Intervista a Fabio Storchi vicepresidente di Federmeccanica e

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Intervista a Fabio Storchi vicepresidente di Federmeccanica e
Emilia-Romagna | Imprese e sindacati a una svolta
Intervista a Fabio Storchi
vicepresidente di Federmeccanica
e presidente della Comer Industries
di Reggio Emilia
Qui vale il
MODELLO
EMILIANO
Esasperare la divisione tra chi fa impresa e chi vi contribuisce con il suo lavoro
non fa bene né agli imprenditori né alla maggioranza dei lavoratori.
L’esperienza regionale parla di tanti accordi aziendali frutto della consapevolezza delle parti
di volere affrontare la crisi e di tornare a essere competitivi.
Basta con le ideologie: la cultura d’impresa torni alla base dell’organizzazione del lavoro
di Massimiliano Panarari
in Emilia-Romagna? Il «modus Marchionne» incontrerà
una linea Maginot nella regione dove la tradizione e la
forza del sindacato, soprattutto di matrice Cgil, sono particolarmente considerevoli oppure il nuovo modello farà proseliti anche qui? La risposta di Fabio Storchi, presidente della
Comer Industries di Reggio Emilia e vicepresidente con delega
alla formazione di Federmeccanica, parte dalla sua esperienza
personale come imprenditore emiliano: «La mia è un'azienda a
conduzione familiare, dove i rapporti con i dipendenti, in numerosissimi casi, sono "quasi familiari". Ed è tutt'altro che un caso
E
30 OUTLOOK
isolato. Ecco perché sono in difficoltà quando leggo di situazioni
di conflitto aspro tra impresa e lavoratori o quando si cerca di
esasperare la divisione tra chi fa impresa e chi contribuisce con
il suo lavoro all'affermazione dell'impresa stessa. È una cultura
che non ritengo appartenga all'universo di piccole e medie
imprese, di cui è ricca la nostra regione, che si ispirano al modello di relazioni industriali basato sulla partecipazione. Ma che
non appartiene nemmeno alla maggioranza dei lavoratori. Per
potere contare su aziende solide e competitive, a mio giudizio, si
deve porre sempre più l'accento sulla dimensione della collabo-
razione e del coinvolgimento dei lavoratori.
Ultimamente si è parlato molto del modello tedesco che
mette al centro la collaborazione e la partecipazione dei lavoratori. In Germania esiste una forte "cultura d'impresa" e il sindacato stringe accordi per tutelare le aziende e il lavoro. La gestione delle modalità organizzative del lavoro non è vissuta come un
fatto ideologico ma come la ricerca dell'ottimizzazione dei processi per la competitività e la continuità d'impresa. Questo è il
modello di relazioni industriali che io spero possa affermarsi
sempre di più anche nel nostro comparto e nel nostro Paese».
«Il modello di relazioni industriali
che io spero possa affermarsi sempre di più
anche nel nostro settore e nel nostro Paese
è quello tedesco», afferma Fabio Storchi,
«dove esiste una forte e condivisa
"cultura d'impresa" e il sindacato
stringe accordi per tutelare
le aziende e il lavoro»
OUTLOOK 31
Emilia-Romagna | Imprese e sindacati a una svolta
Cgil | Vincenzo Colla: «Al taylorismo di ritorno
rispondiamo con l’esempio di questa regione»
e valutazioni del segretario
della Cgil Emilia-Romagna
Vincenzo Colla sono nette sull'effetto del «caso Fiat»: «Noi
avremmo bisogno, da parte di
chi governa, di un impegno e di
un investimento sulla coesione
sociale per reggere l'urto di questa crisi che è lungi dall'essere
terminata. E, invece, mi pare che
l'investimento sia stato fatto
nella direzione della spaccatura
e della divisione tra le parti
sociali. Dopo l'"operazione
Mirafiori" (mi pare sia più appropriato chiamarla così, visto che
un accordo, al contrario, prevede
il confronto e il consenso di tutte
le parti coinvolte) non vi è dubbio
che la situazione sia cambiata
significativamente rispetto
L
all'assetto regolato di relazioni
industriali finora vigente. Ma si
tratta di una strada inadeguata. E
lo dico facendo riferimento proprio al contesto di una regione
come l'Emilia-Romagna nella
quale, tutto al contrario, una
strategia fatta di maggiore coesione, più investimenti e relazioni sindacali non conflittuali ha
garantito lo sviluppo complessivo di cui tutti hanno potuto beneficiare».
«Altra cosa, certo», riprende
Colla, «è la discussione sulla
produttività, sulla quale si possono e devono aprire dei ragionamenti. E anche per garantire
una maggiore produttività, infatti,
la strada maestra a nostro giudizio rimane quella dell'allarga-
Cisl |
Giorgio Graziani:
«Nuova stagione
di contrattazione
decentrata
in cambio S
di un maggiore
coinvolgimento
dei lavoratori»
mento della democrazia e dell'esigenza di una maggiore rappresentatività, sulla quale abbiamo presentato una proposta
come Cgil. In questa regione, io
preferisco mantenermi sul classico, per così dire: per uscire
dalla crisi occorre puntare sulla
difesa e valorizzazione della professionalità e delle capacità di
lavoro dei soggetti produttori,
lavoratori e imprenditori. Infatti,
proprio in quest'ottica, in EmiliaRomagna si sono siglati migliaia
di accordi unitari tra sindacati e
associazioni imprenditoriali, con
risultati che sono sotto gli occhi
di tutti e che hanno consentito
anche di reggere meglio l'urto
della recessione rispetto a quanto avvenuto in altre aree del
econdo Giorgio Graziani, segretario
generale della Cisl Emilia-Romagna,
«non vi è dubbio che prima Pomigliano
d'Arco e poi Mirafiori rappresentino una svolta per l'assetto delle relazioni sindacali, che
non può non avere conseguenze anche in
Emilia-Romagna». «Del resto», continua,
«stiamo parlando della prima impresa italiana, con un indotto ampio, e presente in
numerose regioni del Paese, tra cui anche la
nostra. Al tempo stesso, però, va sottolineato
come il cambiamento determinato dal modello Marchionne investa principalmente le
32 OUTLOOK
Paese. E, allora, mi domando:
dove sta tutto il modernismo
rivendicato da Marchionne a
Mirafiori? Il problema vero, piuttosto, mi sembra quello di produrre modelli di auto più attraenti per i compratori e, quindi,
più vendibili nella situazione di
competizione accresciuta prodotta dalla mondializzazione. Ma
nessuno mi pare ne stia discutendo davvero. Nel caso di
Mirafiori non vediamo il progetto
di politica industriale e in nessuna parte del mondo si procede in
questo modo: un amministratore
delegato che impone un "prendere o lasciare" al Paese, e dopo
avere ricevuto tutto, dichiara di
portare in un'altra nazione il
cuore pensante dell'impresa.
imprese di dimensioni medio-grandi, e pertanto questa regione risulterà meno investita
direttamente di altre aree del Paese.
L'aspetto indiscutibile, in ogni caso, è che
dopo il referendum di Mirafiori vengono a
cadere molti dei riferimenti che sono stati
decisivi nel corso degli anni che ci hanno preceduto.
«Uno dei talloni d'Achille del Paese è, come
noto, quello della bassa produttività. Sono
rimasto stupito, per fare un esempio, nel leggere dell'esistenza anche a Torino di un tasso
di assenteismo negli stabilimenti Fiat di gran
lunga superiore alla media europea e italiana. Quello della produttività è un tema su cui
si deve intervenire. Se serve, anche partendo
dal tasso di assenteismo. Anche in Emilia,
dove il fenomeno è decisamente meno marcato e dove si è già intervenuti, si può operare
per fare ancora meglio al riguardo. La globalizzazione impone, volenti o nolenti, di fare i
conti con uno scenario profondamente e radicalmente modificato, in cui ci si misura su chi
E il segretario regionale della
Cgil conclude: «È disarmante
vedere un governo che non fa
nulla e si limita a rincorrere per
sapere come va a finire. Quello
che è avvenuto mi sembra tanto
un esempio di taylorismo di
ritorno, che scarica sui lavoratori
i costi della globalizzazione. La
via da seguire è un'altra, ed è
quella che pratichiamo da tempo
proprio in Emilia-Romagna con
le altre parti sociali».
Sopra,
Vincenzo Colla,
segretario
della Cgil
Emilia-Romagna.
A sinistra,
Giorgio Graziani,
segretario della Cisl
Emilia-Romagna
arriva primo sul piano dell'innovazione e
anche su condizioni di lavoro più aderenti alle
esigenze, senza mettere in discussione i
diritti. Si apre una nuova stagione di relazioni
industriali, in cui la contrattazione decentrata
assume sempre maggiore ruolo, inserendo
anche tematiche contrattuali che eravamo
abituati a discutere solo sul piano nazionale».
«Il lavoro, la sua difesa e salvaguardia»,
avverte Graziani, «a fronte di una concorrenza
spietata diventa, in questo nuovo scenario di
mondializzazione, l'elemento centrale e prioritario. Per garantirlo bisogna assicurare la
continuità degli investimenti, e dunque la
scelta principale diventa quella a favore della
sopravvivenza e della vita dell'azienda. Noi ci
stiamo, accettiamo questa sfida. Che deve
comportare, però, un maggiore riconoscimento dei lavoratori, prevedendo anche
forme di partecipazione agli utili. È un decisivo, rispetto al quale temo che le imprese italiane non siano ancora pronte: se aumenta la
nostra partecipazione alla vita dell'impresa,
«Oggi ci troviamo in una delicatissima fase di passaggio»,
commenta Storchi. «La fase acuta della crisi sembra alle spalle e
il peggio dovrebbe essere superato. Negli ultimi mesi si stanno
registrando dei piccoli, ancorché limitati, segnali di inversione
di tendenza. Solo le imprese più internazionalizzate e aperte
all'estero hanno colto i primi benefici, mentre per tutte le altre la
situazione risulta ancora piuttosto difficile. La necessità di fare
fronte comune al cospetto di una situazione di reale emergenza,
che ha colpito tutto e tutti senza distinzione, ha reso possibile
una fattiva collaborazione tra le imprese e il sindacato, consentendo il raggiungimento di intese aziendali, sia in EmiliaRomagna sia a livello nazionale. Non sono a conoscenza di realtà territoriali nelle quali si siano verificati degli strappi drammatici. Quindi, la Fiom ha dimostrato senso di responsabilità e
pragmatismo nel gestire in modo reattivo lo stato di crisi. Però si
irrigidisce quando è chiamata al dialogo sulla revisione del sistema delle regole vigenti: qui la Fiom dimostra rigidità e si arrocca su posizioni oltranziste in nome dei "diritti acquisiti", senza
tenere conto del fatto che questo atteggiamento ha come unico
effetto la progressiva perdita di competitività del nostro tessuto
industriale a vantaggio non solo dei Paesi emergenti ma dei
nostri colleghi dell'Eurozona».
«Del caso Fiat e dello scontro con la Fiom», riconosce l'esponente di Federmeccanica, «si è parlato tanto. E negli ultimi mesi
i media hanno dato ampio risalto alla vicenda e il dibattito si è
incentrato sul tema se l'esempio di Marchionne sia destinato a
allora chiediamo un maggiore coinvolgimento; non vogliamo essere chiamati a prendere
delle decisioni che, naturalmente, spettano
alla proprietà e al management, ma rivendichiamo una maggiore trasparenza e più
informazione sullo stato di salute delle singole imprese».
«Marchionne ha chiesto affidabilità e governabilità. La Cisl, unitamente alle altre sigle
firmatarie, ha risposto positivamente perché
è necessario un rapporto forte impresa-lavoratori, e questo crediamo sia richiesto dallo
spirito dei tempi e dalle mutate condizioni,
sempre più dure, della competizione internazionale. Ma la scelta della governabilità, lo
sappiamo bene, ha spaccato il fronte sindacale, perché la Fiom si è rifiutata di accettare
questa mentalità rinnovata. Se l'atteggiamento di chiusura dei metalmeccanici della Cgil
proseguirà, purtroppo continueremo a ritrovarci su strade diverse e si amplieranno le
differenze. È una cosa che non auspico, ma
saremo costretti a prenderne atto. Se si defi-
niranno percorsi collaborativi con le imprese,
noi ci siederemo naturalmente al tavolo,
anche se ciò comporterà disaccordi con le
altre forze sindacali. Per questo ritengo
urgente dare seguito a una riforma della rappresentanza sindacale, che nei fatti c'è già,
essendoci un accordo tra Cgil, Cisl e Uil del
2008 che occorre definire con le controparti.
Ma anche su questo punto la Cgil pare non
sentire».
«Per quanto riguarda l'Emilia-Romagna»,
conclude il segretario regionale della Cisl,
«penso che, date le caratteristiche del tessuto
economico e sociale dell'Emilia-Romagna,
sarà difficile che si produca uno strappo analogo a quello per cui ha dovuto optare
Marchionne, anche se vi sono imprese come
Maserati o Ferrari che a quel mondo fanno
riferimento e risentono particolarmente della
competizione globale. La sfida comunque è
rilanciare il sistema produttivo e ritornare a
crescere, e noi siamo pronti ad affrontarla
senza pregiudizi anche in questa regione».
OUTLOOK 33
FINANZIAMENTI
per investimenti con dura
atta fino a 60 mesi
durata
Emilia-Romagna
Garanzia 10%
500.000
RATING*
TASSO BANCA
per durate fino a 36 mesi
260 000
I
II
III
IV
Euribor + 1,00
Euribor + 1,25
Euribor + 1,50
Euribor + 2 00
500.000
1
Euribor + 1,00
2
Euribor + 1,20
Euribor + 1 50
3
Euribor + 1,15
500.000
1 000 000
1.000.000
in aggiornamento
520 000
520.000
2
Euribor + 1,25
Euribor + 1,75
3
Euribor + 2,25
Euribor + 1,25
1,390%
1
Euribor + 1,30
2
Euribor + 1,60
3
Euribor + 1,90
1,650%
1,950%
2,250%
1
2
6
Euribor + 1,50
1 50
Euribor + 1,55
Euribor + 1,65
Euribor + 1,85
Euribor + 2,10
Euribor + 2,60
7
Euribor + 3 50
A
C
Euribor + 1,625
Euribor + 1,725
Euribor + 1 825
1
3
4
5
500.000
500 000
500.000
1,650%
1
650%
1,700%
1,800%
2,000%
2,250%
2,750%
3 650%
A
Euribor + 1,40
B
C
Euribor + 1,60
Euribor + 2,00
1
Euribor + 1,60
1 60
Euribor + 1,70
Euribor + 2 50
1,800%
1
800%
1,900%
2 700%
2
3
300.000
Euribor + 1,20
Euribor + 1,50
Euribor + 2,05
Euribor + 2 80
1,748%
1,848%
1 948%
1,750%
1,950%
2,350%
B
500.000
1,287%
1,340%
1,640%
2,190%
2 940%
1,374%
1,874%
2,374%
250.000
500.000
1,110%
1,360%
1,610%
2 110%
1,137%
1,337%
1 637%
per dura
1,2
3,4
5,6,7
89
750.000
TASSO FINITO
artemisiaaweb.iit
IMPORTO
Euribor + 1,75
in aggiornamento
1,887%
3,500% minimo
I tassi sono comprensivi dell’abba
bb ttimento
t
tti
t ttassii e ddella
ll commissione
i i
a ffavore COFIM
COFIM.
41121 Modena
Modena
41121
Via Ganaceto.
Ganaceto. 134
134
Via
Tel. 059.208274
059.208274
Tel.
info@cofim.mo.it
info@cofim.mo.it
IIL
LC
CONFIDI
ONFIDI P
PER
ER L
LE
EP
PMI
MI M
MODENESI
ODENESI
GENNAIO
GE
ENNAIO 2011
* ASSEGNAATO
T DALLA BANCA
AD OGNI AZIENDA RICHIEDENTE
rimanere un'eccezione o aprirà la strada a
un nuovo modello di relazioni industriali
in grado di eliminare le troppe rigidità del
sistema attuale per assicurare l'utilizzo
pieno degli orari e per fare funzionare gli
impianti nel modo più produttivo. Nel
caso Fiat e in occasione dei rinnovi contrattuali nazionali Fiom ha assunto una
posizione di chiusura che l'ha portata a
opporsi alle proposte di modelli di maggiore flessibilità imposti dalla globalizzazione dei mercati. Al contrario, nelle fabbriche e a livello locale il confronto si è in
molti casi rivelato proficuo nella gestione
della crisi e nello sforzo di ripresa che,
negli ultimi anni, ha interessato la maggioranza delle imprese metalmeccaniche
della nostra regione. Una collaborazione,
fondata sul lavoro, che si è dimostrata
efficace nel ridurre l'impatto negativo del
crollo dei mercati e ricercare le modalità
utili a minimizzare la perdita di salario e
i sacrifici imposti ai lavoratori».
Storchi ricorda il comunicato emesso da
Federmeccanica nel gennaio scorso, che
propone l'alternatività tra contratto nazionale e aziendale e ritiene che «il modello Fiat non verrà seguito da un numero
rilevante di imprese italiane». «Ma», continua, «la vicenda Fiat lancia un messaggio che potrebbe risultare interessante
per altre multinazionali straniere che
hanno intenzione di investire nel nostro
Paese. Non penso invece che la proposta
possa riguardare le pmi che operano sul
territorio regionale. Nel protocollo Ciampi del 1993 venne definito il doppio livello
contrattuale: una volta assicurate nel
contratto nazionale di lavoro le tutele di
base sui minimi contrattuali, il recupero
dell'inflazione e il quadro normativo, la
contrattazione va trasferita nella sede aziendale secondo il principio per cui a una
azienda più forte, in cui cresce la produttività grazie anche allo sforzo e al contributo dei lavoratori, deve corrispondere un
salario più alto. Non credo che vi siano,
nel breve, alternative al modello di contrattazione a due livelli stabilito a inizio
anni Novanta. Quel regime ha bisogno di
manutenzione, ma rimane sicuramente il
Gli occupati in Emilia-Romagna
(media 2009 - dati in migliaia*)
Agricoltura Industria Servizi Totale
Piacenza
Parma
Reggio Emilia
MODENA
Bologna
Ferrara
Fonte:
Fondo monetario internazionale
Ravenna
Forlì-Cesena
Rimini
EMILIA-ROMAGNA
5
6
8
11
7
17
13
9
3
80
41
74
96
128
136
46
53
51
39
664
81
118
138
173
300
96
104
110
92
1.212
127
198
242
312
442
159
171
170
135
1.956
(*) I totali possono non coincidere a causa degli arrotondamenti
Fonte: Regione Emilia-Romagna
La disoccupazione e i giovani
(media % 2009)
EMILIA-ROMAGNA
Piacenza
Parma
Reggio Emilia
MODENA
Bologna
Fonte:
Fondo monetario internazionale
Ferrara
Ravenna
Forlì-Cesena
Rimini
15-24 anni
25 anni e oltre
Totale
18,3
14,5
12,7
20,5
21,3
12,3
21,8
18,4
18,6
21,5
3,9
1,3
3,3
3,8
3,9
3,0
5,4
4,4
5,1
6,3
4,8
2,1
3,8
5,0
5,2
3,4
6,5
5,3
5,9
7,6
Fonte: Regione Emilia-Romagna
«Credo che il “modello” Fiat non verrà seguito
da un gran numero di imprese italiane,
e difficilmente dalle pmi che operano
sul territorio regionale», avverte Storchi.
«Invece, è diventato ineludibile il tema
delle regole sulla rappresentanza sindacale:
stabilire chi e su quali basi ha il potere
di concludere accordi sindacali vincolanti
per tutti i lavoratori, anche quelli appartenenti
a sigle non firmatarie o non iscritti al sindacato»
riferimento anche per l'immediato futuro. Credo, invece, che il
vero tema che si sta dimostrando centrale per il mondo delle
imprese e per i sindacati sia quello delle regole sulla rappresentanza sindacale: stabilire chi, e su quali basi, ha potere di concludere accordi sindacali vincolanti per tutti i lavoratori, anche
quelli appartenenti a sigle non firmatarie o non iscritti al sindacato. È giunto inoltre il momento di definire regole univoche per
la stipula dei contratti e l'applicazione certa degli stessi, compresa l'introduzione di un sistema di sanzioni atto a garantirne il
rispetto da parte di tutti i contraenti. Di questo ci dovremo occupare il più presto possibile: la regolamentazione del sistema di
rappresentanza. È un nodo troppo importante per il futuro del
sistema Italia e per uscire dallo stato di incertezza che abbiamo
vissuto negli ultimi anni. Una regolamentazione che, in assenza
di un accordo intersindacale, dovrà essere assicurata, eventualmente, anche per via legislativa».
OUTLOOK 35