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qwertyuiopasdfghjklzxcvbnmq wertyuiopasdfghjklzxcvbnmqw ertyuiopasdfghjklzxcvbnmqwer tyuiopasdfghjklzxcvbnmqwerty Didattica della Lingua italiana Laboratorio uiopasdfghjklzxcvbnmqwertyui Dubbi linguistici. Chiarimenti opasdfghjklzxcvbnmqwertyuiop asdfghjklzxcvbnmqwertyuiopas dfghjklzxcvbnmqwertyuiopasdf ghjklzxcvbnmqwertyuiopasdfgh jklzxcvbnmqwertyuiopasdfghjkl zxcvbnmqwertyuiopasdfghjklzx cvbnmqwertyuiopasdfghjklzxcv bnmqwertyuiopasdfghjklzxcvbn mqwertyuiopasdfghjklzxcvbnm qwertyuiopasdfghjklzxcvbnmq wertyuiopasdfghjklzxcvbnmqw Prof. Di Donna Angelo Michele ÀBROGO o ABRÒGO La pronuncia corretta è àbrogo: come in dèrogo e intèrrogo si è mantenuta l’accentazione sdrucciola che la parola aveva in latino. La pronuncia abrògo (come derògo e interrògo) è dunque sconsigliabile. L’accento si sposta sulla penultima sillaba (la pronuncia è quindi piana) solo nella 1a e 2a persona plurali, perché per queste persone cade sempre sulla desinenza e non sulla radice. ÀLACRE o ALÀCRE La pronuncia più corretta è àlacre, in cui si conserva l’accentazione sdrucciola che la parola aveva in latino. La pronuncia alàcre, con avanzamento dell’accento rispetto all’etimo, è comunque accettabile. AMÀCA o ÀMACA La pronuncia corretta è amàca. La parola, infatti, è giunta in italiano attraverso lo spagnolo hamàca, a sua volta proveniente dal caribico hammàka. La pronuncia àmaca è dovuta a un’errata ritrazione dell’accento. CADÙCA o CÀDUCA Dal lat. caducus, der. di cadĕre ‘cadere’ DUNQUE… COGNÀC o CÒGNAC Si tratta, come ben sappiamo, di una parola francese, che poi è il nome della cittadina nel dipartimento della Charente, Cognac appunto, la romana Compiàcum, dove si produce questo famoso superalcolico. In Francia il nome è tronco, si pronuncia cognàc, e non si capisce perché dovremmo modificarlo noi. Intendiamoci: casi di nomi stranieri tronchi all’origine e diventati piani nella nostra lingua certo non mancano: àrem o hàrem (dal turco harèm che è dall’arabo harìm); càmion (dal francese camion, che pronunciano “camión”); sòviet (dal russo sovet che si legge “savièt”). Ma per il caso di cognac non possono esistere dubbi sulla pronuncia, specialmente da quando un accordo internazionale del gennaio 1950 ha limitato l’uso di questo nome alla sola acquavite del territorio di Cognac, lasciando ad ogni prodotto similare fuori di Francia il nome di brandy. COSMOPOLÌTA o COSMOPÒLITA Cosmopolìta significa in greco “cittadino del mondo” ma non è una parola di origine antica. A noi viene dal francese cosmopolite, parola che cominciò a diffondersi per tutta Europa alla fine del Settecento, dopo la Rivoluzione. La pronuncia giusta è con l’accento sulla i: cosmopolìta, e non cosmopòlita come dicono in molti per influenza dell’inglese cosmopolitan. Anche metropolìta, va pronunciato con l’accento sulla penultima sillaba. Qui di nuovo c’è di mezzo il greco metropolìtes, alla lettera “cittadino della metropoli”. Nella Chiesa ortodossa equivale a vescovo. CONSTÀTO o CÒNSTATO Dal fr. constater (sec. XIX), e questo dal lat. Constat (VANNO BENE ENTRAMBI) CUCÙLO o CÙCULO La pronuncia corretta è cucùlo, con accentazione piana, che prosegue quella dell’etimo latino (cucùlum, derivante a sua volta da una onomatopea). Con quest’accentazione si trova anche nella tradizione letteraria (nel caso dei versi, la pronuncia è ricostruibile grazie alla metrica) Da qual profonda cavità m’ha scosso / il canto dell’aereo cucùlo? (G. Pascoli, Germoglio, in Myricae) La soave infinita malinconia del canto del cuculo (G. Carducci, Confessioni e battaglie) La pronuncia cùculo, con errata ritrazione dell’accento, ha oggi una certa diffusione e si spiega forse con il modello di latinismi come emulo, modulo, stridulo e simili (e con la volontà di evitare l’omofonia con una parola considerata imbarazzante). DEVÌO o DÈVIO Se qualcuno seduto accanto a voi mentre guidate vi dà questo comando: “Dèvia a destra”, certamente tirerete diritto. Ma se avesse detto “Devìa a destra”, non c’è dubbio che, prestando ben attenzione agli eventuali pedoni, avreste deviato. Quando girate il volante l’auto non “dèvia” ma devìa, perché il verbo deviare (di quattro sillabe: de-vi-a-re) si coniuga correttamente devìo, devìi, devìa, devìano; e persino nelle forme deviàmo e deviàte per essere precisi, dovremmo far sentire bene la separazione tra la i e la vocale successiva che non formano un dittongo ma uno iato. DIÀTRIBA o DIATRÌBA Chi pronuncia diàtriba pronuncia esatto secondo l’origine latina del vocabolo, anche se ormai l’uso si è stabilizzato su diatrìba. Dal greco diatribé, che stava ad indicare il tempo speso in discussioni dotte fra filosofi, il latino, in età piuttosto tarda, fece diàtriba. E diàtriba si pronunciò anche nell’italiano, finché non venne a cambiare l’accento sotto l’influenza francese. I francesi fecero infatti diatribe, pronunciando “diatrìb” ed estendendo il significato a quello generico di discussione animata, e anche litigio. Con questo nuovo accento e questo significato allargato la diatrìba si è imposta anche da noi a cominciare dalla fine del Settecento, il secolo della maggior influenza francese in Italia. EDÌLE o ÈDILE La pronuncia corretta è edìle, che ricalca l’accento della base latina aedìlem. La pronuncia èdile è dunque scorretta, anche se si tratta di un errore abbastanza comune e diffuso da tempo. L’errata ritrazione dell’accento si deve probabilmente al modello di aggettivi molto usati come àbile, èsile ecc., che sono accentati sulla prima sillaba (sdrucciola, accentazione). EDÙLE o ÈDULE Dal lat. edulis, der. di edĕre ‘mangiare’. ÈLEVO o ELÈVO Dal lat. elevare, comp. di ex ‘fuori’ e levare ‘levare in alto, alzare’ (VANNO BENE ENTRAMBI) EVAPÓRO o EVÀPORO Tutti in coro sono pronti a rispondere “evàporo”, “evàpori”, “evàpora”, “evàporano”, senza esitazione. Invece l’accentazione corretta non può che essere evapóro, evapóri, evapóra, evapórano. Anche il verbo latino d’origine faceva evapòro, evapòras, evapòrat,... evapòrant. E poi, in italiano si dice vapóre, non vàpore. Detto questo, resta il fatto che l’uso ormai ci mette di fronte ad un seppur inspiegabile evàporo, evàpori, evàpora... GUAÌNA o GUÀINA Il termine da cui proviene è il latino vagìna, che vuol dire “fodero”, “involucro”, rimasto tale quale nel linguaggio scientifico relativo all’anatomia femminile. L’accento è inequivocabilmente sulla i, dunque: guaìna. Di conseguenza anche il verbo sguainare si deve coniugare io sguaìno, tu sguaìni, egli sguaìna, essi sguaìnano, e non “sguàino” come troppi insistono a pronunciare. ÌLARE o ILÀRE La pronuncia corretta è ìlare, con la stessa accentazione sdrucciola della parola latina da cui deriva (hìlaris). La pronuncia ilàre è dovuta a un avanzamento dell’accento sul modello degli aggettivi in -are come regolare, familiare, popolare ecc. INCÀVO o ÌNCAVO INFÌDO o ÌNFIDO Si dice incàvo, anche se moltissimi ormai dicono ìncavo, e anche se il verbo latino di origine fa all’indicativo presente ìncavo, ìncavas eccetera. Il fatto è che passando all’italiano l’accento piano, cioè sulla penultima sillaba, tipico della nostra lingua ha avuto la meglio sull’accento sdrucciolo, cioè sulla terzultima sillaba, dell’originale latino. Questo, sia per il sostantivo che per il verbo: un incàvo; io incàvo. Nessun “ìncavo”. Stesso discorso per l’aggettivo infìdo, che spesso sentiamo pronunciare ìnfido. Anche qui la pronuncia giusta è quella piana, infìdo, in questo caso perfettamente fedele alla latina (infìdus). La ritrazione dell’accento è forse influenzata dall’errore di ìncavo. MEDÌCEO o MEDICÈO La pronuncia corretta dell’aggettivo (che significa ‘della famiglia Medici di Firenze’) è medìceo, con accentazione sdrucciola. Infatti quando una parola italiana termina in -eo, di solito l’accento cade sulla sillaba precedente: come in argenteo, roseo, etereo ecc. STORIA Nei testi dei secoli scorsi, soprattutto in poesia, è possibile trovare anche l’accentazione piana medicèo. Parea gridare come un dì l’Ombrane / ad Ambra sua, nel canto medicèo / […] di quel pastore giovine Aristeo (G. D’Annunzio, L’Isotteo). MONÒLITO o MONOLÌTO Dal gr. monólithos, comp. di mono- ‘mono-’ e líthos ‘pietra’ (Preferibile MONÒLITO) PERÒRO o PÈRORO Dal lat. perorare, der. di orare ‘parlare’, col pref. per(VANNO BENE ENTRAMBI) PERSUADÉRE o PERSUÀDERE DISSUADÉRE o DISSUÀDERE Sono sbagliate, anche se usate spesso, le forme dissuàdere e persuàdere, con l’accento sulla à. Dobbiamo dire dissuadére e persuadére, con l’accento acuto sulla é di ére, per una ragione molto semplice: questi due verbi gemelli ma di significato opposto sono in realtà verbi latini, rimasti tali e quali nell’infinito italiano, anche se la coniugazione degli altri modi è ovviamente modificata. Sono formati dal verbo suadère (persuadere) della seconda coniugazione, più i prefissi dis (che indica allontanamento, negazione) oppure per (intensivo, dunque rafforzativo). Persuasi? PUDÌCO o PÙDICO Dovremmo essere aiutati dalla natura stessa della nostra lingua, una lingua piana, che predilige accentare la penultima sillaba, a non sbagliare gli accenti. Eppure, a volte, c’è la tentazione di ritrarre l’accento, come nel caso di pudìco, che molti, sbagliando, pronunciano “pùdico”. Qui siamo anche aiutati dall’etimologia latina: pudìcus, aggettivo derivante da verbo pudère, della seconda coniugazione. Non ci sono dubbi. REGÌME o RÈGIME La parola regime è come un figlio conteso tra due genitori: il latino e il francese. Chi vince determina l’accento. Ma... chi vince? Vediamo. L’origine prima è il latino règimen. Secondo una regola naturale, in italiano dovrebbe derivarne un règime. Ma la storia ci racconta per questa parola una vicenda diversa. La voce si è diffusa tra noi nel primo Ottocento, attraverso la prosa francese del Codice napoleonico; e in francese si dice régime che, si badi, si pronuncia con accento sulla i nonostante la grafia con l’accento acuto sulla é. Dei due genitori ha dunque vinto il francese, più legato all’uso, alla pratica quotidiana. E allora, definitivamente, regìme, con accento sulla ì. SALÙBRE o SÀLUBRE La pronuncia corretta è salùbre, con la stessa accentazione piana della parola latina da cui deriva (salùbrem). La pronuncia sàlubre è dovuta a una errata ritrazione dell’accento sul modello degli aggettivi in -bre come celebre, funebre, lugubre ecc. SCANDINÀVO o SCANDÌNAVO (SCANDINÀVIA È LA PENISOLA…QUINDI)! TÈRMITE O TERMÌTE La tèrmite, con accento sdrucciolo, quindi sulla terzultima sillaba che in questo caso è anche la prima, è un insetto simile alla formica, voracissimo e pericolosissimo, che vive in colonie numerose e riesce a corrodere ogni sorta di materiale per scavarsi il nido. La parola deriva dal tardo latino tèrmes, tèrmitis, variante di tàrmes, tàrmitis, propriamente “tarma”. Spostiamo l’accento e cambiamo completamente il significato. La termìte, con accento piano sulla penultima sillaba, è un miscuglio di ossido di ferro e di alluminio polverizzato che acceso produce un altissimo calore. Nome derivato dal tedesco Thermit, costruito col greco thérme, “calore”, e a noi arrivato attraverso il francese thermite. UTENSÌLE O UTÈNSILE Il caso è strano: le pronunce sono corrette tutte e due, ma la prima per l’aggettivo, la seconda per il sostantivo. Infatti diciamo “mostra delle macchine utènsili” ma diciamo anche “un utensìle da cucina”. Il perché è presto detto: l’aggettivo deriva dall’aggettivo latino utènsilis, cioè “adatto all’uso”, “utile”; il sostantivo deriva dal sostantivo latino neutro plurale utensìlia, che significa “cose utili”. A ciascuno il suo. VALÙTO o VÀLUTO Valùta significa “moneta”, “denaro”. Diciamo “valuta pregiata”, “valuta estera”, “far valuta” eccetera. Il verbo che ne deriva è valutare, ma al presente indicativo anziché “valùto”, “valùti” “valùta” seguendo l’accento del nome, diciamo abitualmente vàluto, vàluti, vàluta. Lo stesso vale per i composti: sopravvàluto, sottovàluto, svàluto. È un errore? Diciamo che è l’uso ormai generalizzato. Accettiamolo. ZAFFÌRO o ZÀFFIRO Non ci sono dubbi: zaffìro, con l’accento sulla i. La parola ci è arrivata dritta dritta dal latino sapphìrus, con la i tonica, cioè accentata, adattamento del greco sáppheiros, che è derivato dal semitico sappìr. Questa è la pronuncia esatta sin dai tempi dei nostri antichi, a cominciare da Dante: “Dolce color d’oriental zaffìro, / che s’accoglieva nel sereno aspetto / del mezzo, puro insino al primo giro” dice nel primo canto del Purgatorio per rappresentare la purezza del cielo mattutino. Anche la rima, e la metrica, dimostrano quale sia l’accento giusto. E se non bastasse, ecco ancora Dante che nel canto XXIII del Paradiso rima zaffìro con giro e desiro. Più vicino ai giorni nostri, il Foscolo nelle Grazie: “Luce che, mista allo splendor del sole, / tinge gli aerei campi di zaffiro”. Le signore tengano presente: in caso di necessità non chiedano al gioielliere una collana di zàffiri, ma di zaffìri.