Schiller e il romanticismo tedesco
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Schiller e il romanticismo tedesco
Appunti Letteratura italiana 10/10 5^O Schiller e il Romanticismo tedesco Il Romanticismo tedesco è il primo a nascere e spicca notevolmente poiché si sviluppa su un livello più alto rispetto agli altri romanticismi europei, in quanto viene teorizzato con grande attenzione anche sul piano filosofico. Occorre inoltre ricordare che, quando il Romanticismo arriverà in Italia e in Francia, non troverà lo stesso terreno fertile che aveva trovato in Germania e saranno pochi i testi tedeschi letti, tanto in lingua originale quanto in traduzione. La domanda centrale, pilastro di tutta la discussione romantica, riguarda principalmente due aspetti: il ruolo del poeta ed il rapporto che intercorre tra uomo e natura. In particolare per rispondere alla seconda questione è necessario ribadire come, nell’ottica del tempo, l’unione tra uomo e natura venisse considerata ormai perduta e come, proprio a causa di questa profonda frattura tra l’io e il mondo, fossero entrate in crisi le idee riguardo l’uomo e la sua posizione, portando il singolo a porsi la domanda: “Appartengo a questo mondo o ne sono estraneo?”. Inutile tentativo di ricongiungimento con la natura Nel brano «Il poeta e la natura», tratto dall’opera “Über naive und sentimentalische Dichtung” di Schiller, vediamo come il tanto cercato ricongiungimento con la natura sia il vero fondamento della poesia romantica. La nostalgia dell’infanzia ormai perduta, intesa come periodo in cui si vive a stretto contatto con la natura, fa riferimento al mito del “bon sauvage” di Rousseau, il cui rapporto immediato con la natura rende meno netta la dicotomia tra sensi e ragione. Se Kant infatti considera ormai perduta l’unità delle due facoltà conoscitive, per Schiller invece l’uomo deve sempre tendere ad essa, pur essendo consapevole dell’impossibilità da parte sua di restaurarla. L’armonia nel passato: lo stato di natura e la Grecia antica Una totale armonia con la natura viene individuata nella condizione di vita “primordiale” e nel mondo greco: la spontaneità del rapporto con il mondo, data dal fatto che l’uomo stesso era natura, si manifesta agli occhi dei romantici principalmente in due modi: in primo luogo non si sentiva presso gli antichi la necessità di domandarsi nulla riguardo il rapporto con la natura nè tantomeno di verbalizzarlo, in contrasto con quanto avviene nell’Europa del XIX secolo; inoltre l’equilibrio naturale era chiaramente riflesso nelle opere classiche. Questa perfezione antica viene riconosciuta tanto dai romantici quanto dai neoclassici, che, come avviene in tutti i secoli, interpretano il passato secondo i propri punti di vista e le proprie esigenze. Per i neoclassici coevi, infatti, il perfetto connubio tra uomo e natura si è espresso in forme artistiche altrettanto perfette, in grado di rappresentare l’ideale di bellezza: in quest’ottica i greci raggiunsero anche quegli ideali di perfezione e massima armonia la cui origine è nel mondo delle idee e a cui dobbiamo sempre tendere. Similmente, durante il Romanticismo si ha una visione idealizzata dell’età classica, in quanto espressione di un mondo in cui l’uomo non si trova mai ad essere in conflitto con la natura a causa di mediazioni culturali e tecnologiche, tipiche invece dell’Ottocento: i latini e, ancor più i greci, sono immersi in quella natura in cui affonda le radici ogni sentimento e sono in grado di contemplarla nella sua perfezione e bellezza, per poi elaborarla in opere grandiose. Ma per il Romanticismo non esiste un'unica Bellezza di cui l'arte delle diverse epoche sia emulatrice, bensì ogni epoca deve ricercare la propria bellezza, che affonda le sue radici, ragioni e criteri solo nell'età contemporanea, dunque nella storia. Autori come Foscolo e Hölderlin provano una forte nostalgia per quest’epoca di antica perfezione e, infatti, vediamo come proprio quest’ultimo, in un’opera, chiamerà Diotima, come la maestra di Socrate, la donna amata, che verrà pregata dal poeta affinché lo aiuti a ritrovare quell’armonia ormai perduta.1 Il poeta, la poesia sentimentale e la “Sehnsucht” Tuttavia il continuo vivere porta ad un ulteriore allargamento della frattura, mentre l’animo nel profondo continua a desiderare il recupero di quella perduta armonia con il mondo; tra queste due condizioni contrapposte si pone quindi l’opera dei poeti. I poeti Romantici devono sforzarsi di penetrare nel mistero della natura, di entrare in un mondo enigmatico e dare poi vita ad una poesia capace di trasmettere questo sentimento di inappagabile ricerca di una passata unione. Essi, lavorando nella consapevolezza della vanità 1 http://www.filosofico.net/Antologia_file/AntologiaP/PLATONE_%20AMORE%20E%20FILOSOFIA %20%28SIMP.htm per il brano del Simposio Appunti Letteratura italiana 10/10 5^O del loro tentativo, si impegnano per rimarginare la ferita, facendo tendere la loro arte all’infinito ed alla natura. Si dice, appunto, “sentimentale” la poesia che fa della dicotomia IO-NATURA il proprio oggetto: l’aggettivo “sentimentale” non aveva all’epoca l’attuale significato di espressione di emozioni e sentimenti, ma per i teorici del Romanticismo tedesco era piuttosto la capacità di pensare e sentire contemporaneamente. In un contesto romantico, dunque, il termine sentimentale indica allo stesso tempo la capacità di elaborazione ideale di tutti gli aspetti che provengono dal mondo e la capacità di pensare, fatto che dimostra come razionalità e sensibilità siano inestricabilmente legati, integratori l’uno dell’altro: infatti, mentre nei pensieri razionali si ha il riconoscimento della separazione, nei sentimenti si rivela il dolore per la separazione stessa e l’intenzione di una riunione impossibile. In particolare la parola tedesca “Sehnsucht” (struggimento, dolorosa brama; da suchen = cercare), intraducibile se non con complesse perifrasi, esprime l’unione di sensibilità, consapevolezza intellettuale, nostalgia, dolore, ansia di infinito e continuo desiderio di riunione. L’uomo è alla continua ricerca di un’unità perduta a cui egli tende, ma che una volta venuta meno diventa irraggiungibile, cosa di cui l’uomo stesso è consapevole. Tensione verso l’infinito ed effetti sull’arte Se la poesia antica può raggiungere la perfezione del finito, riuscendo, con un’opera finita, a ricondurre ad un’idea infinita, il poeta moderno può tuttavia aspirare ad un’approssimazione dell’infinito. I poeti antichi sono quindi in grado di realizzare opere che riconducono alle idee (e quindi all’infinito) e per questo vengono dette perfette, in riferimento però ad una perfezione finita: la loro è un’opera di semplice riflessione spontanea, motivo per cui vengono chiamati da Schiller poeti “ingenui”. I poeti moderni invece vivono nella consapevolezza della loro condizione di separazione dalla natura che impedisce la realizzazione di opere perfette, motivo per cui si riconoscono insigniti ad altro, più alto compito: con la loro opera devono infatti cercare di penetrare nel profondo dell’infinito e rappresentare l’intenzione di reintegrarsi nel connubio con la natura, pur nella consapevolezza di non poterci riuscire (idea simile a quella degli imperativi morali kantiani); le loro opere tendono per questo all’infinito. Se nel cosmo è percepito un elemento divino, allora questo deve appartenere alla natura e quindi a qualcosa di infinito a cui l’uomo attinge, potendo così superare i rigidi confini del segmento temporale in cui è inscritto. L’uomo, infatti, viene da altro e diverrà altro in quanto parte di un ciclo natural,e e l’essere mortale non preclude quindi la partecipazione della specie all’infinito, ma anzi ne diventa caratteristica fondamentale: l’uomo è un essere finito che fa parte dell’infinito. Ora, se sul piano individuale l'anelito all'infinito si traduce nell'aspirazione (anche di segno religioso) all'infinito, al superamento del limite impista dalla contingenza, all'esplorazione del mistero dell'animo nella sua dimensione oltre il razionale (fantasia, irrazionale, emozione, sentimento, passione, ansia conoscitiva dellignoto ecc.), sul piano collettivo una delle problematiche principali di tutto l’Ottocento romantico sarà trovare un modo di calare l'ideale (che attinge all'infinito) nel reale (la dimensione storica, contingente della nostra esistenza), promuovendo la giustizia e la carità. Sarà, in Italia, il caso di Manzoni; e non si può non fare riferimento, oltr'alpe, a Tolstoj. E' la strada del realismo. I dati più immediati a tal proposito si ottengono dalle arti figurative: l’infinito, nelle pitture del tempo (a esempio Turner), si traduce con la mancanza di definizione, nel tentativo di riprodurre l’indefinito: i contorni vengono sfumati, le linee si perdono, come le forme stesse, i dettagli scompaiono, i colori vengono soppiantati dalla luce che fortissima cancella i dettagli, o dall’ombra e dal buio della notte che, tra sogni, meditazioni e ricordi, riportano ad un mondo onirico in cui fuggire dal razionale e toccare con la mente il mondo della natura. La pittura romantica di stampo realista vestirà di panni antichi ed eroici i protagonisti della contemporaneità.