Per qualche barile in più

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Per qualche barile in più
SITI – anno terzo numero quattro – periodico trimestrale – ott/dic 2007 – Poste Italiane S.P.A. – Spedizione in abbonamento postale – D L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n° 46) Art. 1, comma 1, DCB Ferrara
Per qualche barile in più
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Barocco e idrocarburi in Val di Noto
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“La cultura è un settore d’interesse strategico”
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Il consumo del suolo, un disastro nazionale
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La tutela del paesaggio rurale
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La Spagna accorcia le distanze
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Di “MADRE” ce n’è uno solo
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Un patrimonio da difendere “fedelmente nei secoli”
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Souvenir d’Italie
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La foresta fossile di Dunarobba
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La “Rievocazione storica”
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La città museo di Argirocastro
SITI • OTTOBRE/DICEMBRE 2007 • ANNO TERZO • NUMERO QUATTRO
SITI • anno terzo • numero quattro
ottobre/dicembre 2007 • anno ter zo • numero quattro
TRIMESTRALE DI ATTUALITÀ E POLITICA CULTURALE
Associazione Città e Siti Italiani Patrimonio Mondiale
UNESCO
Siti
Trimestrale di attualità e politica culturale
dell’Associazione città italiane patrimonio mondiale Unesco
ottobre/dicembre 2007 • anno terzo • numero quattro (dieci)
Sede: Piazza del Municipio, 2
44100 Ferrara
tel. 0532 419452 fax 0532 419263
[email protected] - [email protected]
www.sitiunesco.it
Direttore responsabile
Sergio Gessi
Coordinatore editoriale
Fausto Natali
Hanno collaborato a questo numero:
Eduardo Cicelyn, Adriano Cioci, Flavio Cossar, Pio De Giuli, Bruno De
Luca, Fabio De Luigi; Loredana De Petris, Vittorio Emiliani, Nicoletta
Gazzeri, Ilaria Maggi, Antonello Mennucci, Tiziana Serra, Susanna
Tartari, Andrea Tebaldi, Corrado Valvo
Autorizzazione del Tribunale di Ferrara n. 2 del 16/02/05
Progetto grafico e impaginazione
Antonello Stegani
Impianti e stampa
Tipolitografia Italia
Via Maiocchi Plattis, 36 – Ferrara
Si ringraziano Comuni, Province e Regioni per l’invio dei testi e del materiale
fotografico.
Crediti fotografici:
Comune di Alberobello, Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Umbria, Andrea
Bonfatti, Comune di Ferrara, Luca Signorini, Teodor Bilushi, Ufficio stampa Electa,
Susanna Tartari, Adriano Cioci, Comune di Barumini, Giacomo Natali, Flavio
Cossar, Comune di San Gimignano, Maurizio Caselli, Enzo Lattanzi
L’editore è a disposizione degli aventi diritto per quanto riguarda eventuali
illustrazioni non individuate.
In copertina: Firenze
AUTORI E INTERLOCUTORI
Francesco Bandarin - è dal 2000 il Direttore del Centro del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO. Dal 1980 al 1997 è stato Docente di Pianificazione Urbanistica all’Istituto Universitario di
Architettura di Venezia, oltre che consulente di Organizzazioni Internazionali e della Cooperazione Italiana per progetti edilizi e urbanistici nei Paesi in via di sviluppo. Si è anche occupato dei
problemi della salvaguardia di Venezia e della preparazione del Giubileo del 2000 a Roma.
Eduardo Cicelyn - Laureato in filosofia è anche giornalista professionista. Consulente culturale di vari enti pubblici, organizzatore e curatore di diverse manifestazioni dedicate all’arte
contemporanea, autore di saggi su numerosi artisti contemporanei, è stato curatore generale
della rassegna “Annali delle arti” promossa dalla regione Campania nel biennio 2003-2005. Attualmente è direttore generale della Fondazione Donnaregina e direttore del Museo per l’arte
contemporanea di Napoli “MADRE’”.
Pio De Giuli - Laureato in giurisprudenza, già dirigente di un Ente Pubblico, ha fatto del giornalismo – sua passione giovanile iniziata, ancora studente liceale, nell’anno 1956 – un impegno
che lo qualifica tra le più attendibili “memorie storiche” della città di Assisi, dove vive dal 1952.
Cooptato in qualità di socio ordinario dall’Accademia Properziana del Subasio, prestigiosa istituzione culturale attiva in Assisi dal 1516, ne dirige la Rivista trimestrale “Subasio”, giunta al suo
XV anno di vita. Collabora con altre testate in posizione di “free lance”, volontario e gratuito, con
l’unico scopo di far conoscere le innumerevoli manifestazioni di cultura espresse dal territorio.
Loredana De Petris – Senatrice della Repubblica per il Gruppo Insieme con l’Unione Verdi
- Comunisti Italiani. Segretaria alla Presidenza del Senato. Membro della 9ª Commissione permanente (Agricoltura e produzione agroalimentare) e della 13ª Commissione permanente (Territorio, ambiente, beni ambientali). Negli anni ’90 è stata assessore alle Politiche Ambientali e
Agricole del Comune di Roma. Da quest’anno è presidente dei Verdi del Lazio.
Vittorio Emiliani – Giornalista, inviato del “Giorno” e del “Messaggero” che ha diretto per
sette anni. E’ stato deputato e poi consigliere della Rai. Ha pubblicato una quindicina di libri fra i
quali “Se crollano le torri” (Rizzoli) dedicato ai beni culturali. Ha curato per il Touring alcuni Libri
Bianchi su Musei, Beni ecclesiastici, Beni archeologici e Paesaggio. Per Raidue ha realizzato
nel 1989 una inchiesta in sette puntate sui beni culturali. Per alcuni anni ha curato “Bellitalia”
(Raitre). A fine 2005 ha curato la pubblicazione del volume “L’Italia rovinata dagli Italiani” (Rcs),
scritti di Leonardo Borgese (1946-70), con una propria ampia introduzione. Presiede il Comitato
per la Bellezza.
Nicoletta Gazzeri - Ricercatrice e responsabile di progetti di formazione nel settore dei musei
e dei beni culturali presso Fondazione Fitzcarraldo. Ha organizzato e condotto convegni e incontri
sui temi della gestione e della comunicazione museale. Suoi interventi sono disponibili per la lettura
o l’ascolto sui siti della Fondazione Fitzcarraldo (www.risorsebeniculturali.it e www.fizz.it).
Tiziana Serra - Archeologa responsabile del laboratorio restauro reperti archeologici di Barumini dove sono stati restaurati i pezzi provenienti dalle campagne di scavo condotte negli anni
’50 da prof. G. Lilliu a “su Nuraxi” a Barumini ed esposti nel “Polo Museale di Casa Zapata”.
Laureata in Archeologia presso l’Università di Cagliari, ha diretto varie campagne di scavo a
“Casa Zapata”.
Susanna Tartari - Titolare della Casa Editrice T.&T. Da alcuni anni si occupa di studiare il
“fenomeno” della Rievocazione storica, esploso in Italia una quindicina di anni fa. Pubblica un
bimestrale dal titolo RIEVOCARE, un guida alle manifestazioni a carattere rievocativo dal titolo
ERMeS e gestisce il portale internet che porta lo stesso nome della pubblicazione periodica. Si
occupa a tutto tondo dell’ambiente rievocativo, cercando di portare a galla tutti gli aspetti (didattici, di ricerca, sperimentali e di spettacolo). Suo è anche il progetto “Rievocatori per il cinema”,
presentato al Festival del cinema in costume nel 2005.
SITI • SOMMARIO
5 Editoriale
Per qualche barile in più
Le trivelle incombono sul Val di Noto
di Gaetano Sateriale
7 Barocco e idrocarburi,
un matrimonio che non s’ha da fare
L’appello di Corrado Valvo
Sindaco di Noto
8 L’intervista
“La cultura è un settore di interesse
strategico”
Intervista a Francesco Bandarin, direttore
del Centro del Patrimonio Mondiale dell’Unesco
di Fausto Natali
12 Il puntaspilli
Il consumo del suolo, un disastro nazionale
La cementificazione devasta il paesaggio
di Vittorio Emiliani
16 Primo piano
La tutela del paesaggio rurale
Un patrimonio inestimabile di storia,
cultura e natura sta soccombendo
di Loredana De Petris
20
31st World Heritage Committee Session
La Spagna accorcia le distanze
Italia a mani vuote, per la prima volta dal 1992
di Andrea Tebaldi
26 Assisi
I preziosi codici dell’archivio di San Rufino
Un imponente giacimento documentale a
disposizione della comunità
di Pio De Giuli
30 Musei italiani
Di “MADRE” ce n’è uno solo
Un museo fortemente radicato nella storia
culturale di Napoli
di Ilaria Maggi
32 Un’opportunità per incontrare l’arte
con naturalezza
Il direttore Eduardo Cicelyn presenta il
Museo d’Arte Contemporanea Donnaregina
36 Alberobello
Di trullo in trullo alla scoperta di “Arbor Belli”
Il riconoscimento Unesco,
un punto di arrivo ma anche di partenza
di Bruno De Luca
40
Istituzioni
Un patrimonio da difendere
“fedelmente nei secoli”
Gli “angeli custodi” dei beni culturali
a cura del Comando CC Tutela Patrimonio
Culturale
44
Barumini
Casa Zapata,
un museo che “poggia” sulla storia
Uno degli spazi espositivi più visitati della
Sardegna
di Tiziana Serra
48 L’analisi
Souvenir d’Italie
Il merchandising per i musei e i beni
culturali
di Nicoletta Gazzeri
54
San Gimignano
Calce e cocciopesto per un intonaco
a regola d’arte
I restauri nel cortile del Palazzo Comunale
di Antonello Mennucci
58 Italia da scoprire
La foresta fossile di Dunarobba
Il territorio di Avigliano Umbro custodisce
un luogo di eccezionale interesse
di Adriano Cioci
62 In evidenza
Riscoprire il passato per capire il presente
Il valore culturale ed economico della
“Rievocazione storica”
di Susanna Tartari
68
Reportage
Un diamante di pietra nel sud dell’Albania
La città museo di Argirocastro
di Fabio De Luigi
72
Aquileia
I mosaici gnostici della Basilica di Aquileia
Le prime tracce del Cristianesimo friulano
di Flavio Cossar
76 Associazione
Con il vento in poppa
La rete italiana delle città Unesco cambia
nome e continua a crescere
78 Brevi
Notizie dall’Italia e dal mondo
EDITORIALE
LE TRIVELLE INCOMBONO SUL VAL DI NOTO
PER QUALCHE BARILE IN PIÙ
di GAETANO SATERIALE
Presidente Associazione Città e Siti Italiani Patrimonio Mondiale Unesco
Noto
videntemente le lunghe bat taglie culturali contro l’abusivismo
e gli scempi paesaggistici non hanno proprio insegnato niente. Non sono stati suf ficienti decenni di devastanti aggressioni al territorio, in nome di modernizzazione e progresso, per
far assimilare la consapevolezza che il patrimonio ar tistico,
culturale e naturale è la risorsa più preziosa del nostro Paese, la principale “materia prima” di cui disponiamo. Le grandi
potenzialità economiche dei beni culturali possono essere dispiegate solo
investendo su di essi, coniugando tutela e promozione, valorizzando il carat tere molecolare del sistema territoriale, non cer tamente disseminando il
Val di Noto di pozzi petroliferi. La notizia del parziale via libera del Tar di
Palermo alle trivellazioni in questo straordinario angolo di Sicilia, quando
sembrava che il pericolo fosse scongiurato, ci ammonisce a non abbassare
la guardia e a non farci cadere vit time dell’illusione che basti abbat tere
un paio di “eco-mostri”, cosa peraltro pregevolissima, per ritenere di aver
sconfit to la cultura dell’abusivismo legalizzato, autorizzato o tollerato che
sia. In un periodo di gravi dif ficoltà per i bilanci degli enti locali, la tentazione di incamerare qualche milione di euro in royalties è molto for te,
ma non giustifica la svendita di un patrimonio dell’umanità. Alle comunità
locali, una volta che le società petrolifere hanno terminato la “spremitura”
del territorio, alterandone irrevocabilmente le carat teristiche ambientali e
sociali, rimane davvero poca cosa. Investire tante risorse, umane ed economiche, nello sviluppo petrolifero significa impoverire quelle at tività che
storicamente, hanno costituito l’asse por tante di tut ta l’economia siciliana
per abbracciare improbabili nuovi “miracoli italiani”. Un evidente anacronismo che non meriterebbe neppure un commento, se le trivelle non incombessero sul Val di Noto. Occorre ribadire con forza che il “turismo petrolifero” è un set tore che non ci interessa e che l’energia positiva che deve
zampillare dai nostri territori è quella delle testimonianze storico-ar tistiche
e dei paesaggi, non quella degli idrocarburi. Pensare di barat tare
unesco • associazione città e siti italiani patrimonio mondiale
anno terzo • numero quattro • ott/dic 2007 www.sitiunesco.it
L’APPELLO DEL SINDACO DI NOTO
Siracusa
il tardo barocco siciliano con qualche
barile di greggio è un’operazione strategicamente sciagurata. Significa non aver
capito il valore di un patrimonio culturale
e naturale ben tutelato e ben gestito. Gli
esempi positivi non mancano, pensiamo
agli sforzi che sta compiendo Siracusa
per ripopolare un centro storico svuotato dall’industrializzazione di Priolo e di
Augusta. E quanto sta fruttando, anche
economicamente, la promozione turistica di quel sito Unesco. L’impor tante è
non commettere gli stessi errori del passato. Gli strumenti per impedire che questo dissennato progetto prosegua nella
sua corsa devastatrice esistono, ma
serve una chiara e precisa volontà politica, a livello locale e nazionale, che si
faccia interprete dello sdegno di tutti gli
italiani. Questo è ciò che intende fare la
nostra Associazione, schierandosi compatta a fianco del sindaco Corrado Valvo
nella difesa del Val di Noto e contro ogni
tentativo di inseguire miraggi economici
del tutto estranei alla naturale vocazione
di un territorio che l’Unesco ha inserito
nel Patrimonio Mondiale dell’Umanità.
Quella per la salvaguardia dell’integrità
del Val di Noto è una battaglia culturale
contro un modello di sviluppo che non ci
appar tiene. Una battaglia che ci riguarda
tutti, nessuno escluso.
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INTERVISTA A FRANCESCO BANDARIN,
DIRETTORE DEL CENTRO DEL PATRIMONIO MONDIALE DELL’UNESCO
“LA CULTURA È UN SETTORE
D’INTERESSE STRATEGICO”
di FAUSTO NATALI
i è da poco conclusa la 31esima sessione del World Heritage
Committee ed abbiamo voluto
chiedere a Francesco Bandarin,
da sette anni al vertice del Centro
del Patrimonio Mondiale dell’Unesco, di tracciare un breve bilancio
di questo importante appuntamento. Ovviamente,
non potevamo farci sfuggire l’occasione per sottoporgli anche alcune domande di carattere generale ed affrontare questioni di più stretta attualità,
come le trivellazioni in Val di Noto e l’inquinamento
dei centro storici.
Quest’anno la riunione del Comitato del Patrimonio Mondiale si è svolta a Christchurch in
Nuova Zelanda. Com’è andata?
La 31esima Sessione ha mostrato, ancora una
volta, la forza della Convenzione del Patrimonio
Mondiale. Erano presenti oltre 130 delegazioni
nazionali (si noti che il Comitato é composto da
21 Paesi), senza contare le organizzazioni non
governative che operano per la protezione del Patrimonio culturale e naturale. Sono stati iscritti 22
nuovi siti nella Lista del Patrimonio Mondiale, ed
esaminati 161 rapporti sullo stato di conservazione dei siti iscritti. Per la prima volta, un sito è stato
cancellato dalla Lista: si tratta del santuario del-
l’Orice Arabo, un sito naturale dell’Oman, privato
del suo valore eccezionale da un decreto che ha ridotto del 90% il territorio protetto, e dalla caccia e
dal bracconaggio che hanno ridotto la popolazione
dell’Orice a poche unità. È un caso grave sul quale
occorrerà riflettere per evitare che si ripeta. Sono
state affrontate, infine, numerose questioni di politica generale e di gestione della Convenzione, tra
cui i rapporti con le altre Convenzioni Unesco, il
miglioramento dell’assistenza tecnica, l’organizzazione del Secretariato.
L’Italia, a suo avviso, si impegna a sufficienza nella difesa del proprio patrimonio culturale?
Direi proprio di sí, anche se nessuno é perfetto!
In Italia la conservazione del patrimonio ha
una grande importanza politica ed economica, e
nonostante le sue imperfezioni il nostro sistema di
tutela resta un modello a scala internazionale.
Semmai é da chiedersi quanto l’Italia si stia
preparando alle sfide future, dalla crescita del
turismo mondiale al cambiamento climatico, che
avranno un grande impatto sul patrimonio.
Parliamo di un caso di attualità: il Val di
Noto. Le trivellazioni possono mettere a rischio
il riconoscimento Unesco?
Le trivellazioni, non le prime davvero, poiché
l’ENI ne ha già fatte molte in quel territorio, indicano una direzione di sviluppo. Ed è un
Paestum
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modello esattamente contrario a quello che il Val
di Noto ha scelto da alcuni anni, basato sul patrimonio, sul turismo culturale, sulle produzioni di
qualità. Che cosa c’entra il petrolio?
Se si dovesse iniziare una vera e propria operazione estrattiva ci sarebbero gravi impatti e
l’Unesco non potrebbe non intervenire.
La cultura può veramente ricoprire un ruolo
importante nell’economia di un Paese?
Sí, la cultura - nel senso lato del termine - é
un settore economico di interesse strategico. Dobbiamo naturalmente includere nella definizione non
solo la fruizione culturale, ma anche la produzione.
In alcuni paesi questo é diventato uno dei settori di
maggiore importanza economica.
Il finanziamento della cultura è una questione complessa che comporta, a volte, qualche
rischio. Che ne pensa?
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Non vedo rischi se il finanziamento alla cultura
é legato a obiettivi strategici di valorizzazione delle
risorse umane e del patrimonio culturale. I rischi di spreco e di inefficienza - ci sono quando manca
una visione del futuro. E poi bisogna sempre più
pensare al finanziamento in modo complementare
tra settore pubblico e privato.
Quali sono i progetti Unesco che ritiene più
riusciti?
L’Unesco ha un ruolo fondamentale nelle situazioni di crisi, di conflitto, quando i governi non sono
in grado di garantire la protezione del patrimonio.
I nostri successi principali negli anni recenti sono
stati la conservazione del Minareto di Jam in Afganistan, la ricostruzione del ponte di Mostar (con
l’Italia e altri partner). Tra quelli in corso, citerei la
ri-erezione dell’Obelisco di Axum e il Piano di conservazione della Città Vecchia di Gerusalemme.
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Ora una domanda difficile, almeno per il Direttore del Centro del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO. Secondo lei, quale sito meriterebbe
di essere inserito nella WHL, ma non è ancora
riuscito nell’intento?
É difficile rispondere, perché un sito deve essere esaminato in dettaglio prima di poter dire se
merita o no. L’Italia ha già iscritto quasi tutte le
principali città storiche e i siti archeologici maggiori. Mancano invece i paesaggi culturali, di cui é
ricchissima. Punterei su quelli.
Addizionali, tasse di scopo, pedaggi, ticket
d’ingresso, supplementi, pollution charge, road
pricing… è questa la strada giusta per difendere
le città da traffico e smog?
Io sono veneziano e sono abituato a camminare per andare a casa mia. Non posso quindi non
condividere una lotta a fondo contro l’automobile
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nei centri storici. Bisogna convincere la gente (con
le buone o le cattive) a utilizzare i contesti storici in
modi compatibili con la loro struttura, la loro storia
e la loro qualità. Ci sono ottimi esempi in Italia in
questo campo (Siena, Perugia, ecc.), ma anche
molte situazioni insufficienti (Roma, Napoli, ecc.).
Qual è il suo giudizio su iniziative mediatico-spettacolari come le “Nuove sette meraviglie”?
L’Unesco ha espresso chiaramente la sua critica a questa iniziativa di stampo puramente mediatico, che volgarizza il tema del Patrimonio e lo riduce a oggetto di una gara di bellezza, un concorso a
punti! Veramente abbiamo bisogno di meglio!
Speriamo che queste iniziative muoiano con la
stessa velocità delle pubblicità televisive e che si
torni a un discorso serio sui valori del patrimonio e
della sua conservazione.
Venezia
unesco • associazione città e siti italiani patrimonio mondiale
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IL PUNTASPILLI
LA CEMENTIFICAZIONE DEVASTA IL PAESAGGIO,
LIGURIA E CALABRIA GUIDANO LA CLASSIFICA DEI VIZIOSI
E L’ITALIA RETROCEDE NELLE GRADUATORIE INTERNAZIONALI
IL CONSUMO DEL SUOLO,
UN DISASTRO NAZIONALE
di VITTORIO EMILIANI
ualunque viaggiatore del Grand
Tour, ma anche di mezzo secolo fa soltanto, si metterebbe le
mani nei capelli al vedere come
è stata ridotta tanta parte dei
paesaggi italiani. E pensare che
Wolfgang Goethe parlava, rapito, del nostro paesaggio come di una “seconda
natura” che, per mano di autentici artisti, aveva
arricchito la natura originaria. Goethe riprendeva un’espressione folgorante, se ben ricordo, di
Averroè il quale parla, rispettivamente, di una natura naturans, quella primordiale, e di una natura
naturata, modificata dall’uomo.
L’italiano di oggi è riuscito nella bella impresa
di divorare, nell’ultimo mezzo secolo, coprendola
di cemento e di asfalto, una superficie libera, cioè
un tempo a bosco, a prato, a pascolo, a coltivo,
grande quanto l’intera Italia Settentrionale, oltre
12 milioni di ettari. E nell’ultimo quindicennio
questo “sprawl”, questo generale disordine edilizio, ha accelerato la propria corsa, con villettopoli
e fabbricopoli (a cui si aggiunge ora commerciopoli), per cui nelle maggiori aree metropolitane è
sparita ogni discontinuità fra città e campagna.
Chi scende in aereo su Venezia, si rende conto,
raggelato, che la verde campagna veneta è stata
quasi completamente inghiottita fra Padova, Mestre e Treviso. Per non parlar sempre e soltanto
di Napoli. O di Palermo.
Nell’ultimo quindicennio poi il consumo di
suolo, e quindi di paesaggio, ha viaggiato in Italia
al ritmo di 244.000 ettari all’anno. A quale regione va il triste primato? Sembra incredibile, ma va
alla già tanto costruita e cementificata Liguria
per la quale negli anni ’60 Giorgio Bocca parlò di
“Lambrate sul Tigullio”. Essa ha consumato quasi
la metà dei suoli ancora liberi da costruzioni e
infrastrutture: il 45,55 per cento. Seguita a grande distanza dalla derelitta Calabria col 26,13 per
cento (più i suoli “mangiati” dall’edilizia abusiva).
Al terzo posto l’Emilia-Romagna dove si sta costruendo tanto e non solo sulla costa. A pari demerito con la Sicilia, dove, come Calabria e Campania, a questo già drammatico bilancio vanno
aggiunte le aree occupate da case abusive, costruite persino sulle spiagge. Ma non scherzano
neppure Lazio, cioè Roma, Piemonte, Lombardia,
tutte sul 18 per cento, e i verdeggianti Abruzzo e
Molise (entrambi oltre il 17 per cento). Le meno
peggio? Basilicata con le Province autonome di
Bolzano e di Trento. Montagne aiutando. Ma pure
lì si moltiplicano gli allarmi per gli alpeggi distrutti
o manomessi.
L’andamento della popolazione non giustifica
un simile delirio edificatorio. Gli italiani aumentano di poco e soltanto per effetto dell’immigra-
zione. E tuttavia la casa è una emergenza. Segno
che questa marea di gru alzate ovunque non va
a soddisfare i bisogni primari di chi, giovane italiano e/o immigrato, cerca un alloggio, magari in
affitto. I nove decimi di questa edilizia ammazza-paesaggi formano una edilizia di speculazione, sono seconde e terze case. Non prime case,
per lo più. Con un caro-prezzi rovente. Del resto,
l’edilizia sociale è riprecipitata in Italia al 4 per
cento di antica memoria contro percentuali superiori al 20-30 di Paesi altamente sviluppati e civili
quali Olanda, Francia, Gran Bretagna o Svezia. In
questo quadro risulta quasi azzerata nel nostro
Paese l’offerta di case in affitto, importante, al
contrario, in tutta l’Europa avanzata dove si privilegia la mobilità e non si costringono le giovani
coppie a tirare la cinghia per decenni al fine di acquistare un appartamento concentrando in esso
ogni possibile risparmio e sacrificando
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altri consumi, a partire da quelli culturali.
Inoltre, mentre i Comuni investono, soprattutto quelli maggiori, nel trasporto pubblico, in particolare su quello che viaggia su ferro, gli stessi
Comuni – con qualche resipiscenza a livello regionale – largheggiano nella politica urbanistica
a favore dei centri commerciali e delle multisala
cinematografiche. Una contraddizione costosa e
paradossale. Da una parte si invitano i cittadini
a lasciare a casa l’auto privata per avvalersi del
mezzo pubblico, ma dall’altra li si spinge ad usare
la stessa auto per andare a fare grosse spese o
a vedere film nella fascia metropolitana. Da una
parte si dice di voler salvare un tessuto, qualificato s’intende, di negozi e di piccoli supermercati,
di autentiche boutiques alimentari, di cinema,
nel cuore delle città servendo così una clientela
spesso anziana, dall’altra, a forza di centri commerciali e di multisala, si concorre a far chiudere i
piccoli esercizi e i cinema dei quartieri centrali.
Anche in questo caso la politica del territorio
ne viene scassata in maniera brutale accelerando
il consumo di suolo ai bordi delle aree già urbanizzate e cancellando sempre più la campagna.
Un autentico cappio attorno al collo. In Gran Bretagna la lotta allo sprawl, al consumo di suolo, è
in corso addirittura dalla fine degli anni ’30. Là,
afferma il famoso architetto sir Richard Rogers
(di famiglia triestina e nato a Firenze), che è stato
il gran consulente di Tony Blair, il 70 per cento
delle nuove costruzioni avviene, per legge, in quel
Paese all’interno di aree già edificate, di aree ex
industriali per esempio. Nella sottopopolata Francia il dibattito è pure molto vivo. In Germania esistono già leggi per economizzare il consumo di
suolo evitando il dilagare insensato e suicida di
cemento & asfalto. Basta seguire qualche tappa
del Giro d’Italia di ciclismo e poi del Tour de France per vedere, dagli elicotteri di servizio, quanto
siano ordinate le campagna francesi o belghe e
quanto siano ormai invase dall’edilizia quelle italiane. Un autentico disastro nazionale.
Come porre rimedio a questo laissez faire che
dissipa, oltre tutto, la “materia prima” fondamentale di una attività ormai primaria come il turismo
internazionale? Non cito dunque a sostegno ragioni culturali, ma soprattutto ragioni economiche. Si può e si deve rimediare con una buona,
rigorosa, saggia politica urbanistica. La quale,
nella perdurante assenza di una legge-quadro nazionale, è affidata essenzialmente alle Regioni le
quali dovrebbero combinare politica del territorio
e tutela paesaggistica e ambientale. Ne hanno infatti le competenze.
Purtroppo alcune Regioni, la Toscana nel
modo più rigido, hanno sub-delegato i Comuni
nella tutela paesaggistica. Un errore grave. Intanto perché, come ancora prescrive l’articolo 9
della Costituzione, è “la Repubblica”, cioè Stato,
Comuni ed Enti locali armonicamente, a tutelare
il paesaggio. Poi perché i Comuni vivono un forte
conflitto di interessi essendo da una parte portati
(anche dalle restrizioni nei trasferimenti erariali)
a favorire l’attività edilizia la quale porta nelle loro
casse dei bei soldi e dall’altra dovrebbero invece
essere - a ciò sub-delegati dalle Regioni - i rigorosi tutori di quella medesima, lucrosa attività.
Conflitto di interessi in cui prevalgono quelli edilizi. E’ chiaro come il sole che ci vuole una autorità
superiore a vigilare sulla salvaguardia di territorio e paesaggio. In parte c’è, avendo il Ministero
per i Beni e le Attività culturali ancora poteri di
intervento, preventivo e successivo, con le proprie Direzioni regionali e con le Soprintendenze
Veduta sul golfo di Napoli
territoriali di settore. Ma tali interventi dovrebbero essere inquadrati in un contesto di piani
paesaggistici che, per lo più, non ci sono o non
ci sono ancora. Nel senso che la bella legge Galasso del 1985 la quale prescriveva alle Regioni
di redigere piani paesaggistici di dettaglio è stata assai largamente disattesa ed elusa. La Sicilia
non l’ha proprio considerata per niente, e si vede
dal massacro in atto da decenni. Ora il Codice
per il Paesaggio, varato da Urbani e migliorato,
va detto, da Buttiglione, prevede che le Regioni
italiane “possono”, non devono (e questo è un
punto assai debole), redigere piani paesaggistici assieme ai Ministeri dei Beni culturali e della
Tutela dell’Ambiente. Entro il maggio 2008. Ottima occasione per dimostrare al mondo (anche
a quello del turismo internazionale preoccupato
dai nostri regressi e imbruttimenti) che siamo
ancora un Paese saggio che ama e cura il patrimonio strepitoso, pur se intaccato, dei propri
paesaggi. I primi sintomi però non sono incoraggianti. La Regione Toscana, anziché dar corso ad
un piano paesaggistico prescrittivo, ha votato,
con alcuni aperti dissensi, un Piano di Indirizzo
Territoriale (PIT) fatto essenzialmente soltanto
di “buoni consigli”. In una regione straordinaria,
tanto amata anche all’estero ed ora minacciata
da varie lottizzazioni, a cominciare da quella tristemente celebre di Monticchiello in Comune di
Pienza. La grande agenzia turistica Future Brand
ci assegna ancora il primo posto nel mondo per
le città d’arte, ma ci ha già retrocessi dopo il
decimo per il paesaggio e dopo il quindicesimo
per le spiagge. Continuiamo così e la retrocessione sarà più grave e più penalizzante, anche
sul piano economico.
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UN PATRIMONIO INESTIMABILE DI STORIA,
CULTURA E NATURA STA SOCCOMBENDO
LA TUTELA
DEL PAESAGGIO RURALE
di LOREDANA DE PETRIS
esigenza di un intervento
legislativo per la tutela e la
valorizzazione del paesaggio
rurale italiano1 nasce dalla
constatazione che il processo di consumo e di abbandono del territorio agricolo
nazionale non si arresta ed ha anzi conosciuto nel
decennio trascorso una ulteriore e preoccupante
accelerazione. I dati diffusi dall’Associazione nazionale bonifiche e irrigazione (ANBI) relativi all’evoluzione nazionale della superficie agricola utilizzata
(SAU) è particolarmente illuminante: nel periodo
intercorso fra il 1990 ed il 2003 la SAU si è ridotta
del 20,4% passando da oltre 15 milioni di ettari a
poco più 12, con 3 milioni di ettari (10% del territorio
nazionale) conquistati dalla cementificazione o dai
processi di abbandono e desertificazione. Un analisi
su base regionale dei dati del ‘bollettino di guerra’
aiuta ad interpretare le tendenze in atto: impressionante il calo della SAU nel Lazio (dal 48% al 35%
della sup. regionale), nell’Abruzzo (dal 48%al 27%),
nella Liguria (dal 17% all’8%), nella Campania (dal
48% al 36%), nella Sardegna (dal 56% al 42%) con
un trend che interessa peraltro, anche se in modo
disomogeneo, l’intero territorio nazionale. Ad agire
sono spinte all’urbanizzazione diffusa, che interessano le aree periurbane ma anche comprensori di
grande pregio agricolo, una politica delle infrastrutture disordinata e con crescente impatto territoriale,
e il procedere di fenomeni di marginalizzazione di
aree agricole periferiche, dove le difficili condizioni
di redditività e il forte tasso di invecchiamento dei
conduttori accelerano l’abbandono dell’attività.
A soccombere è un patrimonio di storia, cultura e natura di importanza inestimabile per il nostro
Paese. Una secolare evoluzione che ha incontrato
condizioni particolarmente favorevoli nella diversità
geografica, litologica, climatica e biologica della penisola, dando sostanza a quelle ‘cento agricolture’
e a quella pluralità e qualità dei paesaggi rurali ammirata dai viaggiatori di tutto il mondo fin dal secolo
XVIII, arricchita dalla varietà delle tipologie dell’architettura rurale regionale. Non si può non sottolineare in questo contesto il ruolo insostituibile degli
agricoltori nel determinare la straordinaria ricchezza
di forme del ‘Bel Paese’, laddove è stato l’ingegno e
la capacità di adattamento dell’attività produttiva ad
ambienti naturali a volte ostili a consentire la strutturazione del mosaico delle campagne italiane. Un
mosaico ancora vivo nel quale si leggono però i segni di una riduzione delle caratteristiche identitarie,
della tendenza all’impoverimento delle componenti
arboree, arbustive ed erbacee, dell’abbandono del
pascolo brado e delle colture promiscue.
L’urgenza di agire per la conservazio-
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Ma il paesaggio rurale può
essere anche il volano di un
nuovo sviluppo economico-territoriale, duraturo e sostenibile,
che si va affermando in alcune
aree del Paese. Il riferimento
è a quella offerta integrata di
prodotti agricoli tipici e dell’artigianato alimentare con servizi culturali e di fruizione del
paesaggio che conosce, con
l’agriturismo e il turismo enogastronomico, una importante
fase di crescita nell’attenzione
Paesaggio rurale presso Pienza
degli utenti. L’offerta integrata
di risorse del territorio, che si
ne di questo patrimonio nasce dalla consapevolezza
incentra sulla conservazione attiva e non sul consudel suo carattere multifunzionale che travalica la
mo irreversibile, rappresenta oggi l’unica alternativa
dimensione, pure di eccezionale rilevanza, coneffettivamente praticabile in molte realtà del nostro
cernente il valore estetico e di identità nazionale,
Paese, altrimenti destinate al degrado urbanistico
riconosciuto dal dettato costituzionale. Il mantenio all’abbandono. Le stesse produzioni alimentari di
mento del paesaggio rurale e delle attività che lo
qualità si identificano oggi con sempre maggiore
supportano è la più efficace forma di contrasto del
frequenza con il territorio dal quale provengono, in
dissesto idrogeologico, che interessa attualmente
tutto il mondo la qualità dei sapori italiani, purtroppo
il territorio di 5.500 Comuni, e di prevenzione dei
anche quando è contraffatta, si accompagna con le
processi indotti dal cambiamento climatico ed in
immagini-simbolo dei paesaggi di pregio ed è queparticolare della tendenza alla desertificazione, già
sta una grande opportunità di crescita per il nostro
così evidente in alcune regioni. Il territorio rurale
comparto agroalimentare.
svolge inoltre un ruolo ambientale insostituibile a
Una nuova prospettiva nelle politiche di tutela
partire dai cicli biogechimici, con il mantenimento
e valorizzazione del paesaggio rurale si è del resto
di superfici fotosinteticamente attive che metabolizgià manifestata a partire dal contesto internazionazano l’anidride carbonica e contribuiscono ad amle. L’UNESCO, con l’adozione e l’applicazione della
mortizzare l’effetto serra e con il ruolo di ‘serbatoio’
World Heritage Convention, ratificata in Italia con
della diversità genetica rappresentato dalle varietà
legge 6 aprile 1977, n.184, ha avviato il riconoscivegetali agricole e dalle razze animali autoctone, un
mento, quali parti integranti del patrimonio culturale
patrimonio ancora ricco nel nostro Paese che meridell’umanità, di sistemi di paesaggio profondamenta una politica mirata di protezione.
te modellati dall’attività umana, con i primi esempi
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in Italia costituiti dai comprensori delle Cinque Terre
(1997), della costiera amalfitana (1997) e della Val
d’Orcia (2004). La FAO ha riscoperto il valore per il
futuro dell’alimentazione umana di pratiche agricole
tradizionali che vengono studiate e salvaguardate
con il progetto GIIAHS (Globally Important Ingenious
Agricultural Heritage Systems). L’Unione europea ha
aperto alla firma dei Paesi membri nell’ottobre del
2000 la Convenzione europea sul Paesaggio, quale
strumento di indirizzo per le politiche comuni in materia di salvaguardia, gestione e pianificazione dei
paesaggi, ratificato dall’Italia con legge 9 gennaio
2006, n.14, ed ha adottato nel corso del 2003, nel
quadro della riforma di medio termine della politica
agricola comune, importanti orientamenti innovativi
finalizzati a promuovere il carattere multifunzionale
dell’agricoltura. La scelta di adottare il disaccoppiamento totale degli aiuti e l’ecocondizionalità, nonché
di incrementare progressivamente le risorse per il
‘secondo pilastro’ dello sviluppo rurale, ha aperto la
strada ad un orientamento ormai irreversibile nella
politica agricola europea che pone al centro dell’attenzione la qualità delle produzioni e l’integrazione
con le politiche di sostenibilità ambientale.
Le politiche italiane per il paesaggio rurale
nascono nel segno della separatezza fra la pianificazione urbanistica e gli interventi di sostegno
del mercato agricolo. Una incomunicabilità che
ha coniugato per tutta una fase storica normative
di conservazione statica, peraltro inefficaci, con
interventi prevalentemente rivolti alla politica dei
prezzi, alla specializzazione intensiva e alla standardizzazione delle colture. Più recente è il tentativo di sistematizzare il quadro giuridico in materia,
condotto con l’approvazione del Codice dei beni
culturali e del paesaggio (decreto legislativo 22
gennaio 2004, n.42), e l’avvio di esperienze innova-
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tive di integrazione riconducibili alla pianificazione
paesaggistica regionale e ad alcuni piani di assetto
delle aree naturali protette, in un quadro generale
comunque inadeguato a fronteggiare le dinamiche
di erosione del paesaggio rurale. Di notevole interesse in questo campo anche alcune iniziative di
regolazione concertata, avviate in collaborazione
fra enti locali e categorie rappresentative del mondo agricolo, fra le quali si segnala in particolare
la “Carta per l’uso sostenibile del territorio rurale
del Chianti”, recentemente ufficializzata, e il “piano
regolatore delle Città del Vino”, un compendio di
linee metodologiche per la pianificazione nei Comuni a forte vocazione viticola, promosso dall’Associazione “Città del Vino”.
Il disegno di legge che ho presentato nel maggio scorso muove dall’assunto che la storicità del
paesaggio rurale debba essere considerata una
risorsa preziosa per il futuro e che occorra dedicare maggiore attenzione alle condizioni concrete di
esercizio di quelle attività di conduzione agricola a
cui tuttora è affidata la manutenzione del 40% del
territorio nazionale e la sopravvivenza di alcuni dei
contesti ambientali più rappresentativi del Paese. Un
obiettivo che si può perseguire solo determinando
la convergenza delle politiche urbanistiche, agricole
e fiscali verso una strategia comune e avviando una
più proficua sinergia nell’azione dei molteplici attori
istituzionali competenti, in grado di determinare un
salto di qualità nelle politiche nazionali e locali per la
tutela del paesaggio.
Note
1 La senatrice De Petris ha presentato nel maggio
scorso il disegno di legge n. 1600 “Disposizioni per la
tutela e la valorizzazione del paesaggio rurale”, NdR
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ITALIA A MANI VUOTE, PER LA PRIMA VOLTA DAL 1992
LA SPAGNA ACCORCIA LE DISTANZE
di ANDREA TEBALDI
L’Opera House di Sydney
entidue. Sono i nuovi siti iscritti
nella World Heritage List nel
corso della 31esima sessione
del Comitato del Patrimonio
mondiale riunitosi recentemente a Christchurch in Nuova Zelanda. Ventidue nuovi ingressi
(16 culturali, 5 naturali e 1 misto), distribuiti tra i 5 continenti, che vanno ad arricchire una Lista Unesco che
ora comprende 851 siti: 660 culturali, 166 naturali e 25
misti, situati in 184 paesi.
Nella riunione è stata presa anche una decisione
storica: per la prima volta un sito è stato rimosso dalla lista. Si tratta dell’Arabian Oryx Sanctuary1 in Oman
poiché “non se ne è salvaguardato il patrimonio universale eccezionale”. Il Sultanato della penisola arabica ha
infatti ridotto del 90% la dimensione dell’area protetta,
violando, in questo modo, le Direttive Operative della
Convenzione.
Il Comitato ha provveduto, inoltre, ad iscrivere tre
nuovi siti nella Danger List (beni in pericolo): le Isole
Galapagos (Ecuador), il Parco Nazionale Niokolo-Koba
(Senegal) e la città archeologica di Samarra (Iraq) che,
parallelamente all’ingresso in lista, è stata immediatamente inserita tra i beni a rischio. E’ stata anche approvata l’estensione per il sito naturale “Jungfrau-Aletsch
Bietschhorn” (Svizzera), iscritto nel 2001, la cui superficie passa a 82.400 ettari dai 53.900 precedenti.
Da notare che le due candidature italiane non sono
andate a buon fine e che, pertanto, il vantaggio sulla
Spagna si è ormai ridotto ad una sola lunghezza (41 a
40). Le Dolomiti, come sito naturale, e la Valnerina e
le Cascate delle Marmore, come sito misto, non sono
riuscite, infatti, a superare i rigidi vincoli imposti dai
meccanismi Unesco. La cascata, in particolare, è stata
bocciata dagli ispettori in quanto alimenta una centrale
idroelettrica ed è spesso chiusa per azionare gli impianti
energetici.
Andiamo ora a conoscere, nel dettaglio, i 22 nuovi
ingressi nella famiglia Unesco iniziando dai sedici siti
culturali, per passare poi ai cinque naturali fino al sito
“misto” del Gabon.
1) Il Porto della Luna di Bordeaux - FRANCIA (criteri2
2,4) Il centro storico della città portuale situata nel Sud-Ovest
della Francia rappresenta un insieme urbano e architetturale di
eccezionale valore di epoca iiluminsitica. La città vede riconosciuto il proprio ruolo storico di millenario centro di scambio,
caratterizzato dai profondi legami con Gran Bretagna e Paesi
Bassi. I piani urbani a partire dall’inizio del XVIII secolo fanno
della città un esempio peculiare delle tendenze classiche e
neo-classiche e le danno unità e coerenza urbana.
2) Il campus centrale della città universitaria dell’Università Nazionale Autonoma del Messico (UNAM) - MESSICO (criteri 1,2,4) Il campus centrale dell’Università, costruito
tra il 1949 e il 1952, rappresenta un esempio del modernismo
del XX secolo. Illustra alla perfezione l’integrazione di urbanismo, architettura, ingegneria, architettura del paesaggio, belle
arti ed è uno dei più grandi simboli della modernità in America
Latina, pur conservando i propri legami con le tradizioni locali.
Il campus, costituito da edifici, impianti sportivi e spazi aperti
è stato realizzato da oltre 60 persone tra architetti, ingegneri
e artisti.
3) Il Palazzo di Galerio a Gamzigrad-Romuliana - SERBIA (criteri 3,4) Questo palazzo fortificato della tarda epoca
Romana e il “Memorial complex” nell’Est della Serbia rappresentano una testimonianza unica della costruzione romana
nel periodo della Seconda Tetrarchia. Fu edificato tra III e IV
secolo su ordine dell’imperatore Caius Valerius Galerius Maximianus ed è conosciuto con il nome di Felix Romuliana dal
nome della madre. Il sito è costituito da fortificazioni, dal palazzo, da basiliche, templi, terme e dal memorial. E’ un esempio di straordinario valore dei tradizionali edifici romani.
4) Il paesaggio culturale di arte rupestre di Gobustan AZERBAIJAN (criterio 3) Il paesaggio culturale di arte rupestre
di Gobustan è stato iscritto per le sue sei mila incisioni e per
le vestigia delle popolazioni e dei siti funerari che testimoniano
un’intensa attività dei luoghi dal Paleolitico superiore sino al
Medioevo. Il sito si colloca su un altopiano roccioso che si
eleva nella regione semidesertica del centro dell’Azerbaijan.
Occupa, nel suo complesso, un totale di 537 ettari
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e si inserisce nella riserva protetta del Gobustan.
5) Le miniera d’argento di Iwami Ginzan e il paesaggio
culturale - GIAPPONE (criteri 2,3,5) Il sito è formato da un
gruppo di montagne ricche di minerali d’argento, che si elevano a circa 600 metri di altitudine nel Sud-Ovest dell’isola
di Honshu, inframmezzate da vallate fluviali. In questo territorio si rintracciano le vestigia archeologiche di miniere, siti di
fusione e raffinazione e villaggi minerari. Grazie alle tecniche
avanzate il sito riusciva a produrre “argento” di alta qualità e in
grandi quantità contribuendo allo sviluppo del Sud Est asiatico
nel XVI e XVII secolo.
6) I diaolou (torri fortificate) e i villaggi di Kaiping CINA (criteri 2,3,4) I “diaolou”, case fortificate dei villaggi di
Kaiping (Guangdong) costruite su più piani, testimoniano una
straordinaria fusione di forme strutturali e decorative cinesi e
occidentali, riflesso del ruolo significativo degli emigrati nello
sviluppo di vari paesi dell’area alla fine del XIX secolo e all’inizio
del XX secolo. Armoniosamente inseriti nel paesaggio agricolo che li circonda, i “diaolou” sono l’apice della tradizione
locale in materia di costruzioni da difesa.
7) I vigneti a terrazza di Lavaux - SVIZZERA (criteri
3,4,5) Estendendosi su trenta chilometri lungo il versante
orientato a Sud delle rive del lago Lemano, le strette terrazzevigneto risalgono all’XI secolo, quando i monasteri benedettini
e cistercensi controllavano la zona. Il paesaggio viticolo di
Lavaux presenta uno sviluppo e un’evoluzione millenaria in un
paesaggio rispettoso delle tradizioni culturali della regione. Il
sito è un esempio di un’interazione plurisecolare tra uomini e
ambiente che riesce ad “ottimizzare” le risorse locali al fine di
produrre un vino molto prestigioso.
8) Il ponte del Gran Visir Mehmed Sokolović di Višegrad
- BOSNIA-ERZEGOVINA (criteri 2,4) Costruito sul fiume Drina
Il Parco del Teide
La collocazione geografica
dei nuovi siti Unesco
alla fine del XVI secolo, il ponte è stato commissionato dal
Grand Visir Mehmed Pacha Sokolovic. E’ un caratteristico
esempio dell’apogeo dell’architettura monumentale e del genio civile ottomano. Contemporaneo al Rinascimento, il ponte, lungo 179,5 metri e con 11 archi, è una delle più importanti
realizzazioni di Mimar Koca Sinan, uno dei più grandi architetti
dell’Impero ottomano. Notevoli la tradizione letteraria e artistica ispirate nel tempo dal ponte.
9) La città vecchia di Corfù - GRECIA (criterio 4) La vecchia città sull’isola di Corfù, al largo delle coste occidentali di
Albania e Grecia, occupa una strategica posizione nel mare
Adriatico. L’inizio della sua storia risale all’VIII secolo a.C. Le tre
fortezze sono servite per quattro secoli a difendere gli interessi
del commercio marittimo della Repubblica di Venezia contro
l’impero Ottomano. Oltre ai forti sono presenti anche costruzioni di stile neoclassico. Corfù rappresenta una città portuale
fortificata del Mediterraneo ed è un esempio eccezionale di
integrità ed autenticità.
10) La fortezza dei Parti di Nisa - TURKMENISTAN (criteri 2,3) Con le fortezze di Nisa entra in “lista” una delle più
antiche e importanti città di quella che fu una grande potenza
tra il III secolo a.C e il III d.C., l’Impero dei Parti. Relativamen-
te poco esplorata, l’area fa emergere nelle sue vestigia una
potente civilizzazione che mescolò la sua cultura tradizionale
a elementi occidentali ellenistici e romani. Situata all’incrocio
di importanti traffici commerciali, Nisa testimonia la forza del
potere imperiale, la sua ricchezza e cultura.
11) Il comprensorio del Forte Rosso - INDIA (criteri 2,3,6)
Il complesso, che deve il suo nome al colore dei muri di cinta,
è stato costruito come il palazzo Fortezza di Shahjahanabad,
la nuova capitale del Shah Jahan (1628-1658). L’imponente
edificio fu costruito ad immagine del paradiso esattamente
così come il Corano lo descrive e costituisce l’apogeo della
creatività mogol. La disposizione del palazzo è di ispirazione
islamica, ma accoglie anche molti elementi di tradizione persiana. La struttura riveste un ruolo di primo piano nella storia
dell’India.
12) Il paesaggio culturale e botanico del Richtersveld
- SUD AFRICA (criteri 4,5) La zona di conservazione della comunità del Richtersveld copre una superficie di 160 mila ettari
di deserti montagnosi nel Nord Ovest del Sud Africa. E’ un
paesaggio culturale di proprietà e gestione comunale. Il popolo Nama conduce uno stile di vita pastorale semi-nomade
trasportando le proprie case di giunco durante le
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31ST WORLD HERITAGE COMMITTEE SESSION
loro migrazioni stagionali. Esiste una forte tradizione orale associata a luoghi e caratteristiche del paesaggio.
13) Il canale Rideau - CANADA (criteri 1,4) Il canale
monumentale che risale all’inizio del XIX secolo si estende su
202 chilometri lungo i fiumi Rideau e Cataraqui, fra Ottawa
e il lago Ontario. Il canale, associato ad un grande sistema
di fortificazioni, è stato costruito a scopi militari nell’epoca in
cui Gran Bretagna e Stati Uniti si contendevano il controllo del
Nord America. Si tratta di uno dei canali meglio conservati ed
è il solo, costruito a quei tempi, ancora operativo oggi.
14) La città archeologica di Samarra - IRAQ (criteri
2,3,4) Samarra, iscritta contemporaneamente nella Lista
del patrimonio mondiale e n ella Danger list, è stata sede
di una importante capitale islamica che regnò sulle province dell’impero Abbasida e che si estendeva dalla Tunisia
all’Asia centrale. La città, situata sulle rive del Tigri, 130
chilometri a nord di Baghdad, rappresenta una testimonianza di innovazioni architetturali ed artistiche sviluppatesi nell’area e diffuse in altre regioni del mondo islamico
e non solo. La grande moschea (IX secolo) è solo uno dei
numerosi monumenti di grande valore del sito.
15) L’Opera House di Sydney - AUSTRALIA (criterio 1)
Inaugurata nel 1973, l’Opera House di Sydney fa parte delle
principali opere architettoniche del XX secolo. Unisce diverse
correnti innovative sia per forma architettonica che per concezione strutturale, integrandosi in un bellissimo paesaggio
costiero nella punta della penisola del porto di Sydney. L’Opera
è composta da tre gruppi di conchiglie “coperte con un soffito
a volta e intrecciate”. L’edificio, accessibile a tutti, è stato progettato dal danese Jorn Utzon e ha avuto una grande influenza
sull’architettura mondiale.
16) Le incisioni rupestri della regione di Twyfelfontein
- NAMIBIA (criteri 3,5) Il sito si caratterizza per le sue straordinarie concentrazioni di sculture su rocce. Più di duemila figure
sono state ritrovate fino ad oggi. La maggior parte delle opere
ritrae rinoceronti, elefanti, struzzi, giraffe e impronte di passi di
uomini e animali. L’iconografia suggerisce che l’arte rupestre
il Carso di Libo, di Shilin e Wulong. Tra i fenomeni naturali
eccezionali le foreste di pietra di Shilin, la foresta di Naigu e
di Suyishan. I paesaggi sono assolutamente peculiari nel loro
genere e incantevoli.
21) Il Parco Nazionale della Teide - SPAGNA (criteri 7,8)
Situato nell’isola di Tenerife, il parco di Teide è stato iscritto come
testimonianza dei processi geologici che hanno caratterizzato
l’evoluzione delle isole oceaniche. Il sito si estende per 18.990
ettari e comprende lo strato-vulcano del Teide-PicoViejo, punto
culminante della Spagna. Alzandosi a circa 7.500 metri dal fondo oceanico, è la terza struttura vulcanica più alta del mondo.
L’eccezionale paesaggio e le peculiari condizioni atmosferiche
danno al paesaggio colori in perpetuo cambiamento.
22) L’ecosistema e paesaggio culturale di Lopé-Ogan-
fosse legata al sistema di credenze dei cacciatori che dominavano la regione. Il sito testimonia le pratiche rituali-economiche delle comunità per circa due millenni. E’ il primo sito della
Namibia iscritto nella World Heritage List.
17) L’isola vulcanica e i cunicoli lavici di Jeju - COREA
DEL SUD (criteri 7,8) Le isole vulcaniche e i tunnel di lava di
Jeju occupano circa 18.846 ettari, ossia il 10,3% della superficie dell’isola di Jeju, il territorio più meridionale della Corea.
Include il Geomunoreum, il più grande esempio di reticolo di
tunnel incavati, il cono di tufo del Seongsan Ilchulbong che si
eleva come una fortezza sul mare in un paesaggio da sogno
e il Mont Halla, vetta più alta della Corea con le sue strepitose
cadute d’acqua. Il sito è una testimonianza della storia e dell’evoluzione geologica della zona.
18) Le foreste primordiali di faggi dei Carpazi - SLOVACCHIA-UCRAINA (criterio 9) Queste foreste sono un bene
transnazionale, comprendente dieci unità separate, che si
estende su un asse di 185 chilometri tra Ucraina e Slovacchia.
Costituiscono straordinari esempi di foreste in un clima temperato e contengono un prezioso serbatoio genetico di numerose altre specie, associate e dipendenti da questo habitat.
19) Le foreste tropicali dell’Atsinanana - MADAGASCAR (criteri 9, 10) Queste foreste tropicali comprendono sei
parchi nazionali collocati lungo il confine orientale dell’isola
e sono di fondamentale importanza per il mantenimento dei
processi ecologici necessari alla sopravvivenza della biodiversità dell’isola. Il Madagascar, grazie ad una storia evolutiva
molto particolare, è un territorio che riveste uno straordinario
valore per quanto riguarda la flora e la fauna. Ospita infatti il
5% delle specie animali e vegetali del mondo, l’80% delle quali
si trovano solo in Madagascar.
20) I Carsi della Cina meridionale - CINA (criteri 7,8) La
regione carsica nel sud della Cina si estende su una superficie
di mezzo milione di chilometri quadrati principalmente nelle
province di Yunnan, Guizhou e Guangxi. Il sito rappresenta
uno dei più spettacolari esempi di paesaggio carsico umido, tropicale e subtropicale. Tre gruppi costituiscono il sito:
da - GABON (criteri 3,4,9,10) Il sito è stato iscritto come misto
“culturale-naturale” ed è il primo del Gabon. L’area presenta una
inusuale interfaccia tra una foresta tropicale densa e ben conservata e un ambiente di savana che accoglie un largo ventaglio
di specie tra cui mammiferi in via d’estinzione. Presenti nel sito
anche tracce di passaggi di diversi popoli che hanno lasciato
residui di villaggi, di attività e di vestigia di arte rupestre.
Note
1 Iscritto nella WHL nel 1994
2 Per una descrizione dettagliata dei criteri Unesco si
veda l’articolo di A. Tebaldi “Dieci criteri per quaranta meraviglie” in «Siti», anno I, numero 2, ott/dic 2005
I dialou di Kaiping
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UN IMPONENTE GIACIMENTO DOCUMENTALE
A DISPOSIZIONE DELLA COMUNITÀ
I PREZIOSI CODICI
DELL’ARCHIVIO DI SAN RUFINO
di PIO DE GIULI
T
ra i 5.786 beni
storico artistici
della Diocesi di
Assisi, finora schedati nell’ambito di un progetto di inventariazione informatizzata
quanto mai opportuno, assommano a ben 1.742 quelli che risultano appartenenti
alla Parrocchia e al Capitolo
della Cattedrale di San Rufino martire (+ nell’anno
235 dopo Cristo), primo
vescovo, evangelizzatore e
patrono della città.
Si tratta di un patrimonio veramente
prezioso che attira, anche dall’estero, studiosi di storia, specialisti di paleografia, uni-
versitari impegnati nella stesura
delle proprie tesi di laurea che
trovano in questo imponente giacimento documentale
(pergamene ultramillenarie,
codici liturgici, catasti, edizioni rare) le notizie che loro
interessano. Spesso lo stato di
conservazione appare degradato e,
malgrado un recente quanto provvidenziale
intervento di accurata spolveratura, per alcuni esemplari si rischia un danneggiamento
irreversibile connesso all’usura del tempo e
alle variazioni termoigrometriche, difficilmente evitabili in locali vetusti, ancorché attualmente ben arieggiati e dotati di moderna
impiantistica di sicurezza.
Si giustifica quindi l’impiego di risorse
pubbliche specificamente finalizzate alla
conservazione e tutela di questi beni; ma gli
interventi necessari sono talmente numerosi da richiedere la collaborazione di privati
(soggetti singoli o collettivi) che includono
nelle rispettive finalità questo nobile scopo. In questa ottica si colloca una recente
iniziativa del Rotary che, in occasione della
sua visita ufficiale al Club di Assisi , ha visto il cav. Luciano Pierini, Governatore del
Distretto Rotary (2090) – che comprende
Abruzzo, Marche,Molise, Umbria e Albania –
riconsegnare alla cattedrale di Assisi, e per
essa al Priore del Capitolo mons. Oscar Battaglia, due preziosi “codici” membranacei
restaurati dalla Ditta SAM Restauro di Fiano
Romano secondo il progetto avviato congiuntamente da Gino Costanzi (Prefetto del
Club) e da Francesco Santucci, responsabile
dell’Archivio, ed approvato e verificato dalla
Sovrintendenza Archivistica dell’Umbria.
L’evento ha assunto particolare solennità per la prestigiosa cornice della Sala della
Conciliazione, sede protocollare del Palazzo
Municipale, e per la presenza dell’Arcivescovo mons. Domenico Sorrentino e del Sindaco Claudio Ricci i quali, dai rispettivi punti di
vista, hanno manifestato vivo apprezzamento per l’iniziativa assunta, che si configura
come confortante segno di sensibilità rivolto
al patrimonio storico della comunità.
Infatti, con questo ulteriore segno di attenzione verso l’ingente giacimento culturale ed artistico della città serafica, il Rotary
conferma la sua vocazione al “servizio” nei
confronti della comunità che, per merito di
questo evoluto mecenatismo, recupera la
piena fruibilità di due esemplari unici di arte
libraria minuziosamente elencati dal canonico Don Mariano Dionigi (1880 – 1962) nel
suo inventario manoscritto redatto nel 1955
-1956, rispettivamente ai numeri 1 e 13.
Il primo testo è un “Antifonario” di grandi
dimensioni (cm 57 x 39) databile al secolo
XIV, composto da 544 pagine impreziosite
da eleganti iniziali in rosso e blu (i colori di
Assisi) con arabeschi e da 19 codici miniati
(di probabile attribuzione alla Scuola di Oderisi da Gubbio e alla Scuola senese di San
Gemignano) tra i quali spiccano la Natività,
la Strage degli Innocenti, il Giudizio Universale. La legatura con tavolette di cuoio
nero e borchie di ferro è datata “adì, 11 di
maggio 1613 – Io, Marco Guiducci, romano,
relegai”. Il possesso del libro da parte del
Capitolo di San Rufino può essere attestato
almeno dal 1643, anno in cui era Maestro di
Cappella don Timotello Timotelli da Gubbio
che ha lasciato una sua traccia ben visibile
sulla prima carta di guardia posteriore. La
datazione risale invece ad un periodo compreso tra la seconda metà del XIV
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secolo e l’inizio del XV quando le grafie testuale e musicale (gotica rotunda italiana e
notazione quadrata su tetragramma rosso)
erano ormai standardizzate.
Attingendo a questo prezioso manufatto il
padre Maurizio Verde, Ofm (Direttore del Coro
dei Cantori di Assisi) ha cantato in purissimo
“gregoriano”, insieme ad un confratello del suo
Ordine, alcuni brani liturgici molto apprezzati
dall’affollato uditorio che ha potuto rendersi
meglio conto della finalità del testo e del modo
in cui veniva utilizzato nelle celebrazioni comunitarie dai Canonici di San Rufino.
Il secondo volume è un “Messale a due
colonne in rosso e nero, con iniziali semplici, privo di miniature”, che risulta acquistato
nell’anno 1338 per la Confraternita di Santo
Stefano per interessamento di fr. Simone
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d’Arquata – Visitatore – per
il prezzo di 7 fiorini d’oro e
40 soldi, raccolto tra i confratelli e con il concorso di
molti oblatori esterni, tutti
elencati in un foglio aggiunto
anteposto ai testi liturgici che
occupano 247 fogli (per un
totale di 494 facciate) in pergamena del formato di cm.
22 x 30 tenuti insieme da una
legatura in pelle con impressioni a secco. Erano appena
sorte anche in Assisi (1316)
fraternite di “Verberati”, cioè
di persone che praticavano la
flagellazione, volendo unire
alla preghiera la mortificazioUn carticolo
ne e l’espiazione. Alla metà
del sec. XIV nel territorio urbano se ne contavano 11 e di queste la più antica era appunto
la Confraternita di Santo Stefano, che si era
dotata di “lectiones” per l’anno liturgico e di
raccolte di preghiere in volgare assisano.
Nel corso della cerimonia di riconsegna dei codici restaurati, è stato presentato dallo storico Attilio Bartoli Langeli
un “quaderno” esplicativo di 60 pagine,
contenente scritti di Mario Squadroni (Sovrintendente Archivistico dell’Umbria), di
Rosella Martinelli (curatrice del restauro),
di Fabrizio Mastroianni (musicologo) e di
Francesco Santucci i quali hanno messo
in luce l’importanza dell’intervento. Dalla
pubblicazione, per gentile concessione
degli editori, sono tratte le illustrazioni che
corredano questo scritto.
La Basilica Superiore
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UN MUSEO FORTEMENTE RADICATO
NELLA STORIA CULTURALE DI NAPOLI
DI “MADRE” CE N’È UNO SOLO
di ILARIA MAGGI
l MADRE di Napoli, all’anagrafe
Museo d’arte contemporanea
Donnaregina, è uno straordinario esempio di spazio artistico
pubblico che, per il contesto
urbano in cui è inserito, diventa possibile luogo di riqualificazione territoriale. Nasce nel
giugno 2005 secondo un progetto di recupero del palazzo Donnaregina firmato
da Alvazo Siza. L’edificio, risultato delle
stratificazioni storiche che hanno interessato tutto il quartiere tra la fine del XVI
ed il XVII sec., è costituito da due parti:
una costruita intorno al 1862, l’altra, di
impianto probabilmente seicentesco, fortemente trasformata alla fine del XIX sec.
Il complesso presenta una composizione
formale elegante e molto caratteristica
dell’edilizia napoletana della seconda metà
dell’Ottocento. 8.000 mq su cui il maestro
portoghese ha operato tramite un lavoro
di “sottrazione”, di sensibile rispetto degli
ambienti e dei materiali originari da godere
però con nuove interpretazioni. All’interno,
per tutti i piani, è stata ripristinata la sequenza - ideale per un percorso espositivo - di stanze regolari disposte intorno al
cortile. Al piano terra è stata realizzata una
grande sala polifunzionale per esposizioni
o attività culturali varie, nascosta alla vi-
sta esterna perché ricavata al di sotto del
cortile assecondando i dislivelli esistenti e
scavando in una piccola porzione di superficie. Una grande cura è stata posta nello
studio dell’illuminazione, degli impianti e
delle soluzioni di dettaglio dove l’architetto, cerca di scomparire il più possibile alla
vista in modo da lasciare visibilità solo alle
opere degli artisti. Con l’estate 2007 sono
infine stati aperti al pubblico gli ultimi spazi del Museo: il ristorante, il wine bar e gli
ambienti espositivi del secondo cortile e
nell’adiacente Chiesa Donnaregina appena
restaurata.
Nei primi due anni di attività, con il passaggio di 53.000 visitatori nel solo 2006,
il MADRE gestito dalla SCABEC S.p.A., società campana per i Beni Culturali, ha proposto un programma espositivo molto intenso. Mostre personali dedicate ad artisti
italiani e internazionali - Jannis Kounellis,
Bruce Nauman in collaborazione con la Tate
di Liverpool, Vedovamazzei, Rachel Whiteread trasferita in seguito al CAC di Malaga,
Marisa Merz, Piero Manzoni, – così come
omaggi ad artisti emergenti, nel panorama
italiano, come Claude Closky o affermati
quali Antony Gormley e Mimmo Paladino
i quali sono stati invitati a proporre installazioni site-specific per l’imponente cortile
interno del MADRE.
L’opera Climb at your own risk di Claude Closky nel cortile interno
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UN’OPPORTUNITÀ PER INCONTRARE L’ARTE CON NATURALEZZA
di EDUARDO CICELYN • Direttore del MADRE
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on volevamo un museo bello e impossibile in periferia. Donnaregina è fondato sulle mura greche. E’ a 50 metri dalla stazione della
metropolitana di piazza Cavour. A 100 metri dal Duomo. A 200 dal
Museo Nazionale. E’ nell’itinerario del turismo internazionale. E intorno c’è la
vita vera della città. Alvaro Siza ha dato anima e corpo a un palazzo storico,
tormentato dal degrado e dagli abusi perpetrati nei secoli e nei decenni scorsi.
Il tocco discreto del grande maestro è visibile a chi sa leggere l’architettura, e infatti ciò che veramente
conta nel Museo Madre è la perfetta distribuzione dei percorsi attraverso i quali il pubblico è condotto
con semplicità a incontrare le opere senza alcun inciampo visivo, con perfetta naturalezza. Che cos’è il
MADRE? Uno spazio molto grande per l’arte contemporanea, articolato e flessibile, tecnologicamente
adeguato alle attuali esigenze espositive. I contenuti del Madre sono già piuttosto noti. Nasce con un’idea
dell’arte contemporanea fortemente radicata nella storia culturale di Napoli. La vocazione del Madre è
di fornire un supporto di conoscenza serio e rigoroso alle giovani generazioni, ai collezionisti e a tutti gli
appassionati di arte contemporanea. La politica espositiva del MADRE non intende spettacolizzare gli
eventi, cerca invece di cogliere gli elementi di continuità e di sviluppo e anche i conflitti che muovono
il mondo dell’arte contemporanea, seguendo una logica di studio e di confronto tra proposte diverse,
anche le più innovative e giovanili.
La sala di Mimmo Paladino
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Le opere di Damien Hirst, Douglas Gordon e Gilbert&George
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Il Museo MADRE ha inoltre aderito a
diverse iniziative in collaborazioni con
enti territoriali quali il Comune, gli Assessorati, le Soprintendenze, le gallerie e le
istituzioni partenopee. Ha partecipato ad
appuntamenti cittadini quali la notte bianca, ha ospitato in accordo con il Teatro
Mercadante il debutto in anteprima assoluta dell’operazione teatrale Good Body di
Eve Ensler, ha organizzato, in occasione
della manifestazione “Civiltà delle donne”,
patrocinata dall’Assessorato regionale alle
Pari Opportunità, la lettura delle poesie di
Patrizia Cavalli e l’esposizione di un nucleo
delle celebri sculture Madri Di Capua prestate dalla Soprintendenza Archeologica
delle Province di Napoli e Caserta. Non da
ultimo il Museo attualmente è diventato
setting per la riprese di un film di Marinella
Senatore con la collaborazione, per le scenografie, degli studenti dell’Accademia di
Belle Arti di Napoli. Un ruolo attivo, quello
del MADRE, di contenitore di eventi grazie
ai suoi eleganti e molteplici spazi, ma anche di istituzione partecipe e propositiva
per l’attività culturale della città.
UN MUSEO CON DEI NUMERI
mq di superficie complessiva (aree espositive, cortili, ser8000
vizi biglietteria, didattica, bookshop, ristorante, bar, uffici,
depositi e locali tecnici); 500 mq di cortile per l’esposizione di grandi instal-
lazioni; 400 mq di cortile occupato da un servizio bar; 4500 mq di spazi
espositivi su 4 livelli; 11 sale al primo piano (opere permanenti di Francesco Clemente, Luciano Fabro, Jeff Koons, Anish Kapoor, Mimmo Paladino,
Jannis Kounellis, Rebecca Horn, Giulio Paolini, Richard Serra, Sol Lewitt,
Richard Long); 18 sale al secondo piano con oltre 100 opere in prestito a tempo indeterminato
concesse dai maggiori collezionisti italiani e stranieri (opere di Carl Andre, Carlo Alfano, Giovanni
Anselmo, John Baldessari, Georg Baselitz, Bernd & Illa Becher, Joseph Beuys, Domenico Bianchi, Ashley Bickerton, Alighiero Boetti, Alberto Burri, Francesco Clemente, Enzo Cucchi, Hanne
Darboven, Gino de Dominicis, Luciano Fabro, Dan Flavin, Lucio Fontana, Gilbert & George, Douglas Gordon, Andreas Gursky, Peter Halley, Richard Hamilton, Damien Hirst, Donald Judd, Anish
Kapoor, Anselm Kiefer, Yves Klein, Jeff Koons, Joseph Kosuth, Jannis Kounellis, Sol LeWitt, Roy
Lichtenstein, Richard Long, Nino Longobardi, Piero Manzoni, Robert Mapplethorpe, Mario Merz,
Marisa Merz, Robert Morris, Bruce Nauman, Claes Oldenburg, Luigi Ontani, Mimmo Paladino,
Giulio Paolini, Giuseppe Penone, Gianni Pisani, Michelangelo Pistoletto, Robert Rauschenberg,
Gerhard Richter, Thomas Ruff, Mario Schifano, Richard Serra, Julian Schnabel, Cindy Sherman,
Haim Steinbach, Thomas Struth, Antoni Tapies, Ernesto Tatafiore, Cy Twombly, Bill Viola, Jeff Wall,
Andy Warhol e Gilberto Zorio).
Le opere di Anish Kapoor e Francesco Clemente
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IL RICONOSCIMENTO UNESCO,
UN PUNTO DI ARRIVO,
MA ANCHE DI PARTENZA
lberobello, una città singolare, ormai famosa in
tutto il mondo per i suoi
trulli, ha una storia, al
tempo stesso, relativamente recente, quanto
alla sua nascita, che risale alla seconda metà del XV secolo, eppure antichissima riguardo alle origini delle sue
caratteristiche costruzioni a trullo. Se è vero
infatti che fu il Conte di Conversano Andrea
Matteo D’Acquaviva, feudatario di questo territorio della Murgia sud-orientale, ad inviare i
primi coloni intorno al 1487 in quella che in alcuni documenti medievali era definita ”Silva aut
nemus arboris belli” allo scopo di disboscare,
dissodare e rendere coltivabili terre all’epoca
completamente boschive, e che questi originari
abitanti/contadini, utilizzando la pietra calcarea
locale, cominciarono a costruire i primi trulli in
pietra a secco, direttamente sulla roccia, senza
fondamenta, con la base tondeggiante o squadrata e con il tetto a forma di cono ricoperto
dalle ”chiacarelle” giustapposte una sull’altra
fino alla chiusura del cono sormontato dal
“pinnacolo”, è altrettanto vero che questi primi
coltivatori, artigiani, ma anche architetti senza
laurea, si ispirarono, per realizzare le loro abitazioni/ricovero, ad un modello costruttivo che
ha origini antichissime in tutta l’area del Mediterraneo. La più antica costruzione a forma di
cono è certamente la tomba di Atreo a Micene
XII sec a.C., detta appunto “Tholos” (cupola),
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DI TRULLO IN TRULLO,
ALLA SCOPERTA DI ARBOR BELLI
di BRUNO DE LUCA
Sindaco di Alberobello
che secondo alcuni linguisti è anche l’etimo
originario da cui si parte per arrivare al termine
attuale “trullo”, secondo un processo di evoluzione linguistica che dal greco antico “tholos”,
al tardo greco “torullos”, al latino “trullus”, si
conclude con l’italiano “trullo”. Conosciuti poi,
sono i famosi trulli della Cappadoccia in Turchia, ed abitazioni, o comunque, costruzioni
abbastanza simili ai nostri trulli sono presenti in diverse aree del Mediterraneo dall’Africa
settentrionale alla Spagna e Francia meridionale per non parlare delle tipiche “specchie”
salentine. I trulli, d’altra parte, nella Murgia
sud-orientale sono diffusissimi sotto forma
di insediamenti sparsi rurali, mentre l’unico
agglomerato urbano completamente a trulli
nacque e si sviluppò tra il XVI ed il XVIII secolo
soltanto sul doppio crinale della selva di Alberobello nel Rione Monti e nell’Aia piccola, dove
sono conservati ancora oggi circa 1400 trulli,
tutelati dall’UNESCO quali Patrimonio mondiale
dell’umanità. Fino al Maggio del 1797, essendo questo borgo rurale di proprietà feudale dei
Conti di Conversano, fu possibile costruire solamente abitazioni a forma di trullo in pietra a
secco, facili da demolire e ricostruire, anche e
soprattutto per evitare che il feudatario si assoggettasse alla “Prammatica de Baronibus”,
legge fiscale del Regno di Napoli. In questi due
secoli di dominio feudale la comunità selvese,
sia pure in condizioni di estrema oppressione
politica e socio-economica crebbe fino a raggiungere i circa 3200 abitanti.
Il 27 Maggio del 1797 finalmente ottenne
la liberazione dalla servitù feudale e fu proclamata città libera a tutti gli effetti con Decreto
del Re Ferdinado IV di Borbone. Fu costruita la
prima civile abitazione non più a secco e non
solo a trullo, la “Casa D’Amore” prima sede del
Consiglio Comunale, si avviò la discussione
sul nome della nuova città e tra “Ferdinandina”, in onore del Re ed Alberobello dal toponimo originario latino “arbor belli”, si scelse
quest’ultimo, si liberarono le energie sociali e
produttive della comunità che soprattutto nel
secolo successivo vide un notevole sviluppo
demografico, socio-economico, culturale, religioso, intorno al culto dei S.S. Medici Cosma
e Damiano, territoriale, con l’annessione dei
circa 2000 ettari della Coreggia e del versante sud del Canale delle Pile, meglio noto come
Canale di Pirro.
Il 1900 è stato prevalentemente il secolo
della scoperta da parte degli esperti, dei viaggiatori, dei letterati e quindi delle Autorità statali del pregio e dell’inestimabile valore storico
artistico monumentale e culturale dei trulli di
Alberobello. Già nel 1915 e poi nel 1930 furono
decretati i primi vincoli di tutela, nel 1939 infine
i trulli del rione monti e dell’Aia pic-
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cola furono vincolati dalla legge sulle
bellezze monumentali, la gran parte del
centro urbano fu perimetrato dal vincolo paesaggistico. Nel secondo dopoguerra anche Alberobello, come tutte
le città dell’Italia meridionale subì un
processo di forte emigrazione verso il
Nord, l’Europa, le Americhe, che inizialmente impoverì l’economia, prevalentemente agricola del paese, negli anni
60 e 70 determinò, grazie alle rimesse
degli emigranti, da un lato una ripresa
dei vari settori produttivi, dall’altro un
progressivo e disordinato sviluppo edilizio a danno dei trulli e della loro tutela.
Negli anni ‘80 l’approvazione del Piano
regolatore generale, del prontuario del
Restauro, di una serie di Piani di Recupero, ma sopratutto una lenta, ma
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definitiva maturazione nella coscienza collettiva degli alberobellesi, della
necessità oltre che dell’opportunità
di considerare i trulli una inestimabile
risorsa storica, artistica e culturale,
hanno consentito alla città di progettare e realizzare una strategia di tutela e valorizzazione del suo patrimonio
anche ai fini dello sviluppo turistico. Il
riconoscimento UNESCO del 1996 è nel
contempo un punto di arrivo, ma anche di partenza per una città che offre
qualità della vita, cultura, bellezze monumentali e paesaggistiche, prodotti
tradizionali della terra e dell’artigianato,
infrastrutture turistiche adeguate per le
centinaia di migliaia di visitatori, il 20%
stranieri, che ogni anno scelgono Alberobello e la magia dei suoi trulli.
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GLI “ANGELI CUSTODI” DEI BENI CULTURALI DEL NOSTRO PAESE
UN PATRIMONIO DA DIFENDERE
“FEDELMENTE NEI SECOLI”
A cura del Comando CC Tutela Patrimonio Culturale
l Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale è stato istituito
nel 1969, precedendo in tal modo
di un anno la Convenzione UNESCO
di Parigi del 1970, con la quale si
invitavano tra l’altro gli Stati Membri ad adottare le opportune misure
per impedire l’acquisizione di beni illecitamente
esportati e favorire il recupero di quelli trafugati, nonché a istituire uno specifico servizio a ciò
finalizzato.
Inserito funzionalmente nell’ambito del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, svolge
compiti concernenti la sicurezza e la salvaguardia del patrimonio culturale nazionale, attraverso la prevenzione e la repressione delle molteplici attività delittuose in materia.
Il particolare settore è un comparto di specialità che è stato affidato all’Arma, a conferma
di un ruolo-guida già assunto da tempo, con Decreto del Ministero dell’Interno del 12 febbraio
1992; con successivo Decreto del 26 aprile
2006, il medesimo Dicastero ha confermato il
ruolo di preminenza attribuito all’Arma, a conferma di un ruolo-guida già assunto da tempo,
con ciò individuando il Comando CC T.P.C. quale polo di gravitazione informativa e di analisi a
favore di tutte le Forze di Polizia.
Articolato a livello centrale in un Ufficio Comando, organo di staff, e in un Reparto Opera-
tivo e a livello territoriale in 12 Nuclei con competenza regionale o interregionale, nel tempo
si è costantemente aggiornato per contrastare
le aggressioni criminali e si è dotato, fin dagli
anni ’80, di un potente strumento di ausilio alle
indagini di polizia giudiziaria: la “Banca Dati dei
beni culturali illecitamente sottratti”, prevista
anche dall’art. 85 del Decreto legislativo 22
gennaio 2004, n. 42, che contiene informazioni
sui beni da ricercare di provenienza sia italiana
sia estera ed informazioni circa gli eventi delittuosi collegati.
Oggi, tale efficace strumento è stato implementato per consentirne un più versatile
utilizzo, sia sotto il profilo operativo e di analisi
investigativa sia sotto quello della interoperabilità con altri istituti, quali le Soprintendenze e
gli Uffici Esportazione, che potranno consultare
Resti di colonne a Torre Melissa
Reperti archeologici recuperati
alcuni campi del database e pertanto usufruire
di un più ampio e specifico servizio.
L’implementazione sarà altresì funzionale
a una migliore fruibilità da parte dei cittadini e
della associazioni di categoria. Del resto, già
adesso, nelle pagine web del sito internet istituzionale, www.carabinieri.it, raggiungibile anche
attraverso il sito del Ministero per i Beni e le
Attività Culturali, oltre a una cospicua raccolta
dei beni culturali da ricercare, sono anche presenti alcuni “consigli” per orientare i cittadini,
in particolare che cosa fare per evitare di incorrere nell’acquisto di opere rubate o falsificate, ovvero in caso di ritrovamento di reperti
archeologici o di subito furto. Inoltre, attraverso
un link delle pagine web dedicate al Comando,
è possibile “scaricare” l’Object ID, un semplice modulo che, opportunamente compilato dai
singoli possessori con la dettagliata descrizione di beni d’arte, può essere estremamente utile
in caso di furto, poiché permette l’agevole informatizzazione del bene sottratto nella Banca
Dati, in modo da favorire la costante comparazione con quanto giornalmente sia oggetto di
controllo.
Con specifico riguardo alle attività di natura
preventiva, il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, con la collaborazione di personale dell’Arma territoriale e, secondo le caratteristiche geografiche delle zone, del Reggimento
a Cavallo, del Raggruppamento Aeromobili
Carabinieri e del Servizio Navale dell’Arma, pianifica e coordina periodiche attività di monitoraggio in tutto il territorio nazionale, nelle aree
caratterizzate da insediamenti archeologici ove
risulta una maggiore presenza di scavi
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una testimonianza della civiltà
magnogreca, fino ad allora sconosciuta, senza interrompere i
lavori di sbancamento e copertura, i militari del Nucleo TPC
di Cosenza ponevano la loro
attenzione ai cantieri di quella
provincia, che, con metodo, venivano sorvolati nell’intento di
localizzare il sito.
Nel mese di giugno 2007,
in Torre Melissa (Crotone), duIl “bottino” di una recente operazione
rante uno dei servizi di controllo
svolti in collaborazione con miclandestini.
litari dell’Arma territoriale e con la cooperazione
Nel tempo il monitoraggio ha permesso di
aerea del personale dell’8° Nucleo Elicotteri di
individuare località particolarmente sensibili
Vibo Valentia, sotto la direzione della Procura
allo scavo illecito, consentendo di contenerdella Repubblica di Crotone, venivano indine il fenomeno. Inoltre, la collaborazione con
viduati in un locale villaggio turistico oltre 50
funzionari delle competenti Soprintendenze del
reperti di varia natura (colonne, capitelli, moMinistero per i Beni e le Attività Culturali e del
saici e frammenti vari) risalenti al IV - III secolo
Consiglio Nazionale delle Ricerche, che para.C., successivamente sottoposti a sequestro,
tecipa con continuità con proprio personale a
e, a seguito di ulteriori servizi disposti nelbordo di velivoli e mezzi dell’Arma, consente lo
l’immediatezza, era infine possibile individuare
sviluppo di studi di valore scientifico nei settori
l’area nella quale insisteva il cantiere edile da
archeologico, cartografico e topografico, attracui provenivano i reperti. In loco i Carabinieri,
verso l’acquisizione dei dati riscontrati.
unitamente agli archeologi della SoprintendenL’efficacia di tali attività preventive si è eviza della Calabria, rilevavano il sito archeologidenziata ad esempio nel corso di una recente
co, rinvenendovi anche frammenti di ceramica
operazione dei Carabinieri per la Tutela del Padipinta, e, nelle adiacenze, una discarica nella
trimonio Culturale che, nel corso dell’anno, ha
quale cospicuo materiale lapideo (anche di
portato alla scoperta di un tempio dorico-ionigrandi dimensioni) era stato depositato dopo lo
co di età ellenistica nella provincia di Crotone.
scavo, per essere successivamente utilizzato in
Venuti a conoscenza del fatto che un’impresa
altri contesti.
edile, che stava realizzando un complesso tuI primi accertamenti sul luogo permettevano
ristico-residenziale, aveva casualmente rinveagli archeologi di riconoscere “… una struttura
nuto nel corso degli scavi di cantiere resti di
templare probabilmente di tipo dorico-ionico di
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eccezionale interesse storico-artistico”.
La scoperta è stata giudicata estremamente importante, in ragione della rarità in quella
zona degli edifici di epoca Brettea, soprattutto
sacri, anche perché le ragguardevoli dimensioni
dello scavo fanno presupporre che la struttura
in evidenza possa essere solo una parte di un
più ampio sito archeologico, per l’esatta determinazione del quale dovranno essere compiuti
specifici sondaggi.
Due persone sono state segnalate in stato
di libertà all’Autorità Giudiziaria per i reati di
danneggiamento e illecito impossessamento
di beni archeologici e per omessa segnalazione del rinvenimento, mentre il cantiere edile è
stato sottoposto a sequestro, con l’immediato
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fermo dei lavori, che, se ulteriormente protratti,
avrebbero causato la definitiva distruzione dell’intero sito.
Quanto precede è solo un esempio, fra i tanti
possibili, di quanto sia importante il lavoro diuturnamente svolto da questi Carabinieri specializzati,
d’intesa con le altre articolazioni dell’Arma, e, per
altro verso, di quanto sia importante la stretta
collaborazione con le strutture Centrali e territoriali del Ministero per i Beni e le Attività Culturali,
laddove la competenza professionale degli uni e
delle altre convive con la passione e l’impegno
dei singoli, nella comune consapevolezza che la
salvaguardia del patrimonio culturale rappresenta, in ultima istanza, la salvaguardia della nostra
identità storica.
Il cantiere edile di Torre Melissa
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DOPO UN SOLO ANNO DI APERTURA
È GIÀ UNO DEGLI SPAZI ESPOSITIVI PIÙ VISITATI DELLA SARDEGNA
CASA ZAPATA, UN MUSEO
CHE “POGGIA” SULLA STORIA
di TIZIANA SERRA
arumini è un piccolo paese della
Sardegna ricco di un immenso
patrimonio culturale, basti pensare al complesso nuragico di “Su
Nuraxi” che dal 1997 è entrato a
far parte del patrimonio mondiale
dell’UNESCO.
Il 29 luglio del 2006 è stato inoltre inaugurato il
“Polo Museale di Casa Zapata” costituito da tre sezioni:
archeologica, etnografica e storica.
La particolarità di “Casa Zapata” consiste nella
Vetrina della sezione archeologica
presenza di un edificio secentesco che poggia sui ruderi
di un nuraghe complesso chiamato “Nuraxi ‘e Cresia”,
ciò crea uno spettacolo unico e un immenso stupore
nel visitatore che rimane affascinato da tale bellezza.
In seguito agli scavi condotti negli anni ’50 dal prof.
Giovanni Lilliu a “Su Nuraxi”, a Barumini è sempre rimasto vivo il desiderio di creare un luogo che potesse
ospitare i materiali rinvenuti, e “Casa Zapata” doveva
quindi ricoprire la funzione di custodire, far conoscere e
valorizzare tali beni.
Nel 1990, ignari del tesoro che “Casa Zapata”
Esterno di Casa Zapata
custodiva al suo interno, si iniziarono i lavori finalizzati
alla realizzazione del progetto di musealizzazione, lavori
che furono subito interrotti in quanto sotto le strutture
del palazzo vennero alla luce le vestigia di un imponente
nuraghe.
Nel corso degli anni si sono susseguite numerose campagne di scavo, tuttora in corso, e si è portato
avanti un progetto museale che ha cercato di salvaguardare e di non snaturare l’edilizia del palazzo e allo
stesso tempo di rendere fruibile la visione del complesso nuragico dall’alto, tramite un sistema di passerelle
sospese e di pavimenti trasparenti.
“Casa Zapata” prende la sua denominazione dalla
nobile famiglia aragonese degli Zapata, che giunse in
Sardegna al seguito dell’Infante Alfonso.
Nel 1541 gli Zapata ricevettero in concessione la
baronia di Las Plassas, Barumini e Villanovafranca e
la amministrarono fino alla soppressione del regime
feudale.
Gli Zapata istituirono a Barumini la loro sede baronale e tra la fine del XVI e gli inizi del XVII secolo rea-
lizzarono il loro palazzo, cioè “Casa Zapata”, che venne
costruita secondo il modello classicista imposto da
Filippo II e con forma e stile imitanti l’altro palazzo degli
Zapata ubicato a Cagliari.
La costruzione presenta una planimetria ad L ed
è articolata su due piani, si accede al piano superiore
tramite una scala esterna.
All’interno del timpano del portale è scolpito lo
stemma degli Zapata: tre o cinque calzari, di antica foggia spagnola, a scacchi dorati e neri, rappresentati in
uno scudo su campo vermiglio.
Il corpo architettonico principale ospita la sezione
archeologica e ad esso si addossano gli ambienti di
pertinenza agricola, che ospitano la sezione etnografica
e la sezione storica.
Innanzi a “Casa Zapata” è ubicata la Parrocchia
della Beata Vergine Immacolata, che rivela forma tardo-gotica semplificata e al cui interno è presente lo
stemma degli Zapata.
Il complesso nuragico, utilizzato come fondamenta del palazzo secentesco, a causa della sua
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vicinanza con la Parrocchia e per questo è stato battezzato dal prof. Giovanni Lilliu “Nuraxi ‘e Cresia”.
“Nuraxi ‘e Cresia” è un nuraghe complesso trilobato, costituito da una torre centrale attorno alla quale si
dispongono tre torri perimetrali raccordate da cortine
rettilinee.
Per la sua costruzione vennero impiegati blocchi
poligonali, in marna locale, di grandi dimensioni, disposti secondo filari orizzontali.
Essendo tuttora gli scavi in corso si possono solo
ipotizzare le tappe dell’articolazione cronologica del
monumento: ad un primo momento si colloca la costruzione del mastio, nella seconda fase delle due torri
e della cortina di raccordo, e infine nella terza fase della
torre di perimetro ad ovest.
Sono inoltre ancora ben visibili le tracce dell’antemurale e del villaggio nuragico.
Si pensa quindi che la fase di vita più intensa che
ha coinvolto il complesso nuragico si possa collocare
tra il 1200 e il 1000 a.C.
Nella sezione archeologica del “Polo Museale” oltre
al nuraghe si possono ammirare le vetrine contenenti i
manufatti della civiltà nuragica.
Sono presenti oltre 180 pezzi, la maggior parte dei
quali sono stati restaurati nel laboratorio di restauro di
reperti archeologici, aperto due anni fa a Barumini per
iniziativa dell’amministrazione comunale.
In origine all’interno del “Polo Museale” era presente un percorso didattico legato al restauro dei reperti archeologici che a breve verrà ripristinato nella struttura.
Nella teca della sala d’ingresso del primo piano
compaiono dei manufatti ceramici di “Nuraxi ‘e Cresia”
che testimoniano la lunga frequentazione dell’edificio
dall’epoca nuragica a quella romana ed alto-medievale, fino ad arrivare al periodo giudicale e infine a quello
aragonese.
Gli altri materiali presenti invece sono stati rinve-
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nuti a “Su Nuraxi” in seguito agli scavi condotti dal
prof. Giovanni Lilliu, e dopo essere stati studiati e
restaurati sono stati collocati anch’essi a “Casa Zapata”.
In un’altra sala del primo piano i materiali sono
presentati seguendo un criterio tipologico, mentre
nella prima sala del secondo piano le cinque vetrine
offrono una sintesi diacronica della storia di “Su Nuraxi” articolata nelle cinque fasi cronologiche identificate dal prof. Giovanni Lilliu.
Infine nella seconda e nella terza sala del secondo piano sono riproposti alcuni contesti significativi
di capanne del villaggio di “Su Nuraxi”; dalla “curia
80” proviene il modellino di un nuraghe monotorre in
calcare.
Alle pareti sono posti dei pannelli che offrono un
quadro generale delle risorse archeologiche, della civiltà nuragica, presenti in Sardegna e che permettono
al visitatore di avere una visione più completa.
La sezione storica del “Polo Museale” narra la
storia vissuta dalla famiglia Zapata e i suoi rapporti
con la popolazione di Barumini.
Si deve a Lorenzo Ingarao Zapata di Las Plassas
la cospicua documentazione riguardante la parte più
antica e rilevante dell’archivio di famiglia, che l’amministrazione di Barumini ha provveduto a digitalizzare.
All’interno di questa sezione sono presenti documenti in originale, riproduzioni, vecchie fotografie ed
oggetti, suddivisi in settori tematici, che fanno riemergere la storia di questo casato fin dai primi anni in cui
giunsero in Sardegna.
Nei documenti esposti sono presenti notizie relative al cursus honorum dei primi baroni, all’ereditarietà delle cariche, agli stipendi e ai privilegi ad essi
connessi, alla vita quotidiana dei baroni a Cagliari e
a Barumini, alla comunidad de Baruminy, ai suoi rapporti col feudatario e alle controversie dovute all’in-
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Veduta Nuraxi ‘e Cresia
sostenibile fiscalismo che rendeva molto difficile la
misera vita dei contadini e dei pastori.
Di particolare rilevo sono i documenti relativi al
momento del riscatto del feudo, avvenuto nel 1839, e
quelli riguardanti i ricordi di famiglia degli ultimi baroni
Lorenzo e Concettina.
Nella sezione etnografica sono riproposti utensili,
molti dei quali utilizzati fino a non molti anni fa, e alcuni impiegati ancora oggi nella vita quotidiana e in
quella lavorativa.
Sono oggetti prodotti artigianalmente con materiali poveri come il legno, il ferro, la pelle, la stoffa, il
giunco, il fieno, la terracotta e il vetro.
La produzione di tali oggetti richiedeva una manualità tramandata di generazione in generazione che
rischia di essere dimenticata, pertanto questa sezione
vuole preservare tali saperi almeno in forma di memoria.
La sezione etnografica ospita al suo interno uno
spazio riservato alle launeddas, tipico strumento musicale sardo realizzato con le canne.
Dopo un solo anno di apertura “Casa Zapata” risulta uno dei musei più visitati della Sardegna, ciò è una
grande fonte d’orgoglio per l’intera popolazione e per
l’amministrazione che ha fortemente creduto in questo
progetto.
Il “Polo Museale” e “Su Nuraxi” sono gestiti dalla
“Fondazione Barumini Sistema Cultura” dove lavorano
oltre 30 ragazzi del posto, questo è un dato molto significativo per un paesino di 1400 abitanti che sta cercando di investire le proprie risorse sul suo patrimonio
culturale.
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Souvenir d’Italie
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IL MERCHANDISING PER I MUSEI ED I BENI CULTURALI
di NICOLETTA GAZZERI
uando si affronta il tema della produzione di oggettistica per i musei ed i
beni culturali - come ha fatto Fondazione Fitzcarraldo, in collaborazione
con la Regione Piemonte, dedicando
al tema anche un convegno nell’ottobre 20061 - ci si confronta con un insieme di esperienze di segno positivo
o negativo, che formano nel nostro Paese un quadro già
piuttosto consolidato. Peraltro i dati conoscitivi disponibili sono, come noto, pochi.
I dati raccolti dal Ministero BAC circa il
fatturato dei negozi-librerie nei musei
statali sono aggregati, senza distinguere tra og-
gettistica e produzioni editoriali e ancor meno tra diverse
tipologie di oggetti. Non è, quindi, possibile confrontare
le vendite delle diverse categorie merceologiche ed avere
un quadro definito degli articoli più graditi e smerciati2.
Le testimonianze più utili in proposito le forniscono i
concessionari, che
testimoniano,
salvo
eccezioni 3 ,
andamenti
medi nettamente favorevoli ai prodotti editoriali. Questi
ultimi concorrono a produrre, in generale, oltre il 50% del
fatturato del negozio, attestandosi più spesso intorno al
60 - 70%, mentre l’oggettistica concorre per circa un
terzo.
Le ragioni sono, chiaramente, molte, prima fra
tutte la responsabilità del punto vendita, che di norma, nelle ATI aggiudicatarie delle concessioni statali, spetta all’editore, più interessato e attrezzato
per la produzione e la vendita di prodotti librari che
di altre tipologie di oggetti. Questi ultimi non fanno, inizialmente, parte del magazzino del libraio-editore e devono
essere reperiti sul mercato, se
non fatti eseguire appositamente a rischio d’impresa.
A fronte dell’esperienza
decennale che data dall’attivazione dei servizi
aggiuntivi nei musei
statali e dalla parallela diffusione dei
punti vendita negli
altri musei pubblici
e privati, sembra che
per quanto riguarda
la produzione e la
commercializzazione
Roma, Musei Capitolini
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di oggettistica le visioni si siano diversificate e divaricate
fino ad esiti singolarmente contraddittori.
Le performance migliori, italiane ed estere, hanno
fatto parlare da più parti di potenzialità di sviluppo e di
crescita per questo settore, anche consistenti, che trainerebbero un positivo rinnovamento e rafforzamento di
settori afferenti, come l’artigianato artistico di qualità4.
D’altronde si hanno invece, da più parti, testimonianze di criticità, di una fatica a rientrare dei costi di
investimento per produttori e venditori e, in definitiva, di
un’inadeguatezza e insufficienza dell’offerta rispetto alle
attese del mercato, dovuta alla difficoltà di garantire un
equilibrio di costi e ricavi lungo tutta la filiera di produzione e vendita. E non sono mancati gli insuccessi: fallite
iniziative imprenditoriali, ridimensionati gli assortimenti
nei negozi, soprattutto a svantaggio dell’originalità e della qualità di esecuzione artigianale degli oggetti.
In particolare, sono soprattutto i concessionari dei
punti vendita a testimoniare una diffusa frustrazione in
merito e la necessità, magari a fronte di investimenti
compiuti, di fare dei passi indietro.
Tra le lamentele ricorrenti compaiono il fatto che ci
si confronta con un mercato poco noto e poco prevedibile; la necessità per i concessionari di farsi committenti
di oggetti appositamente prodotti per un dato museo e,
talvolta, di doverne curare direttamente la progettazione
a totale rischio d’impresa, cosa che implica l’acquisto
dai fornitori di forti stock di oggetti, spesso appositamente realizzati in tiratura limitata e perciò ad alto costo
di produzione; infine il meccanismo delle royalty sulle
vendite, che configura oneri più alti di quelli richiesti per
la libera riproduzione di oggetti delle collezioni museali
e, ovviamente, penalizza doppiamente i concessionari
regolari rispetto ai venditori abusivi, spesso presenti all’uscita stessa del museo, che non pagano nessun tipo
di royalty e sui quali si lamenta unanimemente un’assenza di controllo. Tutti elementi che gravano sulla possi-
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bilità di una remunerazione dell’impresa concessionaria
e, in definitiva, sull’approvvigionamento e l’assortimento
medio degli oggetti in vendita.
Per iniziare a dipanare questo nodo tra potenzialità
ipotetiche e criticità effettive è utile entrare nel merito di
quei passaggi che, alla luce delle esperienze note, risultano particolarmente cruciali per l’efficacia delle iniziative in questo ambito. In essi, dunque, si concentrano
le criticità, ma anche potenziali elementi di valore e di
successo.
La progettazione di oggetti destinati alla vendita nei
musei deve tenere conto di una pluralità di elementi critici e, in sostanza, mediare tra diversi ordini di esigenze e
di vincoli: tra gli interessi del museo - di identificazione,
riconoscibilità, correttezza dei riferimenti culturali - la
disponibilità di competenze (saperi artigianali, versatilità
tecnica) e volontà imprenditoriali dal mondo produttivo,
infine le esigenze di una domanda molto segmentata,
che a seconda dei casi è sensibile alla qualità ma almeno altrettanto al prezzo - punto questo non abbastanza
ribadito.
Le esperienze compiute in un decennio hanno dimostrato in più casi che soltanto una mediazione tra
queste diverse prospettive può aprire possibilità di successo. Laddove ci si è mossi con una visione parziale,
corrispondente ad uno soltanto degli attori in gioco, si
sono mancati degli obiettivi. I prototipi proposti autonomamente dalle ditte artigiane non hanno, di norma,
superato l’esame del museo o della Soprintendenza.
D’altronde, la messa a punto di riproduzioni filologiche,
di raffinata fattura, dà vita ad oggetti di fascia di prezzo
alta, che coprono una parte minoritaria della domanda.
Infine, l’orientamento alla domanda, dove si tratti di
musei o mostre che hanno un pubblico di massa, può
tradursi in un ingresso nel museo di oggetti di qualità
scadente, poco o nulla evocativi delle specificità formali,
materiche e culturali degli oggetti in collezione.
Pisa
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unesco • associazione città e siti italiani patrimonio mondiale
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a Fondazione Fitzcarraldo (www.fitzcarraldo.it) è un centro indipendente di progettazione, ricerca,
formazione e documentazione sul management, l’economia e le politiche della cultura, delle arti e
dei media al servizio di chi crea, pratica, partecipa, produce, promuove e sostiene le arti e le culture.
Fitzcarraldo si propone di contribuire allo sviluppo, alla diffusione ed alla promozione dell’innovazione e della
sperimentazione nei citati campi di attività, anche mediante la ricerca sistematica di collaborazioni e sinergie
con enti e organismi locali, regionali, nazionali ed internazionali. Fitzcarraldo promuove e realizza programmi di
formazione in management culturale per gli operatori culturali dal 1993, e dal 2002 è il principale referente per la
formazione e l’aggiornamento del personale dei musei e dei beni culturali del Piemonte, in regime di convenzione
pluriennale con Regione Piemonte. Dal 1998 è il centro operativo e scientifico dell’Osservatorio Culturale del
Piemonte.
L’ideazione di prodotto e il conseguente contatto
con le ditte produttrici si configurano, quindi, come
una fase decisiva per centrare le multiple esigenze cui
si orienta l’oggettistica museale, una fase in cui devono
convergere la conoscenza della particolare committenza museale, del mercato e, qualora si voglia valorizzare il rapporto tra il museo e le tradizioni artigiane, del
comparto artigiano locale e delle capacità produttive
delle singole aziende, per corrispondere ai requisiti del
prodotto.
La varietà delle esperienze ad oggi prodotte, alcune
delle quali illustrate nel corso del convegno, induce a
domandarsi a chi è meglio che spetti questo passaggio. E’ bene lasciarlo interamente al mercato, quindi agli
investimenti di ditte specializzate, come ne esistono da
alcuni anni, che in genere puntano ad una tematizzazione a maglie larghe, per rivolgersi ad un numero ampio
di enti? Ai gestori dei punti vendita museali, per i quali
rappresenta spesso un consistente rischio d’impresa, a
fronte di una remunerazione spesso limitata nel tempo
(corrispondente alla durata della concessione)? O la si
può pensare come un’attività a sé, affidata a professionalità e progettualità specifiche, risorse ed investimenti
specifici, che magari nasca da un’iniziativa diretta dei
musei, soli o associati?
E come conoscere e selezionare le ditte produttrici?
Se la qualità dell’oggetto è un fattore decisivo per accreditarlo per gli scopi promozionali del museo, come
individuare i produttori più adatti a corrispondervi? E’
evidente, infatti, che c’è un problema di competenze
produttive: i progetti del Consorzio Civita per la Provincia
di Roma e i progetti presentati nel corso del convegno
dimostrano che c’è un’esigenza di riconoscimento e selezione delle imprese artigiane più qualificate per questo
tipo di forniture.
Se è vero, come risulta, che gran parte della domanda è rivolta a oggetti nella fascia di prezzo bassa o
medio-bassa (al 70% rappresentati dalla cartotecnica e
solo per il restante 30% dall’oggettistica5, il criterio della
qualità progettuale o produttiva non è sufficiente: può
portare ad avere oggetti i cui costi di produzione, e quindi i prezzi alla vendita sono troppo alti per incontrare le
richieste del mercato.
Le dimensioni della commessa, la serialità dei procedimenti produttivi, il costo della manodopera, quindi
anche la natura dei fornitori sono elementi decisivi in
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questo senso.
Infine, c’è un aspetto su cui si sono tentati pochi
esperimenti nel nostro paese, ovvero la possibile diversificazione dei canali di distribuzione e di vendita, che
oggi si limitano essenzialmente al negozio interno al
museo.
La remuneratività di quest’ultimo è d’altra parte,
com’è noto6, condizionata pesantemente dalla natura e
dall’ubicazione gli spazi di vendita (collocazione, superficie, accessibilità, visibilità sono spesso vincolate, stanti
le caratteristiche degli edifici storici in cui sono ospitati
i musei).
Secondo alcuni osservatori, una diversificazione
dei canali di vendita potrebbe contribuire alla visibilità e
alla penetrazione dei prodotti nel mercato, alla promozione dell’immagine del museo, ad un incremento delle
entrate del museo.
Potrebbe quindi pensarsi, ad esempio, un allargamento delle concessioni per la vendita a più soggetti, o
l’estensione della licenza di vendita al di fuori dei negozi
museali, come già previsto in alcuni bandi di gara.
D’altronde, qualunque scelta si valuti, si apre al proposito il problema delle royalty sulle riproduzioni e sulla
vendita, che vanno spesso a sommarsi; queste ultime
sono anche molto forti (sopra il 20, e talvolta il 30%) nei
punti vendita dei musei statali, in funzione dell’esclusività
della concessione dei servizi interni al museo.
Se un allargamento all’esterno può pensarsi ed essere remunerativo sia per i musei, sia per i licenziatari, sembra difficile che abbia luogo col pagamento delle stesse
royalty sulla vendita; quindi configura o l’ingresso in gioco
di soggetti diversi - ad esempio, una titolarità diretta dei
diritti sugli oggetti da parte dei musei, che eliminerebbe le
royalty sulla riproduzione e consentirebbe di negoziare le
licenze di vendita al di fuori degli impegni spettanti al concessionario del negozio museale - o una diversa negoziazione degli spazi di azione dei concessionari dei servizi.
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Ci sono, inoltre, alcune (poche) esperienze di vendita on line da parte dei musei italiani, sulla cui redditività
però non si possiedono dati. Il commercio online rappresenta certamente un’opportunità, ma anche un vincolo:
si tratta infatti di un canale sul quale è assai costoso e
difficile mantenere un posizionamento redditizio.
Il caso del progetto Museomuseo offre uno dei pochi esempi italiani di negozi di oggettistica d’ispirazione
museale esterni ai musei, nato peraltro con un brand
distinto da quello dei musei di riferimento: l’Art Store
“Mandragora Museomuseo”, nel centro di Firenze.
I rischi di questa operazione sono, in parte, legati agli
stessi fattori che condizionano gli andamenti del negozio
museale: ubicazione, visibilità, progettazione degli spazi.
L’assenza di un brand museale indebolisce, d’altronde, il
legame diretto con il museo e la sua aura, legame che
nel negozio museale è dato dalla consequenzialità tra
visita e acquisto.
Note
1 La registrazione dell’intero convegno può essere
ascoltata dal sito del Centro Risorse Beni Culturali www.risorsebeniculturali.it, alla sezione “Esperienze”.
2 Cfr. Primo rapporto Nomisma sull’applicazione delle
Legge Ronchey, 2000
3 Tra queste va ricordato il negozio del Museo di Antichità
Egizie di Torino, nel quale è l’oggettistica la voce trainante, con
circa il 60% del fatturato (fonte: Artefatto S.a.s.). Il target trainante è, d’altronde, il pubblico infantile, e ciò ha comportato
specifiche scelte in merito a tipologia e prezzo degli articoli.
4 Primo rapporto Nomisma sull’applicazione delle Legge
Ronchey, 2000. Cfr. anche le stime prodotte dal Consorzio Civita nell’indagine condotta per conto della Provincia di Roma,
2001, scaturita nel progetto “Artigianato Artistico per il Merchandising Museale”, 2003
5 Fonte: Artex, Centro per l’Artigianato Artistico e Tradizionale della Toscana
6 Cfr. in proposito L. Solima, A. Bollo, “I musei e le imprese. Indagine sui servizi di accoglienza”, Napoli, Electa, 2002
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I RESTAURI NEL CORTILE DEL PALAZZO COMUNALE
CALCE E COCCIOPESTO
PER UN INTONACO
A REGOLA D’ARTE
di ANTONELLO MENNUCCI
Direttore dei Musei Civici di San Gimignano
ra la fine dell’estate 2006 ed i
primi mesi del 2007, nel contesto degli interventi di ristrutturazione della sala del Consiglio Comunale (primo piano dell’antico
Palazzo del Capitano), del parziale rifacimento dei tetti della
scala che attualmente consente l’uscita dal museo
(comprendente il Palazzo Comunale, la Pinacoteca
e la Torre Grossa), è stata condotta a compimento
un’importante opera di restauro che ha interessato
i lati meridionale ed occidentale del cortile.
La corte, porticata e dotata di loggiati, con le
pareti in gran parte rivestite da affreschi per lo più
raffiguranti i blasoni dei podestà succedutisi fra il
XIV ed il XVI secolo, si sviluppa sul retro del palazzo
che, con la sua facciata principale, occupa quasi
per intero un lato della centrale Piazza del Duomo.
Grazie alla sinergia attivata tra funzionari delle
competenti Soprintendenze, progettisti, Direzione
dei Musei Civici e restauratori, le attività di ristrutturazione e di restauro sono state precedute ed
accompagnate da una serie di osservazioni diagnostiche, condotte sia sulle strutture in muratura
sia sulle parti affrescate che, oltre ad improntare le
scelte progettuali ed operative, hanno concorso a
rivedere l’intera storia del complesso nel suo incessante processo di stratificazione.
Le evidenze materiali ed i documenti attestano
che il corpo principale del Palazzo Comunale venne realizzato fra il 1287 ed il 1288, probabilmente
modificando ed adattando un edificio in pietra preesistente, morfologicamente corrispondente ad un
chasamentum di tipologia pisana.
A seguito di una permuta di terreni, nel 1289,
anno in cui era podestà Messer Guccio di Guido
de Malavolti di Siena, il Comune si assicurò la proprietà dell’area su cui si svilupperanno il cortile e
gli edifici su esso prospicienti. Il primo tratto di
recinzione potrebbe esser fatto risalire proprio a
questi anni.
La fabbrica sembra progredire senza sosta;
fra il 1291 ed il 1298 il corpo principale viene rialzato fino al terzo piano ed internamente affrescato dal pittore fiorentino Azzo di Masetto, autore
del ciclo cortese con scene di caccia e di torneo
che orna le pareti della cosiddetta Sala di Dante,
l’antica sala del Consiglio Generale. Fra il 1300
ed il 1311 venne costruita la Torre Grossa, accostata al corpo più antico del palazzo ed al cortile.
Era il campanile del Comune e, allo stesso tempo, la torre più alta e l’ultima costruita.
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Fra il 1322 ed il 1323 si realizzano il Palazzo del
Capitano, che chiude buona parte del lato meridionale del cortile ed altri tratti di recinzione. Al 1325
risale, invece, un primo ampliamento sul cortile del
corpo originario del palazzo. Tale struttura, interamente realizzata in mattoni, si impostava su due
arcate separate da un pilastro. A questo intervento
segue la stesura, sulla recinzione occidentale in pietra della corte, di tutta una serie di stemmi podestarili come quello di Messere Filippo Bastari di Firenze, podestà il secondo semestre del 1351, quello di
Messer Niccolò Giugni, ancora di Firenze, podestà il
secondo semestre del 1365, quello di Messer Piero
di Dato Canigiani, anch’esso fiorentino, podestà il
primo semestre del 1366 e quello, a quanto pare
privo di confronti, col suo elmo sormontato da ci-
miero in forma fallica, di Messer Zanobi di Giovanni
Marignolli, in carica il primo semestre del 1374.
Nel 1361, al tempo di Messer Iacopo di Caroccio
degli Alberti, era stata realizzata la cisterna, come
mostrano l’iscrizione ed il blasone scolpiti sulla vera.
Con il 1461 si completarono invece gli ampliamenti al corpo più antico del palazzo che vide finalmente delineato il fonte prospiciente il cortile; la realizzazione della scala e del camminamento sorretto
dalle grandi arcate impostate su pilastri quadrangolari e sormontato dal tetto poggiante su leggere
quanto imprecise colonne, probabilmente rivestite
di intonaco fin dal momento della loro costruzione,
risulta invece un po’ più tarda, e comunque riferibile
ad interventi compresi fra il 1486 ed il 1513, almeno
stando alla successione degli stemmi dipinti sui pa-
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rapetti e su porzioni della loggia.
Come i pilastri, i parapetti e le colonne della
scala, anche numerosi prospetti delle strutture che
nel tempo avevano completato il Palazzo Comunale, definendone la corte, erano probabilmente stati
completati da superfici intonacate. Sul prospetto
settentrionale del Palazzo del Capitano, in particolare, oltre alla complessa successione delle parti
affrescate, si sono registrate almeno due fasi di
rivestimento da mettersi in stretta relazione con le
pitture murali. Limitatamente a questa parete, nel
tentativo di calibrare gli interventi, di migliorare lo
stato di conservazione dei lacerti dipinti e di ridare
unità ad un fronte che la aveva perduta, si è deciso
di riproporre l’intonaco.
In considerazione della natura dell’edificio e de-
gli antichi strati di rivestimento, dell’esposizione agli
agenti atmosferici e da quanto recentemente recepito in fase di predisposizione del regolamento urbanistico comunale, si è optato per la realizzazione
di un intonaco in grassello di calce e cocciopesto,
materiali ampiamente usati in ambito sangimignanese soprattutto durante il Medioevo.
E’ dunque evidente che la programmazione
e l’attuazione di un corretto impianto diagnostico,
propedeutico alle scelte di restauro, diviene il requisito fondamentale qualora si vogliano integrare le
acquisizioni scientifiche, le scelte progettuali e saperi artigianali che oggi debbono tornare ad essere
impiegati in virtù della qualità e della compatibilità di
certi materiali con le esigenze di intervento sull’edilizia storica.
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IL TERRITORIO DI AVIGLIANO UMBRO
CUSTODISCE UN LUOGO DI ECCEZIONALE INTERESSE
LA FORESTA FOSSILE
DI DUNAROBBA
di ADRIANO CIOCI
olti studiosi non
hanno difficoltà ad
affermare che il sito
paleontologico di Dunarobba è tra i più interessanti dell’intero
pianeta e, sotto alcuni
aspetti, unico al mondo. La foresta fossile in
esso contenuta, infatti, non custodisce resti
di piante pietrificate, come è
possibile riscontrare in alcuni
luoghi della terra, ma veri e
propri tronchi ancora allo stato
legnoso. Questo è stato possibile grazie alla grande quantità di argilla di cui la zona, nel
comune di Avigliano Umbro, in
provincia di Terni, è ricca.
Nel Pliocene superiore, intorno a 2-2,5 milioni di anni fa,
questa parte dell’Umbria era
occupata dal lago Tiberino, intorno al quale si era sviluppata
un’estesa foresta di conifere,
del genere Taxodion, riconducibile ai grandi alberi (glyptostrobus) attualmente visibili
in America Settentrionale. Il
clima caldo-umido aveva favorito la crescita
di questi giganti, alti sino a 100 metri e di
ragguardevole diametro. Le mutate condizioni climatiche, il raffreddamento del pianeta,
l’innalzamento delle colline, con conseguente
scivolamento delle acque verso il mare, hanno sconvolto l’ambiente decretando la fine
della stessa foresta, una parte della quale ha
subìto con il tempo l’interramento ed una sor-
Panoramica della foresta fossile
ta di mummificazione dei tronchi superstiti.
Questa è la storia geologica della Foresta
fossile di Dunarobba, “ritrovata” soltanto a
partire dagli anni ’70, durante l’estrazione di
argilla nella vicina cava utilizzata per alimentare la fornace di laterizi. “Dal 1987 la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Umbria – ricordano la dott.ssa Maria Cristina De
Angelis e il geom. Sergio Vergoni, funzionari
della stessa Soprintendenza – ha dato avvio
alle operazioni di tutela con rilevamento grafico, fotografico e topografico dell’area, ponendo l’anno successivo il vincolo di divieto
di estrazione e realizzando coperture provvisorie al fine di proteggere i tronchi dagli agenti atmosferici. E’ stato attivato un sistema di
monitoraggio, tuttora in funzione, che rivela
lo stato di salute dei tronchi e non sono mancate le sperimentazioni per preservarli”. Tra
queste vi è quella di ricoprire i “monumenti”
fossili con un manto di resina a base naturale
trasparente reversibile.
L’area, accessibile al pubblico (per infor-
mazioni www.forestafossile.it), è piuttosto
estesa (circa 8 ettari); su di essa si aprono
delle vere e proprie “capanne” a custodia dei
tronchi, 42 dei quali sono visibili. Le dimensioni sono diverse, ma l’esemplare più grande
misura oggi 5 metri di altezza (ciò che emerge dall’attuale piano di campagna) e quello
più largo ha un diametro di 4,5 metri. La loro
posizione è verticale, o meglio parzialmente
inclinata di 23°, a causa dello spostamento
del piano del terreno in tempi assai lontani.
Solo questo può bastare per capire che ci troviamo di fronte ad antenati di veri e propri
giganti.
Ciò che emerge tra gli studiosi e tra chi ha
la responsabilità del luogo è la preoccupazione per il mantenimento di questo bene (n.d.c.
altri 21 tronchi sono stati individuati ma rimarranno per il momento sepolti). “Il Comune – dice l’architetto Giuseppe Chianella,
sindaco di Avigliano Umbro – si sta interessando alla valorizzazione turistica del luogo,
fornendo gli strumenti necessari ai
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visitatori, molti dei quali sono stranieri. Tutte le nostre azioni sul territorio, compresa la
predisposizione del piano regolatore generale
devono fare i conti con questa straordinaria
presenza. Occorre, però, trovare una strategia che conduca alla loro conservazione, altrimenti si rischia una seconda estinzione per
questa foresta unica al mondo”. Il rischio che
deriva dall’esposizione all’aria, infatti, è quello di uno sfaldamento lentissimo e costante
del legno.
Nel frattempo, nelle adiacenze del sito, è
nato il centro di Paleontologia Vegetale, allo
scopo di creare una sede fissa di ricerca e di
studio, fornendo un supporto di carattere informativo e didattico al servizio principalmen-
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te delle scuole. Qui, personale specializzato è
a disposizione per approfondimenti di carattere ambientale, geologico e paleontologico,
anche attraverso l’attivazione di laboratori
didattici formativi. I visitatori hanno toccato
9.000 unità nel corso del 2006 (ma il trend è
in crescita), quota suddivisa tra scolaresche,
turisti occasionali, appassionati e specialisti.
Questi ultimi provengono per una buona metà
dall’estero, in primo luogo dalla Germania,
dai Paesi Bassi e da quelli scandinavi, dove
il “culto” per la foresta è particolarmente sviluppato.
Il prof. Zefferino Cerquaglia, assessore alla
cultura del Comune di Avigliano Umbro, crede fermamente nello sviluppo di un progetto:
Un gigante in cura
Particolare di un tronco
“Quello – dice – legato all’unicità del luogo,
per approfondire la conoscenza della formazione del nostro pianeta, e di questo lembo di
terra in particolare, per avviare azioni di tutela
dell’ambiente dell’intero globo. Per questo i
nostri interlocutori sono il mondo scientifico e
la scuola nelle diverse componenti. Lavoreremo sui tempi lunghi, oltre che sull’immediato
che può avere un effetto turistico-economico a
nostro giudizio importante ma non esaustivo”.
In questi mesi, appena alle spalle della
palazzina d’ingresso, è stata ricavata un’area
con destinazione arboreto, dove si tenta di
ricostruire, con la piantumazione di specie il
più possibile simili a quelle della foresta, una
testimonianza oggi visiva di quell’ambiente vivente.
La moderna storia della foresta può essere datata agli inizi del ‘600 quando la zona di
Casaccia, appunto a poca distanza da Avigliano, fu oggetto di studi da parte del principe
Federico Cesi e di Francesco Stelluti, partendo proprio dal ritrovamento di alcune parti di
materiale legnoso affioranti nel terreno. Senza
effettuare scavi sistematici, si intuì comunque la presenza di materiale fossile in grande
quantità.
A pochi chilometri dalla Foresta fossile si
trova la Grotta Bella, particolarmente ricca di
concrezioni e di ambienti assai suggestivi. Nel
luogo è testimoniata la presenza dell’uomo,
come dimostrano alcuni ritrovamenti risalenti
al neolitico, all’età del bronzo e in epoca romana.
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IL VALORE CULTURALE ED ECONOMICO
DELLA “RIEVOCAZIONE STORICA”
RISCOPRIRE IL PASSATO PER CAPIRE IL PRESENTE
Italia possiede un
patrimonio
artistico-culturale che non
ha eguali nel mondo.
Molti di questi tesori,
purtroppo, non sono
neppure
menzionati
nelle guide turistiche perché considerati minori. Proprio per le mete estranee
ai grandi flussi turistici, la Rievocazione
Storica può assumere un ruolo di grande
importanza, attraverso la realizzazione
di spaccati di storia vivente con i quali
può essere possibile restituire evidenza
anche alle realtà locali, per ora considerate periferiche. Potremmo dire che
la rievocazione storica è uno spettacolo
al pari del cinema o del teatro, con un
valore aggiunto e cioè, quello di dare al
pubblico spettatore la quasi completa
veridicità di quanto sta osservando (le
regole del buon senso e della sicurezza impongono dei freni anche in questa
disciplina) e di sentirsi coinvolto nella
storia che sta osservando, in quanto
può formulare domande al quale riceve
sempre delle risposte. A differenza delle materie sopra menzionate, attraverso
la rievocazione, il pubblico spettatore
diventa a sua volta attore, perché entra
direttamente nella scena.
La rievocazione storica è un’attività culturale con cui una persona od un
gruppo di persone cercano di riprodur-
re, con la maggior fedeltà possibile, attività, ambienti o situazioni del passato
e non più esistenti. Negli ultimi anni
questo fenomeno è stato sempre più
oggetto di attenzioni per il sempre maggiore numero di persone che ne sono
interessate. Tale attività, cui sottendono inevitabilmente la ricerca e lo studio filologico, non deve essere confusa
con un’attività meramente folcloristica
o con le ambientazioni o gli spettacoli
che, più soventemente, è possibile vedere in occasione delle feste paesane o
nelle sagre.
La rievocazione storica può essere
definita anche come “Archeologia Ricostruttiva”, il cui scopo non è la spet-
di SUSANNA TARTARI
tacolarizzazione approssimativa o “ad
effetto”, ma, attraverso la riproduzione
dettagliata, autentica – tutt’altro che
banale – del passato, la riscoperta e la
valorizzazione e la diffusione della conoscenza delle tradizioni storiche e culturali di una comunità – non solo locale
ma pure nazionale ed internazionale – e
del cammino che essa ha percorso nel
tempo anche insieme alle comunità collaterali.
Ciò che muove chi si appassiona e
chi si dedica a questa attività – è bene
specificarlo – non sono fini celebrativi
o nostalgici, ma l’amore e l’interesse
della conoscenza e la voglia di preservare le testimonianze di una
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LA “STORIA” DELLA RIEVOCAZIONE STORICA
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Il Palio di Siena
memoria storica condivisa, of frendo
inoltre occasioni di confronto con l’attualità sociale, economica, istituzionale
di un Paese.
Il ricostruire la vita dei nostri antenati però, non è cosa semplice o banale
come può sembrare. Essa soprat tut to,
non è frut to di improvvisazione. Contrariamente a quanto spesso avviene nel
mondo del cinema di terz’ordine o del
teatro approssimativo la Rievocazione
storica prevede la realizzazione di uno
spaccato di vita at tuato con il rigore del
metodo scientifico e della ricerca filologica. E’ infat ti indispensabile analizzare
la situazione che si intende ricreare in
tut ti i suoi aspet ti: storici, territoriali, sociali, tecnologici e antropologici.
Ecco spiegato perché quando si parla
di “Rievocazione Storica” si parla di
un’autentica at tività culturale.
A questo punto viene spontaneo farsi una domanda: Può la Rievocazione
storica essere anche mezzo promozionale del nostro patrimonio storico/culturale?
Più volte ho avuto occasione di verificare la sua efficacia in ambito didat tico
– alcuni Gruppi Storici lavorano diret tamente nelle scuole – ma prima di tut to ho
potuto appurare come questa materia sia
interessante per aumentare il flusso turistico e quindi produrre economia. Lo dimostrano le centinaia di eventi a carat tere
rievocativo nate negli ultimi cinque anni
e, lo dimostrano ancor di più gli alberghi
prenotati in concomitanza degli eventi.
Se in precedenza si faceva menzione
solo ai Palii, alle giostre e ai tornei, ora
si parla sempre più spesso di rievocazio-
lcune voci ci raccontano che la prima rievocazione storica, nasce proprio dal desiderio di Napoleone
di celebrare la sua vittoria a Marengo che venne rifatta grazie a prigionieri austriaci. A metà dell’ottocento poi, i nostri primi giovani romantici, presi essenzialmente dalla febbre del Risorgimento,
indirizzarono la loro attività letteraria in favore della “Causa”, privilegiando del Romanticismo lo storicismo, il
nazionalismo e la rievocazione del Medio Evo. Alfredo D’Andrade progeeta e fa costruire il “Borgo del Valentino”
a Torino, primo esempio di Architettura rievocativa del periodo medievale. Non dimentichiamo poi i giochi d’arme
rinascimentali, influenzati da Tito Livio, della Compagnia de’ Bardotti, di cui si ha notizia a Siena. Una cosa è
certa, fin dall’antica Roma abbiamo documenti che ci parlano di rievocazione, questi signori amavano rievocare
le loro stesse battaglie, inscenando attraverso le famose Naumachie (battaglie navali riproposte all’interno degli
anfiteatri debitamente riempiti d’acqua) o mettendo in scena testi classici portati dall’antica Grecia. Ma la cosa
certa è, che il rievocare esiste da quando esiste l’uomo, quasi si trattasse di un ricercare il nostro passato per
vivere meglio il presente.
In Italia vediamo nascere le prime rievocazioni storiche come le conosciamo oggi, attorno ai primi del ‘900
– La Quintana di Ascoli Piceno, il Palio del Saracino ad Arezzo, Il Palio di Siena, il Palio Estense a Ferrara, ecc.
ecc. - che verranno interrotti solo negli anni della II Guerra Mondiale, per ovvi motivi di sicurezza, già all’epoca
avevano un forte richiamo sul pubblico muovendo migliaia di spettatori. Attorno al 1980, a Torino nasce il primo
“gruppo di ricostruzione storica” per rievocare l’assedio della città subito da parte delle truppe francesi, il “Pietro
Micca”, oggi composto da un centinaio di partecipanti, ma è negli anni novanta che, affascinati dalle notizie
provenienti dall’Inghilterra, dalla Germania, dalla Francia, dalla Spagna e dall’America, esplode il fenomeno della
ricostruzione storica (gli anglosassoni la chiamano Living History o Reenactment) e si formano i Gruppi Storici
o Gruppi di ricostruzione storica, gruppi formati da poche unità fino ad arrivare a decine di persone, che propongono la storia al pubblico applicando prima di tutto la ricerca, la sperimentazione, lo studio riportando alla
luce aspetti anche tecnici della vita dell’uomo vissuto centinaia o migliaia di anni fa. Ed è così che in Italia oltre ai
cortei storici, si cominciano a vedere accampamenti medievali o di altre epoche, dove al loro interno si vedono
fanti, artigiani, massaie, musici ed altro ancora fedelmente riprodotti. Ma l’Italia non è solo medioevo, è antica
Roma, rinascimento, periodo napoleonico, risorgimento, primi del novecento fino ad arrivare agli anni che hanno
visto il secondo conflitto.
ni di fat ti realmente avvenuti, a ricostruzioni di momenti di vita civile (vedi ad
esempio la “Ricostruzione della casa di
un mercante” a cura di gruppi medievali,
alla realizzazione di un castrum romano
a cura di alcuni gruppi che si occupano di epoca romana. La rievocazione è
sempre di più lo strumento principale di
promozione delle nostre cit tà, dei nostri
prodot ti eno/gastronomici, delle nostre
tradizioni e del nostro ar tigianato e rappresenta uno dei mezzi più immediati per
la trasformazione in risorsa del patrimonio in par te dimenticato.
Anche il modo di fare cultura ha subito una metamor fosi, se prima avevamo il cinema, il teatro, la lirica, ora abbiamo anche la rievocazione storica,
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LA CASA EDITRICE T.&T. E RIEVOCARE
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ievocare nasce nel 2005, congiuntamente alla casa editrice T.&T. e al portale www.rievocare.it, grazie
all’infaticabile opera di Susanna Tartari. La rivista cartacea raccoglie e pubblica le varie esperienze
dei Gruppi Storici, si occupa di Storia, di archeologia e di ogni altro argomento che si coniughi con
la materia principale. Il portale web invece, realizza un censimento dei gruppi storici presenti sul territorio nazionale (circa 600 per il momento) e degli eventi o delle manifestazioni a carattere rievocativo (se ne contano
almeno uno ogni cinque comuni d’Italia, tra più o meno importanti, ma ad ora quelli pubblicati sul sito internet
sono circa 300). Dal censimento degli eventi, è nata E.R.M.eS. (Eventi, Rievocazioni, Manifestazioni e Storia), la
prima guida alle rievocazioni storiche edita in Italia uscita in edicola a dicembre 2006. Da allora molte cose sono
state fatte, come presentare un progetto dal titolo “Rievocatori per il cinema”, presentato presso il festival del
cinema in costume che si tiene da una decina di anni in provincia di Benevento. La realizzazione di una fiera della
Rievocazione storica nella città di Torino.
Il 2008 sarà un anno molto importante per la casa editrice T.&T.. Sarà, infatti, presente alla fiera della rievocazione storica di Ferrara e, dal 6 all’8 giugno, promuoverà a Pordenone l’ “Appuntamento per la Memoria”, una
manifestazione che cercherà di far conoscere ai giovani il valore della storia e di come si è evoluta la figura dell’uomo soldato nei secoli. Nel programma, oltre alle ricostruzioni storiche a cura dei Gruppi Storici e alla presenza
di collezioni di mezzi storici di altissimo valore – tra cui anche velivoli - sono previsti un convegno, una mostra,
performance di arte contemporanea, un lavoro svolto con le scolaresche dal titolo “La Pace si fa a scuola”. Tra le
finalità dell’evento vi è anche la raccolta fondi da devolvere alla ricerca sulle malattie rare infantili.
Gruppo storico medioevale in pellegrinaggio alla Sacra di San Michele
Ricostruzione storica di epoca romana
un valore aggiunto e quindi va esportato,
promosso e tutelato al pari delle altre materie. A tal proposito la Provincia di Torino, ha presentato un progetto pilota che
dovrebbe venire realizzato entro il 2008,
dove i Gruppi Storici, animeranno palazzi,
castelli, ville, giardini ecc. Non a caso le
regioni Piemonte e Toscana hanno presentato delle proposte di legge inerenti alla
materia e che vertono al riconoscimento
della materia e alla tutela dei Gruppi storici, dando a loro la possibilità di accrescere
il loro bagaglio di conoscenza e di accrescere i loro corredi (abiti, armature, strumenti musicali, ecc.), in Emilia Romagna
a luglio è diventata effettiva la legge sulla
rievocazione grazie al lavoro svolto dall’A.
E.R.R.S. (Associazione Emilia Romagna
Rievocazioni Storiche), legge che sosterrà
le città iscritte all’associazione che producono manifestazioni ed eventi a carattere
rievocativo. Lo stesso vale per il Veneto
e molte altre regioni che stanno muovendo i primi passi per nuove giuridiche con
un’attenzione particolare a quello che sta
accadendo nel mondo della rievocazione.
Conoscendo queste realtà, ma ancora meglio e nel dettaglio la Rievocazione
storica in Italia, sono fermamente convinta che questa materia debba essere riconosciuta dal Ministero dei Beni Culturali,
al pari di teatro, lirica, ecc.
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LA CITTÀ MUSEO DI ARGIROCASTRO,
TORTUOSE VIUZZE LASTRICATE IN UN MARE DI TETTI DI ARDESIA
UN DIAMANTE DI PIETRA
NEL SUD DELL’ALBANIA
di FABIO DE LUIGI
trisce orizzontali di pietre bianche e nere sulle strade, sembrano gradini, salgono su fino a
confondersi con i rugosi tetti di
pietra scura delle case più vecchie, negli edifici meglio conservati come Zekate così come
in quelli più fatiscenti come Babameto. Prima
le si intravede appena, poi si stagliano sempre
più nitide risalendo dal basso, nella luce mediterranea di un mezzogiorno d’agosto, dalla
strada che da Tirana e Fier prosegue poi fin giù
verso la Grecia, lungo la valle del fiume Drinos. Siamo a Gjirokastra, nel sud dell’Albania,
trenta chilometri dal confine greco e due ore di
auto da Igoumenitsa, scalo quasi obbligato per
chi dall’Italia traghetta verso la Grecia.
Gjirokastra città museo, Gjirokastra ora
città patrimonio dell’umanità, Gjirokastra culla
delle gioie e dei dolori dell’Albania contemporanea. Qui è nato Enver Hoxha, il dittatore che
per 40 anni ha tenuto il paese sotto un tacco
di ferro, qui è pure nato Ismail Kadarè, poeta
e scrittore, pluricandidato al premio Nobel che
ha fatto della sua città il soggetto di gran parte della sua opera e che tanto si è prodigato
perché venisse inserita nella lista dei siti Patrimonio dell’Umanità e qui è nata anche la quasi
“Gjirokastra non si accontenta di
facili vittorie. Essa disarma coloro che
non sono in grado di stupirsi, coloro
che dell’indifferenza hanno fatto una
seconda natura”
totalità dei presidenti del consiglio.
Presente nella documentazione bizantina
dal 1336 col nome di “Argyrocastro”, viene
occupata dai turchi nel 1419 che la fanno capitale del sangiaccato d’Albania, una delle circoscrizioni dell’impero e resta tale fino al 1812,
per poi ritornarvi nel 1821 dopo la sconfitta
di Alì Pascià da Tepelena. Lo sviluppo della
città prosegue costante attraverso i secoli
(le cronache turche del 1583 la identificano
come Sanxhak con 434 edifici), attorno a un
castello di cui si hanno notizie fin dal V secolo. Nel 1672 il cronista Elvia Celebi racconta
di una guarnigione, di una moschea e di varie
chiese classificate secondo i diversi culti, oltre
che della sede amministrativa turca. Verso la
fine del XVII secolo il Bazar diventa un centro
amministrativo e commerciale, mentre poco
dopo viene completato l’acquedotto che dalle
montagne riempie le cisterne del castello.
Sono però le case d’abitazione, costruite
attraverso i secoli, a delineare la fisionomia
fondamentale della città. Si tratta di case a
struttura verticale (dette kule in turco) con il
primo piano utilizzato d’inverno e il secondo
durante la stagione calda, con inter-
Ismail Kadarè, “La cit tà di Pietra”
La torre dell’orologio
Panoramica
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ni riccamente decorati con temi floreali, specialmente nella zona dedicata agli ospiti. Un
esempio eccezionale, come recita il criterio di
iscrizione della città, di uno stile di vita influenzato dalla cultura e dalla tradizione dell’Islam
del periodo Ottomano.
È in una serata fresca, al tavolino di un
bar sopra la vallata che dalla Gjirokastra vecchia scivola nella parte nuova e poi fin giù
al fiume, che il prof. Vladimir Qirjaqi, della
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Direzione Regionale dei
Monumenti e della Cultura, racconta di come qui
anche gli interventi edilizi
successivi sono stati immagine della loro epoca,
dallo stile neoclassico degli anni ‘30 e’ 40 della dominazione italiana fino al
realismo dell’era comunista. Insomma secondo Qirjaqi “Gjirokastra è un vero
e proprio museo di forme
architettoniche”. Un museo che purtroppo, oggi,
vive diverse difficoltà.
La legislazione nazionale
nominò infatti Gjirokastra
“città museo” nel 1961 e
questo, assieme al regolamento di tutela del centro
storico del 1975, ha fatto
sì che la città godesse di
particolari tutele e finanziamenti. Ma nel 1990, con
I tetti di ardesia
la transizione dal regime
comunista all’economia di
mercato, una gran parte delle case storiche
sono tornate ai precedenti proprietari (quando si è riusciti a individuarli, visto che il catasto delle proprietà è in pessime condizioni)
i quali però molto spesso non dispongono di
fondi adeguati. Non è diversa la condizione
per le proprietà pubbliche; le difficoltà economiche sono tali che, tanto per fare un esempio, il personale della Direzione Regionale dei
Monumenti e della Cultura è passato da 200
Un tipico edificio del centro storico
unità a 20, senza contare le enormi difficoltà
burocratiche che anche un semplice intervento di recupero incontra, a causa di una
amministrazione ancora molto centralistica.
Non è pessimista però il professore, in fondo
dal 2000 la legislazione guarda con attenzione all’Europa e soprattutto sono attivi molti
progetti di cooperazione a vari livelli, dalle
università per progetti di studio a organismi
internazionali (ONU, UNDP) fino a rapporti
bilaterali, come ad esempio la redazione del
piano urbanistico effettuata in collaborazione
con la regione Marche, la Provincia di Ascoli
Piceno e il Comune di Grottammare.
Lasciare Gjirokastra è lasciare un’isola di
bellezza e armonia; la speranza, per il viaggiatore che ha avuto l’opportunità di conoscerla,
è che questa città in futuro non solo mantenga le caratteristiche che l’hanno resa unica,
ma possa diventare un esempio di tutela,
conservazione e promozione del patrimonio
culturale per l’Albania e per tutti i Balcani del
sud. Senz’altro ne ha le possibilità, sarebbe
una grande opportunità.
Desidero ringraziare il prof. Teodor Bilushi, dell’Università di Gjirokastra, punto di riferimento per la visita al
sito e anche per la redazione di questo articolo. Tutte le
informazioni urbanistiche e tecniche, e molta passione,
le ho trovate nelle parole del prof. Vladimir Qirjaqi, della
Direzione Regionale dei Monumenti e della Cultura, mentre una serata ricca e davvero piacevole è stata quella trascorsa con il prof. Adriano Ciani dell’Ambasciata d’Italia a
Tirana, con la dr.ssa Flavia Tibaldi e con la dr.ssa Roberta
Alberotanza dell’Istituto Italiano di Cultura di Tirana e con
tutto il gruppo di studi archeologici.
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LE PRIME TRACCE DEL CRISTIANESIMO FRIULANO
I MOSAICI GNOSTICI
DELLA BASILICA DI AQUILEIA
di FLAVIO COSSAR
Vicesindaco di Aquileia
a basilica di Aquileia, nel suo insieme, è un compendio di varie ricostruzioni resesi indispensabili a
seguito di terremoti oppure anche
per necessità religiose e politiche.
La struttura a “croce latina” risale
comunque all’epoca del patriarca
Massenzio (sec. IX) con ulteriori rifacimenti risalenti ai
secoli XI e XIV (colonnato interno, soffitto a carena di
nave, absidi con relative pitture); il pavimento mosaicato è quello dell’Aula Sud Teodoriana, risalente alla
prima metà del sec. IV. Al patriarca Popone è attribuita
la costruzione dell’imponente torre campanaria (inizi
sec. XI), eretta proprio sopra l’Aula Nord Teodoriana, i
cui mosaici più antichi sono afferenti ad una comunità
gnostica presente in Aquileia verso il II- III s.d.C.
Ci si chiedeva: “E’ mai possibile che il cristianesimo in Friuli non abbia avuto una sua organizzazione
prima del 250 d.C.?”-. Ora, grazie agli studi dell’aquileiese Renato Iacumin, possiamo dire di essere finalmente pervenuti a dare conferma di documentazione
archeologica e letteraria di una comunità cristiana (ellenistico- alessandrina) con una cultura greco-giudaica
precedente a tale data. L’orientamento del gruppo era
gnostico. Tale identificazione l’abbiamo grazie ai mosaici rinvenuti nella cosiddetta Aula Nord Teodoriana,
con il loro riferimento soprattutto al testo copto - di derivazione alessandrina del II secolo - “Pistis Sophia”1.
Nelle campiture più ad oriente dell’Aula Nord Teodoriana, gli gnostici avevano rappresentato i cieli planetari e quello delle costellazioni. Il vescovo Teodoro,
agli inizi del IV secolo, in parte fece rifare alcuni simboli
musivi cosmologici (costellazione del Drago), ampliò la sala gnostica e la collegò ad un’altra, parallela e uguale nelle
dimensioni, appositamente costruita a
meridione (Aula Sud, ora pavimentazione dell’attuale basilica), mediante un
vasto atrio in cocciopesto e mosaico.
I mosaici rappresentano simbologicamente il “percorso” dell’anima gnostica che per riuscire a ritornare al Padre
(la parte più ad Est dell’Aula, il Pleroma)
deve attraversare il sistema cosmologico
formato dai cieli planetari (Kerasmos) e
dallo Sterèoma (le costellazioni).
Un’ascesi, quella gnostica, caratterizzata dall’influenza dei pianeti e
dalle loro congiunzioni. Dunque una
salvezza o meno della propria anima, determinata a priori.
IL PLEROMA
La parte Est dell’Aula Nord,
prima dell’intervento del vescovo
Teodoro, era riservata dagli gnostici al Pleroma, cioè
lo spazio riservato a Dio, al Padre, oltre le costellazioni,
attorniato dalle stelle, inscritte in rombi. Qui troviamo
la potenza e la virtù generatrice dell’ariete con la scritta
CYRIACEVIBAS “O uomo-signore, che tu viva in Dio”,
la costellazione della bilancia, rappresentata dalla lotta
tra il bene ed il male (gallo-tartaruga), il Limite (hòros)
rappresentato da un doppio filare di tessere che interrompe bruscamente la zona del Pleroma.
Il Padre, secondo gli gnostici, generò il Figlio “silenzioso in lui”, primogenito ed unico. “Esso è la Chiesa che consta di molte persone” e che è per gli gnostici
del II e III secolo quella dei “pneumatici”, dei “santi spiriti imperituri” che, grazie all’illuminazione della gnosi,
sono parte della sostanza del Padre.
Una delle correnti gnostiche più seguite, quella dei
Sethiani, postula tre principi originari ad ogni forma
esistente: la luce, le tenebre, lo spirito (o pneuma). Il
significato dell’ottagono con il segno zodiacale della
bilancia è dunque il seguente: La luce è rappresentata
dal gallo (padre-figlio-chiesa-uomo del Signore), le
tenebre dalla tartaruga (natura- materia-acque oscure-uomo corporeo), lo Spirito o pneuma o”rugiada”
o “aroma” o “profumo” dall’anforetta sulla colonnina
centrale che divide i due contendenti.
La passione di Sophia consisteva nel tentativo di
comprendere la grandezza del Padre, “ma tale sforzo
l’aveva condotta nell’Abisso... senonchè si era scon-
La campata IV con le Costellazioni e il Pleroma
trata col potere che rende stabile tutto... Questo potere
è chiamato Limite (Hòros): da lui essa fu trattenuta,
consolidata, ricondotta in sè e convinta che il Padre è
incomprensibile”. Gli gnostici chiamavano questo limite anche “ventilabro” (strumento agricolo che serviva
a separare la pula dal frumento) e doveva separare
la parte materiale dell’uomo da quella spirituale. Per
l’uomo gnostico questo mondo terreno era imperfetto,
dunque non poteva essere stato creato da Dio ma da
un Demiurgo: il Vero creatore era perfetto e dunque
dovevano esserlo anche le opere sue.
I CIELI PLANETARI
Anche il ritorno dell’anima al Padre, come la
sua discesa in questo mondo terreno, è condizionata dall’influsso dei pianeti che contraddistinguono la
terza campata: Zeus (cavallo infuocato); asino Tifone
(Afrodite); Ecate trifronte (Mercurio); caprone (Ares);
torello (Cronos Saturno). Questa serie, e le influenze di
ciascun cielo sulla vita e sull’anima duplicata (le coppie di uccelli), si trovano non solo nel IV libro di Pistis
Sophia ma anche nell’Apocrifo di Giovanni, in Basilide
e Isidoro (130-160 d.C.).
In Pistis Sophia ciascuno dei cinque cieli planetari
racchiude al suo interno le sfere degli altri cieli inferiori
ed è avvolto da quelli superiori, di modo che la Terra,
che è la più interna, sarà contenuta entro il cielo della Luna ed entro le altre sfere del nostro mosaico più
quella del Sole. Oltre i cieli planetari ci sono
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I cieli planetari di Saturno e di Marte
le stelle fisse (costellazioni), poi, oltre un Limite, c’è il
Plèroma o Pienezza di Dio.
Questo era il percorso delle anime gnostiche per
arrivare a Dio.
Le raffigurazioni planetarie di Saturno e Marte. Il
cielo più alto è quello di Cronos (Saturno) contraddistinto dai simboli tipici dell’iconografia classica: il torello con la falce messoria (le fondazioni del campanile
hanno in parte rovinato l’animale). Alla sua sinistra la
coppia di porfirioni che rappresentano l’anima duplicata, la contrapposizione tra la tendenza al bene e quella
al male. Sotto c’è il cielo di Ares (Marte) governato
dall’arconte Ariuth, l’etiope, il quale, secondo Pistis
Sophia, ha forme di capra scura. Su di essa si notano il drappo rosso, il corno d’attacco della battaglia,
il bastone, tutte insegne del comando. Ariuth solleva
guerre, causa omicidi, indurisce il cuore e lo istiga alla
collera. alla sua destra l’anima contrapposta in forma
di due averle (anch’esse rovinate dalle fondazioni della
torre campanaria).
“Il terzo ordine è chiamato Ecate triforme. Sotto
di lei si trovano altri 27 demoni: sono quelli che entrano negli uomini e li inducono a falsi giuramenti,
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a menzogne e ai desideri di ciò che non è loro..Le
anime trascorrono 105 anni e 6 mesi, durante i quali
sono punite con severi castighi..” Così si dice in Pistis
Sophia del cielo planetario di Mercurio.
Sotto c’è Afrodite in sembianze di un asino scalpitante: “Il quarto cielo planetario... è guardato dall’arconte Parhedron Typhon. E’ un arconte violento sotto il
cui potere si trovano 32 demoni: sono quelli che entrano negli uomini e li inducono alla concupiscenza, alla
prostituzione, all’adulterio...le anime... trascorreranno
138 anni nei suoi luoghi.”
“Il quinto ordine, il cui arconte è chiamato
Yachthanabas, è un arconte violento sotto il quale è
posta una gran quantità di demoni”, soprattutto corruttori della giustizia, della legalità. Ospita le anime che
qui dovranno sostare per 150 anni e 8 mesi e saranno
torturate con la fiamma del fuoco e con il fumo oscuro.
Questo supplizio cesserà allorchè Zeus entra in Acquario e Afrodite in Leone.
LE COSTELLAZIONI
Una volta attraversati i cieli planetari le anime, ormai purificate dalla loro parte negativa, giungono nel
cielo delle stelle fisse o “sfera del destino”, in quanto
il destino degli uomini si credeva condizionato dalle
stelle (eimarmène). Al di qua della pienezza divina
(Plèroma) tutto un mondo di luce viva: le costellazioni, luminose (le tessere musive infatti sono molto
più chiare di quelle adoperate per le altre zone), entro
finestre a forma di croce arcuata, sostenuta da un’ossatura di stelle, tutte diverse, attorno ad una parte centrale di ottagono sferico al cui interno c’è un volatile.
Complessivamente in questo comparto c’erano le dodici costellazioni zodiacali (nove se consideriamo che
l’ariete, in quanto simbolo dell’inizio del tempo, è stato
identificato come segno divino dell’inizio delle cose nel
Plèroma e se consideriamo la bilancia, divenuta luogo
dello Spirito nel Pleroma, così come, probabilmente, i
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Le costellazioni del Drago e del Gambero
Pesci (G.Cristo). Ma non mancano altre costellazioni
(visibile quella del drago). La costruzione del campanile ha purtroppo cancellato il resto.
Nella costellazione del Drago e del Gambero,
si nota in alto a destra il Drago con un cesto contenente i dodici “resti ilici” degli apostoli che, grazie a
sofferenze, sacrifici e rinunce sono riusciti a salire al
Plèroma. Questa rappresentazione è stata modificata perchè ritenuta non consona dalla Grande Chiesa
di Teodoro: il drago (con tanto di spire che ancora in
parte si intravedono) è stato camuffato in capretto. A
sinistra una colomba-pappagallo che rappresenta “il
Padre” , come dice Pistis Sophia. La costellazione
inferiore è quella del Gambero e rappresenta Giosuè
(colui che fece fermare il sole): sopra un albero (uno
dei cinque citati da Pistis Sophia e che rappresentano
ognuno mille anni di creazione del mondo) c’è appunto
un gambero (il suo cammino è retrogado come il sole
a tratti nel corso del solstizio d’estate).
Le Pleiadi, in forma di pernici, sono raccoglitrici
dello spirito dei cieli (in assiro kum “legare, ricevere,
raccogliere”), aiutanti di Melchisedech., ricevitore della luce dalla regione delle stelle e dei cieli planetari...
Nell’opera gnostica si citano le sette vergini di luce che
collaborano con Melchisedech .
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La costellazione del Capricorno sta a significare
Mosè (il legislatore degli ebrei come Zeus lo era per i
Greci, Zeus salvato dalla capra Amaltea come Mosè fu
salvato dalle acque). Va detto che già nella tradizione
giudaica i profeti ed i santi dell’Antico Testamento erano immaginati e creduti viventi tra le costellazioni; gli
gnostici aggiungono la combinazione di questi nomi
con quella dei dodici apostoli, di Maria, di Giovanni
Battista, ecc.
In epoca costantiniana, la comunità gnostica fu
definitivamente sostituita da quella cristiana capeggiata dal vescovo Teodoro. In pochi decenni sopra questi
primi insediamenti religiosi si costruì un imponente
complesso religioso cristiano costituito da una chiesa
a due aule parallele senza abside, battistero e quadriportico sul fronte occidentale, che durerà sino alla calata longobarda: una delle più importanti sedi vescovile
e /o patriarcale di tutto l’impero romano, che lascerà
un forte segno storico-religioso in tutta l’ Europa. La
diocesi aquileiese verrà soppressa per motivi politici a
metà del secolo XVIII, con l’erezione di quella di Udine
per il territorio soggetto alla Serenissima e quella di
Gorizia per quello austriaco.
Note
1 Nel 1946 fu scoperta a Nag Hammadi, in Egitto, una
biblioteca di testi gnostici. Tra questi c’erano anche i testi
Jeu I e Jeu II, grazie ai quali si potè finalmente comprendere
il significato di Pistis Sophia, opera in parte già conosciuta
attraverso il Codex Askewianus. L’insigne prof. Luigi Moraldi
la tradusse in italiano nel 1982).
Bibliografia di riferimento:
Renato Iacumin, “Le porte della salvezza – Guida alla lettura
dei mosaici della basilica di Aquileia” – Gaspari editore – 2000
– (con presentazione di Luigi Moraldi);
Renato Iacumin, “Le Tessere e il Mosaico”- Gaspari Editore2004.
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LA RETE ITALIANA DELLE CITTÀ UNESCO CAMBIA NOME
E CONTINUA A CRESCERE
CON IL VENTO IN POPPA
e associa zioni
rendono l’uomo
più for te e mettono in risalto le
doti migliori delle singole persone e danno la
gioia che raramente s’ha restando per
proprio conto, di vedere quanta gente
onesta e brava e capace e per cui vale
la pena di volere cose buone” - ques t a
l’appassiona t a descr izione delle comuni t à che Calvino for nisce nel suo “Bar o ne r ampan te”. Una descr izione che t r ova
piena con fer ma nel decennale impegno
dell’Associa zione Ci t t à e Si t i I t aliani Pat r imonio Mondiale Unesco. Dieci anni di
in tenso lavor o, in un cr escendo di pr o pos te, pr oge t t i e inizia t ive che hanno
fa t to assumer e ad un or iginar io piccolo
nucleo di “volen ter osi” un r uolo di pr imo
piano nell’in ter o movimen to Unesco i t aliano. Se t te, in fa t t i, i soci fonda tor i: A l ber obello, A ndr ia, Capr ia te S. Ger vasio,
Fer r ar a, Ma ter a, Ravenna e V icenza ( in
s t r e t to or dine al fabe t ico). Se t te come
i con t inen t i, le mer aviglie del mondo, i
saggi filosofi gr eci, i color i dell’ar cobaleno e le note musicali – qualche emble ma t ico accos t amen to, gius to per condi-
r e la lor o “impr esa” con un piz zico di
epici t à. Se t te “magni fiche” ci t t à che nel
1997 hanno da to concr e tez za ad un’in t uizione che si è r ivela t a par t icolar men te felice: unir e le eccellenze del Paese
per t u telar e e pr omuover e il pa t r imonio
cul t ur ale e paesaggis t ico dando vi t a ad
una coer en te poli t ica della collabor azione, del cir cui to, della conoscenza. In
sin tesi, “ far e sis tema”.
Un’associa zione le cui fila si s t an no r apidamen te ingr ossando: 7 soci nel
1997, 25 nel 2003, 32 nel 2005, 49 nel
2007. L’assemblea svol t asi a Comacchio
il 27 giugno scor so ha, in fa t t i, r a t i ficato l’iscr izione di cinque nuovi soci: il
Comune di Riomaggior e, la Pr ovincia di
Roma, la Pr ovincia di Pesar o e Ur bino,
la Regione Toscana e la Regione L a zio.
L ast but not least, la r ecen t issima ade sione del Comune di Sir acusa.
Nella s tessa occasione sono s t a te
assun te al t r e impor t an t i decisioni. Fr a
le più signi fica t ive cer t amen te quelle
r ela t ive agli or gani dir igen t i: il sindaco di Fer r ar a Gae t ano Sa ter iale è s t a to
r icon fer ma to all’unanimi t à pr esiden te
dell’associa zione per al t r i due anni; vice
pr esiden t i sono s t a t i ele t t i i sindaci di
Assisi, Claudio Ricci (anche per lui una
mer i t a t a r icon fer ma) e di T ivoli, Marco V incenzi. Il Consiglio Dir e t t ivo sar à
invece compos to dai r appr esen t an t i
dei Comuni di A ndr ia (a Pina Mar mo,
che lascia la vicepr esidenza, un since r o r ingr a ziamen to per l’ot t imo lavor o
svol to), F ir enze, Noto, Ur bino, Ver ona e
V icenza. Sempr e nel cor so dell’assemblea comacchiese all’ar chi te t to Claudio
Fedoz zi è s t a t a af fida t a la r esponsabili t à di Coor dina tor e del Comi t a to tecnico scien t i fico dell’Associa zione, con
il compi to speci fico di “svolger e, nell’ambi to dell’a t t ua zione della Legge 20
febbr aio 2006, n. 77 e della Cir colar e
del Segr e t ar io Gener ale del MIBAC pr ot.
24098 del 30 maggio 2007, a t t ivi t à consul t iva e pr oposi t iva a favor e dei soci e
A
degli or gani dell’Associa zione”.
L’assemblea ha inol t r e deciso, per
adeguar e anche il nome ad una r eal t à
associa t iva che include mol t i sogge tt i diver si (comuni, pr ovince, r egioni,
comuni t à mon t ane ed en t i par co), di
ado t t ar e la seguen te denomina zione
u f f iciale: Associa zione Ci t t à e Si t i I t aliani Pa t r imonio Mondiale Unesco.
Cambia il nome, ma non la sos t anza:
la consapevolez za di dover inves t ir e in
un comune per cor so di quali t à e di eccellenza che valor iz zi e me t t a a pr of i t to
le peculiar i t à dei ter r i tor i. Un messag gio for te e chiar o che ha sapu to f inor a
in ter pr e t ar e al meglio le aspe t t a t ive del
movimen to Unesco i t aliano e che siamo cer t i con t inuer à a r accoglier e mol t i
consensi. (f.n.)
Note
1 Elenco completo dei soci a pag. 82
2 Ar ticolo 12 comma 4 dello Statuto dell’Associazione
nome di tutti i soci, la redazione di Siti vuole esprimere un sincero ed affettuoso
ringraziamento a Francesco Raspa, il nostro vicedirettore, che lascia la rivista per
assumere altri incarichi all’interno della struttura organizzativa del suo ente di appartenenza. Grande è la nostra riconoscenza, come amico e collega, per l’impegno e la passione con i quali ha collaborato alla ideazione e alla realizzazione di questo nuovo prodotto
editoriale. Il merito dell’apprezzamento e della considerazione di cui gode Siti va ascritto,
infatti, anche alle sue capacità ed alla sua intelligenza. Speriamo sinceramente che le nostre
strade possano nuovamente incrociarsi e che Francesco possa ottenere nel suo nuovo lavoro
altre importanti affermazioni personali, almeno pari alle sue indubbie qualità.
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B R E V I
* Notizie dall’Italia e dal mondo
BEIRUT “CAPITALE
MONDIALE DEL LIBRO 2009”
L’
Unesco ha designato Beirut come Capitale
mondiale del Libro per il 2009. La capitale
libanese è stata scelta “per la sua importanza in materia di diversità culturale, di dialogo e di
tolleranza così come per la varietà e il carattere
dinamico del suo programma”. Il Direttore Generale Koïchiro Matsuura, ha espresso il proprio compiacimento nel “vedere che la città di Beirut, posta
a confronto con
sfide immense in
materia di pace
e di coesistenza
pacifica, sia riconosciuta per il suo
impegno a favore
di un dialogo più
che mai necessario nella regione e
che il libro possa
contribuirvi attivamente”. Beirut è la nona città
ad essere stata designata “Capitale mondiale del
libro” dopo Madrid (2001), Alessandria (2002),
Nuova Delhi (2003), Anversa (2004), Montreal
(2005), Torino (2006), Bogotà (2007) ed Amsterdam (2008)
ALLA SCOPERTA
DEI LUOGHI DELL’ANIMA
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unesco • associazione città e siti italiani patrimonio mondiale
anno terzo • numero quattro • ott/dic 2007 www.sitiunesco.it
econdo un’indagine di Trademark Italia il turismo religioso nel nostro Paese coinvolge
40 milioni di visitatori l’anno, per un giro
d’affari che si aggira attorno ai 4 miliardi di euro.
I luoghi prediletti da questo settore turistico sono
le 30mila basiliche e chiese, i 700 musei diocesani e i 220 fra santuari, monasteri e conventi
della Chiesa Cattolica. Un fenomeno in continua
crescita alimentato da chi ha interessi prevalentemente culturali (circa il 70%) e da pellegrini (per
il 20%), e che privilegia le località
maggiormente
legate al culto,
come
Roma,
Assisi e San Giovanni Rotondo.
Dall’indagine
emerge la figura di un turista di cultura elevata,
che organizza il proprio viaggio facendo ricorso
ad Internet e che va alla ricerca di quella particolare atmosfera di pace e di silenzio che solo i
luoghi di fede sono in grado di creare.
NUDI A 2.300 METRI
DI ALTEZZA
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eicento volontari hanno posato nudi ai piedi del ghiacciaio svizzero Aletsch per una
campagna dell’organizzazione ecologista
Greenpeace volta alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica sul tema del surriscaldamento globale.
Uomini e donne di ogni età hanno affrontato ore di
cammino prima di togliersi gli indumenti e posare
a dieci gradi centigradi per il celebre fotografo statunitense Spencer Tunick. Secondo Greenpeace,
i ghiacciai alpini
hanno perso circa
un terzo della lunghezza e metà del
volume negli ultimi
150 anni e quello
di Aletsch, patrimonio mondiale
dell’Unesco dal 2001, si e’ ristretto di 115 metri
in due anni. Se le temperature non scenderanno
- avvertono gli ambientalisti - la maggior parte dei
ghiacciai scomparirà entro il 2080. Spencer Tuni-
Notizie dall’Italia e dal mondo *
ck, famoso per le sue fotografie di folle nude in luoghi pubblici, non e’ nuovo a operazioni artistiche di
questo tipo. Ha, infatti, realizzato quelle che definisce “sculture viventi” o “paesaggi corporei” alla
Biennale di Lione, su un ponte di Cleveland in Ohio,
in una stazione della metropolitana di New York e,
nel maggio scorso, ha fatto posare nude 18.000
persone sulla piazza Zocalo di Mexico City.
STONEHENGE:
CHE DELUSIONE!
U
n sondaggio effettuato in Gran Bretagna dalla Virgin Travel Insurance
su oltre tremila persone, alle quali è
stato chiesto di indicare i luoghi turistici che
meno hanno rispettato le loro aspettative, ha
fornito risultati veramente sorprendenti. Molte
località importanti, visitate ogni anno da centinaia di migliaia di persone, sono state ritenute
un’autentica delusione. Stonehenge, il circolo di
megaliti che risale al 3500 avanti Cristo e attrae
755mila visitatori ogni anno, viene definito dagli
interpellati “un isolato mucchio di rocce in un
campo fangoso” e la Tour Eiffel, “terribilmente
affollata e costosa”. Stessa sorte è toccata ad
altre “meraviglie” di livello planetario: la Statua
della Libertà a New York, le piramidi egiziane
e la scalinata di
Piazza di Spagna,
a Roma. Molti altri luoghi, invece,
secondo il sondaggio, mantengano inalterato il
proprio fascino
anche dopo la visita. Fra questi: il Canal Grande
a Venezia, il parco Masai Mara in Kenya e il Sidney Harbour Bridge in Australia.
79
B R E V I
IL SEGRETARIATO UNESCO PER
L’ACQUA SCEGLIE L’UMBRIA
S
i è insediato lo scorso settembre a Perugia il Segretariato del Wwap, il Programma delle Nazioni Unite per la valutazione
dell’acqua. Un risultato importante che premia
l’impegno della Regione Umbria e del Ministero
per l’Ambiente e che mette il nostro Paese al centro delle politiche globali sull’acqua. Il World Water
Assessment Programme, ospitato fino ad oggi
presso la sede parigina dell’Unesco, coordina l’attività delle Nazioni unite sul problema delle risorse
idriche ed è il principale punto di riferimento mondiale del settore. I
suoi obiettivi principali consistono
n e l l ’e f f e t t u a r e
un monitoraggio
dello stato delle
risorse d’acqua
dolce, nel valutare
gli ecosistemi del
mondo e identificarne le criticità, nello sviluppare
gli indicatori e misurare il progresso delle azioni
e nell’operare per un uso sostenibile delle risorse
idriche. Nel marzo 2009 il Wwap presenterà, al Forum mondiale dell’Acqua di Istambul, la terza edizione del Rapporto mondiale sullo stato dell’acqua,
che sarà redatto proprio a Perugia.
ISTRUZIONE A RISCHIO
NEL MONDO
T
ruffe e corruzione mettono a repentaglio
l’istruzione scolastica e universitaria in
tutto il mondo. Questo il preoccupante
responso di un recente rapporto Unesco. False
università private che offrono titoli di studio a pagamento, scuole fittizie e corsi scadenti
80
B R E V I
* Notizie dall’Italia e dal mondo
e/o fasulli stanno seriamente minacciando l’istruzione dei giovani, sia nei paesi ricchi che in quelli
in via di sviluppo. Un fenomeno, favorito dalla
crescente diffusione di internet, che vede l’Ucraina (con 175 università private) fra le realtà più
critiche. Secondo i curatori del rapporto, Jacques
Hallak e Mueriel Poisson, la causa di questa difficile situazione va ricercata nella proliferazione di
scuole e università fittizie e nella grave crisi delle
strutture pubbliche: “Nella maggior parte delle
società, il settore dell’educazione deve fronteggiare gravissime difficoltà e crisi di varia natura:
limiti finanziari,
management debole o inadeguato,
bassa efficienza e
spreco di risorse,
bassa qualità dei
servizi e crescente mancanza di
rilevanza sociale,
come dimostrato
dall’alto tasso di
disoccupa zione
tra i laureati e i diplomati”. Nel dibattito è intervenuto anche il direttore generale dell’Unesco,
Koichiro Matsuura, sottolineando come il rapporto vada interpretato come una sollecitazione ai
governi affinché intervengano per limitare questo
allarmante fenomeno.
QUANDO TURISMO FA RIMA
CON VANDALISMO
I
unesco • associazione città e siti italiani patrimonio mondiale
anno terzo • numero quattro • ott/dic 2007 www.sitiunesco.it
l World Monuments Fund, che da anni
raccoglie fondi per la tutela del patrimonio culturale mondiale, ha diffuso
l’edizione 2008 della World Monuments Watch (www.worldmonumentswatch.org), la
lista dei cento monumenti più a rischio per
atti vandalici, incuria o incapacità dei governi. Un elenco che, fra l’altro, non tiene conto
dei danni derivanti dalle guerre, dall’estremismo religioso e dalla criminalità specializzata in furti di opere d’arte. Anche l’Italia, con
quattro siti, è stata inserita in questa lista
nera: i “tratturi”, la via della transumanza
molisana, minacciata da industrializzazione
e speculazione immobiliare; il Ninfeo degli
Orti Farnesiani sul Palatino a Roma, il Forte
di Fenestrelle in Piemonte e il “ponte-diga”
fatto costruire a Valeggio sul Mincio da Gian
Galeazzo Visconti per inondare Mantova. A
livello mondiale l’elenco include monumenti molto celebri
ed altri quasi
sconosciuti: la
capanna rifugio
di Scott in Antartide, le mura
di Famagosta a
Cipro, la chiesa
della Natività di Betlemme, le chiese di Lesbo in Grecia, le incisioni rocciose del Wadi
Mathendush in Libia, il palazzo del municipio
di Sarajevo, Machu Picchu in Perù, il santuario della Madonna di Teplovo in Russia, la
cappella dei templari di Epailly nella Coted’Or in Francia, la Moschea Blu del Cairo, la
Route 66 (il simbolo della gioventù americana degli anni ‘70).
UNA DIETA DA UNESCO
L
a dieta mediterranea Patrimonio dell’Umanità: questa la richiesta che il
governo spagnolo ha deciso di inoltrare all’Unesco. Il ministro spagnolo dell’Agricoltura, Pesca e Alimentazione, Elena Espinosa,
nel presentare la candidatura ha sottolineato
Notizie dall’Italia e dal mondo *
come il modello
alimentare mediterraneo - un
mix equilibrato di
frutta, verdura,
olio d’oliva, pasta, pane, pesce
e carni magre, il
tutto bagnato dal vino – possa a buon diritto
considerarsi un “bene” da tutelare e valorizzare. La dieta mediterranea è infatti basata sul
consumo di alimenti ricchi di fibre, di olio d’oliva e di pesce ed è unanimemente riconosciuta
come dieta sana e nutriente, utile per contrastare l’invecchiamento cellulare e le malattie
cardiovascolari. Una buona notizia anche per
l’Italia, culla, quanto la Spagna, della cultura e
della dieta tipica di quello che i Romani chiamavano Mare Nostrum.
LA LOTTA
AI CANCELLI ABUSIVI
DI ERCOLANO
D
opo trenta anni, è finalmente stato
abbattuto uno dei numerosi cancelli abusivi che ostruiscono strade e
spazi pubblici e compromettono la fruizione
del complesso archeologico di Ercolano. La
rimozione della struttura, messa in opera negli anni ’70 da
alcuni
privati,
permetterà
di
accedere al primo tratto della
strada del Settecento ed affacciarsi sugli scavi. «La riapertura
di via Cortili – ha
81
B R E V I
affermato l’assessore all’urbanistica Emma
Buondonno - segna la nuova fruizione della
strada del centro storico, in cui il cancello
ne occultava la presenza. L’ampio progetto
di riqualificazione urbanistica mira anche a
ricomporre i tracciati viari originari». La demolizione del cancello ha suscitato molto clamore fra la gente che da tempo richiedeva di
poter usufruire della strada.
IL TUNNEL SOTTO IL BOSFORO
D
al 2011 le due sponde dello stretto
di Istanbul, quella europea e quella asiatica, si avvicineranno grazie
ad un tunnel sotterraneo che le collegherà. Il
governo turco ha infatti presentato un progetto, chiamato Marmaray, per la realizzazione di
una linea ferroviaria sotterranea che potrà trasportare 70 mila passeggeri all’ora in un tunnel
lungo quasi 1400 metri. Il progetto prevede la
posa, alla profondità di 50 metri, di un grande tubo contente
due rotaie, una
per ogni senso
di marcia. Oggi
lo stretto è attraversato solamente da due ponti
autostradali: il
ponte di Bogaz, lungo 1074 metri, e il ponte
Fatih Sultan Mehmed, lungo 1090 metri, circa
cinque chilometri a nord del primo. Il lavori inizialmente avrebbero dovuto terminare entro il
2009, ma sono stati rallentati dal ritrovamento
di numerosi reperti archeologici. Il tunnel sotto
il Bosforo viene letto dagli esperti di politica internazionale come un ulteriore passo in avanti
della Turchia nella sua faticosa marcia di avvicinamento all’Occidente.
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anno terzo • numero quattro • ott/dic 2007 www.sitiunesco.it
L’ASSOCIAZIONE CITTÀ E SITI ITALIANI PATRIMONIO MONDIALE UNESCO
F
ondata nel 1997 dai Comuni di Alberobello,
Andria, Capriate S. Gervasio, Ferrara, Matera,
Ravenna e Vicenza, ha saputo diventare, in
meno di un decennio, un importante punto di riferimento
per tutte le località italiane sui cui territori sono presenti
beni culturali e naturali inseriti nella World Heritage List.
Il sodalizio, del quale fanno parte 49 soci fra Comuni,
Province, Regioni, Comunità Montane e Parchi in rappresentanza di 38 dei 41 siti italiani, svolge una intensa
attività di sostegno alle politiche di tutela e di promozione dei territori insigniti del prestigioso riconoscimento
internazionale. La rete delle città Unesco, in un’ottica di
superamento della frammentazione dell’offerta culturale, si pone come parte attiva di un processo dinamico
che crede nel valore strategico di alleanze integrate e
funzionali e che persegue con tenacia gli obiettivi di salvaguardia e di valorizzazione del patrimonio culturale e
paesaggistico italiano.
I principali obiettivi statutari:
• L’organizzazione di iniziative per la tutela del patrimonio culturale e naturale dichiarato patrimonio dell’umanità e la realizzazione di progetti e proposte comuni da
presentare alle amministrazioni pubbliche italiane e alle
istituzioni internazionali;
• L’elaborazione di politiche di scambio di esperienze in
relazione ai problemi presentati e alle soluzioni adottate
dalle varie comunità; la promozione di iniziative di educazione in collaborazione con le autorità scolastiche;
• La promozione, in collaborazione con le Università e
gli Istituti di Ricerca pubblici e privati, di iniziative finalizzate alla formazione professionale del personale
delle pubbliche amministrazioni e non, impiegato nella
gestione del patrimonio culturale delle
città d’arte;
• La programmazione di una
politica turistica e di diffusione dell’immagine che corrisponda agli interessi della comunità in cui si trovano i
beni patrimonio dell’umanità;
• La promozione di rapporti di collaborazione e cooperazione con analoghe associazioni che dovessero costituirsi in Italia e con l’Anci., nonché con le associazioni
internazionali che hanno medesime finalità, in particolar
modo con l’Unesco.
Il presidente dell’Associazione è Gaetano Sateriale
- sindaco di Ferrara. Il comitato direttivo è composto
dai rappresentanti dei comuni di Assisi, Andria, Firenze,
Portovenere, Tivoli, Urbino, Verona e Vicenza. La presidenza e la segreteria hanno sede presso il Comune di
Ferrara - Piazza Municipale n. 2 - tel. 0532-419917 - fax
0532-418331 - e-mail: associazione.unesco@comune.
fe.it. Sito internet: www.sitiunesco.it.
L’elenco completo dei soci:
Comune di Alberobello, Comune di Amalfi, Comune di Andria, Comune di Aquileia, Comune di Assisi, Comune di Barumini, Comune di Capriate San
Gervasio, Comune di Caser ta, Comune di Cerveteri,
Comune di Ercolano, Comune di Ferrara, Comune di
Firenze, Comune di Lipari, Comune di Matera, Comune
di Modena, Comune di Montalcino, Comune di Napoli,
Comune di Noto Comune di Padova, Comune di Palazzolo Acreide, Comune di Piazza Armerina, Comune
di Pienza, Comune di Pisa, Comune di Por to Venere,
Comune di Ravenna, Comune di Riomaggiore, Comune
di Roma, Comune di San Gimignano, Comune di Siena,
Comune di Siracusa, Comune di Sor tino, Comune di
Tarquinia, Comune di Tivoli, Comune di Torino, Comune di Torre Annunziata, Comune di Urbino, Comune
di Venezia, Comune di Verona, Comune di Vicenza,
Comunità Montana di Valle Camonica, Parco del Delta
del Po, Ente Parco archeologico e paesaggistico della
Valle dei Templi, Provincia di Ferrara, Provincia di Pesaro e Urbino, Provincia di Salerno e Regione Veneto.
La necropoli di Pantalica