quesiti - Studio Signorini

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quesiti - Studio Signorini
Quesiti
SOMMARIO
Licenziamento tutela crescente e conciliazione ..................................................................... 2
Pignoramento successivo alla cessione del quinto ................................................................. 2
Rimborsi e trasferte per gli amministratori di società ............................................................. 3
Indennità trasferta oltre le previsioni del ccnl......................................................................... 4
Rimborso forfetario indennità di trasferta.............................................................................. 5
Cessione del contratto e sgravio biennale .............................................................................. 5
Appalto e privacy ...................................................................................................................6
QUESITI – LUGLIO 2016
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Licenziamento tutela crescente e conciliazione
Un dipendente, assunto a tutele crescenti, è stato licenziato per giusta causa, dopo undici mesi di
lavoro. L’ex dipendente ha impugnato il licenziamento. Il datore di lavoro vorrebbe conciliare entro
60 giorni. La normativa prevede che le piccole aziende possono offrire una mensilità ma con un
minimo di due mensilità Il quesito è se possiamo offrire davanti al conciliatore una mensilità,
ipotizzando che in fase giudiziale con esito negativo l’importo da erogare sarebbe sempre di due
mensilità?
Il quesito concerne il funzionamento della nuova conciliazione volontaria introdotta dal piano di
riforme noto come Jobs Act, che, nello specifico, è disciplinata dall'articolo 6 del D.Lgs. n. 23/2015.
Come noto, la predetta norma ha introdotto un nuovo strumento conciliativo che consente al
datore di lavoro, in caso di licenziamento di un dipendente assunto con contratto a tutele
crescenti, di offrire a quest'ultimo - entro il termine di decadenza di 60 giorni dalla comunicazione
del recesso - un importo non assoggettato a tassazione, né a contribuzione previdenziale. L'entità
di tale offerta economica, però, non è rimessa alla volontà delle parti bensì è predeterminata dalla
legge, in base alla dimensione occupazionale dell’impresa e all’anzianità di servizio del lavoratore.
Nello specifico, infatti, per le aziende che presentano il requisito dimensionale di cui all’art. 18,
legge 300/1970 (più di 15 dipendenti nello stesso comune o più di 60 sul territorio nazionale),
l’offerta ha un contenuto economico vincolato pari a 1 mensilità della retribuzione per ogni anno
di lavoro, da un minimo di 2 sino a un massimo di 18 mensilità (il parametro è la retribuzione di
riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto). Invece, per quanto riguarda - come nel
caso di specie - i nuovi assunti dipendenti da piccole imprese, l’ammontare e l’importo della
somma di denaro che possono essere offerti in sede di conciliazione sono dimezzati in virtù del
combinato disposto degli artt. 6 e 9 del D.Lgs. n. 23/2015. Sicché la somma che potrà essere
offerta ai neoassunti presso una piccola impresa in sede di conciliazione cosiddetta facoltativa,
corrisponde a un importo di ammontare pari a mezza mensilità dell’ultima retribuzione di
riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 1
e non superiore a 6 mensilità. Orbene, in risposta al quesito sottopostoci, si sottolinea che,
essendo stabilita ex ante dalla legge la somma che deve essere offerta al dipendente, non è
possibile proporre davanti al conciliatore un diverso importo, seppur calcolato sulla base di
quanto si verrebbe condannati a versare in caso di esito negativo della fase giudiziale. Sul punto
però, si ribadisce che, trattandosi di piccola azienda, la somma che può essere offerta al
dipendente è pari a 1 mensilità (e non 2 come per le aziende con più di 15 dipendenti). In
conclusione, evidenziamo che l'offerta economica può essere formulata solo mediante consegna
di un assegno circolare presso una delle sedi abilitata dalla legge per la gestione delle procedure
di conciliazione e che l’accettazione dell’offerta economica da parte del lavoratore comporta
automaticamente la sua rinuncia ad agire in giudizio con esclusivo riferimento alle rivendicazioni
relative al licenziamento.
Pignoramento successivo alla cessione del quinto
Equitalia notifica al datore di lavoro atto di pignoramento dello stipendio di un dipendente. Il
dipendente in precedenza (2 anni prima) ha effettuato la cessione volontaria del quinto dello
stipendio. Ai sensi dell'art. 68 del DPR 180/1950 i successivi pignoramenti sono consentiti solo per la
differenza tra la metà dello stipendio e la quota già ceduta dal lavoratore, fermi i limiti di cui all’art.
2. Tale norma è da intendersi nel senso che l'ammontare della differenza è l'importo su cui calcolare
il quinto da pignorare o questa rappresenta la somma massima pignorabile? Fatto 100 lo stipendio
netto, 20 la cessione precedente, la differenza è 30 (50-20), l'importo che il datore dovrà versare
all'Equitalia è 6 ( 1/5 di 30) o 20 ?
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A seguito delle modifiche introdotte dalla Legge 132/2015 sulle procedure di pignoramento dello
stipendio, ai sensi dell’art. 545 c.p.c., le somme dovute da privati a titolo di stipendio e/o salario
possono essere pignorate:
 per crediti alimentari nella misura autorizzata dal presidente del tribunale o da un giudice da
lui delegato;
 nella misura di un quinto per i tributi dovuti allo Stato, alle province ed ai comuni (per la
pignorabilità da parte dell’agente della riscossione, vedere più avanti);
 nella misura di un quinto per ogni altro credito.
Nel caso in cui vi sia un concorso tra crediti diversi, il pignoramento della retribuzione dovrà essere
contenuto nei seguenti limiti:
 per concorso di crediti tra cui quelli di natura alimentare, il pignoramento non può colpire una
quota che eccede la metà dello stipendio (TFR compreso);
 per il concorso di crediti diversi da quelli alimentari, il limite di capienza è pari ad 1/5 (TFR
compreso).
Nel caso in cui i pignoramenti siano disposti dall’Agente di riscossione, ci si deve rifare all’art. 73ter del DPR 602/1973, in base al quale le somme dovute a titolo di stipendio e/o salario possono
essere pignorate dall’agente della riscossione in misura pari a:
 un decimo per importi fino a 2.500 euro;
 un settimo per importi superiori a 2.500 euro e non superiori a 5.000 euro;
 un quinto per gli importi di ammontare
Rimborsi e trasferte per gli amministratori di società
Due srl con la stessa sede legale di cui una ha anche un'unità locale in altro Comune. Stagionalmente
gli amministratori (che sono anche soci) svolgono l'attività anche nel punto vendita al di fuori del
Comune della sede legale. E' possibile erogare, in aggiunta al compenso di amministratore, importi a
titolo di trasferta in base all'art. 51 dpr 917/86 così come previsto per i lavoratori subordinati? Si può
considerare l'unità locale come sede diversa da quella in cui è svolta abitualmente l'attività
lavorativa?
Il rinvio di cui all'articolo 52 del TU DPR 917/1986 (che disciplina la determinazione dei redditi
assimilati al lavoro dipendente incluse le collaborazioni coordinate e continuative nelle quali
rientrano i compensi percepiti dagli amministratori) all'articolo 51 (redditi di lavoro dipendente),
consente l’applicabilità della relativa disciplina in materia di indennità percepite per trasferte o
missioni (comma 5 del predetto articolo 51). In merito alla sede di lavoro, la circolare Minfin 207
/E del 16 novembre 2000 ha chiarito che le indennità di trasferta sono quelle corrisposte
allorquando il collaboratore sia chiamato a svolgere una attività fuori dalla sede naturale in cui è
tenuto contrattualmente a svolgere il proprio lavoro. Tale sede è determinata dal committente
ed è generalmente indicata nella lettera o contratto di assunzione ma, per talune specifiche
attività di collaborazione, non è possibile, in virtù delle caratteristiche peculiari della prestazione
svolta, determinare contrattualmente la sede di lavoro né identificare tale sede con quella della
società. Nel caso prospettato dal gentile lettore, pertanto, sulla base delle indicazioni fornite dalla
circolare Age del 26 gennaio 2001, n. 7/E, occorrerà fare riferimento in primo luogo alla sede di
lavoro indicata nell'atto di nomina; in via sussidiaria occorrerà fare riferimento al domicilio fiscale
del collaboratore.
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Indennità trasferta oltre le previsioni del ccnl
Ai sensi dell'art. 167 del Ccnl Terziario Confcommercio, in occasione delle trasferte il datore di lavoro
ha facoltà di corrispondere il rimborso a piè di lista delle spese di vitto e alloggio in luogo della diaria,
non inferiore al doppio della quota giornaliera della retribuzione di fatto, di cui punto 4) del 2° comma.
L'azienda ha scelto di rimborsare le spese di vitto alloggio a piè di lista e di erogare in aggiunta una
indennità per ogni giorni di trasferta di 23,00 euro -importo inferiore alla diaria prevista al citato
punto 4-. I 23,00 euro sono totalmente esenti in caso di rimborso di vitto o alloggio, mentre sono
esenti per 15,49 e soggetti a contributi e Irpef per 7,51 euro in caso di rimborso di vitto e alloggio. E'
corretto?
L’art. 51 del D.P.R. n. 917/1986 (TUIR) disciplina il sistema di tassazione delle trasferte e più
precisamente al comma 5, in deroga al principio generale di omnicomprensivo del reddito di
lavoro dipendente, stabilisce in linea generale che le indennità percepite per le trasferte o le
missioni fuori del territorio comunale concorrono a formare il reddito per la parte eccedente 46,48
euro al giorno, elevate a 77,47 euro per le trasferte all'estero, al netto delle spese di viaggio e di
trasporto. L’importo esente si riduce a seconda che oltre alla indennità vi sia un rimborso
documentato delle spese di vitto e/o alloggio. Da ciò deriva la necessità di distinguere fra tre
diversi sistemi, alternativi tra loro, di applicazione della norma. 1) Indennità forfettaria: l’indennità
corrisposta forfettariamente non concorre a formare il reddito fino a euro 46,48 (trasferta Italia)
o euro 77,47 (trasferta estero). 2) Rimborso analitico: In caso di rimborso analitico delle spese non
concorrono a formare il reddito del lavoratore i rimborsi di spese documentati relativi al vitto,
all'alloggio, al viaggio e al trasporto, nonché i rimborsi di altre spese (es. lavanderia, parcheggio,
telefono, mance ecc.), anche non documentabili, eventualmente sostenute e analiticamente
attestate dal dipendente in trasferta, fino all'importo massimo giornaliero di 15,49 euro, elevato
a 25,82 euro per le trasferte all'estero. In questo caso l’eventuale corresponsione in aggiunta al
rimborso analitico di un’indennità, concorre interamente a formare il reddito di lavoro dipendente
(circolare 326/E/1997). 3) Rimborso misto: nel caso vi sia un rimborso analitico parziale e in
aggiunta un importo di indennità forfettaria, l’esenzione di 46,48 euro si riduce di un terzo
passando a 30,98 euro (51,64 per l’estero) se al lavoratore vengono rimborsate le spese di alloggio,
ovvero di vitto ovvero nel caso di alloggio o vitto fornito gratuitamente; si riduce di due terzi fino
ad un’esenzione complessiva di 15,49 euro (25,82 per l’estero) se al lavoratore vengono
rimborsate sia le spese di alloggio, sia quelle di vitto, ovvero ne caso di alloggio e vitto fornito
gratuitamente. Da quanto si evince dal quesito, il datore di lavoro pur optando per il rimborso
delle spese di vitto e alloggio, come previsto al punto 4, secondo comma, dell’articolo 167 del
CCNL Terziario, decide di erogare in aggiunta anche un’indennità configurando una deroga in
melius per il lavoratore. A tal proposito occorre tenere presente che, per quanto anche affermato
dal Ministero del Lavoro nella nota di precisione del 21/4/2010 (su interpello 14/2010), l’indennità
di trasferta corrisposta, in base ad accordi individuali, in misura superiore a quanto previsto dal
CCNL, se nei limiti di esenzione previsti dall’art. 51, comma 5, del D.P.R. n. 917/1986, NON deve
essere assoggettata a tassazione in misura piena, “ciò anche in considerazione delle difficoltà
insite nell'individuazione, da parte della contrattazione collettiva, di tutte le varietà dei casi che
possono determinare trattamenti maggiori rispetto a quelli previsti dal contratto collettivo
applicato”. Per quanto concerne il caso sottoposto nel quesito, si concorda dunque con il lettore
che nel caso fossero rimborsate a piè di lista solo le spese di vitto o di alloggio, l'indennità
forfetaria di 23 euro sarebbe totalmente esente sia dal punto di vista fiscale che contributivo, in
quanto non superiore al tetto di 30,98 euro (ossia 2/3 di 46,48 euro ); mentre nel caso le spese
documentate si riferissero ad entrambe le spese di vitto e alloggio, rispetto ai 23 euro, la quota di
esenzione si ridurrebbe a 15,49 euro (1/3 di 46,48 euro) e sarebbero assoggettare a ritenuta fiscale
e a contributi la differenza pari a 7,51 euro (23 – 15,49 = 7,51). E' opportuno comunque rilevare che
nel caso il rimborso fosse stato solo di tipo analitico sarebbe comunque stato possibile il
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riconoscimento in esenzione da imposte di euro 15,49, da attribuire o quale indennità o quali
ulteriori spese (es. lavanderia, parcheggio, telefono, mance ecc.), anche non documentabili,
eventualmente sostenute e analiticamente attestate dal dipendente in trasferta (circolare
326/E/199797).
Rimborso forfetario indennità di trasferta
Un’azienda edile, a seguito di conferimento dell’incarico annuale ai lavoratori per poter effettuare
trasferte al di fuori del comune ove è ubicata la sede dall’impresa, rimborsa mensilmente in misura
forfetaria le indennità di trasferta a prescindere dalle spese sostenute e dalla distanza intercorrente
tra l’abitazione e il cantiere di lavoro. Tali rimborsi sono esenti da imposte fino ad un massimo di €
46,48 al giorno. In sede di verifica ispettiva si dovranno fornire ulteriori pezze giustificative o sarà
sufficiente esibire le comunicazioni relative al conferimento di incarico annuale?
Nel caso prospettato sembra farsi riferimento ad una precisa sede di lavoro/cantiere al di fuori del
comune di ubicazione della sede dell’impresa, per cui al dipendente dell’azienda Edile è stato
conferito un incarico annuale (durata presumibile per ultimare il cantiere superiore ai 240 giorni
come previsto dalla circ. 326/1997 del Ministero delle Finanze). Proprio la precisazione della sede
di lavoro nel conferimento di incarico identifica l'occasionalità della trasferta e il diritto a
percepire la relativa indennità oltre che la maggiorazione retributiva prevista dalla contrattazione
collettiva sia di primo che di secondo livello e ne configura l’incompatibilità con la qualità di
trasfertista. Pertanto per tutte le trasferte di tipo occasionale del settore edile si applicheranno le
disposizioni previste dall’art. 51 c. 5 del TUIR anche se superiori rispetto a quanto stabilito dalla
contrattazione collettiva. Ciò premesso, le indennità percepite per le trasferte o le missioni fuori
del territorio comunale concorrono a formare il reddito per la parte eccedente a 46,48 euro al
giorno, elevate a 77,47 euro per le trasferte all'estero, al netto delle spese di viaggio e di trasporto
e, in sede di verifica ispettiva, non si dovranno fornire ulteriori pezze giustificative oltre le
comunicazioni relative al conferimento di incarico annuale.
Cessione del contratto e sgravio biennale
L'azienda "A" (individuale) che ha assunto una dipendente a tempo indeterminato con il bonus
giovani genitori autorizzato e con sgravio biennale, viene venduta all'azienda "B", pertanto tutti i
rapporti di lavoro verranno cessati in data 31.03.2016. Il vecchio titolare della azienda A vorrebbe
mantenere però il rapporto di lavoro con la dipendente citata (solo lei) sull'azienda "C" aperta
recentemente in forma societaria. Chiediamo pertanto se e possibile mantenere tutte le agevolazioni
ottenute sull'azienda "A" e portarle sull'azienda "C" anche sotto forma di cessione di contratto? O
tramite alternative da voi suggerite.
A proposito di esonero contributivo biennale previsto dall’art. 1 commi 178 e segg. della legge
208/2015, l’INPS con la circolare n. 57 del 29/03/2016 ha precisato che nelle ipotesi di cessione del
contratto a tempo indeterminato ex art. 1406 c.c. con passaggio del dipendente al cessionario, la
fruizione del beneficio, già riconosciuto al datore di lavoro cedente, può essere trasferita al
subentrante per il periodo residuo non goduto, in quanto in tal caso si verifica la sola
modificazione soggettiva del rapporto già in atto che prosegue con il datore di lavoro cessionario.
Stessa cosa vale nei confronti del cessionario per il periodo residuo non goduto dal cedente in
virtù di quanto disposto dall’art. 2112 c.c., secondo il quale, in caso di trasferimento di azienda, il
rapporto di lavoro prosegue con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne
derivano. Non viene riconosciuta la continuità nell’usufruire dell’esonero, nel caso vi sia una
assunzione di lavoratori licenziati, nei sei mesi precedenti, da parte di un datore di lavoro che, alla
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data del licenziamento, presentava elementi di relazione con il datore di lavoro che assume, sotto
il profilo della sostanziale coincidenza degli assetti proprietari ovvero della sussistenza di rapporti
di controllo o collegamento. Pertanto nel caso prospettato, per l’ex dipendente dell’azienda “A”
cessata assunta con contratto di lavoro a tempo indeterminato per poter usufruire dei benefici
contributivi, nel caso di riassunzione da parte della neocostituita azienda “B” non sarà possibile
mantenere l’esonero contributivo biennale, a meno che non si configuri una cessione del
contratto oppure una operazione straordinaria come sopra evidenziato. Per quanto riguarda il
bonus genitori, questo spetta ai soggetti Giovani genitori fino a 35 anni di età con figli minori
iscritti alla banca dati INPS per l'occupazione dei giovani genitori, e che siano titolari di un
rapporto di lavoro precario (rapporto di lavoro subordinato a termine, contratto di
somministrazione oppure di lavoro intermittente o contratto di collaborazione coordinata e
continuativa), oppure disoccupati iscritti al Centro dell'Impiego, a cui è stato riconosciuto lo status
di disoccupazione a seguito della cessazione di un rapporto di lavoro precario. In questo caso se il
nuovo datore di lavoro ne ha i requisiti, potrà usufruire del bonus.
Appalto e privacy
In un contratto di appalto, in considerazione della responsabilità solidale che lega appaltatorecommittente e di quanto stabilito dal D.Lgs 196/2003 , l'appaltatore è tenuto, su richiesta del
committente, a consegnare le buste paga dei dipendenti assunti per lo svolgimento dell'opera o del
servizio?
In merito alla responsabilità solidale tra committente e appaltatore nei contratti di appalto ed ai
normali sfasamenti temporali relativi a rilascio e durata del DURC rispetto ai lavori in corso di
esecuzione, si ritiene che, pur non trattandosi di un obbligo di legge e pertanto non sanzionato,
per via di espressa previsione contrattuale (in caso contrario non esiste alcun obbligo), il
committente potrà richiedere tutta la documentazione aggiuntiva necessaria all’appaltatore (ma
questo vale anche nei confronti di subappaltatori), utile per non correre il rischio di dover
rispondere in solido. Tra questi, oltre i modelli F24 attestanti i pagamenti di contributi
assistenziali e previdenziali oltre delle trattenute fiscali, potrà essere richiesto anche copia del
Libro Unico del Lavoro limitatamente ai dipendenti coinvolti nell’appalto e la documentazione di
avvenuto pagamento delle retribuzioni. Va precisato che se l’appaltatore è in regola con tutti gli
adempimenti nei confronti dei suoi dipendenti, il committente non si libera dal vincolo solidale.
Attenzione alla privacy: secondo il Ministero del Lavoro (vedi risposta quesito n.18/B Vademecum
sul LUL dicembre 2008) è lecito chiedere all’appaltatore dati retributivi dei propri dipendenti,
purché dalla consegna di tali documenti non si possano evincere dati sensibili.
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