MUTILAZIONI GENITALI FEMMINILI - Collegio Interprovinciale delle

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MUTILAZIONI GENITALI FEMMINILI - Collegio Interprovinciale delle
MUTILAZIONI GENITALI FEMMINILI: CONOSCENZA E APPROCCIO OSTETRICO
E SERVIZI SUL TERRITORIO
Ost.Colombi Federica, Dott.ssa Lia Lombardi, Ost. Mirella Di Martino
INTRODUZIONE
Il fenomeno dell'immigrazione di milioni di persone che, a partire dagli anni '70 si muovono dalle aree meridionali del
mondo verso i paesi industrializzati in cerca di un futuro migliore per sé e per i loro bambini, determina notevoli
cambiamenti culturali e sociali nei paesi ospitanti. I movimenti migratori, infatti hanno fatto emergere realtà poco
conosciute e la presenza di uomini, donne e bambini immigrati hanno costretto di conseguenza alcune popolazioni a
confrontare le rispettive culture e abitudini.
Uno dei fenomeni che è emerso, proprio dal confronto, è una metodica attuata in tanti paesi africani, riguardante le
donne che per diventare adulte devono passare attraverso una cerimonia dolorosa che modifica gravemente i genitali,
mutilandoli di un organo fondamentale per una sessualità serena, il clitoride, e a volte anche delle piccole labbra. La
comunità internazionale, che da anni si batte per far scomparire queste usanze, le classifica con il nome di Mutilazioni
Genitali Femminili (MGF)1.
L'interesse per questo tema nasce dal fatto che non si tratta più di un problema “lontano”, ma, in una società sempre più
multietnica, come la nostra, è un problema di vivissima e drammatica attualità.
Ho ritenuto opportuno porre particolare attenzione a questa pratica, sia perchè coinvolge la vita di circa 130 milioni 2 di
donne e di bambine, sia perchè oggi le cose stanno cambiando grazie alle tante campagne di informazione e
sensibilizzazione condotte da associazioni di donne, governi e organizzazioni internazionali.
Negli anni, infatti, queste pratiche sono sempre di più uscite dal cono d'ombra che le avvolgeva, ne è un'esempio il best
seller “Fiore del deserto” scritto nel 1998 da Waris Dirie, modella somala che racconta la sua esperienza con la
mutilazione. Anche molti fatti di cronaca portano l'occidente a scontrarsi con una realtà che per anni è stata chiusa nel
silenzio: nel 2006, dopo che il governo ha promosso la legge n.7 contro le mutilazioni genitali 3, a Verona, una donna
nigeriana è stata arrestata mentre stava per praticare l'infibulazione su una neonata, ultima di una serie di mutilazioni
che la donna praticava al prezzo di qualche centinaia di euro.
Si tratta dunque di un problema che esiste anche nel nostro paese dove le donne portatrici sono stimate intorno alle 35
mila circa4 e con il quale operatori sanitari devono confrontarsi sempre più spesso e che richiede approfondite
conoscenze della tematica e anche una specifica preparazione.
Lo scopo del mio lavoro si rifà a quest'ultimo aspetto: quale sia la preparazione e la conoscenza degli operatori ed in
particolar modo dell'ostetrica in merito alle MGF.
1 III Conferenza mondiale del comitato interafricano, Adis Abeba, 1991
2 Macro international data UNFPA, 2007
3 “Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazione genitale”
4 Stime effettuate su dati Istat riguardanti residenti e permessi di soggiorno dal 1/1/2008
1
Questo obiettivo prende origine anche dall'esperienza di questi anni di tirocinio: l'ostetrica ha a che fare con le donne
nei momenti più delicati della loro vita e la sensibilità nei confronti di quelle più in difficoltà fa parte della sua
professione. La donna portatrice di mutilazione genitale che ha vissuto su di sè anche il dramma dell'immigrazione ha
bisogno non solo di una specifica condotta clinica ma anche di un aiuto psicologico e di un supporto che non la faccia
sentire discriminata. Per questo è importante che chi viene a contatto con queste donne sappia come affrontare i loro
problemi e rispondere ai loro bisogni.
Il lavoro è diviso in tre parti:
1. dati, letteratura e ultimi aggiornamenti sulla presenza e sviluppo del fenomeno;
2. livello di conoscenza, impressioni, condotta delle ostetriche e degli operatori sanitari in merito alle MGF ;
3. ricerca sui servizi offerti nel territorio di Milano riguardo prevenzione e assistenza.
La prima parte è fondamentale per la costruzione e lo sviluppo del progetto illustrato nella parte successiva. Questi
primi cinque capitoli sono stati concepiti e stutturati per giustificare gli elementi di indagine delle interviste su cui si
basa la ricerca.
La seconda parte prende avvio da una serie di interviste a cui ho sottoposto ostetriche e operatori sanitari ospedalieri e
non, che si sono messi in gioco parlando di tutto ciò che sanno e che hanno potuto approfondire sulle MGF nel corso
della loro vita professionale. Si darà una definizione, si parlerà delle dimensioni socio-culturali del fenomeno e della
formazione e preparazione degli operatori in merito agli aspetti generali di esso ma anche rispetto alla conduzione
dell'assistenza a queste donne, per arrivare alle loro opinione personali e alle emozioni nel trattare l'argomento.
La seconda parte è dedicata a come il territorio di Milano fa fronte all'affluenza delle donne escisse nei servizi sanitari:
quali sono, cosa offrono e in che modo accolgono queste donne.
1.Che cosa sono?
Il termine “Mutilazioni Genitali femminili” descrive diversi rituali tradizionali e in particolare si fa riferimento a tutte
quelle “forme di rimozione parziale e totale dei genitali femminili esterni o altre modificazioni indotte agli organi
genitali femminili, effettuate per ragioni culturali o altre ragioni non terapeutiche” secondo la dichiarazione congiunta
emessa nell'aprile 1997 da parte di OMS5, dell'UNICEF6 e dell'UNFPA7.
Questo termine è stato introdotto alla fine degli anni settanta, in sostituzione del termine circoncisione femminile, per
sottolineare i danni irreversibili sulla salute delle donne. Tale termine è stato adottato nella terza Conferenza del
Comitato inter-africano sulle pratiche tradizionali che riguardano la salute delle donne e dei bambini, tenutasi ad Addis
5 Organizzazione Mondiale della Sanità
6 United Nations Children's Fund
7 United Nations Fund for Population Activities
2
Abeba nel 1991 e nello stesso anno è stato raccomandato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità come termine da
utilizzare nelle Nazioni Unite.
1.2 Classificazione
In tempi recenti (luglio 1995), riconoscendo la necessità di una classificazione più omogenea e standardizzata l'Oms ha
convocato un Gruppo Tecnico di Lavoro sulle Mgf a Ginevra per classificare le Mutilazioni e per assumere una netta
posizione di condanna nei confronti della pratica e del coinvolgimento del personale medico-sanitario.
Attualmente, secondo la classificazione OMS, le Mgf possono essere suddivise in:
•
I tipo: è l'escissione circonferenziale del prepuzio della clitoride che è analoga alla circoncisione maschile.
•
II tipo o escissione: oltre al prepuzio questo tipo implica la rimozione del glande del clitoride o anche
dell'intero clitoride,e può includere parte, o tutte, le piccole labbra.
•
III tipo: chiamata circoncisione faraonica in Sudan e circoncisione sudanese in Egitto, è la forma più cruenta e
consiste nella chiusura parziale dell'orifizio vaginale dopo l'escissione di una varia quantità di tessuto vulvare
•
IV tipo: include tutta una serie di procedure cosiddette “non classificate”: include perforazione, penetrazione,o
incisione di clitoride e/o piccole labbra; cauterizzazione mediante ustione del clitoride e del tessuto circostante
l'orifizio vaginale (angurya cuts) o incisione della vagina (gishiri cuts) o tutta una casistica di manipolazioni
che variano da un'etnia all'altra: allungamento del clitoride o delle labbra, cauterizzazione del clitoride, taglio
della vagina, introduzione in vagina di sostanze corrosive per restringerla o renderla asciutta e qualsiasi altra
procedura che cada sotto la definizione di Mgf.
2. La diffusione
L'Africa è di gran lunga il continente in cui il fenomeno delle MGF è più diffuso, con 91,5 milioni di ragazze di età
superiore a 9 anni vittime di questa pratica e circa 3 milioni di altre ragazze che ogni anno si aggiungono al totale.
La pratica delle MGF è documentata e monitorata in 26 paesi africani e nello Yemen. In altri Stati (India, Indonesia,
Iraq, Malesia, Emirati Arabi Uniti e Israele) si ha la certezza che vi siano casi di MGF, ma mancano indagini statistiche
attendibili e il fenomeno sembra del tutto marginale.
3. L'Italia e le MGF: la legislazione
Nel 2003 il Senatore Consolo presenta un disegno di legge che riguarda “Modifiche previste all’articolo 583 8 del codice
penale in materia di mutilazione e lesioni agli organi genitali a fine di condizionamento sessuale” 9 che introduce così,
8
Questo articolo prevede il reato di lesioni personali in cui si includevano le MGF fino all'introduzione della legge
9
Dal sito: www.parlamento.it
3
con l'articolo 583 bis il reato di pratica di MGF. Questo articolo, in adesione con le indicazioni della Comunità
Europeea10, punisce con la reclusione da da 4 a 12 anni chi cagiona una mutilazione genitale senza ragioni terapeutiche
con lo scopo di menomare le funzioni sessuali della vittima e dal quale possa derivare una malattia nel corpo o nella
mente. La pena può essere diminuita di un terzo se il danno è di lieve entità o aumentata di un terzo se commessa su un
minore o per fini di lucro. Punibile anche quando il fatto è stato commesso all'estero da cittadino italiano o straniero
residente in Italia. Un'aggravante è prevista nel caso in cui l'autore sia esercente di una professione sanitari con la
radiazione dall'albo e la sospensione dall'esercizio della professione. Utile ricordare che anche la reinfibulazione dopo il
parto è reato e la perseguibilità d'ufficio del reato stesso.
La proposta di Consolo è apparsa però insufficiente alle Commissioni Unite che hanno preferito predisporre un testo
unificato che disciplinasse il fenomeno: nel 2004 inizia la discussione su un testo11 che rappresenta l'unificazione del
disegno di legge Consolo e tutti quelli proposti in precedenza.: “Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto
delle pratiche di mutilazione genitale femminile”. Questa proposta diventa definitivamente, con questo nome, legge n. 7
il 9 gennaio 2006 con la finalità di “prevenire, contrastare e reprimere le pratiche di mutilazione genitale femminile
quali violazioni dei diritti fondamentali all’integrità della persona e alla salute delle donne e delle bambine” 12. La
legge è divisa in due capitoli e fa precedere le misure preventive a quella punitive perchè un'efficace prevenzione
annullerebbe la repressione della pratica.
Nel 2004 inizia la discussione su un testo 13 che rappresenta l'unificazione del disegno di legge Consolo e tutti quelli
proposti in precedenza.: “Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazione genitale
femminile”. Questa proposta diventa definitivamente, con questo nome, legge n. 7 il 9 gennaio 2006 con la finalità di
“prevenire, contrastare e reprimere le pratiche di mutilazione genitale femminile quali violazioni dei diritti
fondamentali all’integrità della persona e alla salute delle donne e delle bambine” 14. La legge è divisa in due capitoli e
fa precedere le misure preventive a quella punitive perchè un'efficace prevenzione annullerebbe la repressione della
pratica.
Prevede inoltre la necessità di formazione del personale sanitario anche con la definizione di linee guida specifiche e la
realizzazione di materiale informativo compresa la creazione di un numero verde presso il Ministero dell'Interno e di
programmi di cooperazione tra il Ministero degli Esteri e i governi interessati dalla presenza della pratica volte ad
eliminarla e a dare assistenza alle donne portatrici o che intendono sottrarsi alla tradizione.
4. Le MGF e le conseguenze per la salute
10 “Resolution in female genital mutilation” n.2001/2035
11 Disegno di legge 414-B ad iniziativa del senatore Consolo come modificato dalla Camera dei Deputati il 4 maggio 2004 e
trasmesso alla Presidenza del Senato il 5 maggio 2004
12 Legge 9 gennaio 2006, n.7 “Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazione genitali femminili”
Articolo 1
13 Disegno di legge 414-B ad iniziativa del senatore Consolo come modificato dalla Camera dei Deputati il 4 maggio 2004 e
trasmesso alla Presidenza del Senato il 5 maggio 2004
14 Legge 9 gennaio 2006, n.7 “Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazione genitali femminili”
Articolo 1
4
Le mutilazioni genitali femminili sono pericolose non solo perchè consistono nella mutilazione di una parte del corpo
assolutamente sana, ma anche perché provocano gravi danni sia a breve che a lungo termine. I loro effetti inoltre hanno
una ricaduta anche sulla salute psicologica della donna a causa della traumaticità dell’intervento delle limitazioni ad una
gratificante vita sessuale che ne derivano
Le conseguenze immediate o a breve termine sono:
– Dolore. La maggior parte delle operazioni di MGF vengono effettuate senza anestesia provocando così un
dolore molto forte. Nei casi più gravi il dolore provato durante l’intervento può comportare uno shock
neurogeno che può causare anche morte.
– Shock emorragico. Può essere dovuto alla perdita di sangue che, anche se scarsa, può prolungarsi per diversi
giorni.
– Infezioni. Le scarse condizioni igieniche, l’uso di strumenti non sterili e l’applicazione di sostanze a scopo
“curativo” sulla ferita, costituiscono l’habitat idoneo per il moltiplicarsi di batteri.
– Lesioni dei tessuti adiacenti. Anche l’uretra, la vagina, il perineo o il retto subiscono conseguenze.
– Ritenzione urinaria. La minzione dopo tali operazioni risulta estremamente dolorosa
– Tetano. Causato dall’utilizzo di attrezzature non sterili.
– AIDS. Causata in molti casi dall’utilizzazione degli stessi strumenti per più operazioni. Che può comportare
anche la trasmissione di epatiti B e C.
– Fratture ossee.
– Mancata cicatrizzazione della ferita
Le conseguenze a lungo termine sono
– Emorragia secondaria. Può comparire dopo circa una settimana quando la sutura dell’arteria cade a causa di
un’infezione.
– Perdite di sangue.
– Difficoltà nella minzione..
– Frequenti infezioni al tratto urinario
– Sterilità.
– Disfunzioni sessuali. Problemi durante le mestruazioni. Le mestruazioni spesso non sopraggiungono a causa
della parziale o totale occlusione dell’orifizio vaginale e ciò può portare alla dismenorrea oltre che ematocolpi
che si verificano per il ristagno del sangue mestruale nella vagina per molti mesi.
– Problemi durante la gravidanza e/o il parto.
– Rischio di trasmissione dell’HIV.
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Oltre a queste conseguenze fisiche e che clinicamente sono facili da diagnosticare ce ne sono altre non sempre
manifeste e che vengono esternate dalle donna solo in rarissimi casi, e ricadono sulla sua psiche e sessualità: su tali
aspetti della vita di una giovane donna le mutilazioni genitali possono lasciare un segno indelebile.
5.Linee guida per operatori sanitari
Per un'azione efficace di prevenzione, assistenza e riabilitazione delle donne sottoposte alla pratica, fondamentale è la
formazione del personale medico e degli operatori sanitari poichè sono le figure che maggiormente devono relazionarsi
con il problema. La preparazione di chi opera in un contesto sanitario non ha come obiettivo solo quello di offrire
un'efficace comunicazione sull'approccio da tenere con la donna, ma soprattutto quello di rispondere correttamente ai
suoi bisogni sanitari e psicosociali. Per questi motivi il Ministero della Salute ha proposto delle Linee Guida elaborate
sulla base di evidenze scientifiche inerenti alla pratica clinica.
Indagine tra operatori sanitari
6. Introduzione e metodologia
La ricerca parte con l'obiettivo di capire quanto gli operatori sanitari conoscano il tema delle MGF con cui si
confrontano nella loro attività professionale. Sono i numeri a dircelo, infatti circa 35 mila sono le donne portatrici di
MGF sul territorio italiano e 7 mila sono a rischio ogni anno 15. Alla luce di questo il Ministero della salute nel 2006 ha
elaborato delle Linee guida per chi opera nell'ambito della sanità. Cosa è cambiato da allora? Vengono rispettate o c'è
ancora troppa poca conoscenza del femoneno? Quanto è incisiva la formazione degli operatori per garantire a queste
donne una buona assistenza e accoglienza? Queste sono alcune domande che hanno diretto la ricerca, che si avvale di
un questionario di 31 domande a risposta aperta sottoposte a varie figure coinvolte nei percorsi sanitari che una donna
compie in particolar modo quando aspetta un bambino.
La ricerca è stata compiuta su un campione non molto ampio, ma cerca di mettere a confronto professionalità diverse da
cui si possono estrapolare differenze o comportamenti simili alla luce del ruolo svolto nei servizi sanitari.
La prima categoria campionata sono dieci ostetriche di un grande ospedale di Milano, la clinica ostetrico ginecologica
L.Mangiagalli. Il campione non del tutto casuale poiché un 20% delle ostetriche a cui è stata richiesta la disponibilità di
partecipare alla ricerca hanno preferito astenersi. Questo potrebbe forse indicare che coloro che si sono mostrate
disponibili sono le ostetriche che più conoscono il tema o quelle più disposte a mettersi in gioco. Questo campione va
dai 24 ai 45 anni, 8 di loro sono laureate, 2 hanno il diploma di ostetricia poiché non era ancora previsto come corso di
laurea. La maggior parte lavora in reparto di puerperio, 2 di loro in sala parto e una nell'ambulatorio ostetrico. La
maggior parte di loro ha un esperienza come operatore sanitario da 1 a 5 anni, mentre le più esperte da 16 o 22 anni.
La seconda categoria è costituita da quattro medici che svolgono la loro attività nello stesso ospedale del campione
precedente. Sono tutti laureati in medicina e chirurgia con la specializzazione in ginecologia. Due di sesso maschile e
15 Stime effettuate su dati Istat riguardanti residenti e permessi di soggiorno dal 1/1/2008
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due di sesso femminile, dai 36 ai 58 anni, uno dei quali riveste il ruolo di responsabile dell'oncologia preventiva
ginecologica. Gli anni di esperienza lavorativa vanno dai 12 ai 30 anni come operatori sanitari. In questa categoria si è
riscontata ancora meno disponibilità, infatti il 70% circa dei medici a cui è stato richiesto di rispondere alle domande
non si è mostrato disponibile.
La terza categoria è mista e include figure professionali diverse tra loro che condividono però il luogo dove svolgono la
loro attività. Infatti sono state sottoposte all'intervista operatori che lavorano in varie sedi consultoriali del territorio di
Milano. Quattro intervistate sono ostetriche, una è un medico ginecologo, una è un'infermiera professionale e l'ultima è
un'assistente sanitaria. La scelta di questo campione ha creato molte difficoltà alla ricerca poiché l'autorizzazione
dell'Asl a sottoporre questi operatori alle interviste, richiesta tempestivamente, non è arrivata e pochi sono stati i
consultori disposti a far parte della ricerca prima dell'arrivo del permesso dell'azienda sanitaria.
Il campione va dai 40 ai 57 anni, sono tutte diplomate nel rispettivo ambito, tranne una, laureata in medicina e chirurgia,
e lavorano nei consultori integrati di 4 diverse zone della città di Milano. La scelta di coinvolgere altre figure è fatta con
lo scopo di far capire come molte professionalità possano essere coinvolte nel fenomeno delle MGF, in particolari in
strutture extraospedalie dove l'utenza è maggiormente costituita da donne straniere, provenienti anche da paesi a
tradizione escissoria.
L'intervista è suddivisa in sei paragrafi in cui si cerca di esplorare tutti gli aspetti del fenomeno. Il primo paragrafo
contiene sei domande che indagano la conoscenza generale del fenomeno, da una definizione al riscontro sul lavoro
della pratica.
Il secondo paragrafo composto invece da quattro domande si occupa della formazione dell'operatore intervistato in
merito alle MGF, dalle occasioni avute nella vita professionela per approfondire il tema alle organizzazioni conosciute
che se ne occupano.
Il terzo paragrafo è il paragrafo centrale in cui si indaga sulla conoscenza di tutti gli aspetti principali che caratterizzano
il fenomeno, dalla sua diffusione, ai principi che lo sostengono, sino alle conseguenze che la mutilazione porta con sé.
Il quarto si occupa della conduzione assistenza alla donne portatrici di MGF: i servizi che si occupano di accoglierle,
tutti i possibili accorgimenti durante il percorso nascita, la contraccezione e la prevenzione.
L'ultimo tratta delle emozioni e delle sensazioni che gli operatori provano nei confronti di questo tema, ma anche della
percezione degli atteggiamenti che l'opinione pubblica assume nei confronti del fenomeno.
Servizi dedicati alle MGF
7. Ricognizione servizi regionali
In alcune regioni sono presenti strutture a livello centrale regionale con compiti di ricerca e formazione come in
Lombardia l'Osservatorio Regionale per l'integrazione e la multietnicità -Fondazione ISMU- e nella regione Emilia
Romagna il Centro per la valutazione e l'efficacia dell'assistenza sanitaria -CeVEAS-.
-Emilia Romagna:
•
CeVEAS, centro per la salute e l'ascolto, Bologna: stuttura territoriale che si occupa di ricerca e formazione per
epiddemiologi e ginecologi e di prevenzione e informazione con ostetriche e ginecologi
7
•
Centro per le donne straniere, Modena: presidio territoriale che si occupa di formazione, prevenzione e
informazione con ostetriche, ginecologi pediatri, psicologi,medici di base, assistenti sanitari e mediatrici
culturali.
•
Centro Salute della donna straniera, Reggio emilia: presidio territoriale che si occupa di prevenzione e
informazione con ostetriche, ginecologi pediatri, igienisti, psicologi, infermieri, assistenti sociali e mediatrici
culturali.
•
9 Consultori familiari: presidi territoriali che si occupano di prevenzione e informazione con ostetriche,
ginecologi e psicologi, assistenti sociali e sociologi.
•
Ospedale di Cento: presidio ospedaliero pubblico che si occupa di formazione degli operatori, prevenzione e
informazione e di deinfibulazione con dirigenti medici, ostetriche e infermieri.
•
6 distretti Spazio donna: presidi territoriali che si occupano di prevenzione e informazione con ostetriche,
ginecologi e psicologi e mediatrico culturali.
•
U.O. Di ostetricia e ginecologia di 7 ospedali: presidi ospedalieri che si occupano di deinfibulazione con
ginecologi e ostetriche.
-Liguria:
•
2 Ospedali: presidi ospedalieri che si occupano di deinfibulazione con ginecologi e ostetriche.
•
ASL 3 genovese:presidi territoriali che si occupano di prevenzione e informazione con ostetriche, ginecologi e
assistenti sociali e psicologa
-Lazio:
•
ISTITUTO SAN GALLICANO, Roma: IRRCS che si occupa di ricerca e formazione di medici e mediatrici
culturali.
•
Azienda Ospedaliera S.Camillo Forlanini, Roma: presidio ospedaliero che si occupa di formazione degli
operatori, prevenzione e informazione e deinfibulazione con medici, ostetriche e mediatrici cultaurali.
-Sardegna;
– Clinica Universitaria, Cagliari: presidio ospedaliero che si occupa di formazione degli operatori, ricerca,
prevenzione e informazione e deinfibulazione con medici chirurghi, ostetriche, infermieri e psicologi.
-Puglia:
– ospedale di venere, Bari: presidio ospedaliero che si occupa di formazione degli operatori, prevenzione e
informazione e deinfibulazione con medici e mediatori culturali.
-Toscana:
– Ospedale Careggi, Centro di Riferimento Regionale per la Prevenzione e la Cura delle MGF: presidio
ospedaliero che si occupa di formazione degli operatori, prevenzione e informazione e deinfibulazione con
ginecologi, infermieri, psicologo e sociologo.
8. La Lombardia e Milano
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Nella regione Lombardia, quattro sono le strutture principali che si occupano del tema delle MGF, tutte situate sul
territorio milanese. Le prime due sono due associazioni che compiono ricerche e si occupano di informazione e
formazione sul tema:
– Osservatorio Regionale ORIM, via Copernico n.1, Milano. Tel.026787791: qui si possono trovare ricercatori
esperti della tematica.
– Associazione ADIR, via Pancrazi n.10, Milano. Tel0277404486: qui possiamo trovare psicologi e mediatrici
culturali esperti.
Le altre due sono presidi ospedalieri che si occupano di formazione degli operatori, prevenzione e informazione e
deinfibulazione con ostetriche, ginecologi, psicologi e mediatrici culturali:
– A.O. S,Paolo: Centro per la salute e l'ascolto di donne immigrate e dei loro bambini
– A.O. S.Carlo Borromeo: Centro per la salute e l'ascolto di donne immigrate e dei loro bambini.
-L’Associazione CRINALI è un’associazione di donne, fondata a Milano nel 1996, che promuove iniziative e progetti
di ricerca, formazione e cooperazione internazionale.
-Il NAGA è un'associazione di volontariato laica e apartitica che si è costituita a Milano nel 1987 allo scopo di
promuovere e di tutelare i diritti, non solo delle donne ma di tutti i cittadini stranieri.
CONCLUSIONI
Per concludere è necessario riassumere i risultati ottenuti nello svolgimento delle interviste. Innanzi tutto l'utilizzo
dell'intervista come metodo per affrontare l'indagine ha permesso agli operatori ad essa sottoposti di misurarsi con la
difficoltà di un'osservazione del tutto soggettiva di un'argomento in cui è poco lo spazio lasciato all'oggettività. In
particolare, trattandosi per lo più di operatori di sesso femminile, la risposta aperta lasciava spazio anche alla messa in
gioco di una sfera più intima, su cui ogni professionista crea il suo modo di affrontare le questioni delicate come le
MGF.
I risutati della ricerca però dimostrano che la conoscenza del fenomeno da parte degli operatori è superficiale e si limita
a ciò che si pensa dovrebbe essere fatto piuttosto che su evidenze scientifiche che guidano la condotta.
L'approfondimento di aspetti della pratica fondamentali al fine di un buon approccio assistenziale è presente solo in
qualche raro caso.
Nel confronto tra le conoscenze dei diversi operatori coinvolti emergono alcuni punti che necessitano di una
schematizzazione:
1) si nota una sostanziale differenza tra operatori sanitari che lavorano in una struttura ospedaliera e quelli impegnati nei
Consultori. Infatti questi ultimi hanno dimostrato una preparazione migliore supportata anche dalla partecipazione ad
iniziative più recenti promosse dalle ASL.
2) le conoscenze appaiono invece abbastanza uniformi tra gli operatori impiegati negli stessi ambiti: coloro che
lavorano in ospedale hanno livelli di conoscenza molto simili da cui emerge qualche professionista più preparato, e lo
stesso vale per gli operatori dei Consultori.
3) l'età degli operatori e gli anni di esperienza lavorativa sono fattori discriminanti per la conoscenza, in particolar modo
tra le ostetriche: infatti le interviste hanno dimostrato una maggiore conoscenza da parte di operatori più esperti rispetto
alle professioniste più giovani. Questo può dimostrare come nel corso degli anni di lavoro prima o poi ci si scontri con
9
il fenomeno e la constatazione della reale presenza di donne portatrici renda consapevoli della necessità di una
preparazione adeguata.
4) il punto 3 suscita anche un'altra riflessione: è vero che in questi anni la presenza delle MGF è in calo ma è
interessante notare come pochi siano gli operatori che non hanno avuto almeno un'incontro con una donna escissa. Con
gli anni di esperienza dunque la possibilità di trovarsi di fronte a questi casi aumenta.
5) le differenze e le analogie non si ritrovano solo tra le figure professionali coinvolte ma anche negli aspetti del
fenomeno trattati. Infatti, la divisione dell'intervista in paragrafi ha permesso di notare che ci sono gruppi di domande in
cui le risposte sono più corpose e sviluppate mentre altri limitati a poche righe. Ad esempio si nota come i paesi a
tradizione escissoria siano nel complesso abbastanza conosciuti mentre in ciò che riguardo il diritto e la legislazione
quasi tutti gli operatori dimostrano scarsa preparazione.
Queste constatazioni dimostrano la buona riuscità dell'indagine il cui scopo era ricercare il livello di conoscenza degli
operatori sanitari in merito alle mutilazioni genitali femminili, ma non emergono i risultati attesi. Infatti anche se il
campione su cui la ricerca si concentra non è ampio rende un buon quadro di come alcuni professionisti impegnati in
percorsi che hanno come protagoniste le donne si ritrovino abbastanza impreparati di fronte alla problematica.
L'ostetrica, come espresso nel suo profilo professionale, partecipa ad interventi di educazione sanitaria e sessuale sia
nell'ambito della famiglia sia nella comunità. È all'interno di questa sua mansione, prima che ancora che nell'assistenza
alla gravidanza e al parto che si introduce l'ambito delle mutilazioni genitali femminili. Per fare ciò è necessaria però
una specifica formazione che le permetta di avere padronanza dell'argomento.
Come già ribadito in precedenza nei paesi a tradizione escissoria si stanno compiendo dei passi avanti nella formazione
di operatori lottino contro la perpetuazione delle pratiche mutilatorie, prima fra tutte la levatrice e l'ostetrica. Questo
fatto si scontra un pò con i risultati emersi dalle interviste, in particolare in quelle degli operatori ospedaliere, in cui si
comprende che sono davvero poche le iniziative tese alla formazione del personale sul tema.
La problematica delle MGF, come dimostrato, è molto presente nel nostro paese e di questo gli operatori sono
consapevoli ma proprio per questo dovrebbero dimostrarsi pronti ad accoglierlo nei servizi sanitari.
Gli stessi servizi hanno un ruolo fondamentale nella prevenzione e nella cura delle MGF. Nella ricerca riportata nel
capitolo 7, sui servizi che il territorio offre alle donne, infatti la prima cosa che si può notare è che non tutte le regioni
sono attrezzate ad affrontare il problema delle mutilazioni nell'utenza, nonostante i dati dimostrino che tutte le regioni
sono coinvolte in questa tematica.
Analizzando in particolare la situazione della regione Lombardia e del territorio di Milano, si può dire che ci si trova in
una delle regioni dopo l'Emilia Romagna, più pronte ad accogliere questo problema. Infatti la presenza di centri che si
occupano in maniera specifica delle donne immigrate e delle problematiche che portano con sè è importante anche per
l'assistenza alla donne escisse. Il lavoro che però in queste strutture andrebbe incrementato è sicuramente quello che
riguarda la creazione di una rete coordinata di servizi collegati tra loro, che servirebbe a sensibilizzare maggiormente
anche gli operatori.
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