Scuola e dialogo interculturale - "Ferraris"
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Scuola e dialogo interculturale - "Ferraris"
Adele Ceccon1 Scuola e dialogo interculturale DA UN PAESE MULTICULTURALE A UNA SOCIETÀ INTERCULTURALE Negli ultimi decenni l'Italia si è andata rapidamente trasformando da terra di emigrati a Paese di immigrazione: l'afflusso di lavoratori e famiglie di molteplici nazionalità ha modificato profondamente la vita nelle nostre città e il loro stesso tessuto sociale. Come molte altre nazioni europee, che hanno conosciuto questo fenomeno già in precedenza, anche l'Italia è diventata un Paese multiculturale, da quando diverse etnie e comunità nazionali coesistono nelle città e nelle scuole. Questa convivenza non è sempre facile né priva di conflitti e tensioni: differenze spesso profonde di lingue, costumi, usanze, credenze religiose e tradizioni possono complicare e ostacolare la comprensione reciproca. Di fronte a queste difficoltà una parte della società italiana risponde con la chiusura, con la difesa ad oltranza di un'identità nazionale o locale che si sente minacciata da queste presenze diverse, e la crisi economica, con l'aumento di disoccupazione e sottoccupazione su tutto il territorio, non fa che acuire la sensazione di pericolo che la presenza degli stranieri suscita in molti. Questo atteggiamento però finisce con alimentare ulteriormente la chiusura degli stranieri stessi in comunità nazionali, percepite talvolta dagli italiani come inaccessibili e, di conseguenza, si inaspriscono le tensioni e cresce la conflittualità. L'isolamento e l'arroccamento sulle proprie posizioni non portano quasi mai alla risoluzione dei problemi; l'unica possibilità di convivere pacificamente per popoli ed etnie diversi sembra invece essere quella di imparare a capirsi, a dialogare e a confrontarsi, per mediare i conflitti e risolvere le tensioni. Si tratta di passare da una società multiculturale, in cui i gruppi di diverse nazionalità vivono nello stesso territorio, ma con scarsi contatti e spesso riuniti in comunità chiuse e isolate, a una società interculturale, nella quale le diverse componenti dialogano, interagiscono, collaborano e contribuiscono alla vita pubblica. Questa interculturalità è una condizione ideale a cui tendere, per raggiungerla sarebbe necessario abbattere gli ostacoli alla comprensione e alla comunicazione e la scuola dovrebbe avere un ruolo fondamentale in questo processo. È un compito indubbiamente difficile, ma non impossibile. In fondo il nostro Paese è sempre stato un crocevia di popoli e vi sono state epoche nella nostra storia in cui la convivenza pacifica di etnie e nazionalità differenti, perlomeno in alcuni territori, era una realtà consolidata. L'Italia condivide con gli altri popoli mediterranei un'antica idea dell'ospitalità, che segue leggi non scritte e affonda le sue radici nella cultura greca classica, e che tuttavia 1 Docente di Inglese al liceo scientifico statale G. Ferraris di Varese. © PRISMI on line 2014 pagina 1 www.liceoferrarisvarese.gov.it/prismi è stata dimenticata nella frenesia e nella complessità della vita moderna. Si tratta di cercare di recuperare questa tradizione e riviverla in chiave attuale. Come dice lo scrittore e intellettuale marocchino Tahar Ben Jelloun: «Alcuni popoli sono più ospitali di altri: generalmente, quelli che sono rimasti più vicini alla terra e che, anche se poveri, vivono in grandi spazi. I Paesi industrializzati, in ossequio a una fredda razionalità, hanno dovuto disimparare l'ospitalità. Il tempo è prezioso; lo spazio, limitato. Regna in essi una mancanza di disponibilità, cioè di generosità e di libertà, poiché tutto è calcolato, tutto è misurato. Le porte si chiudono. I cuori, anche. Rimane l'individuo nel suo intimo, un universo in cui il ripiegarsi su se stessi coltiva l'egoismo e la solitudine. […] Non c'è più posto, non c'è più tempo per la gratuità del gesto, per capire, per accettare l'altro dallo sguardo esitante, proveniente da un'altra durata.»2 CONSIGLIO D'EUROPA, MIUR E DIALOGO INTERCULTURALE Il senso dell'ospitalità e la disposizione umanitaria, seppur lodevoli e apprezzabili, tuttavia, di per sé non bastano. Non è solo con un generico appello alla buona volontà di tutti che si possono risolvere alcuni dei problemi risultanti dalla convivenza tra diverse culture. Nella complessa società moderna servono anche precise abilità e conoscenze, che dovrebbero far parte del corredo del buon cittadino europeo di oggi o perlomeno di quello di domani. La capacità di instaurare e sostenere un dialogo interculturale comporta difatti una competenza specifica, richiede conoscenze, abilità e capacità articolate, che si possono e si devono imparare ed insegnare. È questo il messaggio fondamentale contenuto nel Libro Bianco del Consiglio d'Europa del 20083 che, rivolgendosi a tutti i quarantasette stati membri, raccomanda una politica e delle azioni a favore del dialogo interculturale. Il MIUR, del resto, si era già espresso a favore dell'interculturalità l'anno precedente, con la pubblicazione La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri. Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’educazione interculturale4, importante documento che, in anticipo rispetto alle direttive europee, affrontava la questione con l'obiettivo essenziale di individuare le caratteristiche specifiche inerenti alla realtà scolastica italiana. Per introdurre il discorso sul dialogo interculturale in termini generali mi sembra utile partire proprio dalle definizioni date dal Libro Bianco, che non è solamente un monito, ma contiene anche delle precise linee guida e dei suggerimenti operativi concreti rivolti a chiunque operi nei settori della politica, dell'educazione ed istruzione e dell'associazionismo giovanile. Naturalmente la scuola è una delle istituzioni più direttamente chiamate in causa a svolgere il proprio ruolo in questo ambito. Che cos'è dunque il dialogo interculturale? Di quali abilità necessita? In quali ambiti può essere utile? Il Libro Bianco del Consiglio d'Europa lo definisce come: 2 Tahar Ben Jelloun, Ospitalità francese Edizioni Theoria, 1992, Roma. 3 Consiglio d'Europa, Libro Bianco sul dialogo interculturale “Vivere insieme in pari dignità” Consiglio d'Europa, Strasburgo, 2008 in www.coe.int/dialogue 4 MIUR, La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’educazione interculturale, Roma, ottobre 2007, reperibile nel sito del ministero: http://archivio.pubblica.istruzione.it/news/2007/allegati/pubblicazione_intercultura.pdf © PRISMI on line 2014 pagina 2 www.liceoferrarisvarese.gov.it/prismi « […] un processo di scambio di vedute aperto e rispettoso fra persone e gruppi di origini e tradizioni etniche, culturali, religiose e linguistiche diverse, in uno spirito di comprensione e di rispetto reciproci.»5 I presupposti imprescindibili perché questo dialogo si realizzi sono, da un lato, la libertà e la capacità di espressione e, dall'altro, la volontà e la capacità di ascolto. Gli obiettivi finali del dialogo interculturale indicati sono molto importanti ed ambiziosi. Si dice infatti che esso: « […] contribuisce all’integrazione politica, sociale, culturale ed economica, nonché alla coesione di società culturalmente diverse. Favorisce l’uguaglianza, la dignità umana e la sensazione di condividere obiettivi comuni. Il dialogo interculturale è volto a far capire meglio le diverse abitudini e visioni del mondo, a rafforzare la cooperazione e la partecipazione (o la libertà di operare scelte), a permettere alle persone di svilupparsi e trasformarsi e, infine, a promuovere la tolleranza e il rispetto per gli altri.»6 Quali sono, quindi, le competenze indispensabili per poter affrontare il dialogo, lo scambio comunicativo con persone di culture diverse? Naturalmente un punto di partenza fondamentale è una buona conoscenza delle lingue straniere. Secondo le raccomandazioni dell'Unione Europea, sarebbe auspicabile che ogni cittadino europeo conoscesse almeno due lingue comunitarie oltre alla propria lingua madre: sebbene la scuola italiana abbia per certi versi compiuto dei passi avanti in questo senso, e, nel complesso, le conoscenze linguistiche degli italiani siano oggi qualitativamente e quantitativamente migliori rispetto al passato, la strada da percorrere in questo ambito appare ancora molto lunga, soprattutto se si confronta la situazione del nostro Paese con quella di altre nazioni comunitarie. A mio parere, e secondo il giudizio di molti insegnanti che operano nella realtà quotidiana, in Italia è mancata una politica continuativa, coerente ed efficace in questo campo, con molti interventi frammentati e spesso contraddittori tra loro che hanno finito col disperdere risorse preziose e sprecare opportunità. In questo ambito, dunque, le conoscenze linguistiche andrebbero ulteriormente rafforzate, diversificate e potenziate. Ma anche questo non basta: in fondo gli stranieri con cui abbiamo ed avremo contatti nella nostra vita quotidiana provengono da nazioni molto diverse, è impensabile insegnare a tutti gli studenti italiani lingue come il cinese, l'arabo o l'albanese, tanto per citare quelle parlate da alcuni dei gruppi di immigrati più presenti sul territorio italiano 7. Oltretutto, non sarebbe neanche necessario, perché sono gli stranieri stessi ad imparare l'italiano, o comunque perché è spesso possibile comunicare attraverso una delle lingue comunitarie più diffuse, come l'inglese, lo spagnolo o il francese che sono ampiamente studiate nel mondo. Quando si parla di dialogo interculturale, abbiamo visto che uno dei prerequisiti fondamentali è la capacità di ascolto: questa presuppone non solo l'abilità di comprendere letteralmente le parole dette, ma anche la volontà di capire i diversi punti di vista e la mentalità di persone con cultura diversa dalla nostra. È importante essere consapevoli che frasi o espressioni simili possono veicolare significati molto diversi in contesti differenti. Inoltre sarebbe auspicabile anche un'attenzione agli elementi non verbali della comunicazione: la gestualità, la prossemica, la mimica facciale, ecc. Sono tutti aspetti che possono e devono essere trasmessi nel processo di insegnamento/apprendimento di una lingua straniera che, alla luce dei mo5 Libro Bianco, op. cit., par. 3.1. 6 Ibidem. 7 Cfr. dati forniti dall'ISMU in: http://www.ismu.org/2013/11/numeri-immigrazione/ © PRISMI on line 2014 pagina 3 www.liceoferrarisvarese.gov.it/prismi derni orientamenti glottodidattici, deve mirare al conseguimento non solo della competenza linguistica, ma di una più ampia competenza comunicativa, che comporta appunto anche la padronanza di questi fattori. Lo studio di qualsiasi lingua straniera dovrebbe inoltre essere condotto con la piena consapevolezza che non si tratta solo di acquisire uno strumento operativo, per quanto utile e importante, ma piuttosto di accedere, attraverso la padronanza della lingua, a una diversa cultura, a una diversa visione del mondo e perciò ad una più ampia capacità di comprensione interculturale. Non si tratta cioè semplicemente di imparare ad esprimersi correttamente in inglese, francese, tedesco, spagnolo, o in qualsiasi altra lingua europea e non, quanto di comprendere che la conoscenza di una nuova lingua aggiunge sempre una dimensione in più alla nostra visione del mondo, fornendoci gli strumenti per interpretare la realtà che ci circonda anche da un altro punto di vista. In effetti, nelle scuole superiori si parla spesso di insegnamento di lingua e civiltà (o lingua e cultura o lingua e letteratura) straniera. Questa componente culturale dell'insegnamento linguistico, che si vorrebbe a volte limitare a favore di una connotazione più specialistica, più strumentale e operativa dell'apprendimento, è invece estremamente importante. Proprio la capacità di osservare le cose da molteplici prospettive, ancor più che la semplice conoscenza linguistica, può favorire la comprensione e la comunicazione interculturale. Ovviamente non è solo lo studio delle lingue che può aiutare a sviluppare questa consapevolezza. Il Libro Bianco indica altri punti cruciali nella storia e nell'educazione civica. Si sottolinea come l'insegnamento della storia non debba mai essere manipolato a fini propagandistici, per trasmettere ideologie razziste o ultranazionaliste, ma debba invece mirare innanzitutto a sviluppare negli studenti, grazie a una visione pluralistica degli eventi storici, il senso critico e la capacità di accogliere e comprendere punti di vista diversi dal proprio. Lo studio della storia dovrebbe di conseguenza promuovere l'eliminazione dei pregiudizi e delle visioni stereotipate dell'altro, del “diverso”8, sottolineando il più possibile le positive influenze reciproche tra popoli e civiltà che hanno plasmato la storia mondiale nelle varie epoche nel tentativo di superare l'ottica eurocentrica. Accanto alla storia, l'educazione civica deve promuovere i diritti umani in un contesto europeo e mondiale, dando agli studenti la consapevolezza dei diritti, dei doveri e degli atteggiamenti che sono richiesti per poter partecipare alla costruzione della tanto auspicata cittadinanza democratica europea, uno dei valori più importanti per l'Unione Europea e il Consiglio d'Europa stesso. UN IMPEGNO DI TUTTI Pur individuando le tre aree privilegiate dello studio linguistico, di quello storico e della cittadinanza democratica, il Consiglio d'Europa ribadisce con convinzione che il dialogo interculturale è un insegnamento di tipo trasversale e interdisciplinare, che deve coinvolgere tutte le materie scolastiche. Tutte le discipline hanno infatti una dimensione interculturale, che può essere sviluppata e trattata in molteplici modi: dalla letteratura, la filosofia e lo studio delle religioni, in cui appare più ovvia questa componente, fino alle materie più scienti8 Non si tratta solo di differenze etnico-culturali, ma anche di genere, di pensiero, di orientamento politico, disabilità ecc. © PRISMI on line 2014 pagina 4 www.liceoferrarisvarese.gov.it/prismi fiche e tecniche, in cui si può cercare di dare risalto, ad esempio, all'elemento storico della disciplina, valorizzando i contributi multiculturali che hanno portato al suo sviluppo. Se ciò apparisse in certi ambiti comunque difficile o problematico, non va dimenticato l'approccio educativo al dialogo interculturale. Tutti gli insegnanti di qualsiasi ordine e grado sono anche innanzitutto degli educatori che propongono dei valori. L'assenza di pregiudizi, la capacità di ascolto, la disponibilità alla mediazione dei conflitti e delle tensioni sono alcuni di questi valori che vengono promossi quotidianamente a scuola, calandoli nella prassi della vita comunitaria. All'interno delle classi, infatti, le differenze sono sempre esistite: differenze di genere, di opinione, di condizione sociale, di censo, e così via. Ultimamente a queste si sono aggiunte le diversità etnico-linguistiche proprie di una società multiculturale come la nostra, ma anche in precedenza gli insegnanti si erano spesso trovati a dover aiutare gli studenti a mediare conflitti e a superare le proprie divergenze, ad imparare a convivere in maniera democratica e pacifica nelle classi, microcosmi in cui si apprendono le basi per la futura vita di cittadini italiani, europei, e del mondo. Si tratta di continuare questo difficile e importante compito, sostenendo gli studenti nella loro crescita personale, valorizzando le potenzialità e le abilità di ciascuno, nel pieno rispetto delle differenze di ogni tipo. Un altro importantissimo ambito in cui il ruolo di tutti i docenti può rivelarsi cruciale è quello della prevenzione e dell'eliminazione degli stereotipi negativi e dei pregiudizi nei confronti dello straniero che sono purtroppo ancora troppo spesso presenti tra gli adolescenti. Infatti, la naturale curiosità dei bambini verso il nuovo e il diverso, che porta gli alunni della scuola elementare ad accogliere con il sorriso e con molte domande un compagno che arriva da un paese lontano, viene in seguito spesso sostituita dall'indifferenza o, peggio, dall'intolleranza. Nel corso del loro processo di crescita, infatti, i bambini italiani continuano ad essere esposti a molti stereotipi negativi che vengono loro trasmessi dai media, dall'ambiente in cui vivono, dalla Rete, da film, pubblicità, video, ecc. La discriminazione del diverso viene comunicata non tanto dagli slogan gridati con rabbia dal folkloristico politico locale o dalle proteste vibrate dei cittadini che si sentono minacciati dall' "altro", ma attraverso immagini stereotipate, un uso improprio del linguaggio e altri meccanismi più sottili di comunicazione di massa, talvolta persino subliminali, messi in atto più o meno consapevolmente da vari agenti in contesti e situazioni disparati. È perciò di vitale importanza che la scuola riesca a fornire gli strumenti necessari per interpretare e decifrare la realtà sempre più complessa in cui viviamo, e a promuovere una coscienza critica e la capacità di ragionare e reagire a questi messaggi indiretti. Un esempio semplice ma particolarmente efficace di come si potrebbe intervenire in questo ambito è quello di stimolare la riflessione sui termini utilizzati per descrivere gli stranieri presenti in Italia. La parola extracomunitario, che in origine avrebbe un connotato semplicemente di carattere geografico, nel corso degli anni si è caricata di denotazioni via via più negative, fino a diventare un vero e proprio stigma, che si trascina dietro significati collaterali di povertà, emarginazione e persino criminalità potenziale o effettiva, (evocati già forse in quel prefisso "extra" che di per sé sta ad indicare esclusione e diversità...). Un'altra espressione dal significato incerto e discutibile è quella di "italiano di seconda generazione": una locuzione che ha senso solo in un contesto legislativo di ius sanguinis, come quello italiano, ma perde qualsiasi motivo d'essere in un ambito culturale dove vige lo ius soli. Inoltre, l'espressione potrebbe anche sottintendere una sorta di gerarchia tra cittadini di serie A (italiani a tutti gli effetti) e di serie B (italiani "acquisiti"), che non aiuta l'integrazione. Peraltro, anche quest'ultimo termine andrebbe meglio definito: in genere lo si intende come un adattamento dello straniero alla società che lo "accoglie", attraverso l'apprendimento della © PRISMI on line 2014 pagina 5 www.liceoferrarisvarese.gov.it/prismi lingua, il rispetto delle leggi, dei costumi e delle usanze, e l'accettazione dei valori di base su cui tale società si fonda. Sarebbe invece più opportuno, e più reciprocamente arricchente, ridefinire l'integrazione come un processo biunivoco, in cui allo stesso modo anche la società si apre ad accettare l'apporto culturale (nel senso più ampio del termine) che può venire dallo straniero, attraverso la valorizzazione di idee, conoscenze e abilità altre rispetto a quelle tradizionalmente conosciute nel territorio di riferimento. Qui si prospetta un ulteriore fronte di intervento di notevole rilevanza in cui la scuola può agire: la conoscenza dei contributi interculturali che già in molti ambiti si sono fatti valere: la musica, l'arte, la letteratura “meticciate” rappresentano un elemento vitale della cultura contemporanea del nostro paese che non può e non deve essere ignorato, bensì esplorato e valorizzato al massimo, proprio nella prospettiva di un'educazione all’interculturalità. LA SITUAZIONE NEI LICEI Mentre per le scuole primarie, per le secondarie inferiori e per gli istituti professionali e tecnici la frequenza di studenti stranieri nelle classi non è una novità degli ultimi anni, la loro presenza nei licei è tuttora riservata ad un numero limitato di casi. Inizialmente, infatti, i licei venivano considerati perlopiù una scuola troppo elitaria e chiusa, di difficile accesso per chi non possedeva con sicurezza il codice linguistico indispensabile ad affrontare uno studio complesso di molte materie, con una forte componente astratta e teorica. Inoltre, poiché i licei sono corsi di studio propedeutici all'università, la loro frequenza non rientrava spesso nei progetti di vita e di lavoro degli immigrati, in quanto impegnativa non solo dal punto di vista cognitivo, ma anche in termini di investimento finanziario a lungo termine per tutta la famiglia. Con il progressivo aumento di giovani stranieri nati in Italia, bilingui fin dalla nascita, o scolarizzati almeno parzialmente in Italia, e quindi con una migliore conoscenza dell'italiano, la situazione ha incominciato ad evolversi. Anche la recente riforma dell'istruzione superiore ha avuto un ruolo incisivo: ad esempio, introducendo la possibilità di scegliere al liceo scientifico un corso di studi che non presenta il latino come materia curricolare, perlomeno sulla carta ha reso meno proibitiva la frequenza di questa scuola per i non-italiani. Ora i licei non vengono più esclusi a priori dalle famiglie di immigrati, sebbene sia ancora solo una stretta minoranza quella degli studenti stranieri che effettivamente si iscrivono a questo ordine di scuola superiore9. Proprio perché si tratta di un fenomeno relativamente recente, gli insegnanti dei licei spesso non si sentono sufficientemente preparati ad affrontare questa sfida. Sarebbe necessaria una formazione generalizzata su queste tematiche, scarseggiano gli strumenti didattici concreti per promuovere l’interculturalità, si avverte la mancanza soprattutto di risorse pratiche e di materiale didattico spendibile nelle classi. Tuttavia non è forse questa la principale difficoltà: come in altri casi, malgrado questa diffusa sensazione, molti docenti si adoperano quotidianamente per riempire questi vuoti, si relazionano, studiano, si documentano e cercano di costruire percorsi didattici nuovi che vanno, intuitivamente, proprio nel verso di una maggior integrazione interculturale. Forse l'ostacolo maggiore che si incontra è la necessità di rivedere alcuni presupposti della propria azione didattica. Per poter agire efficace9 Cfr. i dati presentati dall'ISMU in: www.ismu.org/dati-alunni-cni-nella-s-20122013/ © PRISMI on line 2014 pagina 6 www.liceoferrarisvarese.gov.it/prismi mente in questo ambito, infatti, gli stessi insegnanti devono cominciare col mettersi in gioco, analizzare il proprio punto di vista e rimettere in discussione il fondamento "eurocentrico" della cultura che hanno assimilato e che perciò trasmettono indirettamente agli studenti. Può sembrare un compito complicato, ma in realtà si tratta di un percorso entusiasmante, che può arricchire in maniera inaspettata innanzitutto gli stessi docenti, e poi le loro classi. A sostegno degli insegnanti di buona volontà, esistono vari strumenti e la possibilità di partecipare a progetti, reti scolastiche, collaborazioni di vario genere. Per esempio proprio nell'estate del 2013 l’UNAR10 ha lanciato un importante Piano Nazionale contro il Razzismo da attuarsi nel triennio 2013-2015, che prevede la collaborazione di vari Ministeri, Amministrazioni ed Associazioni; per la prima volta in Italia si sta pensando a un progetto pluriennale di ampio respiro in questo ambito. Tra gli otto assi di intervento privilegiati individuati, vi è naturalmente anche quello dell’"Educazione ed Istruzione": al momento attuale (inverno 2013-2014) dei gruppi di lavoro stanno elaborando le azioni concrete da realizzare su tutto il territorio italiano. Un esempio pratico di collaborazione virtuosa tra associazioni non profit ed editoria privata è il progetto "Lookaround", messo in campo recentemente dall’UNAR, dall'associazione Il Razzismo è una Brutta Storia e dalla Feltrinelli Editore: si tratta della distribuzione gratuita attraverso convegni nelle principali città di un DVD di brevi film antirazzisti prodotti in vari Paesi, sottotitolati in italiano e corredati di una guida didattica scaricabile online per l'utilizzo in classe. Alcuni di questi corti sono rivolti specificamente alla scuola primaria, altri alla secondaria, inferiore e superiore, ma sono tutti prodotti di alto livello professionale, contemporanei, ricchi di tematiche che possono stimolare la discussione, il dialogo e il confronto nelle classi11. Un'altra esperienza di cui vorrei rendere conto, anche se si è svolta senza l'intervento diretto della scuola, è il progetto Namastè, lanciato dal Comune di Varese nello scorso anno scolastico. Si tratta ovviamente di un'iniziativa locale, ma di grande interesse e dalla risonanza più ampia: nel corso di vari mesi alcuni studenti italiani e stranieri della scuola superiore o dell'Università si sono riuniti settimanalmente e hanno lavorato a due progetti. Da un primo gruppo di discussione è nata una lettera aperta alla città di Varese, che i ragazzi hanno poi diffuso in tutti i modi a loro disposizione, leggendola in varie manifestazioni e in varie sedi cittadine tra l'estate e l'autunno del 2013. La seconda attività ha dato vita ad un progetto più creativo e artistico: la produzione di alcuni corti sceneggiati, diretti, interpretati e realizzati dagli stessi studenti. Si tratta di brevi episodi di una web sit-com dal titolo Mash up che si può vedere su youtube. I ragazzi hanno creato un finto telegiornale (ma alcune delle interviste al pubblico per strada sono purtroppo reali), per dimostrare come sia facile veicolare stereotipi negativi sugli stranieri attraverso un uso improprio dei mass media e come queste idee siano fortemente radicate in una parte degli abitanti di Varese12. Infine, prendendo spunto proprio dall'esperienza di Namastè, che ha coinvolto in prima persona due studenti del nostro liceo, vorrei far notare come, a pensarci bene, la "risorsa" più importante che noi insegnanti abbiamo a disposizione senza quasi rendercene conto è la 10 L' UNAR, Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, nasce nell'ambito del Ministero delle Pari Opportunità, nel 2007, recependo una precedente direttiva dell'Unione Europea. 11 Per maggiori informazioni sul progetto, per scaricare la guida online e per richiedere una copia gratuita del DVD, si veda: http://www.look-around.net/ 12 La lettera degli studenti stranieri è disponibile sulla pagina facebook del progetto: https://www.facebook.com/namaste.varese, dove si trova anche il link per vedere tutti gli episodi di Mash up: https://www.youtube.com/playlist?list=PLBs7xyNDPU1yl3Ds5l8_JTzQYATQ51Rhu © PRISMI on line 2014 pagina 7 www.liceoferrarisvarese.gov.it/prismi presenza stessa di studenti stranieri, o di origine straniera, nelle nostre classi. Come si dice appunto nella lettera citata, questi ragazzi spesso hanno dovuto imparare a vivere per così dire a cavallo tra due culture, per cui possono agire in un contesto di peer education come mediatori e facilitatori naturali per gli altri compagni di classe nel comprendere le loro culture d'origine: anche dando voce ai loro racconti, alle loro esperienze personali, alle loro storie familiari, possiamo cominciare a costruire insieme le basi della nuova Italia interculturale. © PRISMI on line 2014 pagina 8 www.liceoferrarisvarese.gov.it/prismi ALCUNI SITI CHE POSSONO ESSERE UTILI PER APPROFONDIRE LE TEMATICHE INTERCULTURALI AGENZIE EUROPEE Consiglio d'Europa http://www.coe.int/ The European Wergeland Centre (EWC) http://www.theewc.org Centro Europeo di Risorse sull'Educazione per la Comprensione Interculturale, i Diritti Umani e la Cittadinanza Democratica (Oslo, Norvegia) EU-CoE www.training-youth.net - Agenzia per il partenariato giovanile MEBLIS http://www.meblis.org/ - Metodo e educazione al bilinguismo (presente in Italia, Spagna e Lussemburgo) Associazione per la promozione del bilinguismo RIVISTE ONLINE El Ghibli ne http://www.el-ghibli.provincia.bologna.it/ – rivista online di letteratura della migrazio- Terralingua - Unity in biocultural diversity - http://www.terralingua.org/ - Rivista sulla diversità bio-culturale (solo in inglese) Voices Education Project - http://voiceseducation.org - Testi letterari e risorse didattico-educative su temi interculturali (solo in inglese) SITI DI UNIVERSITÀ CHE SI OCCUPANO DI TEMATICHE INTERCULTURALI Università Ca' Foscari di Venezia - Progetto ALIAS Approccio alla Lingua Italiana per Alunni Stranieri http://venus.unive.it/aliasve/index.php Università La Sapienza di Roma - Kumà -creolizzare l'Europa http://www.disp.let.uniroma1.it/kuma/kuma.html SITI DI VARIO GENERE Yalla Italia - http://www.yallaitalia.it/ - blog dei giovani italiani di origine straniera Accettare la diversità - un manuale interattivo in progress http://www.tolerance.kataweb.it/ita/– Sito fondato da Umberto Eco, Furio Colombo, Jacques Le Goff, sotto il patrocinio dell' Académie Universelle des Cultures, di cui i tre autori sono membri. © PRISMI on line 2014 pagina 9 www.liceoferrarisvarese.gov.it/prismi