Mamma e figlia cresciute nello stesso orfanotrofio

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Mamma e figlia cresciute nello stesso orfanotrofio
La madre di origini indiane lo scopre al momento dell'adozione. Ora vivono assieme a Verbania
Mamma e figlia cresciute nello stesso orfanotrofio
anni ne ha 36 -, Manuela Giacometti con
il marito verbanese Franco Ramundo
ha vissuto un'esperienza così forte da
farle quasi iniziare una seconda vita.
È partito tutto dal voler ripetere il
gesto d'amore ricevuto dai genitori
adottivi italiani, novaresi. Pur avendo la
possibilità di avere figli naturali, e non
escludendone per il futuro, ha scelto di
adottare un bambino indiano. Come da
prassi non ha potuto esprimere preferenze, ha solo indicato la nazione.
BEATRICE ARCHESSO
VERBANIA
uando 35 anni fa lasciò per
sempre le stanze dell'Holy
apostles convent , orfanotrofio nella regione del Tamil Nadu in
India, mai avrebbe pensato di tornarci da adulta per diventare mamma e permettere a un'altra bimba
di costruirsi un futuro in una famiglia italiana.
Pochi giorni fa, invece - ora che di
Q
Nlanuela Giacometti con la figlia
CONTI NUA A PAGINA 19
"Io e mia figlia adottate dopo 35 anni
nello stesso orfanotrofio indiano
La donna ha voluto ripetere il gesto di amore di una coppia novarese
che l'aveva portata con se in Italia: "11 caso ha unito la nostra storia"
SEGUE DALLA PRIMA PAGINA
ella documentazione
ha specificato qual era
Ila sua regione di provenienza. Poi l'agenzia internazionale ha seguito il lungo
procedimento burocratico e
all'inizio di dicembre è arrivata la chiamata. Bisogna
partire subito, destinazione
Chennai, città di 4,3 milioni
di abitanti. Proprio la città
dove Manuela era nata.
La scoperta
Quando in albergo le hanno
consegnato i fogli, non credeva ai suoi occhi. Per completare l'adozione doveva andare all'Holy apostles convent,
il «suo» orfanotrofio. Chennai unisce mamma e figlia.
La grande città dell'immensa
India è diventata improvvisamente piccolissima. «Appena varcata la soglia - racconta - mi si è
aperto un mondo. Nuovo e vecchio insieme, era
il mio passato».
Racconta Giacometti: «Arrivai in Italia a 16
mesi grazie a
una famiglia di
Paruzzaro, in
provincia di Novara. Ero tra le
prime bimbe
straniere adottate in PiemonDiventa
te».
adulta e nel luglio 2012 sposa
Franco Ramundo con una cerimonia metà italiana e metà in-
diana (abiti degli sposi e
bomboniere inclusi), poi la
coppia si trasferisce a Unchio, piccola frazione collinare di Verbania. Ma è il viaggio
di nozze a segnare la svolta:
gli sposi visitano l'India del
Nord, lontana da quel Sud di
cui è originaria Giacometti.
Una cosa rimane impressa:
tanti, troppi bimbi orfani che
vivono in povertà. «Siamo rimasti scossi e abbiamo voluto salvarne almeno uno».
Partono le pratiche per
l'adozione, ci vogliono due
anni e mezzo. Per un anno i
Ramundo vedono crescere
la piccola in fotografia, senza sapere ancora dove si trovava. Solo in estate è stata
comunicata loro la città, ma
non l'istituto. «Quando ho
varcato quel portone - svela ho vissuto una doppia fortissima emozione. Innanzitutto
perché da un giorno all'altro
sono diventata mamma e in
due ore sono tornata in albergo con una bimba mai incontrata prima. Poi perché entrare nel mio orfanotrofio è significato tornare nel luogo che
so, benché non ricordi, essere
stato la mia prima casa. Ho
anche ritrovato una donna
che le suore mi hanno detto
essere stata la mia prima
"amichetta"».
Tutto bene? Non subito:
«L'incontro è stato devastante
- racconta Giacometti -, perché
la bimba è stata strappata alla
realtà cui era abituata. Era
spaventata, ma già sul taxi si è
addormentata tra le mie braccia e in albergo era serena. Sa
regalare grandi sorrisi».
Il «convent» è cambiato rispetto a 36 anni fa ma il lega-
me che lega Giacometti al posto è oggi più forte che mai
perché lì è cresciuta per il primo anno e mezzo e lì ha conosciuto la vita colei che è diventata la sua primogenita. «Un
giorno ci torneremo insieme dice la neo mamma - perché
entrambe siamo figlie della
stessa casa. E prima di quel
viaggio che faremo, le racconterò tutta la nostra storia dall'inizio. Una bella favola».
Lo stimolo
I coniugi Ramundo vogliono
che la storia non resti solo un
bel racconto da tramandare ai
nipoti, ma sia uno stimolo per
tante altre famiglie: «Non bisogna avere paura ad adottare. È
un gesto d'amore, che permette di salvare una vita».
Asha, occhioni neri e capelli
corvino, compirà tre anni a
marzo. Asha significa «speranza».
Appena sono
entrata nell'istituto
si è aperto un mondo
ho visto il mio
passato e il futuro
La piccola Asha
era spaventata, poi
si è addormentata
tra le mie braccia
Ora fa grandi sorrisi
Manuela
Giacometti
Mamma di Asha
O —C NDPLCUNI DIRITTI RISERVATI
Asha con la mamma Manuela e il papà Franco
Chenna i
t la città
indiana (oltre
4 milioni di
abitanti, nella
regione del
Tamil Nadu),
dove sono
nate
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Manuela
Giacometti
e Asha
Entrambe
erano ospitate
dall'Holy
apostles
convent
Manuela Giacometti con la piccola Asha
anni
Li compirà
Asha a marzo
Il nome Asha
significa
speranza
i