Il senno da sobrio di Gianni l`eremita
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Il senno da sobrio di Gianni l`eremita
vicenza 28_56@scarpdetenis148_scarp@017 1 26-JAN-11 20:40:12 I furti da ragazzino, gli anni di galera, un demone per compagno: l’alcol. Ma la vita si può riconquistare. Nonostante i rimpianti Il senno da sobrio di Gianni l’eremita La guerra La guerra si è solo assopita, dorme con un occhio bendato. Anche la sentinella vorrebbe addormentarsi, è stanca. Sogna campi infiniti di girasoli. Con gli occhi “smattati” da borderline per tutta la notte ha vegliato un nemico inesistente. Oltre il filo spinato hanno ucciso i nostri fratelli con bombe da venti chilotoni e i media hanno scritto dei loro resti sui muri dei cessi, come fossero ossari Le nostre paure sono il nostro pane di ogni giorno, simboli ordinari del male guai se ci mancano. L’organo con il quale abbiamo creato le nostre generazioni si è atrofizzato, non serve più a niente. È così che si arricchiscono i potenti della terra sfruttando le nostre angosce. Peter Murnau di Gianni Tutto inizia a Thiene, un paese in provincia diVicenza, circa 40 anni fa. Allora avevo 15 anni e il motorino, come quasi tutti quelli che ne avevano la possibilità. Preferivo uscire con ragazzi più grandi di me (19-20 anni) e andavo in giro per i paesini limitrofi per cercare ragazze. Ci si radunava nei bar, dove c’erano i juke-box, il pomeriggio di sabato e domenica, a volte si tornava per l’ora di cena, altre volte si rimaneva fuori fino a mezzanotte. Per sentirsi adulti si beveva il vino frizzantino, si facevano diversi giri, e solo appena tornati a casa ci si accorgeva di essere euforici, di avere mal di testa, un malessere generale. A volte capitava di vomitare, ma tutto questo durava solo qualche giorno. Si beveva perché così si riuscivano a fare battute simpatiche con le ragazze e a divertirsi. Dopo un po’ di tempo ho conosciuto ragazzi con strane idee e ho iniNel 1982, dopo la morte di mio paziato a rubare motorini. Era un modo dre, ho preso in mano la sua attività di per sembrare dei “duri”. I carabinieri ci autodemolitore e ho demolito anche il hanno beccato, ma essendo minorenmio passato, ma la giustizia lenta e ineni non ci hanno messo in carcere. sorabile ha continuato il suo corso: Nonostante la ramanzina dei caraquando è arrivato il momento di pagabinieri, abbiamo continuato a fare furre, dovevo scontare quattro anni, ridotti sempre più consistenti. I soldi serviti poi a due per buona condotta. In carvano a vestire bene e comprare oggetti cere lavoravo come cuoco. Una volta d’oro (che erano la mia passione). Viuscito ho ricominciato a lavorare di sto che non lavoravamo, i carabinieri nuovo nell’azienda ereditata da mio pacontinuavano a tenerci d’occhio. dre, ma siccome il terreno dell’autodemolizione non era di mia proprietà i costi sono diventati ingestibili. Ho dovuto In carcere per una “spiata” chiudere l’attività e sono andato a lavoMi hanno arrestato per una “spiata”. I rare da mio fratello maggiore a Varese. carabinieri mi trovarono un bel po’ di I rapporti con lui, però, erano pessirefurtiva e anche delle armi, che nami, tante volte siamo arrivati anche alscondevo in una casa disabitata. Sono le mani. Così mi sono rigettato nell’alfinito in carcere per due mesi. Poi sono col: avevo ormai 40 anni. Bevevo dalla uscito in libertà provvisoria in attesa mattina pur di essere sempre stordito: del processo. Mia madre, che faceva la non mi interessavo più di niente, avemaestra, mi aveva perdonato, in camvo perso il lume della ragione. bio della promessa che non avrei fatto più niente di losco. Quando sono uscito mi sono comportato bene per un po’, In comunità per rinascere ma poi ho ricominciato a frequentare Tornato a Vicenza, si è presa cura di me la solita compagnia. In poco tempo mi mia sorella, che mi ha mandato all’osono trovato coinvolto in una rissa spedale di Sandrigo per disintossicarmi (sempre a causa dell’alcol) in discotedall’alcol. Lì sono entrato in contatto ca per difendere un amico, causando con una psicologa che mi ha proposto lesioni gravi a quelli della sicurezza, di entrare in una comunità. Ho deciso lanciando un bicchiere di whisky. di accettare, anche perchè non avevo 44. scarp de’ tenis febbraio 2011 scarp-de-tenis-148_k48_2217_Trimboxes_sheet2_W1_F 28_56@scarpdetenis148_scarp@018 1 26-JAN-11 20:40:13 scarpvicenza Pregiudizi e alchimie Un barbone in cravatta chic. Tre passanti gli regalano un fiammifero a testa. Accende e spegne il grosso sigaro per ben tre volte, solo per compassione, solo per farli contenti. Hanno occhi così tristi da toglierti i sorrisi. Guardano e guardano sotto occhiali spessi di impotenza emotiva. Lui è ciccione, una carne di florida insolenza. E così la sua anima. Si toglie dalle tasche sbrindellate cinque caramelle allo zenzero. «Roba da ricchi», pensano i sei occhiali, ma non dicono niente. Si va avanti così per un po’, come sospesi in una bolla vuota e bamboleggiante, come teste appese ai cappi. Si va avanti così. La cravatta ha tre bottoni, si direbbero di ottone e marchiati, pure. Lui la tocca con fierezza, se ne cinge a far bandiera dei suoi sogni. «Che vorranno, poi, quei tre?». Il sigaro consuma una cenere lenta di vecchiezza, è una spezia arrogante, di chi davvero sa. Se ne resta zitto, come in attesa: gli occhialoni dell’impotenza fissano ancora. Giurerebbero che fosse sbronzo, matto, lercio. Non si capacitano, no. E intanto pensano alle rispettive mogli, figlie e polizze assicurative. Lui non ne ha bisogno. La sua vita è la barba che indossa. Non ha doveri, nessun debito, niente per cui sbraitare. Si siede sul marmo davanti alla chiesa. I tre abbassano lo sguardo, fanno per andare. Lui si aggiusta la cravatta e pensa alla prossima alchimia. I tre si bloccano, la loro impotenza emotiva si muta in denaro, unico mezzo di comunicazione conosciuto. Sbriciolano un euro da tasche composte e anonime, quindi perfette. Lui dice «Grazie», chiude la mano rimasta nuda da quell’insulto, si liscia la barba e sogna ancora. Chiara Lambrocco Il “barbone” che ha ispirato questo racconto è noto a chi transita per la stazione di Padova: baffoni alla Lenin e sigaro perennemente in bocca. La storia Ero quasi percussionista, mi restano dita sempre in moto Questa storia è un pezzo del mio passato e riguarda la prima volta che sono stato all’estero, in Spagna. Desideravo e sognavo di vivere lontano dal mio paese, lontano dai miei genitori separati, volevo trovare un lavoro tranquillo ed essere libero. Però non avevo idea di cosa significasse vivere lontano da casa, in un paese totalmente sconosciuto. Il padre di un mio compagno di scuola mi ha aiutato a partire, a 18 anni ho cominciato a lavorare come falegname a Barcellona. Dopo quattro mesi la ditta mi ha mandato a Villareal. È stato il caso che mi ha fatto imbattere in una scuola per percussionisti latino-americani (un tipo di musica che mi era sempre piaciuta, fin da piccolo). Ho iniziato a studiare i bonghi, lo jambè e le congas. All’inizio era molto difficile imparare perché non riuscivo a ricordare tutti i passaggi che mi venivano insegnati nelle tre ore consecutive di lezione. Così ho comprato un registratore che mi permetteva di continuare a suonare anche a casa. Dopo cinque o sei mesi di allenamento la mia insegnante ha selezionato un gruppo di percussionisti che si sarebbero esibiti per varie serate in un ristorante. Tra questi ragazzi c’era anche un mio amico che mi prestava sempre lo jambè e dopo altri due mesi sono stato chiamato, proprio da lui, per far parte del gruppo. Così ho cambiato lavoro e da falegname sono diventato percussionista, ma anche cameriere in quel locale. Io non lo so come sono passati i giorni, ma a quel punto mi trovavo già da due anni in Spagna e stavo per diventare percussionista professionista con tanto di diploma. Però, invece di affrontare l’esame per cui ho tanto suonato e studiato, ho deciso di tornare a casa: i miei genitori avevano promesso di rimettersi insieme e mi mancavano. Mi mancava mio fratello, mi mancavano gli amici. Arriva così Natale, sono contento di essere con la mia famiglia, ma la serenità dura solo pochi mesi e in primavera papà e mamma decidono di separarsi di nuovo: ho rinunciato ai miei sogni e non mi è rimasto niente. Adesso possiedo soltanto un paio di bonghi che suono ogni tanto. Tutto quello studio, quell’impegno per la musica, in Spagna, mi hanno lasciato il segno: una passione che sono tentato di chiamare “vizio”, quando nei giorni peggiori, mentre girovago in cerca di lavoro le mie dita non ne vogliono sapere di stare ferme, continuando a segnare il ritmo su qualsiasi superficie. Sergiu Nicola Antonoaea nessuna alternativa se non finire per strada. Una volta ultimato il percorso in comunità sono andato a vivere in un appartamento protetto e ho ricominciato a lavorare fuori. Per me è stato un aiuto immenso per risalire la china, per uscire dall’alcolismo. Ma è stata dura, un strada lunga e piena di ricadute, perché l’alcol è una brutta bestia. Vivo onestamente ma da eremita Dal 2002 abito in un alloggio dignitoso, che ho fatto arredare con soldi guadagnati onestamente. Ringrazio le persone che mi hanno aiutato dalla comu- nità in poi. Una in particolare: conoscendo bene la mia storia, mi ha seguito fino a oggi, aiutandomi anche a reinserirmi in modo continuativo nel mondo del lavoro. Con il senno di poi e da sobrio, mi rendo conto di come avrebbe potuto essere diversa la mia vita senza alcol. Oggi sono come un eremita: unica compagnia la mia gatta Milù. Parlo con tutti, ma siccome il luogo di aggregazione è quasi sempre il bar, preferisco rimanere a casa davanti alla televisione, ripromettendomi di fare delle passeggiate per mantenermi in salute. . febbraio 2011 scarp de’ tenis scarp-de-tenis-148_k48_2217_Trimboxes_sheet2_W1_F .45