sospesi a un filo

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sospesi a un filo
SOSPESI
A UN FILO
FASE 5
Ritaglia la
prova d’acquisto
per partecipare
al concorso a
pagina 113
Per allestire il
delicato comparto
delle sospensioni,
ci siamo affidati a un
nome d’eccellenza nel
Made in Italy: quello
della FG Special
Parts, fondata da
Franco Gubellini,
che ci ha spiegato il
delicato equilibrio a
cui si affida il pilota
ogni qual volta sale in
sella alla sua moto
Q
uando si è trattato di contattare un
marchio per l’ottimizzazione delle
sospensioni della nostra Yamaha
R6, difficile non pensare immediatamente
a FG Special Parts, l’azienda fondata ormai
trent’anni or sono da Franco Gubellini. Attrezzature avanzatissime, knowledge di
prim’ordine e cura nel realizzare i test sono
solo alcuni dei motivi che stanno dietro a
un successo già ampiamente sancito dai
dati di vendita relativi alle sospensioni FG.
Siamo dunque andati a Medicina, in provincia di Bologna, per documentare il montaggio del kit sulla forcella della Yamaha, e
ci siamo fatti raccontare da Franco in persona la ricetta per progettare e costruire
una sospensione vincente.
La filosofia dell’azienda, nella progettazione dei suoi prodotti è improntata a favorire
la sicurezza del pilota, piuttosto che dargli
semplicemente la possibilità di fare il giro
secco veloce. Quest’ultima, infatti, può
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ti pensano, un vantaggio. Questo non solo
perché si rischia di creare uno squilibrio di
difficile risoluzione nell’armonia descritta in
precedenza, ma anche perché un ammortizzatore troppo duro riduce a zero i margini di errore, impedendo di fatto al pilota
di osare e togliendogli confidenza e tranquillità. Da qui l’esigenza di ricercare un
equilibrio fra tutti i componenti della moto,
proprio perché la totalità di essi contribuisce alla riuscita dinamica del mezzo. Il modus operandi degli uomini di Gubellini segue da vicino questa filosofia: sulle moto
per cui andranno a costruire le sospensioni, essi svolgono numerosi test fino a conoscerne approfonditamente tutti gli aspetti. Motore, telaio, cambio, freni, misure,
bilanciamenti delle masse vengono studiati e classificati come primo passo necessario per la progettazione di un nuovo
componente. In questo modo, è possibile
comprendere al meglio difetti e pregi del
veicolo in questione e realizzare un prodotto su misura che permetta di eliminare i
primi ed esaltare i secondi. Questa conoscenza approfondita del mezzo e delle
relazioni tra le sue varie parti ha portato i
tecnici FG a intraprendere spesso strade
che si distanziano anche notevolmente da
quelle standard, come per esempio nella
scelta di utilizzare molle con rigidezza inferiore rispetto a quelle standard. Una testi-
monianza eclatante in questo senso è la
vecchia Kawasaki ZX-10, per cui si passava dalle molle k10 originali alle k8 di Gubellini, e la moto andava alla perfezione
senza sbandare o scivolare, e senza distruggere la gomma. Abbiamo chiesto a
Franco di approfondire questo punto, chiedendogli quali siano i parametri che conducono alla scelta di una molla piuttosto
che un’altra, e come determinare quando
il suo comportamento è adatto per la moto
e per lo stile di guida del pilota. In linea con
la loro filosofia progettuale, i tecnici FG
scelgono la molla adatta soltanto dopo
approfonditi test che permettano loro di
analizzare tutti i dati che vanno a comporre l’armonia citata in precedenza. Tra il gran
numero di variabili e di parametri, è comunque possibile isolarne tre che indicano la
bontà o meno del componente elastico e
valutare quindi l’eventuale necessità di un
intervento mirato. Questi tre parametri
sono consumo e temperatura delle gomme
e corsa della sospensione. A saper leggere questi dati, vi sono infatti molti segni che,
se adeguatamente interpretati, possono
condurre alla corretta soluzione per un determinato problema o necessità di affinamento. Per esempio, quando il pneumatico è bucato sulla parte centrale della
spalle, probabilmente significa che la molla utilizzata ha una costante elastica troppo
Testo e Foto: Andrea Milella
sospensioni racing: il kit forcella
La sede di Medicina (Bologna) ospita un
ampio magazzino con tutti gli elementi pronti per l’assemblaggio, operazione che ha
luogo in due edifici distanti pochi centinaia di
metri l’uno dall’altro: made in Italy allo stato
dell’arte.
TECNICA
essere ottenuta irrigidendo la moto, rendendola più reattiva e stabile nei curvoni
veloci, riducendo però al minimo il margine del pilota, che al minimo errore si ritrova per terra. Con sicurezza del pilota si
intende il metterlo nelle condizioni migliori
per rendere al massimo lungo l’arco di una
gara, consentendogli altresì un più ampio
margine d’azione. Quest’obiettivo si può
raggiungere soltanto riuscendo a creare
un’armonia tra gomme, ciclistica e sospensioni, intesi come sistema dinamico in cui
ognuno dei componenti influenza reciprocamente gli altri due. Questo equilibrio, di
non certo facile ottenimento, come hanno
dimostrato gli accadimenti e le polemiche
nella MotoGP dello scorso anno, è quello
che consente al pilota sicurezza e confidenza nella guida, riducendo inoltre al minimo la fatica sua e dei pneumatici. Come
esempio di ciò Franco ci ha ricordato i
mondiali vinti con la Suzuki: nella prima
parte di gara i loro piloti giravano con tempi nella media dei primi, riuscendo a mantenersi in lotta per le posizioni di vertice;
nella seconda parte, invece, quando la
stanchezza e il decadimento dei componenti soggetti a usura (gomme e olio sospensioni, per esempio) iniziavano a farsi
sentire, loro continuavano a girare fortissimo, staccando tutti gli altri e riuscendo
spesso a mettere a segno il giro record in
dirittura d’arrivo. Le sospensioni FG permettevano loro di avere un rendimento
costante, preservando allo stesso tempo
il grip delle coperture. Da questo punto di
vista, utilizzare un ammortizzatore non confortevole o troppo rigido non è, come mol-
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L’ingegner Stefano Fini al lavoro su un modello al
computer di un ammortizzatore di sterzo.
Alcuni eleganti particolari dei componenti FG Special Parts.
Nella foto a lato, il
gruppo compressione che andrà montato sulla nostra forcella, mentre nell’immagine a destra, potete
ammirare i corpi di
alcuni ammortizzatori di sterzo.
elevata. Se invece la copertura è raschiata,
ossia si forma sul battistrada uno strato
simile alle squame di un pesce, può significare che la rigidezza della molla è insufficiente; questo perché la “resca”, come
viene definita in gergo, si forma quando la
gomma continua a perdere e riprendere
aderenza nei tratti veloci. Il medesimo effetto, però, lo otteniamo quando le gomme
vengono utilizzate a una temperatura diversa da quella indicata per il suo funzionamento. Ecco dunque un altro esempio
circa l’importanza della raccolta di quanti
più valori possibile per riuscire a comprendere dove effettivamente si debba intervenire per risolvere il problema.
Anche per quello che riguarda il monoammortizzatore posteriore, in Gubellini si tiene
sempre in considerazione la sospensione
originale, in virtù del fatto che dietro a quel
componente ci sono stati studi non indifferenti, i quali permettono quantomeno di
avere una buona base da cui partire per
ottenere tutti i miglioramenti cercati. Nel
fare l’analisi del comportamento della sospensione posteriore, si cerca dunque di
individuarne gli aspetti più suscettibili di un
intervento. Per fare ciò, l’azienda di Medicina dispone di un eccellente banco prova
costruito al proprio interno, che permette
di testare il componente valutandone l’efficacia ai vari stadi di funzionamento e di
rendimento nel tempo. Quest’ultimo fattore è molto importante: spesso infatti, soprattutto per le moto da competizione,
accade che la sospensione veda peggio-
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rare notevolmente il funzionamento col
protrarsi della gara.
Una volta individuato il punto debole del
componente di primo equipaggiamento, si
lavora per correggere il problema sorto. In
ossequio a quanto detto in precedenza,
l’ammortizzatore marchiato FG si discosta
da quello di serie soprattutto per la costanza di rendimento nel tempo e per i maggiori margini di sicurezza e controllo che
offre al pilota. Il secondo step prevede la
miglioria dei margini di efficacia nel funzionamento, soprattutto cercando di coordinare meglio l’interazione tra la fase di com-
pressione e quella di estensione: esse
devono lavorare bene assieme, consentendo risposte rapide e riducendo al minimo eventuali perdite di controllo. L’ottenimento di una reazione rapida significa
lavorare perché il posteriore affondi in maniera adeguata, ossia non troppo né troppo poco. Nel primo caso, si perde la traiettoria, nel secondo l’aderenza. Di
conseguenza, è necessario poter controllare perfettamente l’affondamento. Analogo obiettivo riguarda il ritorno: se è troppo
frenato, la moto dentro la curva torna al
suo assetto originale troppo lentamente,
Abbandonata la sua postazione al computer, Stefano
Fini allestisce per noi il banco prova con la forcella “kittata”. Il test al banco è essenziale per tracciare un
modello comportamentale della sospensione, simulandone svariati cicli di funzionamento in diverse situazioni.
Lo “smonta molle” è un utile strumento se dovete
lavorare con le sospensioni. Vi permette, infatti, di comprimere la molla per operare in tranquillità sulla forcella.
Dopo un’introduzione generale, siamo passati al dettaglio della moto per la quale eravamo lì, la
Yamaha R6 protagonista del nostro Racing Project. Questa moto è il frutto di
una strategia progettuale che sempre di
più tende a nascondere attributi di un
veicolo da pista sotto le sembianze di uno
stradale. Il fatto che essa sia per molti
aspetti una moto pensata per le corse,
costituisce già di per sé una grossa difficoltà, che risiede nel migliorarla senza
pregiudicare quell’equilibrio di cui sopra.
Soprattutto nell’ambito delle sospensioni,
infatti, improvvisarsi preparatori o improbabili guru fai-da-te porta solitamente a
risultati disastrosi. Una delle cose che gli
uomini FG hanno notato nel comportamento della forcella R6, è stato l’affondamento non perfettamente controllabile e
dei registri di regolazione poco precisi.
Essi si sono quindi concentrati sull’ambito delle tarature alle alte e basse velocità
dell’avantreno, cercando di renderle più
attive. Il montaggio del kit FG consente,
quando si girano i registri per la regolazione di compressione ed estensione,
che si percepisca effettivamente una differenza nel comportamento della sospensione. Questo tipo di regolazione è sicuramente importante, anche se allo stesso
livello di funzionamento si può arrivare
con una forcella senza doppia regolazione in compressione. Il parere di Franco,
infatti, è che oggi la moda spesso fa sì
sospensioni racing: il kit forcella
funzionamento della sospensione con
la massima precisione. Quindi il punto di
arrivo è la coincidenza tra le sensazioni del
pilota e il modello dinamico proposto dal
grafico del banco prova, che permette ai
tecnici FG di capire che la sospensione sta
funzionando bene: non ha punti fermi, non
ha cambiamenti di velocità, non ha “durezza” in compressione o esitazioni in estensione. Particolare accento viene dunque
posto sul duplice riscontro tra banco e pilota, perché entrambi forniscono punti di
vista diversi sui medesimi aspetti del funzionamento della sospensione. Presi singolarmente, il riscontro non può mai essere completo e oggettivo al 100%, per
questo occorre farli lavorare in sincronia. Vi
è comunque un’ultima “conferma”, ed è
quella fornita dalla reazione della gomma.
Quando tutto funziona bene, il pneumatico
è perfetto lungo l’intera durata della gara e
anche l’analisi della temperatura fornisce
dati corretti. Una copertura che si distrugge precocemente è un ottimo indice di un
errore nella messa a punto delle sospensioni. Proprio perché la ciclistica è un comparto in cui influiscono un notevole numero
di fattori, bisogna cercare di raccogliere
quante più informazioni possibili per avere
una chiara idea del quadro complessivo e
poter intervenire nel punto giusto e nella
misura corretta: se la temperatura delle
gomme è ottimale, vuol dire che lavora tutto bene, quindi anche la sospensione.
TECNICA
col risultato analogo di perdere la traiettoria
ideale; se invece l’estensione accade troppo rapidamente, tende a scaricare il pilota
e far perdere aderenza alla gomma. Questo
delicato equilibrio nel funzionamento della
sospensione si ottiene per svariate fasi cicliche. Vale a dire che, a test sul banco
prova, seguono quelli sulla moto, annotando sempre su schede tutti i cambiamenti
fatti in fase di costruzione e campionatura
dell’ammortizzatore. Fatta questa scheda,
il mono viene ultimato come ingombri, interasse molla, etc. Dopodiché viene messo
nuovamente al banco prova, dove il componente intraprende numerosi cicli di funzionamento a differenti velocità e diverse
regolazioni, in modo da poter raccogliere
un grafico quanto più completo possibile.
Il modello così ottenuto fornisce molte indicazioni, ma non la totalità di esse. Ed è
per questo che viene suffragato dal test
empirico: si prende l’ammortizzatore e lo si
monta sulla moto, e si eseguono svariate
prove, simulando ogni condizione di funzionamento. In questo modo, vengono rilevati ulteriori difetti che potrebbero essere
sfuggiti al banco prova, e soprattutto viene
valutata la reazione del pilota al complesso
dinamico di cui le sospensioni fanno parte
senza esaurirlo. Si interviene dunque sui
nuovi dati forniti dal tester, viene corretta la
scheda e l’ammortizzatore viene messo
nuovamente al banco prova, per avere un
riscontro matematico e scientifico delle
modifiche apportate. Ripetendo mano a
mano questi step, si arriva ad affinare il
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Il montaggio del kit verrà eseguito da Davide
Gubellini, che ringraziamo per la disponibilità dimostrataci nell’illustrare esaustivamente tutti i passaggi. Per chi volesse cimentarsi da solo, nella confezione sono disponibili le istruzioni di montaggio.
Questo grafico, prodotto dal banco
prova raffigurato nelle foto precedenti,
rappresenta i chilogrammi in funzione
della velocità di affondamento della forcella. La linea verde indica il funzionamento del componente di primo equipaggiamento, quella rossa è il componente lavorato dalla FG. Ci sono cinque
step segnalati che riportano i valori più
significativi. In alto, c’è la compressione
e in basso l’estensione. Le linee della
compressione procedono parallelamente
perché gli uomini FG sono intervenuti
omogeneamente su tutto l’arco di funzionamento. Sull’estensione, invece, si
parte molto simili alle basse velocità, per
allargarsi man mano in corrispondenza
della maggiore estensione resa dal componente FG.
Si svita il tappo dal fodero,
si fa scendere il fodero sulla
canna e si usa lo smontamolla
per comprimere la molla interna, in maniera tale da permettere il rilascio dell’asta. Agendo
su dado e controdado, è possibile liberare la parte interna
della forcella e, quindi, successivamente aprire lo smontamolla. In questo modo, separiamo cartuccia e molla.
Abbiamo tirato via la molla,
lo spessore e l’astina. In questa fase, va svuotata la forcella dell’olio presente dentro di
essa, pompando anche sull’asta per svuotare la cartuccia. Siamo pronti per mettere
il piedino nella morsa e smontare sia la cartuccia sia il
gruppo compressione.
La forcella della Yamaha R6
presenta una particolarità: il
gruppo compressione è situato all’esterno del piedino e
quindi, per tirare via la cartuccia, bisogna operare da sopra
invece che col dado inferiore
come per la maggior parte
delle forcelle.
Con una chiave da 27 mm, svitiamo il gruppo compressione dal piedino, togliendo l’olio che ancora è rimasto in questa zona. Si sfila il fodero dalla canna, per procedere alle operazioni di pulizia e ingrassaggio.
Una volta che
abbiamo tutta la forcella smontata, una
fase importantissima è
la sua pulizia. Fodero,
gambale e cartuccia:
tutto deve essere pulito perfettamente,
meglio se con appositi
solventi. Questo per
evitare che sporco e
residui rimasti all’interno del componente
possano andare a
contaminare subito
l’olio nuovo che inseriremo alla fine delle
operazioni.
Prendiamo la cartuccia, che è il cuore della sospensione, e la infiliamo nella morsettiera per steli. Utilizzando un tampone di gomma e
dando una botta secca sul tampone di fondo corsa ne apriamo la
graffatura per liberarlo e farlo scendere. Estraiamo l’anello seeger
(foto in alto) e il fondocorsa viene via dalla parte alta dell’asta.
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sospensioni racing: il kit forcella
TECNICA
La rimozione del gruppo dell’estensione avviene svitando i dadi come nella foto a destra. Trattandosi di componenti dalla filettatura sottile e assai delicata, andrà
prestata molta attenzione anche in fase di serraggio.
Come potete notare, il gruppo di estensione è fornito
già completo all’interno del
kit. Non vi resta che sostituirlo con quello appena
smontato.
Nella forcella della R6 il gruppo compressione non
viene fornito per intero, ma solo nella parte del pistone con tutte le lamelle e il montaggio avviene semplicemente prendendo il pistone per intero e sostituendolo all’originale.
Nel riassemblaggio del gruppo compressione, utilizziamo una goccia di Loctite tra il supporto pistone in
alluminio e i dadi, in maniera tale che si ottenga un’ottima frenatura senza aver bisogno di tirare eccessivamente. Per il serraggio del dado, utilizziamo una chiave dinamometrica, tarata su 30, max 40 Nm.
L’operazione di rimontaggio del gruppo estensione avviene in maniera contraria allo smontaggio. Questo andrà condotto con la consueta cura, e l’unica precauzione particolare
è costituita dall’inserimento del seeger del fondocorsa. Esso
infatti non è perfettamente circolare e bisognerà alloggiarlo
correttamente nella sua posizione ottimale.
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Posizioniamo ora nella morsa il gruppo di compressione, andando a
svitare il portapistone come mostrato in foto. Anche in questa fase, la
massima delicatezza è d’obbligo.
Utilizzando dei polimeri (preferibili al grasso in quanto consentono una migliore scorrevolezza), ungiamo con il paraolio,
il parapolvere e le boccole di
scorrimento, in modo da ottenere uno scivolamento ottimale
senza aver compromesso le
misure e tolleranze originali.
Un’altra accortezza è quella di
ungere con i polimeri anche la
boccola situata nella parte
superiore della forcella, aiutandosi con l’asta di regolazione
per raggiungerla.
La cartuccia va serrata all’interno del piedino con l’apposita
chiave (foto qui accanto), anche in questo
caso facendo attenzione ad evitare serraggi
eccessivi. Poi si mette
parte dell’olio, e pompando la canna possiamo creare la necessaria pressione all’interno della cartuccia.
Il corretto livello dell’olio viene espresso come l’altezza della camera
d’aria che deve rimanere libera tra il livello del lubrificante e la base del
fodero. Un metodo semplice per ottenere questa misurazione consiste
nell’utilizzare una pompa aspiratrice e una cannula della lunghezza prescelta, che andrà a raccogliere il lubrificante in eccesso (foto in basso).
che il pubblico preferisca avere più possibilità, rendendo il tutto assai più complesso da mettere a punto. Indicativo, in
questo senso, è quanto è successo con
le Case ufficiali: esse sono partite dalla
doppia regolazione, salvo tornare a quella unica perché hanno capito che il range
utilizzabile per la taratura era ben determinato entro un certo intervallo, già coperto dalla singola regolazione. La conclusione di Franco in questo senso è
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emblematica: “Perché fare due o tre registri quando ne serve uno?”. La produzione di una sospensione FG avviene
utilizzando tutto ciò che di meglio è presente sul mercato, a livello di macchine
utensili, materiali e studi per la realizzazione dei singoli particolari. Avvalendosi
di programmi assai sofisticati, in grado di
fornire tutti i dati (carico di rottura e snervamento, limite di fatica etc... ), i progettisti Gubellini riescono a immettere sul
mercato un prodotto che consente un
margine in termini di sicurezza da due a
quattro volte maggiore rispetto all’originale. La certificazione TÜV, effettuata
sugli stessi componenti che andranno
venduti al grande pubblico, testimonia
l’eccellenza realizzativa con test di oltre
diecimila cicli di lavoro. Anche in questo
caso, non c’è sostanziale differenza tra il
prodotto destinato all’utenza delle corse
o a quella stradale. Le competizioni ser-
TECNICA
Dopo aver reinfilato molla e spessore, comprimiamo la molla con l’apposito strumento prima di
chiudere il tappo. Per calcolare la corretta altezza
del tappo, avendo l’R6 un registro molto sottile,
conviene svitare tutto il registro dell’estensione,
avvitarlo a 35/40 click e poi andare ad avvitare il
tappo sull’asta fino a battuta. In questo modo,
otteniamo lo stelo tutto chiuso con un range di
35/40 click per la regolazione dell’estensione. Il
serraggio del controdado al tappo andrà eseguito
con l’accortezza di premere il primo contro il
secondo, onde evitare spiacevoli torsioni all’astina interna. Dopodiché è possibile allentare la
molla e chiudere la forcella.
sospensioni racing: il kit forcella
Le quattro M8 della piastra di
sterzo inferiore andranno poi
chiuse a 23 Nm, con l’accortezza di ripetere i serraggi
due volte. La piastra superiore andrà invece chiusa con
due M8 serrate a 26 Nm.
vono principalmente da terreno di prova
e sviluppo per un componente che comunque viene sviluppato tenendo a mente le esigenze dell’utente stradale, dove
questo ragionamento è tanto più pertinente quanto le moderne supersportive
stradali sono già “race ready”. Un altro
fattore importante è che ogni model year
di una motocicletta, non importa quanto
apparentemente simile al precedente, costituisce storia a sé in quanto a certi pa-
rametri costruttivi, tra cui rientrano quelli
fondamentali per la realizzazione di sospensioni di elevata qualità. Il prodotto
specifico per la nostra Yamaha R6 2008
è diverso da quello progettato per la
Yamaha R6 2006, perché è stato realizzato tenendo conto di tutti i fattori (anche
minimi) che potessero influenzarne il funzionamento e tra questi molti sfuggono
all’attenzione dell’utente finale. Per questo
motivo, il blueprint di una sospensione FG
ha una durata media di uno o due anni:
quando la moto di destinazione cambia,
deve cambiare anche la sospensione se
si vuole che essa funzioni al meglio. Nel
box allegato all’articolo vi mostriamo in
dettaglio il montaggio del kit FG Special
Parts per la forcella della nostra Yamaha,
e vi rimandiamo al prossimo numero per
la trattazione sul monoammortizzatore e
sull’ammortizzatore di sterzo.
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A questo punto potete infilare la forcella nelle piastre, avendo l’accortezza di calcolare lo sfilamento come in
foto. In questa fase serrare provvisoriamente la piastra inferiore può esservi d’aiuto.