La vita contromano della Balabanoff: l`angelica musa del socialismo

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La vita contromano della Balabanoff: l`angelica musa del socialismo
Ricordiamola
La vita contromano della Balabanoff:
l’angelica musa del socialismo
La rivoluzionaria che detestava Lenin
Amica del giovane Mussolini
Sono in molti ad averla già dimenticata. È stata una delle
donne più importanti della politica italiana ed europea della
prima metà del secolo scorso.
Angelica Balabanoff nasce in Russia, vicino a Kiev, nel 1878
in una famiglia ebrea e muore a Roma nel 1965. Ha sempre
vissuto miseramente, ma era una grande intellettuale, parlava
regolarmente cinque lingue, nel corso della sua vita
avventurosa
è
riuscita
ad
essere
Segretaria
dell’Internazionale Comunista (con gente del calibro di
Trotsky e Lenin). Era di natura contestatrice e polemica e
spesso litigava per le sue idee. È riuscita a litigare sia con
Mussolini che con Lenin.
Con Mussolini (quello degli inizi, in Svizzera, quando era
giovane), ha avuto un rapporto lunghissimo e molto intenso.
Si è detto, e alcuni storici e vecchi conoscenti continuano a
dire, che ne sia stata l’amante e che addirittura sia stata la vera madre di Edda Ciano. Lei, da viva,
ha sempre querelato tutti quelli che hanno messo in giro questa fantasia. Era anche bella, elegante,
attraente.
Viene ricordata giovanissima, quando lascia la Russia e viene in Europa (Svizzera, Belgio,
Germania), dove anche le ragazze possono andare all’università. Frequenta gli ambienti socialisti e
legge tutto quello che può leggere nelle biblioteche europee. Ma la sua vera formazione avviene in
Italia, a Roma, dove frequenta i corsi di Antonio Labriola (nel 1900). Di fatto Angelica matura una
sorta di socialismo libertario e pacifista, ma anche massimalista, e proprio su questo si scontrerà
più tardi con una cara amica (anche lei esule russa in Italia) Anna Kuliscioff.
Angelica è un personaggio che si fa amare e stimare per le sue grandi qualità, fra l’altro, è una
bravissima oratrice ed è molto apprezzata per la sua cultura e il ruolo raffinato di rapportarsi. Fa
parte per cinque anni, dal 1912 al 1917, della direzione del Partito Socialista Italiano. Mussolini la
vuole al suo fianco quando nel 1913 assume la direzione del quotidiano socialista “Avanti!”.
Con Mussolini si erano frequentati a lungo in Svizzera, erano inseparabili; era lei quella che
insegnava tutto a quel giovanotto dallo sguardo di fuoco, ma molto ignorante e grezzo, “un classico
romagnolo di quel tempo”. Di fatto è quella che sa le cose, la sua musa, anche un po’ materna
(atteggiamento che alcuni biografi scambieranno per amore).
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A un certo punto Mussolini rompe con Angelica perché diventa un interventista (e lei più tardi gli
dedicherà un libro dal titolo che dice tutto: “Il traditore”). Per un certo periodo, però, deve
condividere la parte di musa di Benito con Margherita Sarfatti. E le due donne sono diversissime.
Angelica è una rivoluzionaria di professione, quasi senza patria, sempre nei guai. Margherita,
invece, è della buona società milanese, intellettuale ebrea, algida e informatissima su tutto (e
sarà davvero l’amante del Duce). La cosa curiosa è che tutti questi personaggi si incontrano, prima
di litigare e di farsi la guerra, nel salotto milanese di Anna Kuliscioff e Filippo Turati.
Quando scoppiò la Rivoluzione d’Ottobre in Russia, Angelica rientra in Patria e diventa un alto
esponente della gerarchia al potere. Ma non le piace Lenin, di cui intuisce la propensione autoritaria
e, soprattutto, ha un dissenso quasi antropologico con la moglie di Lenin: tutta devota al marito,
mentre Angelica è per l’autonomia e il progresso delle donne. E non le piace la deriva poco
democratica e cinica che ha preso la rivoluzione.
Finisce che rompe con i capi di Mosca e se ne, vagabonda in giro per l’Europa, ovunque ci sia un
po’ di rivoluzione da fare. Ecco come un biografo descrive Angelica attraverso le parole di un
amico: «Anželika Balabanova, prima segretaria dell'esecutivo dell'Internazionale Comunista, le cui
obiezioni morali avevano spesso esasperato Lenin e Zinov´ev - racconta Victor Serge,
rivoluzionario belga che aveva avuto un'analoga evoluzione politica -, era appena stata esclusa dalla
Terza Internazionale. Abitava a volte a Vienna, a volte alla periferia, trasportando da una camera
ammobiliata all'altra il suo materiale da perpetua studentessa povera, il fornello ad alcool per il tè,
la stufetta per la frittata, tre tazze per gli invitati; e il grande ritratto di Filippo Turati, il ritratto
maschio e raggiante di Matteotti, dei pacchi dell'Avanti!, la corrispondenza del partito massimalista
italiano, dei quaderni di poesie. Piccola, bruna, sul principio della vecchiaia, Anželika continuava
una vita entusiasta di militante, in ritardo, per fiamma romantica, di tre buoni quarti di secolo».
E’ una libertaria e pacifista, ma anche una massimalista. E continua, fra mille traversie, a
combattere per un socialismo più forte, più determinato, “capace di fare la guerra alla guerra”. A un
certo punto rompe anche con i socialisti italiani rifugiati a Parigi negli anni del fascismo perché loro
si ostinano a voler mantenere comunque un rapporto
con la “patria del socialismo”, cioè la Russia. Lei,
invece, che ha conosciuto tutti i capi della
rivoluzione d’ottobre, considera la dittatura sovietica
non una deviazione da un percorso virtuoso, ma
sostiene che quelli sono fatti proprio così: “sono
contro la libertà”.
A Parigi, in sostanza, vive isolatissima: è in guerra
con la patria russa e il socialismo reale, ma anche
con i suoi compagni del socialismo italiano. E’
poverissima, malata, ma tira avanti e non cede di un
millimetro.
Riesce, comunque, a andare a New York, dove viene
ricevuta dai socialisti americani, ma ormai il suo
tempo sta per scadere. Dopo la guerra rientra in
Angelica Balabanoff con Ben Gurion
Italia e alla scissione di Palazzo Barberini lascia
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Nenni (sempre per la stessa ragione, la vicinanza ai comunisti) e si schiera con i socialdemocratici
di Saragat. Questi ultimi la portano in giro, nelle riunioni di partito, come una sorta di Madonna
laica (la compagna che ha mandato a quel paese Lenin).
Ma lei ha sempre considerato i suoi nuovi compagni poco più che gentaglia, dedita soprattutto a
arricchimenti personali.
L’anziana socialista libertaria e anti-autoritaria protesta, ma nessuno le dà retta. Ormai è considerata
una rompiscatole inutile. Quando muore, nel 1965, su di lei si stende un velo che tende a farla
dimenticare, come se nessuno l’avesse mai conosciuta. La ragione è semplice: in tutta la sua vita è
stata scomoda, perdente, isolata e controcorrente. E, forse, come dice il suo amico Serge, era
davvero in ritardo di quasi un secolo, con la sua instancabile ricerca di un socialismo forte,
democratico e non corrotto. Una chimera, tutta la sua vita viene vissuta nel segno di cambiare il
mondo con l’illusione politica.
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