Vontobel Asset Managemen t

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Vontobel Asset Managemen t
Commento di mercato
3 marzo 2015
Tassi negativi: nuove condizioni quadro per gli investitori
Christophe Bernard, Chief Strategist di Vontobel
Parafrasando il teorico militare del 19° secolo Carl von Clausewitz, potremmo
chiederci se i tassi di interesse negativi non siano che la continuazione della politica
monetaria con altri mezzi. La mossa delle banche centrali in territorio negativo aiuterà
a combattere la deflazione o creerà delle bolle finanziarie? Comunque stiano le cose,
investire è diventato sempre più complesso.
I titoli di Stato biennali emessi da Svizzera, Danimarca, Germania, Svezia, Austria, Paesi
Bassi, Francia e Belgio presentano attualmente un rendimento negativo alla scadenza
(vedi grafico 1). La Banca centrale europea (BCE) e le autorità monetarie di Svizzera,
Svezia e Danimarca hanno introdotto tassi di deposito negativi, adducendo come motivi
la continua debolezza economica, i dati depressi dell’inflazione e – nel caso della
Danimarca e della Svizzera – la fuga di capitali verso i “porti sicuri”. Questa manovra
non ha precedenti nella storia. Per gli investitori e i risparmiatori, l’abbandono di
rendimenti nominali positivi sulle liquidità e i titoli di Stato di alta qualità pone una sfida
nuova e impegnativa.
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Grafico 1: i rendimenti a breve termine di diversi paesi sono entrati in territorio
negativo
Fonte: Thomson Reuters Datastream, Bloomberg, Vontobel Asset Management Esaminiamo ora i motivi di questa politica monetaria non convenzionale. Le banche
centrali ricorrono ai tassi di interesse negativi per adempiere il loro mandato in termini di
crescita e inflazione, quando le misure convenzionali o altre manovre non convenzionali
non producono l’effetto desiderato. I tassi negativi hanno lo scopo di stimolare la
concessione di prestiti e l’attività economica, incoraggiare gli investitori ad assumere
maggiori rischi e contribuire a indebolire la valuta, favorendo così le esportazioni.
I tassi negativi riusciranno a “riscaldare” l’economia?
Non è ancora detto che le politiche dei tassi “sotto zero” riescano a decongelare
l’economia; i primi segnali sono tuttavia incoraggianti. Per esempio, le valute dei paesi
che hanno introdotto tassi di deposito negativi hanno perso terreno senza eccezioni.
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Addirittura il franco svizzero, porto sicuro per antonomasia, si è indebolito su base
ponderata per gli scambi da quando, il 22 gennaio 2015, è stato introdotto un tasso
negativo del -0,75 percento sui depositi liquidi svizzeri. La crescita della massa
monetaria M3, indicatore di ampia liquidità, si è accelerata fino a raggiungere
nell’eurozona il 4,1 percento in un anno. Questo è il massimo livello dallo scoppio della
crisi finanziaria (vedi grafico 2) ed è in linea con l’obiettivo della BCE.
Grafico 2: la crescita della massa monetaria nell’eurozona si accelera e sfiora il livello
di riferimento
Fonte: BCE, Thomson Reuters Datastream, Vontobel Asset Management Ricerca di alternative interessanti
Cosa significa tutto questo per gli investitori? Acquistare titoli di Stato con rendimenti
negativi non sembra una buona idea, a meno che non si preveda una deflazione e
un’economia depressa. In tal caso detenere per esempio “Eidgenossen” svizzeri
decennali a rendimento zero sarebbe del tutto ragionevole. Quali sono le alternative?
Finché si esclude una recessione – come nel nostro caso – è possibile ottenere
rendimenti adeguati con le obbligazioni societarie, in particolare nel segmento highyield, e quelle dei paesi emergenti. I tassi di interesse negativi parlano anche a favore
dell’oro perché, a parità di condizioni, detenere l’oro non causa più costi di opportunità.
Nella situazione attuale sono interessanti anche le azioni di società con flussi di cassa
robusti e sostenibili e una politica di dividendi “shareholder-friendly”. Anche i gestori di
portafoglio capaci di attuare strategie che generano rendimenti assoluti in ogni contesto
di mercato potranno trarre vantaggio dalla sostenuta domanda degli investitori. Ciò
nonostante, l’investitore prudente terrà d’occhio il pericolo di bolle speculative causate
dalle manovre delle banche centrali e sfrutterà i periodi di bassa volatilità per acquistare
a basso prezzo una protezione dai ribassi attraverso le cosiddette opzioni put.
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Per quanto riguarda le valute, il dollaro USA dovrebbe proseguire la sua ascesa grazie
alle migliori prospettive della maggiore economia mondiale. Così come stanno le cose,
nel prossimo futuro gli Stati Uniti sembrano essere l’unico grande paese industrializzato
in grado di attuare una politica monetaria più restrittiva - eventualmente assieme al
Regno Unito.
Per il momento nessuno spostamento su grande scala verso le azioni
Il fattore chiave che determina il posizionamento del portafoglio sono le previsioni sulla
crescita economica mondiale e l’inflazione. Quanto al futuro andamento del prodotto
interno lordo mondiale, prevediamo che il prolungato periodo di revisioni al ribasso della
crescita giunga gradualmente a termine grazie ai miglioramenti in atto nell’eurozona e in
Giappone. Una tale stabilizzazione è la condicio sine qua non per un’eventuale
spostamento dalle obbligazioni alle azioni. Sul fronte dell’inflazione continuano a
dominare le forze disinflazionistiche mondiali, complici la manodopera ridondante, la
sovraofferta di materie prime, l’abbattimento del debito e gli avversi sviluppi
demografici. Prima o poi, però, il movimento ribassista dei prezzi si arresterà. A quel
punto le banche centrali, analogamente alla Federale Reserve americana, inizieranno a
ritirare le estreme misure di stimolo economico – una manovra che almeno
temporaneamente potrà provocare perdite agli investitori obbligazionari. Siamo però
ancora ben lungi da un tale scenario.
Attualmente le valutazioni azionarie non sono particolarmente allettanti, ma la politica
monetaria offre generalmente un ampio sostegno. In un tale ambiente abbiamo
aumentato gli investimenti ad alto rischio, portandoli in lieve sovrappeso.
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