gli eroi di carta

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gli eroi di carta
GLI EROI DI CARTA
L’AUTORE CLASSICO: COLLODI
Delle opere d’arte, tra cui Pinocchio, non si smette mai di parlare poiché possiedono una
inesauribile possibilità di significati, prodotti dalle esperienze personali che se ne ricavano
leggendo: ognuno conferisce interpretazioni svariate di ciò che legge. Per questo motivo il lavoro
del critico che vuole leggere in maniera critica è simile al lavoro del ‘’bricoleur’’, ossia quello di
scomporre diversi elementi per scheda elaborando una nuova struttura. Per quanto riguarda
Pinocchio, c’è un’angolatura sotto la quale non è stato ancora interpretato, ed è quella psicanalitica,
che potrebbe rivelarsi invece essenziale per un’opera come questa. Se Collodi avrebbe voluto dare
un’immagine solare del personaggio di Pinocchio, vediamo come ciò ‘’gli sfugge di mano’’:
andando oltre le apparenze, si evince come nell’opera sia presente l’irrazionale e l’istintivo
mediante la notte, nella quale avvengono molte situazioni proprio perché è nella notte che si
esprime l’irrazionale mediante il sogno. Le cause più profonde del fenomeno artistico sono celate
nell’inconscio. Questa strada psicanalitica è stata percorsa da pochi autori, a partire dagli anni
Sessanta con gli studi di Lorenzini prima e Jervis poi, per il quale la storia di Pinocchio è quella di
una catarsi e quindi di un conflitto maturato per ridursi a sonno, ma non ancora patogeno, per cui
l’opera d’arte discenderebbe dai caratteri psicopatici dell’autore. Mettendo da parte questi aspetti si
cercherà dunque di fornire una lettura psicocritica del testo.
PINOCCHIO SECONDO FREUD
Leggere Pinocchio attraverso Freud vuol dire interpretarlo intorno al principio di piacere e l’istinto
di morte. Il binomio piacere-morte è celato in Pinocchio, o comunque sostituito da un altro
equivalente: colpa-castigo, il quale si esteriorizza mediante i personaggi che rappresentano le
diverse tendenze della psiche. (In Pinocchio che espone il suo programma di vita
‘’mangiare,bere,divertirsi’’ si muovono due forze contrastanti che combattono una battaglia, il
piacere e il dovere, mentre il Grillo Parlante rappresenta il senso di colpa che alimenta la pulsione di
morte). La relazione piacere-morte è evidente nella vicenda collodiana sin dall’inizio, dalla prima
monelleria di Pinocchio, che rischia due volte la morte (quella per fame e quella per combustione),
e subito Pinocchio pensa che il Grillo avesse ragione. Lungo tutta l’opera le due pulsioni di morte e
di vita si alternano: dietro il principio del piacere c’è quello della realtà, ovvero la necessità
dell’accettazione delle norme e del freno come condizione di sopravvivenza, e Pinocchio capirà che
la saggezza sta in un equilibrio tra soddisfazione e rinuncia. Il padre di Pinocchio, che viene
invocato in seguito all’ennesimo tentativo di combustione di Mangiafuoco e anche per l’avventura
legata al Gatto e la Volpe, è il simbolo del Super-Io, della norma e della prescrizione che possono
salvare dall’istinto. Pinocchio, inoltre, supplica anche la Fata, figura legata all’eros, alla vita; la Fata
rappresenta le tendenze del Super-Io, cambiano però le modalità: questa sfrutta in maniera perfetta i
sensi di colpa di Pinocchio, agisce come il Grillo Parlante, ma quest’ultimo è difficile da ascoltare
poiché compare come un educatore dai buoni consigli, difficili da seguire finchè l’educando non
sperimenta sulla propria pelle, mentre la Fata è amata e piega Pinocchio ai suoi voleri. Pinocchio,
grazie alla Fata, si piega e accetta la scuola che è il luogo simbolico e reale del Super-Io sociale
(Pinocchio reprime l’istintività ed entra nella norma). Ma il principio del piacere sarà di nuovo
protagonista, quando Pinocchio scappa in cerca di avventure e di nuovo viene punito, espiando la
colpa, degradandosi sino al livello bestiale (trasformato in asino), perché abbandonarsi al principio
del piacere conduce al sprofondare nel mare della bestialità. Per rinascere dovrà essere ingoiato dal
Pescecane e da lì nascerà il nuovo Pinocchio, ormai completamente sottomesso, senza più fughe,
diventando un ragazzo normale perché ha accettato l’istruzione, la norma, il principio del dovere.
Ma a questo punto c’è l’ultimo avvertimento della Fata che, oltre a ribadire che l’equilibrio si può
trovare soltanto controllando gli istinti del piacere (Eros), fa capire anche che la lotta tra piacere e
dovere non si conclude con la trasformazione di Pinocchio in ragazzo in carne ed ossa, ma c’è
sempre la possibilità di ricadere nell’utopia del soddisfacimento totale dei propri desideri. Il dato
educativo del racconto è la coscienza che è solo il controllo dei proprio istinti che ci può far
sopravvivere e questa verità è introiettata al lettore facilmente, facendola sua. Riguardo al principio
edipico, non è centrale in Pinocchio (Geppetto come padre non autoritario, anzi povero, scialbo). In
realtà, la figura paterna coi suoi divieti e prescrizioni è adombrata più in Mangiafuoco, e anche la
Fata è in funzione del padre: quando la Fata muore, Pinocchio ricorda il padre e viceversa, quando
Pinocchio ritrova la Fata, si ricorda del padre. Tra la Fata e il Geppetto vi è un filo conduttore, ma
Pinocchio non potrà mai vivere con ambedue, perché appartengono a due realtà diverse (quando
Pinocchio diventa ragazzo normale, Geppetto torna al lavoro mentre la Fata è restituita al mondo
occulto di incantesimi): la vita di Pinocchio sarà dunque un compromesso tra l’accettazione del
padre (Super-Io) e la segreta frequentazione con la Fata (il sogno). Dall’equilibrio nasce la sua autoeducazione.
PINOCCHIO SECONDO JUNG
La lettura junghiana di Pinocchio non può prescindere dagli archetipi (forme dell’ordinamento
psichico a priori): essi persistono attraverso i millenni, sono eterni anche se mutano forma. Si tratta
di principi basilari dell’inconscio, le archai, e sono indescrivibili per la loro ricchezza di riferimenti.
Nei sogni, nei racconti esistono delle figure o dei tipi, delle situazioni ricorrenti che rimandano a
degli archetipi fondamentali presenti in tutte le popolazioni del mondo: l’ombra, il vecchio, il
fanciullo, la madre, la fanciulla. L’archetipo dell’Ombra in Pinocchio si rintraccia alla fine del
racconto: l’Ombra è l’involucro del burattino che Pinocchio scorge abbandonato su una sedia, senza
vita, il mattino in cui diventa bambino. L’Ombra rappresenta l’altro Pinocchio, il fratello oscuro che
seppur invisibile, è inseparabile e fa parte di noi. Nessuno può prendere coscienza dell’Ombra senza
uno sforzo morale, e Pinocchio infatti il riconoscimento della sua Ombra deve sudarselo, attraverso
il raggiungimento di una nuova morale: porsi a confronto con l’Ombra vuol dire divenire coscienti
del proprio essere, criticamente e senza riguardi. Ma l’Ombra non può mai essere cancellata, è
inseparabile da noi e ci accompagna sempre: sdoppiamento non è annullamento, perciò l’esperienza
del burattino sarà sempre presente nel bambino Pinocchio e lo condizionerà. Il nuovo Pinocchio
nasce a discapito del vecchio, nessuno poteva uccidere Pinocchio di legno se non Pinocchio stesso:
il burattino ha scelto la morte perché potesse cominciare a vivere il Pinocchio di carne, ma il morto
è rimasto come salma appoggiato su una sedia, il nuovo e vivo dovrà coabitare col vecchio e morto.
Occorre dunque fare i conti continuamente con la nostra Ombra, cioè con il nostro lato oscuro
(istintività, irrazionalità) se si vuole mirare a conoscersi e a controllare le energie contrapposte che
vivono nel nostro io profondo. Il sé trascorso è osservato da Pinocchio-carne con ironia, senza
ripensamenti: è il segno della raggiunta maturità, della saggezza di fronte alla vita. Un altro
diffusissimo archetipo individuato da Jung è quello della ‘’doppia nascita’’ e ‘’doppia madre’’.
Pinocchio per tre volte inizia il ciclo della sua rinascita e tutte e tre le volte accade dopo il contatto
pericoloso con il mare: 1 Pinocchio nuota tutta la notte per salvare Geppetto; 2 dopo l’avventura di
Pescecane; 3 per opera di essere marini. L’avventura del Pescecane è connessa al simbolismo della
maternità, esso appare come una madre che porta in grembo lo stesso Pinocchio, ne conseguendo
una esperienza fetale per lui stesso. Pinocchio deve scendere nel più profondo recesso della vita per
captare la sua zona di ombra, le pulsioni negative dentro di lui e finalmente per conoscere sé stesso.
Incontrare sé stessi è allora incontrare la propria Ombra, esperienza sconvolgente che può essere
disastrosa se non compiuta con una guida spirituale (la Fata). L’altro archetipo è quello del
Fanciullo. Per Jung questo archetipo è sempre legato alla nascita miracolosa, così come negli stessi
miti il fanciullo-eroe viene sempre minacciato da draghi o mostri che simboleggiano il pericolo che
la coscienza venga sommersa dall’inconscio. Il fanciullo in Pinocchio non è un eroe, ma una sorta
di anti-eroe che deve fare di tutto non per essere superiore agli altri o divino, ma per divenire uomo:
egli simboleggia il cammino dell’intera razza umana, che esce dalla sua ferinità e si avvia ad
umanizzarsi, a riconoscere la norma; fanciulla è la stessa umanità in cerca della sua identità.
L’IPOTESI PEDAGOGICA
Si può considerare Pinocchio nel suo complesso come una favola didascalica, ossia un viaggio
educativo da una situazione di rifiuto di crescita, con graduale acquisizione di doveri e
responsabilità. Se in Pinocchio c’è un messaggio educativo questo è il ruolo che l’autore assegna
alla bontà, nella capacità di Pinocchio di pentirsi ed educarsi. Il libro di Pinocchio nasce come una
specie di rivolta antipedagogica: Collodi vuole fare intendere che la formazione del fanciullo deve
avvenire al di fuori di ogni strategia pedagogica, Pinocchio impara da sé, sbagliando, provando
sulla propria pelle, senza ascoltare chi gli indica la via maestra. Quello di Pinocchio è un discorso
pedagogico nuovo: camminare assieme sul sentiero della vita, fanciulli e adulti, con gli adulti che
fanno da guida ma coi fanciulli che ci insegnano ad ogni momento come vivere la vita. Ma
Pinocchio è davvero un libro per l’infanzia? Si, perché è un libro in presa diretta con i ragazzi,
liberati dalle loro uniformi di scolari, e Collodi si pone di fronte ai ragazzi non come maestro ma
come un adulto che accetta le regole dei giochi e giocando come un adulto; dunque è un libro per
ragazzi ma che col tempo hanno scoperto anche gli adulti: è un libro che non parla di pedagogia ma
fa pedagogia, quell’antipedagogia da Rousseau a Tolstoi, che vuol dire ricerca dell’innovazione,
frattura rapporto adulto-bambino ormai superato e tutto da ridefinire.
IL LIBRO ITALIANO PIU TRADOTTO ALL’ESTERO
Pinocchio è il libro italiano più famoso all’estero. In Germania le traduzioni di Pinocchio sono
innumerevoli, con varie reinterpretazioni e tentativi di germanizzazione: il nome di Pinocchio
diviene Bengel; l’ambiente toscano diviene paccottiglia araldo-gotica; Pinocchio non si trasforma in
ragazzo in carne ed ossa ma preferisce rimanere burattino, cioè un pezzo di bosco, scegliendo la
fedeltà alla natura. Anche in Russia Pinocchio è molto noto: Tolstoi ne dà una visione marxista e
trasforma Pinocchio in un burattino proteso in una lotta contro i suoi persecutori; dominano
l’iconografia russa e la diversa collocazione di alcuni personaggi come Mangiafuoco, visto come
schiavista e oppressore senza possibilità di redenzione. In Cecoslovacchia Pinocchio diviene
Nocciolino perché il pino, da cui il nome Pinocchio, è un albero mediterraneo sconosciuto in terra
cecoslovacca. Un innesto sorprendente avvenne in Romania fra le culture toscana e rumena, dove
Pinocchio è stato ribattezzato Tandarica cioè scheggia di legno ed è personaggio noto a teatro dove i
burattinai lo pongono accanto al burattino nazionale, Vasilache. In Inghilterra le traduzioni sono
oltre 50, e qui si purga il libro di fatti che potrebbero turbare un giovane lettore: si taglia tutto ciò
che riguarda la morte (morte come tabù), e quindi non sono menzionate la morte di Lucignolo, della
Fata ecc. In Giappone si manifestò un grottesco caso anticollodiano il quale chiese il sequestro di
Pinocchio in difesa degli handicappati umiliati e offesi dal Gatto cieco e la Volpe zoppa. In Spagna
esistono due versioni di Pinocchio, una reiventata e una autentica. Negli Stati Uniti Pinocchio è
forse più famoso che in altre nazioni grazie alla versione cinematografica della Walt Disney.
Pinocchio, dunque, è ovunque e può arrivare nelle mani di qualsiasi bambino al mondo.
PINOCCHIO NEL MONDO DELLO SPETTACOLO
Pinocchio è stato rappresentato più volte nel mondo dello spettacolo, sia in Italia che all’estero. In
Italia la prima versione sul grande schermo fu del 1911. Il primo lungometraggio che giunse in
porto è quello di Walt Disney che esce nel 1940, al centro di polemiche perché la Disney effettuò
delle modifiche sulla storia (la Fata turchina bionda, ambientazione tirolese ecc). Molte sono anche
le versioni al teatro, in USA, in Italia ecc. A tirar le somme, il miglior Pinocchio televisivo è quello
di Luigi Comencini: il regista situa la vicenda in una Toscana sottoproletaria, fredda e povera, in cui
è accentuata la dimensione realistica, per cui la miseria di Geppetto non appare poetica e la Fata è la
moglie morta di Geppetto.
ANCHE I FUMETTI HANNO CUCINATO IN MILLE SALSE IL POVERO BURATTINO
Molti cartoonisti si sono rivolti al capolavoro collodiano: in Italia nel secondo dopoguerra fu
Giobbe il primo che elaborò ‘’Le avventure di Pinocchio’’: il disegno è essenziale basato solo sui
contorni. Jacovotti invece durante la guerra disegna la sua versione di Pinocchio e la presenta su Il
Vittorioso nel 1945: Jacovotti non impiega le nuvolette, ma ci mette il suo umorismo incisivo,
caricaturale; tutto diventa surreale e un po’ goffo, i suoi personaggi sono emblema di una bruttura,
vagamente idioti. […]
CARLO LORENZINI: GLI SCRITTI MINORI
Carlo Lorenzini è l’autore di Pinocchio, che scelse lo pseudonimo di Collodi. Nacque il 24
novembre 1826 a Firenze, frequentò la scuole degli Scolopi e non fu uno scolaro modello come
confessa egli stesso in un capito autobiografico delle ‘’Storie allegre’’. Quest’opera minore è
occupato da un terzo da una storia bizzarra di una famiglia di scimmie il cui piccolo è chiamato
Pipì: è uno scimmiottino intelligente, furbo, monello. Si tratta della stessa morale di Pinocchio ma
capovolta: Pinocchio alla fine matura e diventa uomo, mentre a Pipì viene raccomandato di restare
sé stesso. Pipì persevera nelle sue monellerie sino a cadere nell’acqua di un fiume, dal quale viene
ripescato dal Pinocchio uomo (non è detto esplicitamente ma indizi fanno capire che è lui).
All’epoca Collodi era già molto noto, non solo per Pinocchio ma anche per libri precedenti:
Minuzzolo e Giannettino. Giannettino, prima di Pinocchio, era il personaggi dei libri più conosciuto
e amato dai ragazzi italiani, un monellaccio con i capelli rossi che non ha voglia di studiare. Collodi
fu molto patriottico, partecipò a diverse battaglie, con un forte senso etico e mai pedagogico: fu un
tipo malinconico, e all’origine del suo capolavoro c’è l’appagamento nel divertire gli altri. Scrivere
per i bambini fu anche una fuga per un uomo ormai cinquantenne, senza una famiglia e che aveva
perso le speranze per un’Italia diversa.
L’AUTORE DEL RINNOVAMENTO: GIANNI RODARI
GIANNI RODARI TRA FAVOLA E IDEOLOGIA
Come per Collodi, in Rodari l’infanzia gioca un ruolo determinante ed ha valore non solo di per sé,
ma anche e soprattutto come strumento di trasformazione umana e sociale. In Rodari la figura del
bambino è maggiormente legata all’ideologia, acquista un significato filosofico e anche politicostrategico: sul bambino si giocano le sorti della trasformazione della società; bambino quindi non
come una categoria umana sovrastorica e immutabile, ma un essere in mutamento e attivo nel
sociale che vive all’interno di un contesto culturale e storico determinato, non un piccolo uomo ma
un essere a sé stante, con proprie istanze fisiologiche e psichiche, bisogni spirituali e sociali.
Attraverso questa sua ideologia Rodari rompe la tradizione narrativa piccolo-borghese, moralista,
nazionalista, conformista e propone nella sfera della fantasia riferimenti, informazioni e commenti
su quei temi che una volta dai libri per ragazzi erano esclusi: il tema della pace e della guerra,
quello della libertà e i problemi del mondo d’oggi. Rodari cambia i protagonisti storici della
letteratura infantile italiana, nelle sue pagine irrompono le esperienze, fantasie, speranze, sentimenti
delle famiglie dei lavoratori, il portato cioè delle grandi lotte sociali dell’immediato dopoguerra. E’
una scelta umana e poetica, ma anche di chiaro indirizzo ideologico: la sua è una disposizione
all’impegno sociopolitico nel mondo intrecciato alle esigenze insopprimibili dell’interiorità. In
Rodari si può parlare di religiosità laica, poiché sono presenti valori come il rispetto dei bambini, la
responsabilità di chi li procrea e li alleva, e tali sono sentimenti che richiamano ad un senso sacro
della vita. La nascita per Rodari deve essere atto d’amore e non può o deve avvenire a caso, e i
genitori non costituiscono solo dei fattori genetici ma soprattutto culturali. La condizione di non
accettazione dei bambini, così diffusa nella nostra società, è la visualizzazione concreta dello stato
di alienazione dell’intera società consumistica. Opere come ‘’La torta in cielo’’, ‘’Gelsomino nel
paese dei bugiardi’’ non appartengono solo al mondo della letteratura per l’infanzia, ma alla
letteratura in genere perché i temi ivi svolti sono validi per tutte le età. Il libro per l’infanzia per
Rodari non può essere puro oggetto di consumo, divertimento fine a se stesso, ma l’impegno e la
moralità sono sempre in primo piano. Rodari, inoltre, non si pone come maestro, anzi si pone a tu
per tu con i suoi lettori. Il mondo di Rodari è concreto anche quando si immerge in una favola,
equilibrando fantasia e impegno sociale.
GLI ASCENDENTI LETTERARI E LE STRUTTURE LINGUISTICHE
In Rodari si intrecciano diverse e opposte influenze; una di queste è l’opera di Edward Lear e dei
non-sense, genere di scrittura in cui il primo verso contiene l’indicazione del protagonista, nel
secondo la qualità, nel terzo e nel quarto si assiste alla realizzazione del predicato, il quinto è
riservato all’apparizione di un epiteto finale stravagante. Rodari utilizzerà questa tecnica per
rivolgersi ai più piccoli, che serviva per mettere insieme stimolo alla creatività e gioco di parole.
Rodari subisce l’influenza anche di Palazzeschi, assumendone l’ottica, l’atteggiamento mentale su
una concezione del mondo etico-politica. Accanto a Palazzeschi, sono rinvenute influenze di
Quenau con la sua incredibile creatività linguistica, il gusto delle accumulazioni, delle interminabili
elencazioni, tra riferimenti colti e apporti del popolare, con la parodia e il continuo rovesciamento
delle regole per il linguaggio. Per Rodari è stato incisivo l’incontro con Novalis, dal quale deriva la
convinzione che se avessimo una Fantastica, come una Logica, sarebbe scoperta l’arte di inventare.
Ovviamente si tratta di arte da applicare non solo alle storie e filastrocche ma al gioco, alle relazioni
umane e soprattutto alle scoperte scientifiche, perché se uno non ha brillio della fantasia scoperte
non ne fa. Fantasia è d’obbligo come costruzione e ricostruzione del reale, occupata a ruminare e
ricreare il reale, ben diversa dalla fantasticheria, che è improduttiva e non incide sul reale. Da tutto
questo materiale di letture ed influenze veniva fuori il linguaggio tipico di Rodari, frizzante,
semplice, ai limiti del paradosso. Ad es. nelle ‘’Avventure di cipollino’’ effettua un’invenzione
lessicale che consiste nell’umanizzare il vegetale: il principe Limone, il cavalier Pomodoro ecc. Il
linguaggio di Rodari è semplice, mai dotto e elitario, ma specialistico (utilizza termini specialistici a
livello medio e non quello degli addetti ai lavori). Un ulteriore influenza in Rodari è data dagli
autori tedeschi come Goethe nel momento in cui opera sulle cose, sulle minime parti di cui risultano
costituiti ambiti familiari (es. valorizzare ruolo piccoli oggetti). Infine, in Rodari si riscontra una
profonda attenzione verso la cultura popolare (nel Paese di Cuccagna dove si vive solo di delizie
senza necessità di lavorare, senza pericoli di guerra).
RODARI TRA MUTAMENTO E DEDIZIONE: COMINCIA LA NUOVA LETTERATURA PER L’INFANZIA
Con Rodari inizia davvero una nuova fase della letteratura per l’infanzia, egli opera un
capovolgimento totale, si pone non su un piedistallo ma sullo stesso piano dei ragazzi, gioca con
loro, è autore civile. Gran parte delle sue utopie con gli anni sono divenute di massa, ma tutto ciò
non è sintomo di fallimento dell’operazione culturale ma segno che la base dei referenti si è
allargata (mass-media, adesione alla dimensione planetaria). In Rodari resta l’utopia libertaria,
l’aspirazione ad un mondo migliore, il tentativo di costruire una Fantastica, la scrittura ricca di
humor, di stravolgimenti e di improvvise trovate. Ma tutto ciò non termina in parole: la lezione di
Rodari è che poi bisogna trovare gli strumenti per realizzare i bisogni della gente.
LA PAROLA PIU IMPORTANTE DI TUTTO IL VOCABOLARIO SCOLASTICO: “INSIEME”
La solidarietà è il suo tema centrale, come possiamo notare ne ‘’Le avventure di Cipollino’’; la
satira politico-sociale è evidente in ‘’Gelsomino nel paese dei bugiardi’’, il libro che allude
apertamente al passato politico dell’Italia: ma anche ‘’Il libro degli errori’’ non si sottrae alla presa
di posizione contro il mondo conformistico e repressivo della scuola dove, secondo Rodari, contano
più gli eventuali errori formali che non gli argomenti, le idee. E’ il gioco della fantasia che
rivoluziona la fiaba tradizionale. Al bambino Rodari sapeva parlare, trovando le chiavi giuste, fino
ad offrire nella ‘’Grammatica della fantasia’’ addirittura un manuale per stimolare la creatività dei
bambini. Con Rodari i bambini ridevano a crepapelle e al tempo stesso lo scrittore li coinvolgeva a
riflettere sui grandi temi dell’umanità d’oggi: l’impegno per la libertà, la lotta contro l’ingiustizia, il
lavoro quotidiano per un mondo più giusto. Rodari non fu per niente accettato dagli ambienti
scolastici, che in lui vedevano una specie di diavolo: con le prime due raccolte egli diviene il primo
scrittore italiano per l’infanzia a portare in scena le masse popolari, il movimento operaio, la
passione civile. In questi libri non si scrive solo del candore dell’infanzia ma soprattutto delle
difficili condizioni dei bambini, si parla della quotidianità della vita famigliare, delle sirene delle
fabbriche, dei mestieri duri e difficili, ma sempre con una nota di ottimismo.
L’AUTORE DIMENTICATO: MARIO POMPEI
POMPEI ILLUSTRATORE: QUANDO IL DISEGNO DIVENTA ARTE
Vissuto a Roma, Pompei iniziò con l’allestimento di spettacoli di marionette. Difficile valutare fino
a che punto egli aderì al fascismo, di certo non ne fu fuori: nel 1930 ebbe l’incarico di illustrare i
Libri di Stato per la prima e seconda elementare, ma entrambi suscitarono polemiche per
l’impaginazione che fu giudicata troppo vivace e che invece va interpretata come l’esigenza di
Pompei di sottrarsi alla monotona iconografica tradizionale. In quell’epoca in cui il Ministero della
Cultura Popolare diramava ai giornali per ragazzi direttive tendenti a infondere sentimenti virili e
militareschi, Pompei più che esaltare le avventure dei suoi eroi ne metteva a nudo le disavventure e
anzi i suoi personaggi sono anti-eroi più che eroi. Lo stesso uso dei colori sgargianti contrastava coi
funerei colori di Stato che imperversavano allora. Così con i suoi disegni tondeggianti e pomposi
dai colori accesi egli riuscì ad elevare la storiellistica tradizionale dei giornalini per i piccoli ad un
livello di poesia ed arte raffigurativa.
POMPEI SCRITTORE DI “RADIOFIABE”
La genialità di Pompei si esaltava nel ‘’radiodramma’’, ossia la radio-rappresentazione di lavori
scritti per il radioteatro . Pompei scrisse più di 300 commedie per la radio e molte di esse,
successivamente, furono adattate al teatro normale. Commedie per l’infanzia che i bambini di tutta
Italia seguivano con grande partecipazione. Le sorgenti di ispirazione per Pompei potrebbero essere
le fiabe verseggiate di Puskin ma anche le fiabe teatrali di Carlo Gozzi. Di radiodrammi reperibili
ne sono solo una decina. Pompei anticipa la lezione che sarebbe venuta da Rodari della fiaba come
dimensione etica, invito all’impegno personale. Differenze con Rodari: Pompei non ebbe la
coscienza ideologica di Rodari, il legame con i problemi sociali e politici. E poi ci sono differenze
di strumenti: Rodari sceglie la filastrocca e il racconto fiabesco breve, Pompei la fiaba in versi.
Pompei scriveva per la radio e il teatro, Rodari per la pagina stampata. Eppure furono simili:
Pompei collaborò con il fascismo, ma in posizione contestativa; Rodari fu comunista in modo
fortemente critico. Alcune fiabe: ‘’Babbo pallino e le sue tre figliole’’, in cui Pompei dette vita al
personaggio popolare di Pinco Pallino, che è rimasto nel gergo quotidiano per indicare una persona
sconosciuta, un uomo-massa. Chi è nella commedia Pinco Pallino? È un incorreggibile uomo
d’affari che ha tre figlie le quali non riescono a sposarsi. Inoltre, Pompei smitizza le figure magiche:
appare un orco che in realtà non fa paura a nessuno. Ma l’orco si tramuta in uomo assai avvenente
che decide di sposarsi una figlia di Pinco Pallino. Una precisa satira contro i potenti del regime è
espressa in ‘’Gavino Barruca e la zucca’’ dove protagonista è Gavino che ha coltivato nel suo orto
solo una zucca. La gente si chiede cosa conterrà la zucca e così cercano di farsela vendere da
Gavino, ma Barruca non molla la zucca per nessun prezzo. La curiosità aumenta a dismisura fino a
che un giorno si presentano a casa di Gavino due miliziani inviati dal Podestà che gli intimano di
vendere la zucca al Podestà. Quest’ultimo, una volta ottenuta la zucca, scopre che all’interno non
c’è nulla, così denuncia il povero Gavino. Il giudice però è costretto ad assolvere Galvino perché
questo non ha mai affermato che nella zucca ci fosse qualcosa. L’idea fondamentale della fiaba
‘’Viaggio con Miri’’ è che solo in una società finalmente liberata dal punto di vista del benessere
materiale sarà possibile intensificare la dimensione/fantasia (Storia: Mirì vorrebbe che il padre le
leggesse la sera una fiaba, ma il genitore non ha tempo perché deve far quadrare i conti; allora Mimì
sogna che un suo disegno prenda vita, con personaggi che coinvolgono anche il padre. Quando il
sogno svanisce, Mimì resta con la speranza che un giorno il padre non più oppresso dalle cattive
condizioni economiche possa lasciarsi andare all’uso della fantasia).
POMPEI NARRATORE
Pompei è attivo anche nella produzione della narrativa, racchiusa in tre opere: ‘’La piroga di Kivo’’,
‘’La spada di legno’’, ‘’La guerra delle ciambelline’’. Si tratta di sillogi di racconti quasi sempre di
marca realistica e con forte connotazione umoristica. (es. storia: Picco e Pasca sono due acerrimi
nemici che fanno di tutto per non incontrarsi mai, ma un giorno questi si incontrano e diventano
amici, decidendo di non divulgare la lieta novella ai compaesani). In conclusione, Pompei era uno
scrittore che con uno stile accattivante e quotidiano trasmetteva contenuti semplici e profondi,
sentimenti autentici come il coraggio, la generosità, l’impegno a migliorarsi e ad intervenire nel
sociale.