia bene il condominio.
Forse le hanno rubato in casa.
Forse sta solo pensando.
Forse le è morto un parente.
Forse sta aspettando qualcuno.
Che espressione ha la signora?
b. Maligna, triste, malinconica, pensierosa, preoccupata, arrabbiata, infastidita,
concentrata, impaurita, seria…
È giovane o anziana? Vive sola o no?
c. Sembra anziana e vive sola in compagnia dei suoi gatti.
Ha parenti? Qualcuno la va a trovare?
d. Ha un figlio che spesso va a trovarla perché lei non esce quasi mai.
Incipit condivisi
1. Un pomeriggio d’ autunno, all’ imbrunire, Sara tornava a casa con la sua mamma.
Sara era allegra perché tornava da una visita ad amici e si era molto divertita.
Ad un tratto Sara alzò lo sguardo e notò una signora che la guardava da dietro i vetri
della finestra…
2. Un giorno, tornando a casa da una visita ai miei parenti, alzai lo sguardo e vidi una
signora che mi guardava male dalla finestra, o almeno, così mi sembrava…
3. Un pomeriggio, sul tardi, mentre tornavo a casa da una festa, alzai gli occhi e rimasi
colpita da una signora che mi fissava con un’ aria infastidita, dalla sua finestra.
ASCOLTO E PRODUZIONE
Lettura dell’insegnante e dettato dei seguenti brani:
e. Luigi Bartolini, “La pettegola”, ed Cappelli in: ESPERIENZE, classe 4a, ed EIT pag. 280
“Sta alla finestra fin dalle prime ore del mattino. Vi sta come di vedetta, tanto che poco o
nulla le sfugge. Sa che in quell’abitazione là è venuto un inquilino nuovo. E che in quell’altra
ce n’è stato uno malato.
Sa che, in una terza, c’è un inquilino di cui si dice che sta per fare fallimento, giacché la sua
bottega non gli frutta più un soldo.
Le finestre dell’immenso casamento sono forse un migliaio? Gli inquilini sono forse
trecento? Voi non li avete mai contati perché a voi non importa nulla dei fatti degli altri, e
già ne avete troppi dei vostri a cui pensare. Ma l’inquilina “segna cavoli” sa tutto.
La chiamano il Gazzettino.”
f. James Joyce, “Gente di Dublino” - “Eveline” in: SCRITTORI DEL MONDO ed. Minerva
Italica, pag. 790
“Seduta alla finestra guardava la sera invadere il viale. Teneva la testa appoggiata contro le
tendine e sentiva nelle narici l’odore del cretonne polveroso. Era stanca. Poca gente per
strada. Passò l’inquilino della casa di fondo che rientrava. Sentì i passi risuonare sul
marciapiede di cemento, poi lo scricchiolio della ghiaia sul sentiero dinanzi alla fila di
costruzioni nuove color mattone. Un tempo c’era un campo laggiù, e loro solevano giocarci
ogni sera insieme ai ragazzi del quartiere… Tutti i ragazzi del viale avevano giocato in quel
campo e lei coi suoi fratelli e sorelle… Parevano bei tempi quelli! Molti anni erano passati
da allora…”)
Rilettura delle annotazioni e dei brani dettati: leggono sia i bambini che la maestra.
Apertura all’immaginario: si aggiungono altri particolari all’annotazione di Sara utilizzando
i brani letti e le annotazioni.
Costruzione di un possibile contesto narrativo: si elencano fatti e avvenimenti, sia reali
che immaginari, scaturiti dalla lettura e dalla conversazione…
Sara vede la signora tutti i giorni alla stessa ora.
Quel giorno Sara torna da una festa, si è divertita ed è venuta via malvolentieri.
Arriva sotto casa e pensa ai compiti da fare.
Sotto casa vede Pietro che gioca a basket con altri amici.
Vede anche due tipi che staccano pigne dai pini del viale.
Alza gli occhi al cielo e vede la signora alla finestra.
La signora non è né giovane né vecchia.
Sembra che guardi male tutti quelli che passano.
Sara la conosce da tempo.
Qualcuno dice che è una pettegola.
Si dice che il figlio più giovane se n’è andato di casa e non ha più dato sue notizie.
È sparito proprio il giorno del suo diciottesimo compleanno.
La sua scomparsa è stata denunciata alla polizia.
Dopo la scomparsa del figlio la signora si è accorta che erano spariti, dal cassetto del comò
di camera sua, un suo braccialetto d’oro e due portafogli.
* Sembra che la signora avesse sentito strani rumori provenienti dalla soffitta e poi dalla
camera del figlio che parlava al telefono.
* Il fratello maggiore ha riferito alla polizia che il ragazzo non andava molto d’accordo con lui,
ma nei giorni precedenti la scomparsa era stato insolitamente gentile e disponibile.
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Cambio di incipit
 Se ne stava lì, dietro i vetri della finestra, a guardare il viale che conduceva al mare.
Sara la vedeva tutti i giorni, all’ora del tramonto, quando tornava a casa dopo l’uscita
pomeridiana per la visita a parenti o amici.
Quel giorno tornava a casa da una festa. Si era divertita tanto e quando la mamma era
venuta a prenderla le era dispiaciuto lasciare la festa e, a malincuore, aveva salutato le sue
amiche…
Costruzione di un modello di scrittura
Modello narrativo incompleto (manca la conclusione) costruito utilizzando le annotazioni dei
bambini e i brani tratti dalla letteratura d’autore:
 Le parti sottolineate sono ricavate dalle annotazioni dei bambini.
 Le parti in corsivo sono citazioni o parafrasi tratti dai seguenti testi già citati:
- Luigi Bartolini, “La pettegola”
- James Joyce, “Gente di Dublino” - “Eveline”
Se ne stava lì, dietro i vetri della finestra, a guardare il viale che conduceva al mare.
Sara la vedeva tutti i giorni, all’ora del tramonto, quando tornava a casa dopo l’uscita pomeridiana per la visita
a parenti o amici.
Quel giorno tornava a casa da una festa. Si era divertita tanto e quando la mamma era venuta a prenderla le
era dispiaciuto lasciare la festa e aveva salutato le sue amiche a malincuore.
Arrivata sotto casa aveva alzato gli occhi al cielo con un sospiro di rassegnazione perché sapeva che
l’aspettavano i compiti da fare. “Prima il dovere, poi il piacere!” le diceva sempre la sua mamma. Quella volta
era stato il contrario: prima c’era stato il piacere (la festa) e dopo l’attendeva il dovere (i compiti).
Con gli occhi rivolti al cielo, pensava al racconto che la maestra le aveva detto di scrivere. E fu così che il suo
sguardo si fermò sulla finestra al primo piano del suo palazzo, dietro la quale una signora stava immobile e
guardava verso di lei. Non era tanto giovane, ma nemmeno vecchia. Sembrava che guardasse male tutti quelli
che passavano. Sara si sentì osservata ed ebbe una sensazione di disagio.
La conosceva da tempo e qualcuno dei vicini diceva che era una gran pettegola e che stava alla finestra fin
dalle prime ore del mattino, come di vedetta, e poco o nulla le sfuggiva. Ma a Sara, quella signora che stava
immobile e scrutava fuori come se aspettasse qualcuno, non sembrava una pettegola. Le si vedevano solo la
testa e le spalle. Teneva la testa appoggiata contro le tendine e sentiva nelle narici l’odore del cretonne
polveroso. Appariva stanca. C’era poca gente per strada a quell’ora. Passò l’inquilino della casa di fronte che
rientrava. Salutò Sara e la sua mamma con un sorriso cordiale. I suoi passi risuonavano sul marciapiede di
cemento e facevano scricchiolare la ghiaia sul sentiero del giardino condominiale dal quale tutti dovevano
passare per entrare nelle proprie abitazioni. Due tipi poco simpatici coglievano pigne dai pini che
circondavano il giardino e le caricavano in una macchina parcheggiata poco distante. Pietro, un compagno di
classe di Sara, stava giocando a basket con un gruppo di amici nel campetto del quartiere adiacente al
giardino. Che confusione facevano! Il giorno prima, Sara aveva sentito la nonna di Pietro che si lamentava con
una vicina della confusione che faceva suo nipote col pallone. Sara li conosceva tutti, anche se alcuni le
stavano più simpatici di altri. I ragazzini ridevano e gridavano, ma i loro schiamazzi non sembravano disturbare
la signora che, ogni tanto, guardava in quella direzione e poi si portava agli occhi un fazzolettino bianco come
per asciugarsi una lacrima.
Si diceva che da qualche settimana uno dei suoi due figli, il più giovane, se ne era andato di casa proprio il
giorno del suo diciottesimo compleanno e non aveva più dato sue notizie.
Da quel giorno la signora non era più uscita di casa e passava le giornate alla finestra.
Qualche vicina era andata a trovarla per tenerle compagnia e darle un po’ di conforto e la signora si era
confidata con loro. Così si era saputo che il giorno successivo alla partenza del figlio, la signora non aveva più
trovato un suo braccialetto e due portafogli che teneva nel comò in camera sua. Sul tavolo della cucina aveva
trovato del latte versato e una tazza sporca di caffè. La sera prima aveva sentito una telefonata del figlio. Non
era riuscita a capire quello che diceva. In quel momento il figlio si trovava nella propria stanza accanto alla
sua camera da letto. Si era coricata presto, ma non riusciva a prendere sonno. Poi aveva sentito strani rumori,
come di cose spostate e gettate qua e là, e subito dopo la voce del figlio che parlava con qualcuno al cellulare.
Aveva sentito quella musichetta particolare che caratterizza i telefonini: ognuno aveva la propria; quella di suo
figlio era una musica rep. Poi silenzio. La telefonata era finita e forse suo figlio si era coricato anche lui.
Si era addormentata e aveva fatto brutti sogni.
La mattina dopo, al risveglio, l’aveva chiamato, ma invano. In casa non c’era più traccia del ragazzo.
Lo aveva chiamato al cellulare, ma il telefono era muto. Aveva chiamato l’altro figlio che era al lavoro, ma
anche lui non lo aveva più sentito dalla sera prima del compleanno. Gli aveva portato anche un regalo, ma lui
non aveva mostrato interesse e non aveva nemmeno aperto il pacco.
Madre e figlio, dopo diverse ore di ricerche tra parenti e amici, si erano decisi a denunciare la scomparsa alla
polizia, ma le indagini procedevano molto a rilento, anche se il commissario era un tipo parecchio in gamba.
Il fratello aveva detto alla polizia che nei giorni precedenti la scomparsa, il giovane, che non era mai andato
molto d’accordo con lui, era stato insolitamente gentile e disponibile…
Formulazione di ipotesi scaturite dalle seguenti domande:
- Perché il giovane se ne è andato di casa?
- Perché proprio il giorno del suo diciottesimo compleanno?
- Dove sarà andato e con chi?
Come vivrà? Cosa starà facendo?
Produzione degli alunni: lavoro a coppie
A. e M.
Formulazione di ipotesi
Perché il giovane se ne è andato di casa?
Perché aveva incontrato dei ricattatori che gli avevano detto di portargli i gioielli e i due
portafogli di sua madre e che se non lo faceva lo rapivano e lo riducevano loro schiavo; così
lui, per paura e perché non voleva farlo, è scappato di casa.
Perché proprio il giorno del suo compleanno?
Perché, diventato maggiorenne, poteva andarsene di casa senza che nessuno dicesse niente e
si sorprendesse di lui.
Dove sarà andato e con chi?
Appena scappato aveva incontrato i ricattatori che l’avevano portato in una grotta appena
fuori città, sul mare.
Come vivrà? Cosa starà facendo?
Si sente malissimo perché non gli danno da mangiare e lo fanno lavorare senza fermarsi mai.
Pensa continuamente alla sua famiglia che ormai vede solo come un lontanissimo ricordo.
Sviluppo del racconto
Titolo: Un brutto ricatto
Sara, una piccola bimba di soli sette anni, stava tornando a casa da un compleanno.
Si era divertita molto, ma non vedeva l’ora di tornare a casa perché l’aspettava un bel film in
compagnia del padre che non vedeva mai perché era sempre a lavoro.
Scesa dalla macchina le cadde l’occhio sulla signora Khate che stava sempre affacciata alla
finestra fin dalle prime ore del mattino, come di vedetta, e poco o nulla le sfuggiva. Se ne
stava lì, dietro i vetri, a guardare il viale che conduceva al mare. Teneva la testa appoggiata
contro le tendine e sentiva nelle narici l’odore del cretonne polveroso. Appariva stanca.
Sara la conosceva da tanto tempo, ma negli ultimi giorni le era sembrata piuttosto strana.
Poco lontano da lì, c’era un amico di Sara, più grande di lei, che stava giocando a basket nel
campetto del quartiere con gli amici e urlavano come pazzi. Ma alla signora non davano alcun
fastidio, anzi le scese anche una lacrima perché le ricordavano suo figlio minore che si
divertiva a giocare lì prima di scomparire da casa il giorno del suo diciottesimo compleanno
senza dare più notizie di sé.
Era un ragazzo simpatico, altruista, gentile… Insomma, un figlio perfetto. Alto, con i capelli
biondi e gli occhi azzurri, magro e con il sorriso sempre stampato sulla faccia, aveva una bella
fidanzata che, appena saputo della scomparsa, si era subito buttata sul letto a piangere.
Il ragazzo si chiamava Nick.
Appena il fratello maggiore, Jona, e la mamma si erano accorti della scomparsa l’avevano
denunciata alla polizia. Ma le ricerche procedevano molto a rilento.
Proprio il giorno della scomparsa erano spariti da casa un braccialetto d’oro e due portafogli.
La signora Khate si era confidata con il figlio più grande dicendogli che, la notte della
scomparsa, aveva sentito il tintinnio delle chiavi e il cigolio del vecchio portone da cui si
entrava in casa. E dopo pochi minuti, in lontananza, aveva sentito un urlo che però era durato
poco, e la suoneria di un telefono
che non era quella di Nick; ma
lasciò stare perché pensava fosse
qualcuno che viveva in fondo alla
via.
Nessuno sapeva che Nick aveva
ricevuto una telefonata anonima e
che era vittima di un ricatto.
Il ricatto consisteva nel portare dei
gioielli e quattro portafogli in un
casotto all’inizio della spiaggia.
Così, il giorno del suo diciottesimo compleanno, essendo diventato maggiorenne, era scappato
di casa portandosi con sé il bracciale d’oro e soli due portafogli, e per questo i due ricattatori
lo avevano rinchiuso in una fredda grotta sulla scogliera del vecchio faro abbandonato.
I due ricattatori erano gli stessi che avevano chiamato il ragazzo qualche giorno prima.
Il ragazzo, così, fu costretto a lavorare senza fermarsi mai e a non mangiare mai.
Nick implorava i ricattatori, che stavano sempre con il viso coperto, di lasciarlo andare, ma
loro rispondevano sempre e comunque: “NO!”
Lui stava male, aveva fame, sete, freddo ed era stanco, aveva pure la febbre.
La polizia, intanto, era giunta alla fine del caso ed era riuscita a scoprire cosa era veramente
accaduto, anche grazie alle informazioni che avevano fornito le persone che avevano sentito le
grida che provenivano dal faro.
I poliziotti erano andati al vecchio
faro dove era rinchiuso Nick.
I ricattatori, sentendo le sirene
della macchina, incominciarono a
nascondersi, ma la polizia li beccò
e riuscì a rinchiuderli in prigione
scoprendo anche che erano
criminali ricercati nella città
vicina.
Nick fu liberato e tornò a casa
dalla mamma e dal fratello.
Da quel giorno Sara non vide più la signora Khate triste alla finestra, ma sui gradini fuori casa,
sempre allegra.
A. e R.
Formulazione di ipotesi
Perché il giovane se ne è andato di casa? Perché la fidanzata gli ha regalato una casa.
Perché proprio il giorno del suo compleanno? Perché gliela ha data per il suo compleanno.
Dove sarà andato e con chi? Con la sua fidanzata.
Come vivrà? Cosa starà facendo? Male, sta pensando alla famiglia.
Sviluppo del racconto
Titolo: La signora preoccupata
Un giorno Sara, appena tornata da un delizioso
pranzo dai parenti, alzando lo sguardo al cielo
si ricordò dei compiti per casa. Il suo sguardo
capitò sulla finestra della stanza del primo
piano. Vide una signora che la fissava. La
mamma le raccontò la sua storia.
Si diceva che alcune settimane prima, proprio il
giorno del diciottesimo compleanno del figlio
più piccolo, lui era scomparso.
La signora, quel giorno, andò a dormire molto presto e nella stanza accanto (quella di suo
figlio) sentì che lui parlava al telefono. Solo poche parole: “Le valige sono pronte, troviamoci
alla stazione alle 23:00 in punto”. Poi si addormentò.
Il giorno dopo la signora bussò alla stanza del figlio, ma lui non c’era.
Poi controllò in cucina, ma non era neanche lì.
Trovò una tazza di latte mezza vuota e un pacco
di biscotti finiti. Allora la signora si ricordò
della chiamata e delle parole che aveva sentito,
poi con il telefono, chiamò al lavoro del figlio
maggiore e gli raccontò della scomparsa.
Il figlio maggiore tornò a casa e con la mamma
andarono a cercare il giovane, ma dopo ore ed
ore di ricerche non ne trovarono traccia.
Si decisero a denunciare la scomparsa alla
polizia, ma neanche la polizia trovò traccia.
Sara fu colpita da questa storia e nelle settimane successive continuò a vedere la signora
affacciata alla finestra. Un giorno però, notò che le finestre erano chiuse.
Chiese alla mamma e seppe che il figlio era tornato a casa con la fidanzata e aveva spiegato
perché era scomparso.
- La mia fidanzata mi ha regalato una casa per il mio compleanno e sono andato a vivere con
lei. – disse tutto soddisfatto.
Sara non vide più la signora alla finestra e scoprì che era andata a vivere con suo figlio.
A. e A.
Formulazione di ipotesi
Perché il giovane se ne è andato di casa?
Perché non andando tanto d’accordo con il fratello decise di andare via di casa.
Perché proprio il giorno del suo compleanno?
Perché, in quel giorno, era diventato maggiorenne, quindi era più indipendente.
Dove sarà andato e con chi?
Forse sarà andato con la sua fidanzata a vivere nella loro casa e non volevano più tornare.
Come vivrà?
Sicuramente starà bene, ma gli mancheranno la sua famiglia e la sua casa.
Cosa starà facendo?
Si starà divertendo molto, ma sarà anche un po’ triste.
Sviluppo del racconto
Titolo:
Signora pensierosa
Se ne stava lì, dietro i vetri della finestra, a guardare il viale che conduceva al mare.
Sara la vedeva sempre, quando tornava a casa dopo l’uscita pomeridiana per la visita a
parenti e amici.
Quel giorno Sara, una bambina di 9 anni, con capelli biondi e occhi marroni, tornava dalla
visita ai suoi nonni. Era felice perché non li vedeva da molto tempo, perciò era venuta via
tristemente.
Con affetto aveva salutato i nonni e si era avviata verso la macchina con la mamma.
Appena entrata in macchina aveva chiesto quando poteva tornare da loro e la mamma le
aveva risposto che ci poteva tornare quando voleva perché sapeva che ai nonni faceva
piacere.
Arrivate, Sara alzò lo sguardo con aria triste perché sapeva che doveva eseguire i calcoli che
la maestra le aveva dato da fare.
Proprio in quel momento le si fermò lo sguardo su di una finestra dove era affacciata una
signora che, secondo Sara, la guardava male. Non era tanto vecchia, ma nemmeno giovane.
Sara la vedeva quasi tutti i giorni e aveva sentito dire che era una pettegola. Ma dall’aspetto
non le sembrava proprio.
Si diceva che stesse alla finestra fin dalle prime ore del mattino, come di vedetta, e che poco
o nulla le sfuggiva. Teneva la testa appoggiata alle tendine e sentiva nelle narici l’odore del
cretonne polveroso. Sembrava stanca.
Poca gente per strada.
Ad un certo punto passò l’inquilino della casa di fianco a quella di Sara, che rientrava.
I suoi passi risuonavano sul marciapiede di cemento e facevano scricchiolare la ghiaia sul
sentiero.
Incontrò Pietro che giocava a basket con un gruppo di amici nel campetto del quartiere.
La signora sembrava triste e Sara sapeva il perché: il figlio minore, di nome Giulio, un
ragazzo alto e snello dagli occhi verdi e dai capelli biondi, era scappato di casa nel giorno del
suo diciottesimo compleanno.
Il giorno seguente alla scomparsa di
Giulio non aveva trovato più un
braccialetto d’argento e due portafogli
che teneva sul suo comò.
La sera prima del compleanno era
andata a dormire molto prima del
solito e aveva sentito la voce del figlio
che parlava con qualcuno al cellulare.
Giulio aveva una suoneria rep.
Al risveglio provò a chiamarlo, ma non
servì a niente.
Chiese informazioni anche al figlio maggiore, ma anche lui non seppe risponderle.
Disse però che Giulio non aveva mostrato
nessun interesse neanche per il regalo
che suo fratello gli aveva fatto, anche se
nei giorni precedenti era stato
insolitamente gentile e disponibile.
La mamma che era molto preoccupata
per Giulio, aveva deciso di assumere un
investigatore per scoprire dov’era il figlio
e viveva in attesa di notizie.
Sara continuò a vedere la signora alla
finestra ancora per qualche mese.
Finalmente un giorno il ragazzo sentì nostalgia di casa e della famiglia, quindi decise di
tornare a casa spontaneamente.
La madre fu contentissima e Giulio pure.
Dal giorno del ritorno di Giulio la signora uscì più spesso insieme ai suoi figli e Sara non la
vide più dietro i vetri della finestra.
E. e L.
Formulazione di ipotesi
Perché il giovane se ne è andato di casa? Aveva litigato con la sua mamma.
Perché proprio il giorno del suo compleanno?
È andato in un bar, ha preso un “gratta e vinci” e ha vinto 5 milioni di euro, poi è andato
lontano dalla sua mamma.
Dove sarà andato e con chi? Era andato con dei sui amici ma poi si è perso.
Come vivrà? Cosa starà facendo? Vive con il suo cane e la sua ragazza.
Sviluppo del racconto
Titolo:
La signora pensierosa
Quella sera, ad una festa, Sara si stava divertendo, ma sua madre venne a prenderla perché
era stanca.
Quando arrivò a casa vide un gruppo di amici fra cui Pietro.
Il giorno dopo Sara rimase incantata con gli occhi al cielo e vide una signora che la guardava
affacciata alla finestra del salone a pianterreno.
Sara si accorse che quella signora era stanca e sembrava avesse l’animo in pena. Qualche
motivo la turbava. Stava con la testa appoggiata contro le tende e sentiva l’odore del
cretonne polveroso.
Sara era curiosa e quindi si avvicinò alla casa per sentire se la signora diceva qualcosa.
La signora guardava nel campo davanti al palazzo e si ricordava di quando suo figlio ci
giocava con i suoi amici a fare delle gare in bicicletta. Chissà dov’era ora!
A quell’ora passò il figlio maggiore per farle compagnia. L’abbracciò e lei gli raccontò che suo
fratello era sparito dalla mattina e non si era fatto più sentire.
Insieme decisero di sporgere denuncia alla polizia e
la mamma raccontò che il suo figliolo era andato al
bar e aveva detto che dopo dieci minuti tornava, ma
non era più tornato.
Il fratello maggiore descrisse il ragazzo alla polizia:
alto 170 cm, peso 60 kg, capelli mori, occhi celesti,
naso a
patata.
La sera dopo ricevettero una telefonata dalla
polizia: l’avevano trovato!
La signora andò in caserma e il figlio disse che
aveva vinto al “gratta e vinci” ed era andato con
la sua ragazza e il suo cane Thor, in una vecchia
casa dove nessuno li poteva scoprire.
G. e S.
Formulazione di ipotesi
Perché il giovane se ne è andato di casa? Perché non sopportava più la madre. 
Perché proprio il giorno del suo compleanno? Perché era maggiorenne.
Dove sarà andato e con chi? È andato a casa della sua fidanzata.
Come vivrà? Cosa starà facendo? Bene, starà cucinando per la fidanzata.
Sviluppo del racconto
Titolo:
La signora cerca il figlio
Quel pomeriggio Sara era tornata da una
festa.
Quando la mamma era venuta a prenderla
non voleva andare via dalla festa per il
semplice fatto che l’aspettavano i compiti.
Mentre Sara stava tornando a casa aveva
incontrato Pietro che giocava a basket con i suoi
amici.
Sara guardò il cielo e vide una signora affacciata
ad un terrazzo.
Non era tanto giovane, né vecchia.
Dicevano che era una gran pettegola e che il
figlio minore era scappato di casa proprio il giorno del suo diciottesimo compleanno.
Da quel giorno la signora passava tutta la giornata sul suo terrazzo.
Dicevano che il figlio non sopportava la madre, aveva pensato di essere ormai maggiorenne e
per questo era andato a casa della sua fidanzata.
La polizia non aveva trovato il ragazzo perché non sapeva che aveva una fidanzata.
Il ragazzo non sopportava la madre perché era troppo pettegola.
Era scappato con una ragazza bionda con gli occhi celesti, alta e magra.
La madre e il figliolo maggiore continuarono le ricerche, ma non lo trovarono.
Ormai erano passate due settimane da quel giorno e lei, dal dolore, si era ridotta così.
G. e V.
Formulazione di ipotesi
Perché il giovane se ne è andato di casa?
Doveva andare a fare delle commissioni molto urgenti.
Perché proprio il giorno del suo compleanno? Perché era l’unico giorno disponibile.
Dove sarà andato e con chi? Sarà andato a casa di un vecchio amico.
Come vivrà? Cosa starà facendo? Bene. Si starà cercando una fidanzata.
Sviluppo del racconto
Titolo:
Pensavo mi guardasse male
Se ne stava li, dietro i vetri della finestra, a
guardare il viale che conduceva al mare.
Sara la vedeva molto spesso, ma quel giorno non
ci aveva fatto molto caso.
Sara e la sua mamma stavano ritornando a casa
dopo una visita a un’amica.
Sara si guardava intorno per vedere se c’era
qualcuno e vide appoggiata alla finestra quella signora che pareva la guardasse male.
Stava alla finestra fin dalle prime ore del mattino, come di vedetta, e poco o nulla le sfuggiva.
Teneva la testa appoggiata alle tendine e sentiva nelle narici l’odore del cretonne polveroso.
Sembrava stanca e triste come se le mancasse
qualcosa o qualcuno. All’improvviso si ricordò che
suo figlio se ne era andato di casa per il suo
diciottesimo compleanno. Era un bel ragazzo
magro, alto, con occhi azzurri e capelli neri.
Per strada c’era poca gente. Passò l’inquilino della
casa di fronte e i suoi passi risuonarono sul
marciapiede di cemento.
Pietro, un amico di Sara, stava giocando con degli
amici nel campetto del quartiere.
Una mattina la signora, parlando con la mamma di Sara, le aveva detto che avevano
denunciato la scomparsa del figlio alla polizia e che le indagini procedevano molto bene.
La signora, il giorno della scomparsa, aveva visto sul tavolo del latte versato e non trovava più
due portafogli messi nella cassaforte. Allora si disse nella mente: “Dove sono finiti i miei
portafogli? E il latte, non si è certo versato da solo!”
Alla fine, il commissario trovò un tipo sospetto e chiamò la signora. Il tipo sospetto sapeva
dove si trovava il ragazzo, ma non lo voleva dire; però, dopo aver visto quella signora piangere
si commosse e rivelò la posizione del ragazzo. Disse che si trovava a Parigi con la sua nuova
fidanzata, Clio.
J. e S.
Formulazione di ipotesi
Perché il giovane se ne è andato di casa? Perché pensava di stare bene anche da solo.
Perché proprio il giorno del suo compleanno?
Perché ormai era maggiorenne e poteva uscire da solo.
Dove sarà andato e con chi? Con la sua ragazza e un gruppo di amici. In un hotel.
Come vivrà? Cosa starà facendo? Vive bene e si sta divertendo.
Sviluppo del racconto
Titolo: Il ragazzo scomparso
Se ne stava lì, dietro i vetri della finestra, a guardare il viale che conduceva al mare, mentre
Sara tornava a casa da una festa di una sua amica.
Sara alzò gli occhi e vide la signora che la fissava, guardandola male.
Dentro casa la mamma di Sara le disse che il figlio minore della signora era scomparso.
Un amico di Sara notò che la signora, dopo la scomparsa, tutte le sere stava alla finestra con
la testa appoggiata alle tendine guardando il prato dove suo figlio giocava sempre da piccolo
con suo fratello.
Il giorno prima della scomparsa il ragazzo aveva appena compiuto diciotto anni.
Il ragazzo era scomparso un giovedì sera, dopo una telefonata ricevuta alle ore 20:30 circa.
Dopo un giorno la signora decise di chiamare la
polizia, testimoniò la telefonata del giovedì e
descrisse suo figlio ai poliziotti: moro, occhi
verdi, alto e magro; indossava jeans corti e una
maglietta a tracolla rossa.
Si chiamava Daniel Frassi.
Del ragazzo non si trovavano tracce, ma si
trovavano tracce di una ragazza.
La polizia chiese alla madre se il ragazzo era
fidanzato, ma la madre disse di no e se lo era, lei
non lo sapeva.
La polizia rifletté e approfondì le ricerche.
Scoprirono che il ragazzo, per non farsi trovare,
aveva usato abiti e scarpe della sua ragazza.
Alla fine lo trovarono in un bar con gli amici e lo
riportarono a casa.
J. e S.
Formulazione di ipotesi
Perché il giovane se n’ è andato di casa?
Perché un ladro ha fermato il ragazzo per strada senza farsi vedere e gli ha detto di portargli
dei soldi e dei gioielli. E il ragazzo, il giorno dopo, glieli ha dovuti portare perché pensava che
gli succedesse qualcosa di brutto.
Perché proprio il giorno del suo compleanno?
Perché sfortunatamente ha incontrato il ladro il giorno del suo compleanno, mentre stava
andando al bar dove c’erano i suoi amici.
Dove sarà andato e con chi?
È andato nel rifugio del ladro, in una casa abbandonata distante dalle altre case, con il ladro
che lo ha rapito.
Come vivrà? Cosa starà facendo?
Male, perché lo tiene rinchiuso in una stanza da solo e da mangiare gli dà solo pane e acqua,
e raramente qualcosa di buono come carne, uova, pesce e, se voleva, un po’ di vino.
Sviluppo del racconto
Titolo: Il ragazzo rapito
Se ne stava lì, dietro i vetri della finestra, a guardare il viale che conduceva al mare.
Sara, una bambina di undici anni, la vedeva sempre al tramonto.
Quel giorno Sara tornava da una festa, e se n’era andata via a malincuore.
Arrivata sotto casa alzò lo sguardo con un sospiro di rassegnazione pensando ai compiti che
doveva fare.
La mamma diceva: “Prima il dovere e poi il piacere”, invece quella volta era stato il
contrario.
Con lo sguardo al cielo notò una signora che conosceva che stava con la testa appoggiata
alla tendina della finestra: sicuramente sentiva l’odore del cretonne polveroso. Sembrava
stanca.
Sara vide due tipi che raccoglievano le pigne e le caricavano sulla loro auto, e Pietro, un suo
amico, che giocava.
La signora era triste perché uno dei due figli, il più giovane, era scomparso il giorno del suo
diciottesimo compleanno.
Alcuni dei vicini erano andati a tenerle compagnia e lei si era confidata.
Quel giorno che Sara tornava dalla festa la signora e il figlio maggiore avevano denunciato la
scomparsa alla polizia.
Il ragazzo si chiamava Marco e aveva i capelli biondo scuro e gli occhi verdi; era abbastanza
alto, non molto robusto, aveva naso bocca e orecchie regolari, e carnagione chiara;
indossava jeans neri, maglietta nera con un fulmine in mezzo, giacca marroncina e scarpe da
ginnastica blu.
Nessuno sapeva che il ragazzo era scomparso perché era stato rapito da un ladro che il
giorno prima della scomparsa lo aveva ricattato dicendogli che doveva portargli soldi e
gioielli.
Il giorno del suo compleanno, la mattina presto, quando tutti dormivano, aveva preso due
portafogli con dentro dei soldi e un
braccialetto d’oro della madre, era scappato
nel rifugio del ladro e gli aveva dato tutto; ma
il ladro, invece di lasciarlo andare, lo aveva
rinchiuso in una stanza tutto solo e con del
misero cibo.
La mattina del compleanno la mamma si era
accorta che il figlio era scomparso.
Marco, prigioniero in una casa abbandonata,
vedeva il ladro sdraiato a dormire accanto alla
cella con il telefono nella tasca e pensava che il
ladro si potesse svegliare, ma ad un certo
punto il ladro si scosse e il telefono cadde
senza rompersi.
Marco cercò di prenderlo con le mani, ma
non ci riuscì, quindi guardò nella cella e vide
un pezzo di legno; aiutandosi con questo
riuscì a prendere il telefono e a chiamare la
polizia che venne in poco tempo e arrestò il
ladro, ricercato anche per rapina a mano
armata.
Marco tornò dalla mamma e dal fratello con i
soldi e il braccialetto.
Dopo il ritorno del figlio, Sara vide raramente
la signora alla finestra.
N. e V.
Formulazione di ipotesi
Perché il giovane se ne è andato di casa?
Perché aveva incontrato dei ricattatori che gli avevano detto che se non gli portava tutti i
gioielli e i soldi che aveva lo rapivano e lo picchiavano a morte.
Perché proprio il giorno del suo compleanno?
Perché a diciotto anni la famiglia gli aveva regalato una macchina e lui poteva andare in giro
da solo senza che nessuno lo portasse o sapesse dove andava.
Dove sarà andato e con chi?
È in una casa abbandonata nel bosco e non può uscire perché i suoi rapitori lo tengono
d’occhio tutto il giorno e è legato a un letto con delle manette.
Come vivrà? Cosa starà facendo?
Vive malissimo, solo e maltrattato, e non fa altro che pregare perché il Padre lo aiuti a tornare
a casa sua dalla sua famiglia al sicuro da tutti i mali del mondo.
Sviluppo del racconto
Titolo: Il ragazzo ricattato
Una bambina di dieci anni, di nome Sara, con gli occhi azzurri e i capelli biondi, di solito raccolti
in due codini con elastici fuxia a forma di fiocco e uno sguardo sempre dolce e solare, tornava
dal compleanno di suo nonno e non vedeva l’ora di tornare a casa perché si stava annoiando
tantissimo: era l’unica bambina in mezzo a persone che avevano superato la mezza età.
Scesa dalla macchina si accorse che la signora Julie la stava guardando e lei si nascose dietro la
sua mamma dicendo:
– Quella signora mi guarda tutte le sere, ma cosa vuole da me? Io non le ho fatto nulla!
La mamma guardò la signora Julie che se ne stava lì, dietro i vetri della finestra, a guardare il
viale che conduceva al mare. La salutò e, ridendo, disse a Sara che forse la signora era un po’
triste e, guardando i bambini, le tornava un po’ di entusiasmo.
Ma Sara rispose: – Ma quella signora sta alla finestra dalla mattina alla sera come una vedetta
e niente le sfugge!
La mamma la consolò dicendo che non era vero, ma la bambina insisteva che lo dicevano
tutti e per lei era la verità.
Allora la mamma, mentre salivano le scale per arrivare al loro appartamento, le chiese di
prometterle di non nascondersi più dietro di lei quando vedeva quella triste signora.
Sara lo promise e la mamma le raccontò che il figlio minore di quella signora era scappato e
nessuno sapeva dove era o che cosa stesse facendo in quel momento, e la signora era triste
per quello.
La signora Julie aspettava, ma nulla.
Dopo quel giorno Sarà chiese spesso alla
mamma se il figlio era tornato e se c’era
qualche notizia di lui.
La mamma le raccontò che la signora,
accompagnata dal figlio maggiore, aveva
denunciato la scomparsa alla polizia. Il figlio
maggiore aveva fornito la descrizione del
fratello ai poliziotti.
Era un ragazzo alto un metro e 83
centimetri, magro, con i capelli corti quasi
sempre spettinati, e indossava sempre jeans
colorati e firmati e magliette con disegni divertenti.
La polizia si mise al lavoro e dopo una settimana
ritrovò il ragazzo in una casa abbandonata in
mezzo a un bosco, incatenato e senza nessuno
che lo guardava, intento a liberarsi.
Appena il ragazzo vide i poliziotti si spaventò e si
nascose sotto le lenzuola.
L’uomo in divisa gli disse: – Stai tranquillo, sono
venuto per portarti via da questo brutto posto, la
tua mamma ti sta aspettando e non vede l’ora di
riabbracciarti.
Il ragazzo si alzò e l’uomo gli levò le manette.
Salirono in macchina veloci e tornarono a casa.
Arrivati a casa il ragazzo raccontò confusamente
tutta quella brutta esperienza.
–Tutto è cominciato quando ero al lavoro e sono venuti quattro tipi che volevano i soldi che
avevo nella cassa. Ma non gli bastavano e allora mi hanno detto che dovevo portare altri soldi
e altri gioielli… Ecco perché, mamma, non so se hai visto, non ci sono più alcuni tuoi gioielli e i
soldi che erano nella cassaforte, ma se non lo facevo rischiavo di perdere la vita e non volevo
che questo succedesse, allora ho preso tutto, ma a loro non bastava e allora mi hanno
incatenato a un letto e poi, dopo due giorni che mi facevano la guardia, se ne sono andati e,
fortunatamente, sono arrivati loro che mi hanno liberato, altrimenti rimanevo lì in eterno.
P. e S.
Formulazione di ipotesi
Perché il giovane se ne è andato di casa?
Doveva fare delle cose importanti.
Perché proprio il giorno del suo compleanno?
Perché non aveva altro tempo a disposizione.
Dove sarà andato e con chi?
All’estero con un ricercato dalla polizia.
Come vivrà? Cosa starà facendo?
Vivrà non molto bene perché alcune cose non sono andate secondo i suoi piani.
Sta cercando un modo per procurarsi dei soldi.
Sviluppo del racconto
Titolo: La partenza misteriosa
Un pomeriggio, sul tardi, Sara e la sua mamma stavano rientrando a casa da una festa.
Sara abitava in un palazzo di un quartiere vicino al mare da cui si vedeva una magnifica
spiaggia.
Quella sera, Sara era particolarmente triste perché aveva dovuto lasciare la festa.
Sara alzò lo sguardo al cielo pensando che, una volta in casa, avrebbe dovuto fare i compiti, e
vide una strana signora che osservava chiunque passava. Stava con la testa appoggiata contro
le tendine e sentiva nelle narici l’odore del cretonne polveroso.
In quel momento quella strana signora se ne stava lì, dietro i vetri della finestra, a guardare il
viale che conduceva al mare.
A un certo punto Sara sentì il rumore di un pallone, si girò e vide che Pietro, un suo compagno
di classe, stava giocando a basket con un gruppo di amici nel campetto del quartiere.
Sara, che stava chiacchierando con Pietro, si sentì chiamare. Si girò e vide che a chiamarla era
stato il suo vicino di casa che voleva dirle una cosa.
Allora Sara si avvicinò e il vicino le disse
che in giro girava la voce che la strana
signora del primo piano era una gran
pettegola e che stava alla finestra fin
dalle prime ore del mattino, come di
vedetta, e poco o nulla le sfuggiva.
Le disse anche che la signora era molto
triste perché suo figlio minore se ne era
andato di casa proprio il giorno del suo
diciottesimo compleanno.
Il comportamento del figlio era stato strano perché in quei diciotto anni non aveva mai fatto
supporre che potesse fare qualcosa del genere. Che cosa poteva essere successo?
Sara chiuse gli occhi e provò a immaginare…
Il figlio, parlando al telefono, aveva detto: - Ci vediamo stanotte sotto casa mia alle 3:30 per
andare all’aeroporto. Cerca di esserci! Mi raccomando!
Ma la signora non era riuscita a sentire molto.
Subito dopo però aveva sentito un rumore come di cose buttate all’aria.
Così come aveva detto, alle 3:30 il ragazzo era uscito di casa ed era salito in una macchina
dove l’aspettava un signore (un ricercato dalla polizia) e insieme erano andati all’aeroporto.
I due, arrivati all’aeroporto, avevano preso un volo per l’estero.
Arrivati a destinazione il ragazzo aveva chiesto al signore (lui lo chiamava così perché non
sapeva che era un ricercato) se quello che doveva fare per guadagnare i soldi avrebbe
funzionato.
Lui gli aveva risposto che avrebbe funzionato alla perfezione e così erano andati in un albergo.
Nel frattempo a casa della sua mamma erano successe un po’ di cose.
Sua mamma si era svegliata e era andata a
chiamarlo, ma in camera sua non c’era
nessuno, poi era andata in salotto dove
aveva trovato il latte rovesciato e una tazza
di caffè sporca.
Infine, quando era andata a vestirsi si era
accorta che mancavano un suo braccialetto
d’oro e due suoi portafogli. Allora aveva
denunciato la scomparsa alla polizia.
Intanto all’estero suo figlio, mentre stava
cercando su internet informazioni sugli incontri di box (che era quello che doveva fare per
potersi pagare l’affitto) per sbaglio aveva pigiato un pulsante e gli era apparsa una pagina
dove c’era scritto: Goffredo Gacchia è evaso dalla prigione un anno fa e è ricercato dalla
polizia.
Il ragazzo, visto che era partito proprio con quel Goffredo Gacchia ricercato dalla polizia,
avendo paura che gli succedesse qualche cosa, aveva chiamato la polizia e detto dove si
trovavano.
I poliziotti erano arrivati subito, avevano portato via Goffredo Gacchia e ringraziato il ragazzo
regalandogli un viaggio in Italia.
Il ragazzo aveva ringraziato i poliziotti ed era partito subito per l’Italia.
Arrivato in Italia, visto che non poteva pagarsi l’affitto, era tornato a vivere da sua madre che
ne era stata molto felice.
E per festeggiare il suo ritorno la mamma aveva dato una grande festa dove tutti, parenti,
amici e conoscenti erano stati invitati…
Sara riaprì gli occhi… La signora era sempre là, alla finestra, con quell’aria triste sul volto…
Chissà se quel suo figlio sarebbe mai tornato a casa!
R. e S.
Formulazione di ipotesi
Perché il giovane se ne è andato di casa? Perché non voleva stare con il fratello.
Perché proprio il giorno del suo compleanno? Perché non voleva accettare il regalo del
fratello.
Dove sarà andato e con chi? A casa della sua fidanzata.
Come vivrà? Cosa starà facendo? Sta andando a lavoro, felice.
Sviluppo del racconto
Titolo: La telefonata misteriosa
Sara era tornata dalla visita ai nonni che non vedeva da due mesi.
Tornando a casa alzò gli occhi verso una finestra del condominio e vide la signora del secondo
piano che aveva un’aria triste. Se ne stava lì dietro i vetri della finestra a guardare il viale che
conduceva al mare. Sara non sapeva quello che era successo.
Si diceva che i due fratelli, figli della signora, avevano
litigato e il fratello più piccolo non voleva più vedere
l’altro e neanche la madre, così lei si consolava
ricordandosi i bei momenti passati quando i suoi
figlioli andavano d’accordo.
La signora, per il compleanno del figlio più piccolo, gli
aveva preparato un regalo per riconquistare la sua
fiducia. Quando arrivò il giorno del compleanno la
madre, sapendo che il figliolo veniva di pomeriggio a
casa, gli mise il regalo sopra il tavolo della cucina.
Il figliolo, quando entrò in casa vide il regalo, ma
credendo fosse del fratello non lo considerò, e si mise a
guardare la tv.
La madre, uscita dalla camera per dirgli che il regalo
glielo aveva fatto lei, vide il figlio addormentato sulla
poltrona con la tv accesa e notò che non aveva aperto il
regalo. Ne fu molto dispiaciuta.
Durante la notte la signora, che dormiva con difficoltà, aveva sentito una telefonata del suo
figliolo che diceva: - Stanotte vengo da te e porto tutta la roba.
La signora si era impensierita, però era riuscita a riaddormentarsi.
Il giorno dopo, un po’ scombussolata, non si ricordava molto bene le parole che aveva detto il
suo figliolo durante la notte. Molto preoccupata aveva chiamato l’altro figlio e gli aveva detto:
- Gaspare, aiutami, sono preoccupata per tuo fratello Orazio!
Alla fine la signora venne a sapere che il figlio più piccolo, Orazio, abitava nella casa della sua
fidanzata e aveva trovato un lavoro.
Dopo un po’ di tempo Orazio fece pace con sua madre e col fratello Gaspare.
DIARIO DI BORDO
(Palma Prisco)
Maggio 2014
 Si sceglie una terza annotazione, quella di Aurora, che ha suscitato parecchia curiosità:
“Ho trovato delle piccole ossa sotto le assi di legno del porto. Di chi sono?
Forse di un gabbiano?”
 Si ricostruisce la situazione comunicativa (quando, dove, chi, cosa, come, perché…).
 Si formulano ipotesi sul perché di quelle ossa.
 La maestra propone ai bambini di guardare, alla LIM, il film “La danza del gabbiano”
tratto dalla serie televisiva “Il commissario Montalbano”
(http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-89d8fa3b-82de-4555-81118f629b13d3f3.htmlla ) La proposta è accolta con grande entusiasmo.
 Si guarda la parte iniziale del film, in cui si vede il commissario Montalbano che osserva dei
gabbiani in volo e ne vede cadere e morire uno, proprio sulla spiaggia davanti a casa sua.
 La maestra legge il brano relativo all’episodio, dal libro da cui è stato tratto il film:
Andrea Camilleri “La danza del gabbiano”, ed. Sellerio, pagg. 9-13.
 Si avvia una conversazione rivolta a evidenziare le differenze e le somiglianze tra la scena
del film e la descrizione dello stesso episodio nel libro di Camilleri.
 La maestra invita i bambini a illustrare con un disegno la scena del film che hanno trovato
più interessante e a riprodurre, prima con la voce e poi graficamente, il canto del gabbiano.
 La maestra fa rivedere più volte la scena del film mentre i bambini disegnano.
 La maestra legge la poesia “Gabbiani” di Vincenzo Cardarelli e avvia una conversazione
per chiarirne il contenuto e il significato.
 Si dà spazio alla fantasia immaginando un incontro col commissario Montalbano venuto a
Rosignano per collaborare con la Polizia locale: si costruisce, così, una situazione
comunicativa che, nell’immaginario, renderà possibile l’incontro.
 Si crea un contesto narrativo che consentirà ai bambini stessi di entrare direttamente nel
racconto.
 Si dà avvio alla scrittura: i bambini, a coppie o a gruppi di tre, sviluppano una o più parti
del testo scrivendo direttamente al computer.
 Si ricompone il racconto mettendo insieme le varie parti e apportando le correzioni e le
integrazioni necessarie.
SPAZIO PER LA RIFLESSIONE SULLA LINGUA
Ripasso e consolidamento conoscenza verbi:
coniugazione dei verbi nei tempi del modo indicativo e congiuntivo.
Ripasso e consolidamento conoscenza parti variabili e invariabili del discorso:
articoli, nomi, aggettivi, pronomi, verbi – congiunzioni, interiezioni, preposizioni, avverbi.
Consolidamento conoscenza complementi: oggetto, tempo, luogo, modo, mezzo.
Esercitazioni di analisi logica e grammaticale.
Attività con i bambini
REALTÀ E IMMAGINAZIONE
Parte terza
DALLE ANNOTAZIONI AL RACCONTO
Si rileggono le annotazioni e si sceglie quella di Aurora (le strane ossa trovate al porto sotto
delle assi di legno, forse di un gabbiano…)
Ho trovato delle piccole ossa sotto le assi di legno del porto.
Di chi sono? Forse di un gabbiano?
Dal gabbiano di Aurora al gabbiano … del commissario Montalbano
La maestra propone la visione del film: “La danza del gabbiano” tratto dalla serie televisiva
“Il commissario Montalbano” (parte iniziale).
La scena si apre proprio col commissario che, dopo la sua nuotata mattutina, si asciuga sulla
verandina che si affaccia sulla spiaggia e si mette a osservare dei gabbiani in volo. Ne vede uno
cadere sulla sabbia, gli si avvicina e lo vede agonizzare e morire facendo una strana danza.
La maestra mostra ai bambini il libro dal quale è tratto il film e presenta l’autore.
Vedendo il libro (Andrea Camilleri “La danza del gabbiano” ed. Sellerio) i bambini subito
chiedono: “Ce lo leggi?”
Si legge il brano relativo all’episodio del gabbiano (pag. 9-13). Un bambino di origine siciliana
legge il testo nel dialetto usato dallo scrittore. La maestra lo rilegge in italiano parafrasando
l’originale. (allegato 1)
Conversazione in merito al film visto e al testo letto.
Disegno individuale relativo all’episodio descritto nel film e nel libro e riproduzione vocale e
grafica del canto del gabbiano. (allegato 2)
Lettura della poesia “Gabbiani” di Vincenzo Cardarelli (lettura espressiva, esposizione orale
del contenuto, ricerca del significato delle parole…)
Non so dove i gabbiani abbiano il nido, / ove trovino pace. / Io son come loro,
in perpetuo volo. / La vita la sfioro /com'essi l'acqua ad acciuffare il cibo.
E come forse anch'essi amo la quiete, / la gran quiete marina,
ma il mio destino è vivere / balenando in burrasca.
APERTURA ALL’IMMAGINARIO
Immaginiamo…
Un incontro col commissario Montalbano
Dove? - Al commissariato di polizia di Rosignano.
Quando? - Una mattina durante l’orario scolastico.
Cosa? - Uscita con le maestre e visita al commissariato.
Chi? - Noi bambini, le maestre, i poliziotti, il commissario.
Perché? - Vogliamo raccontare al commissario i nostri misteri per farci aiutare a risolverli.
Come? - Abbiamo parlato in classe dei nostri misteri e con le maestre abbiamo pensato di
andare al commissariato per parlarne col commissario.
Antefatto - Avevamo già sentito parlare di questo famoso commissario siciliano e lo avevamo
visto anche in televisione. Si trovava a Rosignano per risolvere un caso difficile in
collaborazione con la polizia locale. Il caso di un giovane scomparso da casa il giorno del suo
diciottesimo compleanno.
Arrivo in commissariato - Entriamo nella sala d’attesa e chiediamo del commissario. Un
agente ci dice di aspettare (le maestre avevano preso un appuntamento ed eravamo attesi).
Dopo qualche minuto l’agente torna e ci scorta dal commissario. Entriamo e salutiamo. Il
commissario ci sorride e risponde al nostro saluto.
Descrizione del commissario - Completamente calvo, di media statura, corporatura robusta,
lineamenti del viso regolari, espressione seria, sguardo intelligente. Abita in Sicilia in una casa
vicino al mare. Quando è a casa si rilassa nuotando e guardando il mare dalla sua verandina.
Colloquio col commissario - Ci chiede perché vogliamo parlare con lui. Noi gli raccontiamo i
nostri misteri: la bottiglietta nascosta, il braccialetto scomparso, i segreti dei genitori, la
telefonata strana, i portafogli introvabili, le pigne staccate dai pini, il latte versato, gli strani
comportamenti dei fratelli di alcuni, rumori sospetti, gomme penne e altri oggetti spariti dai
banchi, le ossa al porto forse di un gabbiano morto…
Sorpresa del commissario - Alla parola gabbiano il commissario ci guarda “strammato”, come
direbbe lui nel suo dialetto siciliano, che in italiano significa “stupefatto, disorientato”…
Guarda Aurora che ha detto del gabbiano e le chiede di raccontargli i particolari del
ritrovamento delle ossa.
Aurora racconta… (sul quaderno, s’incolla in fotocopia il testo di Aurora che viene riletto da lei
stessa nel registro narrativo richiesto dalla situazione)
“Un giorno di gennaio sono andata al porto. Stavo giocando insieme a un’amica, poi siamo
andate a vedere le navi. Ho guardato a terra perché mi era caduta una cosa e ho visto che
c’era una fessura tra una trave e l’altra, e sotto c’era una cosa bianca. Ho detto subito alla mia
amica: – Guarda tra le travi! –
Insieme siamo andate dai nostri genitori e gli abbiamo raccontato quello che era successo.
Loro ci hanno detto: – Lasciate stare, non è niente. –
Noi, comunque, volevamo scoprire cos’era quella cosa bianca.
Io e la mia amica siamo andate a prendere un legno e abbiamo provato a toccarla: era una
cosa dura. Mi sono sdraiata e ho visto che erano delle ossa.
Ho detto alla mia amica: – Sono ossa! –
A quel punto dovevamo scoprire di chi erano. Ma il buco fra le travi era troppo stretto e non si
vedeva bene, l’unica cosa che si capiva è che le ossa erano molto piccole.
Abbiamo ipotizzato che erano di un gabbiano che voleva prendere un pesce ed era affogato,
oppure che un pesce stava nuotando e si era ritrovato lì imprigionato, senz’acqua, ed era
morto. Dopo siamo andate via, ma il mistero non era risolto.”
Reazione del commissario - Riflette un momento e poi chiede: “Bambini, avete mai visto
morire un gabbiano?” (domanda che nel film e nel libro, il commissario rivolge a più di una
persona, dopo aver visto il gabbiano morire sulla spiaggia davanti a casa sua).
Noi, in coro: “No!” Il commissario aggiunge: “Io sì, vi racconto…”
CLASSE DE REVE - La maestra rilegge il brano passando dalla terza persona del testo originale
alla prima persona: è il commissario che racconta…(allegato 3)
S’incolla sul quaderno il testo trascritto al computer e si rilegge (leggono i bambini).
allegato 1
Andrea Camilleri “La danza del gabbiano”, ed. Sellerio, pagg. 9-13
ll testo viene letto nel dialetto siciliano usato dallo scrittore (legge un bambino di origine
siciliana) e poi in lingua italiana parafrasando l’originale (legge la maestra)
Fu verso le cinque del mattino che non ce la fece più a restarsene a letto con gli occhi spalancati a guardare il
soffitto… Si alzò, andò ad aprire la porta-finestra della verandina. La giornata che si presentava era una vera
bellezza, tutta tirata a lucido, sembrava un quadro ancora fresco di colore. … Uscì fuori ed ebbe un brivido di
freddo. Si era a metà maggio e in altri tempi già ci sarebbe stato un caldo quasi estivo, invece la giornata
sembrava ancora marzolina. Forse si sarebbe guastata verso la fine della mattinata. Sulla destra appariva
qualche nuvola nera. Rientrò, andò in cucina e si preparò il caffè. Bevve la prima tazza e si chiuse nel bagno.
Quando uscì, vestito, prese la seconda tazza e se l’andò a bere seduto nella verandina.
«È mattiniero, stamattina, commissario!».
Alzò una mano in segno di saluto. Era il signor Puccio che spingeva la barca in acqua, ci saliva e iniziava a
remare puntando al largo. Da quanti anni era che gli vedeva fare sempre gli stessi movimenti? Poi si perse a
guardare il volo di un gabbiano. Ormai di gabbiani se ne vedevano pochi. Chissà perché avevano traslocato in
paese… era come se gli uccelli si fossero stufati del mare e se ne stessero alla larga dalle onde. Perché si
erano ridotti a cercare il loro mangiare nell’immondizia cittadina invece di andare a pescare pesce fresco?
Perché si erano degradati fino a dover litigare con i sorci per una testa di pesce putrefatto? Ma si erano
ridotti veramente così o era cambiato qualcosa nell’ordine della natura?
All’improvviso il gabbiano chiuse le ali e incominciò a picchiare verso la spiaggia. Che aveva visto? Ma quando
arrivò a toccare col becco la spiaggia, invece di risollevarsi in aria con la preda, s’afflosciò, diventò un
immobile mucchietto di penne agitate lievemente dal venticello del primo mattino. Forse gli avevano
sparato, malgrado il commissario non avesse sentito alcun colpo di fucile. Ma chi era l’imbecille che poteva
mettersi a sparare a un gabbiano? L’uccello, che distava una trentina di passi dalla verandina, di certo era
morto. Ma poi, mentre Montalbano lo stava a guardare, ebbe come un fremito, si rizzò a fatica sulle zampe,
s’inclinò tutto da un lato, aprì una sola ala, quella più vicina alla rena, e si mise a girare su se stesso, mentre
la punta dell’ala gli disegnava un cerchio tutt’intorno e il becco stava alzato verso il cielo in una posa
innaturale che gli faceva il collo tutto storto. Ma che stava facendo? Ballava? Ballava e cantava. Anzi, no, non
cantava, il suono che gli usciva fuori dal becco era roco, disperato, sembrava che domandasse aiuto. E ogni
tanto, sempre girando, raddrizzava il collo tendendolo in alto fino all’inverosimile e col becco faceva avanti e
indietro, parevano un braccio e una mano che volevano posare qualcosa in alto e non ci riuscivano.
Montalbano in un battibaleno scese sulla spiaggia e gli arrivò a un passo. Il gabbiano non fece alcun cenno di
averlo veduto, ma subito dopo il suo girare diventò incerto, sempre più traballante, e alla fine l’uccello dopo
un suono altissimo che sembrò umano, perse l’appoggio dell’ala, s’accasciò di lato e morì.
«Ha ballato la sua morte» pensò il commissario, impressionato da quello che aveva appena veduto. Ma non
voleva lasciarlo ai cani e alle formiche. L’agguantò per le ali e se lo portò nella verandina. Andò in cucina e
prese un sacchetto di plastica. Ci mise dentro l’uccello e lo zavorrò con due pietre ferrigne che teneva in casa
per bellezza, si levò scarpe, pantaloni e camicia, entrò in mare in mutande, arrivò all’acqua al collo, fece
roteare forte il sacchetto e lo lanciò più lontano che poté. Tornò a casa ad asciugarsi intirizzito dal freddo.
Per riscaldarsi preparò un’altra caffettiera e bevve il caffè bollente.
Mentre era in macchina verso Punta Raisi, il pensiero gli tornò al gabbiano che aveva veduto ballare e morire.
Vai a sapere perché aveva l’impressione che gli uccelli fossero eterni e quando gli era capitato di vederne
qualcuno morto era stato sempre preso da una leggera meraviglia come si prova davanti a qualcosa che non
si pensava potesse accadere mai. Era quasi certo che al gabbiano che aveva veduto morire non avevano
sparato. Quasi certo perché forse l’avevano preso con un solo pallino che non gli aveva fatto uscire
nemmeno una goccia di sangue, ma era bastato ad ammazzarlo. Morivano tutti così i gabbiani, facendo
quella specie di balletto straziante? La scena di quella morte non se la poteva togliere dalla testa.
allegato 2
allegato 3
Andrea Camilleri “La danza del gabbiano”, ed. Sellerio, pagg. 9-13
Trascrizione del brano in italiano e in prima persona (la narrazione originale è in terza
persona e nel particolare dialetto siciliano usato dallo scrittore)
Fu verso le cinque del mattino che non ce la feci più a restarmene a letto con gli occhi spalancati a guardare
il soffitto… Mi alzai, andai ad aprire la porta-finestra della verandina. La giornata che si presentava era una
vera bellezza, tutta tirata a lucido, sembrava un quadro ancora fresco di colore. … Uscii fuori ed ebbi un
brivido di freddo. Si era a metà maggio e in altri tempi già ci sarebbe stato un caldo quasi estivo, invece la
giornata sembrava ancora marzolina. Forse si sarebbe guastata verso la fine della mattinata. Sulla destra
appariva qualche nuvola nera. Rientrai, andai in cucina e mi preparai il caffè. Bevvi la prima tazza e mi chiusi
nel bagno. Quando uscii, vestito, presi la seconda tazza e me l’andai a bere seduto nella verandina.
«È mattiniero, stamattina, commissario!».
Alzai una mano in segno di saluto. Era il signor Puccio che spingeva la barca in acqua, ci saliva e iniziava a
remare puntando al largo. Da quanti anni era che gli vedevo fare sempre gli stessi movimenti? Poi mi persi
a guardare il volo di un gabbiano.
Ormai di gabbiani se ne vedevano pochi. Chissà perché avevano traslocato in paese… Era come se gli uccelli
si fossero stufati del mare e se ne stessero alla larga dalle onde. Perché si erano ridotti a cercare il loro
mangiare nell’immondizia cittadina invece di andare a pescare pesce fresco? Perché si erano degradati fino
a dover litigare con i sorci per una testa di pesce putrefatto? Ma si erano ridotti veramente così o era
cambiato qualcosa nell’ordine della natura?
All’improvviso il gabbiano chiuse le ali e incominciò a picchiare verso la spiaggia.
Che aveva visto? Ma quando arrivò a toccare col becco la spiaggia, invece di risollevarsi in aria con la preda,
s’afflosciò, diventò un immobile mucchietto di penne, agitate lievemente dal venticello del primo mattino.
Forse gli avevano sparato, malgrado io non avessi sentito alcun colpo di fucile.
Ma chi era l’imbecille che poteva mettersi a sparare a un gabbiano?
L’uccello, che distava una trentina di passi dalla verandina, di certo era morto. Ma poi, mentre lo stavo a
guardare, ebbe come un fremito, si rizzò a fatica sulle zampe, s’inclinò tutto da un lato, aprì una sola ala,
quella più vicina alla rena, e si mise a girare su se stesso, mentre la punta dell’ala gli disegnava un cerchio
tutt’intorno e il becco stava alzato verso il cielo in una posa innaturale che gli faceva il collo tutto storto. Ma
che stava facendo? Ballava? Ballava e cantava. Anzi, no, non cantava, il suono che gli usciva fuori dal becco
era roco, disperato, sembrava che domandasse aiuto. E ogni tanto, sempre girando, raddrizzava il collo
tendendolo in alto fino all’inverosimile e col becco faceva avanti e indietro, parevano un braccio e una
mano che volevano posare qualcosa in alto e non ci riuscivano.
Io, in un battibaleno, scesi sulla spiaggia e gli arrivai a un passo. Il gabbiano non fece alcun cenno di avermi
veduto, ma subito dopo, il suo girare diventò incerto, sempre più traballante, e alla fine l’uccello, dopo un
suono altissimo che sembrò umano, perse l’appoggio dell’ala, s’accasciò di lato e morì.
«Ha ballato la sua morte» pensai, impressionato da quello che avevo appena veduto. Ma non volevo
lasciarlo ai cani e alle formiche. L’agguantai per le ali e me lo portai nella verandina. Andai in cucina e presi
un sacchetto di plastica. Ci misi dentro l’uccello e lo zavorrai con due pietre ferrigne che tenevo in casa per
bellezza, mi levai scarpe, pantaloni e camicia, entrai in mare, arrivai all’acqua al collo, feci roteare forte il
sacchetto e lo lanciai più lontano che potei.
Tornai a casa ad asciugarmi intirizzito dal freddo.
Per riscaldarmi preparai un’altra caffettiera e bevvi il caffè bollente.
Mentre ero in macchina verso Punta Raisi, il pensiero mi tornò al gabbiano che avevo veduto ballare e
morire. Vai a sapere perché, avevo l’impressione che gli uccelli fossero eterni e quando mi era capitato di
vederne qualcuno morto ero stato sempre preso da una leggera meraviglia come si prova davanti a
qualcosa che non si pensava potesse accadere mai. Ero quasi certo che al gabbiano che avevo veduto
morire non avevano sparato. Quasi certo perché forse l’avevano preso con un solo pallino che non gli aveva
fatto uscire nemmeno una goccia di sangue, ma era bastato ad ammazzarlo.
Morivano tutti così i gabbiani, facendo quella specie di balletto straziante?
La scena di quella morte non me la potevo togliere dalla testa…
LA SCRITTURA
Avvio alla costruzione del racconto
Incipit - Quella mattina non stavamo più nella pelle dalla contentezza. Dovevamo uscire per
andare a conoscere il commissario Montalbano, venuto a Rosignano per risolvere un caso
difficile insieme alla Polizia del nostro paese. I giornali ne avevano parlato molto: si trattava
della scomparsa di un ragazzo che era andato via di casa il giorno del suo diciottesimo
compleanno e non aveva più dato sue notizie.
Accompagnati dalle maestre, che avevano organizzato l’incontro, ci siamo incamminati in fila
per due verso il commissariato di Polizia, poco distante dalla nostra scuola …
A. Costruzione del racconto “a pezzi” per coppie o gruppi di tre alunni (ogni coppia o gruppo
sviluppa una o più parti)
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
Sviluppo dell’incipit
Descrizione delle emozioni e delle sensazioni per questo evento inaspettato
Descrizione della passeggiata da scuola al commissariato
Descrizione del commissariato
Descrizione dell’ufficio del commissario
Descrizione del commissario
Dialogo col commissario
Dialogo sulla poesia “Gabbiani” di Vincenzo Cardarelli (la poesia piace molto al
commissario)
“Non so dove i gabbiani abbiano il nido, / ove trovino pace. / Io son come loro,
in perpetuo volo. / La vita la sfioro /com'essi l'acqua ad acciuffare il cibo.
E come forse anch'essi amo la quiete, / la gran quiete marina,
ma il mio destino è vivere / balenando in burrasca.”
9. Dialogo sul quadro che il commissario tiene in
ufficio appeso alla parete di fronte alla sua
scrivania (il commissario ama l’arte e soprattutto
quadri che rappresentano paesaggi marini che gli
ricordano la sua amata terra, la Sicilia)
10. Descrizione del quadro che rappresenta dei
gabbiani in volo
11. Conclusione dell’incontro e saluti
12. Ritorno a scuola e commenti sull’esperienza
B. Ricostruzione del racconto mettendo insieme i pezzi scritti dai bambini
C. Suddivisione in paragrafi e assegnazione dei titoli
PRODUZIONE DEGLI ALUNNI
LAVORO A COPPIE O A GRUPPI DI TRE
Costruzione del racconto “a pezzi”
A. e N. - Incipit
- Eravamo usciti di scuola con le maestre per andare al commissariato di Rosignano a trovare
il commissario Montalbano, che è venuto in paese per risolvere un caso difficile: un ragazzo
scomparso proprio il giorno del suo diciottesimo compleanno. Le maestre avevano
organizzato tutto per noi e ci avevano fatto una sorpresa. Siamo andati a piedi al
commissariato, era vicino alla nostra scuola.
L. e S. - Incipit
- Un giorno abbiamo chiesto alle maestre se si poteva organizzare un’uscita al commissariato
di Polizia Municipale. Le maestre hanno deciso di farla la settimana successiva.
Finalmente siamo arrivati all’uscita mattutina al commissariato.
Prepariamo zainetto e merenda, stiamo dietro i nostri banchi, la maestra ci dice:
“Chi deve andare in bagno ci vada ora!” E tutti in bagno…
Dopo ci siamo messi in fila per due per partire.
Siamo partiti per il commissariato di Polizia per andare dal commissario Montalbano.
- In una radiosa giornata di maggio, le maestre hanno organizzato un’uscita al commissariato
di Polizia Municipale per conoscere il commissario Montalbano e raccontargli i nostri
misteri.
Il giorno dell’uscita abbiamo preparato zainetti e merende.
Dopo, la maestra ha detto che chi doveva andare in bagno ci doveva andare subito, e tutti
in bagno. Poi in fila siamo usciti tutti insieme…
J. R. e G. - La passeggiata da scuola al commissariato
Un normale giorno di scuola si trasformò in una bellissima giornata quando le maestre ci
dissero che si andava al commissariato.
Noi, saputa la notizia, ci siamo messi a urlare dalla contentezza.
Non sapendo come era fatto questo luogo, mentre passeggiavamo, si giocava e si
chiacchierava di come poteva essere il commissariato. Chiedemmo alle maestre se era
lontano e le maestre ci risposero:
- No, è dietro l’angolo. Noi abbiamo capito che non era tanto lontano da scuola.
Girato l’angolo ci siamo messi a correre verso le scale del commissariato, ci siamo fermati e le
maestre ci hanno detto di non urlare una volta entrati. Poi siamo entrati in sala d’attesa e un
agente ci ha fatto entrare dal commissario.
S. e R. - La passeggiata da scuola al commissariato
Quando siamo arrivati a scuola si era tutti eccitati mentre si era in fila: si aspettava che le
maestre ci portassero in classe e intanto si chiacchierava.
Bisognava andare a conoscere il commissario Montalbano e dirgli i nostri piccoli misteri.
Le maestre ci hanno chiesto: “Bambini, siete molto emozionati?”
Noi tutti in coro: “Siiii, tantissimo!!!!!”
Abbiamo preso i nostri zainetti con tutto il necessario per la merenda.
Ci siamo levati il grembiule e qualcuno è andato a prendere il giacchetto in caso avesse freddo
anche se era una bellissima giornata. Poi siamo partiti molto emozionati.
Le maestre ci hanno detto: “ Bambini state in fila per due sul marciapiede!”
Lungo il cammino ci si sentiva molto emozionati, si sapeva che era una visita molto
interessante, si chiacchierava moltissimo di come sarebbe stata la giornata, anche se le
maestre ci dicevano: “State in silenzio o almeno parlate piano!”
Abbiamo fatto una lunga e divertente passeggiata dalla scuola “Europa” al commissariato.
Quando siamo arrivati si era stanchi, ma sempre con la voglia di conoscere il commissario
Montalbano, molto bravo a risolvere i misteri.
A. e J. - Emozioni e sensazioni per questo evento inaspettato
Eravamo molto eccitati e sorpresi per la visita al commissariato.
Durante il cammino eravamo pieni di gioia perché dovevamo incontrare una persona
importante: il famoso commissario Montalbano.
Appena entrati abbiamo provato una sensazione di disagio perché attorno a noi c’erano molti
poliziotti.
Nella sala d’aspetto provavamo molta allegria perché nessuno aveva il permesso di fare una
gita al commissariato.
Ognuno di noi faceva qualcosa: Leonardo rideva con Shaqir e Sveva, Vittoria e Alessia
parlavano con Matilde e Aurora dell’incontro con il commissario.
Facevamo molto baccano fra risate e chiacchiere e c’era chi parlava a voce molto alta, ma ai
poliziotti non dava fastidio.
Quando l’agente di polizia ci venne a chiamare eravamo molto ansiosi di vedere il
commissario.
Davanti a lui eravamo felicissimi perché era una persona molto importante.
Dopo la chiacchierata con il commissario Montalbano eravamo molto felici, ma allo stesso
tempo anche dispiaciuti perché dovevamo tornare a scuola.
Incamminandoci verso la scuola la maestra chiese: - Vi siete divertiti in questa uscita al
commissariato? - E noi le rispondemmo: - Tantissimo!!!! 
M. e V. - Descrizione del commissariato
Il commissariato è molto grande con molti uffici.
L’atrio ha una scrivania dove il centralino prende gli appuntamenti e anche delle poltrone di
velluto rosso dove le persone aspettano il proprio turno.
Il pavimento ha delle piastrelle grigie lucide, i muri sono color crema e appesi ci sono dei
quadri colorati.
Un ufficio è quello dove esaminano gli indizi trovati e ci sono molti oggetti diversi.
Un altro è quello dove gli agenti ricevono le chiamate d’emergenza.
Poi c’è una stanza più piccola dove elaborano le strategie per “beccare” i delinquenti ricercati.
Visto da fuori il commissariato non sembra tanto grande, ma è tutto bianco con l’insegna blu
e la scritta “POLIZIA” in celeste.
C’è anche un garage dove ci sono macchine e moto per andare in posti più lontani a grande
velocità, e un giardino dove addestrano e tengono i cani da polizia per aiutarli ad acchiappare i
ricercati.
C’è un posto tutto attrezzato che usano per addestrarsi e per addestrare i nuovi cadetti, e una
stanza segreta dove tengono le armi e gli utensili più pericolosi. Questa stanza si trova dentro
il muro del giardino.
E. e P. - Ufficio del commissario
Quando siamo entrati abbiamo visto…
Una porta dove c’era scritto: ufficio del commissario Montalbano.
Nel corridoio c’erano un paio di sedie, dove si poteva aspettare il commissario.
C’era una gran fila.
Alla fine del corridoio c’era una porta con scritto: “Vietato l’accesso alle persone esterne,
pericolo armi da fuoco”.
Poi un agente di polizia ci invitò a entrare nella stanza del commissario Montalbano.
Appena entrati abbiamo visto un quadro che ci ha colpito, proprio di fronte alla scrivania del
commissario. Era un quadro che raffigurava dei gabbiani in volo: ce n’erano molti, il mare era
mosso e color grigio all’orizzonte, alla riva bianco sfumato.
I gabbiani andavano in picchiata per prendere i pesci.
Il commissario guardava molto spesso quel quadro perché gli ricordava la morte di un
gabbiano che era caduto sulla spiaggia.
Sulla scrivania c’erano molte penne. C’era un disegno del commissario che aveva visto cadere
il gabbiano e guardato la sua morte “ballerina”.
La parete del muro era di color giallo e da una parte c’erano tanti disegni che il commissario
aveva fatto immaginando come poteva essere morto il gabbiano, perché quella scena lo aveva
molto colpito.
A sinistra c’era una bandiera con inciso un disegno che rappresentava lo stemma della polizia
siciliana.
Il commissario, quando siamo entrati, guardava il quadro.
Sentendoci entrare si voltò con una faccia sorridente.
A. e J. - Descrizione del commissario
Il commissario Montalbano è calvo. Ha i lineamenti del viso regolari, gli occhi marroni - verdi
e lo sguardo intelligente. L’ espressione è seria.
È robusto, di media statura e adora nuotare di prima mattina.
Ama scrivere e leggere poesie e storie.
È bravo a risolvere i casi e conosce la maggior parte dei cittadini di Vigata, la città in cui è
nato e cresciuto.
Della sua terra gli piace tutto, ma specialmente il meraviglioso mare.
Ama sedersi in verandina a guardare il mare e i gabbiani.
Gli piacciono i dipinti che rappresentano il mare e le sue bellezze.
Il commissario svolge con cura e attenzione il suo lavoro.
S. e R. - Descrizione del commissario
Il commissario è siciliano, ha 35 anni, è completamente calvo, ha lineamenti regolari, occhi di
colore verde e carnagione chiara; è di media statura e robusto; è molto simpatico.
Ha uno sguardo serio, intelligente e astuto e sembra un un tipo molto sveglio.
Invece di stare a letto guardando il soffitto gli piace nuotare di mattina presto e bere una tazza
di caffè per riscaldarsi dopo aver nuotato.
Abita in una casa affacciata sul mare e scendendo i gradini è già sulla spiaggia.
Quando il tempo lo permette fa una nuotata.
Gli piace stare sulla verandina ad ammirare il paesaggio marino.
N. e A. - Dialogo col commissario
Nella sala d’attesa c’era un agente che aveva l’incarico di chiedere al commissario se i
visitatori potevano entrare. Lui ha detto che andava bene (le maestre avevano già prenotato).
Appena entrati nell’ufficio l’abbiamo salutato e sorridendo ci ha salutato anche lui.
La prima cosa che abbiamo visto nel suo ufficio era un quadro di gabbiani.
Il commissario ha detto: - Bambini, raccontatemi i vostri misteri Noi abbiamo risposto in coro:- Ma certo! La bottiglia nascosta, i braccialetti scomparsi, i
segreti dei genitori, i rumori strani, una telefonata strana, il latte versato, comportamenti
sospetti, le ossa trovate sotto le assi del porto forse di un gabbiano Lui, alla parola gabbiano, si ricordò del gabbiano che aveva visto in Sicilia e disse: - Un giorno
io mi svegliai presto e rimasi un po’ di tempo a guardare il soffitto, ma non era soddisfacente,
quindi mi alzai, mi feci una tazza di caffé, poi scesi e andai a farmi una nuotata. Dopo la
nuotata tornai a casa e, affacciandomi alla verandina, vidi il signor Puccio che spingeva la sua
barca in acqua, ci salì e iniziò a remare verso il largo, ma mentre remava vidi un gabbiano
precipitare e tra me e me mi chiesi: “Cosa avrà visto?”
Ma appena toccò la sabbia con il becco non lo vidi spiccare il volo, allora scesi velocemente a
guardarlo: il gabbiano allungò un’ala e girando si fece un cerchio intorno e poi morì.
Poi aggiunse: - Voi avete mai visto morire un gabbiano?
Noi in coro: - No!
E lui ci dice: - È una cosa molto triste, ma molto difficile da vedere.
S. e S. - Dialogo col commissario
- Buongiorno commissario - disse la maestra Palma.
- Buongiorno commissario, è un piacere conoscerla! - disse Janluigi.
- Cari bambini, sapete perché siete venuti qui? - ci chiese il commissario.
- Sì ! Siamo venuti a raccontarti i nostri misteri - rispose Alessia.
- Allora bambini, visto che sapete già di cosa parleremo, chi vuole iniziare? - chiese il
commissario.
- Io io! Tutte le sere, quando torno a casa vedo una signora triste che mi guarda dalla finestra.
Perché mi guarda? - disse Sara.
- Non saprei - rispose il commissario.
- Ora parlo io! L’ altra mattina, prima di andare a scuola, ho sentito la mia mamma che parlava
al telefono. Poi però non mi ha voluto dire di cosa parlava - disse Vittoria.
-Ora tocca a me! Tornando da ginnastica, mettendo a posto la borsa non ho più trovato il mio
braccialetto. - raccontò Alessia.
- Oh finalmente posso parlare! - esclamò Arianna - Un giorno ero a cena dai miei amici e i
nostri genitori stavano parlando, e quando ci siamo avvicinati ci hanno detto di andare via. Dopo, in coro, Rebecca e Jacqueline dissero: - Ci siamo noi! Ci siamo noi! Una sera mentre
dormivamo, in casa abbiamo sentito degli strani rumori provenire dalla soffitta e dei cassetti
che si aprivano e si chiudevano. - Ora posso parlare io? - disse Virginia - Un giorno eravamo tutti a casa a fare colazione.
Io avevo il mio latte, poi sono andata in bagno e quando sono tornata il latte era rovesciato.
Chi l’aveva rovesciato? - Un giorno mio fratello voleva comprarsi il gelato, ma quando è andato a vedere nello zaino
dove teneva il portafoglio questo non c’era. – disse Gabriele.
- La stessa cosa è successa anche a me! - aggiunse Sveva - Un giorno, mentre ero a casa e
dovevo andare a prendere un giochino, andai nella mia camera a prendere il portafoglio che
era in un cassetto dentro lo scaffale, ma quando aprii il cassetto il portafoglio non c’era più. disse Sveva.
- Noi noi! I nostri fratelli si comportano davvero stranamente, come mai? - dissero in coro Elia
e Andrea.
- Un pomeriggio, tornando a casa, vidi due tizi che raccoglievano le pigne davanti a casa mia e
le trasportavano su un furgone. - raccontò Leonardo.
- Una mattina d’estate scesi in giardino a giocare a basket, ma il pallone era sgonfio, così andai
in garage per prendere l’ago per gonfiarlo, ma l’ago non c’era e il cassetto era aperto. - disse
Pietro.
- Scusi commissario, vorrei dire una parola! - intervenne Nicholas. - Una sera andai al Conad
con la mia famiglia, la mia mamma mi chiese di andare a prendere una bottiglia d’acqua, ma
quando arrivai a prenderla ne trovai una seminascosta dietro lo scaffale, mezza vuota e senza
il tappo. Chi ce l’aveva messa? - Molto interessante! - commentò incuriosito il commissario.
- Ora potrei parlare? - chiese Aurora - L’altro giorno ero al porto. A un certo punto mi cadde
una molletta, così mi abbassai per prenderla. Vidi tra le travi delle ossa e pensai subito che
fossero di un gabbiano. Erano davvero di un gabbiano? -
Il commissario sobbalzò e chiese: - Bambini, avete mai visto morire un gabbiano? Noi bambini in coro: - NO! MAI! - Io sì! E non è molto bello. - commentò il commissario.
Guardando in giro, Rebecca vide un bel quadro attaccato alla parete e chiese al commissario:
- Perché tiene quel quadro in ufficio? - Perché mi piacciono molto il mare e i gabbiani. - rispose il commissario sorridendo.
Erano passate le due ore previste per la visita e il commissario ci salutò dicendoci:
- Ciao bambini, alla prossima!
M. e V. - Dialogo col commissario sulla poesia “Gabbiani” di Vincenzo Cardarelli (la poesia
piace molto al commissario)
Non so dove i gabbiani abbiano il nido,
ove trovino pace.
Io son come loro,
in perpetuo volo.
La vita la sfioro
com'essi l'acqua ad acciuffare il cibo.
E come forse anch'essi amo la quiete,
la gran quiete marina,
ma il mio destino è vivere
balenando in burrasca.
Il commissario ci chiede: - Voi l’avete studiata la poesia “Gabbiani” di Vincenzo Cardarelli? Noi rispondiamo in coro: - Sì! Lui ci inizia a parlare: - Molto bella! Anche io alla vostra età l’ho studiata, mi ha colpito e
interessato subito E noi: - Anche a noi è piaciuta tanto e la maestra ce l’ha approfondita molto.
Ad alcuni bambini, però, non piaceva, ma non volevano dirlo alla maestra.
Allora stavano zitti e non giudicavano se era bella o brutta.
Il commissario chiede: - Quale verso della poesia vi ha più colpito? Alessia risponde: - “Io son come loro in perpetuo volo” Sara: - Anche a me! Matilde: - La vita la sfioro è il mio pezzo preferito E infine Virginia: - A me piace “dove trovino pace”.
Il commissario: - Solo le bimbe hanno risposto. E Janluigi interviene dicendo: - La parte che preferisco è “la quiete marina” Il commissario sospira: - Finalmente un maschio ha parlato! Aurora: - Ma lui interviene sempre! E tutti, perfino il commissario e la maestra, si mettono a ridere.
V. e G. - Dialogo col commissario sulla poesia “Gabbiani” di V. Cardarelli
Non so dove i gabbiani abbiano il nido,
ove trovino pace.
Io son come loro,
in perpetuo volo.
La vita la sfioro
com'essi l'acqua ad acciuffare il cibo.
E come forse anch'essi amo la quiete,
la gran quiete marina,
ma il mio destino è vivere
balenando in burrasca.
Il commissario:- Ciao ragazzi, cosa state studiando a scuola?
Alessia: - Stiamo studiando la poesia di Cardarelli “Gabbiani” a Italiano, a Matematica stiamo
facendo un ripasso generale, a Storia i Romani …
Il commissario: - Quante belle cose state facendo! Anche io quando avevo la vostra età ho
studiato la poesia “Gabbiani. Vi piacciono le poesie?
Noi: - Sìììì!
Il commissario: - Bene bene! Bravi ragazzi! Chi me la vuole recitare?
Giacomo: - Io! Io!
Il commissario: - Bravo!!! Ti piacciono le poesie, vero?!
Giacomo: - Sì, è vero, ne so molte a memoria!
Il commissario: - Si vede che sei molto bravo!
Arianna: - Caro commissario, le piace questa poesia?
Il commissario: - Ragazzi, mi avete fatto tornare in mente questa bellissima poesia che ho
studiato da bambino come state facendo voi, e anche quella volta che vidi morire un
gabbiano.
Andrea: - Ha visto davvero morire un gabbiano?
Il commissario: - Sì,ragazzi, mi ricordo che una mattina, quando ero in Sicilia, dopo la mia
nuotata mattutina, tornando sulla mia veranda vidi un gabbiano tra molti che precipitò sulla
spiaggia. Andai a vedere e vidi che era morto.
Shaqir: - Signor commissario, che sensazioni le suscita la poesia?
Il commissario: - A me suscita tranquillità, pace e libertà. E a voi, ragazzi?
Alcuni di noi: - Anche a me suscita le sue stesse emozioni, commissario.
Il commissario: - Davvero?
Noi in coro: - Sìììì!!!!!!
Il commissario: - Allora siamo d’accordo?
Elia: - Certo che sì, signor commissario!!!!!
Il commissario: - Grazie per avermi fatto tornare in mente questi bei ricordi.
Vittoria: - Di nulla, signore!
A. e A. - Dialogo col commissario riguardo al quadro
Questo quadro piace tanto al commissario e lo tiene
appeso al muro in ufficio proprio sulla parete di
fronte alla sua scrivania.
Appena arrivati ci siamo fatti accompagnare nell’ufficio del commissario e ci siamo accorti che
stava guardando con attenzione un quadro.
Il commissario ci dice: “Buongiorno, non vi avevo visti arrivare.”
Noi rispondiamo in coro: “Buongiorno!!!!!!!!!”
Il commissario chiede: “Vi piace questo quadro?”
Tutti rispondiamo: “Sìììììììì!!!!”
E continuiamo: “Perché commissario, tiene attaccato alla parete quel quadro che raffigura dei
gabbiani in volo?”
Il commissario risponde: “Vedete bambini, io ho una grande passione per i quadri e questo, in
particolare, mi piace molto perché mi ricorda i gabbiani che prima volavano vicino a casa mia
sul mare, ma adesso non ci sono più e per qualche motivo sono volati in città.”
Aurora aggiunge: “Visto che lei è molto appassionato di gabbiani mi saprebbe dire perché il
mese scorso ho trovato delle ossa, forse di gabbiano, sotto le assi di legno del porto?”
Il commissario riflette per qualche secondo e le risponde: “Sai Aurora, proprio l’altro giorno ho
visto un gabbiano cadere e morire e ancora adesso non riesco a credere che gli uccelli possano
perdere la vita, e quindi non so precisamente cosa risponderti.”
Il commissario continua: “Quali emozioni vi suscita questo quadro?”
Un bambino risponde: “A me suscita prima di tutto la libertà e anche la tranquillità che i
gabbiani trasmettono mentre volano.”
Il commissario allora aggiunge: “Anche io la penso come te. Sono delle emozioni bellissime ed
è per questo che quando sono triste mi basta guardare questo quadro per ricordarmi che la
vita è una sola e quindi va vissuta con felicità.”
R. J. e G. - Descrizione del quadro
Il mare è scuro e quindi è profondo, ed è mosso.
Si vede che è tardo pomeriggio, perché il cielo è più scuro.
C’è uno stormo di gabbiani che volano sopra il mare in cerca di cibo.
Ci sono dei gabbiani che volano più velocemente, quindi sono più avanti e alcuni che volano
più piano, quindi sono più indietro.
Qualche gabbiano è già in acqua per prendere i pesci, altri invece, sono ancora in volo per
cercarne qualcuno e prenderlo.
E. e P. - Conclusione dell’incontro e saluti
Dopo aver parlato col commissario dei nostri piccoli misteri e di altre belle cose, arrivò
l’agente che ci disse che il tempo era terminato e dovevamo tornare a scuola.
Appena sentito, noi in coro si disse: - Noooo! –
Allora, con tanto malincuore si salutò. Il commissario ci regalò un CD intitolato “La danza del
gabbiano” e una penna ciascuno, ma soprattutto salutò meglio Aurora perché aveva visto le
ossa del gabbiano, e le disse che se vedeva un gabbiano morire doveva tornare subito a
dirglielo e raccontargli tutto quello che era successo.
Poi ci siamo avviati a scuola.
M. L. e S. - Conclusione dell’incontro e saluti
Il commissario, dopo aver risposto alle nostre domande ci salutò dicendo: - Grazie per la visita,
ciao e a buon rendere! E noi lo ricambiammo rispondendo: - Ciao! E… a rivederci! L’ agente ci scortò fuori dal commissariato.
Messi in cammino verso la scuola noi bambini, emozionati dell’incontro con il famoso
commissario, si chiacchierava e si scherzava per tutto il tragitto.
Arrivati a scuola abbiamo parlato della nostra esperienza e abbiamo scritto un bel testo che
poi ha letto e corretto la maestra.
A. e A. - Ritorno a scuola e commenti sull’esperienza
Sfortunatamente siamo dovuti tornare a scuola.
Lungo il tragitto si parlava della bella esperienza che avevamo vissuto conoscendo anche un
famoso commissario.
Appena ci siamo messi in cammino verso la scuola, le maestre ci hanno chiesto: “Vi siete
divertiti?”
Noi in coro: “Siii, moltoo!!!!!”
E così abbiamo incominciato a parlare delle varie cose che avevamo fatto.
Vittoria ha incominciato col dire: “A me è piaciuto molto quando abbiamo parlato delle
poesie!”
Giacomo ha aggiunto: “A me, invece, è piaciuto quando mi ha fatto recitare la poesia.”
Come all’andata, invece di parlare normalmente, si urlava, e così le maestre ci dicevano di
parlare con la voce più bassa, anche se sembrava una cosa davvero impossibile.
Poi è stato il turno di Aurora che ha continuato col dire:
“Il commissario ha detto sempre cose molto interessanti!!”
E tutti in coro: “È vero!!!!!!!!”
L’ultima a parlare è stata Alessia che ha detto: “A me è piaciuto quando abbiamo parlato dei
nostri piccoli misteri e del quadro!”
Ormai eravamo arrivati a scuola, il tempo era passato velocissimo!
A scuola ci siamo preparati e siamo corsi dai nostri genitori a raccontargli la bella esperienza.
S. e A. - Ritorno a scuola e commenti sull’esperienza
Mentre tornavamo a scuola parlavamo.
Sara disse che si era molto emozionata.
Pietro era contento dell’incontro.
La maestra Palma disse: - Bambini, siamo quasi arrivati a scuola. Arrivati a scuola la maestra ci fece parlare delle emozioni che avevamo provato al
commissariato di Polizia.
Alessia raccontò: - Io ho provato tanta gioia perché sono andata in un posto che non avevo
mai visitato. Vittoria, Sveva, Aurora e Matilde esclamarono: - Anche noi come Alessia! Insomma, era stata una bellissima esperienza!
RICOSTRUZIONE DEL RACCONTO METTENDO INSIEME I PEZZI,
SUDDIVISIONE IN PARAGRAFI E ASSEGNAZIONE DEI TITOLI
Incontro
col commissario Montalbano
L’evento
Un giorno abbiamo chiesto alle maestre se si poteva organizzare un’uscita al commissariato di
Polizia Municipale per andare a trovare il commissario Montalbano. Era venuto a Rosignano
Solvay, invitato dalla Polizia locale, per risolvere un caso difficile: un ragazzo era scomparso da
casa proprio il giorno del suo diciottesimo compleanno. Ne avevano parlato anche i giornali.
Noi volevamo conoscerlo di persona e raccontargli i nostri misteri.
Avevamo già sentito parlare di questo famoso commissario siciliano e lo avevamo visto anche
in televisione.
Le maestre, dopo aver parlato tra loro, ci hanno risposto: «Ci penseremo…»
Dopo una settimana ci hanno annunciato che la visita ci sarebbe stata.
Avevano organizzato tutto e ci avevano fatto una sorpresa.
Così, un normale giorno di scuola si è trasformato in una bellissima giornata.
Noi, saputa la notizia, ci siamo messi a urlare dalla contentezza.
La passeggiata da scuola al commissariato: emozione dell’attesa
Finalmente è arrivata la mattina della “gita”. Era una radiosa giornata di fine maggio. Quando
siamo arrivati a scuola eravamo tutti emozionati. Abbiamo preparato i nostri zainetti con
tutto il necessario per la merenda. Ci siamo levati il grembiule e qualcuno ha preso il
giacchetto in caso facesse fresco, anche se era bel tempo. Le maestre ci hanno detto che chi
doveva andare in bagno doveva farlo subito, e tutti siamo corsi in bagno. Poi ci siamo messi in
fila per due, pronti a partire tutti insieme.
Mentre eravamo in fila si chiacchierava del fatto di andare a conoscere il commissario
Montalbano per dirgli i nostri piccoli misteri.
Le maestre ci hanno chiesto: «Bambini, siete contenti?»
Noi tutti in coro: - «Sìììì! Tantissimo!»
Poi ci siamo incamminati verso il commissariato.
Le maestre si sono raccomandate: «Bambini, state in fila per due e camminate sul
marciapiede!»
Durante il cammino eravamo molto emozionati, eccitati e sorpresi per questa visita. Ed
eravamo anche pieni di gioia perché dovevamo incontrare una persona importante: il
commissario Montalbano.
Si sapeva che era un’uscita molto interessante, si chiacchierava moltissimo di come sarebbe
stata la giornata, anche se le maestre ci dicevano: «State in silenzio o almeno parlate piano!»
Abbiamo fatto una divertente passeggiata dalla scuola Europa al posto di Polizia.
Non sapendo come era fatto un commissariato, mentre passeggiavamo, si giocava e si
chiacchierava di come poteva essere questo posto. Chiedevamo alle maestre se era ancora
lontano e le maestre ci rispondevano: «No, è dietro l’angolo.»
Così abbiamo capito che non era tanto lontano da scuola.
Girato l’angolo ci siamo messi a correre verso il luogo della nostra meta, ci siamo fermati e le
maestre ci hanno detto di non urlare.
Quando siamo arrivati eravamo stanchi, ma sempre con la voglia di conoscere il commissario
Montalbano, molto bravo a risolvere i misteri.
Appena entrati abbiamo provato una sensazione di disagio perché attorno a noi c’erano molti
poliziotti.
Nella sala d’aspetto provavamo molta allegria perché nessuno aveva mai avuto il permesso di
fare una gita al commissariato.
Ognuno di noi faceva qualcosa: Leonardo rideva con Shaqir e Sveva, Vittoria e Alessia
parlavano con Matilde e Aurora dell’incontro con il commissario …
Facevamo tutti molto baccano fra chiacchiere e risate e parlavamo ad alta voce, ma ai
poliziotti non dava fastidio.
Noi eravamo molto ansiosi di vedere il commissario.
Un agente ci ha accolto e ci ha fatto visitare il commissariato.
Il commissariato
Il commissariato di Rosignano è molto grande e ha molti uffici.
Nell’atrio c’è una scrivania dove l’agente addetto al centralino prende gli appuntamenti.
Ci sono anche delle poltrone di velluto rosso dove le persone aspettano di essere ricevute.
Il pavimento ha delle piastrelle grigie e lucide, i muri sono color crema e appesi ci sono dei
quadri colorati.
C’è un ufficio dove esaminano gli indizi trovati e quel giorno era pieno di molti oggetti diversi.
Un altro ufficio importante è quello dove gli agenti ricevono le chiamate d’emergenza.
C’è anche una stanza più piccola dove elaborano le strategie per “beccare” i delinquenti
ricercati.
Visto da fuori il commissariato non sembra tanto grande.
È tutto bianco, con l’insegna blu e la scritta “POLIZIA” in celeste.
È attrezzato per l’addestramento dei nuovi agenti e per l’allenamento di quelli già in servizio
da più tempo.
C’è un garage dove parcheggiano macchine e moto per andare a grande velocità in posti più
lontani, e un giardino dove addestrano e tengono i cani da polizia che li aiutano ad
acchiappare i ricercati.
Infine, c’è una stanza segreta dove tengono le armi e gli strumenti più pericolosi.
Questa stanza si trova dentro il muro del giardino.
Ultimata la visita, un altro agente di polizia ci ha finalmente accompagnato nell’ufficio del
commissario.
L’ufficio del commissario
Prima di entrare, abbiamo visto una porta dove c’era scritto: “Ufficio del commissario
Montalbano”.
Nel corridoio c’erano un paio di sedie, dove si poteva sedere in attesa di essere chiamati.
Alla fine del corridoio c’era una porta con scritto: “Vietato l’accesso alle persone esterne,
pericolo armi da fuoco”.
Un agente di polizia ci ha fatto entrare nella stanza del commissario.
Appena entrati, abbiamo notato un quadro appeso alla parete di fronte alla scrivania.
Era un quadro che raffigurava uno stormo di gabbiani in volo sopra il mare, in cerca di cibo.
Ce n’erano molti, andavano in picchiata. Alcuni sembravano volare più velocemente, altri
erano già in acqua per prendere i pesci. Il mare era mosso e increspato, scuro e quindi
profondo, color grigio all’orizzonte, alla riva bianco sfumato. Anche il cielo era grigio.
Sulla scrivania c’erano molte penne. C’era anche un disegno, forse fatto dal commissario
stesso, che rappresentava un gabbiano. Le pareti della stanza erano di colore giallo e su una di
esse, da una parte, c’erano tanti disegni che rappresentavano scene di gabbiani.
A sinistra della scrivania c’era una bandiera con inciso un disegno che rappresentava lo
stemma della polizia siciliana.
Quando siamo entrati il commissario guardava il quadro dei gabbiani in volo e,
dall’espressione che aveva, sembrava gli ricordasse qualcosa di triste.
Il commissario
Davanti al commissario eravamo felicissimi perché sapevamo che è una persona molto
importante.
È siciliano, ha 35 anni, è robusto e di media statura. È completamente calvo, ha gli occhi di
colore marrone tendente al verde, la carnagione chiara, i lineamenti regolari.
Il suo sguardo è serio, intelligente e astuto. Sembra un tipo molto sveglio e simpatico.
Invece di stare a letto guardando il soffitto, gli piace nuotare di mattina presto e bere una
tazza di caffè per riscaldarsi dopo aver nuotato.
In Sicilia, la sua terra d’origine, abita in una casa affacciata sul mare, e scendendo pochi gradini
è già sulla spiaggia.
Quando il tempo lo permette fa una nuotata: adora nuotare di prima mattina.
Ama sedersi in verandina ad ammirare il paesaggio marino e a guardare il mare e i gabbiani.
Ama leggere e scrivere poesie e storie.
Gli piacciono i dipinti che rappresentano il mare e le sue bellezze.
Della sua terra gli piace tutto, ma specialmente il meraviglioso mare.
È bravo a risolvere i casi e conosce la maggior parte dei cittadini di Vigata, il paese in cui è
nato e cresciuto.
Il commissario svolge con cura e attenzione il proprio lavoro.
Noi e il commissario
Sentendoci entrare si è voltato e ci ha salutato con una faccia sorridente.
«Buongiorno commissario!» hanno detto le maestre.
«Buongiorno commissario, è un piacere conoscerla!» ha aggiunto Janluigi.
«Cari bambini, perché siete venuti qui?» ci ha chiesto lui sorridendoci.
«Siamo venuti a raccontarle i nostri misteri.» ha risposto Alessia.
«Sappiamo che lei è molto bravo a risolvere i casi.» ha detto Virginia.
«L’abbiamo vista anche in televisione!» ha aggiunto Jacqueline.
«Ah, grazie! Allora, chi vuole iniziare?» ha risposto il commissario sorridendo.
«Io io!» ha esclamato Sara.
«Bene, ti ascolto.»
«Tutte le sere, quando torno a casa, vedo una signora triste che mi guarda dalla finestra.
Chissà perché mi guarda…» ha continuato Sara.
«Ora parlo io! L’altra mattina, prima di andare a scuola, ho sentito la mia mamma che parlava
al telefono. Poi però non mi ha voluto dire di cosa parlava.» ha detto Vittoria.
«Ora tocca a me! Tornando da ginnastica, mettendo a posto la borsa, non ho più trovato il mio
braccialetto.» ha raccontato Alessia.
E Arianna: «Oh, finalmente posso parlare! Un giorno ero a cena dai miei amici, i nostri genitori
stavano parlando e quando ci siamo avvicinati ci hanno detto di andare via.»
Subito dopo, in coro, Rebecca e Jacqueline hanno esclamato: «Ci siamo noi!»
«Una sera, mentre dormivamo, a casa abbiamo sentito degli strani rumori provenire dalla
soffitta…» ha continuato Jacqueline.
«Sì, e dei cassetti che si aprivano e si chiudevano!» ha concluso Rebecca.
E poi Virginia: «Ora posso parlare io? Un giorno eravamo tutti a casa a fare colazione. Io avevo
il mio latte, poi sono andata in bagno e quando sono tornata il latte era rovesciato. Chi l’aveva
rovesciato?»
«Un giorno mio fratello voleva comprarsi il gelato, ma quando è andato a vedere nello zaino
dove teneva il portafoglio questo non c’era.» ha detto Gabriele.
«La stessa cosa è successa anche a me!» ha esclamato Sveva. «Un giorno, mentre ero a casa e
dovevo andare a comprare un giochino, andai nella mia camera a prendere il portafoglio che
era in un cassetto dentro lo scaffale, ma quando aprii il cassetto, il portafoglio non c’era più.»
«Noi noi!» hanno detto in coro Elia e Andrea.
E hanno parlato, uno alla volta, del comportamento dei loro fratelli: quello di Elia andava
d’accordo con lui, cosa che non era mai successa prima; quello di Andrea non era corso a
prendere, come tutte le altre volte, il regalo di compleanno che la nonna gli aveva portato.
«Un pomeriggio, tornando a casa, vidi due tizi che raccoglievano le pigne davanti a casa mia e
le trasportavano su un furgone.» ha raccontato Leonardo.
E Pietro: «Una mattina scesi in giardino a giocare a basket, ma il pallone era sgonfio, così
andai in garage per prendere l’ago per gonfiarlo, ma l’ago non c’era e il cassetto era aperto.»
«Scusi commissario, vorrei dire una parola!» è intervenuto Nicholas. «Una sera andai al
Conad con la mia famiglia, la mia mamma mi chiese di andare a prendere una bottiglia
d’acqua, ma quando arrivai a prenderla ne trovai una seminascosta dietro uno scaffale, mezza
vuota e senza il tappo. Chi ce l’aveva messa?»
«Molto interessante!» ha commentato incuriosito il commissario.
«Ora potrei parlare?» ha chiesto Aurora, impaziente. «L’altro giorno ero al porto. A un certo
punto mi cadde una molletta, così mi abbassai per prenderla. Vidi tra le travi delle ossa e
pensai subito che fossero di un gabbiano.»
Il commissario, alla parola “gabbiano” ha sobbalzato, ci ha guadato un po’ disorientato, è
rimasto un attimo in silenzio, ha alzato lo sguardo verso il quadro dei gabbiani in volo, poi si è
rivolto di nuovo a noi e ci ha chiesto: «Bene bambini, ditemi, cosa state studiando a scuola?»
«A Matematica stiamo facendo un ripasso generale, a Storia stiamo studiando i Romani, e a
Italiano stiamo leggendo una poesia di Vincenzo Cardarelli: “Gabbiani”.» ha risposto Gabriele.
Noi, il commissario, la poesia e l’arte
Il commissario ha esclamato: « Ah! Molto bella! Anche io, alla vostra età la studiai. Mi ricordo
che mi colpì e m’interessò subito.»
«Anche a noi è piaciuta tanto e la maestra ce l’ha approfondita molto.» ha risposto Giacomo.
«Ma non a tutti è piaciuta, anche se non lo hanno detto alla maestra.»
«Quale verso della poesia vi ha più colpito?» ha chiesto il commissario.
«A me piace il verso “Io son come loro in perpetuo volo”» ha risposto Alessia.
«Anche a me!» ha aggiunto Sara.
E Matilde: «“La vita la sfioro” è il mio pezzo preferito!»
Infine Virginia: «A me piace “ove trovino pace”.»
«Ma solo le bimbe rispondono?» ha fatto notare il commissario.
Allora è intervenuto Janluigi: «La parte che preferisco io è “la quiete marina”».
Il commissario ha sospirato: «Oh, finalmente un maschio ha parlato!»
Aurora subito ha commentato: «Ma lui interviene sempre!»
E tutti, perfino il commissario e le maestre, si sono messi a ridere.
Ritornati seri, il commissario ha ripreso la parola:
«Bene bene! Bravi ragazzi! Qualcuno se la ricorda a memoria questa poesia?»
Giacomo: «Io! Io!»
«Recitala, allora!» lo ha incoraggiato il commissario.
E Giacomo, come un vero attore, ha recitato la poesia.
“Non so dove i gabbiani abbiano il nido,
ove trovino pace.
Io son come loro,
in perpetuo volo.
La vita la sfioro
com'essi l'acqua ad acciuffare il cibo.
E come forse anch'essi amo la quiete,
la gran quiete marina,
ma il mio destino è vivere
balenando in burrasca.”
Tutti abbiamo applaudito.
Il commissario ha esclamato: «Bravo! Si sente che ti piacciono le poesie!»
«Sì, è vero, ne so molte a memoria.»
«Si vede che sei molto bravo.» ha aggiunto il commissario.
Shaqir ha alzato la mano per chiedere:
«Signor commissario, che sensazioni le suscita la poesia?»
«Mi suscita tranquillità, pace e mi fa pensare alla libertà. E a voi, ragazzi?»
Samuele ha esclamato: «Anch’io provo le stesse emozioni, commissario!»
Altri, in coro: «Sì, anch’io!»
Il commissario: «Davvero?»
E noi, di nuovo in coro: «Sììì!!!!!»
Il commissario: «Allora siamo d’accordo?»
Elia: «Certo che sì, signor commissario!!!!!»
Il commissario: «Grazie per avermi fatto tornare in mente questi bei ricordi.»
Vittoria: «Di nulla commissario!»
Arianna ha aggiunto: «Caro commissario, le piace tanto questa poesia? Perché?»
«Sì, perché l’ho studiata da bambino come state facendo voi adesso, e perché mi ricorda un
gabbiano che ho visto morire qualche tempo fa. Da quella volta mi viene in mente molto
spesso, specialmente quando guardo quel quadro.»
E ha indicato il quadro dei gabbiani in volo che stava guardando quando noi siamo entrati nel
suo ufficio.
«Ha visto davvero morire un gabbiano?» ha chiesto, stupito, Andrea.
Il commissario: «Sì, ragazzi! Se volete vi racconto la storia, però è molto triste.»
«Sì!» abbiamo risposto in coro.
«Bene, allora ascoltate …» e ha iniziato a raccontare.
«Una mattina, quando ero in Sicilia, dopo la mia nuotata mattutina, tornando sulla mia
verandina vidi un gabbiano tra molti che precipitò sulla spiaggia. Andai a vedere e vidi che era
agonizzante. Quel giorno mi svegliai molto presto e rimasi un po’ di tempo a guardare il
soffitto, quindi mi alzai, mi preparai una tazza di caffè, poi scesi e andai a farmi una nuotata.
Dopo la nuotata tornai a casa e, affacciandomi alla verandina, vidi il signor Puccio che spingeva
la sua barca in acqua, ci salì e iniziò a remare verso il largo. Poi vidi il gabbiano precipitare e tra
me e me mi chiesi: “Cosa avrà visto?” Ma appena toccò la sabbia con il becco, non lo vidi
spiccare il volo. Allora scesi velocemente a guardarlo: il gabbiano allungò un’ala e, girandosi,
fece un cerchio intorno e poi morì.»
Finito il racconto ci ha guardato qualche secondo in
silenzio. Anche noi, emozionati dalla storia appena
sentita, siamo stati zitti per qualche secondo.
Poi lui ha ripreso a parlare:
«Voi avete mai visto morire un gabbiano? È una
cosa molto triste da vedere e anche da sentire. La
sua danza di morte e il suo canto sono davvero
strazianti.»
E ha guardato di nuovo il quadro…
Anche noi abbiamo guardato il quadro, allora il commissario ci ha chiesto:
«Vi piace questo quadro?»
Tutti abbiamo risposto: «Sì!»
E Janluigi ha aggiunto:
«E abbiamo capito che anche a lei piace molto!»
«Sì, mi piacciono molto il mare e i gabbiani.» ha risposto il commissario.
Poi ha proseguito: «Io ho una grande passione per i quadri e questo, in particolare, mi piace
molto perché mi ricorda i gabbiani che prima volavano vicino a casa mia, sul mare, ma adesso
non ci sono più e per qualche motivo sono volati in città.»
Aurora ha aggiunto: «Visto che lei è molto appassionato di gabbiani mi saprebbe dire perché il
mese scorso ho trovato quelle ossa di gabbiano sotto delle assi di legno al porto?»
Il commissario ha riflettuto per qualche secondo e poi ha risposto: «Sai Aurora, pur avendo
visto un gabbiano cadere e morire, come vi ho raccontato, ancora adesso non riesco a credere
che gli uccelli possano perdere la vita e quindi non so precisamente cosa risponderti. »
Il commissario, guardando di nuovo il quadro, ha continuato:
«A voi, quali emozioni suscita questo quadro?»
Samuele ha risposto: «A me suscita prima di tutto la voglia di libertà e anche il senso di
tranquillità che i gabbiani trasmettono mentre volano.»
Il commissario, allora, ha aggiunto: «Anche per me è così. Sono delle emozioni bellissime ed è
per questo che quando sono triste mi basta guardare questo quadro per ricordarmi che la vita
è una sola e quindi va vissuta con felicità.»
Il commiato e il ritorno a scuola
Dopo la chiacchierata con il commissario eravamo molto felici, ma allo stesso tempo anche
dispiaciuti perché dovevamo tornare a scuola.
Il tempo era passato velocissimo.
Un agente è venuto a ricordarci che la visita era al termine.
«Noooo!» abbiamo gridato in coro. E molto a malincuore abbiamo salutato il commissario.
Anche lui era dispiaciuto di lasciarci. Aveva parlato volentieri con noi e gli era piaciuto
rispondere alle nostre domande. Ci ha salutato dicendo:
«Grazie per la visita, bambini, ciao e a buon rendere!»
Noi abbiamo ricambiato il saluto esclamando in coro: «Ciao! E, a rivederci!»
Ci ha regalato una penna ciascuno e un CD intitolato “La danza del gabbiano”.
Ci ha salutato uno per uno stringendoci la mano, ma soprattutto ha salutato meglio Aurora
perché lei aveva visto le ossa del gabbiano, e le ha detto che se vedeva un gabbiano morire
doveva tornare da lui a raccontargli tutto.
Siamo usciti dall’ufficio seguendo l’agente che ci ha scortato fuori dal commissariato.
In cammino verso la scuola, emozionati per l’incontro col commissario, abbiamo chiacchierato
e scherzato per tutto il tragitto.
Parlavamo della bella esperienza che avevamo vissuto e delle sensazioni provate.
Sara diceva che si era molto emozionata, Pietro era contento dell’incontro.
Arrivati a scuola le maestre ci hanno chiesto: «Vi siete divertiti durante questa visita?»
Noi abbiamo risposto in coro: «Sì! Tantissimo!»
E abbiamo continuato a parlare delle varie cose che avevamo fatto e delle emozioni che
avevamo provato.
Alessia ha detto: «Io ho provato tanta gioia perché sono andata in un posto che non avevo mai
visitato.»
Vittoria, Sveva, Aurora e Matilde hanno esclamato: «Anche noi come Alessia!»
Vittoria ha incominciato col dire: «A me è piaciuto molto quando abbiamo parlato delle
poesie!»
Giacomo ha aggiunto: «A me, invece, è piaciuto quando il commissario mi ha fatto recitare la
poesia!»
Poi è stato il turno di Aurora che ha continuato col dire: «Il commissario ha detto sempre cose
molto interessanti!»
E tutti in coro: «È vero!»
L’ultima a parlare è stata Alessia che ha concluso: «A me è piaciuto anche quando abbiamo
parlato dei nostri piccoli misteri e del quadro!»
È stata una bellissima esperienza e, usciti da scuola, siamo subito corsi a raccontarla ai nostri
genitori.