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notizie di varia “vaticanità”
ANNO 5 | N. 3
11 Giugno 2011
foglio informale per i dipendenti del Governatorato
Egli è rimasto sempre una roccia, come Cristo
lʼha voluto. La sua profonda umiltà, radicata
nellʼintima unione con Cristo, gli ha permesso di
guidare la Chiesa e di dare al mondo un messaggio ancor più eloquente proprio nel tempo in
cui le forze fisiche gli venivano meno.
Benedetto XVI
Papa Giovanni Paolo II.
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Un omaggio di Benedetto XVI
Visita del Card. Presidente
La Madonna di Fatima in Italia
Notizie dalle Direzioni e dagli Uffici
Cuore che pensa
Lʼangolo di cultura
È poesia!
12
Per fare buon sangue
Notizie liete e...tristi
La parola del Papa
Lettera
del Cardinale Presidente
C
on gioia, anzi con partecipata emozione, abbiamo
vissuto il grande avvenimento della Beatificazione
di Giovanni Paolo II.
Quasi tutti noi lo abbiamo avuto come il Papa al quale abbiamo servito dal nostro posto di lavoro negli uffici della
Curia o del Governatorato, prestandogli la nostra modesta,
ma pur necessaria collaborazione. Questo è un titolo privilegiato di rapporto, per il quale possiamo chiamare Giovanni Paolo II “il nostro Papa”; ma tale rapporto si aggiunge a
quello più fondamentale di averlo avuto, insieme a tutti gli
altri fedeli del mondo, come Pastore Universale della Chiesa, di cui siamo membra vive, di essere stati spiritualmente
nutriti dai suoi insegnamenti, ed ancor più di essere stati
guidati ed ispirati dal suo esempio.
Se negli anni del suo prorompente dinamismo apostolico lo abbiamo ammirato come “John Paul, Superstar”, molto più l’abbiamo sentito vicino a noi ed alle nostre famiglie
negli anni del suo decadimento fisico, illuminato dall’umile, continua offerta di tutto se stesso nel servizio permanente, fino all’ultimo brandello di forza.
Al termine della grandiosa cerimonia di Beatificazione
siamo stati anche molto gratificati, con piacevole sorpresa,
dalle parole del Santo Padre Benedetto XVI, che al Regina
Caeli ha detto: “E come potrei qui non menzionare tutti coloro che hanno da tempo e con grande generosità preparato
questo evento… Il mio pensiero va anche alle Istituzioni
ed agli Uffici Vaticani. In tanto impegno vedo un segno di
grande amore verso il Beato Giovanni Paolo II”.
Ovviamente vi sono alcune Direzioni ed Uffici del Governatorato che sono state più direttamente coinvolte; ma
penso che di tale riconoscimento può ben compiacersi tutto
il Governatorato, nella sua articolata composizione, perché
il Governatorato è ed opera sempre come unità.
Diciamo dunque al Papa: ”Grazie, Santo Padre, per il
Suo riconoscimento. Il nostro servizio è un dovere ovvio, ma
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le Sue parole ci hanno fatto molto piacere e ci stimolano a
continuare a mettere al servizio del “Dolce Cristo in terra” e
della Santa Sede le nostre migliori energie nel servizio presso gli Uffici del Governatorato”.
2. Le parole del Papa non possono non essere fatte proprie dal Cardinale Presidente; ma ad esse devo aggiungere
parole di particolare compiacimento per la mostra “Giovanni
Paolo II. Un omaggio di Benedetto XVI in occasione della
Beatificazione”. Moltissimi i visitatori. Non pochi escono
con le lacrime agli occhi.
La mostra è stata ideata ed allestita in un brevissimo lasso di tempo. Il merito del disegno generale, come dei particolari, va distribuito tra molte persone di diverse Direzioni
ed Istituzioni. In altra occasione ho già avuto modo di citare i
nomi di alcune persone che ne sono state la mente e l’anima.
In questa mia lettera desidero però sottolineare l’impegno
prezioso ed indefesso di tutti coloro che, a diverso titolo, vi
sono stati coinvolti. Tutti hanno contribuito con slancio ad un
evento che ha una mirabile forza evangelizzatrice, perché, al
di là della grande figura di Giovanni Paolo II, ciò che viene
annunciato è il messaggio della sua vita, che è Cristo. E’ lui,
il Signore, che ha reso grande questo suo servo, preparandolo fin dai suoi primi anni di vita a Wadovice, umili, ma pieni
di altissimi ideali umani e cristiani, attraverso tappe sempre
più impegnative a Cracovia e a Roma durante il Concilio
Vaticano II, per il grande servizio petrino a livello planetario.
E’ lo Spirito di Cristo che lo ha reso testimone della forza
trasformante della Croce di Cristo di fronte alla Chiesa ed al
mondo.
Personalmente sono rimasto impressionato di come questa mostra riesca a far emergere il disegno unitario della storia di un uomo, dalla culla alla tomba, disegno che ha un
significato non solo individuale, né solo terreno.
3. Passato il grande evento, torniamo alla vita di tutti i
giorni, ai nostri assilli istituzionali e personali. Non abbiamo
però solo preoccupazioni; il Signore ci accompagna ed incoraggia anche con non poche soddisfazioni. Anzi, nella vita
di ciascuno di noi dovremmo saper riconoscere che è molto
più ciò di cui possiamo godere che non ciò di cui dobbiamo
soffrire. Ma non voglio ora divagare.
Tra le soddisfazioni che a livello di Governatorato desidero menzionare, vi sono i risultati del bilancio 2010, che ho
potuto presentare alla Pontificia Commissione per lo Stato
della Città del Vaticano il giorno 12 maggio 2011. Sono risultati ampiamente positivi, che ci ricompensano alquanto
delle amarezze degli anni passati. Per essi bisogna dire grazie, ancora una volta, al contributo di tutte le Direzioni e di
tutti gli Uffici, anche se alcune Direzioni ed Uffici sono per
natura loro atti a favorire le entrate, mentre altre Direzioni ed
Uffici, sempre per la natura del loro servizio, non possono
essere che fonti di spesa. Ciò nulla toglie però alla loro funzione sociale indispensabile, ed ai loro meriti nel compimento del loro dovere, ed anche ai loro sforzi per minimizzare i
Abbandonato alla Croce in un unica offerta
costi ed ottimizzare i risparmi.
Con i risultati positivi del 2010 non possiamo però dirci
fuori dalle difficoltà, tutt’altro. L’anno in corso si caratterizza per una situazione, per alcuni versi, meno favorevole dello
scorso anno, soprattutto sul lato finanze. E questo richiede un
nuovo supplemento d’inventiva da parte di tutti per garantire
risultati positivi. So che la buona volontà non manca. Essa
non è che il primo passo, ma è vitale: perché – come dice una
nota sentenza delle teologia classica – “facienti quod in se
est, Deus non denegat gratiam”: “a chi fa quanto è in suo potere, Dio non nega la sua grazia”. Che si può anche tradurre
più disinvoltamente: “Aiutati, che il Ciel t’aiuta”.
E’ ben ciò che tutti vogliamo fare.
4. Nei giorni in cui il nostro Foglio vede la luce, per molti
di noi sono già cominciati i giorni luminosissimi delle ferie
estive. Sono occasione per vivere momenti più distesi, e più
vivaci al contempo, con la famiglia, con i parenti, con gli
amici. Auguro che essi possano ritemprare le forze fisiche,
ed arricchire le menti di nuove idee, aprire a nuove iniziative,
rinnovare la voglia ed il gusto del lavoro e della collaborazione.
Ci rivedremo, a Dio piacendo, tra un paio di mesi, in
piena forma, pronti … per “le novità autunnali”!
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Giovanni Paolo II
Un omaggio di Benedetto XVI in occasione della Beatificazione
Mostra al Braccio di Carlo Magno fino al 24 luglio 2011
di Eugenio Hasler
S
i è inaugurata nel pomeriggio di giovedì 28 aprile,
presso il Braccio di Carlo Magno, una mostra ideata e curata dal Governatorato, in collaborazione con
il Ministero della Cultura e del Patrimonio Nazionale della
Repubblica di Polonia e con l’Ambasciata di Polonia presso
la Santa Sede, per celebrare la figura di papa Giovanni Paolo
II, in occasione della Sua Beatificazione avvenuta lo scorso
1° maggio.
Essa è stata allestita sotto l’alto Patronato del Presidente
della Repubblica di Polonia, S.E. Bronisław Komorowski,
e dell’Em.mo Cardinale Segretario di Stato, Tarcisio Bertone, presente alla cerimonia di inaugurazione con gli Em.mi
Cardinali Lajolo, Sodano, Comastri, Farina, Vallini, Cordero
Lanza di Montezemolo, Martino, De Giorgi, Coppa, Nycz,
l’Ecc.mo Mons. Filoni, Sostituto della Segreteria di Stato, il
Segretario e il Vice Segretario Generale del Governatorato,
numerosi vescovi e membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede.
In piazza San Pietro, prima della visita in anteprima della mostra per gli invitati, hanno preso la parola il Cardinale
Presidente Giovanni Lajolo, il Vice Ministro polacco della
Cultura e del Patrimonio Nazionale, Sig. Piotr Żuchowski,
e l’Ambasciatore di Polonia presso la Santa Sede, la Sig.ra
Hanna Suchocka. Il Card. Lajolo, dopo aver tratteggiato la
figura di Papa Wojtyła e la sua intensa attività pastorale, ha
illustrato l’«unicità» dell’iniziativa, omaggio di Sua Santità
Benedetto XVI all’amato predecessore e frutto della collaborazione fra il Governatorato e il Ministero della cultura della
Polonia, patria del Pontefice ora Beato, sempre presente nel
suo cuore e quasi «una leva, un punto di forza» nei Suoi sforzi per aprire i popoli all’universalità.
Il Cardinale ha, tra l’altro, sottolineato il significato di
«due immagini collocate simbolicamente prima dell’inizio e
dopo la conclusione della mostra»: il grande libro del Vangelo e l’iconografia della sua cappella privata, sorgente e luogo
da cui attingeva ed alimentava «la forza e la ricchezza del
Suo spirito».
L’esposizione, organizzata in tempi estremamente ristretti, è stata curata e progettata per la parte vaticana: dalla Dott.
ssa Barbara Jatta, curatore delle stampe presso la Biblioteca
Apostolica Vaticana, e dall’Arch. Roberto Pulitani, Funzionario Tecnico della Direzione dei Servizi Tecnici; per la parte
polacca dall’Arch. Jarosław Kłaput e dalla Signora Barbara
Kłaput.
Particolare degno di nota è l’introduzione alla mostra
suggerita dalle gigantografie, appese tra le colonne del colonnato di piazza San Pietro, raffiguranti le medaglie annuali
ed una foto caratteristica per ogni anno del lungo Pontificato
La bicicletta di don Karol Wojtyła
del Beato Giovanni Paolo II fino al 2 aprile 2005, giorno del
Suo ritorno alla Casa del Padre.
All’interno l’esposizione è articolata in varie sezioni che
ripercorrono la vita di Karol Wojtyła: da Wadowice (l’infanzia e la gioventù), a Cracovia da operaio, poeta, attore, seminarista “clandestino”, sacerdote, vescovo e cardinale, ed
infine l’elezione di Giovanni Paolo II a Pontefice. A questo
punto si sviluppa quasi come «un gran fiume» alimentato da
diversi affluenti e dal quale scaturiscono le diverse attività
e direttive di Giovanni Paolo II, che ne hanno determinato e ne raccontano la disposizione alla santità. Riferimenti
particolari all’Attentato, ai Giubilei, alle Giornate Mondiali
della Gioventù, ai 104 viaggi apostolici nei cinque continenti, al Dialogo Ecumenico ed Interreligioso, le Encicliche e
i documenti Ufficiali (alcuni anche esposti in originale), le
Canonizzazioni e le Beatificazioni, i Sinodi, i Concistori e
le Ordinazioni Episcopali, le opere letterarie, attestati della
profonda devozione a Maria ed infine la testimonianza del
periodo della sua malattia ed il particolare rapporto con le
persone sofferenti.
L’occasione dell’inaugurazione della mostra è stata propizia per presentare anche l’emissione filatelica congiunta,
tra lo Stato della Città del Vaticano e Poczta Polska, dedicata
alla Beatificazione.
Numerosi sono gli enti prestatori e quanti hanno collaborato alla realizzazione di questa esposizione che resterà aperta fino al 24 luglio, tutti i giorni, dalle ore 9 alle ore 19,30 (il
mercoledì dalle ore 13 alle ore 19,30). L’ingresso è gratuito e
tutti i dipendenti sono cordialmente invitati a visitarla!
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Visita del Card. Presidente
alla chiesa di S. Maria in Vallicella
C
di Francesco Tomassetti
ome ogni anno, nella festa liturgica di San Filippo
V, fino alla cappellina dove celebrava la Santa Messa negli
Neri, il Cardinale Presidente si è recato a rendere
ultimi anni della sua vita, quando le estasi prolungate e i feomaggio a S. Filippo Neri, nella chiesa di Santa Manomeni mistici non gli permettevano più di celebrare in pubria in Vallicella, sostando in raccoglimento dinanzi all’urna
blico.
contenente le spoglie di questo Co-Patrono di Roma.
Il cuore di Filippo fu inondato dallo Spirito Santo
La chiesa è conosciuta
nell’imminenza della Pentecome “Chiesa Nuova”. In
coste dell’anno 1544, menquel luogo esisteva una piccotre era raccolto in preghiera
la rettoria dedicata alla nativinelle catacombe di San Setà di Maria. Nell’ottobre del
bastiano (allora era anco1575 fu abbattuto il piccolo
ra laico). Quando, alla sua
tempio, ormai troppo esiguo
morte, il Papa chiese che ne
per accogliere i numerosi fevenisse effettuata l’autopsia,
deli richiamati dalla popolal’équipe medica, presieduta
re figura di “Pippo Bono”; e
dal Dott. Andrea Cesalpino,
si diede inizio ad una nuova
constatò che il suo cuore era
grande costruzione, la “Chiegrande circa due volte e mezsa Nuova“, giunta con tale tizo un cuore normale. Esso fu
tolo fino ai nostri giorni.
quindi collocato in un’anfora
San Filippo Neri
Filippo vi sviluppò i corsi
sigillata, e deposto nel sedi formazione aperti a giovani e adulti di ogni età, e diede
polcreto dei Padri, sotto il presbiterio della Chiesa Nuova.
origine all’”Oratorio”, originale forma di apostolato, dalla
Quando, anni dopo, l’anfora, con i sigilli intatti, fu aperta,
quale presero nome i sacerdoti e laici che si unirono a lui: gli
non fu ritrovato alcun resto.
Oratoriani.
Pio XII, che era stato chierichetto alla Chiesa Nuova, da
Terminata la preghiera personale, accompagnato dal P.
Papa ebbe su S. Filippo Neri queste parole:”Singolare cariEdoardo Cerrato, Procuratore Generale, il Card. Lajolo ha
sma di carità onde l’Apostolo di Roma fu privilegiato da Dio
visitato alcuni ambienti legati alla vita del Santo. Là tutto
con la visibile dilatazione del cuore. Prodigio della divina
profuma di santità, dal piccolo pulpito da cui S. Filippo Neri
bontà di confermare sensibilmente la santità del suo servo e
animava le celebrazioni, ai piccoli oggetti di uso quotidiain particolar modo il suo impeto d’amore per il maestro Gesù
no, alla sua corrispondenza con San Carlo Borromeo e Paolo
e la sua Madre Maria. “.
25 Maggio 2011
ER PAPA ROMANO GIOVANNI PAOLO II
Sor Agù ma che è successo?
Guarda ‘a finestra : c’è ‘na luce fioca
er Papa nostro se sta consumanno come ‘na cannela.
Ma che dici ? Er pastore che c’ha fatto sogna’
c’ha fatto sperà ‘de n’amicìzia de tutto er monno
mo se ne và, so portano via ‘sti quattro angioletti...
Agù, s’è spenta a luce : è morto.
No! ‘a luce nun s’è spenta
semo noi che nun ce vedemo
er Papa vive se n’è annato a casa sua
vicino a quella de S. Pietro, perché è tardi,
è stanco de prega pe’ ‘a pace ;
pure ar letto sognava la tranquillità de noantri
c’ha dato fino all’ultimo respiro gridanno pace, pace.
‘Sti poveri figlji che so partiti pe’ terre infocate
chissà se ritorneno, pure mi fìgjio c’è annato.
Se a via da Conciliazione potesse parla
cò’ tutta sta gente che è venuta da ogni parte der monno,
pure er Tevere guarda e piagne,
sarricorda ‘cà frase quanno disse:
“volemose bene semo romani”, nun te scordà a, ‘Pè.
Se sta piazza c’avesse na barchetta,
potessimo naviga co’ tutte ‘ste lacrime versate.
Lasseme perde nu me dì più niente,
pure l’anima mia è volata pe’ prega accanto ar Papa mio,
perché drento a ‘sto core,
c’è ‘na mamma che aspetta e sta in pena.
Pietro Valle
(Pensionato della Direzione delle Telecomunicazioni)
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La Madonna di Fatima
Pellegrina in Italia
D
di Francesco Tomassetti
a qualche anno, nella Diocesi di Sabina-Poggio Mirteto,
opera il Servizio Diocesano
di Coordinamento Missioni Mariane,
collegato con il Santuario di Fatima in
Portogallo, con lo scopo di far conoscere il messaggio di Fatima attraverso le Missioni Mariane con la statua
della Madonna Pellegrina concessa dal
noto Santuario portoghese. Per questo,
quando la statua della Madonna Pellegrina di Fatima arriva nella nostra nazione, viene accolta nella Parrocchia
di Gesù Maestro in Fonte Nuova-Tor
Lupara per il primo saluto, prima di
iniziare la “peregrinatio” nelle varie
diocesi italiane.
Quest’anno la statua della Bianca
Signora è stata accolta con maggiore
solennità per la coincidenza di particolari avvenimenti della vita della Chiesa
e della Parrocchia stessa. Il suo arrivo è
stato il 30 aprile, alla vigilia della Beatificazione di Giovanni Paolo II , che
ebbe un legame particolare con la Madonna di Fatima. Nel suo primo pellegrinaggio al santuario
portoghese il Papa disse di essere stato salvato nell’attentato in piazza S. Pietro, il 13 maggio 1981, proprio dalla
mano materna di Maria che deviò il proiettile, evitando la
sua morte.
La seconda particolarità riguarda la vita della Parrocchia
che ricorda quest’anno i 50 anni della sua istituzione.
In ultimo, quale segno concreto della devozione dei torluparesi alla Madonna, che hanno il privilegio di accogliere
da dieci anni, è stato realizzato e inaugurato un monumento
in suo onore nella rotatoria posta all’inizio del paese.
Nonostante il tempo molto nuvoloso e a tratti piovviginoso, oltre cinquemila persone si sono radunate all’inizio del
paese dove hanno accolto il Cardinale Giovanni Lajolo, Presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città
del Vaticano e Presidente del Governatorato. Ad attenderlo
c’erano il Sindaco di Fonte Nuova, Ing. Graziano Di Buò, il
Sindaco del vicino Comune di Mentana, Guido Tabanella, il
Parroco di Fonte Nuova, don Paolo Gilardi, i Vicari parrocchiali, il Consiglio Comunale, gli Assessori, il Capitano dei
Carabinieri di Monterotondo ed il Comandante della Stazione dei Carabinieri di Mentana. Ospiti d’eccezione sono stati
il Vescovo di Leiria-Fatima, Mons. Antonio Do Santos Marto, ed il rettore del Santuario di Fatima, P. Virgilio Antunes,
Vescovo eletto di Coimbra. Dopo essere stato salutato dalle
autorità, il Cardinale si è cordialmente intrattenuto a salutare
le confraternite e le Associazioni presenti.
Alle ore 17.45 è giunta la Statua della Madonna Pellegrina di Fatima, portata con l’elicottero gentilmente messo
a disposizione dall’Arma dei Carabinieri. Dopo la Preghiera iniziale di saluto alla Vergine, pronunciata dal Cardinale,
si è avviata la processione fino alla rotatoria dove è stato
eretto il monumento.
Prima di inaugurare e benedire il monumento, il Parroco ed
il Sindaco di Fonte Nuova hanno rivolto il saluto e il ringraziamento al Cardinale ed alle altre autorità presenti. Si
è proceduto poi alla benedizione del monumento in onore
della Vergine: una statua di marmo bianco di Carrara, alta
2 metri, posta su una colonna di travertino alta 4 metri, che
riproduce la statua della Madonna custodita nella cappellina
delle apparizioni di Fatima. “…Concedi ai tuoi fedeli che ti
presentano questa sua icona, di poter alzare sempre gli occhi
con fiducia verso di lei, fulgido modello di virtù per tutto il
popolo degli eletti”. Queste le parole pronunciate solennemente dal Cardinale per benedire la statua, prima di riprendere la processione fino alla Chiesa parrocchiale dove è stata
intronizzata la Madonna Pellegrina ed è stata celebrata la S.
Messa presieduta da Sua Eminenza e concelebrata dal Vescovo e dal Rettore del Santuario di Fatima, insieme ad altri
sacerdoti della Diocesi.
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NOTIZIE DALLE DIREZIONI E DAGLI UFFICI
Incontro Vaticano - Principato di Monaco
di Aurelio Balbis
I
l 7 maggio si sono incontrate - dopo una prima volta nel
lontano 2002, quando l’incontro era terminato 0-0 - le
rappresentative calcistiche del Vaticano e del Principato
di Monaco, sul campo di calcio “Card. Spellman”, presso il
Pontificio Oratorio di S. Pietro, con sullo sfondo il Cupolone.
Il Principato di Monaco era rappresentato ufficialmente
dal suo Ambasciatore presso la S. Sede, S.E. Jean-Claude
Michel, mentre per il Vaticano era presente Mons. Étienne
Brocard.
Dopo il vantaggio dei Monegaschi, avvenuto nei
primissimi minuti di gioco, al 25’, su calcio di rigore, la
squadra del Vaticano ha riportato il punteggio in parità.
Tra diversificati interventi di gioco - alcuni brillanti,
altri meno - al 65’ da parte della squadra monegasca è stato
segnato un secondo gol, al quale non ha fatto seguito un
analogo risultato di fronte ad un tentativo di tiro in porta
da parte dei giocatori del Vaticano, per cui, all’ultimo
momento, è sfumato l’agognato pareggio.
Rimane aperta - per la squadra del Vaticano - la
speranza di un recupero in un incontro di ritorno a Monaco
nel 2012.
Gli spettatori - tra di essi anche alcuni ospiti venuti
dalla Germania - non erano numerosi, ma si sono molto
divertiti, commentando molto favorevolmente l’evento.
La squadra Vaticana
La squadra Monegasca
Collaboratori del Governatorato alla Specola
di Padre Sabino Maffeo, S.J.
P
er iniziativa della Direzione della Specola Vaticana, la mattina di
sabato 28 maggio, la comunità
degli astronomi pontifici ha accolto un
gruppo di impiegati del Governatorato SCV che, avendo a che fare con la
Specola per ragione del loro ufficio,
sono stati invitati a visitare, assieme ai
loro familiari, la nuova sede degli uffici
dell’osservatorio pontificio. Il gruppo,
formato da circa 55 persone, diviso in
due sottogruppi, ha visitato, sotto la
guida di Fr. Consolmagno e dei padri
Maffeo e Gionti, i telescopi situati sulla
terrazza del Palazzo pontificio di Castel
Gandolfo, i nuovi locali della Specola,
con particolare riguardo alla preziosa
collezione di meteoriti e alla biblioteca,
nonché, sotto l’esperta guida del capo
giardiniere, Sig. Luciano Cecchetti, i
magnifici giardini di Villa Barberini
dove ancora si possono ammirare i resti
di quella che un tempo fu la sontuosa
dimora dell’imperatore Domiziano. Al
termine della visita il gruppo, unitosi a
pranzo con la comunità della Specola,
ha potuto degustare le specialità gastronomiche dei Castelli Romani.
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all’ombra del cupolone | 7
“ An outstanding success”
“Un successo straordinario”
“
U
di Barbara Maria Bellano
n successo straordinario”: così l’Ambasciatore
d’Australia presso la Santa Sede, S.E. Timothy
Andrew Fischer, ha definito il viaggio, la corsa (la
si può chiamare così?) del treno che è partito dalla Stazione
Vaticana il giorno 21 maggio 2011, puntualissimo, alle ore
9,30. Era, in realtà, una “gita-pellegrinaggio” ad Orvieto,
organizzato dalla Caritas Internationalis, che in quei giorni
si riuniva a Roma per chiudere un ciclo della sua vita ed
iniziarne uno nuovo.
Tra i membri più illustri della comitiva i Cardinali Oscar
Andrés Rodriguez Maradiaga, Arcivescovo di Tegucigalpa
e Presidente della Caritas Internationalis, e Robert Sarah,
Presidente del Pontificio Consiglio “Cor Unum”, Mons.
Ettore Balestrero, Sotto-Segretario per i Rapporti con gli
Stati, e naturalmente il simpatico Ambasciatore d’Australia
all’ombra del suo inseparabile cappello a larghe tese. E’ a lui
che si deve l’iniziativa del viaggio in treno con partenza dal
Vaticano. Essendo egli stato Direttore Generale della grande
rete ferroviaria dell’Australia, tra le prime realtà vaticane che
egli volle approfondire, dopo il suo accreditamento come
ambasciatore d’Australia presso la Santa Sede, vi fu quella
delle ferrovie vaticane (!) e della nostra Stazione Ferroviaria.
Il Cardinale Presidente gli potè mostrare, non senza visibile
fierezza, la nostra stazione, che Pio XI considerava la più bella
del mondo, facendogli anche presente due grandi primati che
ad essa indubbiamente spettano: primo, non esservi mai stato
un incidente ferroviario; secondo, l’estrema puntualità dei
treni…
Vivace l’atmosfera tra i partecipanti alla gita – dirigenti,
membri e sostenitori della Caritas Internationalis, alcuni
venuti apposta dal Regno Unito, e numerosi ambasciatori
– e tra coloro che li avevano accompagnati festosamente
alla Stazione Vaticana per essere in qualche modo
partecipi dell’evento. Ciò che dava una particolare nota
di straordinarietà e festosità alla partenza, era il treno
stesso, cioè la sua composizione: vi era la Carrozza Papale
(chiamiamola così; in realtà appartiene al treno del Presidente
della Repubblica italiana), già usata da Giovanni XXIII nel
suo storico viaggio a Loreto e Assisi il 4 ottobre 1962, e da
Giovanni Paolo II l’8 novembre 1979, per recarsi allo Scalo
Smistamento delle Ferrovie dello Stato al Salario nel corso
della XXI Giornata del Ferroviere, e nel suo viaggio ad Assisi
il 24 gennaio 2002. Vi erano carrozze d’epoca di prima e di
seconda classe degli anni ’50, ed anche una carrozza di terza
classe con i suoi “classici” banchi di legno. Questa faceva,
direi, tenerezza, risvegliando il ricordo di quei vagoni di terza
classe, i più “carichi” d’umanità, non solo perché pieni di
viaggiatori, ma perché più vivi, con la gente che si scambiava
con spontaneità e familiarità, a voce alta, impressioni ed
informazioni, offrendosi reciprocamente qualcosa del cibo e
Foto del “mostro”
delle bibite portati con sé; e raccontava, commentava, rideva,
comunicava con i vicini. Il comune viaggio, pur con mete più
o meno lontane, li faceva sentire compagni di vita.
La “cosa” che, quella mattina del 21 maggio, attirava di più
l’attenzione, anzi, che suscitava una compiaciuta meraviglia,
era la locomotiva: a carbone, tutta metallo nero fulgente, con
le sue enormi ruote, con un gigantesco getto di fumo, con
potenti sbuffi di vapore, con lancinanti fischi. Venivano alla
mente le parole del Carducci ad una sua amica: “Il mostro,
che si chiama barbaramente treno, ansò, ruggì, stridè, si
mosse come un ippopotamo che corra fra le canne, e poi
fuggì come una tigre”; o i versi della sua Ode Barbara “Alla
Stazione”, che egli scrisse nell’ottobre del 1873, in una triste
mattina d’autunno (ma da noi, in Vaticano, si era in realtà in
una luminosa mattina di primavera):
Già il mostro, conscio della sua metallica
anima, sbuffa, crolla, ansa, i fiammei
occhi sbarra; immane pel’buio
8 | all’ombra del cupolone
11 Giugno 2011
gitta il fischio che sfida lo spazio.
Va l’empio mostro; con traino orribile
sbattendo l’ale gli amor miei portasi.
“Il mostro”! Quello che l’allegra brigata guardava ed
ammirava, era sì un “monstrum”, ma solo nel significato latino
di “meraviglia”. Esso era stato inaugurato nel 1915 (quasi un
secolo fa) ed era tuttora perfettamente funzionante. E che dire
delle sospensioni delle carrozze? Voi le pensereste antiquate,
ma l’Ambasciatore d’Australia, che di queste cose se ne
intende, le esaminò con attenzione e le giudicò “perfette”.
Il viaggio fu per tutti assai piacevole. Dopo aver ammirato
il temibile mostro d’acciaio, i partecipanti al memorabile
viaggio poterono entusiasmarsi, alla meta di destinazione, per
la Cattedrale di Orvieto, capolavoro dell’arte italiana del tardo
medioevo, e più propriamente dell’arte sacra, celeberrima per
la sua sfarzosa facciata gotica, non meno che per il Giudizio
Universale di Luca Signorelli nella Cappella di S. Brizio, e
per il preziosissimo reliquiario del corporale del miracolo di
Bolsena, custodito nell’omonima cappella.
Del singolare treno parlarono anche i telegiornali italiani; non
solo, ma, come ha testimoniato l’Ambasciatore d’Australia,
anche la BBC World Television ed altre televisioni del mondo.
“An outstanding success”!
Birra “benedetta”
di Barbara Cappellato
N
el ricordo della visita del Santo Padre Benedetto
XVI alla Repubblica Ceca (26-28 settembre 2009),
è giunto in Vaticano il dono di oltre 2.000 bottiglie
di birra stagionata del birrificio Plzeňský Prazdroj.
La Direzione del birrificio ha voluto che il dono
giungesse in Vaticano in occasione della Beatificazione di
Giovanni Paolo II. La spedizione del generoso carico era
partita da Pilsen, previa ampia e solenne benedizione del
Vescovo Diocesano S.E. Mons. František Radkovský.
L’Ambasciatore della Repubblica Ceca presso la
Santa Sede, S.E. Pavel Vošalik, impegnato a favorire
oltre ai buoni rapporti diplomatici, anche i cordialissimi
rapporti umani tra il suo nobile Paese ed il Vaticano,
si era fatto tramite dell’organizzazione del viaggio
e della cerimonia di consegna. Questa è avvenuta il
giorno 27 aprile 2011 alle ore 11,00 nel piazzale della
Stazione Vaticana con un simpatico scambio di discorsi
improvvisati tra il Signor Ambasciatore ed il Cardinale
Presidente del Governatorato.
Del simpatico gesto si è pensato di rendere partecipi,
con un congruo numero di bottiglie, gli Eminentissimi e
gli Eccellentissimi Capi Dicastero della Santa Sede.
Da quanto si è potuto riscontrare, l’apprezzamento
è stato adeguato al gentile gesto e all’alta qualità della
famosa birra Pilsner Urquell, avvalorata anche da
benedizione episcopale…
“Nuovi Amici” in Vaticano
Foto
di S.E. Viganò.
Cucciolo di Volpe
Germani
Foto del dipendente
Pietro Secone.
11 Giugno 2011
all’ombra del cupolone | 9
IL CUORE CHE PENSA
La croce di Cristo, nostra salvezza
O
dono preziosissimo della croce! Quale splendore
appare alla vista! Tutta bellezza e tutta magnificenza. Albero meraviglioso all’occhio e al gusto
e non immagine parziale di bene e di male come quello
dell’Eden.
È un albero che dona la vita, non la morte, illumina e
non ottenebra, apre l’adito al paradiso, non espelle da esso.
Su quel legno sale Cristo, come un re sul carro trionfale.
Sconfigge il diavolo padrone della morte e libera il genere
umano dalla schiavitù del tiranno.
Su quel legno sale il Signore, come un valoroso combattente. Viene ferito in battaglia alle mani, ai piedi e al
divino costato. Ma con quel sangue guarisce le nostre lividure, cioè la nostra natura ferita dal serpente velenoso.
Prima venimmo uccisi dal legno ora invece per il legno
recuperiamo la vita. Prima fummo ingannati dal legno, ora
invece con il legno scacciamo l’astuto serpente. Nuovi e
straordinari mutamenti! Al posto della morte ci viene data
la vita, invece della corruzione l’immortalità, invece del disonore la gloria.
Perciò non senza ragione esclama il santo Apostolo:
«Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del
Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo
per me è stato crocifisso, come io per il mondo» (Gal 6, 14).
Quella somma sapienza che fiorì dalla croce rese vana
la superba sapienza del mondo e la sua arrogante stoltezza.
I beni di ogni genere, che ci vennero dalla croce, hanno
eliminato i germi della cattiveria e della malizia. All’inizio
del mondo solo figure e segni premonitori di questo legno
notificavano e indicavano i grandi eventi del mondo. Stai
attento, infatti tu, chiunque tu sia, che hai grande brama di
conoscere. Noè non ha forse evitato per sé, per tutti i suoi
familiari ed anche per il bestiame, la catastrofe del diluvio,
decretata da Dio, in virtù di un piccolo legno? Pensa alla
verga di Mose. Non fu forse un simbolo della croce? Cambiò l’acqua in sangue, divorò i serpenti fittizi dei maghi,
percosse il mare e lo divise in due parti, ricondusse poi le
acque del mare al loro normale corso e sommerse i nemici,
salvò invece coloro che erano il popolo legittimo. Tale fu
anche la verga di Aronne, simbolo della croce, che fiorì in
Spina Christi.
Giardini Vaticani.
L’albero della Vita: Mosaico nel catino
dell’abside della Basilica di San Clemente (Roma).
un solo giorno e rivelò il sacerdote legittimo. Anche Abramo prefigurò la croce quando legò il figlio sulla catasta di
legna.
La morte fu uccisa dalla croce e Adamo fu restituito alla
vita. Della croce tutti gli apostoli si sono gloriati, ogni
martire ne venne coronato, e ogni santo santificato. Con la
croce abbiamo rivestito Cristo e ci siamo spogliati dell’uomo vecchio. Per mezzo della croce noi, pecorelle di Cristo,
siamo stati radunati in un unico ovile e siamo destinati alle
eterne dimore.
San Teodoro Studita (Sec. IX), abate:
Discorso sull’adorazione della Croce.
Cristo coronato di spine.
Annibale Carracci, Pinacoteca Nazionale (BO).
Immagine del Sacro Cuore
di S. Margherita M. Alacoque.
10 | all’ombra del cupolone
11 Giugno 2011
LʼANGOLO DI CULTURA
I sette savi
Solone (continua...)
Il primo dei detti
di Solone è: “mai
nulla di troppo”.
Stava scritto anche sul frontone del tempio di
Apollo a Delfi,
insieme all’altro
detto
famoso:
“conosci te stesso”. Esso enuncia il principio
“dell’equilibrio
morale”, tipico
della
sapienza
greca, che si può
enunciare anche
con il termine
dell’“aurea mediocritas”, cioè
del punto medio
Il Card. Federico Borromeo
come punto aureo perfetto. Il
grande filosofo greco Aristotele, nella sua etica a Nicomaco, parla della virtù come “medietà”, perchè tiene un posto
di mezzo tra due estremi: uno che ha un troppo d’eccesso,
ed uno che ha un troppo di difetto. Così, per esempio, la
virtù del coraggio è media tra la temerarietà e la pusillanimità. Aristotele aggiunge: “secondo la sua sostanza e la sua
definizione, che esprime l’essenza, la virtù è una medietà, ma secondo l’eccellenza e la perfezione è un estremo”.
Il coraggio ha infatti diversi gradi, da quello quotidiano a
quello eroico: e questo è un estremo. Ed aggiunge: “non
ogni azione, né ogni passione, ammette la via di mezzo. Per
alcune passioni infatti il nome implica malvagità, ad esempio la malevolenza, l’impudenza, l’invidia, e nel caso delle
azioni, l’adulterio, il furto, l’omicidio. Infatti tutte queste
passioni ed azioni, e quelle del medesimo genere, hanno
quei nomi per il fatto di essere cattive in se stesse, non solo
nei loro eccessi o difetti” (Etica Nicomachea, 110 b).
Questa dottrina aristotelica venne fatta propria anche
dal grande dottore della chiesa Tommaso d’Aquino, che vi
dedica un’apposita questione “De medio virtutum” nel suo
“opus magnum”, la Summa theologica (I, II, 64).
“Mai nulla di troppo”: ne quid nimis, dicevano i romani, in un senso però assai lontano da quello aristotelico.
Un’espressione di quest’aurea mediocritas si può incontrare, per esempio, nell’Ode a Licinio del poeta latino Orazio:
Auream quisquis mediocritatem
diligit, tutus caret obsoleti
sordibus tecti, caret invidenda
sobrius aula…
Rebus angustis animosus atque
fortis appare; sapienter idem
contrahes vento nimium secundo
turgida vela.
“chi ama l’aurea via di mezzo,
evita con attenzione
lo squallore del vecchio tugurio
e con sobrietà la reggia che attira invidia…
nelle angustie della vita
mostrati forte e animoso;
ma con sapienza ammainerai
le gonfie vele al vento troppo favorevole.
(Carmina 2, 10).
È questo un “ne quid nimis” della sapienza di carattere
stoico-epicureo. V’è ancora un’altra forma di coltivare la misura, ed è quella della semplice mediocrità, che di aureo non
ha veramente nulla. È il “ne quid nimis dei galantuomini”,
a cui fa cenno, con un esempio e contrario, il Manzoni ne I
Promessi Sposi, quando nel capitolo XXII parla del cardinale
Federico Borromeo. Quel passo è così bello, che vale la pena
di citarlo per esteso.
“La carità inesausta di quest’uomo, non meno che nel
dare, spiccava in tutto il suo contegno. di facile abbordo con tutti, credeva di dovere specialmente a quelli che
si chiamano di bassa condizione, un viso gioviale, una
cortesia affettuosa; tanto più, quanto ne trovan meno nel
mondo, e qui pure ebbe a combattere co’ galantuomini del
ne quid nimis, i quali, in ogni cosa, avrebbero voluto farlo star ne’ limiti, cioè ne’ loro limiti. Uno di costoro, una
volta che, nella visita d’un paese alpestre e salvatico, Federigo istruiva certi poveri fanciulli, e, tra l’interrogare
e l’insegnare, gli andava amorevolmente accarezzando,
l’avvertì che usasse più riguardo nel far tante carezze a
que’ ragazzi, perchè eran troppo sudici e stomacosi: come
se supponesse, il buon uomo, che Federigo non avesse
senso abbastanza per fare una tale scoperta, o non abbastanza perspicacia, per trovar da sè quel ripiego così fino.
Tale è, in certe condizioni di tempi e di cose, la sventura
degli uomini costituiti in certe dignità: che mentre così di
rado si trova chi gli avvisi de’ loro mancamenti, non manca poi gente coraggiosa a riprenderli del loro far bene.
Ma il buon vescovo, non senza un certo risentimento, rispose : «sono mie anime, e forse non vedranno mai più la
mia faccia; e non volete che gli abbracci? ».
11 Giugno 2011
all’ombra del cupolone | 11
È POESIA !
SOLON
(continua...)
Entrò, col lume della primavera
e con l’alito salso dell’Egeo,
la cantatrice. Ella sapea due canti:
l’uno, d’amore, l’altro era di morte.
Entrò pensosa; e Phoco le porgeva
uno sgabello d’auree borchie ornato
ed una coppa. Ella sedé, reggendo
la risonante pèctide; ne strinse
tacita intorno ai còllabi le corde;
tentò le corde fremebonde, e disse:
su la grande onda,
Togli il pianto. È colpa! Sei del poeta
nella casa, tu. Chi dirà che fui?
Piangi il morto atleta: beltà d’atleta
muore con lui.
dolce è da te scendere dove è pace:
scende il sole nell’infinito mare;
trema e scende la chiarità seguace
crepuscolare.
La Morte è questa! il vecchio esclamò.
Questo, ella rispose, è, ospite, l’Amore.
Tentò le corde fremebonde, e disse:
Muore la virtù dell’eroe che il cocchio
spinge urlando tra le nemiche schiere;
muore il seno, sì, di Rhodòpi, l’occhio
del timoniere;
ma non muore il canto che tra il
tintinno
della pèctide apre il candor dell’ale.
E il poeta fin che non muoia l’inno,
vive, immortale,
Splende al plenilunïo l’orto; il melo
trema
appena
d’un
tremolio
d’argento...
Nei lontani monti color di cielo
sibila il vento.
poi che l’inno (diano le rosee dita
pace al peplo, a noi non s’addice il
lutto)
è la nostra forza e beltà, la vita,
l’anima, tutto!
Mugghia il vento, strepita tra le forre,
su le quercie gettasi... Il mio non
sembra
che un tremore, ma è l’amore, e corre,
spossa le membra!
E chi voglia me rivedere, tocchi
queste corde, canti un mio canto:
in quella, tutta rose rimireranno gli
occhi Saffo la bella.
M’è lontano dalle ricciute chiome,
quanto il sole; sì, ma mi giunge al
cuore,
come il sole: bello, ma bello come
sole che muore.
Questo era il canto della Morte; e il
vecchio Solon qui disse:
Ch’io l’impari, e muoia.
Dileguare! e altro non voglio: voglio
farmi chiarità che da lui si effonda.
Scoglio estremo della gran luce,
scoglio
Giovanni Pascoli
Poemi conviviali
Anfora attica a figure rosse,
figura ammantata che suona la cetra.
Musei Vaticani.
LA PAROLA DEL PAPA
La fede in Gesù comporta seguirlo quotidianamente, nelle semplici azioni che compongono la nostra giornata. «È
proprio del mistero di Dio agire in modo sommesso. Solo
pian piano Egli costruisce nella grande storia dell’umanità la
sua storia. Diventa uomo ma in modo da poter essere ignorato
dai contemporanei, dalle forze autorevoli della storia. Patisce
e muore e, come Risorto, vuole arrivare all’umanità soltanto
attraverso la fede dei suoi ai quali si manifesta. Di continuo
Egli bussa sommessamente alle porte dei nostri cuori e, se gli
apriamo, lentamente ci rende capaci di “vedere”» (Gesù di
Nazareth, II, 2011, 306). Sant’Agostino afferma che «era necessario che Gesù dicesse: “Io sono la via, la verità e la vita”
(Gv 14,6), perché una volta conosciuta la via, restava da conoscere la meta» (Tractatus in Ioh., 69,2: CCL 36, 500), e la
meta è il Padre. Per i cristiani, per ciascuno di noi, dunque, la
Via al Padre è lasciarsi guidare da Gesù, dalla sua parola di
Verità, e accogliere il dono della sua Vita. Facciamo nostro
l’invito di San Bonaventura: «Apri dunque gli occhi, tendi
l’orecchio spirituale, apri le tue labbra e disponi il tuo cuore,
perché tu possa in tutte le creature vedere, ascoltare, lodare,
amare, venerare, glorificare, onorare il tuo Dio» (Itinerarium
mentis in Deum, I, 15).
(Benedetto XVI, Regina Caeli del 22 maggio 2011).
Il Signore bussa sommessamente … Noi possiamo aprirgli
la nostra giornata e la nostra vita, profittando della Messa
quotidiana nella nostra chiesa di Maria Madre della Famiglia, alle ore 7,30. Ascoltarlo, incontrarlo, seguirlo: non
v’è nulla di più bello. Si parla con lui, si canta con lui: sì,
perché quando la Chiesa, la Sposa bella di Cristo, canta,
anche Cristo canta!
12 | all’ombra del cupolone
11 Giugno 2011
PER FARE BUON SANGUE
Amicizie...”interessate”.
Una vicina di casa di Albert Einstein aveva una bambina di otto anni, che ogni pomeriggio andava a trovare
il famoso scienziato. Dopo parecchie settimane di queste visite quotidiane, la madre della bambina si recò da
Einstein per scusarsi delle continue interruzioni causategli dalla figlioletta.
“Oh, al contrario”, la rassicurò Einstein. “Le sue visite mi fanno piacere e stiamo molto bene insieme”.
“Ma che cosa potete avere in comune con una bambina di otto anni?”
“Molte cose”, spiegò Einstein. “Mi piacciono le caramelle che mi porta e a lei piace il modo in cui le faccio i
compiti di aritmetica”.
NOTIZIE LIETE E ...TRISTI
Matrimoni
Hanno formato una nuova famiglia:
Claudio Consoli e Giada Zampetti (22/05/2011);
Claudio Ianniello e Marie Tiffany Parks (29/05/2011);
Simone Mariani e Giorgia Maselli (01/06/2011);
Fabrizio Pietrarelli e Martina Sammarco (04/06/2011);
Roberto Visone e Francesca Folino (11/06/2011);
Daniele De Rosa e Sarah Preite (11/06/2011).
Ci sono anchʼio!
Diverse famiglie di dipendenti del Governatorato sono state
allietate in questo periodo dalla nascita di figli:
Francesco Silveri (06/04/2011), di Francesca Saura;
Damiano (19/04/2011), di Vincenzo Scaccioni;
Riccardo (23/04/2011), di Vincenzo Palmieri;
Manuel (29/04/2011), di Davide Carboni;
Viola
(29/04/2011), di Roberto Zonetti;
Livia
(03/05/2011), di Claudio Fanali;
Martina Mineo (05/05/2011), di Lara Mangano;
Gabriele (10/05/2011), di Giuseppe Ciampi;
Lavinia (13/05/2011), di Daniele Di Francesco;
Lorenzo (13/05/2011), di Federico Balzoni;
Carlo Alessandro Piozzo di Rosignano (16/05/2011),
di Anna Valeria Caffo;
Luigi
(19/05/2011), di Carlo Lajolo;
Emma (24/05/2011), di Simone Majeron;
Giulia
(24/05/2011), di Armando Giordano;
Camilla (07/06/2011), di Orfeo Federici;
Lorenzo (09/06/2011), di Pier Paolo D’Alessandro.
Nella luce della Gerusalemme celeste
Con fede in “Cristo Gesù, che ha fatto risplendere
la vita e l’immortalità per mezzo del Vangelo”,
ricordiamo i familiari di alcuni colleghi:
Angelo (06/03/2011), padre di Marco Minei;
Luciana (14/03/2011), sorella di Rita Angelosante;
Maria
(03/04/2011), sorella di Pietro Marco Secone;
Rosa Lamanna (09/04/2011), madre di Annunziata Vitto;
Alvaro (19/04/2011), fratello di Roberto Serafini;
Johanna Lida Kanij (25/04/2011), madre di Claudine
Henriette Schokking;
Maria Moretti (03/05/2011), madre di Mario Torri;
Carmine (04/05/2011), padre di Giuseppe Amato;
Giulia Annarilli (25/05/2011), madre di Paolo Pallotta;
Laura Bindi (28/05/2011), moglie di Giorgio Pierconti.
REDAZIONE:
presso S.E. Mons. Vice Segretario Generale
IMPAGINAZIONE:
Luigi,
figlio
di Carlo Lajolo.
notizie di varia vaticanità
ANNO 5 | n. 3
Roberto Cortesini (UFN, Governatorato)
STAMPA:
Tipografia Vaticana
NOTIZIE UTILI
LʼEm.mo Card. Presidente riceve tutti i dipendenti senza preavviso, ogni giorno dalle 12,30 alle 13,30.
Per evitare attese, potrà essere utile preannunciarsi (tel. 84432; 83306).
LʼEcc.mo Mons. Segretario Generale riceve tutti i dipendenti, previa telefonata (tel. 85127).
LʼEcc.mo Mons. Vice Segretario Generale riceve tutti i dipendenti, previa telefonata (tel. 85537; 84663).
Si ricorda che il notiziario allʼOmbra del Cupolone è accessibile anche dal sito www.vaticanstate.va/IT/News/Bollettini.