Marco Minotti 5ª B Gr GIUSEPPE UNGARETTI Veglia

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Marco Minotti 5ª B Gr GIUSEPPE UNGARETTI Veglia
Marco Minotti 5ª B Gr
GIUSEPPE UNGARETTI
Veglia
Un’intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrinata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore.
Non sono mai stato
tanto
attaccato alla
vita.
Giuseppe Ungaretti
13 Dicembre 1915
È quasi giorno, Ungaretti ha trascorso tutta la nottata nella trincea accanto ad un suo compagno morto, dilagnato dalle
armi da fuoco: la sua bocca è simbolo di agonia e sofferenza, ma il suo sguardo sereno rimane fisso sulla luna, alla quale
il giovane soldato ha forse rivolto i suoi ultimi pensieri, prima di lasciarsi andare.
Nel silenzio della notte, il poeta sente la necessità di scrivere delle lettere piene d’amore per non dimenticare quel sentimento che ancora gli dà la forza di continuare.
Sono le poesie di Ungaretti a parlare di lui, attraverso le sue parole si può ricostruire la sua vita, la sua persona e le sue
esperienze, Veglia è un testo ricco di significato.
Siamo nella prima guerra mondiale, come migliaia di giovani anche Giuseppe entusiasta, parte per il fronte, poiché ritiene
che questa guerra sia giusta e vuole parteciparvi. Una volta venuto a contatto con la dura realtà della guerra, cambia idea
nei suoi confronti: lui e i suoi compagni sono costretti a vivere nelle trincee, costretti a sopportare lunghi periodi di attesa,
spesso stringono forti legami di amicizia con i loro nemici, ragazzi come loro, ma poi durante gli scontri sono costretti
ad uccidersi a vicenda e lo strazio ed il dolore aumentano a dismisura. “Nella mia poesia non c’è traccia d’odio per il
nemico, né per nessuno: c’è la presa di coscienza della condizione umana, della fraternità degli uomini nella sofferenza,
dell’estrema precarietà della loro condizione.” Ungaretti sente il bisogno come scrittore, ma soprattutto come uomo, di
narrare quello che succede intorno a lui. Durante ogni spostamento, e nei rari momenti di riposo Giuseppe scrive ciò che
prova in quei momenti: per il poeta il concetto di “fratellanza” è molto importante: non conta infatti se un soldato sia amico
o nemico per lui non ci sono distinzioni dal momento che sia il nemico che l’amico è un uomo.
Ungaretti quindi prova grande rispetto per l’enorme sacrificio che è la guerra comporta, è spera sempre che la vittoria
finale spetti al popolo, e come uomo del popolo vuole essere considerato pari a tutti gli altri soldati, egli sostiene infatti di
aver partecipato alla guerra non per ricevere applausi e neanche per ottenere particolari privilegi.
Giuseppe Ungaretti nasce ad Alessandria d’Egitto nel 1888, dove vi rimane fino all’adolescienza. Nel 1912 a soli 24 anni
si stabilisce a Parigi, soggiorno importantissimo per la sua formazione letteraria: in questo ambiente Ungaretti viene a
contatto con le idee del filosofo Bergson e frequenta il movimento letterario dei Futuristi.
La sua prima opera “Il Porto Sepolto” viene pubblicato in Italia.
Il Porto Sepolto
Vi arriva il poeta
e poi torna alla luce con i suoi canti
e li disperde
Di questa poesia
mi resta
quel nulla
d’inesauribile segreto
“Il Porto Sepolto è ciò che di segreto rimane in noi indecifrabile”.
Lo stesso Ungaretti spiega il significato di porto sepolto, un luogo dentro di noi dove tutti i ricordi, le speranze gli amori e
tutti gli ideali irrealizzati sprofondano e vengogono rimpiazzati da una profonda delusione.
È sorprendente come nonostante sia nato lontano dall’Italia, ami questo paese ed il suo popolo tanto da partecipare ad
una guerra: nel 1915 si arruola e combatte sul Carso.
San Martino del Carso
Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro
Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto
Ma nel cuore
nessuna croce manca
E’ il mio cuore
il paese più straziato
Giuseppe Ungaretti
27 Agosto 1916
Ungaretti passa nel paese distrutto dopo la battaglia, di tutte le persone che prima scrivevano al poeta non c’è più nessuno
in vita, nel suo cuore il ricordo di quelle persone è ancora vivo, ma come il paese anche il cuore di Giuseppe e distrutto.
Ungaretti associa la distruzione materiale a quella umana, il suo cuore è straziato alla vista delle case e dei muri spezzati,
spezzati come le vite dei suoi amici il cui ricordo è ancora forte dentro di lui, non può far altro che piangere per loro.
Ungheretti scrive articoli per il “Popolo d’Italia” (su invito dello stesso Mussolini) denunciando soprattutto lo stato di
abbandono in cui versavano i soldati spediti al fronte. In seguito divenne corrispondente del giornale a Parigi, poi a
Roma impiegato al ministero degli esteri, aderì quindi al fascismo. Nel 1933 uscì la raccolta “Sentimento del tempo” e
successivamente altri elogi dedicati a mussolini.
“Patria e rivoluzione: ecco il grido nuovo. (...) Aderisco ai fasci di combattimento, il solo partito che intende la tradizione
e l’avvenire, in modo genuino.” Cosa veramente abbia spinto Ungaretti ad aderire al fascismo rimane un mistero, ma
esaminando gli scritti di Giuseppe si può notare come lui tenga al popolo italiano essendo (come lo stesso poeta sostiene)
uno del popolo, egli vede in Mussolini, come molti altri giovani italiani, l’uomo che darà voce al popolo e che li guiderà
verso un futuro più sereno dopo la profonda crisi che avvolge l’Europa da ormai diverso tempo, purtroppo questa idea del
fascismo e di Mussolini risulterà essere una terribile illusione, che porterà alla guerra più devastante che il mondo abbia
mai visto. Dal 1936 al ‘42 insegna all’università di S.Paolo letteratura italiana, questi sono anni tristi della sua vita, egli
infatti perde il fratello e il suo figlioletto di soli 9 anni. Decide quindi di ritornare a Roma dove nonostante le polemiche sul
suo passato politico, gli viene offerta la cattedra all’Università.
Nel 1947 scrive “Il Dolore” dove racconta i suoi ultimi anni di vita e dove (forse) esprime tutta la delusione e il rimorso di
aver appoggiato Mussolini e le sue Idee “Il Dolore è il libro che più amo, il libro che ho scritto negli anni orribili stretto alla
gola. Se ne parlassi mi parrebbe d’essere impudico. Quel dolore non finirà più di straziarmi.”
Diventa il “grande Vecchio” della letteratura italiana. Muore a Milano nel 1970.
Giuseppe Ungaretti è un personaggio che ammiro moltissimo per due motivi: uno è l’amore smisurato che egli nutre
per la sua gente ed il suo paese, un amore accecante tanto da spingerlo ad appoggiare le idee del fascismo, l’altro e
lo straordinario amore per la vita, un attaccamento alla vita di questo tipo lo si può solo provare quando ci si avviccina
talmente tanto alla morte, da riuscire quasi a toccarla. È da questi uomini che hanno vissuto queste orribili esperienze che
dobbiamo imparare il valore della vita e trasmetterlo ai nostri figli con la speranza che non debbano soffrire come questi
uomini hanno sofferto in passato.