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DIOCESI DI VICENZA
Camminare
in novità di vita
QUARESIMA 2012
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Questo sussidio è scritto a più mani da alcuni giovani della commissione diocesana di Caritas
“Giovani, percorsi di condivisione e stili di vita”.
È un lavoro che cerca di essere il più possibile lineare ma che, proprio perché raccoglie diversi modi di
pensare e di leggere la Parola, risulta allo stesso tempo variegato, con sfaccettature diverse.
Ognuno di noi si è sperimentato nell’attualizzare i passi del Vangelo e si è soffermato su alcuni aspetti
particolari.
Lo scopo è di offrire uno strumento semplice che ci permette di camminare, durante la Quaresima,
verso l’incontro con Dio.
Grazie alla testimonianza di Gesù e a quella di uomini e donne che si sono messi in gioco a 360°
vorremmo anche noi prendere spunto e impegnarci ogni giorno per seminare valori come la pace, la
giustizia, l’accoglienza dell’altro, la prossimità, ...
Tutti noi vi auguriamo buon cammino e buona semina!
La commissione
“Giovani, percorsi di condivisione e stili di vita”
di Caritas Diocesana Vicentina
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Presentazione
Più lentamente, Più in profondità,
Più dolcemente
“Più veloce, più in alto, più forte”. Questo motto è entrato così in profondità nel nostra maniera di vivere che ha plasmato l’intera vita sociale. Presi
in un vortice di impegni, affascinati da sempre nuovi traguardi, afferrati da
una competizione senza fine, ci troviamo come smarriti, girovaghi senza
meta, incapaci di trovare dei punti di riferimento nel nostro correre affannoso.
Queste tracce, predisposte dai giovani impegnati nel servizio ai più poveri,
sono come una boccata d’ossigeno, un invito ad andare contro corrente,
una sosta per fare il punto della strada percorsa ed orientare i passi per
il futuro.
Ci invitano a fare nostro un programma diverso, che potremmo riassumere
così: “Più lentamente, più in profondità, più dolcemente”.
Sono, infatti, un invito a rallentare il passo per sostare in contemplazione
del volto del Signore, nascosto tra le rughe dei volti umani che incontriamo
nelle nostre giornate; ad andare in profondità, per scoprire la verità di noi
stessi; a percepire la dolcezza delle relazioni quando non abbiamo «altro
debito che l’amore vicendevole” (Rm 13,8).
I testi scritturistici proposti sono presi dalla liturgia del giorno, e spesso
sono appena citati. Non per una questione di spazio, ma per invitarci a
prendere in mano la Scrittura e sostare in un ascolto orante più prolungato.
Un sentito grazie a chi ha dedicato cuore e fatica per offrirci questi spunti
che ora sono affidati alla ricerca e all’approfondimento di ciascuno. La freschezza giovanile che li percorre aiuti tutti a camminare con passo risoluto
verso uno stile di vita capaci di annunciare a tutti la novità che la Pasqua
del Signore ha inaugurato.
Don Flavio Grendele
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Mercoledì delle ceneri • 22 febbraio
Matteo 6,1-6.16-18
E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti, che
assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità
io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu
digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu
digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede
nel segreto, ti ricompenserà.
Inizia oggi la Quaresima.
Sappiamo tutti come sia difficile digiunare, dire di no ai vizi, non lasciarsi
trascinare dalla quotidianità, essere esigenti con noi stessi. Sappiamo
però, come le cose che ci richiedono fatica sono quelle che più ci lasciano
il segno.
Il messaggio che il Signore ci offre in questo inizio di Quaresima è chiaro:
nel digiuno non dobbiamo divenire malinconici ma profumarci la testa,
dobbiamo esser felici di questo tempo che ci mette alla prova per divenire
migliori e che ci dà l’opportunità di lasciarci invadere dall’amore vero che,
se si è in ascolto, lo si percepisce ancor più forte.
Signore, il momento è arrivato, accompagnaci tu, “ora”!
“..dicono che è vero sì
Ma anche fosse vero
non sarebbe giustificazione
per non farlo più, per non farlo più, ora..
..non c’è montagna più alta
di quella che non scalerò
non c’è scommessa più persa
di quella che non giocherò ora..”
“Ora” di Jovanotti
IMPEGNO DEL GIORNO:
Mi affido al Signore in questo cammino di Quaresima che sto iniziando.
Mi metto nelle sue mani con la consapevolezza di quanto sia importante
riscoprire ogni anno questo mistero.
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Giovedì 23 febbraio
Luca 9,22-25
Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria
vita per causa mia, la salverà. Infatti, quale vantaggio ha un uomo che
guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso?
Spesso le scelte del singolo si ripercuotono sull’altro, sia in colui che mi
sta a fianco (l’amico, il familiare, il collega), sia in colui di cui non conosco
il nome, la lingua ma che indipendentemente da questo subisce le mie
decisioni.
E c’è di più.. molte volte le scelte che compio possono recare danno
anche a me stesso. Scegliere la cosa che mi richiede minor fatica, quella
che sicuramente riesco a raggiungere non crea un vuoto e un buio in me
stesso? Ha senso guadagnare il mondo ma perdere se stessi?
Signore, aiutami a far si che la mia vita sia vissuta con pienezza e che non
insegua cose futili.
Vivere semplicemente perché tutti possano vivere..
La civiltà nel vero senso della parola non consiste nel
moltiplicare i bisogni, ma nel limitarli volontariamente.
È il solo mezzo per conoscere la vera felicità e
renderci più disponibili verso gli altri.
Una minima quantità di benessere e comfort è
necessaria; ma, passato questo limite, ciò che ci
dovrebbe aiutare diventa una fonte di disagio.
Voler creare un numero illimitato di bisogni per
dovere in seguito soddisfarli è solo inseguire il vento.
Questo falso ideale non è che una trappola.
Ghandi
IMPEGNO DEL GIORNO:
La scelta di impegnarmi in questa Quaresima consiste in una decisione
personale che mi interroga e che mi “avvolge” in ogni ambito della mia vita.
Cerco di essere coerente con questo, almeno oggi.
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Venerdì 24 febbraio
Matteo 9,14-15
Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro?
Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno.
Si può essere in lutto quando qualcuno è con noi?
Com’è difficile aprire le porte di casa e accogliere un amico che arriva
a trovarci all’improvviso, quando magari era il pomeriggio atteso per
riposarmi o in cui mi ero già organizzato per un bel giro in bici.
A volte fatichiamo nel dare importanza all’incontro con una persona che
non vedevamo da un po’. Siamo “spenti” magari perché, l’amico che abita
lontano e che è arrivato da noi all’improvviso, ci ha scombinato i piani.
Signore, aiutaci a vivere ogni incontro come un dono, ad accoglierlo con
gioia e serenità.
Aiutami Signore,
ad attendere senza stancarmi,
ad ascoltare senza tediarmi,
ad accogliere senza riserve,
a donare senza imposizioni,
ad amare senza condizioni.
Aiutami ad esserci quando mi cercano,
a dare quando mi chiedono,
a rispondere quando mi domandano,
a far posto a chi entra,
a uscire quando sono di troppo.
Aiutami a vedere Te nel mio fratello,
a camminare insieme con lui e con Te:
perché insieme possiamo sedere alla mensa
del Padre.
Leone Dehon
IMPEGNO DEL GIORNO:
Il cammino quaresimale prevede il digiuno: mi impegno a farlo con umiltà
e gioia, sia a casa che fuori e di non vergognarmi per questa scelta
impegnativa e molte volte derisa dagli altri.
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Sabato 25 febbraio
Luca 5,27-32
I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: “Come
mai mangiate e bevete insieme ai pubblicani e ai peccatori?”. Gesù rispose
loro: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non
sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano”.
Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati..
Credo che se diciamo questa frase ad un bambino, con grande innocenza
ci direbbe: “Che scoperta!”.
Eppure nella concretezza delle nostre azioni spesso stiamo vicino e curiamo
chi non ne ha bisogno e non prestiamo attenzione a tante situazioni che
invece chiedono a gran voce “aiuto”.
Figuriamoci allora se riusciamo a cogliere le realtà di bisogno di una
persona che possiede ancora dignità e che proprio per questo non riesce
a trovare il coraggio per raccontare all’altro il problema che la affligge..
Signore, aiutaci a guardare con gli occhi dei bambini e ad imparare da
loro le cose importanti come il dolore di una persona che ci vive accanto.
Il “Sostegno di vicinanza” è uno strumento per
prendersi cura del povero che ci vive accanto e
intessere relazioni vere, di prossimità con persone
come noi, ma che a differenza nostra non arrivano a
fine mese e non sanno a chi chiedere aiuto, hanno
bisogno di un medico speciale, che potremmo essere
proprio noi!
Caritas Diocesana Vicentina
IMPEGNO DEL GIORNO:
L’ascolto del vangelo che mi accompagna in questo cammino mi provoca
ad essere audace e coraggioso e, a volte, di osare un po’ di più.
Oggi apro il mio cuore e prometto a me stesso di accettare e dare
importanza a ciò che Gesù mi invita a fare.
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Un amore da accogliere
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Domenica 26 febbraio
Marco 1,12-15
E subito lo Spirito lo sospinse nel deserto e nel deserto rimase quaranta
giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo
servivano.
Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il
vangelo di Dio, e diceva: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino;
convertitevi e credete nel Vangelo”.
Quando diciamo che un tempo è compiuto, noi intendiamo che qualcosa
di importante si chiude. Come sempre, alla sequela del Signore Gesù, le
situazioni si capovolgono. È tempo di credere finalmente nel Vangelo! È
ancora tempo di aprire il nostro cuore al cambiamento vero, radicale. È
tempo di lasciarci sospingere dentro la prova per conoscere ciò che siamo
e per prendere consapevolezza della bontà che è in noi e che lo Spirito
custodisce teneramente. È ancora tempo di solitudine e compagnia alla
presenza di Dio. È tempo di digiuno e di grazia sovrabbondante.
Una vita a 360°
Gesù di Nazareth
Un amore da accogliere
Quando Gesù è nato...
... la grande ruota della storia per un attimo si è fermata...
La grande ruota della storia
aveva sempre girato
in quella direzione:
dalla periferia al centro,
dal piccolo verso il grande,
il meno al servizio del più,
pesce grosso che mangia quello piccolo.
Così è accaduto
nella grande famiglia umana.
Quando Gesù è nato,
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fuori dalla città, Betlemme,
nella stalla, nella mangiatoia,
la grande ruota della storia
per un attimo si è fermata.
Qualcosa ha cominciato
a girare all’incontrario
o, meglio, nel senso vero della storia,
dal centro alla periferia,
dal grande verso il piccolo,
i re Magi verso il bambino
il più al servizio del meno,
perché il piccolo cresca
e si stabilisca così l’uguaglianza
e la comunione più vera,
come in Dio.
Il più grande, l’infinito,
lo troveremo nel piccolo.
Davvero quello è stato
l’anno zero della storia!
È giusto contare gli anni
da quel giorno
in cui Dio si è fatto un Dio Minore
e la scelta preferenziale per gli esclusi
è apparsa come luce delle nazioni.
Giuliana Martirani
Anche noi in questa settimana ci impegniamo a stare con Dio, ad
abbracciare la Sua parola, a credere nel vangelo, a convertirci e a rinnovare
lo Spirito che è in noi.
Seguendo i passi di Gesù cerchiamo di aprire il nostro cuore e di imparare
a chinarci verso il più piccolo, al servizio del meno.
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Lunedì 27 febbraio
Matteo 25,31-46
Tutto quello che avete fatto ad uno solo dei miei fratelli più piccoli, l’avete
fatto a me.
Credo che un esercizio che possa farci intuire due diversi stili di vita, due
modalità per essere e stare vicino al fratello più piccolo, sia riflettere su
due termini: “curare” e “prendersi cura”.
La cura è la terapia prescritta al malato che gli permette di affrontare il
dolore. Non comporta niente di più.
Il prendersi cura invece significa affiancarsi ad una persona che soffre,
osservarla nella sua complessità e accompagnarla nella guarigione. Ciò
richiede un maggior investimento di energie.
Come scrive Ina Siviglia “Prendersi cura è un modo particolare di vivere
le relazioni, di stare al mondo, di guardare alle cose. Significa farsi carico
di quanto succede, dell’altro, di noi stessi, della vita che ci circonda; fare
in modo che la sofferenza diminuisca, che la vita si possa sviluppare, che
ciascuno si senta voluto bene …”
Qual è il mio modo di fare?
Signore, aiutami a divenire prossimo, a camminare con il fratello con l’ala
spezzata. Dammi la forza di non accontentarmi di curare ma di prendermi
cura del mio fratello, quello più piccolo.
E guarirai da tutte le malattie,
Perché sei un essere speciale,
Ed io, avrò cura di te.
“La cura” di Battiato
IMPEGNO DEL GIORNO:
Sull’esempio di Gesù oggi mi impegno a prendermi davvero cura di una
persona, magari la persona più sola o con più bisogni che io conosco.
Potrei anche fare di più, scegliere che sia lui il mio fratello più piccolo di
questa Quaresima e stargli vicino in questo viaggio.
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Martedì 28 febbraio
Matteo 6,7-15
Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire
ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre
vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate.
La preghiera del Padre nostro: una proposta per viverla appieno in questa
quaresima.
Quando diciamo la preghiera del Padre nostro alziamo le mani per lodare
il Signore e quando diciamo “dacci oggi il nostro pane quotidiano”
apriamole, una sopra l’altra, come quando accogliamo l’eucaristia.
Questo gesto ci possa far riflettere sul dono che il Signore ci fa ogni
giorno, lui si dona a noi, noi lo accogliamo nell’eucaristia.
Rivolgiamo un pensiero anche a quanti, ogni giorno, incrociano le mani
come richiesta di aiuto per la mancanza di cibo.
Signore, fa che questo tempo ci renda capaci di donare un po’ di quel che
abbiamo, come tu fai con noi, e aiutaci a comprendere ciò di cui hanno
bisogno i nostri fratelli ancor prima che loro ce lo chiedano.
Padre nostro, che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà
come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male.
Amen
IMPEGNO DEL GIORNO:
Come Gesù ha dato la sua vita per noi, anche noi possiamo impegnarci
a donare un po’ di noi agli altri. Raccolgo viveri per chi ha fame oppure
faccio un gesto di prossimità.
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Mercoledì 29 febbraio
Luca 11,29-32
Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno,
ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come
Giona fu un segno per quelli di Ninive, così anche il Figlio dell’uomo lo
sarà per questa generazione.
Preghiera, digiuno, opere di carità sono le coordinate entro le quali vivere
il tempo di quaresima come opportunità per prepararci ad incontrare e
riconoscere in Gesù. Riusciamo a purificare, con pazienza, quelle piccole
pretese che coltiviamo nel nostro cuore e che riteniamo giusta ricompensa
per stare dietro al Signore? Riusciamo a liberarci da questo bisogno di
chiedere dei segni che ci tranquillizzino e che ci confermino nei nostri
piccoli e grandi desideri? Quali segni saremmo in grado di riconoscere ed
accettare se non crediamo che Gesù è l’unico segno nel cui nome ogni
altro segno riceve senso?
Signore, aiutaci a capire che sei tu la Parola di misericordia che cura
con passione ogni cuore ferito; sei tu, Signore, la Via che ci conduce
all’incontro con il Padre; sei tu la Verità che ci rende liberi.
“Mi chiamate la via e non mi seguite (fedeltà),
mi chiamate la luce e non mi vedete (fede),
mi chiamate il maestro e non mi ascoltate,
mi chiamate il Signore e non mi servite.
Un dì, se non vi riconoscerò, non vi meravigliate”.
Scritta del portale del Duomo di Lubecca
IMPEGNO DEL GIORNO:
Quest’oggi cerco di cogliere in un’azione quotidiana o in un incontro con
l’altro un messaggio che il Signore mi manda. Non devo attendermi grandi
segni per credere in Dio, perché lui mi parla attraverso i miei fratelli.
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Giovedì 1 marzo
Matteo 7,7-12
Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto.
Quante volte, soprattutto nel dolore, ci sentiamo soli, persi nel buio di un
tunnel e, non sapendo come uscirne, invochiamo il Signore.
A tutti accade di chiedere aiuto, di cercare un appiglio per far fronte alle
difficoltà ed è così che scopriamo che c’è sempre qualcuno che ci tende
una mano e capiamo che non siamo soli nemmeno quando ci sentiamo
soli..
“Io lo so che non sono solo
anche quando sono solo
io lo so che non sono solo
e rido e piango
e mi fondo con il cielo e con il fango..
ci si sente soli dalla parte del bersaglio
e diventi un appestato quando fai uno sbaglio
un cartello di sei metri dice tutto è intorno a te
ma ti guardi intorno e invece non c’è niente..
un mondo vecchio che sta insieme solo grazie a quelli
che hanno ancora il coraggio di innamorarsi
e una musica che pompa sangue nelle vene
e che fa venire voglia di svegliarsi e di alzarsi..
smettere di lamentarsi
che l’unico pericolo che senti veramente
è quello di non riuscire più a sentire niente
di non riuscire più a sentire niente..”
“Fango” di Jovanotti
IMPEGNO DEL GIORNO:
Se vedo una persona che sta male o semplicemente che è più cupa
del solito, m’impegno a fermarmi accanto a lei e a porgerle l’orecchio.
L’ascolto porta con sé la luce, la speranza di riuscire a sollevarsi.
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Venerdì 2 marzo
Matteo 5,20-26
Va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono.
Perdonare è un gesto che richiede una grande forza, soprattutto oggi in
cui nella società domina l’orgoglio, la superbia, la vanità e l’ego. Il perdono
invece va contro corrente perché richiede umiltà e capacità di “abbassarsi”,
di farsi piccoli davanti a una persona che ci ha fatto un torto. Vivere nel
rancore o donare con astio non rende felici e non è vero dono. Impariamo
quindi a mettere prima il perdono, che rispecchia una relazione sincera e
poi il dono, la prestazione.
Signore Gesù, insegnami a non essere orgoglioso e considerarmi
superiore, insegnami l’arte del chiedere scusa.
Sappiamo che se vogliamo amare veramente, dobbiamo
imparare a perdonare.
Perdonate e chiedete di essere perdonati; scusate invece
di accusare.
La riconciliazione avviene
per prima cosa con noi stessi,
non con gli altri.
Inizia da un cuore puro.
Un cuore puro
può vedere Dio negli Altri
Noi dobbiamo irradiare l’amore di Dio.
Madre Teresa di Calcutta
IMPEGNO DEL GIORNO:
Per essere testimone di Gesù nel perdono, mi impegno oggi a riconciliarmi
con quella persona con cui faccio solitamente difficoltà a dialogare e verso
la quale non sono mai riuscito a farmi piccolo.
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Sabato 3 marzo
Matteo, 5,43-48
Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano.[..]
Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete?
Gesù ci mostra più volte, con il suo esempio, che bisogna accogliere,
aiutare, pregare, amare il fratello più lontano, quello diverso da noi.
La straordinarietà nasce proprio da questo: saper tendere la mano e
donare un sorriso a coloro che solitamente preferiamo lasciare in disparte.
Signore, aiutaci a sentirci fratelli di tutta l’umanità.
Donare un sorriso
rende felice il cuore.
Arricchisce chi lo riceve
senza impoverire chi lo dona.
Non dura che un istante
ma il suo ricordo rimane a lungo.
Nessuno è così ricco
da poterne far a meno
né così povero da non poterlo donare.
Il sorriso crea gioia in famiglia,
dà sostegno nel lavoro
ed è segno tangibile di amicizia.
Un sorriso dona sollievo a chi è stanco,
rinnova il coraggio nelle prove
e nella tristezza è medicina.
E se poi incontri chi non te lo offre,
sii generoso e porgigli il tuo:
nessuno ha tanto bisogno di un sorriso
come colui che non sa darlo.
P. John Faber
IMPEGNO DEL GIORNO:
La vera rivoluzione e la vera crescita si raggiungono nell’incontro e
nell’amore dato a quelle persone più lontane da noi. Questo l’impegno di
oggi.
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Appunti per la tua riflessione
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Un amore che fa vivere
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Domenica 4 marzo
Marco 9,2-10
Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li
condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a
loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio
sulla terra potrebbe renderle così bianche.
E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la
parola, Pietro disse a Gesù: “Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo
tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia”. Non sapeva infatti
che cosa dire, perché erano spaventati.
Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una
voce: “Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!”.
E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non
Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno
ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto
dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse
dire risorgere dai morti.
L’amore stravolge la quotidianità, ci rapisce, ci solleva da terra e tutto
intorno non esiste più nulla di importante.
Deve essere stato così anche per Pietro, Giacomo e Giovanni. La vicinanza
e la familiarità con il Signore Gesù altro non poteva essere che una estasi,
uno spazio di vita da proteggere e conservare intatto per sempre pur nella
misteriosità del suo significato profondo.
Ma Gesù sa che il volto del Padre può essere rivelato solo nella sua totale
immersione dentro l’umanità degli uomini e delle donne del suo tempo,
con i rischi e le conseguenze che questa incarnazione significa.
Ogni amore chiede di scendere dal monte, di restare dentro la vita, con
i piedi radicati alla terra, condividendo passo dopo passo le storie di
gente normale, tenendo fisso lo sguardo alla croce che lascia trapassare
il significato autentico di ogni vivere.
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Una vita a 360°
Madre Teresa di Calcutta
L’umanità e l’amore oggi
“Prego per voi, perché possiate conservare nei vostri cuori la gioia di
amare Dio, la gioia dell’amore e della bontà, e di condividere questa
gioia con tutti quelli con i quali vi trovate, con le persone che lavorano
al vostro fianco, davanti a tutti i membri della vostra stessa famiglia.
Quello che importa non è la quantità del dono, bensì l’intensità dell’amore
con cui lo diamo. C’è qualcosa in più di cui vi posso parlare: della mia
esperienza con i Poveri più poveri. Devo ancora trovare la prima donna
Povera disposta ad abortire. Senza dubbio darà alla luce suo figlio. È
possibile che abbandoni la sua creatura sulla strada, ma non sarà lei a
eliminare suo figlio. È un qualcosa che dobbiamo imparare dai Poveri: la
grandezza del loro amore per il figlio.”
In questa settimana facciamo nostra questa preghiera di Madre Teresa.
Ci impegniamo ad amare, ad amare gratuitamente.
Insegnami l’Amore!
Signore, insegnami a non parlare
come un bronzo risonante o un cembalo squillante,
ma con Amore.
Rendimi capace di comprendere
e dammi la fede che muove le montagne,
ma con l’Amore.
Insegnami quell’amore che è sempre paziente e sempre gentile;
mai geloso, presuntuoso, egoista o permaloso;
l’amore che prova gioia nella verità,
sempre pronto a perdonare, a credere, a sperare e a sopportare.
Infine, quando tutte le cose finite si dissolveranno
e tutto sarà chiaro,
che io possa essere stato il debole ma costante
riflesso del tuo amore perfetto.
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Lunedì 5 marzo
Luca 6,36-38
Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete
condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato.
Giudicare è semplice, spesso lo facciamo utilizzando etichette e pregiudizi
e così condanniamo senza sapere il vero motivo.
Il pregiudizio è diffuso oggi più che mai, in quanto siamo parte di una
società sempre più plurale e multietnica, fluida e in continuo cambiamento,
che non permette la conoscenza di tutto ciò che ci circonda. Quindi, per
poter parlare di alcuni temi, semplifichiamo utilizzando le espressioni
comuni e gli stereotipi offerti da giornali, tivù e programmi e finiamo quindi
con il giudicare senza conoscere.
Aiutaci, Signore, a non giudicare, a non condannare, a perdonare. Non
lasciarci influenzare dal pensiero comune e rendici capaci di donare libertà
a tutte le persone emarginate all’interni di ghetti.
Immaginate di essere in una stanza buia dove nessuno
vi può vedere né sentire. Il battito del cuore è come un
pendolo sospeso. Il tempo si è fermato, eppure lo vedete
scorrere davanti a voi senza poterlo afferrare.
Sapete amare, soffrire e pensare, ma non lo sapete
comunicare. Siete come “un leone in gabbia”! La vostra
forza è imprigionata e il buio è l’unico vostro rifugio.
Poi, un giorno, qualcuno vi vede e trova una chiave per
permettervi di uscire. Ed è così che inizia una nuova vita.
Questa è la commovente storia di Alberto, che ci insegna
come sia importante partecipare al teatro della relazione
autentica, l’unica in grado di guarirci, liberarci e farci volare
nei cieli della nostra vera umanità.
“Un leone in gabbia” di Alberto Palentini e Pietro Lombardo
IMPEGNO DEL GIORNO:
Provo a guardare le persone che incontro (gli amici, i parenti, i vicini di
casa, gli sconosciuti) con gli occhi, il cuore e la mente liberi dal giudizio
e dal pregiudizio. Mi lascio stupire da ciò che scopro di loro! Li amo per
quello che sono.
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Martedì 6 marzo
Matteo 23,1-12
Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà
umiliato e chi si umilierà sarà esaltato.
Ripensiamo anche ad un’altra frase dell’Antico Testamento: “Gli uomini
guardano l’apparenza, il Signore guarda il cuore”.
Spesso essere esaltati, essere riconosciuti “grandi” ci fa sentire valorizzati
e ci acquieta l’anima. Ma è davvero questo quello che conta? Se gli altri
ci valutano per l’apparenza, ci basta? È questa la nostra essenza, il nostro
vero essere?
Forse, proprio per quelle cose che gli altri non sanno di noi e di cui non
andiamo a cercar gloria noi dovremmo essere riconosciuti. Forse sono
queste le cose per cui esistiamo, quelle che ci fanno essere quelli che
siamo. Signore, aiutaci ad andare oltre l’apparenza e a guardare il cuore
delle persone per comprendere la loro essenza.
Infondi in me una grande passione per la Verità,
e impediscimi di parlare in tuo nome
se prima non ti ho consultato con lo studio
e non ho tribolato nella ricerca.
Salvami dalla presunzione di sapere tutto,
dall’arroganza di chi non ammette dubbi;
dalla durezza di chi non tollera ritardi;
dal rigore di chi non perdona debolezze;
dall’ipocrisia di chi salva i principi e uccide le persone.
Trasportami, dal Tabor della contemplazione,
alla pianura dell’impegno quotidiano.
E se l’azione inaridirà la mia vita,
riconducimi sulla montagna del silenzio.
Don Tonino Bello
IMPEGNO DEL GIORNO:
Amare significa osservare l’altro in profondità fino a comprendere i suoi
sogni e le sue ricchezze ma anche fino a scoprire le sue fragilità. Imparo
ad accogliere l’altro e a volergli bene anche per questo!
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Mercoledì 7 marzo
Matteo 20,17-28
Chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere
il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è
venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto
per molti.
Credo che oggi, anche se sommersi di notizie che esaltano il dominio
della forza, del profitto, della superiorità, non ci sia niente di meglio che
guardarsi attorno e osservare uomini e donne, che hanno scelto di servire,
chi sull’esempio di Gesù, chi semplicemente per convinzione che ciò sia
buono e giusto in risposta dei diritti umani fondamentali.
Quando ci chiediamo perché siamo qui, perché ora, forse dovremmo
pensare a tutti coloro che ogni giorno si donano per l’altro e scegliere di
camminare sulle loro tracce.
Un alunno una volta mi ha chiesto se ero convinta di ciò che dicevo. Beh,
credo che la gioia, il sole che queste persone emanano non possano
ritenersi delle finzioni e non possano avere nessuna concorrenza. Quindi,
cosa c’è di meglio di fare del bene e di divenire luce? Se scegliamo questa
via anche la nostra vita avrà senso per noi e per gli altri.
Signore, aiutaci ad avere il coraggio di servire, di essere gli ultimi, di dare
la nostra vita in riscatto per molti.
“Dormivo e sognavo che la vita era gioia.
Mi svegliai e vidi che la vita era servizio.
Servii e compresi che servire era gioia.”
Tagore
IMPEGNO DEL GIORNO:
Penso ad una persona che ha bisogno d’aiuto: non aspetto che accorra
qualcun altro. Vado io, dedicandole un po’ del mio tempo, del mio amore,
della mia energia per farle sentire che non è sola e sollevarla dalle fatiche
che segnano la sua vita.
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Giovedì 8 marzo
Luca 16,19-31
Figlio, ricordati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi
mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai
tormenti.
Una frase da cui mi piace partire per attualizzare questo brano è “la povertà
riguarda anche me”.
Ci sembra impossibile, eppure se solo avessimo occhi per vedere e non
fossimo focalizzati solo sui nostri bisogni e sulle necessità quotidiane ci
accorgeremmo che di Lazzaro, oggi nel mondo ce ne sono parecchi.
L’ultimo rapporto povertà ci dice che una famiglia su 4 fa difficoltà ad
arrivare a fine mese e chiede aiuto recandosi nei centri di ascolto o in
strutture affini. Ci rendiamo conto che ci sono persone che ci sfiorano ogni
giorno e che vivono in questa situazione? Se vediamo queste persone,
allora la povertà mi interroga, mi tocca, mi riguarda.
Signore, aiutaci a non guardare solo noi stessi ma a comprendere le
difficoltà dei fratelli e condividere quello che abbiamo.
La repressione delle tendenze egoistiche e lo sviluppo
dell’amore e dello spirito di servizio del prossimo aprono il
cuore alla presenza di Dio e producono un cambiamento
totale nella persona, dandole un’autentica gioia celeste,
tanto da farne un essere completamente diverso. Il
problema per lui diventa ora non “cosa mi può dare la vita”,
ma “cosa posso dare io nella vita”.
Baden Powell
IMPEGNO DEL GIORNO:
Mi guardo: individuo quelle cose che per me non sono necessarie, ma
che potrebbero essere importanti per qualche altra persona in situazione
di bisogno. Le condivido, le dono, liberandomi del peso del superfluo.
Ricordati che la vita è come una passeggiata in montagna: quello che
metti in più nello zaino è solo un peso che rende il percorso più faticoso.
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Venerdì 9 marzo
Matteo 21,33-43.45-46
A voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca
i frutti.
La parabola dei vignaioli omicidi ci ricorda l’infedeltà continua, che
nasconde naturalmente ingratitudine. È la storia dell’umanità e quella di
ogni uomo, con i nostri limiti, le nostre ingiustizie, la nostra avarizia, le nostre
ambizioni. Siamo dei cattivi amministratori, che cominciano commettendo
il grave errore di credersi padroni del regno.
L’atteggiamento di Dio differisce completamente dal nostro. Ci ama allo
stesso modo; ma non tollera che i suoi figli non mangino il pane che egli
offre loro e che per di più si ostinino ad impedire agli altri di mangiarlo.
Quando ci sentiremo più sicuri, verremo privati dei nostri doni, perché non
possediamo, anche se lo crediamo, alcuna esclusività.
Signore, aiutaci a produrre frutti per costruire il tuo regno fin da ora.
Allenaci, Signore
A lanciarci nell’impossibile,
perché dietro l’impossibile
ci sono la tua grazia e la tua presenza:
non possiamo cadere nel vuoto.
Il futuro è un enigma, il nostro cammino
si inoltra nella nebbia,
ma vogliamo continuare a donarci,
perché tu stai aspettando nella notte,
con mille occhi umani traboccanti di lacrime.
P. Louis Espinal, SJ boliviano assassinato
IMPEGNO DEL GIORNO:
Mi chiedo: quali sono i talenti che il Signore mi ha donato? Li individuo e
decido come metterli a frutto per il bene della comunità prendendomi un
piccolo impegno di servizio.
Solamente così l’amore può prevalere.
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Sabato 10 marzo
Luca 15,1-3.11-32
“Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far
festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita,
era perduto ed è stato ritrovato”.
Sempre più spesso vediamo attorno a noi persone che, per un motivo o
per un altro, si sono perse e che cercano di ritornare sulla giusta strada.
Pensiamo a coloro che sono passati per il tunnel dell’alcol, della droga, del
carcere.. A noi non sta il compito di giudicarle o di ricordare loro l’errore
commesso. A noi spetta il compito di accompagnarle e di tender loro una
mano lungo la strada, quella della riscoperta di sé e delle proprie capacità.
A noi sta il compito di accoglierle e non rifiutarle quando ricominciano a
vivere.
Signore, dacci il coraggio di voler vedere sempre nelle persone le risorse
e le capacità che nascondono, la bontà e la semplicità del loro cuore.
Fin da piccoli ci insegnano a non “cadere”,
a non sbagliare, dando a queste parole un connotato
negativo.
Ma non hanno ancora capito che l’uomo è fatto per
cadere, per sbagliare.
Non hanno capito che il problema non è cadere ma... non
rialzarsi.
Dando un connotato negativo a queste due parole non
capiscono che chi cade si sente fallire, non sa più cosa
fare perché nessuno gli ha insegnato a rialzarsi.
Io cado, spesso, e non è un problema, perché io mi
rialzo... sempre.
Francesca Zangrandi
IMPEGNO DEL GIORNO:
Trovo dei motivi che possano aiutarmi a rialzarmi qualora inciampassi e
trovo il coraggio di aiutare, con l’umiltà e l’amorevolezza di un fratello, i
miei amici che hanno intrapreso percorsi che tolgono dignità.
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Appunti per la tua riflessione
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Un amore che edifica
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Domenica 11 marzo
Giovanni 2,13-25
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: “Quale segno ci mostri per
fare queste cose?”. Rispose loro Gesù: “Distruggete questo tempio e in
tre giorni lo farò risorgere”. Gli dissero allora i Giudei: “Questo tempio è
stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?”. Ma
egli parlava del tempio del suo corpo.
Gesù in questo giorno di festa ci lancia un messaggio importante ma
che noi non possiamo capire finché non arriverà l’ora della morte e della
risurrezione.
“Distruggete queste tempio e in tre giorni lo farò risorgere”. Nessuno capì
che si trattava del tempio del suo corpo, forse perché la risurrezione è
una cosa mai vista prima, è un mistero che si fonda sulla fede e non sulla
razionalità.
Ci sembra impossibile ancor oggi che strutture immense possano essere
ricostruite in “tre giorni”. Eppure la fede, il nostro impegno con Dio, può
fare miracoli, può portare pace, giustizia, accoglienza..
Una vita a 360°
Ernesto Olivero
Costruire la pace
Il 2 agosto del 1983, Ernesto Olivero e i suoi amici entravano all’Arsenale
di Torino che all’epoca era un rudere. Servivano diversi miliardi delle
vecchie lire per la ristrutturazione. Una pazzia, un obiettivo umanamente
impossibile da raggiungere per un gruppo di giovani. La Provvidenza però
conosce l’opera sua.
“Ci ha portato ingegneri, architetti, muratori – ricorda oggi Ernesto – ma
soprattutto migliaia di giovani pronti a restituire tempo, denaro, capacità,
idee, sogni di cambiamento”. Sono le briciole che anche oggi continuano
a portare avanti l’avventura dell’Arsenale della Pace e degli Arsenali
che si sono aggiunti a San Paolo del Brasile e a Madaba in Giordania.
Un’avventura che segue la logica della sproporzione.
Oggi, come ieri.
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Ernesto ricorda: “dei giovani si erano messi insieme per trasformare un
luogo di guerra e di morte in una casa di pace. Siamo entrati in silenzio, con
la Bibbia in mano, con un crocifisso che ci aveva regalato il nostro vescovo
e un libro di una donna non credente, un’ex comandante partigiana.
Nel silenzio, ma come Chiesa, non come gruppo sparuto. Siamo entrati
con ingenuità, purezza di cuore, semplicità.
Avevamo il desiderio di cambiare un po’ il mondo.
Non avevamo mezzi, denaro, possibilità, solo un sì che ci scoppiava
dentro. Lo abbiamo fatto diventare fedele, costante e lentamente, ma
decisamente qualcosa è avvenuto: un arsenale di guerra è diventato
Arsenale della Pace.
Siamo entrati volendo bene all’uomo e alla donna, così come sono, senza
giudicare. Bianchi e neri, credenti e non credenti. Per tutti, l’arsenale è
diventato una casa.
Oggi, ringraziamo per il 2 agosto, ringraziamo per tutte le persone che ci
hanno creduto, ma specialmente per quelli che non lo hanno fatto, quelli
che ci hanno messo davanti ostacoli inimmaginabili.
Sono loro che ci hanno insegnato a camminare nonostante tutto, anche
con le lacrime agli occhi.
Questa è la strada che vogliamo continuare a percorrere.
In questa settimana che sta per iniziare ci impegniamo ad essere un po’
pazzi, a sporcarci le mani in un’impresa impossibile.
Cerchiamo di non ragionare con la logica del mondo ma con la fiducia, la
fede.
Solo chi ha fede non si dispera mai e può seminare pace e far crescere
nel mondo giustizia ed uguaglianza.
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Lunedì 12 marzo
Luca 4,24-30
Nessun profeta è bene accetto nella sua patria.
Testimoniare dei valori, lavorare per degli ideali, vivere quello che si crede
è, nella nostra società, spesso un’impresa da titani; è più facile adeguarsi,
uniformarsi all’altro ed evitare così prese di posizione.
Ma quali sono i valori che oggi è scomodo professare? L’ onestà che non
tiene conto di un profitto meramente economico, la capacità di guardare
il bene degli altri e non il proprio, la condivisione della sofferenza e
dell’emarginazione, il riconoscimento dell’altro come mio fratello, il rispetto
dell’ambiente e uno stile di vita sobrio.
In un mondo pieno di falsi profeti e falsi miti testimoniare la verità, operare
il bene è una sfida che richiede convinzione e determinazione. Bisogna
avere il coraggio di scegliere non ciò che è più comodo, ma ciò che è
giusto. Signore, dacci il coraggio di lasciar passare il calore della tua
parola, proprio là dove l’indifferenza soffoca il desiderio di ascoltarla.
Se riesci a mantenere la calma quando tutti attorno a
te la stanno perdendo;
Se sai aspettare senza stancarti di aspettare o
essendo calunniato non rispondere con calunnie o
essendo odiato non dare spazio all’odio senza tuttavia
sembrare troppo buono né parlare troppo da saggio;
Se sai sognare senza fare dei sogni i tuoi padroni;
Se per te contano tutti gli uomini, ma nessuno troppo;
tua è la Terra e tutto ciò che vi è in essa e -quel che
più conta- tu sarai un Uomo, figlio mio!
Rudyard Kipling
IMPEGNO DEL GIORNO:
Durante il giorno provo ad annotare le difficoltà, grandi e piccole, che
incontro. A fine giornata le rileggo e rifletto su ciò che ho vissuto.. e con
serenità, affido tutto al cuore di Dio.
La pace si costruisce avendo il coraggio di mettersi in gioco sempre!
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Martedì 13 marzo
Matteo 18,21-35
“Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte
dovrò perdonargli? Fino a sette volte?” E Gesù gli rispose: “Non ti dico
fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette”.
Fin sulla croce, nel dolore e nella solitudine, Gesù è capace di perdonare
Pietro che lo ha rinnegato, Giuda che lo ha tradito e tutti coloro che lo
stanno deridendo.
Oggi sembra esserci poco spazio sia per i sentimenti di gratitudine, sia
per il perdono. Quanto facile è dimenticarsi del bene avuto e dare per
scontato qualsiasi aiuto ricevuto. Quanto facile è ricordarsi di un torto
subito e chiudersi in un rancore insuperabile.
Guardare gli altri con amore significa esser loro riconoscenti per ogni
piccola cosa ricevuta e perdonare con spontaneità e semplicità, anche
quando una persona pecca contro di noi tante volte. La bontà di ciascuno
infatti non si manifesta nel perdonare una o due volte, ma nel continuare a
farlo senza tenere il conto di quante volte ciò avvenga.
Signore, donaci la forza del tuo amore che ci permette di andare oltre ai
piccoli o grandi torti subiti.
“Siamo nella pace e nella serenità quando siamo
capaci di rammaricarci della nostra sensibilità ancora
troppo grossolana e siamo capaci di piangere dei
milioni di poveri cristi che con i nostri soprusi,
egoismi e indifferenze o con le nostre inconsapevoli
complicità oggi noi crocifiggiamo”
Naftali di Ropshitz
IMPEGNO DEL GIORNO:
Penso ad una cosa che ultimamente mi ha fatto arrabbiare e non ho
ancora ‘digerito’. Dedico oggi un po’ di tempo per avvicinarmi alla persona
che l’ha provocata. Solo così la pace regnerà nel mio cuore!
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Mercoledì 14 marzo
Matteo 5,17-19
Non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento.
Perché ci sia una vera rivoluzione, anche al giorno d’oggi, non basta
criticare o abrogare le leggi ma bisogna costruire una nuova via fondata
su solide radici. Il cammino dell’umanità avanza verso il bene se illuminato
da valori etici, civili e religiosi con una base di giustizia, legalità, verità,
uguaglianza. Questo è ciò che il Signore ci insegna a compiere.
Noi, cittadini e credenti, pensiamo: Cosa significa fare l’elemosina ma non
pagare le tasse? Che senso ha, andare a messa, ma non voler vedere una
persona che soffre o chiede aiuto?
Signore, donaci la forza di compiere la tua volontà ed aiutaci ad essere
cittadini e cristiani autentici e responsabili delle nostre azioni.
“Le leggi dettano le regole che danno ordine ai
nostri modelli di vita: e in queste noi ci rispecchiamo.
Tuttavia, quando una legge o una regola ci impone
atti che la nostra coscienza rifiuta, non solo dobbiamo
disobbedire, ma abbiamo il dovere di ribellarci con
ogni mezzo. A costo della nostra vita. Perché se
rinunceremo alla verità, sarà la stessa giustizia umana
a condannarci. La carità non ha valore se non affonda
le sue radici nella giustizia sociale. Tutto il resto è,
semplicemente, ipocrisia.”
Da un’intervista ad Ermanno Olmi rispetto il suo
ultimo film “Il villaggio di cartone” (Scarp’de tenis)
IMPEGNO DEL GIORNO:
Nella giornata di oggi cerco di essere attento al mio comportamento e
compio un piccolo gesto che migliori un po’ l’ambiente in cui vivo (chiedo
lo scontrino, mi muovo in bici, non getto per terra mozziconi di sigarette o
cartacce e correggo fraternamente chi lo fa, ..).
Tutti assieme possiamo costruire un mondo migliore!
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Giovedì 15 marzo
Luca 11,14-23
Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me disperde.
Il regno di Dio si costruisce insieme, perché siamo Chiesa, comunità,
suoi figli, ma si costruisce anche sull’impegno di ogni singolo, sulla sua
responsabilità e sulla sua volontà. La distinzione tra il bene e il male è
netta, o si è nel bene o si è nel male. La parola di Dio è chiara, non conosce
ambiguità né ipocrisie e chi la condivide non può non viverla fino in fondo.
E ci viene detto ancor più: chi è nel bene, chi cerca di attuare la parola di
Dio “raccoglie” buoni frutti e contribuisce così alla costruzione del regno
di Dio. Gesù, fa’ che la tua vita sia per noi l’esempio da seguire e aiutaci a
non stare in una via di mezzo.
L’uomo è irragionevole, illogico, egocentrico
non importa, amalo
se fai il bene, ti attribuiranno secondi fini egoistici
non importa, fa’ il bene
se realizzi i tuoi obiettivi, troverai falsi amici e veri
nemici
non importa, realizzali
l’onestà e la sincerità ti rendono vulnerabile
non importa, sii franco e onesto
quello che per anni hai costruito
può essere distrutto in un attimo
non importa, costruisci
se aiuti la gente, se ne risentirà
non importa, aiutala
da’ al mondo il meglio di te, e ti prenderanno a calci
non importa, da’ il meglio di te.
Madre Teresa di Calcutta
IMPEGNO DEL GIORNO:
Durante la cena in famiglia, scegliamo tutti insieme un piccolo impegno di
solidarietà da portare avanti, così da costruire la pace a partire dal nucleo
più intimo di ciascuno di noi.
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Venerdì 16 marzo
Marco 12,28b-34
Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima,
con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. [..]
Amerai il tuo prossimo come te stesso. Non c’è altro comandamento più
grande di questi.
Questo passo della bibbia ci insegna che l’amore verso Dio ingloba tutte
le nostre azioni, tutti i nostri pensieri, tutto il nostro essere. Cercare Dio è
riconoscerlo nel creato, nella vita, ma più di ogni altra cosa negli altri.
Aver fede quindi è qualcosa di semplice e allo stesso tempo molto
complessa: solo amando gli altri come noi stessi impariamo a seguire
l’esempio di Gesù e ci doniamo con pienezza.
Proviamo a riflettere su chi può essere “prossimo”. Il prossimo è lo
straniero, il Rom, il senza dimora, il carcerato. Siamo davvero disposti ad
amare queste persone? Il Signore infatti ci dice “amerai il prossimo tuo
come te stesso”, quindi ci dice “amerai il profugo come te stesso”.
E amare una persona è gratuità, è accettare le differenze tra me e lei, è
accoglierla così com’è e non voler renderla simile a me.
E l’ultimo pensiero, disarmante, è che il prossimo è “te stesso”. L’altro, con
la sua complessità, fa parte della nostra vita, l’altro, con la sua essenza, ci
trasforma e ci rende così come siamo.
Signore, aiutaci a vivere l’incondizionato amore che ci hai dato, ad
accogliere ogni “prossimo” che tu ci fai incontrare e a fare dell’altro parte
fondante della nostra vita.
Ama il prossimo tuo: è te stesso.
Emmanuel Levinas
IMPEGNO DEL GIORNO:
Nella giornata di oggi mi guardo attorno.. Mi chiedo: chi è la persona più
diversa da me? M’Impegno a considerarla il “mio prossimo” e cerco di
avvicinarmi a lei anche solo grazie a delle notizie vere e fondate. La pace
si diffonde con la verità!
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Sabato 17 marzo
Luca 18,9-14
Chiunque si esalta sarà umiliato e chi invece si umilia sarà esaltato.
Per la seconda volta dall’inizio della Quaresima, incontriamo e facciamo
nostro questo episodio del vangelo. Quest’oggi pensiamo a tutte quelle volte
che abbiamo la presunzione di essere nel giusto e di fare il bene. Spesso
vediamo la pagliuzza nell’occhio dell’altro e non ci accorgiamo della trave
che è nel nostro. Non è facile mettersi in discussione e riconoscere i nostri
errori o i nostri limiti, mentre è facile giustificare alcune nostre mancanze,
soprattutto se siamo focalizzati solo su noi stessi. La superbia e l’orgoglio
ci nascondono i nostri limiti, ci impediscono di vedere la realtà così com’è.
L’umiltà è invece il presupposto per riuscire a comprendere l’errore compiuto
che un altro ci sottolinea. Signore, donaci l’umiltà di accettare le critiche che
gli altri ci sollevano e insegnami a veder oltre le pagliuzze dell’altro.
Quand’ero giovane ero un rivoluzionario e tutte le
mie preghiere a Dio erano: «Signore, dammi la forza
di cambiare il mondo». Quand’ero ormai vicino alla
mezza età e mi resi conto che metà della mia vita
era passata senza che avessi cambiato nulla, mutai
la mia preghiera in: «Signore, dammi la grazia di
cambiare tutti quelli che sono in contatto con me.
Solo la mia famiglia e i miei amici, e sarò contento».
Ora che sono vecchio e i miei giorni sono contati
comincio a capire quanto sono stato sciocco. La
mia sola preghiera è: «Signore, fammi la grazia di
cambiare me stesso». Se avessi pregato così fin
dall’inizio.
Bazyazid Bistami
IMPEGNO DEL GIORNO:
Rifletto su chi, tra le persone vicino a me, quella che viene con più difficoltà
valorizzata. Nella giornata di oggi mi metto in secondo piano e cerco di far
risaltare le sue capacità. Ognuno possiede un dono e può “restituirlo” per
creare un mondo migliore!
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Appunti per la tua riflessione
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Un amore che impegna
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Domenica 18 marzo
Giovanni 3,14-21
E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia
innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita
eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché
chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo,
ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato
condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno
amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie.
Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le
sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la
luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio.
Il vangelo di questa domenica ci parla della grandezza dell’amore di Dio
che è tale da mandare il suo unico figlio a salvare il mondo.
Solo grazie a questo dono, alla presenza di Gesù tra di noi, possiamo
credere in Dio, avere la vita eterna, vivere per sempre nella luce.
E così anche la verità, che è luce, è opera di Dio.
Riflettiamo allora su quanto noi crediamo, su quanto ci impegniamo ad
essere luce e verità.
Nella nostra vita ci viene chiesto più volte come vogliamo operare e
raggiungere una meta, un fine qualsiasi. La scelta deve essere sempre
una “questione di stile di vita”, un esame di coscienza.
Se non siamo per la verità rischiamo di offuscare il messaggio autentico
che il Figlio dell’uomo si è donato a noi perché potessimo aprire gli occhi
e credere.
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Una vita a 360°
Pino Masciari
Testimoniare la giustizia
Vivrà a lungo Pino Masciari, l’imprenditore calabrese che con coraggio ha
denunciato la ‘ndrangheta e le sue collusioni con il mondo della politica,
che nel suo libro “Organizzare il coraggio” scrive “Ogni persona che viene
a conoscenza della mia storia mi allunga la vita di un giorno”.
La storia di Pino e della sua famiglia è una storia di coraggio e di legalità,
di onestà e di trasparenza, che comincia nel 1994, quando l’imprenditore
calabrese incontra qualcuno disposto ad ascoltare le sue denunce. La
‘ndrangheta lo accerchia, lo vessa, gli impedisce di lavorare. Masciari
racconta tutto. Fa nomi e cognomi, porta testimonianze precise, arriva
al cuore del sistema, contribuendo a mandare in carcere 50 esponenti
della ‘ndrangheta. Per questo deve lasciare la Calabria ed entrare nel
programma di protezione speciale come testimone di giustizia. Nel 1997
con la moglie e i due figli (di uno e due anni) lascia la sua casa e la
sua terra per sempre. Comincia da qui una storia incredibile di esilio
e di isolamento. Paradossalmente la figura di testimone di giustizia
dovrebbe prevedere sicurezza ma questo non avviene. Pino, Marisa e i
due figli vivono in un limbo: non hanno un nome di copertura, non possono
rientrare a casa, vengono spostati in località sempre diverse, sono senza
scorta. Nonostante ciò Masciari continua ad avere fiducia nello Stato,
a testimoniare e raccontare quello che ha subito. Sarà la società civile,
in particolare l’associazione Libera di don Ciotti, ad occuparsi di lui e a
salvarlo con una fittissima rete di amicizie e di sostegno.
Articolo tratto dal Quotidiano Calosiese
In questa settimana ci impegniamo a seminare legalità.
Se vogliamo essere cristiani autentici non possiamo piegarci alle
intimidazioni, vivere nell’omertà..
La giustizia è lo strumento essenziale che favorisce il riconoscimento
dell’altro, la dignità, il rispetto. Dobbiamo essere testimoni veri e credibili di
questo nelle azioni quotidiane e farlo diventare uno stile di vita. Scegliamo
la libertà, la verità.
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Lunedì 19 marzo
Matteo 1,16.18-21.24a
Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla
pubblicamente [..].
Giuseppe è un uomo giusto: desidera capire e perdonare. Vuole proteggere
Maria e non si accanisce contro di lei, come la legge degli uomini del suo
tempo gli permetterebbe.
Chi come Giuseppe concepisce la giustizia come possibilità di costruire il
bene, può essere portatore di un messaggio nuovo, in grado di rivoluzionare
la storia dell’intera umanità. Anche nella nostra società gli atti di violenza
sono espressione di una ‘giustizia’ che si ancora al pregiudizio, alla
vendetta, al risentimento. Ma questa è la giustizia che ci viene insegnata
da Giuseppe? Quella di cui il vangelo ci parla?
Signore, donaci la forza di Giuseppe, la sua capacità di un silenzio
rispettoso e la sua fede in un bene più grande.
Ci impegniamo
per trovare un senso alla vita,
a questa vita, alla nostra vita.
Si vive una sola volta
e non vogliamo essere “giocati”.
in nome di nessun piccolo interesse.
Non ci interessa la carriera,
non ci interessa il denaro,
non ci interessa passare alla storia.
Ci interessa di perderci
per qualche cosa o per qualcuno.
Don Primo Mazzolari
IMPEGNO DEL GIORNO:
Nella giornata di oggi, cerco di essere giusto e leale, con convinzione
e determinatezza, ognuno nel proprio ruolo e nella propria quotidianità
(come membro della famiglia, come studente, come lavoratore, come
cittadino..).
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Martedì 20 marzo
Giovanni 5,1-16
Per questo i Giudei perseguitavano Gesù, perché faceva tali cose di
sabato.
Gesù molte volte nella sua vita e con il suo esempio sconvolge gli schemi,
le leggi e le consuetudini del tempo. Anche la dimensione dell’uomo è
completamente reimpostata sia nel suo rapporto con Dio sia nel suo
rapporto con gli altri. Cristo è un rivoluzionario, perché è capace di
guardare in profondità il cuore degli uomini, di operare per il loro bene e di
non fermarsi davanti a preconcetti.
Anche nel nostro quotidiano rapportandoci con gli altri, non dobbiamo
farci condizionare dagli schemi, ma riuscire a capire quello che è giusto.
Fermarsi, pregare e chiedere l’aiuto di Dio per fare del nostro meglio, sono
gesti di saggezza e umiltà, che ci aiutano a capire e ad agire nel rispetto
della dignità umana e nell’ amore per gli altri.
Signore, insegnaci che non è la legge per l’uomo, ma l’uomo per la legge.
Siamo depressi
quando ci lasciamo vivere pigramente,
tristemente e senza prendere mai posizione,
quando ci sentiamo come separati
dalla creazione e dal Creatore,
perdiamo il filo della nostra vita
e ci sentiamo come morti.
È allora che cadiamo
nella più profonda depressione e desolazione.
Giuliana Martirani
IMPEGNO DEL GIORNO:
Oggi cerco di prendere consapevolezza di quei comportamenti che
assumo non per convinzione, ma perché determinati dal possibile giudizio
degli altri. Scopro così la verità e la bontà dei miei gesti e delle mie parole.
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Mercoledì 21 marzo
Giovanni 5,17-30
Non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.
Gesù è venuto nel mondo per volere di Dio Padre.
Rispondere alla volontà di chi lo ha mandato significa essere uno strumento
nelle sue mani, per la costruzione di un mondo migliore. La volontà del
figlio non può che allinearsi a quella del Padre. Nei momenti della prova e
della sofferenza Cristo invoca l’aiuto del Padre per tener fede al progetto
assegnatogli.
La vita di ognuno di noi è guidata da un progetto d’amore che chiede
spazio nel nostro vivere quotidiano. La delusione, la sofferenza, il dolore,
le diverse prove che ci mettono alla prova rientrano nel progetto di Dio e
richiedono la forza della nostra fede.
Signore Gesù, aiutaci a capire e ad accogliere il progetto che tu hai
pensato per noi e a viverlo con coraggio ed onestà.
Sono una piccola matita
nelle mani di Dio ...
Io sono come una piccola matita
nelle Sue mani,
nient’altro.
È Lui che pensa.
È Lui che scrive.
La matita non ha nulla a che fare
con tutto questo.
La matita deve solo poter essere usata.
Madre Teresa di Calcutta
IMPEGNO DEL GIORNO:
Oggi mi impegno a fare del mio meglio in tutto ciò che mi viene chiesto
e proposto. Solamente se dico “si, eccomi” posso rispondere ad una
chiamata e posso far si che questo impegno semini verità e giustizia.
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Giovedì 22 marzo
Giovanni 5,31-47
Come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non
cercate la gloria che viene dall’unico Dio?
Il vero credente non cerca il consenso, il plauso, la gloria umana, ma opera
nella quotidianità illuminato dallo Spirito Santo.
San Francesco, Madre Teresa di Calcutta, Papa Giovanni Paolo II…
sono solo alcuni esempi di persone che hanno scelto di cercare la gloria
che viene da Dio. Anche la vita di ognuno di noi può ricercare la “vera”
gloria. Spesso chi fa veramente il bene non fa clamore, non richiede
ringraziamenti, non si vanta, non riempie le prime pagine dei giornali. Il
valore di un gesto d’amore non consiste nel riconoscimento da parte degli
altri, ma nella gioia intima della pienezza vissuta.
Signore Gesù, donaci il coraggio di scegliere Te e la forza di non lasciarci
trascinare dalla gloria di questo mondo.
Credo che il Signore ci abbia messo in questo mondo
meraviglioso per essere felici e godere la vita. La felicità
non dipende dalle ricchezze né dal successo, né dalla
carriera, né dal cedere alle nostre voglie. Un passo verso
la felicità lo farete conquistandovi salute e robustezza
finché siete ragazzi, per poter essere utili e godere la vita
pienamente una volta fatti uomini.
Il vero modo di essere felici è quello di procurare la felicità
agli altri. Preoccupatevi di lasciare questo mondo un po’
migliore di come lo avete trovato e, quando suonerà la
vostra ora di morire, potrete morire felici nella coscienza
di non aver sprecato il vostro tempo, ma di avere fatto “del
vostro meglio”.
Lord Baden Powell of Gilwell
IMPEGNO DEL GIORNO:
M’impegno a seminare piccoli gesti per gli altri senza il bisogno di essere
ringraziato (porto un dolce al lavoro, regalo un fiore alla nonna..). L’amore
è normalità, non è straordinarietà.
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Venerdì 23 marzo
Giovanni 7,1-2.10.25-30
Se fai queste cose, manifesta te stesso al mondo!
Cristo sa di annunciare una Parola che non tutti accetteranno, una Parola
rivoluzionaria d’amore, ma ha il coraggio di affrontare situazioni scomode
e di opporsi chiaramente all’ingiustizia. Dio per primo mette in gioco il suo
unico figlio perché tutti noi potessimo credere e questo suo atteggiamento
fa si che “molti credettero”.
Il credere in Dio, oggi come ieri, non può limitarsi a una vuota dichiarazione
di fede, ad un meccanico recitare un credo e seguire una liturgia, ma
deve avere un riscontro nei gesti, nelle azioni, nelle scelte di ogni giorno.
Nella nostra società credere significa fare proprio l’insegnamento di Gesù
e divenire “sale della terra e luce del mondo”, andare per il mondo ed
evangelizzarlo.
Signore, donaci la forza di testimoniarti, non solo a parole, ma in quotidiani
gesti di giustizia e di bene, donaci la forza di rischiare in te.
Ridere è rischiare di sembrare idioti.
Piangere è rischiare di sembrare sentimentali.
Soccorrere qualcuno è rischiare d’impegnarsi.
Manifestare i propri sentimenti
è rischiare d’essere incompresi.
Amare è rischiare di non essere corrisposti.
Sperare è rischiare d’illudersi.
Provare è rischiare di fallire.
Chi non rischia niente,
non fa niente, non ha niente,
non è niente.
Madre Teresa di Calcutta
IMPEGNO DEL GIORNO:
In questa giornata, m’impegno a dire tutta la verità, anche quando essa
può essere scomoda o può mettermi a rischio.
Solamente così sarò giusto e non affonderò nell’omertà!
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Sabato 24 marzo
Giovanni, 7,40-53
Costui è davvero il profeta! [..] Costui è il Cristo!
Profetizzare significa annunciare la volontà di Dio. Il profeta in ogni contesto
storico-culturale è solitamente o perseguitato o non capito o deriso. Sono
pochi quelli che sanno guardare in profondità pensieri e gesti e coglierne il
senso. Sono pochi quelli capaci di valutare con onestà, liberi da preconcetti
o condizionamenti. Sono pochi quelli capaci di spendersi per gli altri e per
un progetto d’amore che richiede generosità. Tutto questo se fatto nostro
è ancor oggi profetizzare quel Dio. Nella confusione di molteplici falsi
messaggi da cui siamo attaccati quotidianamente è difficile, ma possibile,
cogliere la Parola di Dio e viverla.
Signore, rendici capaci di essere aperti al tuo messaggio e di rapportarlo
al nostro quotidiano per diventare così tuoi profeti.
Attraverso l’indugiare attento che le orecchie sanno farsi
più grandi e cave per ascoltare i gemiti e i mormorii sotto
la pelle del mondo, degli uomini e delle donne che ci
camminano accanto.
Ascoltare ciò che porta questo giorno, questa persona,
questa cosa.
Non c’è nulla di bello e buono che vive fuori di noi che
non entri in noi se non con l’ascolto; e nulla che seminato
arrivi a fioritura.
Se c’è una preghiera che oso fare con insistenza è quella
di imparare un poco a saper ascoltare.
Quando ci riesco mi sembra d’essere appoggiata ad un
poggiolo e il panorama non è mai banale.
Da “Piccoli passi di sapienza feriale”
IMPEGNO DEL GIORNO:
Oggi nel compiere un gesto d’amore per gli altri non temo di esprimere
chiaramente che l’esempio che voglio seguire è la vita di Gesù Cristo e
che i valori da cui traggo forza sono la giustizia e l’uguaglianza.
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Appunti per la tua riflessione
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Un amore che serve
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Domenica 25 marzo
Giovanni 12,20-33
In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non
muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama
la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la
conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove
sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo
onorerà. Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami
da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre,
glorifica il tuo nome”. Venne allora una voce dal cielo: “L’ho glorificato e
lo glorificherò ancora!”.
In questo passo del vangelo Gesù ci parla di un chicco di grano che
con la sua morte “produce molto frutto”. Il chicco dona la sua vita per
moltiplicarsi, sceglie il servizio alla vita, come una madre fa lo stesso
quando partorisce nelle doglie. Questo paragone porta con sé la storia di
Gesù, il suo impegno di vita e ciò che si compie con la Sua morte.
Il chicco di grano è il simbolo di come si compie la missione di Gesù
e dei discepoli. Anche noi siamo chiamati a portare la parola di Dio nel
mondo, mettendo in gioco la nostra vita, a costo di morire, pur di seminare
il messaggio che il Signore ci ha insegnato. Inoltre è la storia di un piccolo
seme: non ci viene chiesto di essere chissà chi per portare la nostra
testimonianza e donare la vita. Noi nella nostra piccolezza e semplicità,
con l’esempio di Gesù, possiamo fare “grandi cose”.
Una vita a 360°
Annalena Tonelli
Io sono nessuno
Sono nata in Italia a Forlì il 2 Aprile 1943. Lavoro in sanità da trent’anni,
ma non sono medico. Sono laureata in legge in Italia. Sono abilitata
all’insegnamento della lingua inglese nelle scuole superiori in Kenya.
Lasciai l’Italia a gennaio del 1969. Da allora vivo a servizio dei Somali.
Sono trent’anni di condivisione. Ho infatti sempre vissuto con loro a parte
piccole interruzioni in altri paesi per causa di forza maggiore.
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Scelsi di essere per gli altri: i poveri, i sofferenti, gli abbandonati, i non
amati che ero una bambina e così sono stata e confido di continuare
a essere fino alla fine della mia vita. Volevo seguire solo Gesù Cristo.
Null’altro mi interessava così fortemente: Lui e i poveri in Lui. Per Lui feci
una scelta di povertà radicale.. anche se povera come un vero povero, i
poveri di cui è piena ogni mia giornata, io non potrò essere mai.
Vivo a servizio senza un nome, senza la sicurezza di un ordine religioso,
senza appartenere a nessuna organizzazione, senza uno stipendio, senza
versamento di contributi volontari per quando sarò vecchia.
Sono non sposata perché così scelsi nella gioia quando ero giovane.
Volevo essere tutta per Dio.
Era una esigenza dell’essere quella di non avere una famiglia mia. E così
è stato per grazia di Dio.
Ho amici che aiutano me e la mia gente da più di trent’anni. Tutto ho
potuto fare grazie a loro, soprattutto gli amici del Comitato per la lotta
contro la fame nel mondo di Forlì.
Naturalmente ci sono anche altri amici in diverse parti del mondo.
Non potrebbe essere diversamente.
I bisogni sono grandi. Ringrazio Dio che me li ha donati e continua a
donarmeli.
Siamo una cosa sola su due brecce, diverse nella apparenza ma uguali
nella sostanza: lottiamo perché i poveri possano essere sollevati dalla
polvere e liberati, lottiamo perché gli uomini tutti possano essere una cosa
sola.
In questa settimana ci impegniamo anche noi a diventare un
piccolo chicco di grano che trova il coraggio di morire per produrre
molto frutto.
Sulla scia di Gesù, di Annalena, anche noi ci doniamo con pienezza all’altro
e ai bisogni di coloro che ci stanno accanto, anche rinunciando a ciò che
la nostra indole e la nostra personalità ci chiamerebbe a fare.
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Lunedì 26 marzo
Luca 1,26-38
Ecco la serva del Signore, avvenga per me secondo la tua parola.
È commovente il modo in cui Maria accoglie l’invito di diventare madre
di Gesù. Non ha chiesto un po’ di tempo per rifletterci, per misurare
quanto le sarebbe convenuto, per valutare le conseguenze di questa
responsabilità. Si è messa a disposizione di Dio in un atteggiamento di
umiltà, fiducia ed amore. Inoltre Maria, definendosi “serva” nonostante il
ruolo di prestigiosa importanza e responsabilità di diventare madre di Dio,
anticipa il messaggio cristiano per cui i primi saranno gli ultimi e gli ultimi
i primi, esaltando così il valore dell’umiltà.
Anche noi siamo chiamati ad ascoltare la nostra annunciazione ed
accoglierne l’invito, certi che se Dio ci ha affidato quella missione è perché
sa che con il suo sostegno possiamo portarla a compimento.
Aiutaci, Signore, ad ascoltare la tua voce, ad accogliere la missione che
ci hai affidato, certi di poter contare su di te nei momenti di sconforto e di
difficoltà. E a te, Maria, chiediamo di insegnarci ad accettare la volontà di
Dio e a renderci umili strumenti di pace e di amore.
“E il vero amore può nascondersi,
confondersi ma non può perdersi mai.
Sempre e per sempre
dalla stessa parte mi troverai”
Francesco De Gregori da Sempre per sempre
IMPEGNO DEL GIORNO:
Mi regalo un’ora per stare da solo con il Signore ed ascoltare l’annunciazione
che oggi mi vuole fare. Mi lascio cullare dal silenzio e ascolto la sua voce
facendola risuonare dentro di me.
Solo incontrando Dio capirò il valore dell’incontro con l’altro!
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Martedì 27 marzo
Giovanni 8,21-30
Colui che mi ha mandato è con me: non mi ha lasciato solo, perché
faccio sempre le cose che gli sono gradite.
Questo passo del Vangelo a prima vista sembra il racconto di un Dio
capriccioso che ama solo coloro che esaudiscono i suoi desideri.
Rileggiamo questa frase sostituendo il “perché” con l’espressione “ed
è grazie a questo che”: ora sì che possiamo riconosce il nostro Padre!
Innanzitutto è lui che ci affida una missione ma che anche ci accompagna.
È proprio grazie al suo aiuto, consiglio, alla sua forza che ci comportiamo
secondo il suo volere e riusciamo ad affrontare le sfide che la vita ci
sottopone.
Padre, aiutaci a sentire la tua presenza soprattutto quando soffriamo,
proprio quando ci sembra che tu ci abbia abbandonato. E dacci la forza
di farci prossimi ai nostri fratelli che vivono il dolore per ricordare loro che
tu non ci lasci mai.
“Padre mio, m’abbandono a Te,
di me fai quello che ti piace.
Grazie per ciò che fai per me,
spero solamente in te.
Purché si compia il tuo volere
in me e in tutti i miei fratelli.
Niente desidero di più, fare quello che vuoi Tu.
Dammi che ti riconosca,
dammi che ti possa amare sempre più,
dammi che ti resti accanto,
dammi d’essere l’amor”
Ciprì/Mancuso
IMPEGNO DEL GIORNO:
Mi guardo attorno: c’è un “segno” in casa, al lavoro, che mi aiuta a pensare
a Dio e che richiama il rapporto intimo e forte che ho con lui? Lo sento
vicino, lo sento con me, quando incontro il fratello che non lo conosce
ancora?
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Mercoledì 28 marzo
Giovanni 8,31-42
Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete
la verità e la verità vi farà liberi.
Discepolo è colui che cammina con il Signore, che resta fedele all’impegno
di stargli accanto per ascoltare la sua parola e godere così del dono della
verità e, grazie ad essa, della libertà. Il discepolo quindi è colui che si fida
del Signore ed è certo che il Padre non lo abbandonerà mai. Noi possiamo
definirci discepoli di Cristo? Abbiamo il coraggio di seguire il suo esempio?
Questa notte ho fatto un sogno, ho sognato che camminavo
sulla sabbia accompagnato dal Signore, e sullo schermo
della notte erano proiettati tutti i giorni della mia vita.
Ho guardato indietro e ho visto che ad ogni giorno della
mia vita proiettato nel film apparivano orme sulla sabbia:
una mia e una del Signore. Così sono andato avanti, finché‚
tutti i miei giorni si esaurirono. Allora mi fermai guardando
indietro, notando che in certi posti c’era solo un’orma..
Questi posti coincidevano con i giorni più difficili della mia
vita: i giorni di maggior angustia, di maggiore paura e di
maggior dolore... Ho domandato allora: “Signore, Tu avevi
detto che saresti stato con me in tutti i giorni della mia
vita, ed io ho accettato di vivere con Te, ma perché‚ mi hai
lasciato solo proprio nei momenti peggiori della mia vita?”.
Ed il Signore mi ha risposto: “Figlio mio, io ti amo e ti dissi
che sarei stato con te durante tutta la camminata e che non
ti avrei lasciato solo neppure per un attimo, ebbene non ti
ho lasciato. I giorni in cui tu hai visto solo un’orma sulla
sabbia, sono stati i giorni in cui io ti ho portato in braccio”.
Margaret Fishback Powers
IMPEGNO DEL GIORNO:
In questa giornata cerco anch’io la verità e la libertà. Rimango fedele a Dio,
sento che sto camminando con lui ma m’impegno perché l’interculturalità
sia vista come una ricchezza e non come un pericolo.
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Giovedì 29 marzo
Giovanni 8,51-59
Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. Chi mi glorifica
è il Padre mio.
Durante questo cammino di Quaresima ci viene riproposto questo passo.
Ci fermiamo un’altra volta a riflettere su tutte quelle volte che veniamo
glorificati e su quando, ognuno di noi, in cuor suo, si esalta e si vanta di
questo o di quello e spera di essere stimato dagli altri ed esaltato.. Questo
testo ammonisce questo nostro atteggiamento ipocrita. Ci ricorda che la
gloria vera viene dal Padre e non cerca fama ma si fonda sulla gratuità
e sull’umiltà. Noi siamo piccoli, ma possiamo diventare tesoro prezioso
perché riempiti della grazia di Dio.
Signore, aiutaci ad apprendere l’arte della semplicità e della piccolezza
per divenire grandi in te.
“I complimenti fanno sempre piacere: la componente
narcisistica non manca nel carattere di nessuno, tanto
meno in quello degli artisti che vivono del consenso del
pubblico e della critica. Però questa è un po’ la parte
più grezza del carattere di un individuo. Direi che la vera
soddisfazione consiste nel riuscire a rendersi utili agli altri
e a se stessi. Sul fatto poi di essere un punto di riferimento,
ce ne sono di ben più alti, e comunque credo che le
capacità derivino da qualcosa di misterioso e indefinibile,
da un raggio luminoso che ogni tanto ti colpisce e non sai
da dove venga.”
Fabrizio De Andrè da “E poi , il futuro”
IMPEGNO DEL GIORNO:
Oggi scopro quanto sia bello donarsi al fratello che non conosco, a colui
che non sa il mio nome ma che gioisce per un sorriso donato gratuitamente.
Anch’io sono piccolo ma posso nella mia quotidianità creare dialogo tra le
culture, perché dalle cose semplici nasce e cresce lo spirito di accoglienza
e rispetto.
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Venerdì 30 marzo
Giovanni 10,31-42
Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio,
anche se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e
conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre.
È spiazzante leggere il Vangelo e accorgersi quanto il Figlio di Dio fosse
simile a noi: dai racconti evangelici traspaiono comportamenti e sentimenti
tipicamente umani, tra cui persino la paura, il dolore, lo sconforto. Dio si
è fatto uomo per mostrarci come per ciascuno di noi sia possibile agire
secondo la volontà del Padre, orientati dal criterio del bene, seguendo
la sua Parola. Per questo Dio è stato leale, egli infatti ci ha chiesto di
comportarci secondo la sua volontà solo dopo averci dimostrato, per
mezzo del Figlio, che possiamo farlo. Anche in questo passo del Vangelo,
quindi, siamo invitati ad essere cristiani non solo nelle parole, ma nei
fatti, nelle scelte quotidiane, nelle relazioni, perché chi incontriamo possa
riconoscere in noi l’amore di Dio.
Signore, fa si che gli altri possano vedere in me la tua luce, fa che gli altri
possano trovare in me il tuo amore.
Allora un uomo ricco disse: Parlaci del Dare.
E lui rispose: Date poca cosa se date le vostre ricchezze.
È quando date voi stessi che date veramente.
Gibran Khalil Gibran , da Il profeta
IMPEGNO DEL GIORNO:
Oggi nel mio agire, a partire dai piccoli gesti, penso se il mio comportamento
è davvero cristiano e nel momento delle scelte mi lascio consigliare
dall’esempio di Gesù. Anche chi non crede in Dio può trovare in me un
amore grande che mi invade.
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Sabato 31 marzo
Giovanni 11,45-56
Ma uno di loro, Caifa, che era sommo sacerdote in quell’anno, disse loro:
“Voi non capite nulla! Non vi rendete conto che è conveniente per voi che
un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!”.
Quando percepiamo un pericolo, qualcosa di sbagliato e diverso rispetto
ai nostri canoni, ci difendiamo cercando un capro espiatorio per accusare
qualcuno o qualcosa dei mali che ci affliggono.
Basti pensare a due esempi completamente diversi, ma che nascono
dalla stessa necessità di “scrollarci di dosso” le nostre responsabilità.
Il primo riguarda la diffidenza nei confronti degli immigrati, del “diverso”
a cui imputiamo la responsabilità dei reati, della disoccupazione, del
degrado delle nostre città, ecc… Il secondo si riferisce all’imputazione
della crisi economica, politica e sociale ai soli potenti, alle Istituzioni, ai
politici, trascurando il ruolo delle nostre scelte e delle azioni quotidiane
che compiamo in qualità di cittadini o semplicemente di singole persone.
Signore, insegnaci a prenderci le nostre responsabilità, ricordandoci che
le nostre scelte si ripercuotono nel mondo. Anche noi, piccole gocce
nell’oceano, possiamo cambiare le sorti del pianeta … dipende da noi se
lo consumiamo o lo miglioriamo.
Quello che noi facciamo
è solo una goccia nell’oceano,
ma se non lo facessimo
l’oceano avrebbe una goccia in meno.
Madre Teresa di Calcutta
IMPEGNO DEL GIORNO:
In questa giornata cerco il coraggio di assumermi le mie responsabilità
nelle scelte e negli errori compiuti. Penso a come posso lasciare, ogni
giorno, un segno positivo della mia presenza nel mondo. Mi chiedo: faccio
sempre del mio meglio?
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Appunti per la tua riflessione
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Un amore che si fa dono
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Domenica 1 aprile
Marco 14,1-15,47
Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del
pomeriggio. Alle tre, Gesù gridò a gran voce: “Eloì, Eloì, lemà sabactàni?”,
che significa: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Udendo
questo, alcuni dei presenti dicevano: “Ecco, chiama Elia!”. Uno corse a
inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere,
dicendo: “Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere”. Ma Gesù,
dando un forte grido, spirò.
Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. Il centurione,
che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse:
“Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!”.
Contemplazione
Gloria a te, Signore, gloria a te!
Sei salito a Gerusalemme per annunciare la pace
sei stato giudicato come un malfattore.
Hai ricevuto l’acclamazione del tuo popolo
sei stato rigettato come pietra inutile.
Sei stato chiamato profeta e figlio di David
sei stato ucciso fuori della città santa.
Hai percorso un cammino di gloria messianica
sei stato umiliato fino a una morte vergognosa.
Sei entrato nella città per celebrare la Pasqua
sei stato immolato come l’agnello pasquale.
Gloria a te, Signore, gloria a te!
Da Preghiera dei giorni, Comunità Monastica di Bose
Una vita a 360°
Don Luigi di Liegro
Prendersi cura dell’abbandonato
La Caritas Diocesana di Roma ha iniziato ad occuparsi di malati di A.I.D.S.
nel 1988, quando l’epidemia era ancora agli inizi e tante persone, le più
povere, morivano per strada o abbandonate in un letto di ospedale. Don
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Luigi Di Liegro, con la sua tenacia e determinazione, riuscì con molte
difficoltà ad aprire tre Case, due maschili ed una rivolta a donne e bambini,
dove far morire dignitosamente queste persone.
Nel 1990 è nato il Servizio di Assistenza Domiciliare con l’obiettivo
di facilitare la permanenza dei malati nella propria abitazione e nel
proprio contesto sociale e familiare e di evitare l’ospedalizzazione e/o
istituzionalizzazione in strutture protette.
In questi 15 anni di attività, le caratteristiche dei servizi offerti si sono
adattate al modificarsi della domanda dei pazienti che ci venivano
affidati: da una accoglienza ed un accompagnamento ad una morte
dignitosa, ad una progettualità individualizzata di promozione della
persona e, se possibile, di reinserimento a pieno titolo nell’ambiente
sociale di provenienza, rispondendo all’aumento della sopravvivenza
dei malati, ottenuta grazie alle nuove ed efficaci terapie antiretrovirali.
Ma se per molti pazienti il miglioramento delle condizioni cliniche ha
determinato il ritorno alle attività quotidiane, e quindi il miglioramento
della qualità di vita, in altri, con malattia avanzata, l’uso delle attuali terapie
ha comportato la cronicizzazione di una malattia molto disabilitante.
Inoltre sono emerse “nuove” tipologie di malati, nei quali l’AIDS viene ad
associarsi ad altre patologie croniche quali la malattia mentale, la malattia
neurologica, l’epatite virale cronica.
Le persone che arrivano ai nostri servizi spesso hanno alle spalle
una storia di tossicodipendenza, oppure di sessualità disordinata e
promiscua o prostituzione; per loro il ritorno all’autonomia ha determinato
il ripresentarsi di problematiche di ordine sociale e l’acuirsi di situazioni di
estremo disagio ed emarginazione.
La doppia discriminazione di cui soffrono, provenienza sociale e malattia,
li porta spesso a non ricevere solidarietà o comprensione, neppure nello
stesso ambito familiare di provenienza.
In questa settimana ci impegniamo anche noi a prenderci cura delle
persone che ci stanno affianco, donando particolare attenzione
anche a coloro che spesso sono emarginati, discriminati, esiliati.
Avvicinandoci alla Quaresima potremmo impegnarci ad incontrare una di
queste persone in una realtà presente nel nostro territorio.
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Lunedì 2 aprile
Gv, 12,1-11
Maria prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne
cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa
si riempì dell’aroma di quel profumo.
Per comprendere pienamente questo passo bisogna prima entrare nella
storia e poi osservare con il cuore ciò che Maria compie.
Nella storia perché Maria unge i piedi di Gesù con un profumo molto
costoso che era pari al guadagno di un anno di lavoro. Giuda critica Maria
per questo spreco. Secondo lui il denaro doveva essere conservato per
donarlo ai poveri. Ma questa sua preoccupazione nasce dal fatto che lui
ruba i soldi dalla cassa dei poveri, quindi usa questa scusa per arricchirsi.
È egoista e ipocrita, per questo non si rende conto di ciò che Maria ha
nel cuore.
Inoltre, per comprendere ciò che fa Maria bisogna essere puri e osservare
il suo gesto d’amore con amore. Lei profuma i piedi a Gesù e glieli asciuga
con i suoi capelli, cioè si fa serva, come Gesù farà con i suoi discepoli.
Signore, aiutaci a cogliere i segni che ci mandi ogni giorno e a osservarli
con fede e con amore, liberandoci da una visione legata al materialismo.
Mi è sempre piaciuto il deserto.
Ci si siede su una duna di sabbia.
Non si vede nulla.
Non si sente nulla.
E tuttavia qualche cosa risplende nel silenzio.
“Il piccolo principe” di Antoine de Saint-Exupéry
IMPEGNO DEL GIORNO:
Oggi, dono a chi ne ha bisogno non tanto ciò che ho in più, ma la cosa a
cui tengo di più. Voglio servire al 100% perché solo così imparo ad amare
davvero il prossimo.
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Martedì 3 aprile
Gv, 13,21-33.36-38
Dette queste cose, Gesù fu profondamente turbato e dichiarò: “In verità,
in verità io vi dico: uno di voi mi tradirà”. I discepoli si guardavano l’un
l’altro, non sapendo bene di chi parlasse.
Nel vangelo di oggi il Signore ci rivela la fragilità dell’uomo, fatta di tradimenti
e di rinnegamenti. Infatti in un unico passo, in un unico dialogo con i
discepoli, svela che uno di loro lo tradirà e un altro lo rinnegherà. I discepoli
stessi, che finora l’avevano seguito, proprio loro che l’hanno incontrato
e conosciuto, ad un certo punto gli voltano le spalle. Anche noi, cristiani
d’oggi, possiamo pensare a tutte le volte che rinneghiamo Dio, che non
abbiamo il coraggio di manifestare la nostra fede, che tacciamo di fronte
alle ingiustizie e ai soprusi. Signore, scuoti il nostro cuore e dacci la forza di
proclamare sempre il tuo Nome e di non essere come Giuda o Pietro.
Abbiamo una casa riservata alla vita contemplativa nel
Bronx Meridionale. Un tassista si rifiutò di condurmi là. Le
Sorelle non sapevano che stavo arrivando, per cui dovevo
prendere un tassi, ma quell’uomo si rifiutò di portarmi in
un posto simile! Dissi: «Ma viviamo lì, le mie Sorelle vivono
lì». Disse ancora di no. Insistetti: «Benissimo, mi siederò
accanto a voi e così vedrete che non accadrà nulla né
a me né a voi». Entrai nel tassi e partimmo. Spalancò la
bocca quando vide le giovani Sorelle saltare e ridere e
la gente inchinarsi, mentre quelli che mi riconoscevano
presero a parlare con me anche se alcuni erano ubriachi,
però si tolsero il cappello con rispetto. Non riusciva a
credere ai suoi occhi, avvertendo quella Presenza.
Madre Teresa di Calcutta
IMPEGNO DEL GIORNO:
Non posso fare una cosa e poi vergognarmi di essa o negare di averla
fatta. Anzi, se ho scelto di operare il bene dovrei divenire testimone di
esso. Oggi racconto, a qualcuno che è scettico delle mie posizioni,
un’importante scelta fatta o una storia di rinascita di una persona di cui mi
sono preso cura.
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Mercoledì 4 aprile
Mt 26,14-25
Allora uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai capi dei
sacerdoti e disse: “Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?”.
“Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?”.
Questa domanda da sola ci mette in moto pensieri, riflessioni, ansie.. Il
Signore, che ha amato fortemente i suoi, viene in questo passo “venduto”
da uno dei discepoli, si, da uno dei dodici. Pensiamo al dolore che Gesù
ha provato per questo tradimento.
Come reagiremmo noi, se sapessimo che un nostro amico mette in vendita
la nostra vita?
È straziante pensare che anche oggi ci sono persone che sono trattate
come merce. Pensiamo alle prostitute schiavizzate dai protettori, alla
vendita di organi, alle intimidazioni che subiscono i familiari dei mafiosi..
Signore, purifica la nostra anima, insegnaci a dare valore alla persona, ad
ogni persona che incontriamo lungo il nostro cammino.
Siamo indotti a tacitare i nostri sensi di colpa nei confronti
degli altri, nei confronti di coloro che amiamo e che
trascuriamo per soddisfare gli imperativi della produzione,
attraverso il consumo, lo shopping. “Abbiamo sulle nostre
spalle - ha detto Bauman - un fardello incredibile, che
include i nostri obblighi morali, i nostri naturali impulsi
ad occuparci degli altri, e cerchiamo di sgravarcene con
i tranquillanti morali offerti dai negozi, dai supermercati”.
Zygmunt Bauman
IMPEGNO DEL GIORNO:
Oggi m’impegno a dare valore alle persone, a riconoscerle nella loro
totalità e ad evitare qualsiasi tipo di giudizio. Cerco di essere leale e di
non tradire o di parlar male di nessuno.
Provo a guardare ogni persona con il cuore, così com’è!
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Giovedì 5 aprile • CENA DEL SIGNORE
Gv 13,1-15
Gesù si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo
cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare
i piedi dei discepoli.
In questo giorno il Signore ci lascia un messaggio che racchiude tutto il
Vangelo: “Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come
io ho fatto a voi”. In ciò ci viene detto nuovamente che Gesù è venuto per
essere testimonianza e modello da seguire. Inoltre, nel lavare i piedi ai
discepoli ritroviamo il senso del comandamento più importante: l’amore
per il prossimo, per l’ultimo.
Nell’ultima cena si riassume il credere, l’essenza di noi cristiani.
Signore, ti ringraziamo per l’esempio che ci hai dato e per la forza, sempre
attuale e innovatrice, del tuo messaggio d’amore.
Se dovessi scegliere una reliquia della Tua passione
prenderei proprio quel catino di acqua sporca.
Girerei il mondo con quel recipiente
e ad ogni piede cingermi dell’asciugatoio
e curvarmi giù in basso
non alzando mai la testa oltre il polpaccio
per non distinguere i nemici dagli amici
e lavare i piedi
del vagabondo, dell’ateo, del drogato, del carcerato,
dell’omicida, di chi non mi saluta più, di quel compagno
per cui non prego mai, in silenzio.
Finché tutti abbiano capito nel mio, il Tuo amore.
Madeleine Delbrel
IMPEGNO DEL GIORNO:
Trovo un modo per lavare ai piedi al fratello, mi prendo cura di lui e divengo
così testimone dell’amore di Dio.
Caritas, attraverso i servizi-segno, offre molte possibilità per aprire il cuore
all’altro. Cerco un servizio in cui posso “dare una mano”.
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Venerdì 6 aprile • PASSIONE DEL SIGNORE
Gv 18,1-19,42
Gesù allora, sapendo tutto quello che doveva accadergli, si fece innanzi
e disse loro: “Chi cercate?”. Gli risposero: “Gesù, il Nazareno”. Disse loro
Gesù: “Sono io!”. [..]
Domandò loro di nuovo: “Chi cercate?”. Risposero: “Gesù, il Nazareno”.
Gesù replicò: “Vi ho detto: sono io. Se dunque cercate me, lasciate che
questi se ne vadano”, perché si compisse la parola che egli aveva detto:
“Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato”.
Questo passo è ricco di molti riferimenti: Giuda tradisce Gesù e conduce
i soldati fino al luogo in cui sa di trovarlo perché essi lo possano arrestare,
Pietro rinnega per tre volte il Signore, mentre Gesù non ha paura e non
fugge quando vengono a prenderlo. Anzi, nel brano si evince che è lui
stesso che, anche se sa che è ormai prossimo alla morte, non teme i
soldati e va loro incontro chiedendo “Chi cercate?”. E ancora più forte è la
conferma che dà loro “Vi ho detto: sono io.” Gesù sembra non avere paura
e forse questa forza che dimostra è voluta dal fatto che lui non vuole che
i discepoli, le persone che Dio gli ha dato, siano anch’essi puniti e uccisi.
Fino all’ultima ora Gesù li protegge, si prende cura di loro e li tutela.
Signore, insegnami ad avere la tua forza che rende saldi anche nei momenti
più duri che viviamo.
Dammi il supremo coraggio dell’amore,
questa è la mia preghiera,
coraggio di parlare, di agire, di soffrire,
di lasciare tutte le cose, o di essere lasciato solo.
Temperami con incarichi rischiosi, onorami con il dolore,
e aiutami ad alzarmi ogni volta che cadrò. [..]
Tagore
IMPEGNO DEL GIORNO:
Oggi non temo di rischiare la vita per proteggere i miei fratelli. Anzi, cerco
il coraggio di dire “io ci sto” anche nella difficoltà più grande della giornata
se questo serve per tutelare una persona.
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Sabato 7 aprile • SABATO SANTO
In questo giorno non c’è più nulla, niente a cui fare riferimento, si è immersi
nel silenzio, nella riflessione. Pensiamo alle nostre Chiese: sono spoglie di
tutto, non viene nemmeno celebrata l’eucaristia.
Gesù è morto e la risurrezione deve ancora avvenire, si sta vivendo quindi
un momento di vuoto e silenzio profondi in cui non si sa verso cosa e verso
dove rivolgere lo sguardo.
Immedesimiamoci nei discepoli.. hanno visto Gesù morire, sono soli, persi,
non sanno che fare e non sanno che all’indomani Gesù si ripresenterà
loro, risorgerà. Solamente in quel giorno i dodici avranno una nuova linfa
grazie alla quale ricominciare a vivere, a sperare, a credere.
È come se ci trovassimo lungo una strada e la nebbia non ci permettesse
di fare un passo, né avanti, né indietro. Rimaniamo lì, in mezzo alla strada,
ad aspettare. Solamente quando la nebbia svanirà potremmo ricominciare
a camminare, ad avere una meta.
Siamo quindi quest’oggi fermi, ad aspettare il sole, il Gesù che risorge.
“Oggi sulla terra c’è grande silenzio e solitudine. Grande
silenzio perché il Re dorme: la terra è rimasta sbigottita
e tace perché Dio fatto carne si è addormentato e ha
svegliato coloro che da secoli dormivano. Dio è morto
nella carne ed è sceso a scuotere il regno degli inferi..
Svegliati, tu che dormi! Infatti io non ti ho creato perché
rimanessi prigioniero dell’inferno.
Risorgi dai morti. Io sono la vita dei morti.
Risorgi, opera delle mie mani!
Risorgi mia effige, fatta a mia immagine!
Risorgi, usciamo di qui! Tu in me e io in te
siamo infatti un’unica e indivisa natura”.
Da un’antica “Omelia del Sabato santo”
IMPEGNO DEL GIORNO:
Faccio silenzio, ascolto, attendo..
Sto in contemplazione della croce, segno di salvezza e di dono.
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Appunti per la tua riflessione
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