Maria de` Medici - Sillabe, casa editrice
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Maria de` Medici - Sillabe, casa editrice
Abbreviazioni – Archivio di Stato, Firenze asp – Archivio di Stato di Prato bmf – Biblioteca Marucelliana, Firenze bncf – Biblioteca Nazionale Centrale, Firenze bnp – Bibliothèque Nationale, Paris gdsu – Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, Firenze dm – Diplomatico Mediceo gm – Guardaroba Medicea mp – Mediceo del Principato mm – Miscellanea Medicea asf Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Fiorentino Maria de’ Medici (1573-1642) una principessa fiorentina sul trono di Francia a p. 6: part. cat. n. iii.26 alle pp. 24-25: part. cat. n. i.30 alle pp. 128-129: part. cat. n. ii.2 alle pp. 218-219: part. cat. n. iii.21 alle pp. 334-335: part. cat. n. iv.4 alle pp. 358-359: La Vie de Sainct Denis Apostre de la France faicte en vers françois dédiée à la Reine Mère du Roy, Paris 1629. Chantilly, Museo Condé alle pp. 50, 156, 260, 338: cat. n. ii.44 in copertina: part. cat. n. i.4 a cura di Caterina Caneva e Francesco Solinas ISBN 88-8347-252-7 © 2005 Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Fiorentino Una realizzazione editoriale s i l l a b e s.r.l. Livorno http://www.sillabe.it e-mail: [email protected] direzione editoriale: Maddalena Paola Winspeare progetto grafico: Laura Belforte redazione: Barbara Galla relazioni esterne: Giulia Bastianelli traduzioni: Centro Linguistico Agorà, Sara Gioia, Marie-France Merger Leandri L’Editore è a disposizione degli aventi diritto per le fonti iconografiche non identificate s i l l a b e Indice Il caso di Maria de’ Medici: dalla damnatio memoriae alla riabilitazione? Marc Fumaroli 9 Omaggio a Maria Antonio Paolucci 13 Maria de’ Medici al Museo degli Argenti Ornella Casazza 17 La ‘grandeur’ francese e la ‘magnificenza’ fiorentina Edoardo Speranza 19 Le arti alla corte di Enrico iv (1594-1610) Paola Bassani Pacht, Nicolas Sainte Fare Garnot 220 Il ritorno di Maria Caterina Caneva 20 Il mecenatismo artistico di Maria regina e reggente (1600-1630) Nicolas Sainte Fare Garnot 229 La pittura a Parigi al tempo di Maria Paola Bassani Pacht 236 Il Palazzo del Luxembourg: architettura e arte Dominique Brême 246 251 257 i. ii. iii. Principessa a Firenze Regina in Francia La corte di Toscana e la giovinezza di Maria Francesco Solinas 26 “Nelle stanze della principessa Maria all’ultimo piano…” Laura Baldini Giusti 36 Pittura a Firenze verso il 1600 Roberto Contini 41 Lo sviluppo delle arti decorative in Francia: un modello mediceo? Thierry Crépin-Leblond Un gusto europeo Mario Scalini 47 I libri della Regina Isabelle de Conihout Catalogo 50 Ottobre 1600: le nozze con il Re di Francia Feste e cerimonie tenutesi a Firenze per le “Felicissime Nozze”: nuovi documenti Riccardo Spinelli 130 Musiche e danze per una regina 141 Maria Adelaide Bartoli Bacherini Lo stile fiorentino alla corte di Francia: il guardaroba di Maria 1 46 Roberta Orsi Landini Catalogo260 iv. Maria e l’Europa Il ruolo in Europa di Maria de’ Medici Francesco Solinas 336 Catalogo338 Apparati Albero genealogico a cura di Elena Capretti 360 Cronologia dei principali avvenimenti storici e artistici del periodo 1534-1643 a cura di Elena Cattarini Léger 362 366 368 Perle e diamanti per la Regina Maria Sframeli 151 Cronaca “… della venuta a Prato della Cristianissima di Francia” Daniela Degl’Innocenti 153 Libri di proprietà di Maria de’ Medici Libri dedicati a Maria de’ Medici e alla sua gloria a cura di Isabelle de Conihout Catalogo 156 Bibliografia374 Omaggio a Maria Antonio Paolucci Soprintendente per il Polo Museale Fiorentino Fig. 1 - Ottavio Vannini, Lorenzo in mezzo agli artisti, part. Firenze, Palazzo Pitti, Museo degli Argenti, Sala di Giovanni da San Giovanni Circa l’anno 1635, nella Reggia di Pitti, Giovanni da San Giovanni coadiuvato da una squadra di eccellenti collaboratori (Ottavio Vannini, Francesco Furini, Cecco Bravo) dipingeva ad affresco la grande sala che ancora oggi porta il suo nome. In quella parte del Palazzo che è rivolta a Nord ed è passabilmente riparata dai calori dell’agosto fiorentino, i granduchi Medici avevano eletto la sede dei loro appartamenti estivi. Il salone detto di Giovanni da San Giovanni, a motivo della sua ubicazione privilegiata e delle grandi dimensioni, assolveva a funzioni cerimoniali e di alta rappresentanza. Si spiega così il tema iconografico che, visibile a tutti, occupa la volta e le pareti. In affreschi ariosi e leggeri, screziati d’oro e cangianti come arazzi di seta, Giovanni da San Giovanni con la squadra dei suoi collaboratori celebra, nell’anno 1635, le nozze di Ferdinando ii Medici con Vittoria della Rovere, ultima erede della dinastia urbinate. In realtà ci accorgiamo subito che l’allegoria del connubio dinastico (la fronda di quercia, alias rovere, innestata nello stemma mediceo) è un pretesto per esaltare il destino di Firenze, culla delle arti ed erede della civiltà classica. Gli affreschi raccontano di come la cultura d’Occidente (il cieco Omero e le Muse, le Arti e le Lettere), cacciata dall’Islam trionfante dopo la caduta di Costantinopoli, abbia trovato ospitalità in Italia e, in particolare, nella Firenze di Lorenzo il Magnifico. Maometto è un guerriero alato che con la scimitarra e il turbante guida l’assalto. La sua bandiera è il Corano in figura di furia alata, mortifera nube sulle sorti d’Europa. Ma ecco Lorenzo con la sua fisionomia inconfondibile, vestito con il costume di due secoli prima. Egli accoglie Apollo e le Muse, dialoga con la Prudenza allontanando l’Invidia e la Guerra, fa regnare la Pace e l’Abbondanza. Nella parete di fronte all’ingresso il Magnifico è attorniato da un gruppo di artisti fra i quali si riconoscono: a sinistra Giuliano da Sangallo con il modello della Villa di Poggio a Caiano e a destra il giovane Michelangelo che mostra il busto del celebre Fauno ispirato all’antico. Ancora, ecco Lorenzo ai piedi della statua di Platone con sullo sfondo la villa di Careggi, sede del cenacolo neoplatonico evocato dai ritratti idealizzati di Marsilio Ficino e di Pico della Mirandola e dalle figure allegoriche dell’Astronomia e della Poesia. Non manca neppure l’elegiaca memoria della morte del Magnifico, con le tre Parche che recidono il filo della vita e il mistico cigno che recupera dal Lete, fiume dell’oblio, il ricordo di Lorenzo immortalato dall’albero della Fama. Al di là del loro pregio artistico (che è alto) gli affreschi del salone di Giovanni da San Giovanni sono importanti perché equivalgono ad un manifesto politico. Nell’anno 1635 la dinastia medicea al potere sa di essere entità trascurabile agli occhi delle cancellerie europee ma sa anche che il prestigio culturale di Firenze e del Granducato può tradursi, se opportunamente valorizzato, in efficace strumento di notorietà e di internazionale consenso. A Palazzo Pitti abbiamo la perfetta dimostrazione di una tendenza destinata a rafforzarsi nel tempo fino al punto di diventare in età moderna il prevalente (e forse unico) carattere identitario della città e della regione. Gli affreschi del 1635 in Palazzo Pitti sono dunque un manifesto politico. Però, a differenza di quanto accade di norma nei manifesti politici, esso non è del tutto insincero. Perché grandi cose e tali da segnare profondamente la storia della cultura in Italia e in Europa, erano oggettivamente accadute a Firenze nella seconda metà del secolo precedente. Vediamo quali. Con l’unificazione della Toscana sotto la monarchia medicea (1555) le arti figurative vengono messe al servizio di un progetto culturale ambizioso che ha nel duca Cosimo il suo promotore e in Giorgio Vasari il suo esecutore geniale. Si realizza il grande complesso degli Uffizi all’interno del quale prende forma (1581) il primo museo moderno d’Europa. Si rinnova la decorazione interna di Palazzo Vecchio, si progetta la nuova reggia di Palazzo Pitti con il giardino di Boboli, il prototipo più illustre del giardino detto all’italiana, concepito come manipolazione intellettualistica della natura, sintesi di verità e di artificio. Intanto l’Opificio delle Pietre Dure, manifattura di Stato al servizio della corte, diffonde in tutta Europa il gusto fiorentino sotto forma di splen- Catalogo51 i.1 Pittore fiorentino (?) fine secolo xvi Ritratto di Maria de’ Medici bambina 1580-1583 olio su tela, cm 53 × 40 sul retro un’iscrizione antica riportata: “La regina Maria de Medici di Francia” Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Palatina, inv. Poggio Imperiale 1860 n. 393 Al contrario degli innumerevoli e ben noti ritratti di Maria de’ Medici regina nei quali grandi autori di fama internazionale hanno immortalato e reso riconoscibile nel tempo l’aspetto maturo e “ufficiale” della sovrana, quelli eseguiti a Firenze alla bambina e all’adolescente soffrono a tutt’oggi di qualche incertezza, e non solo di attribuzione ma anche di identificazione. Tanti e spesso simili i bambini Medici delle generazioni vicine a Maria, non sempre consequenziali i cambiamenti fisionomici legati alla crescita, non facili i riscontri tra le note d’archivio e le tele anonime della smisurata collezione medicea di ritratti, senza contare le personali visione, interpretazione e tecnica di ciascun artista: sono queste le difficoltà che Karla Langedijk ha dovuto affrontare fornendo quel repertorio iconografico che ancora oggi, anche per le effigi di Maria, è il punto di partenza obbligato. Da lei sappiamo di ritratti eseguiti fra gli altri da Alessandro Allori, Ludovico Buti, Giovanni Nigetti, Santi di Tito, artisti accreditati presso la corte toscana ai tempi della sua fanciullezza, campioni estremi del manierismo più raffinato o già tentati dal recupero di sobrietà formale. Da alcuni di questi tra l’altro la futura Regina di Francia dovette ricevere qualche rudimento di pittura. Caratterizzato da una vena particolare di tenerezza nella resa della fresca fisionomia infantile appare questo piccolo dipinto, inventariato tra gli arredi della Villa del Poggio Imperiale, residenza di Maria Maddalena d’Austria. La Langediik lo ha presentato nel 1980 mettendolo in relazione con “un ritratto della regina Maria di Francia quando era bambina sino a mezzo busto copiato da uno scipione Gaetano da francesco bianchi buonavita pittore” e consegnato alla Guardaroba nel 1626 per essere inviato in Francia alla regina (asf, dm 435, c. 151). Se la studiosa dubitava allora che potesse trattarsi della copia del Bianchi Buonavita (autore tra l’altro di una delle grandi tele eseguite per il Cabinet Doré di Maria), nel 1983 propende decisamente per l’identificazione dell’opera con l’originale del Gaetano. L’artista era di fatto assai apprezzato dal cardinale e futuro granduca Ferdinando i fin dai tempi del suo soggiorno romano: nel 1584 viene da lui invitato a Firenze e nel 1590 ne esegue il ritratto ufficiale con quello della moglie Cristina di Lorena per la famosa Serie aulica degli Uffizi. Ma ragioni sia di stile che di cronologia (Maria era nata nel 1573 e qui dimostra 7-9 anni), hanno indotto la critica successiva a togliere l’opera dal catalogo del Gaetano e a riportarla in ambito fiorentino. Per Miles Chappel ad esempio (Chappel 2002), l’opera può essere forse messa in relazione con l’attività di ritrattista svolta da Alessandro Allori per i Medici intorno al 1582. I toni sono morbidi con qualche ricordo anche di Santi di Tito, ma le gamme raffinatissime giocate sui toni del rosa e i dettagli preziosi dell’abbigliamento (del quale spicca oltre al colletto di trina l’ornamento dei capelli) ricordano anche la pittura di Jacopo Zucchi, come ha ben sottolineato Serena Padovani (2003). C. C. La piccola Maria indossa una veste in teletta d’argento a fondo incarnato con i bottoni e le decorazioni in perle. Con lo stesso tipo di teletta, impressa per arricchirla di motivi, verrà confezionato uno dei tre abiti importanti delle otto dame che accompagneranno la Regina in Francia circa vent’anni dopo. L’acconciatura adorna di fiori, probabilmente in smalto, è tipica delle dame toscane. R. O. L. Bibliografia: K. Langedijk, in Firenze 1980c, p. 298; Langedijk 1981-1987, ii, 1983, pp. 1244-1245, n. 86.11; Blois 2003, n. 2, p. 62; S. Padovani, in Chiarini-Padovani 2003, ii, p. 382, n. 620 230 Nicolas Sainte Fare Garnot ra e che il suo professore di disegno le impartì lezioni di pratica4. Educata da principessa, ella doveva saper apprezzare le bellezze della creazione artistica e una conoscenza diretta non era dunque da trascurare. Maria de’ Medici ebbe inoltre un’altra opportunità. Benché non fosse una discendente diretta del granduca regnante, trascorse l’infanzia e l’adolescenza alla corte di Firenze, e conobbe tutte le cerimonie e i fasti, soprattutto i matrimoni, che erano al tempo stesso grandi spettacoli e potenti simulacri destinati a mettere in rilievo la preminenza della Toscana medicea5. Trattandosi di alleanze matrimoniali, tali cerimonie erano innanzitutto considerate i mezzi più efficaci di una grande politica di accordi tra le diverse nazioni d’Occidente, sotto la tutela ideale dei Medici. Tale cultura è dunque consegnata alla giovane donna, nell’attesa di un destino all’altezza del suo rango. Se è vero che deve aspettare qualche anno di troppo rispetto alla consuetudine, e da questo punto di vista la scelta di un re di Francia appena convertito non poteva soddisfarla interamente, essa ne approfitta per perfezionare la sua cultura. Siamo grati a Contini6 e ad altri storici dell’arte italiana per aver ristabilito la bilancia a favore della scuola fiorentina. Quest’arte, meno innovativa di quella di Bologna o di Roma, non possiamo oggi qualificarla come arcaica – con artisti come il Cigoli, l’Empoli o il Tempesta, fautori di una forma di realismo distinto, al tempo stesso rozzo e manierato –, un’arte che Maria de’ Medici seppe, una volta divenuta parigina, usare alla perfezione. Una formazione artistica appropriata All’interno del suo bagaglio culturale, la principessa Maria poteva contare anche, grazie all’affetto che la legava alla sorella maggiore divenuta duchessa di Mantova, sugli effetti del mecenatismo della famiglia Gonzaga, uno dei più sviluppati e raffinati del tempo (si veda alle pp. 2635). In quell’epoca le committenze di Vincenzo Gonzaga non si rivolgono solamente verso l’arte italiana; pittori come Rubens e Pourbus erano i benvenuti, e tra l’altro lo ritroviamo più tardi a Parigi, invitati da Maria de’ Medici. Gli anni trascorsi prima del matrimonio, un periodo di formazione seppur non scelto deliberatamente, sono stati dunque particolarmente aperti, ricchi di esperienze. Se ricordiamo che una giovane del suo rango aveva anch’essa un ruolo politico, possiamo riprendere qui la bella espressione del professor Fumaroli e dire che Maria era stata destinata a “governare mediante le arti” al momento opportuno. È utile sottolineare un altro aspetto della cultura di Maria de’ Medici già evocato da illustri storici della letteratura: la futura regina sco- Fig. 2 - Martin Fréminet, Volta della cappella della Trinità. Museo nazionale del castello di Fontainebleau Fig. 3 - Guido Reni, Annunciazione. Parigi, Museo del Louvre, Dipartimento dei dipinti Il mecenatismo artistico di Maria regina e reggente 231 priva a Firenze una cultura romanzesca tramite opere a stampa che ripercorrono le avventure epiche di eroi o di eroine come Tancredi, Cariclea o Clorinda, distinguendoli da quegli dei o semidei della mitologia classica su cui si erano formati i modelli della generazione precedente. Tali eroi sono più vicini agli umani e le loro passioni, come del resto le loro imprese potevano essere assimilate più facilmente. Come in altri campi, anche in questo l’Italia era più avanti di qualche decennio. Si può già capire l’importanza che avrebbe rivestito questa principessa destinata a divenire regina di Francia, servendo da tramite nel far giungere nel regno un’innovazione culturale non ancora praticata. È assai utile insomma constatare che Maria de’ Medici fu ancora una volta l’ambasciatrice del suo paese, non solo nella rappresentazione delle belle arti ma anche della letteratura e del teatro, forme di espressione che attendevano solo di essere tradotte in pittura. La formazione e l’eredità culturale della principessa costituivano delle grandi potenzialità che la sua nuova posizione avrebbe permesso di sfruttare se il Re lo avesse voluto. È sorprendente invece ricordare che la seconda moglie di Enrico iv7 svolse un ruolo assai limitato, impostole dal Re, in cui la sua influenza stentava ad esprimersi. Per dieci anni, essa non solo dovette farsi una ragione delle scappatelle sentimental-sessuali del suo consorte, ma dovette anche accettare la sua opposizione ad un qualsiasi intervento negli affari politici, nonché nell’amministrazione delle belle arti. Dobbiamo dunque considerare questi dieci anni come perduti? In due campi, almeno, il ruolo di Maria de’ Medici ci sembra eminente. Barbiche8 ha di recente pubblicato la corrispondenza tra la Regina e il Vaticano, il cui oggetto principale riguardava la nomina di vescovi, l’ottenimento di benefici e di gratificazioni da accordare ai suoi prossimi, un modo per misurare il peso della sua influenza reale. Uno dei maggiori meriti di questo studio sta nel mostrare fino a che punto Maria ne esca privata di qualunque possibilità di intervento, e nel rivelare nel Papa e nel clero romano una ‘real politic’ che implicava in primo luogo di trovare un’intesa con Enrico iv, vale a dire con il re di Francia e non la sua consorte. Questo ci porta ad interrogarci sul senso del suo impegno negli affari religiosi del paese, e a considerarlo non come lo strumento di una volontà venuta dall’esterno ma come una scelta deliberata, personale, che seppe gestire di testa sua. Tale impegno non fu senza conseguenze. Conosciamo ormai bene la sua insistenza a impiantare in Francia nuove congregazioni a seguito delle decisioni del Concilio di Trento, in