La Sindrome HELLP: descrizione di tre casi che

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La Sindrome HELLP: descrizione di tre casi che
La Sindrome HELLP:
descrizione di tre casi che hanno richiesto
interventi terapeutici mediante plasmaferesi
Lidia Cametti, Pierfranco Caputo, Giovanni Gambelunghe,
Massimo Rossetti, Cesare Gambelunghe
Servizio di Immunoematologia e Trasfusionale/Centro Regionale di Riferimento per i Trapianti
Azienda Ospedaliera di Perugia
The Authors describe three HELLP syndromes in
patients of Perugia's Hospital. In all cases,
therapeutics choices with plasmapheresis are been
necessary.
Besides, the Authors report various therapeutic
methods, related to severity of clinic symptomatology
and laboratory data.
The Authors present an etiopathogenetic hypotesis
related with patient immunological response useful
for successive studies.
Parole chiave: sindrome HELLP, plasmaferesi.
Key words: HELLP syndrome, plasmapheresis.
Nel 1982 Weinstein1 descriveva una sindrome che
si era presentata verso il termine della gravidanza,
con presenza di emolisi, piastrinopenia ed aumento
delle transaminasi sieriche.
Tale patologia fu definita dallo stesso Autore "Sindrome HELLP" (Hemolysis-Elevated Liver enzymesLow Platelet counts).
Kuhn e Coll. precisarono che la sindrome HELLP
era una entità patologica che si differenziava dalle sindromi gravidiche con ipertensione in quanto lo stato
ipertensivo non era sempre presente2.
La HELLP è frequente nei casi con pre-eclampsia
(circa 10% dei casi) ed in madri di età superiore a 28
anni multipare, che avevano presentato in precedenti
gravidanze complicanze gestosiche, aborti, morti
endouterine del feto1,3,9,10. In genere, però, la sindrome
non si presenta in successive gravidanze nella stessa
donna3,4.
Ricevuto: 30 aprile 1998 - Accettato: 12 giugno 1998
Corrispondenza:
Dott. Cesare Gambelunghe
Via 20 Settembre,166
06124 PERUGIA
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In casi più rari, si possono presentare disfunzioni
respiratorie che solo in parte possono essere ricondotte
allo stato anemico che si è instaurato4-6.
La sindrome è talvolta preceduta dalla presenza
nel plasma di bassi valori di antitrombina III7 e da
aumento della fibronectina8.
I sintomi clinici con cui la HELLP si manifesta,
per lo più con esordio brusco, sono rappresentati da
dolori epigastrici con nausea e vomito, aumento della
bilirubinemia a reazione indiretta e, più raramente,
da gengivorragie, ematuria ed enterorragia.
Nello striscio di sangue, è presente schistocitosi e
si nota un aumento dei reticolociti. La ricerca di
autoanticorpi sugli eritrociti risulta negativa e così pure
nel siero, eccezion fatta per i casi in cui può coesistere una alloimmunizzazione materno-fetale.
I bassi valori di antitrombina III, quando presenti,
possono complicare il quadro per l'instaurarsi di una
coagulazione intravascolare disseminata2, che rimane, comunque, evenienza rara.
È, invece, sempre presente piastrinopenia marcata, con valori che possono essere inferiori anche a
20.000 elementi per µL e tale decremento non è in
relazione con altrerazioni midollari o induzione
farmacologica.
L'aumento delle transaminasi sieriche, sempre presente, è correlato al danno epato-cellulare, rilevabile
ecograficamente e mediante biopsia epatica, dove viene
messa in evidenza una microangiopatia diffusa, che
si può instaurare anche in altri organi ed è alla base
delle sindrome iperemolitica. Sulla genesi di tale patologia a carico delle pareti dell'endotelio, le opinioni
sono ancora discordi (radicali liberi, PGI 2)6.
Per rendere possibile una maggiore conoscenza
della HELLP nelle varie possibili manifestazioni, vengono riportati, nella presente pubblicazione, tre casi
LA TRASFUSIONE DEL SANGUE vol. 44 - num. 1 gennaio-febbraio 1999 (38-41)
Sindrome HELLP: trattameno con PE
clinici che hanno coinvolto nell'assistenza clinica il
nostro Servizio, dal momento che la gravità delle sindromi ha richiesto interventi di plasmaferesi
terapeutica e supporto trasfusionale.
Caso 1
Paziente primigravida a termine, di anni 24.
Ricovero ospedaliero per edemi diffusi agli arti
inferiori, oliguria. Veniva sottoposta a taglio cesareo
e dopo 10 ore cominciava a presentare crisi convulsive,
oliguria sempre più marcata, stato ipertensivo, nausea con vomito.
- AST = 860 U/L,
- ALT = 820 U/L,
- LDH = 3.950 U/L,
- Bilirubinemia = 6,8 mg/dL,
- Hb = 7,2 g/dL,
- Hct = 22%,
- Piastrine = 37.000/µL.
Malgrado la terapia medica praticata, dopo 8 ore
compariva stato comatoso di I° grado ed aumento della
bilirubinemia indiretta.
In tali condizioni, la paziente veniva trasferita in
Rianimazione e sottoposta a plasmaferesi con
asportazione di 1.880 mL. di plasma dei quali 900
sostituti con plasma omologo. Venivano anche infusi
1.000 mL di una soluzione di albumina umana al 5%.
Già al termine della plasmaferesi e nelle ore successive, la paziente presentava un marcato aumento
della diuresi, con diminuzione dei valori pressori. Dopo
12 ore era perfettamente vigile e cosciente, mentre le
ALT scendevano a 90 U/L e le AST a 82 U/L. Le
piastrine risalivano a 97.000/µL.
Dato il favorevole andamento clinico, non veniva
praticato alcun ulteriore intervento di plasmaferesi.
In XII giornata la madre ed il neonato venivano
dimessi e, dopo un mese, le condizioni cliniche e di
laboratorio erano normali, ai controlli mirati.
Caso 2
Paziente terzigravida di anni 37.
Veniva ricoverata alla XXXIV settimana di gestazione per crisi ipertensive, segni di emolisi intravascolare, elevazione delle AST, ALT, iperbilirubinemia,
crollo dei valori piastrinici e comparsa di crisi
epilettiformi. Era sottoposta a taglio cesareo.
Nel giro di 10 ore la sintomatologia clinica tendeva ad aggravarsi ed i parametri bioumorali presentavano:
- Hb = 4,1 g/dL,
- Hct = 18%,
-
PLT = 24.000/µL,
AST = 2.040 U/L,
ALT = 1.150 U/L,
LDH = 10.500/U/L,
Bilirubinemia = 11,5 mg/dL.
La ricerca di autoanticorpi adesi alle emazie e di
autoanticorpi ed alloanticorpi serici risultava negativa.
La paziente veniva trasferita in Rianimazione e
rapidamente sottoposta a plasmaferesi, con sottrazione di 1.700 mL di plasma e sostituzione con 1.300
mL di plasma omologo + 500 mL di una soluzione di
albumina umana al 5%.
A distanza di 18 ore, le piastrine risalivano a
36.000/µL, AST = 849 U/L, ALT = 830 U/L,
bilirubinemia = 4,5 mg/dL, mentre non si presentavano più crisi convulsive e si determinava un notevole
miglioramento del sensorio.
Il giorno successivo veniva praticata una seconda
plasmaferesi, con scambio di 1.600 mL di plasma.
Dopo 12 ore si otteneva un ulteriore miglioramento
delle condizioni cliniche e dei valori ematochimici, con
PLT = 87.000/µL, AST = 74 U/L, ALT = 62/U/L,
Bilirubinemia = 2,1 mg/dL.
Con tali valori, si decideva di non praticare ulteriori sedute di plasmaferesi ed il quadro clinico continuava a migliorare finchè in XV giornata la paziente
veniva dimessa insieme al neonato che non aveva presentato alterazioni cliniche e di laboratorio.
Caso 3
Paziente di anni 29, secondigravida, al V mese di
gestazione con feto morto ritenuto, senza sintomi clinici e di laboratorio per sepsi.
Al momento del ricovero presentava nausea con
vomito.
- Hb = 4,2 g/dL,
- Hct = 18%,
- PLT = 16.000/µL,
- bilirubinemia = 4,5 mg/dL,
- LDH = 3.420 U.I.,
- AST = 890 U/L,
- ALT = 820 U/L.
La ricerca di autoanticorpi adesi alle emazie e nel
siero risultava negativa.
Per l'instaurarsi di stato soporoso, lesioni
ecchimotiche a carico degli arti superiori e inferiori,
stato ipertensivo con tachicardia sinusale, insufficienza
respiratoria ingravescente con quadro di ARDS, episodio comiziale, la paziente veniva trasferita,da un
Ospedale periferico, presso l'Azienda Ospedaliera di
Perugia.
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L Cametti et al.
Al momento del ricovero i dati sopra riportati venivano confermati, mentre la sintomatologia clinica
mostrava un peggioramento ingravescente, malgrado
la rimozione del corpo fetale.
Dopo il trasferimento in terapia intensiva, veniva
praticato un supporto trasfusionale con 4 unità di globuli rossi deleucocitati e, quindi, eseguita una prima
plasmaferesi, con scambio di 1.800 mL di plasma.
Dopo l'intervento, si otteneva la risalita delle PLT =
36.000/µL, AST = 480 U/L, ALT = 380 U/L.
Nei due giorni successivi, venivano praticate altre
due plasmaferesi, con scambio di 1600 mL. di plasma e associata infusione di immunoglobuline alla dose
di 150 mg/Kg di peso corporeo, finalizzata ad ottenere un significativo incremento numerico delle piastrine10,11.
Tali trattamenti inducevano un rapido miglioramento clinico-ematologico, scomparsa dello stato
soporoso, risalita delle PLT su valori normali e riduzione della bilirubinemia a 1,5 mg/dL. Si otteneva
anche la regressione della sintomatologia respiratoria
e toracica, in IV giornata.
La paziente veniva dimessa in XVIII giornata con
Hb = 11,5 g/dL, PLT = 312.000/µL, bilirubine-mia
totale = 0,6 mg/dL, AST = 22 U/L, ALT = 18 U/L.
I controlli effettuati dopo tre mesi escludevano recidive della sintomatologia.
In tutti i casi descritti, gli interventi di plasmaferesi
sono stati effettuati utilizzando separatori cellulari a
flusso continuo Baxter CS-3000 Plus.
Discussione
I tre casi riportati possono essere descrittivi di condizioni cliniche diverse nelle quali la sindrome HELLP
può manifestarsi, con differente gravità e conseguenti
interventi terapeutici differenziati.
Infatti, tra le complicanze più temibili possono essere annoverate la coagulazione intravascolare disseminata, l'insufficienza renale acuta, l'insufficienza respiratoria anche di grave entità e tali complicanze, da
sole o associate, determinano una mortalità di circa il
2% delle donne affette2.
Vi sono poi casi in cui, per la sintomatologia clinica presentata e per i dati di laboratorio, è difficile
porre una diagnosi differenziale ben definita con la
porpora trombotica trombocitopenica12.
Le complicanze possono riguardare anche il feto,
con morti endouterine e neonatali ma, specie nel nostro terzo caso, possono essere la causa scatenante e
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non la conseguenza della HELLP.
Certamente la sindrome è ad esordio brusco e con
rapida progressione, per cui è necessario porre diagnosi in tempi brevi per poter intervenire in maniera
opportuna. Per questo motivo impegna notevolmente
il personale sanitario per una continua assistenza e
monitoraggio dei vari parametri, tanto che spesso è
preferibile trasferire tali pazienti in Servizi di Terapia
Intensiva o Rianimazione, dove è normale una tale
tipo di assistenza e più facile attuare interventi
terapeutici servo-assistiti.
Sulla etiopatogenesi della sindrome sono state formulate nel tempo varie ipotesi, ma gli unici dati che
sembrano confermati sono quelli relativi a meccanismi immunodipendenti, con stati autoimmuni scatenati da allo ed etero-antigeni, da cui il danno tissutale
soprattutto a carico degli endoteli, con conseguente
ripercussione sugli organi maggiormente vascolarizzati, quali fegato e rene.
Tali anticorpi possono in alcuni casi attraversare
la placenta e determinare nei neonati iperbilirubinemia
non correlata con incompatibilità gruppoematiche
materno-fetali.
I provvedimenti terapeutici hanno un denominatore comune nell'espletamento del parto in qualsiasi periodo di gravidanza, in quanto il ruolo fetale sembra
non secondario nel determinismo della sindrome.
I tre casi riportati appaiono sufficientemente descrittivi per tempi e modalità di insorgenza, per la diversa gravità della sintomatologia e per i provvedimenti terapeutici attuati.
Nel primo caso, si è potuto intervenire tempestivamente e con una sola seduta di plasmaferesi ottenere un rapido miglioramento clinico e dei dati di laboratorio.
Nel secondo caso, nel quale il ricovero non è avvenuto tempestivamente ma solo a sintomatologia
conclamata, l'intervento terapeutico è stato più impegnativo e le sedute di plasmaferesi raddoppiate, per
ottenere lo stesso risultato di un costante miglioramento della sintomatologia.
Nel terzo caso, invece, con feto ritenuto morto, la
gravità della sindrome si è presentata subito al ricovero e in maniera tale da rendere difficile anche una
diagnosi differenziale con la Porpora Trombotica
Trombocitopenica. Tale difficoltà ha comportato un
diverso trattamento nel numero delle plasmaferesi praticate, per la somministrazione di immunoglobuline a
dosi generose11,12 e per la quantità di plasma omologo
trasfuso. Anche il decorso verso la guarigione clinica
si è dimostrato più lento.
Sindrome HELLP: trattameno con PE
È importante sottolineare che in tutte le sedute di
plasmaferesi la quantità di plasma sottratto non è stata mai superiore a 1.800 mL. Tale scelta è derivata
dalle condizioni cliniche e di laboratorio delle pazienti e dei loro volumi plasmatici, con il fine di ridurre il
rischio operativo e la trasfusione di plasma omologo,
preferendo un riequilibrio anche con soluzioni di albumina umana, almeno nei primi due casi.
Sono state, inoltre, riportate le varie modalità di
approccio terapeutico, in relazione alla gravità della sintomatologia clinica e dei dati di laboratorio.
Gli Autori hanno anche avanzato una ipotesi
etiopatogenetica correlata con il tipo di risposta
immunologica delle pazienti, che potrebbe essere utile
quale ipotesi di lavoro per successivi studi.
Bibliografia
Conclusioni
Le nostre esperienze non consentono di rilevare
fenomeni di recidiva della sindrome in gravidanze
successive e, quindi, i fattori genetici predisponenti
invocati1,3 non sembrano trovare conferma. Semmai,
questi possono essere presi in considerazione nel
determinismo della risposta immunologica soggettiva, verso stimoli antigenici presenti.
Tale ipotesi potrebbe essere avvalorata dalle
tipizzazioni HLA effettuate nelle nostre tre pazienti.
Due di queste presentavano l'aplotipo HLA-A1, B8,
notoriamente in linkage disequilibrium nella popolazione e che è correlato con risposte immunologiche
generalmente "High Responder".
La terza Paziente presentava invece un fenotipo
HLA-DR3,4, con strutture quindi significativamente
correlate con sindromi per le quali il meccanismo
autoimmune è provato (Diabete di tipo I14, Artrite
reumatoide, Malattia celiaca, ecc.).
Certamente il piccolo numero di casi non permette
di affermare con certezza tale ipotesi, ma aver trovato tali correlazioni potrebbe essere utile nella ricerca
di meccanismi etiopatogenetici e, forse, per la valutazione del rischio.
Per poterne valutare la reale consistenza sarà, però,
necessaria una casistica molto più ampia, difficile da
realizzare in un unico Centro, data la rarità della sindrome, ma che potrebbe realizzarsi anche con studi
retrospettivi, possibilmente multicentrici.
Riassunto
Gli Autori hanno descritto tre casi di pazienti affetta da sindrome HELLP, degenti presso l'Azienda
Ospedaliera di Perugia. In tutti i casi sono stati necessari interventi terapeutici mediante plasmaferesi.
1) Weinstein L: Syndrome of hemolysis, elevated liver enzymes
and low platelet count: a severe consequence of hypertension
in pregnancy. Am J Obstet Gynecol, 142, 159, 1982.
2) Kuhn W, Rath W., Loos W, Graeff H: Le Syndrome HELLP.
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post-partum, persistent severe HELLP syndrome: a safe alternative to plasma-exchange? Am J Obstet Gynecol, 166, 766, 1992.
12) Gambelunghe C, Rossetti M, Caputo P, et al.: Un caso di porpora trombotica-trombocitopenica: Interventi terapeutici con
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