5 Novembre 2010 Caterina va in città 12

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5 Novembre 2010 Caterina va in città 12
5 Novembre 2010
Caterina va in città
Un film di Paolo Virzì. Con Sergio Castellitto, Alice Teghil, Margherita Buy, Claudio Amendola,
Antonio Carnevale.
Commedia drammatica, Ratings: Kids+13, durata 90 min. - Italia 2003.
L'avventura nella capitale della famiglia Iacovoni: Giancarlo è un insegnante di ragioneria animato da propositi di
riscossa, che tra le pareti domestiche soffoca di complessi la moglie provinciale Agata e spinge la figlia Caterina
a farsi avanti tra le amiche della classe che hanno alle spalle una famiglia rilevante. La ragazzina, col suo
spaesamento ed il suo candore, diviene oggetto di contesa e di rivalità tra Margherita e Daniela, la prima figlia di una scrittrice e di un
noto intellettuale, la seconda rampolla di un importante esponente dell'attuale governo...
Con "Caterina va in città" il regista di "Ovosodo" e "My name is Tanino", Paolo Virzì, ci porta con Caterina, la giovane protagonista
della pellicola, che si trasferisce con la famiglia da Montaldo di Castro a Roma, nella caotica quotidianità della grande capitale, che
sconvolgerà sia la sua esistenza che quella dei genitori.
Questa opera del regista toscano, più che un racconto di formazione, è una galleria di preoccupanti personaggi che costellano l'alta
borghesia romana. Caterina è lo sguardo neutro e ancora incontaminato con cui osserviamo questa realtà deviata e confusa che
sicuramente offre molti spunti comici, ma se si pensa che ciò che viene mostrato ha una certa dose di verosimiglianza ci si deprime
velocemente. In una visione forse troppo manichea e forzatamente politicizzata assistiamo prima al rapporto di amicizia fra Caterina e
una adolescente "comunista" e poi, da contraltare, alle frequentazioni tra la giovane protagonista ed un gruppo frutto delle viscere di
fascisti in fase di rinnegamento. Ovunque si guardi c'è una serie di persone viziate, che hanno perso ogni punto di riferimento e
cercano con il lanternino la vera felicità. Ma il trauma vive purtroppo anche all'interno della famiglia "normale" di Caterina, dove
abbiamo un padre alla ricerca di un briciolo di celebrità ed una madre anestetizzata ed in balia degli eventi che la circondano.
Virzì esagera nelle caratterizzazioni dei personaggi, ma lo fa volutamente per colpire e per interrogarci con più forza su dove stiamo
andando a finire. Il suo film è un'interessante riflessione sulle ultime due generazioni che sembrano aver perso il senso dei valori,
abbagliate come sono dalla notorietà (soprattutto televisiva) e da un'esistenza fatta di eccessi. Ottime tutte le interpretazioni, che
danno solidità alle contraddizioni che vivono nei vari protagonisti; su tutti brilla Sergio Castellitto, colui che più fa ridere e più dà da
pensare.
12 Novembre 2010
Easy Rider
Un film di Dennis Hopper. Con Peter Fonda, Jack Nicholson, Karen Black, Dennis Hopper,
Luana Anders.
Titolo originale . Drammatico, durata 94 min. - USA 1969. - VM 14
Due hippy spacciatori, Billy e Wyatt, viaggiano dalla West alla East Coast a bordo delle loro motociclette,
vivendo alla giornata ed incappando in numerose disavventure. Sul loro percorso, i due amici incontreranno
diversi personaggi singolari, tra cui un avvocato alcolista che li accompagnerà, per un breve tratto, nella loro
avventura.
Quando si parla del road-movie per eccellenza, quando si immagina una colonna sonora in puro stile rock, quando oltre a tutto questo
si aggiunge una realtà sessantottina, droga e razzismo, ci si imbatte contro il muro di “Easy Rider”, diretto da Dennis Hopper. Una
storia scarnificata all’osso viene condita con personaggi di straordinaria bellezza, unici nel loro genere, il tutto messo in viaggio
attraverso le bellezze naturali che vanno dall’arida costa californiana sino alla verdeggiante Florida, dove si incontrano individui e realtà
spaventosamente reali all’epoca.
Il lavoro di Dennis Hopper (regista, sceneggiatore e protagonista) e di Peter Fonda (co-sceneggiatore e co-protagonista), ai tempi, fu
uno schiaffo alle menti del pubblico, un risveglio sotto l’acqua gelida: immagini bombardanti, una cromia in continua evoluzione dal
caldo della terra del deserto al nero pece delle lingue di asfalto. L’accompagnamento musicale è fra i più celebri della storia del cinema
ed, in certi momenti, allo spettatore, per completare l’opera di totale assuefazione agli straordinari quadri naturalistici, mancherebbe
soltanto percepire il vento sul proprio volto, assieme alla terra sotto i propri piedi. L’audacia del giovane Hopper si percepisce sin da
subito: forte è l’influenza del cinema underground e delle nouvelle vague, con inquadrature instabili, montaggio discontinuo e
“saltellato”, passaggi fra una scena e l’altra con “flash” di fotogrammi che anticipano le immagini successive (sentita ispirazione ai film
di Gregory Markopoulos). Hopper gioca con l’attenzione dell’ignaro spettatore, mostrandogli persino a mezzora dalla conclusione uno
scorcio della scena finale. In questo inseguirsi nervoso d’immagini e suoni non manca una forte critica alla società americana, portata
sul banco degli imputati dai dialoghi straordinari al lume del focolare fra Billy/Hooper e George/Nicholson e, soprattutto, dalle poche ma
lapidarie battute dei personaggi di contorno.
I minuti finali sono sconcertanti, uno scioglimento inaspettato ma significativo che riprende la volontà sperimentatrice del cinema
moderno di scioccare lo spettatore, con un passaggio da momenti pacati a risvolti drammatici, in un paio di fotogrammi, assolutamente
imprevedibile. Una straordinaria escursione psichedelica e sociale lungo migliaia di chilometri d’asfalto e natura incontaminata, a bordo
del sogno americano, alla ricerca della tanto agognata libertà made in USA. Un film, un viaggio che non deve assolutamente mancare
nell’esperienza di ognuno di voi.
19 Novembre 2010
Thirteen - 13 anni
Un film di Catherine Hardwicke. Con Evan Rachel Wood, Nikki Reed, Holly Hunter,
Jeremy Sisto, Brady Corbet.
Titolo originale Thirteen. Drammatico, durata 100 min. - USA, Gran Bretagna 2003.
Tracy è una ragazzina di tredici anni che vive con la madre Melanie, parrucchiera a domicilio.
Trascorre il suo tempo perlopiù a studiare, finché non incontra Evie, una sua coetanea orfana di
madre. Le due diventano amiche, ma Evie porterà progressivamente Tracy a compiere tutte quelle
esperienze che un genitore vive come un incubo: sesso orale, droghe, alcol, piercing, lap dance e
cattive compagnie...
I tredici anni sono nella vita di una donna un momento cruciale e lo sanno bene gli odierni genitori,
spaventati dalle insidie a cui sono poste le teenagers: droga, alcool e sesso facile. Non stupisce quindi che il cinema abbia cercato di
indagare più volte in questa fase critica dove la donna prende il posto della bambina. Uno dei lavori dedicato al tema più apprezzati
dalla critica degli ultimi anni è certamente questo “Thirteen”, opera di esordio di Helen Catherine Hardwicke, ex scenografa e regista
del recente fenomeno “Twilight”.
La storia è incentrata attorno alla tredicenne Tracy che, deviata dall’amica Evie, opera un brusco e pericoloso cambiamento di stile
nella propria vita. La Hardwicke segue questo processo di trasformazione attraverso uno stile documentaristico, con la telecamera che
non sta mai ferma e che si accorda così al tumultuoso stato d’animo della protagonista e di chi le sta attorno. Tale regia aiuta
certamente il grado coinvolgimento, ma a tenere vivo l’interesse sono soprattutto le psicologie dei vari personaggi; la sceneggiatura,
scritta a quattro mani dalla Hardwicke e da Nikki Reed (che è poi l’attrice che interpretata Evie), offre difatti figure opportunamente
sfumate ed anche leggermente indecifrabili, caratteristiche che sono proprie di una parte del mondo degli adolescenti. Ma curati sono
anche i profili dei “grandi”, che naturalmente con le loro mancanze non possono non incidere sulla vita dei più giovani: emblematica la
mamma di Tracy, incapace di affrontare sua figlia fino al momento in cui la realtà temuta le esplode sotto gli occhi nel toccante finale.
Lo script si fa inoltre apprezzare per la mancanza di eccessi morbosi (mancano di fatto scene atte solo a scioccare lo spettatore),
scelta che tiene il narrato a distanza di sicurezza dagli stereotipi e sempre vicino al cuore dei personaggi. Ottime le prove attoriali, che
non presentano dislivelli in funzione dell’età: testimonianza di questo sono le nomination ai Golden Globe sia di Holly Hunter che di
Evan Rachel Wood, madre e figlia nel film.
26 Novembre 2010
I Diari della Motocicletta
Un film di Walter Salles. Con Gael García Bernal, Mercedes Morán, Jean
Pierre Noher, Mia Maestro, Rodrigo De la Serna. Titolo originale Diarios de
motocicleta. Avventura, Ratings: Kids+16, durata 126 min. - Argentina,
Brasile, Cile, Perù, USA 2004.
Nel 1952, due giovani argentini, Ernesto Guevara e Alberto Granado, si misero in viaggio per scoprire
la vera America Latina. Ernesto, 23 anni, è uno studente in medicina specializzando in leprologia, e
Alberto, 29 anni, è un biochimico. Il film segue i due giovani mentre scoprono la complessa e ricca
topografia umana del continente latinoamericano.
Il film di Walter Salles (che molti ricorderanno come regista del fortunato Central do Brasil) è una sorta
di atipico road-movie, dove il viaggio non simboleggia la fuga dalla realtà o dal quotidiano, ma funge da
formazione di una coscienza politica e civile; un'esplorazione avventurosa alla scoperta dell'America latina che permette ai due giovani
amici di riappropriarsi delle proprie origini, e di scoprire se stessi toccando con mano una realtà fatta di povertà, arretratezza,
ingiustizie e soprusi storici. Il ritratto dei due giovani amici è struggente anche se a volte ostentatamente "giovanilistico", e l'immagine di
Guevara è quella di un giovane inquieto, con un profondo senso della giustizia e dell'onestà ma politicamente ancora privo di
formazione, se non di una forma spontaneistica e terzomondista di approccio alla realtà. Questo elemento, che a molti farà storcere la
bocca (erroneamente, visto che le riflessioni dei protagonisti, per quanto selezionate, sono tratte dai loro rispettivi libri sull'esperienza)
è probabilmente la forza di un film che rifiuta fortunatamente di proporci un'immagine mitizzata ed eroica del rivoluzionario che sarà,
illustrando le sue ansie, i suoi dubbi, la sua incompiutezza ed anche la sua malattia polmonare.
Un consiglio: non fuggite dalla sala appena vedete scorrere i titoli di coda, vi perdereste alcune affascinanti e vere foto del viaggio e il
vecchio, vissuto viso di Alberto Granado.
3 Dicembre 2010
Alpha Dog
Un film di Nick Cassavetes. Con Emile Hirsch, Justin Timberlake, Anton
Yelchin, Sharon Stone, Bruce Willis.
Drammatico, durata 113 min. - USA 2005. –
Johnny Truelove, uno spacciatore di droga si scontra con Jake Muzursky, a causa di un
debito di droga non pagato, i due personaggi dalla forte personalità entrano in collisione e la
situazione precipita velocemente. Dopo una serie di vicende, mentre si dirigono ad una festa
nel deserto, Johnny, insieme alla sua banda, rapisce il fratello più giovane di Jake, per
ottenere in cambio il pagamento di tutti i debiti. Inizialmente, i ragazzi non hanno alcuna
intenzione di far male al quindicenne Zack e lui non ha alcuna coscienza del grave pericolo
che sta correndo.
Nick Cassavetes, regista dell'ottimo "John Q", film del 2002 con Denzel Washington, torna
dietro la macchina da presa per raccontare un vero fatto di cronaca, l'omicidio di un minorenne, successo pochi anni fa, tanto che
alcuni colpevoli del misfatto, tutti adolescenti, soggiornano tuttora nel braccio della morte. Un istant-movie dunque, che attraverso le
vicende narrate tocca alcune tematiche piuttosto attuali, come il degrado di una certa fetta di adolescenti occidentali.
Il regista ricostruisce l'accaduto dettagliatamente, come se si stesse leggendo un articolo di cronaca nera. Alla ricostruzione infatti, a
dare un taglio quasi documentaristico, vi sono inframmezzate alcune interviste post-fattaccio ai testimoni, e alcuni sottotitoli che
indicano nomi e cognomi di tutti i protagonisti. Una narrazione quasi didascalica, che è da una parte un limite del film ma dall'altra
anche un pregio. Se difatti il racconto manca in alcuni punti di ritmo e di enfasi, con situazioni inutilmente dilungate, la meccanicità con
la quale ci conduce all'assurdo e crudo epilogo, sottolinea e amplifica con efficacia la puerilità delle varie motivazioni e situazioni che
portano all'efferato gesto. Ed è proprio tal puerilità l'elemento più interessante e sconcertante della pellicola: dietro ai comportamenti
dei protagonisti non c'è difatti razionalità o emotività, semplicemente stupidità e incoscienza. D'altronde cosa ci si può aspettare dai
rappresentanti di una generazione senza punti di riferimento, che beve e fuma in continuazione, ed è perennemente inconsapevole
delle proprie azioni?
Un'opera dunque che sa far pensare e che lascia un forte amaro in bocca, con un'accusa chiara del regista alla leggerezza con cui la
società odierna permette alle future generazioni di "vivere" nei più svariati modi, condivisibile ed apprezzabile, e non bacchettona.
Buoni i vari interpreti, fra cui un Justin Timberlack che non inficia lo spettacolo, e Sharon Stone e Bruce Willis nei panni di due "tipi" di
genitore agli antipodi, parti piccole ma significative.