Suor Silvia, dagli sci alla veste. Storia vera di una
Transcript
Suor Silvia, dagli sci alla veste. Storia vera di una
Vita Consacrata Venerdì, 3 febbraio 2012 5 Suor Silvia, dagli sci alla veste. Storia vera di una vocazione Lontana dalla fede, fidanzata, una bella carriera e una famiglia benestante. “Avevo tutto, ma mi mancava quella serenità che ora ho trovato” Oggi suor Silvia sa bene che quelle scalate per arrivare alle vette delle montagne rivelavano il suo desiderio di guardare in alto, alla ricerca di Qualcuno e Qualcosa che mancavano nella sua vita. Più volte aveva scalato vette celebri con l’amico Mario Merelli, l’alpinista bergamasco recentemente scomparso a 49 anni proprio perchè vittima di una caduta da tremila metri. “Mario mi diceva sempre che la vetta era l’unico punto in cui davvero si sentiva in comunione con l’infinito”, ricorda suor Silvia. Nella Giornata della Vita Consacrata è splendida la testimonianza di questa religiosa trentottenne, bergamasca di Clusone, innamorata di Dio e dello sport, ora insegnante di religione e di educazione motoria nelle scuole medie salesiane di Melzo. La sua vocazione improvvisa ha rivoluzionato totalmente una vita che sembrava prendere ben altre direzioni: fidanzata e in procinto di sposarsi, una fulgida promessa dello sci, lontana dalla fede e di famiglia decisamente benestante e ben poco propensa a lasciare una figlia al Signore. Eppure quando Dio ha bussato alla sua porta Stefania con coraggio l’ha aperta e ha detto di sì, con la professione che è arrivata nel 2003, a ventinove anni. Suor Stefania, è vero che il suo avve- nire sembrava “disegnato” sugli sci? “Non so dirlo. Certamente ho cominciato a sciare a tre anni, ho vinto tante gare, poi qualche infortunio ha rallentato la carriera. Ma la passione per lo sport, e in particolare per la montagna, è sempre stata fortissima in me”. E infatti da ragazza ha scelto di frequentare l’Isef... “Sì ed è stata inconsapevolmente la scelta decisiva per la mia svolta. Studiavo a Milano e, per comodità, mi ero trasferita nel Collegio milanese delle Figlie di Maria Ausiliatrice”. Era già impegnata in un cammino di fede? “Per nulla. Ero anzi molto lontana dalla dimensione della Chiesa, avevo un fidanzato, volevo sposarmi e provenivo da una famiglia benestante dove non mi mancava Suor Silvia (prima a sinistra) con don Gabriele Pelosi, Stefania Capoferri e suor Stefania nulla. O forse, se mi volto indietro, mi mancava la serenità...quella che cercavo scalando le montagne”. E poi che cosa è accaduto in lei? Una vocazione graduale? “No, ho percepito in un lampo Dio dentro di me, che mi chiamava. Mi sono sentita scelta, anche perchè al Collegio ero affascinata da tutto, da quell’ambiente dove si respirava tanta gioia e quella serenità che avevo sempre cercato”. Quindi ha deciso di dare una svolta alla sua vita. Qual è stata la reazione in famiglia? “Pessima! I miei genitori e i miei fratelli hanno interrotto completamente ogni rapporto con me e per anni non li ho più visti”. Ha sofferto tanto per questo? “Moltissimo. Per questo il mio non è stato un percorso facile, ma nulla avrebbe più potuto farmi cambiare idea. E poi tutte quelle scalate avevano ormai rafforzato molto il mio carattere... e vicino a me sentivo anche la forza di Dio”. Ora, a distanza di anni, i rapporti con la famiglia si sono ricuciti? “Decisamente sì. Mia mamma e mio papà purtroppo sono in cielo e proprio i loro problemi di salute hanno fatto sì che ci riavvicinassimo. E con i miei fratelli il rapporto è tornato bellissimo”. Suor Silvia, come si coniugano tra loro l’amore per Dio e per lo sport? “Io credo fermamente che lo sport sia un luogo teologico e sia anche fortemente educativo. Nello sport impari a non mollare mai, a impiegare tutte le tue energie per farcela e questo è quanto si deve applicare anche nella vita”. E’ vero che lo sport oggi è lo strumento migliore per avvicinare a sè i giovani? “Sì, se però lo sport viene visto come fonte di gioia, di accoglienza per come si è e i giovani si sentono veramente amati oltre i loro limiti. Oggi si sente parlare sempre di crisi educativa. Io preferisco vedere questo tempo piuttosto come sfida educativa, come una partita che si può vincere”. Lei è responsabile di una Polisportiva Salesiana... ruolo che ricopre con grande passione... “Decisamente! Io sono responsabile della Polisportiva PGS Ardor di Melzo: qualche squadra di basket, ma soprattutto dieci squadre di pallavolo. Con i ragazzi mi sento a mio agio e faccio il possibile per vincere -tutti insieme- la sfida educativa di cui parlavo”. Daniela Scherrer