Vita d`un uomo - Atlante digitale del `900 letterario
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Atlante digitale del '900 letterario www.anovecento.net Giuseppe Ungaretti Vita d'un uomo A partire dal 1942 e fino al 1969, Giuseppe Ungaretti cominciò a riordinare le sue poesie dando loro il titolo Vita d’un uomo, sottolineando il carattere autobiografico e proponendo la sua opera come una ricerca del tempo perduto. Questo carattere va concepito attraverso il pensiero dell’arte elaborata da Ungaretti e dagli ermetici. Essi, infatti, intendono letteratura e vita strettamente connesse e attribuiscono alla letteratura la funzione di svelare il senso nascosto delle cose. La poesia dunque ha il compito di illuminare l’essenza della vita. Tale funzione la si comprende attraverso le novità formali che caratterizzano Il porto sepolto (1916), dove viene eliminata ogni componente descrittiva o realistica mediante la riduzione della frase alle funzioni essenziali della parola. Questa capacità di sintesi è conseguita attraverso l’analogia, infatti Ungaretti afferma: «Se il carattere dell’800 era quello di stabilire legami a furia di rotaie e di ponti e di pali e di carbone e di fumo – il poeta d’oggi cercherà dunque di mettere a contatto immagini lontane, senza fili.» Il poeta è inteso come un sacerdote della parola, ed il mistero della vita non può essere svelato attraverso il discorso disteso, ma colto a tratti attraverso la parola poetica, che assume valore di “illuminazione” in cui la poesia raggiunge la pienezza dell’essere. L’impressione di dettato, quindi, viene data con la destrutturazione del verso tradizionale e l’adozione di versi liberi e brevi; mentre la strofa è spesso costituita dalla frase principale così da isolare la parola per far risaltare la sua autonomia. Il porto sepolto fa parte della raccolta L’Allegria, della quale possiamo distinguere tre fasi editoriali. Un primo gruppo di poesie venne pubblicato nel 1916 con il titolo Il porto sepolto, che allude a ciò che di segreto rimane in noi; il porto sommerso di Alessandria rappresenta quindi il segreto della poesia, nascosto in un abisso dove deve tuffarsi il poeta. Riguardo a questa prima edizione, Eduardo Esposito delinea: «Il porto sepolto è poesia della poesia, è un momento di riflessione che, dall’esperienza di dolore da cui nasce, si stacca per dire del proprio mistero e della propria felicità. Il poeta vi appare come colui che sa raggiungere il porto sepolto del nostro essere e della nostra memoria, e ne torna con un tesoro di canti da comunicare e da diffondere. Nulla gliene resta, se non la consapevolezza di quel bene toccato, di quel segreto raggiunto e tuttavia inesauribile, speranza e promessa di ulteriore consolazione.» I Fiumi, in strofe di versi liberi, è una delle più note poesie di Ungaretti, dove il poeta comunica alcuni motivi essenziali della sua poetica e della sua visione del mondo. È la poesia della consapevolezza di una raggiunta identità, che deriva dal recupero del proprio passato mediante la memoria, il ricordo. Immergersi nella corrente dell’Isonzo significa infatti ricordare tutti gli altri fiumi che hanno segnato l’esperienza del poeta. In questa poesia l’acqua gioca un ruolo fondamentale, perché è il simbolo della vita, che dalle sue origini, richiamate dal Serchio, giunge al presente, alla maturazione dell’uomo dovuta dalla guerra (Isonzo); il Nilo riporta alla mente la stagione libera dell’infanzia e della prima giovinezza africana; www.anovecento.net la Senna, infine, richiama gli anni parigini, fondamentali per la sua formazione intellettuale. La seconda fase editoriale comprende i versi de Il porto sepolto, ripubblicati a Firenze nel 1919 insieme ad altri con il titolo Allegria di naufragi, che costituisce un’espressione ossimorica: naufrago è chi si salva dopo una tempesta e allegria rappresenta uno stato lieto. L’allegria è inoltre la vitalità istintiva in ogni individuo che avverte il bisogno di ricominciare da capo, dopo esser stato travolto da forze più grandi di lui. L’edizione definitiva di quest’opera è del 1942 con il titolo L’allegria, dove Ungaretti recuperò alcuni testi precedenti in cui si delinea un’oscillazione tra essere e nulla, tra realtà e mistero. Essa comprende le liriche scritte durante l’esperienza della Prima Guerra Mondiale, che Ungaretti visse in prima persona, combattendo nelle trincee del Carso. Le liriche sono fortemente autobiografiche, quasi come fogli di diario, tanto che ognuna reca l’indicazione del luogo e del giorno in cui è stata ideata e composta. Tale biografia, tuttavia, è considerata trasfigurata in quanto gli eventi assumono un valore di un’esperienza attraverso cui l’uomo incontra la verità. Infatti, Giuseppe Ungaretti, commenta così la sua opera: «Questo vecchio libro è un diario. L'autore non ha altra ambizione, e crede che anche i grandi poeti non ne avessero altre, se non quella di lasciare una sua bella biografia. Le sue poesie rappresentano dunque i suoi tormenti formali, ma vorrebbe si riconoscesse una buona volta che la forma lo tormenta solo perché la esige aderente alle variazioni del suo animo, e, se qualche progresso ha fatto come artista, vorrebbe che indicasse anche qualche perfezione raggiunta come uomo. Egli si è maturato uomo in mezzo ad avvenimenti straordinari ai quali non è stato mai estraneo. Senza mai negare le necessità universali della poesia, ha sempre pensato che, per lasciarsi immaginare, l'universale deve attraverso un attivo sentimento storico accordarsi con la voce singolare del poeta.» L’opera è suddivisa in cinque sezioni tra cui: Ultime, Il porto sepolto, Naufragi, Girovago, Prime. Tra le poesie che ne fanno parte vi è la celeberrima Mattina: M’illumino d’immenso. Due ternari, il primo dei quali, sdrucciolo, è composto di quattro sillabe. La presenza di Ungaretti viene investita da una luce violenta che riverbera dall’estensione dello spazio. È un ossimoro, in quanto esprime la fusione di due elementi contrapposti, l’umano e l’infinito. Il titolo inoltre indica un momento contingente di comunicazione con l’infinito. Il poeta ha voluto mettere in evidenza la felicità di immergersi nella luminosa bellezza del creato, negli spazi infiniti di una mattina piena di sole, si riempie di luminosità e di gioia che lo fa sentire in armonia con la natura in un periodo in cui era uscito dal fronte con i suoi amici stanchi e delusi dalla guerra. Il tema predominante della raccolta è quello della cruda realtà della guerra che pone l’uomo di fronte all’incertezza del proprio destino, ma alcuni temi e immagini rievocano l’infanzia del poeta trascorsa ad Alessandria (deserto, porto, viaggio). L’esperienza del fronte costituisce un momento di transizione, offrendo al poeta sia spunti per alcune delle sue liriche più sofferte, sia la possibilità di avvertire la consapevolezza di un’identità ritrovata (Fiumi). Contributo Cristina Canzoniere V I ( L.C. Virgilio, Roma) Bibliografia • Dora Ferola Di Sabato, Letture di Giuseppe Ungaretti, Napoli, ESI,1995 www.anovecento.net • Andrea Cortellessa, Ungaretti, Torino, Einaudi-Video RAI, 2000 • Guido Guglielmi, Interpretazione di Ungaretti, Bologna, Il Mulino, 1989 • Antonio Carrannante, Scrittori a Roma (sulle tracce di Giuseppe Ungaretti), in "Strenna dei Romanisti", 21 aprile 2010, pp. 151–158 www.anovecento.net