Recensione rivista Terza Pagina n. 35

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Recensione rivista Terza Pagina n. 35
RECENSIONI
FANTARCHEOLOGIA
È
veramente esistita Atlantide? È vero che a Palenque, nello Yucatan, un
rilievo che risale alla civiltà Maya ritrae un astronauta al
suo posto di pilotaggio? Le piste di
Nazca nel deserto del Perù sono i
resti di un antichissimo aeroporto
frequentato da astronavi spaziali?
Le piramidi sono state costruite
dagli extraterrestri?
Da anni su questi argomenti è in
atto uno scontro tra sostenitori di
teorie “popolari”, spesso sensazionalistiche, e tra coloro che sostengono l’autorevolezza della “cultura ufficiale”. A portare un contributo nella direzione della chiarezza in questo campo arriva il libro di Michele Neri che
state leggendo.
Dopo avere affrontato la cultura fantarcheologica e le
sue caratteristiche, mettendole anche a confronto con la
cultura accademica, il libro affronta una serie di casi celebri, tra cui Atlantide, l’Uomo di Piltdown, la stele di
Palenque, i disegni di Nazca, la mappa di Piri Re’is, la
Pila di Baghdad, l’archeologia “marziana”, le piramidi, i racconti biblici e un interessante approfondimento sulle diverse interpretazioni legate ai manufatti fossili.
L’approccio è quello di confrontare i fatti del passato i dati reali della storia e della preistoria - con le fantasiose interpretazioni del passato elaborate da pseudoscienziati e romanzieri a caccia di best-seller. Per capi-
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re il passato, infatti, è fondamentale inserirlo nel suo contesto.
Per esempio, nella quarta parte, si
demoliscono le affermazioni sempre di gran moda sulle “reali” origini delle piramidi egizie. Come
avrebbero potuto dei semplici esseri umani, si chiede infatti una
schiera di autori amanti del mistero a buon mercato, progettare
e costruire simili capolavori? E,
continuano costoro, quali segreti
sono codificati nelle misure della
Grande Piramide di Giza? Quali
sono le reali connessioni tra le piramidi egizie e quelle mesoamericane? Infine, esiste un potere misterioso nelle piramidi capace di
preservare intatti i cibi e affilare le lame?
Michele Neri presenta le risposte della scienza a queste
e ad altre domande. Esistono prove dirette (pietre,
strumenti da taglio, slitte, rampe) e indirette (dipinti e
resoconti scritti) che confermano come gli antichi egizi avessero sviluppato da soli efficienti tecniche per la
costruzione delle piramidi; le nozioni sulle misteriose
misure della piramide di Giza sono dovute a calcoli errati fatti nell’Ottocento e a tanta suggestione; le similarità tra le piramidi che si trovano in continenti diversi sono dovute largamente a superficialità, in quanto le
differenze nelle tecniche di costruzione e nelle funzioni di tali piramidi rendono minima la possibilità che
possa esistere una connessione storica. Per quanto riguarda il “potere delle piramidi” ripetute prove speri-
RECENSIONI
mentali hanno dimostrato che la forma piramidale
non ha affatto alcun potere speciale nel conservare il
cibo o nell’affilare le lamette da barba.
Ma, per capire quelli che sembrano misteri, occorre rifarsi sempre al corretto contesto in cui gli episodi vanno collocati. Perché gli egiziani costruivano le piramidi? Sono gli stessi egizi a rispondere, per mezzo dei geroglifici rimasti, svelandoci che le piramidi rappresentavano per quel popolo una «scala offerta al faraone per
raggiungere il paradiso».
E cosa dire del famoso “astronauta di Palenque”, un’incisione su pietra che decora il coperchio di una tomba
Maya e che secondo alcuni raffigurerebbe un uomo seduto in una sorta di navicella spaziale?
Potrebbe davvero essere che il coperchio della tomba di
Palenque riproduca effettivamente un uomo che pilota un razzo? La teoria diviene meno plausibile una volta che i vari elementi che compongono l’intero disegno
vengono esaminati separatamente in dettaglio. Prima
di tutto va notato che l’uomo non indossa una tuta
spaziale ma è scalzo e seminudo, a eccezione di un perizoma decorativo e alcuni gioielli. In altre parole, è vestito in un modo tipico, caratteristico della nobiltà
Maya come si pensa che fosse attorno al 700 d.C. Infatti si tratta della tomba del re Maya Lord-Shield Pacal, che morì nel 683 d.C.
Inoltre, la figura non va guardata in orizzontale ma in
verticale, al che si può notare che il “razzo” è in effetti
una forma di arte composita, che incorpora il disegno
di una croce, di un serpente a due teste e di alcune
grandi foglie di granturco. L’intera scena, dunque, è
un’illustrazione religiosa, non tecnologica, ma ciò lo si
comprende bene solo all’interno del giusto contesto
dell’arte Maya.
Al contrario, i vari Von Daniken, Kolosimo e Hancock, presentano oggetti di questo tipo come prove del
fatto che nel passato la terra sarebbe stata visitata dagli
extraterrestri e, furbescamente, ignorano il contesto
storico, religioso, geografico o ambientale che potrebbe rischiare di ricondurre alla normalità le supposte
“anomalie” archeologiche.
L’amico e storico Sergio De Santis si interrogava tempo fa sui motivi del successo delle teorie fanta-archeologiche e si chiedeva se avesse davvero senso combatterle.
«La fantascienza», scriveva De Santis nell’introduzione
di Antichi astronauti di William H. Stiebing Jr., un caposaldo della letteratura scettica sulla fanta-archeologia, «è il sale della nostra piatta epoca, il recupero del
nostro sacrosanto diritto a fantasticare, l’immaginazione finalmente giunta al potere nella carta stampata se
non nella mitica “stanza dei bottoni”. Quel che importa è non confondere la fantascienza con la scienza, il
virtuale con il reale, quello che è con quello che potrebbe essere, il “fatto” con lo stuzzicante giuoco intellettuale dell’if only... Apparentemente si potrebbe anzi pensare che non valga neanche la pena di scaldarsi tanto.
Ma la verità è che questi sconfinamenti dalla sciencefiction alla science-faction (misto di fantasia e realtà presentato non come pura immaginazione ma come ipotesi se non addirittura come realtà) è più pericoloso di
quanto si pensi. È un processo che partendo dal banale “di che segno sei?” ... finisce poi per snodarsi fra energie sconosciute, medicine esoteriche, fenomeni paranormali, civiltà superiori, tarocchi, sedute spiritiche,
incontri ravvicinati di chissà quale tipo, influenze
astrali, presenze aliene nella nostra storia, guarigioni
inspiegabili, amuleti, maghi e altro ancora, finendo
per provocare l’abbandono anche del più elementare
senso critico».
Ecco perché chi diffonde pseudo-misteri non è poi così innocuo come potrebbe sembrare a prima vista e
perché libri come quello di Michele Neri andrebbero
letti da chiunque si avvicini, con ingenuità, a questi argomenti.
Massimo Polidoro
MICHELE NERI
Fantarcheologia
€ 14,00
Cod. 9788866521488
La fantarcheologia, servendosi di abili escamotage interpretativi, cerca di screditare il mondo scientifico e di imporre la diffusione delle proprie teorie riguardanti il passato dell’Uomo.
Atlantide, la Stele di Palenque, la Pila di Baghdad, i geroglifici dell’Altipiano di Nazca, la Carta di
Piri Re’is, passando per la Piramidologia e la rilettura di miti, leggende e persino brani biblici sono
i principali casi di fantarcheologia analizzati e confutati, smontati pezzo dopo pezzo grazie alla metodologia archeologica e all’abilità narrativa dell’Autore.l
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