L`anoressia corre sul web - Risky-Re

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L`anoressia corre sul web - Risky-Re
L’anoressia corre sul web
“Non ne ho mai parlato a nessuno, ma ora ne avverto il
bisogno! 1.68 x 78 chili... Soli 19 anni... Gli anni durante i
quali potrei indossare minigonne, vestitini aderenti e
quant’altro. Spesso navigo tra i siti che si occupano
dell’anoressia. Nonostante sia cosciente dello stato di
disagio che si prova in queste situazioni, voglio essere
Anoressica per un po’, stare male per un po’, e poi
quando avrò raggiunto il peso forma, qualcuno dovrà
aiutarmi. Grazie per lo sfogo, baci “ (Xax, venerdì 22
agosto, ore 02:02)
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Nessuna ragazzina di oggi pensa che il sacrificio compiuto a ore pasti sia un martirio da offrire a Nostro
Signore come pensavano le Sante Anoressiche, Santa Caterina, Santa Veronica o Santa Chiara. Loro, vergini
asessuate, scriccioli martirizzati per amor di Dio, cercavano di far dimenticare i danni originali saltando le
colazioni: l’ascetismo era un’espiazione dei mali del mondo, ed era giusto che si immolassero proprio loro, le
donne, vista la cattiva figura che alla categoria aveva fatto fare la già citata Eva. Qualcuna ancora c’è, che
lega la rinuncia del cibo al trascendente della tradizione, come l’anoressica di Pierluigi Panza: “La sera
pregavo Dio per diventare modella, e forse per questo non mi ascoltava. Ma lo pregavo anche per non farmi
mai toccare dagli uomini, per diventare santa, per essere meglio di mia sorella, per restare sempre con la
mamma, per prendere nove nel tema di italiano…” (Il digiuno dell’anima). Ma resta un’eccezione.
Le ragazzine al Signore non ci pensano più. Ma il bisogno di mettere la propria fame nelle mani di qualcosa
fuori di sé, tipico delle pie dei secoli bui, è un’esigenza che ora si sta facendo di nuovo sentire: diavolo, qui
non stiamo mica facendo una dieta, qui siamo anoressiche e bulimiche, e felici di esserlo. Serve un controllo
dall’alto, un occhio superiore, un fine più importante, un’altra Madre che capisca e punisca chi sgarra. Il
signore dei Cieli non c’è più. Serve un’altra divinità.
Quest’ansia mistica è rispuntata oggi all’improvviso, e ha trovato casa in Internet. Le singole anoressiche del
mondo, fino a qualche anno fa penitenti ognuna nella propria cameretta di clausura, hanno iniziato a
parlarsi, a entrare in contatto: si sono messe in Rete, in un rito. E hanno dato origine a un fenomeno nuovo.
Tutto si è sviluppato in questo millennio, blog carbonari, segreti, creati, uccisi dai censori e poi rinati. Sui siti
internet a favore di anoressia e bulimia, che crescono come funghi, il sapore di religione oggi torna
prepotente. E non è un caso se nella lista dei “non” che regola le vite anoressiche e bulimiche, ora esista
anche questo, il non-luogo dove non-essere, dove ritrovarsi ma non con il corpo, I nternet. Le ragazzine
anoressiche e bulimiche sono tutte on-line, in linea, in ogni senso.
Messo in cantina il Signore della Bibbia, dunque, si sono aggrappate al Signore dell’Anello, quel Ring di siti
pro Anoressia e pro bulimia che le trasforma da ragazzine qualunque in adepte di una Chiesa virtuale.
“C'
è una dea che mi ha rubato corpo, cuore e anima
c'
è una dea che mi ha privato della carne,
c'
è una dea che rende il male bene,
c'
è una dea che resta dentro per giorni, mesi, anni,
c'
è una dea che fa dei bisogni privazioni,
c'
è una dea sconosciuta eppure sembra di conoscerla da sempre,
questa è la dea anoressia,
questa è fonte di dolore, morte, sofferenza
questo è il male di cui soffro”
Torna la mortificazione della carne da offrire a una divinità, che non è più in un ostensorio ma sta dentro il
frigidaire. Il cibo, odiato, rifiutato, peccato originale; il corpo, che non pretende, non sopraffa più, perché la
mente lo domina; l’amore e l’attenzione su di sé, che entrambe invocano: questo accomuna le sante di allora
e le adolescenti di oggi. Virtuose o virtuali, antiche o moderne, aspiranti tutte. Chi al Regno dei cieli, chi al
palco di Montecatini.
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“Ana è colei che ci accompagna ogni giorno, che ci odia e ci ama, che odiamo e amiamo. Ana siamo noi”.
Suona orecchiabile come una reclame, quest’odi et amo, il manifesto pro anoressia che migliaia di siti
internet espongono in vetrina: dentro c’è sentimento, c’è appartenenza, c’è una lei e un noi. Se lo passano
tra loro le ragazzine rachitiche o aspiranti tali, come fosse un salmo del libro delle Ore da recitare fino a
compieta. “Ana è la tua ragione di vita, la tua dea”, va adorata e onorata con abbondanti offerte di
chilocalorie. I mezzi per l’ascesa: dieta, purghe e vomito, un computer e il mouse.
I forum e i blog pro Ana e Mia, diari virtuali fatti di miliardi di pixel per lo più fucsia e melanzana con tanti
cuori e fiorellini come le Smemo vere, traboccano di questa nuova religione da catacomba. Sono centinaia di
migliaia le ragazzine-adepte che si scambiano pensierini e consigli su come raggiungere la “magritudine”
sulla terra, in una cantilena di “cara”, “tesoro”, “amore”, tata”, “smack” e “tvb”. Si riempiono di complimenti
e cercano una “buddy”, una “consorella” più esperta che possa iniziarle alla pratica e seguirle nel loro
cammino di assottigliamento. Hanno scolpito in html i loro dieci comandamenti -li chiamano proprio così- e si
scambiano i loro santini, foto di top model striminzite in passerella e di ballerine col tutù infilzate sul parquet:
in gergo thininspiration, ispirazioni di magrezza, quelle che ce l’hanno fatta, le sante della situazione. «Cara
Ana, ti offro l’anima, il cuore il corpo», scrivono. «Ti prego: dammi la saggezza, la fede, il peso di una
piuma. Ti imploro: aiutami a fluttuare leggera, a dimagrire fino all’osso, a detestare il cibo, a odiare la mia
immagine riflessa nello specchio. Ti dono la mia vita. I o sarò per sempre la tua fedele discepola. Finché
morte non ci separi». Amen.«Benvenuta nel mio blog… ti aiuterò a diventare anoressica pura», scrivono
altrove. «Insieme riusciremo a raggiungere la nostra felicità e il nostro meritato posto al sole. Puoi farti
passare l’appetito occupandoti la giornata e bevendo molte robe calde come thé non zuccherato e minestrina
light».
L’appartenenza virtuale diventa anche fisica con il “rosario” d’ordinanza: un braccialetto di cuoio, rosso per
Ana, blu per Mia, chiuso da una farfallina. Le ragazzine lo indossano al polso sinistro, insieme con altri
braccialetti privi di senso, e quando si incontrano a scuola o per la strada devono indicarlo con l’indice della
mano destra: un segnale in codice, una strizzata d’occhio per dirsi “ci siamo capite”. Riti, segni, preghiere,
oggetti, è tutto online, in un tempio virtuale che sta a metà tra la Cattedrale e una puntata delle streghette
Winks.
On line si celebra il corpo e la sua sparizione. Questo calvario di tibie, peroni e clavicole scorticati, ormai
invade il web. In America i siti aumentano del 470 percento l’anno. Sono tre milioni. In Italia, secondo uno
studio dell’Università di Torino pubblicato sulla rivista scientifica “Eating and Weight Disorders”, i siti pro ana
o pro mia sono quasi 300 mila, di cui 257 mila contengono la parola chiave «pro-anorexia», 18.600 «proana», 14.200 «thinspiration» (ispirazione alla magrezza) e 577 «anorexicnation», ovvero «nazione
anoressica», un neologismo che indica la forte tendenza alla creazione di una «subcultura anoressica», in
senso antropologico. Una nuova razza, insomma. Il 47 per cento degli indirizzi online pro-anoressia risulta
visitato di frequente. «Lo studio evidenzia come sia cresciuto, negli ultimi anni, il ruolo di internet in
relazione all'
aumento di questa patologia», spiega Secondo Fassino, professore di psichiatria del
Dipartimento di neuroscienze dell'
Università torinese, che ha coordinato lo studio di Giovanni Abbate Daga,
Carla Gramaglia e Andrea Pierò. «Internet ha senza dubbio incrementato l’accesso ai trattamenti
dell'
anoressia ma ha anche rafforzato alcune delle sue cause psicopatologiche, come l'
ascetismo, la
competizione, i comportamenti autopunitivi e l'
ossessione per l'
autocontrollo».
Secondo il Ministero della Salute, l’insorgere di nuovi casi di anoressia è al momento stabilizzato su una
media di sei nuovi casi ogni 100.000 abitanti, mentre è in crescita l’incidenza della bulimia nervosa, circa 12
nuovi casi ogni 100.000 abitanti. L’età di chi si ammala è tra i 12 e i 25 anni. Le malate di anoressia sono un
milione. «E’ importante notare come i dati si riferiscano ad un Disturbo del Comportamento Alimentare
conclamato», spiega Agostino Giovannini, ricercatore di Reggio Emilia che per primo in Italia ha indagato il
fenomeno on-line: «La diagnosi, infatti, giunge spesso tardi, anche dopo 6/ 7 anni dall’esordio, solitamente
sulla spinta di sintomi psico-fisici talmente gravi da impedire il perpetuare del comportamento. Pur essendo,
questi dati così rilevanti, nella nostra società i disturbi dell’alimentazione sono ancora poco considerati, e una
persona malata passa spesso inosservata. Anche all’interno delle stesse famiglie a volte il problema viene
sottovalutato o addirittura ignorato. Nonostante i siti web pro anoressia siano un fenomeno “nuovo”,
possiamo attribuire loro un duplice senso, conseguenza della situazione di cui si è detto: da una parte, sono
la sfida narcisistica di queste persone al mondo, con la loro voglia di alimentare e celebrare la dipendenza
dal sintomo; dall’altra possono rappresentare il loro grido di aiuto al mondo, un bisogno di relazioni, un
desiderio di poter parlare sempre e comunque. Bisogno che le persone affette da queste patologie non
sentono riconosciuto da una società, dal loro punto di vista, spesso non in grado di capire e accogliere».
I siti web pro anoressia sono nati negli Stati Uniti una decina di anni fa, intorno al 1998/1999. Sono poi stati
importati in Europa: Inghilterra, Francia e Spagna, i primi Paesi. In Italia sono attivi circa dal 2002-2003. Il
professor Giovannini, nella sua Ricerca sul fenomeno Pro Ana svolta con la supervisione del professor
Umberto Nizzoli (Programma Aziendale Salute Mentale e Dipendenze Patologiche dell’Ausl di Reggio Emilia)
ne racconta la storia: «Il primo sviluppo dei siti web pro Ana si è registrato con la realizzazione di blog. Dati i
limiti di interazione di uno strumento come il blog, non si poteva ancora parlare del movimento Pro Ana
come di un fenomeno ben strutturato, seppure questi diari on-line permettessero già di scambiare consigli
sui comportamenti restrittivi e (cosa più importante) permettessero un sostegno morale nel perseguimento
degli obbiettivi. Il fenomeno Pro Ana, invece, si struttura più saldamente con la nascita dei forum privati.
Forum che si dichiarano di seguaci della Filosofia di Ana, che si contrappone alla classificazione dei
comportamenti anoressici e bulimici propria del mondo medico. Questi forum sono accomunati ai blog
soprattutto dalla tipologia di persone che li frequentano.
Avendo carattere privato, favoriscono la creazione di comunità virtuali, dove le ragazze discutono e si
sostengono, nel perseguimento dell’obiettivo della magrezza assoluta. Questi spazi sono, infatti, composti da
un luogo di discussione principale, nel quale vengono trattati gli argomenti più importanti, e da luoghi di
discussione secondari; sono inoltre caratterizzati da un rilevante numero di materiale incentivante e
rinforzante il delirio (i motivi per non mangiare, come non farsi scoprire, i consigli per vomitare meglio) ». I
blog, insomma, sono la vetrina pubblica dove socializzare e farsi conoscere dal mondo, i forum privati il vero
mondo “settario” delle anoressiche.
«Una caratteristica peculiare e tecnica dei siti Pro Ana, poi, è l’impossibilità di monitorarne la nascita e
l’evoluzione, a causa della velocità con cui vengono chiusi e ricreati, rendendo anche inefficace un’azione
repressiva».
Reprimere non si può e non è la soluzione, ma è evidente che su internet le ragazzine imparano e imitano
comportamenti pericolosi. Sul bollettino Pediatrics dell'
Accademia Americana dei Pediatri, è scritto che fino a
un terzo delle adolescenti imparano a dimagrire o a usare purghe grazie a siti web specializzati. Per
l’Università di Stanford, il 96 percento di chi visita i siti ha imparato lì nuove tecniche per perdere peso e per
purgarsi. Sette su dieci le hanno sperimentate, un terzo ora le usa regolarmente. Steve Bloomfield,
responsabile della comunicazione della Eating Desorders Association, ha detto ai microfoni di Bbc Radio:
«Abbiamo visto ricerche compiute negli Usa in cui si è definitivamente stabilito che le persone che usano
questi siti cercano molto meno aiuto e cure rispetto alle altre». Per Daniele Damele, vicepresidente del
comitato nazionale di garanzia Internet e minori, i blog rischiano di dar vita a un vero e proprio movimento:
«Oltre a fornire falsi modelli di bellezza», dice, «si spingono a proporre campi estivi in cui si insegna a non
mangiare e a vomitare, e arrivano pure a vendere farmaci che stimolano il vomito».
Si dice che, soprattutto in America, i siti pro ana siano finanziati dalle multinazionali erboristiche, che
producono e vendono dietetici e anoressizzanti. Sui blog delle ragazzine vengono segnate le pillole migliori, e
quelle più efficaci sono ordinate in una top ten. Si va dalle piante naturali come l’Efedra cinese unita a
ginseng e caffeina, alla sinefrina estratta dall’arancio amaro, agli acceleratori del metabolismo, fino ai veri e
propri anoressizzanti, diuretici e lassativi chimici. Nomi, cognomi, marche. Oltre alla classifica, vengono
forniti gli effetti collaterali e il dosaggio. Certo, una buona pubblicità e pure “mirata”. «Sul sito di
un’associazione italiana che offre terapie alla malattia, ovviamente a pagamento», racconta ancora il
professor Giovannini, «ho trovato il link al mio sito e il link a un sito del genere pro anoressia. Li ho avvertiti.
Non hanno fato nulla». Il sito ovviamente è mascherato, anche non troppo bene, da sito di lotta all’obesità,
l’altro lato della medaglia. Ma dà consigli e supporto morale alle ragazze “della famiglia” proprio come fanno
i blog pro ana. E come si dice: a pensare male. «E’ innegabile che dietro alla ossessiva ricerca della
magrezza viva e prosperi anche un certo marketing», dice Giovannini. Chi si lascia affascinare dalla filosofia
Ana, però, secondo il professore è una persona che ha già un qualche disturbo. «E’ come se al supermercato
esistesse il corridoio delle malattie. Ognuno passa e si prende la sua, a seconda del proprio carattere, del
periodo storico, della cultura. Una maschera. Ma alla base resta il disagio. I maschi approdano alle sostanze
e alla tossicodipendenza, le ragazze all’anoressia e alla bulimia. Veramente ora i due generi ora stanno
mescolando le carte, per cui anche questa divisione oggi come oggi non è più del tutto valida. Ma il “cosa
diventare” presuppone sempre e comunque un disagio di partenza, di cui la malattia è uno specchio».
Non c’è troppo da credere alle adolescenti, dunque, quando si proclamano ana e contente. E nemmeno
quando sui siti fanno la conta delle calorie ingurgitate come fossero le figurine dei Calciatori: ce l’ho, ce l’ho,
manca, e te la spiegano con la voglia di diventare sottilette come Nicole Richie. «Non c’è da credere loro
perché quando io spiego alle ragazzine che provocandosi il vomito non dimagriscono affatto, perché il corpo
assorbe prima il grasso, poi i muscoli e il fisico da tonico diventa flaccido, cambia il metabolismo e sotto una
certa soglia il peso non scende, rimangono sbalordite, smettono di cacciarsi il dito in gola per due settimane
ma poi ricominciano. Segno che non lo fanno per dimagrire. Quando si ingoia il contenuto di quattro borse
della spesa e poi si va in bagno a vomitare, il corpo subisce uno shock terribile. Una vera e propria tempesta
ormonale: per tamponare il dolore il cervello chiede e fa produrre endorfine e adrenalina. Così, più che il
dolore, la parte “primordiale” del cervello che regola un istinto primario come il mangiare, cioè il sistema
limbico, ricorda la reazione orgasmica delle endorfine, e le rivuole. Si crea una dipendenza, e il vomito si
trasforma una droga di cui non si può fare a meno. Conosco donne di quarant’anni con marito e figli che
continuano ad andare in bagno dopo ogni pasto: certo non possono essere influenzate dai siti internet, o
dalle modelle in passerella. Molti atleti assumono coscientemente atteggiamenti anoressici prima di una
gara: così il corpo resta come sotto l’effetto del doping, aumentando le prestazioni. Accusare dunque il
mondo della moda, o i siti internet di provocare il problema, è un errore, e forse anche un modo più facile
per liquidare la questione: andare alla radice e scoprire la vera causa dei comportamenti umani è doloroso,
complesso e spesso tanto inquietante da risultare impossibile».
Una volta conosciuti i siti pro Ana e Mia, dunque, le ragazzine già disturbate di sicuro non migliorano. Anzi. Il
meccanismo di emulazione scatta, ed è particolarmente prepotente. Anche perché i siti si sono evoluti nel
tempo, e stanno peggiorando. Le pretese delle ragazzine diventano più estreme. Prima ci si fermava a 45-46
chili, ora si sognano i 35. Peso, questo sì, davvero a rischio per il fisico. Se prima i siti erano moderati, e le
discussioni tutto sommato tranquille, ora si è aperta un’insana competizione tra le adolescenti, arrabbiate
con il mondo che non ha dedicato loro abbastanza attenzione, pur così magre com’erano. “Non vi
scandalizziamo ancora?”, è il ragionamento. “Allora spostiamo la tacca della bilancia: per ottenere i riflettori
si deve dimagrire di più”. «I siti pro ana puri si sono quasi estinti», spiega ancora Giovaninni. «Ora il 99
percento dei blog sono in mano alle bulimiche. Le anoressiche, che si sono sentite accusate e non accettate,
si sono chiuse a chiave dentro i siti privati, dov’è ancora più difficile scoprirle e aiutarle, e dove si trovano a
loro agio, nella rigidità che le contraddistingue. Non c’era nulla di pro ana tenuto segreto, un tempo. Ora sì».
Ora dobbiamo incominciare ad avere paura. «L’aggravarsi di un disturbo già presente in questo mondo
sconosciuto è un pericolo incalcolabile, quanto lo è il rischio emulativo di disturbi similari. Incalcolabili, oggi,
sono anche le conseguenze dirette ed indirette sulle ragazze, in cura e non». Ana, in fondo, “è una dea
bastarda che divora le sue figlie”. Anoressica, lei, mica poi tanto.
La testimonianza
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Ho avuto l’anoressia a 14/15 anni, l’iperfagia a 16/ 17/ 18, e la bulimia dai 19 a ora, che ne ho 22 da un
mese. A 14 anni ero anoressica e non lo sapevo. Andavo come molte ragazzine della mia età e di famiglia
media, a danza. Ero bravina, ero maledettamente bravina, e pertanto sotto continuo stress. Non passava
giorno che le mie insegnanti non mi torturassero davanti allo specchio facendomi notare quanti rotolini di
grasso io avessi quando piegavo la schiena, la pancia enorme e protuberante e molle che avevo di profilo.
Tutti i giorni. Tutte le volte. Tutti gli spettacoli ero il salame della scuola, ma tutte, a turno, eravamo salami,
prosciutti, mai troppo belle, mai troppo brave, mai troppo magre. Ci davano delle diete per dimagrire prima
degli spettacoli a teatro, prima dei provini o degli esami. Diete estreme che comprendevano frutta a pranzo
e frutta a cena per settimane, se ti andava bene, altrimenti mele e solo mele, non toccate le banane! La
fortuna di molte ragazzine che frequentano queste scuole è quella di avere delle famiglie sane ed intelligenti
che non appena si accorgono di cosa succede all’interno della sala da ballo, si indignano, ritirano i figli, o
continuano a mandarli ma controllano attentamente che non si mettano in testa strane idee di saltare i pasti
o di pranzare a bucce di mela. Io questa fortuna non l’ho avuta, visto che senza entrare in dettagli dolorosi
per me e per i miei parenti, per farla breve, in casa mia nessuno si è mai curato di darmi da mangiare e anzi
se mangiavo di meno non poteva che essere un bene poiché significava che non sarei mai diventata
un’adulta “cicciona e schifosa come la mamma…”.
Ho cominciato a saltare il pranzo, completamente, e poi la cena. Facevo solo colazione. Sono andata avanti
così due anni. Nessuno si accorgeva di nulla. Pensavano che mangiassi solo un po’ in modo strano perché
ero una ballerina e tutte le ballerine fanno così o almeno le ballerine brave. E io volevo, volevo, volevo
disperatamente essere brava. Essere la più brava. La più magra.
Due anni facendo solo colazione, e sono scoppiata. Avevo fame di tutto, avevo fame di pane, di biscotti,
avevo fame di tutta la vita che mi ero dimenticata per dedicarmi anima e corpo e ancora anima ad essere la
migliore, ed essere perfetta. Ho recuperato tutto con gli interessi, da quando ho messo in bocca e ho sentito
sulla lingua la prima briciola di biscotto, non ho più smesso di desiderarli. Biscotti più dell’amore. Mi sono
mangiata tutto, mi sono mangiata la scuola, le persone, mi sono mangiata paste e biscotti insieme col sesso
e con le lacrime. Ingorda di tutto. Di parlare, di mangiare. Di parlare con la bocca piena. Sono ingrassata in
tre anni più di quanto ero cresciuta in 16 anni dalla mia nascita.
Allora un giorno accendi il pc e digiti su google pro anoressia o pro-ana o altre cazzate che al momento ti
sembrano la migliore via d’uscita al tuo straripamento emotivo, e ti accorgi che c’è un mondo, un mondo
intero fatto di allettantissime diete, calorie, pesi e chilogrammi da perdere che può tranquillamente
impegnarti la giornata senza dover pensare alle tue lacrime, alla tua famiglia, allo stress della scuola, della
scuola di danza, del ragazzo che ti piace. E’ un mondo che se non vai a cercarlo tu, ti verrà a cercare lui,
prima o poi. Sta tutto nel fatto di essere lì davanti al pc nel momento giusto o sbagliato. Se hai voglia di
scappare o no. Io ne sono stata inglobata. Probabilmente in quel momento ne avevo bisogno, ero sola, ero
grassa, non ero più la più brava a danza e non ero neanche più la prima della classe al liceo, in famiglia
andava male, tutte queste cose mi sembravano orrori intollerabili, era tutto quello che avevo, iniziare una
dieta, e poi avere fame e soffrire avere fame e soffrire avere fame e correre al supermercato a riempirmi di
cibo.
Quando ho cominciato a navigare sui siti pro anoressia io era il 2001, non esistevano ancora blog o
community o forum pro ana in Italia o in italiano, e io facevo parte di un gruppo, anzi, di ben tre gruppi
americani. Fui la prima a tradurre alcune delle regole ferree che circolavano nei siti americani e a scriverle e
renderle accessibili a un piccolo poi sempre più vasto pubblico. Con me, o subito dopo di me, altre due o tre
ragazze che porto ancora nel cuore ma di cui ho perso notizie. Solo una continuo a sentire saltuariamente.
Molto saltuariamente. Non parlerò di lei. Eravamo in quattro o cinque, con quattro o cinque blog e quattro
commenti ciascuno che incitavano a perdere chili e a mandare giù pasticche di * * * * , lassativi, diuretici,
tazze di té verde e caffé amaro, e tutto il resto della gente che commentava non capiva, spesso si
arrabbiava, ancora più spesso premeva la X rossa in alto a destra e ci dimenticava e non voleva vedere. Ci
sentivamo forti, unite, ma in realtà eravamo fragili, pronte a morire. Siamo state cattive, siamo state cattive
come e più di tutte le blogger malate di anoressia e bulimia che troviamo in rete adesso e sono, dio mio,
centinaia, forse migliaia, solo in italiano.
Io per prima ho infierito e preso in giro persone estranee che mi parevano ottimi capri espiatori per la mia
aggressività di affamata beffandomi di loro e insultandole e deridendole e beffando al contempo me stessa.
Ho passato molti mesi a crocifiggermi per la colpa di aver iniziato un fenomeno in Italia di cui mi vergogno
molto, ma che a questo punto penso sarebbe comunque sorto, prima o poi. Insomma, se non fossi stata io,
sarebbe stata qualcun’altra poco dopo… Ho cominciato a vomitare, imparando al telefono un maledetto
settembre da un’amica, sempre più magra, sempre più magra, vomitavo 30 volte al giorno, mangiavo e
vomitavo, e di nuovo mangiavo e di nuovo vomitavo, ho abbandonato scuola, interessi, persone, i pochi
amici che avevo, parenti, per passare la mia giornata davanti a foto e giornalini di cibo e ricette e
ingurgitavo con gli occhi e con la bocca prima 20, poi 30 euro, poi 50 euro al giorno di cibo che finiva e
finisce puntualmente nel gabinetto. Posso solo sperare che queste ragazze col blog pro-ana o pro-mia col
tempo si stufino esattamente come mi sono stufata io, prima che sia troppo tardi (e il tardi arriva presto), si
stufino di parlare sempre della stessa cosa, che possano diventare nella loro vita ciò che davvero sono senza
che alcun blog, alcuna pubblicità, alcuna Kate Moss, alcuna star di Holliwood possa mai intaccare il corso
della loro vita. E anche io, che lo possa anche io. Sto cambiando. Sto crescendo. Che un chilo in più non sia
solo un chilo in più di grasso, ma che sia un chilo in più di Dandyna.

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