patologie

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patologie
patologie
di Flavio Gagliardi e Oscar Di Santo
Acquariofili ed operatori del settore si trovano frequentemente a
dover combattere con l’annoso
problema delle patologie dei
pesci. Una materia molto vasta
(basti pensare all’incredibile
numero di specie coinvolte),
complessa (innumerevoli sono le
interazioni tra parametri chimico-fisici, organismi patogeni,
pesci) e che solitamente richiede
competenze multispecifiche.
Tenie, funghi, dattilogiridi, batteri, protozoi Flagellati o Ciliati
sono organismi con cui qualsiasi
appassionato, almeno una volta
nella sua carriera, ha avuto a che
fare. Chi storce il naso e si “chiama fuori” dovrebbe ringraziare la
Dea bendata per la fortuna concessagli! Si proprio così, perché
pesci e batteri, pesci e protozoi,
pesci e microorganismi sono in
sostanza dei binomi indissolubili,
nel bene e nel male ed il discus
non fa certo eccezione, anzi!
E’ utile puntare l’attenzione su
alcuni aspetti, spesso molto trascurati, del problema malattie,
primo tra tutti quello della diagnosi. Capita spesso di sentire
qualcuno che con tono deciso
afferma: ”i miei pesci hanno questo o quello”. Tuttavia nella maggioranza dei casi si tratta di analisi frutto di osservazioni dei soli
segni esterni (qualora questi
siano visibili!) della malattia; è
vero, sono indicazioni utili, poiché legate alle nostre precedenti
esperienze in materia, ma su cui
non si può pensare di basare una
diagnosi. Questo approccio, che
non va in fondo alla questione,
non procede su una linea rigorosa, non isola e poi identifica l’organismo o gli organismi che caupagina 64
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sano la patologia, ma semplicemente ne suppone l’esistenza. In
sostanza, queste diagnosi basate
sull’osservazione non sono confortate dalla necessaria accuratezza. Come ottenere allora una
diagnosi più credibile e più utile
ai nostri fini? Innanzitutto è
auspicabile, se non indispensabile,
il supporto di un microscopio
ottico e di qualcuno in grado di
preparare i vetrini da osservare; in
questo modo tutta l’indagine è
notevolmente agevolata e sveltita.
Grazie al microscopio si può rapidamente restringere il campo
delle ipotesi, puntando con decisione il dito verso l’agente o gli
agenti responsabili della malattia
e chiarendo così da subito se si
debba intervenire o meno con farmaci. A volte tuttavia, nemmeno il
microscopio ottico è in grado di
chiarirci le idee; è il caso ad
esempio di patologie causate da
virus o da agenti non convenzionali (“mucca pazza” è certamente
il più emblematico e famoso del
momento!). Ma del resto anche di
fronte ad una più comune batteriosi l’aiuto che il microscopio
ottico può fornirci è molto limitato: esso può restringere il campo
degli incriminati, ma non può
certo identificarli e tantomeno
può suggerirci il farmaco più idoneo da impiegare! Come muoverci
in questi casi? Bisogna necessariamente avvalersi di un laboratorio di analisi attrezzato. Questa
strada oltre ad essere costosa,
spesso richiede il sacrificio di
almeno un esemplare! Si tratta
perciò di procedure che competono più agli allevatori ed agli
importatori responsabili piuttosto
che ai privati acquariofili, anche
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Artemia premium, impiegata presso l’impianto della Panaque srl.
Dati di schiusa:
Percentuale di schiusa= 90-95 %
Lunghezza dei nauplii= 490-510 micron
Diametro delle cisti= 250-265 micron
Dati nutrizionali:
proteine= 70.2
grassi= 20.8
fibre grezze=2.0
ceneri= 6.1
Acidi grassi poliinsaturi w-3= >11 mg/g
Profilo dettagliato di acidi grassi:
acido stearico= 9.0 mg/g
acido oleico= 27.2 mg/g
acido linoleico= 9.1 mg/g
acido linolenico= 44.2 mg/g
acido arachidonico= 4.5 mg/g
acido arachidico= 1.1 mg/g
acido eicosatrienoico= 2.7 mg/g
acido eicosapentanoico (EPA)= 5.1
mg/g
acido docosaesanoico= <0.5mg/g
Questo tipo di Artemia non ha fatto rilevare (livello minimo=10 parti per miliar do) i seguenti composti xenobiotici:
Esaclorobenzene, Lindano, Aldrin, DDE,
Dieldrin, Endrin, DDD, DDT, Mirex,
Chlordane, Toxaphene, PCB, Diazinon,
Malathion, Ethion.
in considerazione dei costi, delle
modalità e delle difficoltà da
affrontare.
Un esempio pratico: un discus
mostra una pelle leggermente
opaca, pinne un po’ chiuse e si
gratta contro le superfici dell’acquario; sebbene il campo delle
ipotesi sia apertissimo, tra i maggiori indiziati potremmo sicuramente includere ectoparassiti
Artemia
A lato. In alto, per schiudere piccole
quantità di Artemia non è necessario
ricorrere a particolari accessori.
Al centro Francesca Mugnai sta procedendo al lavaggio dei naupli allevati nei
grandi schiuditoi tronco-conici sula sini stra. In basso, le vaschette che contengono gli avannotti di circa dieci giorni di
età. Spazi così ridotti permettono un
controllo migliore, ma richiedono un
ricambio d’acqua continuo e costante.
L’Artemia è un cibo fondamentale nello svez zamento dei piccoli discus, sia per le caratteri stiche nutrizionali che per le ridotte dimensio ni. E’ importante che i naupli vengano sommi nistrati appena schiusi dato che dopo poche
ore valgono pochissimo, da un punto di vista
nutrizionale, rispetto al valore iniziale. Le
Artemie alla Panaque vengono schiuse quattro
volte al giorno, in modo da assicurare un ali mento perfetto. In alto nelle fotografie possia mo vedere due piccoli schiuditoi dove vengono
utilizzate cisti di una varietà selezionata molto
piccola e molto ricca di acidi grassi polinsaturi
(vedi box nella pagina a fianco). Questa varie tà è commercializzata come il prodotto più
pregiato ed è utile per le primissime fasi di cre scita. Al centro, il lavaggio dei naupli appena
estratti dallo schiuditoio tronco-conico sulla
sinistra. In questo caso la quantità di Artemia
schiusa è molto maggiore ed anche la dimen sione dei naupli è più grande: questi sono,
infatti, destinati a pesci più avanti nella cresci ta e quindi di maggiori dimensioni. I piccoli
discus di qualche giorno non sarebbero in
grado di predare naupli ‘così grossi’. Vorrei
sottolinare come la forma dello schiuditoio sia
essenziale per mantenere l’alto valore nutritivo
dei naupli che, al momento dela separazione,
quando viene chiuso il rubinetto dell’aria, rac cogliendosi in basso, non sprecano energie pre ziose (per noi!) in spostamenti: sono, infatti,
attratti dalla luce che è sul fondo, ma la cadu ta avviene naturalmente a causa del peso. Le
cisti vuote, più leggere, si raccolgono in alto.
In basso le piccole vasche che ospitano i discus
dal decimo giorno dal riassorbimento del sacco
vitellino per due settimane circa. Questi
ambienti piccoli permettono un controllo mag giore sugli avannotti che approfittano comun que dei vantaggi di qualità dell’acqua e stabi lità delle schiere. Si può notare nella fotografia
uno zampillo di acqua nuova che alimenta
continuamente il piccolo contenitore ed un
troppo pieno che riporta l’acqua nel circuito
della schiera. I piccoli discus sono trasferiti
quando hanno già raggiunto la taglia
di circa 15 mm.
Filippo Riccardi
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novembre 2001
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Ch i s ono i bi ologi della Pan aque?
Più di cinque anni fa, nel 1995, è iniziata la nostra avventura. Appena lau reati in acquacoltura e specializzati
nell’allevamento di pesci a scopo alimentare, ci siamo ritrovati con tanta
voglia di fare una esperienza nel settore e soprattutto lavorare sul campo,
decisi a non finire in un laboratorio
con luce artificiale. C’era molta voglia
di lavorare e di utilizzare gli strumenti
e il bagaglio culturale frutto sudato
degli anni universitari. Ci siamo guardati e con l’incoscienza della nostra
giovane età abbiamo cominciato a
sognare. Soprattutto io, unica donna,
che aveva voglia di lavorare in un
allevamento, scelta non comune visti
i sacrifici, i ritmi strani e l’ambiente...
soprattutto maschile. E’ così nata l’idea di costruire qualcosa che realizzasse questo sogno, qualcosa a nostra
dimensione: la passione per l’acquario era parte di tutti noi ed è venuto
naturale pensare di poter fare un allevamento di pesci tropicali, applicare
quello che avevamo imparato su spigole, orate, storioni e anguille su un
altro tipo di pesce, pesce che non
sarebbe servito alla alimentazione,
ma alla vostra passione di acquariofi li. La nostra cultura e la nostra esperienza sono stati un trampolino di
lancio per questa avventura dove i
canoni erano completamente differenti, basti pensare che un discus
adulto pesa massimo 250 gr , un
guppy 1 gr, uno scalare 50 gr e che
un discus in un anno raggiunge la
maturità e 12 cm di lunghezza mentre
la spigola ci mette 3 anni a diventare
“da porzione”. Anche i ritmi erano
diversi, le spigole depongono le uova
a dicembre di ogni anno, i Discus
ogni dieci giorni…. Anche il luogo
ideale era diverso, cercare acqua
adatta piuttosto che lagune o valli
sperdute nella nebbia. E’ così che
abbiamo scelto Capranica: acqua in
quantità abbondante e con caratteristiche ideali, quelle che ci avrebbero
permesso di riprodurre ed allevare al
meglio i nostri discus.
Francesca Mugnai
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Ciliati quali Chilodonella sp.,
Trichodina sp., oppure ectoparassiti Flagellati come Ichthyobodo
necator. La terapia elettiva in
questi casi prevede l’impiego di
formaldeide. Ma ecco che il
microscopio ci aiuta! Dopo aver
anestetizzato il discus e preparato
un vetrino con uno striscio di
muco, possiamo scrutare la realtà
più da vicino. Sulla pelle del pesce
non prolifera nessun protozoo! Gli
ingrandimenti più forti confortano una diagnosi molto diversa:
sono i batteri i veri responsabili di
quel grattarsi e scuotersi. Una
popolazione di batteri incredibilmente abbondante ed a prima
vista assai eterogenea. La formaldeide non ci avrebbe assolutamente aiutati, anzi avrebbe
aggiunto ulteriore stress a quello
che il pesce stava già subendo! Il
microscopio, in casi come questo,
ci avrebbe comunque soltanto
permesso di compiere un piccolo
passo in avanti, ma non sarebbe
stato neppure in grado di indicarci la famiglia di antibiotici da
impiegare. Ai fini di una corretta
diagnosi la parola passa ad un
laboratorio di analisi competente
in ittiopatologia, struttura in
grado di isolare il batterio e di
procedere ad un antibiogramma.
Tra gli strumenti di cui possiamo
avvalerci per ottenere una diagnosi più corretta dobbiamo
annoverare gli studi scientifici
condotti finora. Tuttavia, nell’ittiopatologia del discus la bibliografia presente è limitata. Solo in
pochi casi, infatti, i laboratori si
sono dedicati al re dell’acquario e
solo negli ultimi anni è stato possibile osservare un lieve, ma fortunatamente crescente, interesse
a riguardo. Queste lacune conoscitive si sono rivelate terreno
fertile per sedicenti studiosi ed
esperti; si è così contribuito ad
alimentare l’alone di mistero che
novembre 2001
per anni ha circondato il discus
ed il suo allevamento in acquario. Una nota di assoluto merito
credo vada riconosciuta alla rivista tedesca Diskus Brief che sin
dalla sua nascita ha affrontato
rigorosamente tutte le tematiche
riguardanti il discus e le sue
patologie. Prova ne sia il fatto
che anche oggi la rilettura di
questa rivista è sempre incredibilmente attuale. Esistono
comunque, nel circuito scientifico internazionale, alcune ricerche
di grande interesse sulle malattie
più ricorrenti nei discus. Ilan
Paperna, uno dei più famosi
ittiopatologi del nostro secolo,
documenta come l'hexamitosi
(Octomitosi) sia una patologia
tristemente comune nel discus e
nello scalare, sottolineando come
questa malattia si sviluppi più
facilmente in vasche dove l’igiene lascia a desiderare (Paperna,
1996). Emerge inoltre come non
sia ben chiaro il ruolo
dell’Hexamita: un patogeno primario oppure un commensale
che in condizioni particolari
divenga patogeno? In merito a
questo Flagellato ed alla sua biologia sussistono ancora molti
dubbi; Schubert G. afferma addirittura che la presenza di
Hexamita nell’intestino dei discus
non è mai stata dimostrata
(Untergasser, 1991a). Molti testi
indicano questo protozoo come il
responsabile della famosa malattia del buco. In realtà dati certi
non esistono e si può solo affermare che l’Hexamita è tra i maggiori indiziati, ma probabilmente
il problema è molto più complesso di quanto si creda. Dieter
Untergasser, stimato ittiopatologo tedesco, sostiene che recenti
studi hanno dimostrato come la
malattia del buco sia legata a
carenze di alcuni elementi e
composti quali il calcio, il fosforo
o la vitamina D (Untergasser,
1991b). Da notare come l'assenza
di questi elementi potrebbe essere
causata da una dieta carente in sé
oppure da una grave infezione
intestinale dovuta a protozoi o
batteri che utilizzerebbero queste
sostanze prima che il pesce possa
assorbirle. In questi casi è necessario integrare la dieta dei discus
con vitamine, macro e micro-elementi ed il modo migliore per
farlo è di avvalersi di integratori
predosati, che garantiscono un
apporto bilanciato evitandoci
laboriose alchimie casalinghe.
Tra gli studi scientifici sui protozoi
intestinali è molto interessante il
lavoro di Foissner (1979), che ha
documentato come la
Protoopalina symphysodontis (un
protozoo specifico dei discus di
100 micrometri di lunghezza)
possa causare morie più gravi
rispetto all’Hexamita, a causa
della forte congestione che provoca riproducendosi a dismisura nell’intestino dei pesci. A parziale
conferma di questo studio posso
segnalare come analizzando il
tratto gastrointestinale di alcuni
discus, che temevo essere infestati
da Hexamita, ho spesso riscontrato popolazioni incredibilmente
numerose di Protoopalina. In
entrambi i casi comunque il trattamento da seguire è il medesimo
(a base di metronidazolo, un composto del gruppo dei nitroimidazoli), per cui differenze nella diagnosi non avrebbero comportato
variazioni nel chemioterapico da
impiegare.
Alcuni ricercatori hanno identificato nel 1995 una nuova specie di
Nematode (Ichthyouris bursata)
parassita dei discus (Moravec e
Prouza, 1995). Si tratta di un
gruppo di organismi che potenzialmente aggrediscono sia pesci
marini che d’acqua dolce ed in
modo particolare i pesci carnivori.
Tra i più famosi annoveriamo la
Capillaria sp., molto comune tra
gli scalari selvatici di importazione. Questa si attacca e si nutre
della mucosa intestinale del pesce
parassitato causando, inscurimento ed un lento ma inesorabile
dimagrimento. In alcuni casi si è
osservato che la causa scatenante
è stata la somministrazione di
prede vive (Copepodi, Oligocheti,
etc.). Attraverso esse sono state
introdotte le uova di Capillaria
che successivamente hanno dato
luogo ad infestazioni particolarmente virulente (Untergasser,
1991b).
Tra i più comuni e famosi patogeni dei discus vanno ricordate le
tenie (Cestodi) ed i vermi della
pelle e delle branchie (Trematodi).
Il primo gruppo è formato da
parassiti intestinali di grandi
dimensioni (diffusi dalle
Mauritius al Messico, dalla Cina
all’Europa e dal Giappone al sud
Africa) che affliggono in particolar modo Ciprinidi, Pecilidi, Ciclidi
e Centrarchidi. Diagnosticarne la
presenza è spesso facile in quanto, anche senza l’impiego di chemioterapici, ogni tanto i pesci
stessi riescono ad espellerne
qualcuna dall’ano. Accertata la
presenza di tenie si può procedere con trattamenti più naturali,
come con l’estratto d’aglio, oppure con sostanze di sintesi
(Praziquantel) che devono essere
rigorosamente aggiunte al mangime. Anche in questo caso, come
per la Capillaria, molto spesso il
vettore di questi parassiti è il cibo
vivo (Copepodi del genere
Mesocyclops, Thermocyclops,
Ectocyclops, Paracyclops e
Cyclops, mentre altri Copepodi
come Acanthodiaptomus e i
Cladoceri del genere Daphnia non
sono ospiti intermedi delle tenie!)
che va quindi impiegato esclusi-
patologie
vamente quando se ne conosce la
provenienza e il livello di igiene.
I Trematodi sono considerati un
vero e proprio flagello da chi
alleva Discus, in quanto praticamente onnipresenti negli allevamenti ed in natura: soltanto in
Africa ne sono state identificate
circa 50 specie diverse! (Paperna,
1996). Si tratta di vermi con un
ciclo vitale che richiede più ospiti
intermedi tra cui uno è spesso un
Mollusco Gasteropode o Bivalve.
Uno dei metodi migliori di controllo delle popolazioni di questi
organismi consiste nell’eliminazione dei loro vettori.
Non è un caso che in questa
breve e incompleta panoramica di
studi scientifici sulle patologie
del discus non si parli di malattie
di origine batterica.
Contrariamente a quanto accade
per le specie di pesci eduli come
spigola (Dicentrarchus labrax) ed
orata (Sparus aurata), per le quali
la ricerca si è spinta al di la dell’immaginabile, nel caso del discus le notizie in materia sono
praticamente inesistenti. Sono
molte le ragioni (principalmente
di ordine tecnico ed economico)
alla base di queste lacune e certamente i tempi per colmarle
saranno molto lunghi. In questo
scenario, sostanzialmente privo di
credibili riscontri, si inseriscono
in modo piuttosto maldestro i
suggerimenti votati all’impiego di
antibiotici dai poteri miracolosi.
Insomma, se non sappiamo contro quale batterio stiamo lottando, come si fa a suggerire un farmaco che lo distrugga? Inoltre,
l’impiego scriteriato di antibiotici,
oltre ad essere regolato da disposizioni di legge, è spesso esso
stesso un grave problema, perché
mina l’acquario al “cuore” intaccando la flora batterica nitrificante, quella che trasforma l’ammoniaca in nitriti e successivamente questi in nitrati. Per di più
ricordiamoci che un dissennato
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microscopio
impiego di antibiotici non fa altro che porre le basi per selezionare dei ceppi batterici resistenti contro i quali in futuro
non esisterà alcun rimedio! Anziché lanciarsi alla ricerca dell’ultimo ritrovato della farmacologia moderna, bisogna ripensare il nostro rapporto con l’acquario ed i suoi ospiti, rivalutando la storica arma della prevenzione. Questa parte da lontano ed il discus è sicuramente uno dei migliori interpreti per
la comprensione del suo valore. Solo dall’osservazione attenta
dei nostri ospiti possiamo accorgerci, molto prima che la
malattia sia conclamata, che qualcosa sta andando storto.
Primi segnali di un discus non in perfetta forma si ottengono
dall’etologia di questo Ciclide: i pesci sono più nervosi del
solito, si impauriscono facilmente, tendono ad alimentarsi con
minore foga, si scacciano poco tra loro. Si tratta di piccole
spie in grado di sollevarci da gravi problemi, non coglierle
potrebbe essere un errore imperdonabile. In questo senso dobbiamo riconoscere che il discus è un pesce facilissimo da allevare, proprio perché comunica con noi costantemente e ci dà
il tempo per intervenire. Più difficile è allevare i Loricaridi o i
Caracidi, che ci sorprendono spesso con morti a dir poco
improvvise. In conclusione allevare i discus ed ottenere la loro
riproduzione non è un evento improbabile e sostanzialmente
legato al caso come molti voglio far credere, bensì il coronamento di uno sforzo basato sulla nostra sensibilità e sul
nostro desiderio di approfondire e conoscere.
Bibliografia citata:
Foissner, W., Schubert, G. & Wilbert, N., 1979. Morphology,
infra ciliature and silverline system of Protoopalina symphyso dontis nov. sp. (Protozoa: Opalinata), an Opalinidae from intes tine of Symphysodon aequifasciatus Pellegrin (Percoidae:
Cichlidae). Zool. Anz. (Jena), 202:71-85.
Moravec,F., Prouza, A., 1995. Ichthyouris bursata sp. n.
(Nematoda: Oxyuroidea) from an aquarium-reared discus,
Symphysodon discus (Pisces), in Europe. Parasite, vol. 2, no. 4,
pp. 385-390.
Paperna, I., 1996. Parasites, infections and diseases of fishes in
Africa. CIFA Technical Papers, n°31, Roma, FAO, 220p.
Untergasser D., 1991a. Malattie dei pesci d’acquario, diagnosi e
trattamento. Primaris sas, Milano.
Untergasser D., 1991b. Discus health. T.F.H. Publications Inc.
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... Innanzitutto è auspicabile, se non
indispensabile, il supporto di un
microscopio ottico e di qualcuno in
grado di preparare i vetrini da osservare; in questo modo tutta l’indagine è
notevolmente agevolata e sveltita.
Grazie al microscopio si può rapida mente restringere il campo delle ipote si, puntando con decisione il dito
verso l’agente o gli agenti responsabili
della malattia e chiarendo così da subito se si debba intervenire o meno con
farmaci. A volte tuttavia, nemmeno il
microscopio ottico è in grado di chiarirci le idee; è il caso ad esempio di
patologie causate da virus o da agenti
non convenzionali (“mucca pazza” è
certamente il più emblematico e famo so del momento!). Ma del resto anche
di fronte ad una più comune batteriosi
l’aiuto che il microscopio ottico può
fornirci è molto limitato: esso può
restringere il campo degli incriminati,
ma non può certo identificarli e tantomeno può suggerirci il farmaco più
idoneo da impiegare! Come muoverci
in questi casi? Bisogna necessariamente avvalersi di un laboratorio di analisi
attrezzato. Questa strada oltre ad esse re costosa, spesso richiede il sacrificio
di almeno un esemplare! Si tratta perciò di procedure che competono più
agli allevatori ed agli importatori
responsabili piuttosto che ai privati
acquariofili, anche in considerazione
dei costi, delle modalità e delle difficoltà da affrontare.
Un esempio pratico: un discus mostra
una pelle leggermente opaca, pinne un
po’ chiuse e si gratta contro le superfici
dell’acquario; sebbene il campo delle
ipotesi sia apertissimo, tra i maggiori
indiziati potremmo sicuramente includere ectoparassiti Ciliati quali
Chilodonella sp., Trichodina sp., oppure ectoparassiti Flagellati come
Ichthyobodo necator. La terapia elettiva in questi casi prevede l’impiego di
formaldeide. Ma ecco che il microscopio ci aiuta! ...
g
Filippo Riccardi e
Oscar Di Santo mentre
preparano al microscopio un vetrino. In
basso Oscar Di Santo
sta prelevando del
muco da un guppy.
Per eseguire queste
operazioni è spesso
necessario sacrificare
qualche individuo.
Attendere la morte dei
soggetti malati sperando nel frattempo
nell’esito positivo di
una eventuale cura è
una strategia che solo
raramente paga.
Spesso eventuali
parassiti ed altri agenti patogeni non sono
più riconoscibili su un
soggetto morto anche
solo da poco tempo.
l
o
s
s
a
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i
o
Siamo sinceri, alcune volte sentiamo parole che ci rimangono vaghe. E’ capitato a tutti. La pigrizia, ed alcune volte la
superficialità, in quei momenti ha la meglio e non ci prendiamo il disturbo di controllare su un buon dizionario o su
un libro. In questo spazio abbiamo riportato il significato di
alcuni termini utilizzati in queste pagine. Speriamo vi siano
d’aiuto.
Al limite tra mondo dei viventi e dei non viventi troviamo i
virus. In effetti, non hanno struttura cellulare e si riducono a
semplici segmenti di acidi nucleici, DNA o RNA, racchiusi in
involucri (capsidi) di natura proteica. Pur non essendo vivi i
virus sanno essere molto pericolosi poiché invadono le cellule di un organismo costringendole a produrre innumerevoli copie di se stessi. Non esiste alcun dubbio invece sul fatto
che i batteri siano vivi. Si tratta di organismi procarioti, organismi unicellulari cioè nella cui cellula il materiale genetico,
il DNA, non è racchiuso in una membrana. I batteri sono
organismi semplici, ma di grandissimo successo evolutivo. In
un solo grammo di terriccio vivono almeno due miliardi e
mezzo di individui. Abitano ogni ambiente disponibile, arrivando a colonizzare anche luoghi preclusi a qualunque altra
forma di vita: le lande ghiacciate dell’Antartico, le profondità
oceaniche e le acque bollenti delle sorgenti termali. I
Protozoi sono sempre unicellulari, ma hanno una cellula
dotata di nucleo (una zona delimitata da una membrana che
contiene il materiale genetico). Alcuni gruppi sono esclusivamente parassiti (Opalinidi e Sporozoi), altri invece conducono vita libera. Si distinguono principalmente in base alla
locomozione. I Ciliati, per esempio, sono caratterizzati da
ciglia, strutture lunghe e sottili sparse sulla superficie cellulare che movendosi in sincronia fanno muovere l’individuo.
Vermi, un nome che ai più provoca sensazioni sgradevoli e
ripugnanti. Zoologicamente è una categoria priva di significato, sono troppo dissimili tra loro. Ai vermi piatti, i
Platelminti, appartengono forme parassite come i Trematodi
(le specie del genere Gyrodactylus, tristemente famoso tra
gli acquariofili, e gli Schistosoma, agenti responsabili della
bilharziosi, malattia che affligge 200 milioni di persone) ed i
Cestodi (le tenie o vermi solitari sono sicuramente gli appartenenti più famosi).
I Nematodi sono tipicamente allungati e fusiformi, in pratica
sono ancora vermiformi. Sono un altro gruppo di enorme
successo che ha numerosi esponenti parassiti: parassiti allo
stadio giovanile, parassiti solo allo stadio adulto, parassiti di
animali o parassiti di vegetali, parassiti di un solo ospite o di
due o più ospiti.
Livio Leoni
virus, batteri & Co.
h y d r a 7,
novembre 2001
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